N. 33 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 23 maggio 2022

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale   depositato  in
cancelleria il 23 maggio  2022  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Edilizia e  urbanistica  -  Titoli  edilizi  -  Norme  della  Regione
  Siciliana - Modifiche all'art. 3 della legge reg. n. 16 del 2016  e
  successive modificazioni -  Interventi  di  attivita'  di  edilizia
  libera o subordinati a comunicazione di  inizio  lavori  asseverata
  (CILA) - Individuazione degli interventi. 
Edilizia e  urbanistica  -  Titoli  edilizi  -  Norme  della  Regione
  Siciliana - Modifiche all'art. 5 della legge reg. n. 16 del 2016  e
  successive modificazioni - Interventi  subordinati  a  permesso  di
  costruire  -  Individuazione  -  Definizione  di  alcune  opere  di
  recupero volumetrico ai fini abitativi e per  il  contenimento  del
  consumo di nuovo territorio. 
Edilizia  e  urbanistica  -  Interventi  in  deroga  agli   strumenti
  urbanistici - Norme della Regione Siciliana - Modifiche alla  legge
  reg. n. 6 del 2010 e successive modificazioni - Interventi  edilizi
  di  ampliamento  degli  edifici  esistenti  e   per   favorire   il
  rinnovamento del patrimonio  edilizio  esistente  -  Individuazione
  degli interventi - Previsione che gli interventi riguardano edifici
  legittimamente realizzati - Esclusione  degli  immobili  che  hanno
  usufruito di condono edilizio - Previsione che, fermo  restando  il
  termine per la realizzazione degli interventi, le istanze  relative
  agli interventi sono presentate entro il  30  giugno  2023  e  sono
  corredate, a  pena  di  inammissibilita',  dal  titolo  abilitativo
  edilizio ove previsto relativo all'immobile oggetto di  intervento,
  rilasciato  o  concretizzatosi  antecedentemente   alla   data   di
  presentazione dell'istanza  -  Interventi  esclusi  dall'ambito  di
  applicazione della legge reg. n. 6 del 2010. 
- Legge della Regione Siciliana 18 marzo 2022, n. 2 (Disposizioni  in
  materia di edilizia), art. 1, comma 1, lettere d), e), g) e  h),  e
  comma 2, lettere c) ed e); art. 2, comma 1, lettere a),  b)  e  c);
  art. 8, comma 1, lettere a), b) e d). 
(GU n.24 del 15-6-2022 )
    Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri,  rappresentato
e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici  in
Roma, via dei Portoghesi 12, e' domiciliato; 
    Nei confronti della Regione Sicilia (c.f. 80012000826) in persona
del  suo  Presidente,  per  la  dichiarazione  della   illegittimita'
costituzionaledelle seguenti disposizioni della  legge  regionale  18
marzo 2022, n. 2, recante:  «Disposizioni  in  materia  di  edilizia»
(pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana  (p.  I)
n. 13 del 25 marzo 2022): 
        i) art. l, comma 1, lettere d), e), g), h); 
        ii) art. 1, comma 2, lettere c), e); 
        iii) art. 2, comma 1, lettere a), b), c); 
        iv) art. 8, comma 1, lettere a), b), d); 
    La legge regionale in epigrafe, che detta disposizioni in materia
di  edilizia,  eccede  dalle  competenze  statutarie  della   Regione
Siciliana, presentando profili di  illegittimita'  costituzionale  in
relazione agli articoli 1, comma 1, lettere d) e) g) e  h),  art.  1,
comma 2, lettere c) ed e), l'art. 2, comma 1, lettere a),  b)  e  c),
l'art. 8, comma 1, lettere a) e b) e d),  per  i  motivi  di  seguito
specificati. 
    In via preliminare, si  osserva  che  lo  statuto  della  Regione
Sicilia approvato con R.D.Lgs. 15 maggio 1946, n. 455, convertito  in
legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, all'art.  14,  comma  1,
lettera n) e f), contenuto nella sezione I (che contempla le funzioni
dell'assemblea regionale), titolo II (che elenca  le  funzioni  degli
organi regionali) attribuisce  alla  Regione  competenza  legislativa
esclusiva in materia di tutela del paesaggio e di conservazione delle
antichita' e delle opere artistiche, nonche' di urbanistica. 
    Dette competenze, ai sensi del medesimo art. 14, comma 1, devono,
pero', esercitarsi  «nei  limiti  delle  leggi  costituzionali  dello
Stato» e devono, inoltre, rispettare le c.d. «norme di grande riforma
economico-sociale» poste dallo  Stato  nell'esercizio  delle  proprie
competenze legislative (cfr. ad es., le sentenze Corte costituzionale
385 del 1991 e 153 del 1995), tra le quali devono essere  annoverate:
il decreto legislativo 22  gennaio  2004,  n.  42  (Codice  dei  beni
culturali e del paesaggio, ai sensi dell'art. 10 della legge 6 luglio
2002, n. 137), nonche' le norme statali in  materia  di  governo  del
territorio recanti principi di grande riforma. 
    Inoltre, le materie dell'ordinamento penale  (art.  117,  secondo
comma, lettera l), e dei livelli essenziali delle  prestazioni  (art.
117, secondo comma, lettera m), restano integralmente sottratte  alla
potesta' legislativa  regionale,  la  quale  deve,  comunque,  essere
esercitata nel rispetto dei principi posti dagli articoli 3 e 9 della
Costituzione. 
    Posto  cio',   giova,   altresi',   rammentare   che   la   Corte
costituzionale,  con  riguardo  alla  disciplina  del   governo   del
territorio,  ha  stabilito  che  «sono  principi  fondamentali  della
materia le disposizioni che definiscono le categorie  di  interventi,
perche' e' in conformita' a queste  ultime  che  e'  disciplinato  il
regime dei titoli abilitativi, con riguardo al  procedimento  e  agli
oneri, nonche' agli abusi e  alle  relative  sanzioni,  anche  penali
(cosi' la sentenza n. 309 del 2011),  sicche'  la  definizione  delle
diverse categorie di interventi edilizi spetta allo  Stato  (sentenze
n. 102 e n. 139 del 2013)» (cosi' la sentenza n. 259 del 2014). 
    Pertanto, lo  spazio  di  intervento  residuale  del  legislatore
regionale e' quello di  «esemplificare  gli  interventi  edilizi  che
rientrano nelle definizioni statali», a condizione, pero',  che  tale
esemplificazione sia «coerente con le definizioni contenute nel testo
unico dell'edilizia» (Corte costituzionale sentenza n. 49  del  2016,
sentenza n. 68 del 2018). Si  aggiunga,  altresi',  che  la  funzione
della  salvaguardia  ambientale/paesaggistica  costituisce   elemento
fondamentale e prevalente della gestione del territorio,  cosi'  come
chiaramente affermato anche dalla giurisprudenza costituzionale (cfr.
sentenze Corte costituzionale n. 189/2016,  Corte  costituzionale  n.
182/2006 e n.  183/2006;  Corte  costituzionale  n.  478/2002;  Corte
costituzionale n.  345/1997  e  Corte  costituzionale  n.  46/1995  e
ordinanze Corte costituzionale numeri  71/1999,  316/1998,  158/1998,
133/1993) e da quella amministrativa, (cfr. Cons. Stato, sez. II,  14
novembre 2019, n. 7839; Cons. Stato, sez.  IV,  29  aprile  2014,  n.
2222). 
    La legge regionale in argomento  modifica  numerose  disposizioni
della legge regionale n. 16 del 2016 e della legge regionale n. 6 del
2010, gia' oggetto di modifiche apportate dalla legge regionale n. 23
del 2021, avverso la quale il Governo ha proposto ricorso ex art. 127
Cost., contraddistinto dal n. 63/21 RR, la cui discussione  e'  stata
fissata per l'udienza pubblica del 22 novembre 2022. 
    Cio' premesso, le seguenti disposizioni della sopravvenuta  legge
regionale n. 2 del 2022 sono  costituzionalmente  illegittime  per  i
seguenti 
 
                               Motivi 
 
    I) L' art. 1, comma 1, lettere d) e) g) e h), e 1' art. 1,  comma
2,  lettere  c)  ed  e),  sono  costituzionalmente  illegittimi   per
violazione dell'art. 14 dello statuto della Regione Sicilia approvato
con  R.D.Lgs.  15  maggio  1946,  n.   455,   convertito   in   legge
costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2;  dell'art.  117,  primo  comma
Cost.; dell'art. 117, secondo comma, lettera s),  Cost.  rispetto  al
quale costituiscono norme  interposte  gli  articoli  21,  135,  140,
141-bis, 143, 145 e 146 del codice dei beni culturali e del paesaggio
di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42; dell'art.  117,
secondo comma, lettera m) Cost; degli articoli 3, 9,  97  Cost.;  per
violazione delle norme di grande riforma economico-sociale  contenute
negli articoli 6,  6-bis  e  27  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 380 del 2001, e nell'art. 41-quinquies della  legge  n.
1150 del 1942 (legge urbanistica). 
