N. 67 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 marzo 2022

Ordinanza del 24 marzo 2022 del  Tribunale  amministrativo  regionale
per la Calabria sul ricorso  proposto  da  Martino  Edoardo,  Martino
Umberto e De Luca Filomena contro Azienda  sanitaria  provinciale  di
Cosenza. 
 
Esecuzione forzata - Sanita' pubblica - Divieto  di  intraprendere  o
  proseguire azioni esecutive nei confronti degli enti  del  Servizio
  sanitario della Regione Calabria - Inefficacia dei  pignoramenti  e
  delle prenotazioni a debito sulle  rimesse  finanziarie  trasferite
  dalla Regione Calabria agli enti  del  proprio  Servizio  sanitario
  effettuati prima della data di entrata in  vigore  della  legge  di
  conversione del decreto-legge n. 146 del 2021 -  Applicazione  fino
  al 31 dicembre 2025. 
- Decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146 (Misure  urgenti  in  materia
  economica  e  fiscale,  a  tutela  del  lavoro   e   per   esigenze
  indifferibili),  convertito,  con  modificazioni,  nella  legge  17
  dicembre 2021, n. 215, art. 16-septies, comma 2, lettera g). 
(GU n.24 del 15-6-2022 )
 
        IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA CALABRIA 
                           Sezione seconda 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 1182 del 2021, proposto da Edoardo Martino, Umberto
Martino, Filomena  De  Luca,  rappresentati  e  difesi  dall'avvocato
Giovanni Narni Mancinelli, con domicilio  digitale  come  da  PEC  da
registri  di  giustizia;  contro  Azienda  Sanitaria  Provinciale  di
Cosenza,  in  persona  del   legale   rappresentante   pro   tempore,
rappresentata e difesa dall'avvocato Giuseppe Brogno,  con  domicilio
digitale come da PEC da Registri di Giustizia; 
    per l'ottemperanza del decreto ingiuntivo n. 18/2015, emesso  dal
Tribunale di Paola in data 15 gennaio 2015; 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visto l'atto di costituzione in  giudizio  di  Azienda  sanitaria
provinciale di Cosenza; 
    Relatore nella Camera di consiglio del giorno  9  marzo  2022  il
dott. Alberto Ugo e uditi per le parti i difensori  come  specificato
nel verbale; 
I. - I fatti di causa 
    I.1. - Con decreto ingiuntivo n. 18/2015,  del  15  gennaio  2015
(RG. n. 2841/2014), il  Tribunale  ordinario  di  Paola  ha  ingiunto
all'Azienda sanitaria provinciale di Cosenza il pagamento, in  favore
dei sigg.ri Edoardo Martino, Filomena De Luca e Umberto  Martino,  la
somma di «euro 30.757,02; gli interessi al tasso  legale  dalla  data
del deposito del ricorso al soddisfo; le spese di questa procedura di
ingiunzione liquidate in euro 900,00 per compensi  professionali,  in
euro 270,00 per spese, oltre accessori previdenziali e fiscali  nella
misura di legge». 
    Il citato decreto ingiuntivo non e'  stato  opposto  dall'Azienda
sanitaria provinciale di Cosenza. Conseguentemente, con provvedimento
in  data  21  aprile  2015,  il  Tribunale  di  Paola  ha  dichiarato
l'esecutorieta' del decreto ingiuntivo. 
    In data 6 luglio 2015, il predetto decreto ingiuntivo, munito  di
formula  esecutiva,  e'  stato  ritualmente  notificato   all'Azienda
sanitaria provinciale di Cosenza. 
    Da  tale  data  e',  quindi,  decorso  il  termine  dilatorio  di
centoventi giorni  previsto  ex-lege  per  le  esecuzioni  contro  le
amministrazioni statali e gli enti pubblici non economici. 
    I.2.    -    A    fronte     del     perdurante     inadempimento
dell'amministrazione, con ricorso notificato a mezzo PEC in  data  1°
luglio 2021, depositato nella segreteria del Tribunale amministrativo
regionale in data 9 luglio 2021, il  ricorrente  ha  chiesto  che  il
Tribunale amministrativo regionale adito ordini all'A.S.P. di Cosenza
il compimento degli atti utili e necessari a dare piena esecuzione al
giudicato nascente dal predetto decreto ingiuntivo non opposto. 
