N. 69 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 maggio 2022
Ordinanza del 12 maggio 2022 del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana sul ricorso proposto da Caminneci Valentina contro Presidenza della Regione Siciliana e Regione Siciliana - Giunta regionale di Governo. Giustizia amministrativa - Ricorso straordinario al Presidente della Regione Siciliana - Norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione Siciliana - Previsione che, qualora il Presidente della Regione non intenda decidere il ricorso in maniera conforme al parere del Consiglio di giustizia amministrativa, con motivata richiesta deve sottoporre l'affare alla deliberazione della Giunta regionale. - Decreto legislativo 24 dicembre 2003, n. 373 (Norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione siciliana concernenti l'esercizio nella regione delle funzioni spettanti al Consiglio di Stato), art. 9, comma 5.(GU n.25 del 22-6-2022 )
IL CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA Sezione giurisdizionale Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 1015 del 2019, proposto dalla sig.ra Valentina Caminneci, rappresentata e difesa dall'avvocato Girolamo Rubino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Regione siciliana, Regione Sicilia - Giunta regionale di Governo, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, tutti rappresentati e difesi dall'avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria per legge in Palermo, via Villareale n. 6, per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia (Sezione terza) n. 867/2019: Visto il ricorso in appello e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza Regione siciliana e della Regione Sicilia - giunta regionale di Governo; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 3 maggio 2022 tenutasi ai sensi del combinato disposto del comma 4-bis dell'art. 87 c.p.a. e dell'art. 13-quater disp. att. c.p.a., il Cons. Antonino Caleca e uditi per le parti gli avvocati come da verbale; 1. Con la sentenza in epigrafe appellata, il Tribunale amministrativo regionale della Sicilia - sede di Palermo - ha respinto il ricorso di primo grado merce' la originaria ricorrente (ed odierna appellante) Valentina Caminneci aveva impugnato il decreto n. 1017 del 7 novembre 2011, con il quale il Presidente della Regione siciliana ha respinto il ricorso straordinario da lei presentato; la deliberazione della Giunta regionale siciliana n. 262 del 29 settembre 2011, nonche' tutti gli altri atti presupposti, conseguenti o connessi. 2. In punto di fatto, la complessa vicenda processuale, puo' cosi' essere sinteticamente ricostruita. 2.1. La originaria ricorrente: a) aveva partecipato al concorso pubblico per la copertura di settanta posti di dirigente tecnico archeologo del ruolo dei Beni Culturali di cui alla Tabella A della legge regionale n. 8/99 (art. 1, bando di concorso), bandito dall'Assessorato regionale BB.CC.AA., con bando pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana - Serie speciale concorsi del 14 aprile 2000 del quale poi e' risultata vincitrice; detto bando prevedeva che sarebbe stato corrisposto ai vincitori il trattamento economico corrispondente all'VIII livello retributivo di cui alla Tabella A del decreto del Presidente della Regione siciliana n. 11 del 20 gennaio 1995; b) successivamente, scaduto il termine per la presentazione delle domande, e' sopravvenuta la legge regionale n. 10 del 2000 (Norme sulla dirigenza e sui rapporti di impiego e di lavoro alle dipendenze della Regione siciliana), la quale ha dettato disposizioni transitorie che - secondo l'impostazione ricorsuale - avrebbero prodotto refluenze anche sui rapporti instaurati a seguito del predetto concorso. In particolare, la ricorrente sosteneva che dal tenore letterale delle disposizioni di cui all'art. 6 della citata legge regionale n. 10/2000 e di cui all'art. 2 del decreto del Presidente della Regione Siciliana n. 11/2001, in sede di adozione del «Regolamento attuativo dell'art. 6, comma 2, della legge regionale 15 maggio 2000, n. 10», risultasse evidente che il legislatore regionale avesse inteso prevedere la corrispondenza fra la vecchia figura del dirigente tecnico (VIII livello retributivo) e la nuova del dirigente inquadrato nella III fascia dell'istituendo ruolo unico dei dirigenti dell'amministrazione regionale siciliana. c) con D.D.G. n. 5359 del 3 marzo 2005 l'amministrazione ha, pero', disposto la nomina dell'odierna ricorrente attribuendole il trattamento retributivo corrispondente al VII livello (corrispondente, secondo