    I.1. Articolo 1, comma 1: 
        lettera d): la  disposizione  modifica  l'art.  3,  comma  1,
lettera m), della legge regionale n. 16 del 2016 come  modificato  da
ultimo con l'art. 4 della legge regionale n.  23  del  2021,  recante
disposizioni per  gli  interventi  di  attivita'  edilizia  libera  o
subordinati a comunicazione di inizio lavori  asseverata  (CILA).  La
previsione regionale amplia  l'elenco  degli  interventi  assentibili
rispetto alla elencazione contenuta nel decreto del Presidente  della
Repubblica n. 380 del 2001 (Testo unico  dell'edilizia),  sopprimendo
il riferimento ai «vasconi in terra  battuta  per  usi  irrigui»,  ma
lasciando incluse  nell'ambito  dell'attivita'  edilizia  libera  «le
cisterne e le opere connesse interrate»; 
        alla lettera e), si modifica  la  lettera  p)  del  comma  1,
dell'art. 3 della legge regionale  n.  16  del  2016.  In  base  alla
modifica introdotta e'  esclusa  dall'attivita'  edilizia  libera  la
nuova costruzione di muri a secco con altezza massima di 1,50  metri.
Nondimeno,  permangono  assoggettate  a  tale  regime  le  opere   di
ricostruzione e ripristino di muri a secco  con  altezza  massima  di
1,50 metri; 
        alla lettera g), si modifica la  lettera  aa)  del  comma  1,
dell'art. 3 della legge regionale n. 16  del  2016.  Attraverso  tale
modifica si prevede che l'installazione di impianti per la produzione
di energia da fonti rinnovabili al di fuori dei  centri  storici  sia
realizzabile  senza  titolo  abilitativo  purche'  non  alterino   la
volumetria complessiva e l'aspetto esteriore degli edifici; 
        la lettera h),  sostituisce  la  lettera  af)  del  comma  1,
dell'art. 3 della legge regionale n. 16 del 2016. Mediante  la  nuova
disposizione  si   inquadra   nell'attivita'   edilizia   libera   la
«collocazione di piscine  pertinenziali  prefabbricate  fuori  terra,
realizzate con materiali amovibili, di dimensioni non superiori al 20
per cento del volume  dell'edificio  e  comunque  di  volumetria  non
superiore a 90 mc». 
    Al riguardo, occorre evidenziare che la lettera e.6) del comma 1,
dell'art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica  n.  380  del
2001,  annovera  tra  gli  interventi  di  nuova  costruzione:   «gli
interventi  pertinenziali  che  le  norme  tecniche  degli  strumenti
urbanistici, in relazione alla zonizzazione e al pregio ambientale  e
paesaggistico delle  aree,  qualifichino  come  interventi  di  nuova
costruzione, ovvero che comportino  la  realizzazione  di  un  volume
superiore al 20% del volume dell'edificio principale». 
    Pertanto, ragionando a contrario,  sono  da  annoverare  tra  gli
interventi di  ristrutturazione  edilizia,  e  quindi  nel  perimetro
applicativo dell'art. 10,  comma  1,  lettera  c),  del  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 380 del 2001,  realizzabili  con  SCIA
alternativa al permesso di costruire,  gli  interventi  pertinenziali
che comportino la realizzazione di un volume non superiore al 20% del
volume dell'edificio principale. 
    Nella  sentenza  9  settembre  2020,  n.   3730,   il   Tribunale
amministrativo regionale Campania-Napoli, sez. III, ha precisato che:
«13 ... La giurisprudenza amministrativa e'  pacificamente  orientata
nel definire la nozione di «pertinenza  urbanistica»  in  senso  piu'
ristretto rispetto a quella civilistica (art. 817 codice civile). 
    La qualifica di pertinenza urbanistica  e'  applicabile  solo  ad
opere  di  modesta  entita'  ed  accessorie  rispetto   ad   un'opera
principale, ma non anche ad opere che, da un  punto  di  vista  delle
dimensioni e della funzione, si connotino per una  propria  autonomia
rispetto all'opera principale e non siano coessenziali  alla  stessa,
tali, cioe', che non ne risulti possibile  una  diversa  destinazione
economica.   Invero,   la    pertinenza    urbanistico-edilizia    e'
configurabile  allorquando  sussiste  un  oggettivo  nesso  che   non
consenta altro che la destinazione della  cosa  ad  un  uso  servente
durevole e sussista una dimensione ridotta e  modesta  del  manufatto
rispetto alla cosa in cui esso  inerisce  (ex  multis,  Consiglio  di
Stato, sez. VI, 13 gennaio 2020; id., sez. II,  22  luglio  2019,  n.
5130). 
    Inoltre, a differenza della nozione di pertinenza di  derivazione
civilistica, ai fini edilizi il manufatto puo' essere considerato una
pertinenza quando e' non solo preordinato  ad  un'oggettiva  esigenza
dell'edificio  principale  ed  e'  funzionalmente  inserito  al   suo
servizio, ma anche allorquando e' sfornito di un autonomo  valore  di
mercato  e  non  comporta  carico  urbanistico,  proprio  in   quanto
esaurisce la sua finalita' nel  rapporto  funzionale  con  l'edificio
principale. 
    L'orientamento funzionale si e' consolidato in  giurisprudenza  a
scapito di quello strutturale, per cui se un'opera e' realizzata  per
soddisfare esigenze che non sono temporanee non puo' beneficiare  del
regime proprio delle opere precarie anche quando le opere sono  state
realizzate con materiali facilmente amovibili (Cons. St., sez. VI, 10
gennaio 2019, n. 260; id., 1° aprile 2016, n. 1291). 
    13.1. Con riguardo alle piscine, questa sezione  ha  recentemente
ribadito che esse non sono pertinenze in senso urbanistico in  quanto
comportanti trasformazione durevole del territorio  (T.A.R.  Campania
Napoli, sez. 3 febbraio 2020, n. 483). 
    L'aspetto funzionale relativo all'uso del manufatto  e'  altresi'
condiviso da altra recente  giurisprudenza,  secondo  cui  tutti  gli
elementi  strutturali  concorrono  al  computo  di   volumetria   dei
manufatti, siano essi interrati o meno, e fra di essi deve intendersi
ricompresa  anche  la  piscina,  in  quanto  non  qualificabile  come
pertinenza in senso urbanistico in ragione  della  funzione  autonoma
che e' in grado di svolgere rispetto a quella propria dell'edificio a
cui accede (T.A.R. Lazio, sez. II bis, 7 ottobre 2019, n. 11586). 
    La piscina, infatti, a differenza di altri  manufatti,  non  puo'
essere attratta alla categoria urbanistica delle mere pertinenze,  in
quanto non e' necessariamente complementare all'uso delle  abitazioni
e non e' solo una attrezzatura per lo svago, ma integra  gli  estremi
della nuova  costruzione,  in  quanto  da'  luogo  ad  una  struttura
edilizia che incide invasivamente sul sito di relativa ubicazione,  e
postula,  pertanto,  il  previo  rilascio   dell'idoneo   titolo   ad
aedificandum, costituito dal permesso di costruire (cosi',  Tribunale
amministrativo regionale Campania, Salerno, sez. II, 18 aprile  2019,
n. 642, che rimanda, ex multis, a Consiglio  di  Stato,  sez.  IV,  8
gennaio 2016, n.  35;  Ttribunale  amministrativo  regionale  Puglia,
Lecce, sez. I, 20 settembre 2016, n. 1446;  Tribunale  amministrativo
regionale Campania, Napoli, sez. VII, 16 marzo 2017,  n.  1503;  sez.
II, 30 maggio  2018,  n.  3569;  Tribunale  amministrativo  regionale
Sicilia, Catania, sez. IV, 30 gennaio 2018, n. 248). 
    13.2 Va precisato che le piccole o  grandi  dimensioni  non  sono
sempre dirimenti ai fini della ascrivibilita' o meno di un  manufatto
alla categoria delle pertinenze, in quanto, come gia'  accennato,  la
pertinenzialita' e' caratteristica fondamentale  per  ascrivere  alla
categoria delle nuove costruzioni anche i  manufatti  indicati  dalla
lettera e.6) dell'art. 3 TUED,  che  comprendono  quelli  con  volume
superiore al 20% del volume dell'edificio principale. 
    Astrattamente,  puo'  essere  quindi   pertinenziale   anche   un
manufatto di dimensioni non modeste rispetto all'edificio cui accede. 
    Pertanto, va considerato  sempre  l'aspetto  funzionale,  sicche'
cosi' come non puo' dirsi che un manufatto di grande  volume  non  e'
una pertinenza (lo esclude la norma stessa), parimenti  non  si  puo'
automaticamente  associare  la  dimensione  «modesta»   alla   natura
pertinenziale. 
    Detto diversamente, la dimensione piu' o meno ampia del manufatto
va valutata in ragione  di  detta  funzionalita'  a  prescindere  dal
rapporto tra i volumi, sia perche' non  avrebbe  senso  porre  questa
differenziazione  se  il  concetto  di  «pertinenza»   corrispondesse
automaticamente  a  «modesta  dimensione»  e   «modesta   dimensione»
corrispondesse a volume inferiore al 20% del volume dell'edificio cui
la pertinenza accede, sia perche' cosi' non avrebbe senso  la  stessa
lettera e.6), che  ammette  l'esistenza  di  opere  pertinenziali  di
grandi dimensioni. 