    I.3. - L'A.S.P. di Cosenza si  e'  costituita  in  giudizio,  con
memoria depositata in data 30 luglio 2021, nella  quale  ha  eccepito
l'irricevibilita', l'inammissibilita' e, comunque,  la  nullita'  del
ricorso notificato  in  violazione  del  decreto  del  Consiglio  dei
ministri n. 40/2016 e dell'art. 136 c.p.a., in quanto lo  stesso  non
sarebbe un atto in formato nativo  digitale  e  sarebbe  privo  della
sottoscrizione con firma digitale. 
    L'A.S.P. di Cosenza ha, inoltre, eccepito  l'inammissibilita'  o,
comunque, improcedibilita' del ricorso in  ottemperanza,  in  base  a
quanto disposto dall'art. 117, comma 4, decreto-legge 19 maggio 2020,
n. 34, convertito con modificazioni con legge 17 luglio 2020, n.  77,
come modificato dall'art. 3, comma 8, decreto-legge 31 dicembre 2020,
n. 183, convertito con modificazioni con legge 26 febbraio  2021,  n.
21, in forza del quale e' stata disposta la sospensione, sino  al  31
dicembre 2021, delle azioni esecutive proposte  nei  confronti  degli
enti del Servizio sanitario nazionale. 
    Con ulteriore memoria depositata il 4 febbraio 2022, l'A.S.P.  di
Cosenza ha chiesto al Tribunale  amministrativo  regionale  di  voler
dichiarare la cessazione della materia del contendere o, comunque, la
sopravvenuta carenza di  interesse  dei  ricorrenti  al  ricorso,  in
quanto con determina n. 532, pubblicata  in  data  20  ottobre  2021,
1'A.S.P. avrebbe dato esecuzione al decreto  ingiuntivo  n.  18/2015,
oggetto dell'ottemperanza. 
    I.4. - Con  memoria  depositata  in  data  16  febbraio  2022,  i
ricorrenti  hanno  replicato  alle   eccezioni   preliminari   svolte
dall'A.S.P. resistente  e  hanno  insistito  per  l'accoglimento  nel
merito del ricorso in ottemperanza. 
    I.5. - Il ricorso e' stato trattato all'udienza  camerale  del  9
marzo 2022 e spedito in decisione. 
II. - La questione di legittimita' costituzionale 
    L'art. 117,  comma  4,  decreto-legge  19  maggio  2020,  n.  34,
invocato   dalla   ricorrente   a   fondamento   dell'eccezione    di
inammissibilita' e/o improcedibilita' del  ricorso  introduttivo,  e'
stato medio tempore  dichiarato  costituzionalmente  illegittimo  con
sentenza della Corte costituzionale del 24  novembre  2021,  n.  236.
Tale eccezione e', di conseguenza, infondata. 
    Per la decisione della  causa  in  oggetto  viene,  invece,  piu'
propriamente in rilievo  l'art.  16-septies,  comma  2,  lettera  g),
decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, come introdotto dalla legge di
conversione 17 dicembre 2021, n. 215. 
    E'  opinione  del  Tribunale  amministrativo  regionale  che  sia
rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita'
costituzionale dell'art.  16-septies,  comma  2,  lettera  g),  sopra
citato, per contrasto con l'art. 24 Cost., da solo e, nella misura in
cui riguardi anche  il  giudizio  d'ottemperanza  svolto  davanti  al
giudice amministrativo, in combinata lettura con l'art. 113 Cost. 
