N. 33 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 23 maggio 2022
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 23 maggio 2022 (del Presidente del Consiglio dei ministri). Edilizia e urbanistica - Titoli edilizi - Norme della Regione Siciliana - Modifiche all'art. 3 della legge reg. n. 16 del 2016 e successive modificazioni - Interventi di attivita' di edilizia libera o subordinati a comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA) - Individuazione degli interventi. Edilizia e urbanistica - Titoli edilizi - Norme della Regione Siciliana - Modifiche all'art. 5 della legge reg. n. 16 del 2016 e successive modificazioni - Interventi subordinati a permesso di costruire - Individuazione - Definizione di alcune opere di recupero volumetrico ai fini abitativi e per il contenimento del consumo di nuovo territorio. Edilizia e urbanistica - Interventi in deroga agli strumenti urbanistici - Norme della Regione Siciliana - Modifiche alla legge reg. n. 6 del 2010 e successive modificazioni - Interventi edilizi di ampliamento degli edifici esistenti e per favorire il rinnovamento del patrimonio edilizio esistente - Individuazione degli interventi - Previsione che gli interventi riguardano edifici legittimamente realizzati - Esclusione degli immobili che hanno usufruito di condono edilizio - Previsione che, fermo restando il termine per la realizzazione degli interventi, le istanze relative agli interventi sono presentate entro il 30 giugno 2023 e sono corredate, a pena di inammissibilita', dal titolo abilitativo edilizio ove previsto relativo all'immobile oggetto di intervento, rilasciato o concretizzatosi antecedentemente alla data di presentazione dell'istanza - Interventi esclusi dall'ambito di applicazione della legge reg. n. 6 del 2010. - Legge della Regione Siciliana 18 marzo 2022, n. 2 (Disposizioni in materia di edilizia), art. 1, comma 1, lettere d), e), g) e h), e comma 2, lettere c) ed e); art. 2, comma 1, lettere a), b) e c); art. 8, comma 1, lettere a), b) e d).(GU n.24 del 15-6-2022 )
Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi 12, e' domiciliato; Nei confronti della Regione Sicilia (c.f. 80012000826) in persona del suo Presidente, per la dichiarazione della illegittimita' costituzionaledelle seguenti disposizioni della legge regionale 18 marzo 2022, n. 2, recante: «Disposizioni in materia di edilizia» (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana (p. I) n. 13 del 25 marzo 2022): i) art. l, comma 1, lettere d), e), g), h); ii) art. 1, comma 2, lettere c), e); iii) art. 2, comma 1, lettere a), b), c); iv) art. 8, comma 1, lettere a), b), d); La legge regionale in epigrafe, che detta disposizioni in materia di edilizia, eccede dalle competenze statutarie della Regione Siciliana, presentando profili di illegittimita' costituzionale in relazione agli articoli 1, comma 1, lettere d) e) g) e h), art. 1, comma 2, lettere c) ed e), l'art. 2, comma 1, lettere a), b) e c), l'art. 8, comma 1, lettere a) e b) e d), per i motivi di seguito specificati. In via preliminare, si osserva che lo statuto della Regione Sicilia approvato con R.D.Lgs. 15 maggio 1946, n. 455, convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, all'art. 14, comma 1, lettera n) e f), contenuto nella sezione I (che contempla le funzioni dell'assemblea regionale), titolo II (che elenca le funzioni degli organi regionali) attribuisce alla Regione competenza legislativa esclusiva in materia di tutela del paesaggio e di conservazione delle antichita' e delle opere artistiche, nonche' di urbanistica. Dette competenze, ai sensi del medesimo art. 14, comma 1, devono, pero', esercitarsi «nei limiti delle leggi costituzionali dello Stato» e devono, inoltre, rispettare le c.d. «norme di grande riforma economico-sociale» poste dallo Stato nell'esercizio delle proprie competenze legislative (cfr. ad es., le sentenze Corte costituzionale 385 del 1991 e 153 del 1995), tra le quali devono essere annoverate: il decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'art. 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), nonche' le norme statali in materia di governo del territorio recanti principi di grande riforma. Inoltre, le materie dell'ordinamento penale (art. 117, secondo comma, lettera l), e dei livelli essenziali delle prestazioni (art. 117, secondo comma, lettera m), restano integralmente sottratte alla potesta' legislativa regionale, la quale deve, comunque, essere esercitata nel rispetto dei principi posti dagli articoli 3 e 9 della Costituzione. Posto cio', giova, altresi', rammentare che la Corte costituzionale, con riguardo alla disciplina del governo del territorio, ha stabilito che «sono principi fondamentali della materia le disposizioni che definiscono le categorie di interventi, perche' e' in conformita' a queste ultime che e' disciplinato il regime dei titoli abilitativi, con riguardo al procedimento e agli oneri, nonche' agli abusi e alle relative sanzioni, anche penali (cosi' la sentenza n. 309 del 2011), sicche' la definizione delle diverse categorie di interventi edilizi spetta allo Stato (sentenze n. 102 e n. 139 del 2013)» (cosi' la sentenza n. 259 del 2014). Pertanto, lo spazio di intervento residuale del legislatore regionale e' quello di «esemplificare gli interventi edilizi che rientrano nelle definizioni statali», a condizione, pero', che tale esemplificazione sia «coerente con le definizioni contenute nel testo unico dell'edilizia» (Corte costituzionale sentenza n. 49 del 2016, sentenza n. 68 del 2018). Si aggiunga, altresi', che la funzione della salvaguardia ambientale/paesaggistica costituisce elemento fondamentale e prevalente della gestione del territorio, cosi' come chiaramente affermato anche dalla giurisprudenza costituzionale (cfr. sentenze Corte costituzionale n. 189/2016, Corte costituzionale n. 182/2006 e n. 183/2006; Corte costituzionale n. 478/2002; Corte costituzionale n. 345/1997 e Corte costituzionale n. 46/1995 e ordinanze Corte costituzionale numeri 71/1999, 316/1998, 158/1998, 133/1993) e da quella amministrativa, (cfr. Cons. Stato, sez. II, 14 novembre 2019, n. 7839; Cons. Stato, sez. IV, 29 aprile 2014, n. 2222). La legge regionale in argomento modifica numerose disposizioni della legge regionale n. 16 del 2016 e della legge regionale n. 6 del 2010, gia' oggetto di modifiche apportate dalla legge regionale n. 23 del 2021, avverso la quale il Governo ha proposto ricorso ex art. 127 Cost., contraddistinto dal n. 63/21 RR, la cui discussione e' stata fissata per l'udienza pubblica del 22 novembre 2022. Cio' premesso, le seguenti disposizioni della sopravvenuta legge regionale n. 2 del 2022 sono costituzionalmente illegittime per i seguenti Motivi I) L' art. 1, comma 1, lettere d) e) g) e h), e 1' art. 1, comma 2, lettere c) ed e), sono costituzionalmente illegittimi per violazione dell'art. 14 dello statuto della Regione Sicilia approvato con R.D.Lgs. 15 maggio 1946, n. 455, convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2; dell'art. 117, primo comma Cost.; dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. rispetto al quale costituiscono norme interposte gli articoli 21, 135, 140, 141-bis, 143, 145 e 146 del codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42; dell'art. 117, secondo comma, lettera m) Cost; degli articoli 3, 9, 97 Cost.; per violazione delle norme di grande riforma economico-sociale contenute negli articoli 6, 6-bis e 27 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, e nell'art. 41-quinquies della legge n. 1150 del 1942 (legge urbanistica). I.1. Articolo 1, comma 1: lettera d): la disposizione modifica l'art. 3, comma 1, lettera m), della legge regionale n. 16 del 2016 come modificato da ultimo con l'art. 4 della legge regionale n. 23 del 2021, recante disposizioni per gli interventi di attivita' edilizia libera o subordinati a comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA). La