    Inoltre, nel caso delle piscine, e' evidente che  la  valutazione
dell'ampiezza tiene conto soprattutto della superficie visibile,  non
del volume, nonche' delle attrezzature di contorno e quindi  dell'uso
piu' o meno autonomo che di essa possa farsene ...». 
    Orbene, anche alla luce del  sopra  menzionato  orientamento  del
giudice amministrativo, si rappresenta che le modifiche apportate non
consentono  di  ritenere  superate  le  censure  gia'  formulate   in
relazione all'art. 4 della legge regionale n. 23 del 2021. 
    I.2. Articolo 1, comma 2, in materia di interventi subordinati  a
CILA. (comunicazione inizio lavori asseverata): 
        alla lettera c), si modifica la  lettera  i),  del  comma  2,
dell'art. 3, della legge regionale n.  16  del  2016.  In  base  alla
modifica introdotta e' esclusa dalle opere realizzabili con  CILA  la
nuova costruzione di muri a secco con altezza compresa tra m. 1,50  e
m. 1,70. Nondimeno, permangono assoggettate a tale regime le opere di
ricostruzione e ripristino di muri a secco con altezza  compresa  tra
m. 1,50 e m. 1,70; 
        alla lettera e), si sostituisce la lettera p), del  comma  2,
dell'art. 3, della legge regionale n. 16 del 2016. 
    La disposizione previgente stabiliva quanto segue: 
        «p) i sistemi per la produzione e l'autoconsumo di energia da
fonti rinnovabili a servizio degli edifici, da realizzare all'interno
della zona A di cui al decreto ministeriale  n.  1444/1968,  e  nelle
zone  sottoposte  a  vincolo  paesaggistico,   che   non   comportino
pregiudizio alla tutela del contesto storico, ambientale e  naturale,
in relazione alle linee guida impartite dall'assessore regionale  per
i beni culturali e l'identita' siciliana.». 
    Per effetto della modifica apportata, la  richiamata  lettera  p)
stabilisce ora quanto segue: 
        p) i sistemi per la produzione e l'autoconsumo di energia  da
fonti rinnovabili a servizio  degli  edifici,  che  non  alterino  la
volumetria complessiva degli stessi, da realizzare all'interno  della
zona A di cui al decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, e nelle
zone sottoposte  a  vincolo  paesaggistico  nei  casi  e  nei  limiti
previsti  dai  piani  paesaggistici  provinciali,  fatte   salve   le
disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del  paesaggio
di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004,  n.  42  e  successive
modificazioni ed ai sensi del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28
e successive modificazioni.». 
    Ancorche' sia stato espunto  il  riferimento  alle  «linee  guida
impartite dall'assessore regionale per i beni culturali e l'identita'
siciliana»  (che  nel  ricorso  proposto  costituisce  un   ulteriore
autonomo motivo di impugnativa), si  rileva  che  la  conferma  della
realizzabilita' mediante CILA dei sistemi indicati  alla  lettera  p)
del comma, 2, dell'art. 3 della legge regionale n. 16 del 2016,  come
modificata dalla lettera in esame, non consente di ritenere  superate
le relative censure contenute nel ricorso n. 63/2021 R.R., dovendosi,
altresi', rilevare che la menzionata disposizione appare  contrastare
anche con le previsioni di cui  al  decreto  legislativo  8  novembre
2021, n. 199, recante «Attuazione della direttiva (UE) 2018/2001  del
Parlamento europeo e del  Consiglio,  dell'11  dicembre  2018,  sulla
promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili» che stabilisce
un regime autorizzatorio speciale per la  realizzazione  di  siffatti
interventi. 
    Tutte le sopra evidenziate disposizioni ripropongono  i  medesimi
vizi   di   illegittimita'   costituzionale   gia'   denunziati   con
l'impugnativa dell'art. 4 della  legge  regionale  n.  23  del  2021,
risultando, dunque,  costituzionalmente  illegittime  per  violazione
dell'art. 14  dello  statuto  della  Regione  Sicilia  approvato  con
R.D.Lgs. 15 maggio 1946, n. 455, convertito in  legge  costituzionale
26 febbraio 1948, n. 2; dell'art. 117, primo comma  Cost.;  dell'art.
117, secondo comma, lettera s), Cost. rispetto al quale costituiscono
norme interposte gli articoli 21, 135, 140, 141-bis, 143, 145  e  146
del codice dei beni culturali e  del  paesaggio  di  cui  al  decreto
legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;  dell'art.  117,  secondo  comma,
lettera m) Cost; degli articoli 3, 9, 97 Cost.; per violazione  delle
norme di grande riforma economico-sociale contenute negli articoli 6,
6-bis e 27 del decreto del Presidente della  Repubblica  n.  380  del
2001, e nell'art. 41-quinquies della legge n. 1150  del  1942  (legge
urbanistica). 
    II) L' art. 2, comma 1, lettere a), b), c), e' costituzionalmente
illegittimo per violazione  dell'art.  14  dello  statuto  siciliano;
degli articoli 3, 9 e 97 Cost.; dell'art. 117,  primo  comma,  Cost.,
alla luce della legge n. 14 del 2006 di recepimento della Convenzione
europea del paesaggio; dell'art. 117, secondo comma, lettera  s),  di
cui costituiscono parametri interposti gli articoli 135,  143  e  145
del codice dei beni culturali e  del  paesaggio  di  cui  al  decreto
legislativo 22 gennaio 2004, n.  42;  nonche'  per  violazione  delle
norme di grande riforma economico sociale contenute negli articoli 36
e 37 del decreto del Presidente della Repubblica  n.  380  del  2001,
nonche' di quelle recate dall'art. 41-quinquies della legge  n.  1150
del 1942, e dal  decreto-legge  n.  112  del  2008,  convertito,  con
modificazioni, nella legge 6  agosto  2008,  n.  133,  nonche'  dalla
relativa intesa sul piano casa del 2009. 
    L'art. 2, comma 1, apporta modifiche all'art. 5, comma  1,  della
legge regionale n. 16 del 2016, come  modificato  dall'art.  6  della
legge regionale n. 23 del 2021 impugnato dal Governo: 
        alla lettera a), si modifica la  lettera  d),  punto  1).  Di
seguito si riporta il testo  della  disposizione  in  parola  con  in
maiuscolo le modifiche apportate dall'articolo in esame. 
    «l. Costituiscono interventi  di  trasformazione  urbanistica  ed
edilizia del territorio e sono subordinati a permesso di costruire: 
        [...]; 
        d) le opere di recupero volumetrico ai fini abitativi  e  per
il contenimento del consumo di  nuovo  territorio,  come  di  seguito
definite: 
          1) le opere di recupero volumetrico ai fini  abitativi  dei
sottotetti, delle pertinenze, dei locali accessori, degli interrati e
dei seminterrati e degli ammezzati aventi altezza minima di  m.  2,20
esistenti alla data di entrata  in  vigore  della  presente  legge  e
regolarmente  realizzati  comprendendo  tra   immobili   regolarmente
realizzati e legittimi tutti quelli in possesso  di  regolare  titolo
edilizio abilitativo  e  di  certificazione  di  agibilita',  inclusi
quelli regolarizzati attraverso  sanatorie  edilizie,  rilasciate  ai
sensi dell'articolo 36 del decreto del Presidente della Repubblica  6
giugno  2001,  n.  380  e  successive   modificazioni,   segnalazioni
certificate di inizio attivita' in sanatoria, fatta eccezione per  le
pertinenze relative ai parcheggi di cui all'art.  18  della  legge  6
agosto 1967, n. 765 e all'art. 31 della  legge  regionale  26  maggio
1973, n. 21, costituiscono opere di ristrutturazione edilizia». 
    Le modifiche apportate non consentono  di  ritenere  superate  le
relative censure contenute nel ricorso n. 63/21 R.R. che pertanto  si
ripropongono. Difatti, l'operativita' della disposizione viene estesa
quantomeno agli edifici esistenti alla  data  di  entrata  in  vigore
della legge regionale n. 16 del 2016. In proposito, e' appena il caso
di sottolineare che sia a mente dell'art. 18 della legge regionale n.
4 del 2003 (abrogato dall'art. 23, comma 1, lettera b-septies)  della
legge regionale n. 23 del 2021, come gia' precisato al paragrafo  II,
punto 2. del ricorso), sia in base al previgente  art.  5,  comma  1,
lettera  d),  punto  1),  della  legge  regionale  n.  16  del  2016,
l'applicabilita' delle disposizioni in materia di  recupero  ai  fini
abitativi dei sottotetti  delle  pertinenze,  dei  locali  accessori,
degli  interrati  e  dei  seminterrati  era  limitata  agli   edifici
«regolarmente realizzati» non includendo, tra  questi,  gli  immobili
oggetto di sanatorie edilizie, come, invece, ora  previsto  ai  sensi
del vigente art. 5,  comma  1,  lettera  d),  punto  1)  della  legge
regionale n. 16 del 2016. 