quanto prospettato dalla difesa, alla posizione economica D1). d) la sig.ra Caminneci provvedeva percio' ad impugnare il prefato D.D.G. n. 5359 del 2005 con ricorso straordinario al Presidente della Regione siciliana, chiedendone l'annullamento nella parte in cui era stato disposto l'inquadramento della stessa, nella categoria «D»; e) con parere n. 644/2006 (reso nell'adunanza del 11 dicembre 2007), le Sezioni riunite del Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana, (d'ora innanzi anche CGARS) ritenevano fondato e meritevole di accoglimento il ricorso, riconoscendo, in particolare, che «il corretto inquadramento della ricorrente stessa non poteva che essere proprio quello di dirigente di terza fascia»; f) successivamente, stante la mancata adozione del decreto decisorio di competenza del Presidente della Regione, la ricorrente aveva inoltrato apposita diffida alla quale, la amministrazione regionale, aveva risposto annunciando, con la nota prot. n. 20683/535058, la sospensione sine die del procedimento avviato con la proposizione del ricorso straordinario al Presidente della Regione; g) contro questa nota, la signora Caminneci era insorta con un primo ricorso, al fine di ottenerne l'annullamento, deducendo che, stante l'asserita abrogazione tacita dell'art. 9, comma 5, del decreto legislativo n. 373/2003, per sopravvenuta incompatibilita' con il novellato art. 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1199 del 1971 a opera della legge n. 69 del 2009, non sarebbe stata ammessa l'adozione di un decreto decisorio non conforme al parere del C.G.A; h) tale ricorso venne rigettato dal Tribunale amministrativo regionale con la sentenza n. 14329 del 17 dicembre 2010, con la quale e' stata sostenuta la cogenza della previsione di cui all'art. 9, comma 5, decreto legislativo n. 373 del 2003 anche dopo le novita' introdotte dalla legge n. 69 del 2009 in tema di ricorso straordinario al Presidente della Repubblica; i) l'appello proposto dalla Caminneci alla detta sentenza di questo Tribunale, venne pure rigettato dal C.G.A. con la sentenza n. 536 dell'11 giugno 2012, con la quale si ritenne che il ricorso introduttivo, che il Tribunale amministrativo regionale aveva respinto nel merito, era in realta' inammissibile per difetto di interesse, in quanto proposto avverso un atto giuridicamente privo di ogni attitudine lesiva, essendo di natura endoprocedimentale (cosi' il C.G.A., in particolare: «Il provvedimento formale che concretamente pregiudica la posizione dell'appellante e' infatti il decreto Presidenziale, nel frattempo adottato, col quale il ricorso straordinario da questa a suo tempo proposto e' stato respinto in difformita' dal parere reso da questo Consiglio di Giustizia in sede consultiva.»); l) la signora Caminneci quindi, con il ricorso di primo grado (nelle more della decisione d'appello di cui alla superiore lettera i) insorse contro il decreto presidenziale n. 1017 del 7 novembre 2011, (notificatole il 21 dicembre 2011) con il quale il Presidente della Regione siciliana ha respinto il ricorso straordinario da lei presentato e contro gli atti a esso prodromici ossia la deliberazione della Giunta regionale Siciliana n. 262 del 29 settembre 2011 avente ad oggetto «autorizzazione al Presidente della Regione a decidere in difformita' al parere del C.G.A. n. 644/06 del 11 dicembre 2007» e delle allegate note dell'ufficio legislativo e legale prot. nn. 7163, 7164, 7165 e 7166 del 9 marzo 2011, tutte conosciute dalla ricorrente in data 21 dicembre 2011. 2.2. Il Tribunale amministrativo regionale ha respinto il ricorso, in sostanza richiamando le conclusioni cui era giunto in precedenza con la citata sentenza n. 14329 del 17 dicembre 2010, sostenendo che l'art. 9, comma 5, del decreto legislativo n. 373 del 2003 (che prevede la possibilita' di decisione del ricorso straordinario in maniera difforme dal parere del competente organo consultivo) non potrebbe ritenersi essere stato tacitamente abrogato, per sopravvenuta incompatibilita' con la legge n. 69 del 2009 (che invece ha prescritto la decisione finale in maniera necessariamente conforme al parere), in ragione della peculiare natura del decreto legislativo n. 373 del 2003, il quale reca «norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana» ed ha rango sovraordinato alla legge ordinaria 3. Avverso la sentenza in epigrafe, pubblicata il 25 marzo 2019 e' stato tempestivamente proposto appello (passato il 25 ottobre 2019 e depositato in pari data), merce' il quale l'odierna appellante (gia' originaria ricorrente