previsione regionale amplia l'elenco degli interventi assentibili rispetto alla elencazione contenuta nel decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 (Testo unico dell'edilizia), sopprimendo il riferimento ai «vasconi in terra battuta per usi irrigui», ma lasciando incluse nell'ambito dell'attivita' edilizia libera «le cisterne e le opere connesse interrate»; alla lettera e), si modifica la lettera p) del comma 1, dell'art. 3 della legge regionale n. 16 del 2016. In base alla modifica introdotta e' esclusa dall'attivita' edilizia libera la nuova costruzione di muri a secco con altezza massima di 1,50 metri. Nondimeno, permangono assoggettate a tale regime le opere di ricostruzione e ripristino di muri a secco con altezza massima di 1,50 metri; alla lettera g), si modifica la lettera aa) del comma 1, dell'art. 3 della legge regionale n. 16 del 2016. Attraverso tale modifica si prevede che l'installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili al di fuori dei centri storici sia realizzabile senza titolo abilitativo purche' non alterino la volumetria complessiva e l'aspetto esteriore degli edifici; la lettera h), sostituisce la lettera af) del comma 1, dell'art. 3 della legge regionale n. 16 del 2016. Mediante la nuova disposizione si inquadra nell'attivita' edilizia libera la «collocazione di piscine pertinenziali prefabbricate fuori terra, realizzate con materiali amovibili, di dimensioni non superiori al 20 per cento del volume dell'edificio e comunque di volumetria non superiore a 90 mc». Al riguardo, occorre evidenziare che la lettera e.6) del comma 1, dell'art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, annovera tra gli interventi di nuova costruzione: «gli interventi pertinenziali che le norme tecniche degli strumenti urbanistici, in relazione alla zonizzazione e al pregio ambientale e paesaggistico delle aree, qualifichino come interventi di nuova costruzione, ovvero che comportino la realizzazione di un volume superiore al 20% del volume dell'edificio principale». Pertanto, ragionando a contrario, sono da annoverare tra gli interventi di ristrutturazione edilizia, e quindi nel perimetro applicativo dell'art. 10, comma 1, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, realizzabili con SCIA alternativa al permesso di costruire, gli interventi pertinenziali che comportino la realizzazione di un volume non superiore al 20% del volume dell'edificio principale. Nella sentenza 9 settembre 2020, n. 3730, il Tribunale amministrativo regionale Campania-Napoli, sez. III, ha precisato che: «13 ... La giurisprudenza amministrativa e' pacificamente orientata nel definire la nozione di «pertinenza urbanistica» in senso piu' ristretto rispetto a quella civilistica (art. 817 codice civile). La qualifica di pertinenza urbanistica e' applicabile solo ad opere di modesta entita' ed accessorie rispetto ad un'opera principale, ma non anche ad opere che, da un punto di vista delle dimensioni e della funzione, si connotino per una propria autonomia rispetto all'opera principale e non siano coessenziali alla stessa, tali, cioe', che non ne risulti possibile una diversa destinazione economica. Invero, la pertinenza urbanistico-edilizia e' configurabile allorquando sussiste un oggettivo nesso che non consenta altro che la destinazione della cosa ad un uso servente durevole e sussista una dimensione ridotta e modesta del manufatto rispetto alla cosa in cui esso inerisce (ex multis, Consiglio di Stato, sez. VI, 13 gennaio 2020; id., sez. II, 22 luglio 2019, n. 5130). Inoltre, a differenza della nozione di pertinenza di derivazione civilistica, ai fini edilizi il manufatto puo' essere considerato una pertinenza quando e' non solo preordinato ad un'oggettiva esigenza dell'edificio principale ed e' funzionalmente inserito al suo servizio, ma anche allorquando e' sfornito di un autonomo valore di mercato e non comporta carico urbanistico, proprio in quanto esaurisce la sua finalita' nel rapporto funzionale con l'edificio principale. L'orientamento funzionale si e' consolidato in giurisprudenza a scapito di quello strutturale, per cui se un'opera e' realizzata per soddisfare esigenze che non sono temporanee non puo' beneficiare del regime proprio delle opere precarie anche quando le opere sono state realizzate con materiali facilmente amovibili (Cons. St., sez. VI, 10 gennaio 2019, n. 260; id., 1° aprile 2016, n. 1291). 13.1. Con riguardo alle piscine, questa sezione ha recentemente ribadito che esse non sono pertinenze in senso urbanistico in quanto comportanti trasformazione durevole del territorio (T.A.R. Campania Napoli, sez. 3 febbraio 2020, n. 483). L'aspetto funzionale relativo all'uso del manufatto e' altresi' condiviso da altra recente giurisprudenza, secondo cui tutti gli elementi strutturali concorrono al computo di volumetria dei manufatti, siano essi interrati o meno, e fra di essi deve intendersi ricompresa anche la piscina, in quanto non qualificabile come pertinenza in senso urbanistico in ragione della funzione autonoma che e' in grado di svolgere rispetto a quella propria dell'edificio a cui accede (T.A.R. Lazio, sez. II bis, 7 ottobre 2019, n. 11586). La piscina, infatti, a differenza di altri manufatti, non puo' essere attratta alla categoria urbanistica delle mere pertinenze, in quanto non e' necessariamente complementare all'uso delle abitazioni e non e' solo una attrezzatura per lo svago, ma integra gli estremi della nuova costruzione, in quanto da' luogo ad una struttura edilizia che incide invasivamente sul sito di relativa ubicazione, e postula, pertanto, il previo rilascio dell'idoneo titolo ad aedificandum, costituito dal permesso di costruire (cosi', Tribunale amministrativo regionale Campania, Salerno, sez. II, 18 aprile 2019, n. 642, che rimanda, ex multis, a Consiglio di Stato, sez. IV, 8 gennaio 2016, n. 35; Ttribunale amministrativo regionale Puglia, Lecce, sez. I, 20 settembre 2016, n. 1446; Tribunale amministrativo regionale Campania, Napoli, sez. VII, 16 marzo 2017, n. 1503; sez. II, 30 maggio 2018, n. 3569; Tribunale amministrativo regionale Sicilia, Catania, sez. IV, 30 gennaio 2018, n. 248). 13.2 Va precisato che le piccole o grandi dimensioni non sono sempre dirimenti ai fini della ascrivibilita' o meno di un manufatto alla categoria delle pertinenze, in quanto, come gia' accennato, la pertinenzialita' e' caratteristica fondamentale per ascrivere alla categoria delle nuove costruzioni anche i manufatti indicati dalla lettera e.6) dell'art. 3 TUED, che comprendono quelli con volume superiore al 20% del volume dell'edificio principale. Astrattamente, puo' essere quindi pertinenziale anche un manufatto di dimensioni non modeste rispetto all'edificio cui accede. Pertanto, va considerato sempre l'aspetto funzionale, sicche' cosi' come non puo' dirsi che un manufatto di grande volume non e' una pertinenza (lo esclude la norma stessa), parimenti non si puo' automaticamente associare la dimensione «modesta» alla natura pertinenziale. Detto diversamente, la dimensione piu' o meno ampia del manufatto va valutata in ragione di detta funzionalita' a prescindere dal rapporto tra i volumi, sia perche' non avrebbe senso porre questa differenziazione se il concetto di «pertinenza» corrispondesse automaticamente a «modesta dimensione» e «modesta dimensione» corrispondesse a volume inferiore al 20% del volume dell'edificio cui la pertinenza accede, sia perche' cosi' non avrebbe senso la stessa lettera e.6), che ammette l'esistenza di opere pertinenziali di grandi dimensioni. Inoltre, nel caso delle piscine, e' evidente che la valutazione dell'ampiezza tiene conto soprattutto della superficie visibile, non del volume, nonche' delle attrezzature di contorno e quindi dell'uso piu' o meno autonomo che di essa possa farsene ...». Orbene, anche alla luce del sopra menzionato orientamento del giudice