III - La rilevanza della questione 
    III.1.  -  La  disposizione  della  cui  compatibilita'  con   la
Costituzione si dubita  cosi'  recita:  «al  fine  di  coadiuvare  le
attivita' previste dal  presente  comma  (e  cioe'  le  attivita'  di
controllo,  liquidazione  e  pagamento  delle  fatture,  sia  per  la
gestione corrente che per  il  pregresso,  nonche'  le  attivita'  di
monitoraggio e di gestione  del  contenzioso,  NDR),  assicurando  al
servizio sanitario della Regione Calabria  la  liquidita'  necessaria
allo  svolgimento  delle  predette  attivita'  finalizzate  anche  al
tempestivo pagamento dei debiti commerciali, nei confronti degli enti
del servizio sanitario della Regione Calabria di cui all'art. 19  del
decreto legislativo 23  giugno  2011,  n.  118,  non  possono  essere
intraprese o proseguite azioni esecutive (...). Le disposizioni della
presente lettera si applicano fino al 31 dicembre 2025». 
    III.2. - La previsione normativa deve trovare applicazione, oltre
che alle azioni esecutive proposte ai sensi del codice  di  procedura
civile,  anche  al  giudizio  di  ottemperanza,   che,   secondo   la
consolidata  giurisprudenza  amministrativa,  ha  funzione  e  natura
esecutiva, allorche' sia  attivato  ai  fini  dell'esecuzione  di  un
provvedimento di giudice civile. 
    Si e' infatti chiarito che, in sede di ottemperanza di un  titolo
formatosi davanti al giudice  ordinario,  il  giudice  amministrativo
deve svolgere un'attivita'  meramente  esecutiva  senza  possibilita'
d'integrare la sentenza (cfr., tra le tante, Cons. Stato, Sez. VI, 13
maggio 2016, n. 1952; Cons. Stato, Sez. V, 2 febbraio 2009,  n.  561;
Cons. Stato, Sez. VI, 8 settembre 2008, n. 4288; C.G.A., 8  settembre
2014, n. 522), dovendosi limitare all'accertamento dell'esistenza  di
un comportamento omissivo o elusivo  e  all'attuazione  del  disposto
della pronuncia del giudice civile passata in giudicato, trovando  in
essa un limite invalicabile (in tal senso, Cons. Stato, Sez.  IV,  18
gennaio 2016, n. 145). 
    Non a caso, si ritiene pacificamente applicabile al  giudizio  di
ottemperanza la sospensione  delle  procedure  esecutive  individuali
prevista tanto dall'art. 243-bis, comma  4,  decreto  legislativo  18
agosto 2000, n. 267, in caso di avvio della procedura di riequilibrio
di bilancio di un ente locale (cfr. CGA  28  ottobre  2014,  n.  586;
Tribunale amministrativo regionale  Sicilia -  Catania,  Sez.  I,  11
luglio 2013 , n. 2045), quanto dall'art. 248, comma  2  del  medesimo
testo normativo per il caso di dissesto (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 4
settembre 2018, n. 5184; Tribunale amministrativo  regionale  Lazio -
Roma, Sez. II, 8 novembre 2021, n. 11440). 
    III. 3. - Occorre, a  questo  punto,  prendere  posizione  su  un
orientamento  formatosi   nella   giurisprudenza   amministrativa   a
proposito della sospensione delle esecuzioni nei confronti degli enti
del Servizio sanitario disposta in  passato  con  leggi  che  saranno
richiamate ultra. 
    Un certo orientamento interpretativo (cfr. Cons. Stato, Sez. III,
11 luglio 2013, n. 3726; Tribunale amministrativo regionale  Calabria
- Reggio Calabria, 31  luglio  2020,  n.  480)  ha  ritenuto  che  la
sospensione operi soltanto per la fase propriamente esecutiva, svolta
dal Commissario ad acta nominato dal giudice amministrativo, giacche'
l'accoglimento, da parte del giudice, della domanda  di  ottemperanza
si risolve  nell'ordine  alla  stessa  amministrazione  debitrice  di
provvedere all'esecuzione entro un dato termine, rafforzando cosi' un
ordine  che  scaturisce  gia'  dal  dictum  giurisdizionale   rimasto
ineseguito. 