    Inoltre, la mancanza dell'inserimento di un termine riferito alla
«regolare realizzazione» e l'introduzione dell'inciso «rilasciate  ai
sensi dell'art. 36 del decreto  del  Presidente  della  Repubblica  6
giugno  2001,  n.  380  e  successive  modificazioni»  riferito  alle
sanatorie  edilizie,  consentono  di  ritenere  che  il   legislatore
regionale abbia inteso autorizzare, a decorrere dalla data di entrata
in vigore della legge regionale n. 2 del 2022, la presentazione delle
domande per l'ottenimento del permesso di costruire  in  sanatoria  o
della SCIA in alternativa al  permesso  di  costruire  in  sanatoria,
anche in relazione ad interventi, in origine abusivamente realizzati,
che  potrebbero  beneficiare  di  una   modifica   della   disciplina
urbanistica ed  edilizia  in  senso  piu'  favorevole  medio  tempore
intervenuta, in  violazione  di  quanto  previsto  dall'art.  36  del
decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 in materia di
c.d. «doppia conformita'»  (come  noto,  conformita'  dell'intervento
alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento  della
realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione  della
domanda). 
    In particolare, le innovazioni e le modifiche via via  introdotte
(le piu' recenti con la legge regionale n. 23 del 2021 e con la legge
regionale n. 2 del 2022), potrebbero risultare applicabili  anche  ad
interventi che, eseguiti prima della data di entrata in vigore  della
legge regionale n. 2 del 2022 (e, in ipotesi, anche successivamente),
avrebbero dovuto essere realizzati  in  conformita'  alla  disciplina
urbanistica ed edilizia previgente. E cio'  con  la  possibilita'  di
ottenere il  rilascio  del  titolo  abilitativo  in  sanatoria  o  di
presentare  il  titolo  abilitativo  in  sanatoria,  attraverso   una
conformita' alle nuove disposizioni regionali conseguita ex post. 
    Sul punto, preme ricordare che nella sentenza n. 232 del 2017, la
Corte costituzionale ha dichiarato «costituzionalmente illegittimi  -
per violazione dell'art. 14, primo comma, lettera f),  dello  statuto
siciliano e dell'art. 117, secondo comma, lettera 1), Cost. -  l'art.
14, commi 1 e 3, della legge regionale  Siciliana  n.  16  del  2016,
nella  parte  in  cui,  rispettivamente,  prevedono  che  «[...]   il
responsabile  dell'abuso,  o  l'attuale  proprietario  dell'immobile,
possono ottenere il permesso in  sanatoria  se  l'intervento  risulti
conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente  al  momento
della presentazione della domanda» (comma 1) e  non  anche  a  quella
vigente al momento della realizzazione dell'intervento; e nella parte
in cui si pone «un meccanismo di silenzio-assenso  che  discende  dal
mero  decorso  del  termine  di  novanta  giorni»  (comma  3)   dalla
presentazione dell'istanza al  fine  del  rilascio  del  permesso  in
sanatoria. La normativa regionale impugnata dal Governo consente - in
contrasto con il principio fondamentale della c.d. doppia conformita'
enunciato dall'art. 36, comma  1,  del  testo  unico  edilizia  -  di
rilasciare il permesso in sanatoria pur se l'intervento edilizio  non
era conforme alla  disciplina  urbanistica  ed  edilizia  vigente  al
momento  della  realizzazione   dell'opera,   e   inoltre   introduce
l'istituto del  silenzio  assenso,  in  luogo  del  silenzio  rigetto
previsto dal citato art. 36 in base  a  una  scelta  che  costituisce
norma di principio e che esclude, tra  l'altro,  l'effetto  estintivo
delle  contravvenzioni  contemplate  dall'art.  44  del  testo  unico
edilizia.  In  tal  modo,  il  legislatore  siciliano   finisce   per
configurare un surrettizio condono edilizio e comunque  travalica  la
competenza  legislativa  esclusiva  statutariamente  attribuita  alla
regione in materia di urbanistica, invadendo la competenza  esclusiva
statale  in  materia  di  «ordinamento  penale»,  con  riguardo  alla
sanatoria di abusi edilizi. Ne' rileva,  in  contrario,  la  presunta
coerenza delle disposizioni regionali impugnate con  gli  approdi  di
una parte della giurisprudenza amministrativa, peraltro  contraddetta
da orientamenti espressi anche  di  recente,  giacche'  un  eventuale
riconoscimento normativo della c.d.  sanatoria  giurisprudenziale  (o
impropria) puo' provenire solo  dal  legislatore  statale.  (si  veda
anche la sentenza n. 233 del 2015). 
    L'accertamento di conformita' di cui all'art. 36 del testo  unico
edilizia costituisce principio fondamentale  nella  materia  «governo
del territorio», finalizzato a garantire  l'assoluto  rispetto  della
disciplina urbanistica ed edilizia  durante  tutto  l'arco  temporale
compreso  tra  la  realizzazione  dell'opera   e   la   presentazione
dell'istanza. Detto istituto  fa  riferimento  alla  possibilita'  di
sanare opere che, sebbene sostanzialmente  conformi  alla  disciplina
urbanistica ed edilizia, sono state realizzate in assenza del  titolo
stesso ovvero con varianti essenziali, e si  distingue  pertanto  dal
condono edilizio, che ha quale effetto la sanatoria non solo  formale
ma anche sostanziale  dell'abuso,  a  prescindere  dalla  conformita'
delle opere realizzate alla disciplina urbanistica ed edilizia. (cfr.
sentenze n. 107 del 2017, n. 50 del 2017 e n. 101 del 2013). 
    Sebbene la disciplina dell'accertamento di conformita' attenga al
«governo del territorio», spetta comunque al legislatore  statale  la
scelta sull'an, sul quando e sul quantum della sanatoria, potendo  il
legislatore  regionale   intervenire   solo   per   quanto   riguarda
l'articolazione e la specificazione di tali disposizioni. Quanto alle
regioni  ad  autonomia  speciale,  ove  nei  rispettivi  statuti   si
prevedano competenze legislative di tipo primario,  esse  devono,  in
ogni caso, rispettare il limite della materia penale e di  quanto  e'
immediatamente riferibile ai principi di  grande  riforma,  come  nel
caso del titolo abilitativo edilizio in sanatoria. (cfr. sentenze  n.
233 del 2015 e n. 196 del 2004)». 
    Non puo' sottacersi, quale ulteriore  profilo  di  illegittimita'
costituzionale, la circostanza che, in  relazione  alle  segnalazioni
certificate di inizio attivita' in sanatoria, non  e'  stato  neppure
previsto un riferimento alla «doppia conformita'» di cui all'art. 37,
comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001. 
    Si evidenzia, infine, che nella sentenza n. 24 del 2022, la Corte
costituzionale ha precisato che «L'art. 5, comma 9, del decreto-legge
n. 70 del 2011, nel tradurre in legge l'intesa raggiunta tra Stato  e
regioni in tema di "Piano casa", configura una norma fondamentale  di
riforma economico-sociale, come confermano l'ampiezza degli obiettivi
perseguiti,  l'incidenza  su  aspetti  qualificanti  della  normativa
edilizia e urbanistica  e  la  stessa  scelta  di  coinvolgere  anche
regioni  ed  enti   locali   nel   definire   i   tratti   essenziali
dell'intervento riformatore. Tale disposizione affida alle regioni il
compito  di  approvare  leggi  per  incentivare,  tra   l'altro,   la
razionalizzazione del patrimonio edilizio esistente,  anche  mediante
la previsione del riconoscimento di una  volumetria  aggiuntiva  come
misura premiale. Cio' purche' gli interventi  non  siano  riferiti  a
edifici  abusivi,  siti   nei   centri   storici   o   in   aree   di
inedificabilita' assoluta, con esclusione  dei  soli  edifici  per  i
quali  sia  stato  rilasciato  il  titolo  abilitativo  edilizio   in
sanatoria:  nozione,   quest'ultima,   da   interpretare   in   senso
restrittivo,  in  coerenza  con   la   terminologia   adoperata   dal
legislatore e con la ratio della normativa. 
    Il titolo in sanatoria, che rileva agli effetti della concessione
di premialita' volumetrica prevista dal "Piano casa", differisce  dal
condono: mentre quest'ultimo ha per effetto  la  sanatoria  non  solo
formale  ma  anche  sostanziale  dell'abuso,  a   prescindere   dalla
conformita' delle opere realizzate  alla  disciplina  urbanistica  ed
edilizia, il titolo  in  sanatoria  presuppone  la  conformita'  alla
disciplina urbanistica  e  edilizia  vigente  sia  al  momento  della
realizzazione dell'immobile sia al momento della presentazione  della
domanda. (cfr. sentenza 107/2017 e sentenza 50/2017)». 
    Nella stessa sentenza e' stato, poi, ribadito  che  il  principio
della doppia conformita' di cui all'art. 36 testo unico edilizia - il
quale presuppone  la  conformita'  dell'intervento  realizzato  senza
titolo sia alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento
della realizzazione dell'abuso, sia a quella  in  vigore  al  momento
della presentazione della  domanda  -  e'  vincolante  anche  per  le
autonomie   speciali   in   quanto   norma    di    grande    riforma
economico-sociale; 
        alla lettera  b),  si  modifica  la  lettera  d),  punto  4),
consentendosi, con riguardo alle  pertinenze,  ai  locali  accessori,
agli interrati e ai seminterrati e agli ammezzati, di  accedere  alla
disciplina derogatoria prevista dal  nuovo  art.  5  (cfr.  comma  1,
lettera d), punto 6) della legge regionale n. 16 del  2016,  ai  fini
del recupero abitativo, a condizione gli stessi siano «esistenti alla
data di entrata in vigore» della predetta legge regionale n.  16  del
2016. Anche in tal caso,  valgono  le  considerazioni  critiche  gia'
esposte in relazione alla lettera d), punto 1). 