amministrativo, si rappresenta che le modifiche apportate non consentono di ritenere superate le censure gia' formulate in relazione all'art. 4 della legge regionale n. 23 del 2021. I.2. Articolo 1, comma 2, in materia di interventi subordinati a CILA. (comunicazione inizio lavori asseverata): alla lettera c), si modifica la lettera i), del comma 2, dell'art. 3, della legge regionale n. 16 del 2016. In base alla modifica introdotta e' esclusa dalle opere realizzabili con CILA la nuova costruzione di muri a secco con altezza compresa tra m. 1,50 e m. 1,70. Nondimeno, permangono assoggettate a tale regime le opere di ricostruzione e ripristino di muri a secco con altezza compresa tra m. 1,50 e m. 1,70; alla lettera e), si sostituisce la lettera p), del comma 2, dell'art. 3, della legge regionale n. 16 del 2016. La disposizione previgente stabiliva quanto segue: «p) i sistemi per la produzione e l'autoconsumo di energia da fonti rinnovabili a servizio degli edifici, da realizzare all'interno della zona A di cui al decreto ministeriale n. 1444/1968, e nelle zone sottoposte a vincolo paesaggistico, che non comportino pregiudizio alla tutela del contesto storico, ambientale e naturale, in relazione alle linee guida impartite dall'assessore regionale per i beni culturali e l'identita' siciliana.». Per effetto della modifica apportata, la richiamata lettera p) stabilisce ora quanto segue: p) i sistemi per la produzione e l'autoconsumo di energia da fonti rinnovabili a servizio degli edifici, che non alterino la volumetria complessiva degli stessi, da realizzare all'interno della zona A di cui al decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, e nelle zone sottoposte a vincolo paesaggistico nei casi e nei limiti previsti dai piani paesaggistici provinciali, fatte salve le disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni ed ai sensi del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 e successive modificazioni.». Ancorche' sia stato espunto il riferimento alle «linee guida impartite dall'assessore regionale per i beni culturali e l'identita' siciliana» (che nel ricorso proposto costituisce un ulteriore autonomo motivo di impugnativa), si rileva che la conferma della realizzabilita' mediante CILA dei sistemi indicati alla lettera p) del comma, 2, dell'art. 3 della legge regionale n. 16 del 2016, come modificata dalla lettera in esame, non consente di ritenere superate le relative censure contenute nel ricorso n. 63/2021 R.R., dovendosi, altresi', rilevare che la menzionata disposizione appare contrastare anche con le previsioni di cui al decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, recante «Attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2018, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili» che stabilisce un regime autorizzatorio speciale per la realizzazione di siffatti interventi. Tutte le sopra evidenziate disposizioni ripropongono i medesimi vizi di illegittimita' costituzionale gia' denunziati con l'impugnativa dell'art. 4 della legge regionale n. 23 del 2021, risultando, dunque, costituzionalmente illegittime per violazione dell'art. 14 dello statuto della Regione Sicilia approvato con R.D.Lgs. 15 maggio 1946, n. 455, convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2; dell'art. 117, primo comma Cost.; dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. rispetto al quale costituiscono norme interposte gli articoli 21, 135, 140, 141-bis, 143, 145 e 146 del codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42; dell'art. 117, secondo comma, lettera m) Cost; degli articoli 3, 9, 97 Cost.; per violazione delle norme di grande riforma economico-sociale contenute negli articoli 6, 6-bis e 27 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, e nell'art. 41-quinquies della legge n. 1150 del 1942 (legge urbanistica). II) L' art. 2, comma 1, lettere a), b), c), e' costituzionalmente illegittimo per violazione dell'art. 14 dello statuto siciliano; degli articoli 3, 9 e 97 Cost.; dell'art. 117, primo comma, Cost., alla luce della legge n. 14 del 2006 di recepimento della Convenzione europea del paesaggio; dell'art. 117, secondo comma, lettera s), di cui costituiscono parametri interposti gli articoli 135, 143 e 145 del codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42; nonche' per violazione delle norme di grande riforma economico sociale contenute negli articoli 36 e 37 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, nonche' di quelle recate dall'art. 41-quinquies della legge n. 1150 del 1942, e dal decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2008, n. 133, nonche' dalla relativa intesa sul piano casa del 2009. L'art. 2, comma 1, apporta modifiche all'art. 5, comma 1, della legge regionale n. 16 del 2016, come modificato dall'art. 6 della legge regionale n. 23 del 2021 impugnato dal Governo: alla lettera a), si modifica la lettera d), punto 1). Di seguito si riporta il testo della disposizione in parola con in maiuscolo le modifiche apportate dall'articolo in esame. «l. Costituiscono interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio e sono subordinati a permesso di costruire: [...]; d) le opere di recupero volumetrico ai fini abitativi e per il contenimento del consumo di nuovo territorio, come di seguito definite: 1) le opere di recupero volumetrico ai fini abitativi dei sottotetti, delle pertinenze, dei locali accessori, degli interrati e dei seminterrati e degli ammezzati aventi altezza minima di m. 2,20 esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge e regolarmente realizzati comprendendo tra immobili regolarmente realizzati e legittimi tutti quelli in possesso di regolare titolo edilizio abilitativo e di certificazione di agibilita', inclusi quelli regolarizzati attraverso sanatorie edilizie, rilasciate ai sensi dell'articolo 36 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 e successive modificazioni, segnalazioni certificate di inizio attivita' in sanatoria, fatta eccezione per le pertinenze relative ai parcheggi di cui all'art. 18 della legge 6 agosto 1967, n. 765 e all'art. 31 della legge regionale 26 maggio 1973, n. 21, costituiscono opere di ristrutturazione edilizia». Le modifiche apportate non consentono di ritenere superate le relative censure contenute nel ricorso n. 63/21 R.R. che pertanto si ripropongono. Difatti, l'operativita' della disposizione viene estesa quantomeno agli edifici esistenti alla data di entrata in vigore della legge regionale n. 16 del 2016. In proposito, e' appena il caso di sottolineare che sia a mente dell'art. 18 della legge regionale n. 4 del 2003 (abrogato dall'art. 23, comma 1, lettera b-septies) della legge regionale n. 23 del 2021, come gia' precisato al paragrafo II, punto 2. del ricorso), sia in base al previgente art. 5, comma 1, lettera d), punto 1), della legge regionale n. 16 del 2016, l'applicabilita' delle disposizioni in materia di recupero ai fini abitativi dei sottotetti delle pertinenze, dei locali accessori, degli interrati e dei seminterrati era limitata agli edifici «regolarmente realizzati» non includendo, tra questi, gli immobili oggetto di sanatorie edilizie, come, invece, ora previsto ai sensi del vigente art. 5, comma 1, lettera d), punto 1) della legge regionale n. 16 del 2016. Inoltre, la mancanza dell'inserimento di un termine riferito alla «regolare realizzazione» e l'introduzione dell'inciso «rilasciate ai sensi dell'art. 36 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 e successive modificazioni» riferito alle sanatorie edilizie, consentono di ritenere che il legislatore regionale abbia inteso autorizzare, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge regionale n. 2 del 2022, la presentazione delle domande per l'ottenimento del permesso di costruire in sanatoria o della SCIA in alternativa al permesso di costruire in sanatoria, anche in relazione ad interventi, in