    Questo Tribunale ritiene non condivisibile l'orientamento  teste'
descritto. Innanzitutto, esso  opera  una  distinzione,  quanto  agli
effetti della  sospensione,  tra  la  fase  dell'ottemperanza  svolta
davanti al giudice amministrativo e la fase curata dal Commissario ad
acta da esso nominato. Di tale distinzione, pero', non  v'e'  traccia
nelle varie previsioni legislative succedutesi, che, come quella oggi
in rilievo, si limitano a vietare che  le  azioni  esecutive  vengano
«intraprese» o «proseguite» nei confronti  degli  enti  del  Servizio
sanitario  nazionale.  Peraltro,  l'uso  del  verbo   «intraprendere»
richiama  semanticamente  e  logicamente   l'attenzione   alla   fase
introduttiva dell'azione d'ottemperanza, e  cioe'  al  momento  della
proposizione del ricorso. 
    In secondo luogo, la distinzione in questione appare artificiale,
se solo si consideri che entrambe le fasi - quella davanti al giudice
amministrativo,  quella  che  vede  il  Commissario  ad   acta   come
protagonista - hanno come unica finalita'  l'attuazione  del  comando
giurisdizionale contenuto nel provvedimento del giudice ordinario. 
    Infine, una simile opzione ermeneutica  comporterebbe  spreco  di
attivita'  giurisdizionale,  richiedendo  la  pronuncia  del  giudice
amministrativo sulla domanda  di  ottemperanza  senza  che,  poi,  il
privato  possa  ottenere  la  soddisfazione  del   credito   azionato
esecutivamente; e comportando elevate probabilita'  di  incidenti  di
esecuzione  proprio  in  ordine  all'applicabilita'   della   ridetta
sospensione. 
    III.4. - Emerge, dunque, in tutta la sua  evidenza  la  rilevanza
dei dubbi di legittimita' costituzionale. 
    Ai sensi dell'art. 16-septies, comma 2, lettera g,  decreto-legge
21 ottobre 2021, n. 146,  infatti,  questo  Tribunale  amministrativo
regionale dovrebbe dichiarare, immediatamente  e  in  via  del  tutto
preliminare, improcedibile il ricorso proposto  dai  sigg.ri  Edoardo
Martino, Filomena De Luca e Martino Umberto, senza dover esaminare le
altre argomentazioni difensive che l'Azienda Sanitaria Provinciale di
Cosenza ha esposto. 
    III.5 - Infatti, e' vero che l'Ente intimato ha dedotto anche, in
via preliminare, l'inammissibilita', improcedibilita' e, comunque, la
nullita' del ricorso per violazione del decreto  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri n. 40/2016 e dell'art. 136 c.p.a. 
    Tale eccezione tuttavia, a parere  di  questo  Tribunale,  appare
infondata e va respinta, posto che il ricorso introduttivo notificato
all'Azienda Sanitaria resistente, pur  non  essendo  un  atto  nativo
digitale, recava la sottoscrizione in calce del legale dei ricorrenti
munito  di  procura  ed  e'  stato  successivamente   depositato   in
Segreteria munito di sottoscrizione digitale. 
    Il ricorso non mancava, dunque,  dei  requisiti  essenziali  allo
scopo e, anche a voler ritenere diversamente, si tratterebbe comunque
di una nullita' sanata per raggiungimento dello scopo, dato che vi e'
stata  regolare  e  tempestiva  costituzione  in  giudizio  del   suo
destinatario, il quale ha svolto in modo compiuto le proprie difese. 
    Cio' anche in adesione all'orientamento interpretativo, condiviso
dal Consiglio di Stato (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 21 dicembre  2020,
n_  8171),  secondo  il  quale  l'evoluzione  tecnologica  non   puo'
risolversi  in  un  ostacolo  alla  tutela  giurisdizionale,  se   le
difformita' negli adempimenti processuali non siano  accompagnate  da
alcun pregiudizio per il diritto di difesa delle  controparti  e  per
l'attivita' del giudice adito. 
    III.6. -  Le  altre  difese  articolate  dall'Azienda   sanitaria
provinciale intimata attengono al merito. 