    Di conseguenza, le modifiche apportate non consentono di ritenere
superati i relativi  motivi  di  censura  formulati  nel  ricorso  n.
63/2021 RR: 
        alla lettera c), si modifica la  lettera  d),  punto  5).  In
particolare,  si  sopprimono  il  terzo  e  il  quarto  periodo   che
consentivano gli  interventi  edilizi  finalizzati  al  recupero  dei
sottotetti, delle pertinenze e dei  locali  accessori,  senza  alcuna
modificazione delle altezze di colmo e di gronda  e  delle  linee  di
pendenza delle falde, anche mediante la  previsione  di  apertura  di
finestre,  lucernari  e  terrazzi   esclusivamente   per   assicurare
l'osservanza dei  requisiti  di  aero-illuminazione,  anche  in  aree
sottoposte a vincoli. Tale soppressione non e' pero' accompagnata  da
una espressa esclusione della  realizzabilita'  degli  interventi  de
quibus nelle zone e agli immobili indicati nel  periodo  soppresso  e
pertanto non esclude che la disposizione possa trovare  un'indistinta
e generalizzata applicazione anche in tali zone e con  riferimento  a
tali immobili. 
    Di conseguenza le modifiche apportate non consentono di  ritenere
superati i relativi motivi di censura  gia'  formulati  in  relazione
all'art. 6 della legge regionale n. 23 del 2021,  risultando,  cosi',
violare l'art. 14 dello statuto siciliano; gli articoli  3,  9  e  97
Cost.; l'art. 117, primo comma, Cost., alla luce della  legge  n.  14
del 2006 di recepimento  della  Convenzione  europea  del  paesaggio;
l'art. 117, secondo comma, lettera s), di cui costituiscono parametri
interposti gli articoli 135, 143 e 145 del codice dei beni  culturali
e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n.  42
e le norme  di  grande  riforma  economico  sociale  contenute  negli
articoli 36 e 37 del decreto del Presidente della Repubblica  n.  380
del 2001, nonche' quelle recate dall'art.  41-quinquies  della  legge
1150 del 1942, e dal decreto-legge n. 112 del  2008  convertito,  con
modificazioni, nella legge 6  agosto  2008,  n.  133,  nonche'  dalla
relativa intesa sul piano casa del 2009. 
    III) L'art. 8, comma 1, lettere a), b), d) e'  costituzionalmente
illegittimo: 
        (i). quanto alla lettera a) per violazione dell'art. 14 dello
statuto siciliano; degli articoli 3, 9 e  97  Cost.;  dell'art.  117,
primo comma,  Cost.,  alla  luce  della  legge  n.  14  del  2006  di
recepimento della Convenzione europea del paesaggio;  dell'art.  117,
secondo comma, lettera s), di cui costituiscono parametri  interposti
gli articoli 135, 146 e 167 del  Codice  dei  beni  culturali  e  del
paesaggio di cui al decreto  legislativo  22  gennaio  2004,  n.  42;
nonche' per  violazione  delle  norme  di  grande  riforma  economico
sociale contenute nell'art. 41-quinquies, ottavo e nono comma,  della
legge 1150 del 1942, nell'art. 14 del decreto  del  Presidente  della
Repubblica 380 del 2001, e nell'art. 11, comma 5,  del  decreto-legge
n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, nella legge 6  agosto
2008, n. 133, nonche' nella relativa intesa sul piano casa del 2009; 
        (ii). quanto alla lettera b)  per  violazione  dell'art.  14,
comma  1,  lettera  f),  dello  statuto,  in   considerazione   della
violazione   delle   norme    fondamentali    di    grande    riforma
economico-sociale costituite dall'art. 41-quinquies,  ottavo  e  nono
comma, della legge n. 1150 del 1942, nonche' dall'art. 11,  comma  5,
del decreto-legge n. 112 del 2008 e dall'Intesa sul  piano  casa  del
2009; dell'art. 14, comma 1, lettera n), dello  statuto  e  dell'art.
117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, rispetto al quale
costituiscono norme interposte gli articoli 135, 143 e 145 del codice
dei beni culturali e del paesaggio; degli articoli 3, 9  e  97  della
Costituzione; 
        (iii). quanto alla lettera d)  per  violazione  dell'art.  14
dello statuto speciale, nonche' degli articoli 3, 9, 97,  117,  primo
comma, Cost. alla luce della legge n. 14  del  2006,  di  recepimento
della Convenzione  europea  sul  paesaggio,  nonche'  dell'art.  117,
secondo comma, lettera s), della Costituzione, di  cui  costituiscono
norme interposte gli articoli 135, 146 e  167  del  codice  dei  beni
culturali e del paesaggio, e per violazione  delle  norme  di  grande
riforma economico sociale costituite dall'art. 41-quinquies, ottavo e
nono comma, della legge n. 1150 del 1942, dall'art.  14  del  decreto
del Presidente della Repubblica n. 380 del  2001,  nonche'  dall'art.
11, comma 5, del decreto-legge  n.  112  del  2008,  convertito,  con
modificazioni, nella legge 6 agosto 2008, n.  133  e  dalla  relativa
Intesa sul piano casa del 2009. 
    III.i). L'art. 8, comma 1: 
        alla lettera a), si sostituisce il comma 4 dell'art.  2,  che
era gia' stato sostituito dall'art. 37, comma 1,  lettera  a),  della
legge regionale n. 23 del 2021. 
    La previgente disposizione  stabiliva  che:  «4.  Gli  interventi
riguardano edifici realizzati con titoli  abilitativi  che  ne  hanno
previsto la costruzione o che ne hanno legittimati la stessa». 
    La nuova disposizione prevede quanto segue: 
        «4.  Gli   interventi   riguardano   edifici   legittimamente
realizzati; sono esclusi gli immobili che hanno usufruito di  condono
edilizio». 
    Alla  luce  di  tale  sostituzione,  si   escludono   dall'ambito
oggettivo di applicazione del «piano casa» gli immobili condonati. 
    Nel prendere atto della sopra menzionata esclusione,  si  osserva
che, anche in questo caso, come gia' in relazione al disposto di  cui
all'art. 2, comma 1, lettera a) della legge in  esame  non  e'  stato
previsto un termine in relazione  al  quale  valutare  «legittima  la
realizzazione degli  edifici».  A  tal  proposito  si  richiamano  le
considerazioni espresse in relazione a tale disposizione. Per  quanto
concerne  l'  individuazione  di  un  termine   per   la   «legittima
realizzazione» all'art. 2, comma 6, della legge regionale  n.  6  del
2010, si rinviene  del  resto,  un  unico  riferimento  che  riguarda
l'ampliamento  in  sopraelevazione  consentito  esclusivamente  quale
recupero ad uso abitativo o uffici, anche con  eventuale  ampliamento
allo stesso  livello  di  volumi  accessori  e/o  pertinenziali  gia'
regolarmente realizzati alla  data  del  31  dicembre  2015  (termine
originariamente previsto al 31 dicembre 2009  e  cosi'  prorogato  ai
sensi dell'art. 27  della  legge  regionale  n.  16  del  2016).  Nel
silenzio del legislatore regionale la disposizione in  esame  risulta
presentare i medesimi profili  di  legittimita'  costituzionale  gia'
evidenziati con riferimento all'art. 37 della legge regionale  n.  23
del 2021, che  pertanto  si  ripropongono,  fatta  eccezione  per  le
considerazioni in ordine agli immobili condonati, ora  specificamente
esclusi dalla disposizione in commento. 
    La disposizione risulta quindi ancora  violare  l'art.  14  dello
statuto speciale, nonche' gli articoli 3, 9 e 97, 117, primo comma  -
alla  luce  della  legge  n.  14  del  2006,  di  recepimento   della
Convenzione europea sul paesaggio - 117, secondo  comma  lettera  S),
della  Costituzione,  di  cui  costituiscono  norme  interposte   gli
articoli 135,  146  e  167  del  codice  dei  beni  culturali  e  del
paesaggio, nonche' le  norme  di  grande  riforma  economico  sociale
costituite dall'art. 41-quinquies, ottavo e nono comma,  della  legge
n. 1150 del 1942, dall'art.  14  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 380 del 2001 e dall'art. 11, comma 5, del decreto-legge
n. 112 del 2008 e dalla relativa Intesa sul piano casa del 2009. 
    III.ii).  La  lettera  b)  del  medesimo  comma  1  dell'art.   8
dell'articolo della legge regionale n.  2  del  2022  sostituisce  il
comma 2 dell'art. 6 della  legge  regionale  23  marzo  2010,  n.  6,
recante  «Norme  per  il  sostegno  dell'attivita'  edilizia   e   la
riqualificazione del patrimonio  edilizio»,  prevedendo  che:  «Fermo
restando il termine per la realizzazione degli interventi di cui agli
articoli 2 e 3, come previsto dall'art. 5 della  legge  regionale  30
dicembre 2020, n.  36,  fissato  al  31  dicembre  2023,  le  istanze
relative agli interventi sono presentate entro il 30  giugno  2023  e
sono corredate, a pena di inammissibilita',  dal  titolo  abilitativo
edilizio ove previsto relativo all'immobile  oggetto  di  intervento,
rilasciato  o   concretizzatosi   antecedentemente   alla   data   di
presentazione dell'istanza». Viene, quindi, fissato al 30 giugno 2023
il  termine  per  la  presentazione  delle  domande   di   interventi
rientranti nel c.d. piano casa, le quali  possono  avere  ad  oggetto
immobili realizzati o per i quali  il  titolo  abilitativo  e'  stato
rilasciato o si e' formato prima della presentazione della domanda. 