origine abusivamente realizzati, che potrebbero beneficiare di una modifica della disciplina urbanistica ed edilizia in senso piu' favorevole medio tempore intervenuta, in violazione di quanto previsto dall'art. 36 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 in materia di c.d. «doppia conformita'» (come noto, conformita' dell'intervento alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda). In particolare, le innovazioni e le modifiche via via introdotte (le piu' recenti con la legge regionale n. 23 del 2021 e con la legge regionale n. 2 del 2022), potrebbero risultare applicabili anche ad interventi che, eseguiti prima della data di entrata in vigore della legge regionale n. 2 del 2022 (e, in ipotesi, anche successivamente), avrebbero dovuto essere realizzati in conformita' alla disciplina urbanistica ed edilizia previgente. E cio' con la possibilita' di ottenere il rilascio del titolo abilitativo in sanatoria o di presentare il titolo abilitativo in sanatoria, attraverso una conformita' alle nuove disposizioni regionali conseguita ex post. Sul punto, preme ricordare che nella sentenza n. 232 del 2017, la Corte costituzionale ha dichiarato «costituzionalmente illegittimi - per violazione dell'art. 14, primo comma, lettera f), dello statuto siciliano e dell'art. 117, secondo comma, lettera 1), Cost. - l'art. 14, commi 1 e 3, della legge regionale Siciliana n. 16 del 2016, nella parte in cui, rispettivamente, prevedono che «[...] il responsabile dell'abuso, o l'attuale proprietario dell'immobile, possono ottenere il permesso in sanatoria se l'intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della presentazione della domanda» (comma 1) e non anche a quella vigente al momento della realizzazione dell'intervento; e nella parte in cui si pone «un meccanismo di silenzio-assenso che discende dal mero decorso del termine di novanta giorni» (comma 3) dalla presentazione dell'istanza al fine del rilascio del permesso in sanatoria. La normativa regionale impugnata dal Governo consente - in contrasto con il principio fondamentale della c.d. doppia conformita' enunciato dall'art. 36, comma 1, del testo unico edilizia - di rilasciare il permesso in sanatoria pur se l'intervento edilizio non era conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della realizzazione dell'opera, e inoltre introduce l'istituto del silenzio assenso, in luogo del silenzio rigetto previsto dal citato art. 36 in base a una scelta che costituisce norma di principio e che esclude, tra l'altro, l'effetto estintivo delle contravvenzioni contemplate dall'art. 44 del testo unico edilizia. In tal modo, il legislatore siciliano finisce per configurare un surrettizio condono edilizio e comunque travalica la competenza legislativa esclusiva statutariamente attribuita alla regione in materia di urbanistica, invadendo la competenza esclusiva statale in materia di «ordinamento penale», con riguardo alla sanatoria di abusi edilizi. Ne' rileva, in contrario, la presunta coerenza delle disposizioni regionali impugnate con gli approdi di una parte della giurisprudenza amministrativa, peraltro contraddetta da orientamenti espressi anche di recente, giacche' un eventuale riconoscimento normativo della c.d. sanatoria giurisprudenziale (o impropria) puo' provenire solo dal legislatore statale. (si veda anche la sentenza n. 233 del 2015). L'accertamento di conformita' di cui all'art. 36 del testo unico edilizia costituisce principio fondamentale nella materia «governo del territorio», finalizzato a garantire l'assoluto rispetto della disciplina urbanistica ed edilizia durante tutto l'arco temporale compreso tra la realizzazione dell'opera e la presentazione dell'istanza. Detto istituto fa riferimento alla possibilita' di sanare opere che, sebbene sostanzialmente conformi alla disciplina urbanistica ed edilizia, sono state realizzate in assenza del titolo stesso ovvero con varianti essenziali, e si distingue pertanto dal condono edilizio, che ha quale effetto la sanatoria non solo formale ma anche sostanziale dell'abuso, a prescindere dalla conformita' delle opere realizzate alla disciplina urbanistica ed edilizia. (cfr. sentenze n. 107 del 2017, n. 50 del 2017 e n. 101 del 2013). Sebbene la disciplina dell'accertamento di conformita' attenga al «governo del territorio», spetta comunque al legislatore statale la scelta sull'an, sul quando e sul quantum della sanatoria, potendo il legislatore regionale intervenire solo per quanto riguarda l'articolazione e la specificazione di tali disposizioni. Quanto alle regioni ad autonomia speciale, ove nei rispettivi statuti si prevedano competenze legislative di tipo primario, esse devono, in ogni caso, rispettare il limite della materia penale e di quanto e' immediatamente riferibile ai principi di grande riforma, come nel caso del titolo abilitativo edilizio in sanatoria. (cfr. sentenze n. 233 del 2015 e n. 196 del 2004)». Non puo' sottacersi, quale ulteriore profilo di illegittimita' costituzionale, la circostanza che, in relazione alle segnalazioni certificate di inizio attivita' in sanatoria, non e' stato neppure previsto un riferimento alla «doppia conformita'» di cui all'art. 37, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001. Si evidenzia, infine, che nella sentenza n. 24 del 2022, la Corte costituzionale ha precisato che «L'art. 5, comma 9, del decreto-legge n. 70 del 2011, nel tradurre in legge l'intesa raggiunta tra Stato e regioni in tema di "Piano casa", configura una norma fondamentale di riforma economico-sociale, come confermano l'ampiezza degli obiettivi perseguiti, l'incidenza su aspetti qualificanti della normativa edilizia e urbanistica e la stessa scelta di coinvolgere anche regioni ed enti locali nel definire i tratti essenziali dell'intervento riformatore. Tale disposizione affida alle regioni il compito di approvare leggi per incentivare, tra l'altro, la razionalizzazione del patrimonio edilizio esistente, anche mediante la previsione del riconoscimento di una volumetria aggiuntiva come misura premiale. Cio' purche' gli interventi non siano riferiti a edifici abusivi, siti nei centri storici o in aree di inedificabilita' assoluta, con esclusione dei soli edifici per i quali sia stato rilasciato il titolo abilitativo edilizio in sanatoria: nozione, quest'ultima, da interpretare in senso restrittivo, in coerenza con la terminologia adoperata dal legislatore e con la ratio della normativa. Il titolo in sanatoria, che rileva agli effetti della concessione di premialita' volumetrica prevista dal "Piano casa", differisce dal condono: mentre quest'ultimo ha per effetto la sanatoria non solo formale ma anche sostanziale dell'abuso, a prescindere dalla conformita' delle opere realizzate alla disciplina urbanistica ed edilizia, il titolo in sanatoria presuppone la conformita' alla disciplina urbanistica e edilizia vigente sia al momento della realizzazione dell'immobile sia al momento della presentazione della domanda. (cfr. sentenza 107/2017 e sentenza 50/2017)». Nella stessa sentenza e' stato, poi, ribadito che il principio della doppia conformita' di cui all'art. 36 testo unico edilizia - il quale presuppone la conformita' dell'intervento realizzato senza titolo sia alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della realizzazione dell'abuso, sia a quella in vigore al momento della presentazione della domanda - e' vincolante anche per le autonomie speciali in quanto norma di grande riforma economico-sociale; alla lettera b), si modifica la lettera d), punto 4), consentendosi, con riguardo alle pertinenze, ai locali accessori, agli interrati e ai seminterrati e agli ammezzati, di accedere alla disciplina derogatoria prevista dal nuovo art. 5 (cfr. comma 1, lettera d), punto 6) della legge regionale n. 16 del 2016, ai fini del recupero abitativo, a condizione gli stessi siano «esistenti alla data di entrata in vigore» della predetta