    Infatti, la  questione  relativa  all'eccepita  cessazione  della
materia del contendere o,  comunque,  alla  sopravvenuta  carenza  di
interesse al ricorso per effetto  del  presunto,  avvenuto  pagamento
della somma indicata dal decreto ingiuntivo n. 18/2015 del  Tribunale
di Paola, afferisce all'attuale esistenza  del  credito  vantato  dai
ricorrenti. Questo Tribunale evidenza, per inciso, come la  determina
n. 532 del 20 ottobre 2021  dell'A.S.P.  di  Cosenza  preveda,  quale
importo da adempiere, una somma pari alla sorte capitale del  credito
indicato nel decreto ingiuntivo di  cui  e'  causa,  omettendo  pero'
relativi interessi e spese. 
    Per  la  decisione  della  causa  e'  necessaria,   quindi,   una
valutazione nel merito della pretesa svolta dai  ricorrenti,  il  cui
esame e' tuttavia precluso dall'art. 164-septies,  comma  2,  lettera
g), decreto-legge n. 146 del 2021. 
IV - La non manifesta infondatezza della questione 
    IV.1 - Il dubbio di incompatibilita' tra l'art. 16-septies, comma
2, lettera g), decreto-legge 2 ottobre 2021,  n.  146,  e  l'art.  24
Cost. e'  alimentato  dall'esame  della  giurisprudenza  della  Corte
costituzionale. 
    Essa ha ripetutamente affermato che la garanzia di poter agire in
giudizio  per  la  tutela  dei   propri   diritti   comprende   anche
l'esecuzione forzata, che e' diretta a rendere effettiva l'attuazione
del provvedimento del giudice (sentenza n. 522 del 2002). 
    La tutela in sede esecutiva, infatti,  e'  componente  essenziale
del diritto di accesso al giudice: l'azione esecutiva rappresenta uno
strumento   indispensabile   per    l'effettivita'    della    tutela
giurisdizionale, perche'  consente  al  creditore  di  soddisfare  la
propria pretesa in mancanza di adempimento  spontaneo  da  parte  del
debitore (ex plurimis, cfr. le sentenze n. 225 del 2018, n.  198  del
2010, n. 335 del 2004, n. 522 del 2002 e n. 321 del  1998;  ordinanza
n. 331 del 2001). 
    La fase di esecuzione  coattiva  delle  decisioni  di  giustizia,
proprio in quanto componente intrinseca ed essenziale della  funzione
giurisdizionale,   deve   ritenersi   costituzionalmente   necessaria
(sentenza n. 419 del 1995), stante che «il principio di  effettivita'
della tutela giurisdizionale [...] rappresenta un connotato rilevante
di ogni modello processuale» (sentenze n. 225 del 2018 e n.  304  del
2011). 
    E' certo  riservata  alla  discrezionalita'  del  legislatore  la
conformazione  degli  istituti  processuali,  con  il  limite   della
manifesta  irragionevolezza  o  arbitrarieta'  della  disciplina  (ex
plurimis, sentenze n. 44 del 2016, n. 10 del 2013 e n. 221 del 2008);
ma tale limite e' valicato «ogniqualvolta emerga  un'ingiustificabile
compressione del diritto di agire» (sentenza n. 225 del  2018;  negli
stessi termini, tra le tante, sentenze n. 87 del  2021,  n.  271  del
2019, n. 44 del 2016 e n. 335 del 2004). 
    La  sospensione  delle  procedure  esecutive   deve   costituire,
pertanto, un evento eccezionale: «un intervento legislativo - che  di
fatto svuoti di contenuto i titoli  esecutivi  giudiziali  conseguiti
nei confronti di un soggetto debitore - puo'  ritenersi  giustificato
da  particolari   esigenze   transitorie   qualora   [...]   siffatto
svuotamento sia limitato ad un ristretto periodo temporale» (sentenza
n. 186 del 2013). 
    E' ben vero che il legislatore ordinario - in presenza  di  altri
diritti meritevoli di tutela - puo'  procrastinare  la  soddisfazione
del diritto del creditore alla tutela giurisdizionale anche  in  sede
esecutiva. 
    Deve pero' sussistere un ragionevole bilanciamento tra  i  valori
costituzionali   in   conflitto,   da   valutarsi   considerando   la
proporzionalita'  dei  mezzi  scelti  in  relazione   alle   esigenze
obiettive da soddisfare e alle  finalita'  perseguite  (ex  plurimis,
cfr. le sentenze n. 212 del 2020, n. 71 del 2015, n. 17 del 2011,  n.