    L'art. 6 della legge n. 6 del 2010 originariamente prevedeva che: 
        «1.  Gli  interventi  di  cui  agli  articoli  2  e  3   sono
subordinati al rilascio della concessione edilizia prevista dall'art.
36 della legge regionale 27 dicembre 1978, n. 71 ovvero alla denuncia
di inizio attivita' di cui all'art. 22  del  decreto  del  Presidente
della Repubblica 6 giugno 2001, n.  380  e  successive  modifiche  ed
integrazioni. 
        2. Le istanze relative agli interventi sono presentate  entro
ventiquattro mesi dal termine fissato al comma 4 e sono corredate,  a
pena  di  inammissibilita',  dal  titolo  abilitativo  edilizio   ove
previsto relativo all'immobile oggetto di  intervento,  rilasciato  o
concretizzatosi   antecedentemente   alla   data   di   presentazione
dell'istanza. 
        3. L'istanza e' corredata da quietanza  di  versamento  delle
spese  di  istruttoria,  il  cui  ammontare  complessivo  e  la   cui
articolazione  temporale  sono  stabiliti  da  ciascun   comune   con
determina sindacale emanata  entro  sessanta  giorni  dalla  data  di
pubblicazione della presente legge. 
        4. I  comuni,  con  delibera  consiliare,  entro  il  termine
perentorio di centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della
presente  legge,   possono   motivatamente   escludere   o   limitare
l'applicabilita' delle norme di cui agli articoli 2 e 3 ad immobili o
zone  del  proprio  territorio  o  imporre  limitazioni  e  modalita'
applicative,  sulla  base  di   specifiche   ragioni   di   carattere
urbanistico, paesaggistico e ambientale». 
    Il termine di ventiquattro mesi di cui al secondo comma dell'art.
6 era stato poi portato a quarantotto mesi per effetto dell'art.  11,
comma 130, della legge n. 26 del 2012. 
    Con legge  6  agosto  2021,  n.  23,  la  Regione  ha  nuovamente
modificato il citato secondo comma dell'art. 6 della legge n.  6  del
2010. In particolare, l'art. 37, lettera c), punto 1, di detta  legge
n. 23 del 2021 ha soppresso il termine di quarantotto mesi  al  quale
erano subordinate le istanze di  interventi  edilizi  di  ampliamento
degli  edifici  esistenti  nonche'  di  interventi  per  favorire  il
rinnovamento del patrimonio edilizio esistente. 
    Con tale modifica si  e'  prodotto  l'effetto  di  convertire  le
istanze  «tardive»,  eventualmente  gia'   presentate,   in   istanze
«tempestive», e sono stati riaperti sine die i termini del piano casa
siciliano, consentendo la presentazione di nuove domande senza  alcun
limite temporale. 
    Per tale ragione, il Governo, lo scorso 7 ottobre, ha  impugnato,
tra le altre norme della legge regionale n. 23 del 2021, anche l'art.
37, lettera c), punto 1, per violazione dell'art.  14  dello  statuto
speciale, nonche' degli articoli 3, 9 e 97, 117, primo comma  -  alla
luce della legge n. 14 del 2006,  di  recepimento  della  Convenzione
europea sul  paesaggio  -  117,  secondo  comma,  lettera  s),  della
Costituzione, di cui costituisce  norma  interposta  l'art.  135  del
codice dei beni culturali e del paesaggio,  e  per  violazione  delle
norme di grande riforma economico sociale costituite dai principi  di
cui all'art. 41-quinquies, ottavo e nono comma, della legge  n.  1150
del 1942, all'art. 14 del decreto del Presidente della Repubblica  n.
380 del 2001, all'art. 11, comma 5,  del  decreto-legge  n.  112  del
2008, all'Intesa sul piano casa del 2009. 
    La Regione interviene ora nuovamente sulla  stessa  disposizione,
introducendo un termine per le istanze,  ovvero  fino  al  30  giugno
2023.  Si  elimina  dunque  la  disposizione  che  ne  consentiva  la
presentazione  sine  die,  ma  si  mantiene  comunque  la  scelta  di
prolungare  la  durata  del  piano  casa   in   modo   arbitrario   e
irragionevole rispetto alla  durata  originaria.  Peraltro  con  tale
formulazione si ricomprendono anche immobili non  ancora  realizzati,
ma soltanto assentiti con il rilascio del titolo  edilizio;  immobili
per i quali non  appaiono  sussistere  esigenze  di  riqualificazione
edilizia o di efficientamento energetico. 
    Appare,  pertanto,  del  tutto  ingiustificata  la  deroga   alla
pianificazione urbanistica. 
    La  finalita'  della  normativa  sul  c.d.   «piano   casa»   era
originariamente quella di consentire interventi  «straordinari»,  per
un  periodo  temporalmente  limitato,  su  edifici  abitativi;  dato,
questo, puntualmente evidenziato dalla Corte costituzionale, la quale
non ha mancato di rilevare come il c.d. piano casa fosse una  «misura
straordinaria di rilancio del mercato edilizio predisposta  nel  2008
dal legislatore statale, contenuta nell'art. 11 del decreto-legge  25
giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo  economico,
la  semplificazione,  la  competitivita',  la  stabilizzazione  della
finanza pubblica  e  la  perequazione  tributaria),  convertito,  con
modificazioni,  nella  legge  6   agosto   2008,   n.   133»   (Corte
costituzionale n. 70 del 2020; cfr. anche Corte costituzionale n. 217
del 2020). 
    Questa originaria finalita' risulta fuorviata per  effetto  della
novella in esame. 
    Si deve infatti sottolineare che l'Intesa del 2009 sul c.d. piano
casa  prevedeva  espressamente  che:  «Le  Regioni  si  impegnano  ad
approvare entro e non oltre novanta  giorni  proprie  leggi  ispirate
preferibilmente ai seguenti obiettivi: 
        a)  regolamentare  interventi  -  che   possono   realizzarsi
attraverso piani/programmi definiti tra regioni e comuni - al fine di
migliorare anche la  qualita'  architettonica  e/o  energetica  degli
edifici entro il limite del 20% della volumetria esistente di edifici
residenziali uni-bi familiari o comunque di volumetria non  superiore
ai 1000 metri cubi, per un  incremento  complessivo  massimo  di  200
metri cubi, fatte salve diverse determinazioni regionali che  possono
promuovere ulteriori forme di incentivazione volumetrica; 
        b) disciplinare  interventi  straordinari  di  demolizione  e
ricostruzione con ampliamento per edifici a destinazione residenziale
entro il limite del 35% della volumetria esistente, con finalita'  di
miglioramento   della   qualita'   architettonica,    dell'efficienza
energetica ed utilizzo di fonti  energetiche  rinnovabili  e  secondo
criteri di  sostenibilita'  ambientale,  ferma  restando  l'autonomia
legislativa  regionale  in  riferimento   ad   altre   tipologie   di
intervento; 
        c) introdurre forme semplificate e  celeri  per  l'attuazione
degli interventi edilizi di cui alla lettera a) e b) in coerenza  con
i  principi  della  legislazione  urbanistica  ed  edilizia  e  della
pianificazione comunale. 
    Tali interventi edilizi non possono riferirsi ad edifici  abusivi
o nei centri storici o in aree di inedificabilita' assoluta. 
    Le leggi regionali possono individuare gli ambiti nei  quali  gli
interventi di cui alle lettere a) e b) sono esclusi o  limitati,  con
particolare riferimento ai beni  culturali  e  alle  aree  di  pregio
ambientale e paesaggistico, nonche' gli ambiti nei quali  i  medesimi
interventi sono favoriti con opportune incentivazioni  e  premialita'
finalizzate alla riqualificazione di aree urbane degradate. 
    La disciplina introdotta dalle  suddette  leggi  regionali  avra'
validita' temporalmente definita, comunque non superiore  a  diciotto
mesi dalla loro entrata in vigore, salvo diverse determinazioni delle
singole regioni». 
    In sede di intesa sono stati previsti quindi precisi  limiti  per
gli  interventi  realizzabili  «in  deroga»,  sia  volumetrici,   sia
temporali, che  benche'  non  siano  configurabili  come  indicazioni
tassative,  assumono  comunque  valore  di  regole  di   riferimento,
rispetto alle quali lo ius variandi della regione e' contenuto e deve
attenersi alla ratio delle previsioni concordate.  Da  cio'  consegue
che necessariamente - poiche' una diversa interpretazione  porterebbe
a vanificare completamente l'efficacia della  predetta  intesa  -  le
determinazioni regionali, in  senso  ampliativo  rispetto  ai  limiti
previsti nell'intesa, sono ammissibili solo se rispondono a canoni di
proporzionalita'  e  ragionevolezza.   In   particolare,   l'espressa
previsione di  un  termine,  peraltro  di  soli  diciotto  mesi,  non
consente di  ipotizzare,  legittimamente,  l'ampliamento  progressivo
della portata temporale da parte  delle  regioni,  di  una  normativa
eccezionale e derogatoria alla pianificazione urbanistica. 