legge regionale n. 16 del 2016. Anche in tal caso, valgono le considerazioni critiche gia' esposte in relazione alla lettera d), punto 1). Di conseguenza, le modifiche apportate non consentono di ritenere superati i relativi motivi di censura formulati nel ricorso n. 63/2021 RR: alla lettera c), si modifica la lettera d), punto 5). In particolare, si sopprimono il terzo e il quarto periodo che consentivano gli interventi edilizi finalizzati al recupero dei sottotetti, delle pertinenze e dei locali accessori, senza alcuna modificazione delle altezze di colmo e di gronda e delle linee di pendenza delle falde, anche mediante la previsione di apertura di finestre, lucernari e terrazzi esclusivamente per assicurare l'osservanza dei requisiti di aero-illuminazione, anche in aree sottoposte a vincoli. Tale soppressione non e' pero' accompagnata da una espressa esclusione della realizzabilita' degli interventi de quibus nelle zone e agli immobili indicati nel periodo soppresso e pertanto non esclude che la disposizione possa trovare un'indistinta e generalizzata applicazione anche in tali zone e con riferimento a tali immobili. Di conseguenza le modifiche apportate non consentono di ritenere superati i relativi motivi di censura gia' formulati in relazione all'art. 6 della legge regionale n. 23 del 2021, risultando, cosi', violare l'art. 14 dello statuto siciliano; gli articoli 3, 9 e 97 Cost.; l'art. 117, primo comma, Cost., alla luce della legge n. 14 del 2006 di recepimento della Convenzione europea del paesaggio; l'art. 117, secondo comma, lettera s), di cui costituiscono parametri interposti gli articoli 135, 143 e 145 del codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e le norme di grande riforma economico sociale contenute negli articoli 36 e 37 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, nonche' quelle recate dall'art. 41-quinquies della legge 1150 del 1942, e dal decreto-legge n. 112 del 2008 convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2008, n. 133, nonche' dalla relativa intesa sul piano casa del 2009. III) L'art. 8, comma 1, lettere a), b), d) e' costituzionalmente illegittimo: (i). quanto alla lettera a) per violazione dell'art. 14 dello statuto siciliano; degli articoli 3, 9 e 97 Cost.; dell'art. 117, primo comma, Cost., alla luce della legge n. 14 del 2006 di recepimento della Convenzione europea del paesaggio; dell'art. 117, secondo comma, lettera s), di cui costituiscono parametri interposti gli articoli 135, 146 e 167 del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42; nonche' per violazione delle norme di grande riforma economico sociale contenute nell'art. 41-quinquies, ottavo e nono comma, della legge 1150 del 1942, nell'art. 14 del decreto del Presidente della Repubblica 380 del 2001, e nell'art. 11, comma 5, del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2008, n. 133, nonche' nella relativa intesa sul piano casa del 2009; (ii). quanto alla lettera b) per violazione dell'art. 14, comma 1, lettera f), dello statuto, in considerazione della violazione delle norme fondamentali di grande riforma economico-sociale costituite dall'art. 41-quinquies, ottavo e nono comma, della legge n. 1150 del 1942, nonche' dall'art. 11, comma 5, del decreto-legge n. 112 del 2008 e dall'Intesa sul piano casa del 2009; dell'art. 14, comma 1, lettera n), dello statuto e dell'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, rispetto al quale costituiscono norme interposte gli articoli 135, 143 e 145 del codice dei beni culturali e del paesaggio; degli articoli 3, 9 e 97 della Costituzione; (iii). quanto alla lettera d) per violazione dell'art. 14 dello statuto speciale, nonche' degli articoli 3, 9, 97, 117, primo comma, Cost. alla luce della legge n. 14 del 2006, di recepimento della Convenzione europea sul paesaggio, nonche' dell'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, di cui costituiscono norme interposte gli articoli 135, 146 e 167 del codice dei beni culturali e del paesaggio, e per violazione delle norme di grande riforma economico sociale costituite dall'art. 41-quinquies, ottavo e nono comma, della legge n. 1150 del 1942, dall'art. 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, nonche' dall'art. 11, comma 5, del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2008, n. 133 e dalla relativa Intesa sul piano casa del 2009. III.i). L'art. 8, comma 1: alla lettera a), si sostituisce il comma 4 dell'art. 2, che era gia' stato sostituito dall'art. 37, comma 1, lettera a), della legge regionale n. 23 del 2021. La previgente disposizione stabiliva che: «4. Gli interventi riguardano edifici realizzati con titoli abilitativi che ne hanno previsto la costruzione o che ne hanno legittimati la stessa». La nuova disposizione prevede quanto segue: «4. Gli interventi riguardano edifici legittimamente realizzati; sono esclusi gli immobili che hanno usufruito di condono edilizio». Alla luce di tale sostituzione, si escludono dall'ambito oggettivo di applicazione del «piano casa» gli immobili condonati. Nel prendere atto della sopra menzionata esclusione, si osserva che, anche in questo caso, come gia' in relazione al disposto di cui all'art. 2, comma 1, lettera a) della legge in esame non e' stato previsto un termine in relazione al quale valutare «legittima la realizzazione degli edifici». A tal proposito si richiamano le considerazioni espresse in relazione a tale disposizione. Per quanto concerne l' individuazione di un termine per la «legittima realizzazione» all'art. 2, comma 6, della legge regionale n. 6 del 2010, si rinviene del resto, un unico riferimento che riguarda l'ampliamento in sopraelevazione consentito esclusivamente quale recupero ad uso abitativo o uffici, anche con eventuale ampliamento allo stesso livello di volumi accessori e/o pertinenziali gia' regolarmente realizzati alla data del 31 dicembre 2015 (termine originariamente previsto al 31 dicembre 2009 e cosi' prorogato ai sensi dell'art. 27 della legge regionale n. 16 del 2016). Nel silenzio del legislatore regionale la disposizione in esame risulta presentare i medesimi profili di legittimita' costituzionale gia' evidenziati con riferimento all'art. 37 della legge regionale n. 23 del 2021, che pertanto si ripropongono, fatta eccezione per le considerazioni in ordine agli immobili condonati, ora specificamente esclusi dalla disposizione in commento. La disposizione risulta quindi ancora violare l'art. 14 dello statuto speciale, nonche' gli articoli 3, 9 e 97, 117, primo comma - alla luce della legge n. 14 del 2006, di recepimento della Convenzione europea sul paesaggio - 117, secondo comma lettera S), della Costituzione, di cui costituiscono norme interposte gli articoli 135, 146 e 167 del codice dei beni culturali e del paesaggio, nonche' le norme di grande riforma economico sociale costituite dall'art. 41-quinquies, ottavo e nono comma, della legge n. 1150 del 1942, dall'art. 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 e dall'art. 11, comma 5, del decreto-legge n. 112 del 2008 e dalla relativa Intesa sul piano casa del 2009. III.ii). La lettera b) del medesimo comma 1 dell'art. 8 dell'articolo della legge regionale n. 2 del 2022 sostituisce il comma 2 dell'art. 6 della legge regionale 23 marzo 2010, n. 6, recante «Norme per il sostegno dell'attivita' edilizia e la riqualificazione del patrimonio edilizio», prevedendo che: «Fermo restando il termine per la realizzazione degli interventi di cui agli articoli 2 e 3, come previsto dall'art. 5 della legge regionale 30 dicembre 2020, n. 36, fissato al 31 dicembre 2023, le istanze relative agli interventi sono presentate entro il 30 giugno 2023 e sono corredate, a pena di inammissibilita', dal titolo abilitativo edilizio ove previsto relativo all'immobile oggetto di intervento, rilasciato o concretizzatosi antecedentemente alla data di presentazione dell'istanza». Viene, quindi, fissato al 30 giugno 2023 il termine per la presentazione delle domande di interventi rientranti nel c.d. piano casa, le quali possono avere ad oggetto immobili realizzati o per i quali il titolo abilitativo e' stato rilasciato o si e' formato prima della presentazione della domanda. L'art. 6 della legge n. 6 del 2010 originariamente prevedeva che: «1. Gli interventi di cui agli articoli 2 e 3 sono subordinati al rilascio della concessione edilizia prevista dall'art. 36 della legge regionale 27 dicembre 1978, n. 71 ovvero alla denuncia di inizio attivita' di cui all'art. 22 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 e successive modifiche ed integrazioni. 