229 e n. 50 del 2010, n. 221 del 2008 e n. 1130 del 1988). 
    IV.2. - Sulla base dei principi teste  illustrati,  la  Corte  ha
gia' dichiarato illegittimo, con sentenza del 12 luglio 2013, n. 186,
l'art. 1, comma 51, legge 13 dicembre 2010, n.  220,  sia  nel  testo
risultante a seguito delle  modificazioni  introdotte  dall'art.  17,
comma 4, lettera e), decreto-legge 6 luglio 2011, n.  98,  conv.  con
mod. con legge 15 luglio 2011, n. 111, sia  nel  testo  risultante  a
seguito delle  ulteriori  modificazioni  apportate  dall'art.  6-bis,
comma 2, lettere a) e b), decreto-legge 13 settembre  2012,  n.  158,
conv. con mod. con legge 8 novembre 2012, n. 189, nella parte in  cui
prevedeva che, nelle Regioni gia' commissariate in quanto  sottoposte
a piano di rientro  dei  disavanzi  sanitari,  non  potessero  essere
intraprese o proseguite azioni esecutive, anche  ai  sensi  dell'art.
112  c.p.a.,  nei  confronti  delle  aziende   sanitarie   locali   e
ospedaliere delle regioni medesime, fino al 31 dicembre 2012. 
    La Corte ha ribadito che un intervento legislativo - che di fatto
svuoti di contenuto i  titoli  esecutivi  giudiziali  conseguiti  nei
confronti di un soggetto debitore - puo'  ritenersi  giustificato  da
particolari esigenze transitorie  qualora,  per  un  verso,  siffatto
svuotamento sia limitato ad un ristretto periodo temporale  (sentenze
n. 155  del  2004  e  n.  310  del  2003)  e,  per  altro  verso,  le
disposizioni  di  carattere  processuale  che  incidono  sui  giudizi
pendenti,  determinandone  l'estinzione,  siano  controbilanciate  da
disposizioni  di   carattere   sostanziale   che,   a   loro   volta,
garantiscano, anche per altra via che non sia quella della esecuzione
giudiziale, la sostanziale realizzazione dei  diritti  oggetto  delle
procedure estinte (sentenze n. 277 del 2012 e n. 364 del 2007). 
    Viceversa, la disposizione  in  quella  sede  censurata,  la  cui
durata nel tempo,  inizialmente  prevista  per  un  anno,  era  stata
differita di ulteriori due anni sino al 31  dicembre  2013,  oltre  a
prevedere la estinzione  delle  procedure  esecutive  iniziate  e  la
contestuale cessazione del vincolo  pignoratizio  gravante  sui  beni
bloccati ad istanza dei creditori  delle  aziende  sanitarie  ubicate
nelle Regioni commissariate (con derivante e  definitivo  accollo,  a
carico degli esecutanti, della spese di esecuzione gia'  affrontate),
non prevedeva alcun meccanismo certo, quantomeno sotto il profilo  di
ordinate  procedure  concorsuali  garantite  da  adeguata   copertura
finanziaria, in ordine alla soddisfazione delle posizioni sostanziali
sottostanti ai titoli esecutivi inutilmente azionati. 
    Essa, pertanto, si  poneva,  in  entrambe  le  sue  versioni,  in
contrasto con l'art. 24 Cost. in quanto, in conseguenza  della  norma
censurata,   venivano   vanificati   gli   effetti    della    tutela
giurisdizionale gia' conseguita dai numerosi creditori delle  aziende
sanitarie procedenti nei giudizi esecutivi. 
    Costoro non soltanto si trovano, in alcuni casi  da  piu'  di  un
triennio,  nella  impossibilita'  di  trarre  dal  titolo   da   loro
conseguito l'utilita' ad esso ordinariamente connessa,  ma  dovevano,
altresi', sopportare, in  considerazione  dell'automatica  estinzione
(o, nella versione precedente,  della  inefficacia)  delle  procedure
esecutive  gia'  intraprese   e   della   liberazione   dal   vincolo
pignoratizio dei beni gia' asserviti alla procedura, i costi da  loro
anticipati per l'avvio della procedura stessa. 