    Va rimarcato, al  riguardo,  che  il  giudice  amministrativo  ha
sempre sottolineato il carattere temporaneo del c.d. «piano casa», il
quale, riflettendo l'esigenza di promuovere gli investimenti  privati
nel settore dell'edilizia «e'  una  disciplina  che  possiede  natura
eccezionale in merito a  specifici  interventi.  In  particolare,  la
normativa de qua e' destinata ad operare per  un  arco  temporalmente
limitato» (cfr. Tribunale amministrativo regionale Campania,  Napoli,
sez. II, 10 giugno 2020, n. 2304). 
    Non e' quindi  consentito  alle  regioni  -  al  di  fuori  della
normativa straordinaria e temporanea  del  c.d.  piano  casa,  avente
copertura a livello statale - di  introdurre  deroghe  ex  lege  alla
pianificazione urbanistica. 
    Il risultato della novella apportata dalla Regione  Siciliana  e'
quello di accrescere enormemente, per  sommatoria,  il  numero  degli
interventi  consentiti  ex  lege,  al  di   fuori   di   qualsivoglia
valutazione del singolo contesto territoriale, scardinando  cosi'  il
principio fondamentale in materia di governo del  territorio  secondo
il quale gli interventi di trasformazione edilizia e urbanistica sono
consentiti soltanto nel quadro della pianificazione. Se e'  vero  che
la  regione  ha  potesta'  legislativa  esclusiva   in   materia   di
«urbanistica», in base  all'art.  14,  comma  1,  lettera  f),  dello
statuto, tuttavia l'ente e' tenuto a esercitare  tale  potesta'  «nei
limiti delle leggi  costituzionali  dello  Stato,  senza  pregiudizio
delle riforme agrarie e industriali, deliberate dalla Costituente del
popolo italiano». 
    L'art. 8, comma 1, lettera b), della legge  regionale  n.  2  del
2022 si pone in contrasto con la suddetta previsione  statutaria,  in
quanto consente la realizzazione di interventi di ingente impatto sul
territorio, sulla base di istanze che possono essere presentate  fino
al  giugno  2023,  in  deroga  agli   strumenti   di   pianificazione
urbanistica. 
    Per  questa  via,  viene  violata  la  norma  di  grande  riforma
economico-sociale  costituita  dal  principio  -  sotteso  all'intero
impianto della legge urbanistica n. 1150 del 1942, in  particolare  a
seguito delle modifiche apportatevi dalla legge n.  765  del  1967  -
secondo  il  quale  gli  interventi  di  trasformazione  edilizia   e
urbanistica sono consentiti soltanto nel quadro della  pianificazione
urbanistica, che esercita una funzione di disciplina  degli  usi  del
territorio necessaria e  insostituibile,  in  quanto  idonea  a  fare
sintesi dei molteplici interessi, anche  di  rilievo  costituzionale,
che afferiscono a ciascun ambito territoriale;  principio  che  trova
emersione, in  particolare,  all'art.  41-quinquies,  ottavo  e  nono
comma, della legge n. 1150 del  1942,  in  base  al  quale  tutto  il
territorio comunale deve essere pianificato,  assicurando  l'ordinato
assetto  del  territorio,  opportunamente  suddiviso  in  zone  (cfr.
decreto ministeriale n.  1444  del  1968,  recante  i  c.d.  standard
urbanistici). 
    La possibilita' di presentare istanze di c.d. piano  casa,  sulla
base di una disciplina introdotta in via straordinaria nel 2009, fino
al 30 giugno 2023 e, per di piu', anche con riferimento a immobili  a
quella data non ancora realizzati, ma soltanto assentiti mediante  il
rilascio del  titolo  edilizio,  contrasta  anche  con  il  principio
fondamentale, costituente norma di grande riforma  economico-sociale,
di temporaneita' del regime del piano casa, secondo  quanto  previsto
dall'intesa del  2009.  Tale  principio  costituisce  in  effetti  un
portato della regola generale, sopra  richiamata,  secondo  la  quale
l'intero  territorio  deve  essere  pianificato  e  la  deroga   alla
pianificazione presenta necessariamente carattere eccezionale e  deve
ritenersi consentita in ipotesi tassative. 
    Le ragioni di censura  ora  illustrate  trovano  riscontro  nella
recente giurisprudenza della Corte costituzionale, la quale,  proprio
con riferimento alla proroga della disciplina del c.d. piano casa  da
parte di una regione a statuto speciale, ha avuto modo  di  affermare
che «E' proprio  l'indefinito  succedersi  delle  proroghe,  ancorate
all'entrata in vigore di una nuova legge regionale  sul  governo  del
territorio o a termini di volta in volta differiti, che  interferisce
con la tutela paesaggistica e  determina  il  vulnus  denunciato  dal
ricorrente. 
    La previsione impugnata, nel sancire per  un  tempo  apprezzabile
un'ulteriore proroga di disposizioni che derogano alla pianificazione
urbanistica, consente reiterati e  rilevanti  incrementi  volumetrici
del  patrimonio  edilizio  esistente,  isolatamente   considerati   e
svincolati da una organica disciplina del governo del territorio, che
lo  stesso  legislatore  regionale  individua  come  la   sede   piu'
appropriata per la  regolamentazione  di  interventi  di  consistente
impatto, nel rispetto dei limiti posti  dallo  statuto  di  autonomia
alla potesta' legislativa primaria. 
    La  legge  regionale,   consentendo   interventi   parcellizzati,
svincolati  da  una  coerente  e   stabile   cornice   normativa   di
riferimento, trascura  l'interesse  all'ordinato  sviluppo  edilizio,
proprio della  pianificazione  urbanistica,  e  cosi'  danneggia  «il
territorio in tutte le sue connesse componenti e, primariamente,  nel
suo aspetto paesaggistico e ambientale» (sentenza n.  219  del  2021,
punto 4.2. del Considerato in diritto)». (Corte costituzionale n.  24
del 2022). 
    Per le ragioni sin qui  esposte,  la  disposizione  censurata  e'
pertanto da ritenere costituzionalmente  illegittima  per  violazione
dell'art. 14, comma 1, lettera f), dello statuto,  in  considerazione
della  violazione  delle  norme  fondamentali   di   grande   riforma
economico-sociale costituite dall'art. 41-quinquies,  ottavo  e  nono
comma, della legge n. 1150 del 1942, nonche' dall'art. 11,  comma  5,
del decreto-legge n. 112 del 2008 e dall'Intesa sul  piano  casa  del
2009. 
    Sotto altro  concorrente  profilo,  puo'  notarsi  che  anche  la
potesta' legislativa esclusiva di  cui  la  regione  e'  titolare  in
materia di «tutela del paesaggio», ai sensi dell'art.  14,  comma  1,
lettera n), dello Statuto di autonomia, deve  esplicarsi  pur  sempre
nel   rispetto   delle   norme   fondamentali   di   grande   riforma
economico-sociale,  le  quali  si  impongono  anche  alle   autonomie
speciali (Corte costituzionale, sentenza n. 238 del 2013)  e  tra  le
quali sono comprese le previsioni del codice dei beni culturali e del
paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. 
    In questa prospettiva, deve  tenersi  presente  che  anche  nella
regione   Siciliana   il   piano   paesaggistico   assume   carattere
necessariamente sovraordinato agli altri strumenti di  pianificazione
territoriale, in applicazione degli  articoli  135,  143  e  145  del
codice dei beni culturali e del paesaggio, aventi carattere di  norme
di grande riforma economico-sociale. 
    In particolare, l'art. 145 del  codice  stabilisce  il  principio
della necessaria prevalenza del suddetto piano rispetto a ogni  altro
strumento di pianificazione e la  sua  inderogabilita'  da  parte  di
piani,  programmi  e  progetti  nazionali  o  regionali  di  sviluppo
economico. 
    Non solo, quindi, le  previsioni  del  piano  paesaggistico  sono
cogenti  e  prevalgono  immediatamente   sulle   disposizioni   degli
strumenti urbanistici, ma questi ultimi hanno l'obbligo di  adeguarsi
e conformarsi alle  previsioni  della  pianificazione  paesaggistica,
declinando concretamente le previsioni di indirizzo  e  di  direttiva
contenute nello strumento sovraordinato. 
    Svolta questa premessa, deve osservarsi che nella legge regionale
n. 6 del 2010 la regione ha recentemente inserito, all'art. 11, comma
1, ultimo periodo, la previsione secondo la quale «Con riferimento ai
beni tutelati ai sensi della parte III del codice dei beni  culturali
e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42,
gli interventi sono ammessi soltanto nei casi e nei  limiti  previsti
dal piano paesaggistico regionale» (disposizione introdotta dall'art.
109, comma 13, lettera b, della legge regionale 15  aprile  2021,  n.
9). Tale previsione, se pure mitiga gli effetti della disciplina  del
c.d. piano casa, tuttavia non elide del tutto i possibili  pregiudizi
che la trasformazione del territorio in  deroga  alla  pianificazione
urbanistica e' in grado di  arrecare  alle  esigenze  di  tutela  del
paesaggio. 