2. Le istanze relative agli interventi sono presentate entro ventiquattro mesi dal termine fissato al comma 4 e sono corredate, a pena di inammissibilita', dal titolo abilitativo edilizio ove previsto relativo all'immobile oggetto di intervento, rilasciato o concretizzatosi antecedentemente alla data di presentazione dell'istanza. 3. L'istanza e' corredata da quietanza di versamento delle spese di istruttoria, il cui ammontare complessivo e la cui articolazione temporale sono stabiliti da ciascun comune con determina sindacale emanata entro sessanta giorni dalla data di pubblicazione della presente legge. 4. I comuni, con delibera consiliare, entro il termine perentorio di centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, possono motivatamente escludere o limitare l'applicabilita' delle norme di cui agli articoli 2 e 3 ad immobili o zone del proprio territorio o imporre limitazioni e modalita' applicative, sulla base di specifiche ragioni di carattere urbanistico, paesaggistico e ambientale». Il termine di ventiquattro mesi di cui al secondo comma dell'art. 6 era stato poi portato a quarantotto mesi per effetto dell'art. 11, comma 130, della legge n. 26 del 2012. Con legge 6 agosto 2021, n. 23, la Regione ha nuovamente modificato il citato secondo comma dell'art. 6 della legge n. 6 del 2010. In particolare, l'art. 37, lettera c), punto 1, di detta legge n. 23 del 2021 ha soppresso il termine di quarantotto mesi al quale erano subordinate le istanze di interventi edilizi di ampliamento degli edifici esistenti nonche' di interventi per favorire il rinnovamento del patrimonio edilizio esistente. Con tale modifica si e' prodotto l'effetto di convertire le istanze «tardive», eventualmente gia' presentate, in istanze «tempestive», e sono stati riaperti sine die i termini del piano casa siciliano, consentendo la presentazione di nuove domande senza alcun limite temporale. Per tale ragione, il Governo, lo scorso 7 ottobre, ha impugnato, tra le altre norme della legge regionale n. 23 del 2021, anche l'art. 37, lettera c), punto 1, per violazione dell'art. 14 dello statuto speciale, nonche' degli articoli 3, 9 e 97, 117, primo comma - alla luce della legge n. 14 del 2006, di recepimento della Convenzione europea sul paesaggio - 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, di cui costituisce norma interposta l'art. 135 del codice dei beni culturali e del paesaggio, e per violazione delle norme di grande riforma economico sociale costituite dai principi di cui all'art. 41-quinquies, ottavo e nono comma, della legge n. 1150 del 1942, all'art. 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, all'art. 11, comma 5, del decreto-legge n. 112 del 2008, all'Intesa sul piano casa del 2009. La Regione interviene ora nuovamente sulla stessa disposizione, introducendo un termine per le istanze, ovvero fino al 30 giugno 2023. Si elimina dunque la disposizione che ne consentiva la presentazione sine die, ma si mantiene comunque la scelta di prolungare la durata del piano casa in modo arbitrario e irragionevole rispetto alla durata originaria. Peraltro con tale formulazione si ricomprendono anche immobili non ancora realizzati, ma soltanto assentiti con il rilascio del titolo edilizio; immobili per i quali non appaiono sussistere esigenze di riqualificazione edilizia o di efficientamento energetico. Appare, pertanto, del tutto ingiustificata la deroga alla pianificazione urbanistica. La finalita' della normativa sul c.d. «piano casa» era originariamente quella di consentire interventi «straordinari», per un periodo temporalmente limitato, su edifici abitativi; dato, questo, puntualmente evidenziato dalla Corte costituzionale, la quale non ha mancato di rilevare come il c.d. piano casa fosse una «misura straordinaria di rilancio del mercato edilizio predisposta nel 2008 dal legislatore statale, contenuta nell'art. 11 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitivita', la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2008, n. 133» (Corte costituzionale n. 70 del 2020; cfr. anche Corte costituzionale n. 217 del 2020). Questa originaria finalita' risulta fuorviata per effetto della novella in esame. Si deve infatti sottolineare che l'Intesa del 2009 sul c.d. piano casa prevedeva espressamente che: «Le Regioni si impegnano ad approvare entro e non oltre novanta giorni proprie leggi ispirate preferibilmente ai seguenti obiettivi: a) regolamentare interventi - che possono realizzarsi attraverso piani/programmi definiti tra regioni e comuni - al fine di migliorare anche la qualita' architettonica e/o energetica degli edifici entro il limite del 20% della volumetria esistente di edifici residenziali uni-bi familiari o comunque di volumetria non superiore ai 1000 metri cubi, per un incremento complessivo massimo di 200 metri cubi, fatte salve diverse determinazioni regionali che possono promuovere ulteriori forme di incentivazione volumetrica; b) disciplinare interventi straordinari di demolizione e ricostruzione con ampliamento per edifici a destinazione residenziale entro il limite del 35% della volumetria esistente, con finalita' di miglioramento della qualita' architettonica, dell'efficienza energetica ed utilizzo di fonti energetiche rinnovabili e secondo criteri di sostenibilita' ambientale, ferma restando l'autonomia legislativa regionale in riferimento ad altre tipologie di intervento; c) introdurre forme semplificate e celeri per l'attuazione degli interventi edilizi di cui alla lettera a) e b) in coerenza con i principi della legislazione urbanistica ed edilizia e della pianificazione comunale. Tali interventi edilizi non possono riferirsi ad edifici abusivi o nei centri storici o in aree di inedificabilita' assoluta. Le leggi regionali possono individuare gli ambiti nei quali gli interventi di cui alle lettere a) e b) sono esclusi o limitati, con particolare riferimento ai beni culturali e alle aree di pregio ambientale e paesaggistico, nonche' gli ambiti nei quali i medesimi interventi sono favoriti con opportune incentivazioni e premialita' finalizzate alla riqualificazione di aree urbane degradate. La disciplina introdotta dalle suddette leggi regionali avra' validita' temporalmente definita, comunque non superiore a diciotto mesi dalla loro entrata in vigore, salvo diverse determinazioni delle singole regioni». In sede di intesa sono stati previsti quindi precisi limiti per gli interventi realizzabili «in deroga», sia volumetrici, sia temporali, che benche' non siano configurabili come indicazioni tassative, assumono comunque valore di regole di riferimento, rispetto alle quali lo ius variandi della regione e' contenuto e deve attenersi alla ratio delle previsioni concordate. Da cio' consegue che necessariamente - poiche' una diversa interpretazione porterebbe a vanificare completamente l'efficacia della predetta intesa - le determinazioni regionali, in senso ampliativo rispetto ai limiti previsti nell'intesa, sono ammissibili solo se rispondono a canoni di proporzionalita' e ragionevolezza. In particolare, l'espressa previsione di un termine, peraltro di soli diciotto mesi, non consente di ipotizzare, legittimamente, l'ampliamento progressivo della portata temporale da parte