    Ne' si verificava la condizione che,  secondo  la  giurisprudenza
costituzionale, rende legittimo il  blocco  delle  azioni  esecutive,
cioe' la previsione di un meccanismo di risanamento che, come  detto,
canalizzasse in una unica procedura  concorsuale  le  singole  azioni
esecutive, con meccanismi di tutela dei diritti dei creditori che non
si rinvenivano nei  piani  di  rientro  cui  la  disposizione  faceva
riferimento, sicche' la posizione sostanziale dei creditori  trovasse
una modalita' sostitutiva di soddisfazione. 
    La disposizione in esame, infatti, non conteneva la disciplina di
tale tipo di procedura ne' identificava le risorse finanziarie da cui
attingere per il suo eventuale svolgimento. 
    La Corte ha, altresi', considerato rilevante la circostanza  che,
con la disposizione censurata, il legislatore statale  avesse  creato
una fattispecie diius singulare che determinava lo sbilanciamento fra
le due posizioni in gioco, esentando quella pubblica, di cui lo Stato
risponde economicamente, dagli effetti pregiudizievoli della condanna
giudiziaria, con violazione del principio della parita'  delle  parti
di cui all'art. 111 Cost. 
    Ne'  poteva,   infine,   valere   a   giustificare   l'intervento
legislativo censurato il fatto che  questo  potesse  essere  ritenuto
strumentale ad  assicurare  la  continuita'  della  erogazione  delle
funzioni  essenziali  connesse  al  servizio  sanitario:  infatti,  a
presidio di tale essenziale esigenza gia' risultava da  tempo  essere
posta  la  previsione  di  cui  all'art.  1,  comma  5,  del  decreto
legislativo 18 gennaio 1993, n. 9, conv. con mod. con legge 18  marzo
1993, n. 67, in base alla quale e' assicurata la impignorabilita' dei
fondi a destinazione vincolata essenziali ai  fini  della  erogazione
dei servizi sanitari. 
    IV.3. Recentissimamente, con la sentenza del 7 dicembre 2021,  n.
236,  la  Corte   costituzionale   ha   dichiarato   l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 3, comma 8, decreto-legge 31 dicembre  2020,
n. 183, conv. con legge 26 febbraio 2021,  n.  21,  che,  in  ragione
dell'emergenza derivante dall'epidemia di Covid-19,  aveva  prorogato
la sospensione delle esecuzioni e l'inefficacia dei pignoramenti  nei
confronti  degli  enti  del  Servizio   sanitario   nazionale,   gia'
precedentemente disposta. 
    Dopo aver ripercorso la motivazione della precedentemente evocata
sentenza n. 186 del 2013,  la  Corte  ha  precisato  che,  nonostante
l'evoluzione  dell'emergenza   sanitaria   e   la   possibilita'   di
ricalibrare su di essa la programmazione di  cassa,  la  disposizione
censurata aveva prorogato la misura in danno  dei  creditori  per  un
intero anno senza alcun aggiornamento della  valutazione  comparativa
tra  i  loro  diritti  giudizialmente  accertati  e   gli   interessi
dell'esecutato pubblico. 
    In tal modo, gli effetti negativi della protrazione del  «blocco»
delle esecuzioni  venivano  lasciati  invariabilmente  a  carico  dei
creditori, tra i quali pure possono trovarsi anche  soggetti  cui  e'
stato riconosciuto un risarcimento in quanto  gravemente  danneggiati
nella salute o  operatori  economici  a  rischio  di  espulsione  dal
mercato. 
    Costituzionalmente tollerabile ab origine, la misura era divenuta
sproporzionata e irragionevole per effetto di una  proroga  di  lungo
corso e non bilanciata  da  una  piu'  specifica  ponderazione  degli
interessi in gioco, che ha leso il diritto di tutela  giurisdizionale
ex art. 24 Cost. nonche', al contempo, la parita' delle  parti  e  la
ragionevole durata del processo esecutivo. 