    La pianificazione paesaggistica e' composta,  infatti,  in  buona
parte da disposizioni di direttiva,  destinate  a  concretizzarsi  in
prescrizioni  puntuali  in  sede  di  recepimento  nell'ambito  della
pianificazione urbanistica, ai sensi  del  richiamato  art.  145  del
codice di settore. Il processo di conformazione/adeguamento dei piani
urbanistici al sovraordinato piano paesaggistico e', peraltro, di per
se' complesso, tanto che il termine (ordinatorio) per provvedervi  e'
stabilito in due anni (cfr. comma 4 dell'art. 145). 
    In questo quadro, la previsione del rilascio di titoli edilizi in
deroga alla pianificazione urbanistica - secondo  la  disciplina  del
c.d.  piano  casa  -  comporta  rilevanti  criticita',   in   quanto,
nonostante   la   formale   previsione   del   rispetto   del   piano
paesaggistico, tuttavia le previsioni di  indirizzo  e  di  direttiva
contenute in quest'ultimo strumento sono  poste  sostanzialmente  nel
nulla. E cio' non solo nei comuni che non abbiano ancora adeguato  il
proprio piano urbanistico al piano paesaggistico, ma anche in  quelli
che abbiano provveduto a tale adeguamento, in quanto la  deroga  alla
pianificazione  urbanistica  priva  di  operativita'  (anche)  quelle
previsioni dello strumento urbanistico che costituiscono la  puntuale
concretizzazione delle direttive contenute nel piano paesaggistico. 
    In altri termini, la prevalenza  della  normativa  regionale  del
c.d. piano  casa  sugli  strumenti  urbanistici,  adeguati  al  piano
paesaggistico, si traduce potenzialmente in una deroga a quest'ultimo
strumento, con elusione del principio di  cui  all'  art.  145  sopra
richiamato. 
    Il vulnus, peraltro, si produce a maggior ragione nei comuni  che
non abbiano neppure adeguato  il  proprio  strumento  urbanistico  al
piano paesaggistico, e nei quali parimenti le previsioni di direttiva
di  tale  strumento  sono  ulteriormente  depotenziate  dalla  deroga
generalizzata al disegno pianificatorio pur  sempre  contenuto  nello
strumento urbanistico comunale. 
    Conseguentemente,  la  previsione   censurata,   consentendo   il
protrarsi dell'applicazione del c.d. piano  casa  e  l'estensione  di
tale  regime  derogatorio  fino  al  30  giugno  2023,  perpetua   la
violazione del principio di primazia del  piano  paesaggistico  e  di
prevalenza dello stesso sulla pianificazione urbanistica. 
    Da cio' la violazione dell'art. 14, comma 1,  lettera  n),  dello
statuto  e  dell'art.  117,  secondo   comma,   lettera   s),   della
Costituzione, rispetto al quale costituiscono  norme  interposte  gli
articoli 135,  143  e  145  del  codice  dei  beni  culturali  e  del
paesaggio. 
    Per le ragioni sopra dette, la novella determina una  diminuzione
della tutela del paesaggio che risulta  manifestamente  arbitraria  e
irragionevole, nonche' contraria  al  principio  del  buon  andamento
dell'amministrazione. Cio' in quanto, ponendo nel nulla le previsioni
degli strumenti di pianificazione, la previsione  censurata  comporta
che le trasformazioni sul territorio non siano previste sulla base di
una valutazione riferita ai singoli contesti, bensi'  in  base  a  un
disegno generale e astratto operato una volta per tutte  dalla  legge
regionale. Si viola cosi' l'obbligo costituzionale di disciplinare in
modo  diversificato  situazioni  tra  loro  non  assimilabili,  quali
tipicamente  sono  i  contesti  territoriali,  che  per  loro  natura
richiedono valutazioni specifiche e differenziate, anche al  fine  di
assicurare  adeguata  considerazione  alle  esigenze  di  tutela  del
paesaggio, costituente valore primario e assoluto ai sensi  dell'art.
9 della Costituzione (Corte costituzionale n. 367 del 2007). 
    L'irragionevolezza  della  previsione  normativa   censurata   si
coglie, come gia' sottolineato, considerando che gli  interventi  del
c.d. piano casa possono essere assentiti in relazione  a  istanza  da
presentare fino al 30 giugno 2023, con  riguardo  a  edifici  neppure
realizzati alla predetta data,  ma  soltanto  assentiti  mediante  il
rilascio del titolo edilizio. 
    Con ogni evidenza, la deroga alla pianificazione urbanistica, che
determina di per se' un vulnus all'ordinato assetto del territorio  e
alla tutela del paesaggio, non e'  giustificata  da  alcuna  esigenza
meritevole di tutela. Per immobili  non  ancora  costruiti  non  puo'
porsi, infatti, alcuna esigenza di  riqualificazione  edilizia  o  di
efficientamento energetico. D'altro canto, la regione non ha  fornito
alcun riscontro alle osservazioni svolte sul punto e  non  ha  quindi
rappresentato alcuna  ragione  tale  da  giustificare  la  previsione
normativa censurata. 
    La predetta previsione e' quindi da  ritenere  illegittima  anche
per violazione degli articoli 3, 9 e 97 della Costituzione. 
    L'art. 8, comma 1, lettera b), della legge regionale in esame  e'
dunque censurabile per violazione dell'art. 14, comma 1, lettera  f),
dello  statuto,  in  considerazione  della  violazione  delle   norme
fondamentali di grande riforma economico-sociale costituite dall'art.
41-quinquies, ottavo e nono comma, della  legge  n.  1150  del  1942,
nonche' dall'art. 11, comma 5, del decreto-legge n. 112  del  2008  e
dall'Intesa sul piano casa del 2009; dell'art. 14, comma  1,  lettera
n), dello statuto e dell'art. 117, secondo comma, lettera  s),  della
Costituzione, rispetto al quale costituiscono  norme  interposte  gli
articoli 135,  143  e  145  del  codice  dei  beni  culturali  e  del
paesaggio; degli articoli 3, 9 e 97 della Costituzione. 
    III.iii). L' art. 8, comma 1, alla  lettera  d),  sostituisce  la
lettera f), del comma 2, dell'art. 11.  Tale  norma  era  gia'  stata
modificata dall'art. 37, comma 1, lettera d), della  legge  regionale
n. 23 del 2021. 
    Prevedendo che «2. Gli interventi previsti dalla  presente  legge
non possono riguardare: 
        [...]; 
        f) gli  immobili  oggetto  di  condono  edilizio  nonche'  di
ordinanza di demolizione, salvo quelli  oggetto  di  accertamento  di
conformita' di cui all'art. 13 della legge 28 febbraio 1985,  n.  47,
introdotto dall'art. 1 della legge regionale 10 agosto 1985, n. 37». 
    Al riguardo, nel  prendere  atto  dell'esclusione  dal  campo  di
applicazione della normativa  regionale  degli  immobili  oggetto  di
condono edilizio, ancora una volta, si richiamano  le  considerazioni
svolte, in relazione al disposto di cui all'art. 2, comma 1,  lettera
a),  della  legge  regionale  in  esame,   che   si   intendono   qui
integralmente ribadite. 
    Le modifiche apportate consentono di ritenere superati soltanto i
motivi di censura formulati nel ricorso n. 63/2021 con riguardo  alla
mancata previsione dell'esclusione degli immobili oggetto di  condono
edilizio. La norma risulta pertanto violare ancora  l'art.  14  dello
statuto speciale, nonche' degli articoli 3, 9 e 97, 117, primo  comma
- alla luce  della  legge  n.  14  del  2006,  di  recepimento  della
Convenzione europea sul paesaggio -117,  secondo  comma  lettera  S),
della  Costituzione,  di  cui  costituiscono  norme  interposte   gli
articoli 135, 146 e 167  del  codice„  nonche'  le  norme  di  grande
riforma economico sociale costituite dai  principi  di  cui  all'art.
41-quinquies, ottavo e nono comma, della legge n. 1150 del  1942,  di
cui all'art. 14 del decreto del Presidente della  Repubblica  n.  380
del 2001, ed all'art. 11, comma 5, del decreto-legge n. 112 del 2008,
all'Intesa sul piano casa del 2009. 
 
                               P. Q. M. 
 
    Si conclude perche': 
        i) l'art. 1, comma 1, lettere d), e), g), h); 
        ii) l'art. 1, comma 2, lettere c), e); 
        iii) l'art. 2, comma 1, lettere a), b), c); 
        iv) l'art. 8,  comma  1,  lettere  a),  b),  d)  della  legge
regionale 18 marzo 2022, n. 2, recante: «Disposizioni in  materia  di
edilizia»  (pubblicata  nella  Gazzetta   Ufficiale   della   Regione
Siciliana  (p.  I)  n.  13  del  25  marzo  2022),  siano  dichiarati
costituzionalmente illegittimi. 
    Si producono: 
        estratto della delibera del Consiglio  dei  ministri  del  17
maggio 2022; 
        relazione, allegata alla medesima delibera, della  Presidenza
del Consiglio dei ministri - Dipartimento per gli affari regionali  e
le autonomie; 
        legge regionale n. 2/2022. 
          Roma, 22 maggio 2022 
 
                 L'Avvocato dello Stato: Palatiello