delle regioni, di una normativa eccezionale e derogatoria alla pianificazione urbanistica. Va rimarcato, al riguardo, che il giudice amministrativo ha sempre sottolineato il carattere temporaneo del c.d. «piano casa», il quale, riflettendo l'esigenza di promuovere gli investimenti privati nel settore dell'edilizia «e' una disciplina che possiede natura eccezionale in merito a specifici interventi. In particolare, la normativa de qua e' destinata ad operare per un arco temporalmente limitato» (cfr. Tribunale amministrativo regionale Campania, Napoli, sez. II, 10 giugno 2020, n. 2304). Non e' quindi consentito alle regioni - al di fuori della normativa straordinaria e temporanea del c.d. piano casa, avente copertura a livello statale - di introdurre deroghe ex lege alla pianificazione urbanistica. Il risultato della novella apportata dalla Regione Siciliana e' quello di accrescere enormemente, per sommatoria, il numero degli interventi consentiti ex lege, al di fuori di qualsivoglia valutazione del singolo contesto territoriale, scardinando cosi' il principio fondamentale in materia di governo del territorio secondo il quale gli interventi di trasformazione edilizia e urbanistica sono consentiti soltanto nel quadro della pianificazione. Se e' vero che la regione ha potesta' legislativa esclusiva in materia di «urbanistica», in base all'art. 14, comma 1, lettera f), dello statuto, tuttavia l'ente e' tenuto a esercitare tale potesta' «nei limiti delle leggi costituzionali dello Stato, senza pregiudizio delle riforme agrarie e industriali, deliberate dalla Costituente del popolo italiano». L'art. 8, comma 1, lettera b), della legge regionale n. 2 del 2022 si pone in contrasto con la suddetta previsione statutaria, in quanto consente la realizzazione di interventi di ingente impatto sul territorio, sulla base di istanze che possono essere presentate fino al giugno 2023, in deroga agli strumenti di pianificazione urbanistica. Per questa via, viene violata la norma di grande riforma economico-sociale costituita dal principio - sotteso all'intero impianto della legge urbanistica n. 1150 del 1942, in particolare a seguito delle modifiche apportatevi dalla legge n. 765 del 1967 - secondo il quale gli interventi di trasformazione edilizia e urbanistica sono consentiti soltanto nel quadro della pianificazione urbanistica, che esercita una funzione di disciplina degli usi del territorio necessaria e insostituibile, in quanto idonea a fare sintesi dei molteplici interessi, anche di rilievo costituzionale, che afferiscono a ciascun ambito territoriale; principio che trova emersione, in particolare, all'art. 41-quinquies, ottavo e nono comma, della legge n. 1150 del 1942, in base al quale tutto il territorio comunale deve essere pianificato, assicurando l'ordinato assetto del territorio, opportunamente suddiviso in zone (cfr. decreto ministeriale n. 1444 del 1968, recante i c.d. standard urbanistici). La possibilita' di presentare istanze di c.d. piano casa, sulla base di una disciplina introdotta in via straordinaria nel 2009, fino al 30 giugno 2023 e, per di piu', anche con riferimento a immobili a quella data non ancora realizzati, ma soltanto assentiti mediante il rilascio del titolo edilizio, contrasta anche con il principio fondamentale, costituente norma di grande riforma economico-sociale, di temporaneita' del regime del piano casa, secondo quanto previsto dall'intesa del 2009. Tale principio costituisce in effetti un portato della regola generale, sopra richiamata, secondo la quale l'intero territorio deve essere pianificato e la deroga alla pianificazione presenta necessariamente carattere eccezionale e deve ritenersi consentita in ipotesi tassative. Le ragioni di censura ora illustrate trovano riscontro nella recente giurisprudenza della Corte costituzionale, la quale, proprio con riferimento alla proroga della disciplina del c.d. piano casa da parte di una regione a statuto speciale, ha avuto modo di affermare che «E' proprio l'indefinito succedersi delle proroghe, ancorate all'entrata in vigore di una nuova legge regionale sul governo del territorio o a termini di volta in volta differiti, che interferisce con la tutela paesaggistica e determina il vulnus denunciato dal ricorrente. La previsione impugnata, nel sancire per un tempo apprezzabile un'ulteriore proroga di disposizioni che derogano alla pianificazione urbanistica, consente reiterati e rilevanti incrementi volumetrici del patrimonio edilizio esistente, isolatamente considerati e svincolati da una organica disciplina del governo del territorio, che lo stesso legislatore regionale individua come la sede piu' appropriata per la regolamentazione di interventi di consistente impatto, nel rispetto dei limiti posti dallo statuto di autonomia alla potesta' legislativa primaria. La legge regionale, consentendo interventi parcellizzati, svincolati da una coerente e stabile cornice normativa di riferimento, trascura l'interesse all'ordinato sviluppo edilizio, proprio della pianificazione urbanistica, e cosi' danneggia «il territorio in tutte le sue connesse componenti e, primariamente, nel suo aspetto paesaggistico e ambientale» (sentenza n. 219 del 2021, punto 4.2. del Considerato in diritto)». (Corte costituzionale n. 24 del 2022). Per le ragioni sin qui esposte, la disposizione censurata e' pertanto da ritenere costituzionalmente illegittima per violazione dell'art. 14, comma 1, lettera f), dello statuto, in considerazione della violazione delle norme fondamentali di grande riforma economico-sociale costituite dall'art. 41-quinquies, ottavo e nono comma, della legge n. 1150 del 1942, nonche' dall'art. 11, comma 5, del decreto-legge n. 112 del 2008 e dall'Intesa sul piano casa del 2009. Sotto altro concorrente profilo, puo' notarsi che anche la potesta' legislativa esclusiva di cui la regione e' titolare in materia di «tutela del paesaggio», ai sensi dell'art. 14, comma 1, lettera n), dello Statuto di autonomia, deve esplicarsi pur sempre nel rispetto delle norme fondamentali di grande riforma economico-sociale, le quali si impongono anche alle autonomie speciali (Corte costituzionale, sentenza n. 238 del 2013) e tra le quali sono comprese le previsioni del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. In questa prospettiva, deve tenersi presente che anche nella regione Siciliana il piano paesaggistico assume carattere necessariamente sovraordinato agli altri strumenti di pianificazione territoriale, in applicazione degli articoli 135, 143 e 145 del codice dei beni culturali e del paesaggio, aventi carattere di norme di grande riforma economico-sociale. In particolare, l'art. 145 del codice stabilisce il principio della necessaria prevalenza del suddetto piano rispetto a ogni altro strumento di pianificazione e la sua inderogabilita' da parte di piani, programmi e progetti nazionali o regionali di sviluppo economico. Non solo, quindi, le previsioni del piano paesaggistico sono cogenti e prevalgono immediatamente sulle disposizioni degli strumenti urbanistici, ma questi ultimi hanno l'obbligo di adeguarsi e conformarsi alle previsioni della pianificazione paesaggistica, declinando concretamente le previsioni di indirizzo e di direttiva contenute nello strumento sovraordinato. Svolta questa premessa, deve osservarsi che nella legge regionale n. 6 del 2010 la regione ha recentemente inserito, all'art. 11, comma 1, ultimo periodo, la previsione secondo la quale «Con riferimento ai beni tutelati ai sensi della parte III del codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, gli interventi sono ammessi soltanto nei casi e nei limiti previsti dal piano paesaggistico regionale» (disposizione introdotta dall'art. 109, comma 13, lettera b, della legge regionale 15 aprile 2021, n. 9). Tale previsione, se pure mitiga gli effetti della disciplina del c.d. piano casa, tuttavia non elide del tutto i possibili pregiudizi