    Il protratto sacrificio imposto  ai  creditori  sul  piano  della
tutela giurisdizionale avrebbe potuto essere ricondotto a conformita'
con i parametri costituzionali ove fosse stata approntata una  tutela
alternativa di contenuto sostanziale, che pero' non era  stata  nella
specie predisposta. 
    IV.4. - Ebbene, la disposizione che in questa sede  va  applicata
replica,  a  parere  di  questo  Tribunale,  tutti   i   profili   di
illegittimita'   evidenziati   con    riferimento    ai    precedenti
provvedimenti di sospensione. 
    Essa impedisce, per un lunghissimo periodo di quattro  anni  (che
si aggiungono ai quasi due anni in  cui,  sino  alla  sentenza  della
Corte costituzionale n. 236 del  2021,  le  procedure  esecutive  nei
confronti di tutti gli enti del  Servizio  sanitario  nazionale  sono
rimaste sospese), l'accesso alla tutela esecutiva. 
    Non prevede una  procedura  concorsuale  idonea  a  garantire  la
soddisfazione, quanto meno pro quota, delle pretese dei creditori. 
    Crea  un'ingiustificata  disparita'  tra  debitore   pubblico   e
ereditari  privati,  tra  i  quali  possono  ben   esservi   soggetti
socialmente o economicamente svantaggiati. 
    Per tali ragioni, essa si pone in diretto contrasto con part.  24
Cost., che invece  assicura  a  tutti  il  diritto  ad  agire,  anche
esecutivamente. 
    IV. 5 - Nella misura in cui l'art. 16-septies, comma  2,  lettera
g) decreto-legge n. 146 del 2021 si applica,  come  gia'  illustrato,
anche al giudizio d'ottemperanza d'innanzi al giudice amministrativo,
la violazione dell'art. 24  Cost.  si  apprezza  anche  in  combinato
disposto con  l'art.  113  Cost.,  che  assicura  sempre  «la  tutela
giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi  agli
organi di  giurisdizione  ordinaria  o  amministrativa»  e  ne  vieta
l'esclusione o la limitazione a particolari mezzi di  impugnazione  o
per determinate categorie di atti. 
    Infatti, cio' che la norma  in  questione  determina  e'  proprio
l'impossibilita' per il creditore degli enti del  servizio  sanitario
regionale della Calabria di ottenere dal  giudice  amministrativo  la
tutela  giurisdizionale  esecutiva,  in  ragione  del   provvedimento
giurisdizionale definitivo ottenuto dal giudice ordinario,  d'innanzi
agli organi di giustizia amministrativa. 
    Risulta, quindi, violato anche l'art. 113 Cost. 
    V. - Il giudizio presente va quindi sospeso, con trasmissione, ai
sensi dell'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87, degli atti alla Corte
costituzionale, affinche'  decida  della  questione  di  legittimita'
costituzionale che, con la  presente  ordinanza,  incidentalmente  si
pone.  
 
                               P.Q.M. 
 
    Il Tribunale amministrativo regionale per  la  Calabria  (Sezione
Seconda) sospende il giudizio e, ai  sensi  dell'art.  23,  legge  11
marzo 1953, n. 87, dispone la  trasmissione  degli  atti  alla  Corte
costituzionale,  affinche'  si  pronunci  sulla   rilevante   e   non
manifestamente infondata  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 16-septies, comma 2, lettera g), decreto-legge  21  ottobre
2021, n. 146, come introdotto dalla legge di conversione 17  dicembre
2021, n. 215, per contrasto con gli articoli 24 e 113 Cost. 
    Manda alla  segreteria  di  comunicare  alle  parti  la  seguente
sentenza e di notificarla al Presidente del Senato della  Repubblica,
al Presidente della Camera di deputati e al Presidente del  Consiglio
dei ministri. 
    Cosi' deciso in Catanzaro nella Camera di consiglio del giorno  9
marzo 2022 con l'intervento dei magistrati: 
      Giovanni tannini, Presidente 
      Francesco Tallaro, Consigliere 
      Alberto Ugo, Referendario, Estensore 
 
                       Il Presidente: Iannini 
 
                          L'estensore: Ugo