che la trasformazione del territorio in deroga alla pianificazione urbanistica e' in grado di arrecare alle esigenze di tutela del paesaggio. La pianificazione paesaggistica e' composta, infatti, in buona parte da disposizioni di direttiva, destinate a concretizzarsi in prescrizioni puntuali in sede di recepimento nell'ambito della pianificazione urbanistica, ai sensi del richiamato art. 145 del codice di settore. Il processo di conformazione/adeguamento dei piani urbanistici al sovraordinato piano paesaggistico e', peraltro, di per se' complesso, tanto che il termine (ordinatorio) per provvedervi e' stabilito in due anni (cfr. comma 4 dell'art. 145). In questo quadro, la previsione del rilascio di titoli edilizi in deroga alla pianificazione urbanistica - secondo la disciplina del c.d. piano casa - comporta rilevanti criticita', in quanto, nonostante la formale previsione del rispetto del piano paesaggistico, tuttavia le previsioni di indirizzo e di direttiva contenute in quest'ultimo strumento sono poste sostanzialmente nel nulla. E cio' non solo nei comuni che non abbiano ancora adeguato il proprio piano urbanistico al piano paesaggistico, ma anche in quelli che abbiano provveduto a tale adeguamento, in quanto la deroga alla pianificazione urbanistica priva di operativita' (anche) quelle previsioni dello strumento urbanistico che costituiscono la puntuale concretizzazione delle direttive contenute nel piano paesaggistico. In altri termini, la prevalenza della normativa regionale del c.d. piano casa sugli strumenti urbanistici, adeguati al piano paesaggistico, si traduce potenzialmente in una deroga a quest'ultimo strumento, con elusione del principio di cui all' art. 145 sopra richiamato. Il vulnus, peraltro, si produce a maggior ragione nei comuni che non abbiano neppure adeguato il proprio strumento urbanistico al piano paesaggistico, e nei quali parimenti le previsioni di direttiva di tale strumento sono ulteriormente depotenziate dalla deroga generalizzata al disegno pianificatorio pur sempre contenuto nello strumento urbanistico comunale. Conseguentemente, la previsione censurata, consentendo il protrarsi dell'applicazione del c.d. piano casa e l'estensione di tale regime derogatorio fino al 30 giugno 2023, perpetua la violazione del principio di primazia del piano paesaggistico e di prevalenza dello stesso sulla pianificazione urbanistica. Da cio' la violazione dell'art. 14, comma 1, lettera n), dello statuto e dell'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, rispetto al quale costituiscono norme interposte gli articoli 135, 143 e 145 del codice dei beni culturali e del paesaggio. Per le ragioni sopra dette, la novella determina una diminuzione della tutela del paesaggio che risulta manifestamente arbitraria e irragionevole, nonche' contraria al principio del buon andamento dell'amministrazione. Cio' in quanto, ponendo nel nulla le previsioni degli strumenti di pianificazione, la previsione censurata comporta che le trasformazioni sul territorio non siano previste sulla base di una valutazione riferita ai singoli contesti, bensi' in base a un disegno generale e astratto operato una volta per tutte dalla legge regionale. Si viola cosi' l'obbligo costituzionale di disciplinare in modo diversificato situazioni tra loro non assimilabili, quali tipicamente sono i contesti territoriali, che per loro natura richiedono valutazioni specifiche e differenziate, anche al fine di assicurare adeguata considerazione alle esigenze di tutela del paesaggio, costituente valore primario e assoluto ai sensi dell'art. 9 della Costituzione (Corte costituzionale n. 367 del 2007). L'irragionevolezza della previsione normativa censurata si coglie, come gia' sottolineato, considerando che gli interventi del c.d. piano casa possono essere assentiti in relazione a istanza da presentare fino al 30 giugno 2023, con riguardo a edifici neppure realizzati alla predetta data, ma soltanto assentiti mediante il rilascio del titolo edilizio. Con ogni evidenza, la deroga alla pianificazione urbanistica, che determina di per se' un vulnus all'ordinato assetto del territorio e alla tutela del paesaggio, non e' giustificata da alcuna esigenza meritevole di tutela. Per immobili non ancora costruiti non puo' porsi, infatti, alcuna esigenza di riqualificazione edilizia o di efficientamento energetico. D'altro canto, la regione non ha fornito alcun riscontro alle osservazioni svolte sul punto e non ha quindi rappresentato alcuna ragione tale da giustificare la previsione normativa censurata. La predetta previsione e' quindi da ritenere illegittima anche per violazione degli articoli 3, 9 e 97 della Costituzione. L'art. 8, comma 1, lettera b), della legge regionale in esame e' dunque censurabile per violazione dell'art. 14, comma 1, lettera f), dello statuto, in considerazione della violazione delle norme fondamentali di grande riforma economico-sociale costituite dall'art. 41-quinquies, ottavo e nono comma, della legge n. 1150 del 1942, nonche' dall'art. 11, comma 5, del decreto-legge n. 112 del 2008 e dall'Intesa sul piano casa del 2009; dell'art. 14, comma 1, lettera n), dello statuto e dell'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, rispetto al quale costituiscono norme interposte gli articoli 135, 143 e 145 del codice dei beni culturali e del paesaggio; degli articoli 3, 9 e 97 della Costituzione. III.iii). L' art. 8, comma 1, alla lettera d), sostituisce la lettera f), del comma 2, dell'art. 11. Tale norma era gia' stata modificata dall'art. 37, comma 1, lettera d), della legge regionale n. 23 del 2021. Prevedendo che «2. Gli interventi previsti dalla presente legge non possono riguardare: [...]; f) gli immobili oggetto di condono edilizio nonche' di ordinanza di demolizione, salvo quelli oggetto di accertamento di conformita' di cui all'art. 13 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, introdotto dall'art. 1 della legge regionale 10 agosto 1985, n. 37». Al riguardo, nel prendere atto dell'esclusione dal campo di applicazione della normativa regionale degli immobili oggetto di condono edilizio, ancora una volta, si richiamano le considerazioni svolte, in relazione al disposto di cui all'art. 2, comma 1, lettera a), della legge regionale in esame, che si intendono qui integralmente ribadite. Le modifiche apportate consentono di ritenere superati soltanto i motivi di censura formulati nel ricorso n. 63/2021 con riguardo alla mancata previsione dell'esclusione degli immobili oggetto di condono edilizio. La norma risulta pertanto violare ancora l'art. 14 dello statuto speciale, nonche' degli articoli 3, 9 e 97, 117, primo comma - alla luce della legge n. 14 del 2006, di recepimento della Convenzione europea sul paesaggio -117, secondo comma lettera S), della Costituzione, di cui costituiscono norme interposte gli articoli 135, 146 e 167 del codice„ nonche' le norme di grande riforma economico sociale costituite dai principi di cui all'art. 41-quinquies, ottavo e nono comma, della legge n. 1150 del 1942, di cui all'art. 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, ed all'art. 11, comma 5, del decreto-legge n. 112 del 2008, all'Intesa sul piano casa del 2009.
P. Q. M. Si conclude perche': i) l'art. 1, comma 1, lettere d), e), g), h); ii) l'art. 1, comma 2, lettere c), e); iii) l'art. 2, comma 1, lettere a), b), c); iv) l'art. 8, comma 1, lettere a), b), d) della legge regionale 18 marzo 2022, n. 2, recante: «Disposizioni in materia di edilizia» (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana (p. I) n. 13 del 25 marzo 2022), siano dichiarati costituzionalmente illegittimi. Si producono: estratto della delibera del Consiglio dei ministri del 17 maggio 2022; relazione, allegata alla medesima delibera, della Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie; legge regionale n. 2/2022. Roma, 22 maggio 2022 L'Avvocato dello Stato: Palatiello