rimasta soccombente), dopo avere dettagliatamente ripercorso i fatti oggetto di causa, ha sostenuto che: a) principaliter, dovesse ritenersi l'illegittimita' del decreto impugnato in quanto, nell'essersi discostato dal parere reso dal CGARS in sede consultiva aveva esercitato un potere, previsto dall' art. 9, comma 5, del decreto legislativo n. 373 del 2003 ormai venuto meno, a cagione della tacita abrogazione, per sopravvenuta incompatibilita', di tale disposizione con la legge n. 69 del 2009; b) in via logicamente subordinata, ha chiesto venisse sollevata questione di legittimita' costituzionale del citato art. 9, comma 5, del decreto legislativo n. 373 del 2003 per conflitto con gli articoli 3, 24, 102 e 113 della Costituzione, e per disparita' di trattamento. 4. Con memoria depositata in data 9 febbraio 2022 l'amministrazione regionale appellata (che in data 5 novembre 2019 si era costituita con atto di stile) ha chiesto respingersi il ricorso in quanto infondato, ed ha richiamato in proposito le conclusioni cui era pervenuto di recente il parere delle Sezioni riunite del CGARS n. 61/2020. 4.1. Con memoria di replica depositata in data 6 aprile 2022 l'appellante ha insistito nelle proprie difese. 5. Alla odierna Camera di consiglio del 3 maggio 2020 la causa e' stata trattenuta in decisione. Diritto 1. Seguendo la tassonomia propria delle questioni (secondo le coordinate ermeneutiche dettate dall'Adunanza plenaria n. 5 del 2015) il Collegio procedera' nel seguente modo: I) in primo luogo esaminera' - ex officio - la problematica concernente l'ammissibilita' del ricorso di primo grado e dell'odierno appello: cio' in quanto sul punto non si e' formato alcun giudicato interno, posto che il giudice di primo grado non ha esaminato espressamente la questione di rito, limitandosi ad affermare «in disparte ogni considerazione sulla dubbia ammissibilita' del gravame stante che, sostanzialmente, la ricorrente contesta il decreto di decisione del ricorso straordinario per il suo contenuto»; II) successivamente procedera' ad una breve illustrazione della centralita' e rilevanza delle censure prospettate, e delle conseguenze cui condurrebbe l'accoglimento di una delle medesime; III) verra' svolta poi, una breve esposizione dei fondamenti comuni delle censure, con riferimento alle innovazioni normative ed ai recenti orientamenti giurisprudenziali che hanno interessato l'istituto del ricorso straordinario al Capo dello Stato e per quanto di immediato interesse, l'affine istituto del ricorso straordinario al Presidente della Regione siciliana; IV) di seguito, si esaminera' la doglianza concernente l'asserita tacita abrogazione, per sopravvenuta incompatibilita' con la legge n. 69 del 2009 dell'art. 9, comma 5, del decreto legislativo n. 373 del 2003 e cio', non soltanto in quanto avanzata in via prioritaria dall'appellante, ma in quanto logicamente pregiudiziale rispetto alla questione di legittimita' costituzionale prospettata; V) in ultimo - anticipandosi il convincimento del Collegio secondo cui la doglianza di cui al punto IV della esposizione non sia fondata - ci si concentrera' sulle questioni concernenti la ammissibilita', rilevanza e non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale prospettata. 2. Sub I) Cio' premesso, quanto al primo profilo suindicato, il Collegio nel procedere d'ufficio a tale scrutinio (armonicamente con il principio di cui a Ad. Plen. 26 aprile 2018 n. 4, secondo cui «nel processo amministrativo, il giudice di secondo grado puo' rilevare d'ufficio la sussistenza dei presupposti e delle condizioni per la proposizione del ricorso di primo grado - ivi compresa la tempestivita' del ricorso medesimo, non potendosi formare sul punto un giudicato implicito, preclusivo alla deduzione officiosa della questione») non nutre dubbi circa l'ammissibilita' dell'originario ricorso di primo grado e dell'odierno appello. 2.1 Va rilevato infatti che entrambi gli atti introduttivi del giudizio sono tempestivi e (ma il punto verra' meglio chiarito nel prosieguo dell'esposizione) risultano supportati da un concreto interesse. 2.2. E' vero che l'impugnazione investe il «contenuto» del decreto decisorio, ma la censura afferisce ad un profilo preliminare, ed investe il potere del Presidente della Regione di discostarsi dal parere reso in sede consultiva. 2.3. Nessuna preclusione, poi, puo' rinvenirsi a cagione della circostanza che in precedenza l'odierna appellante avesse proposto il ricorso rigettato dal Tribunale amministrativo regionale con la sentenza n. 14329 del 17 dicembre 2010: detta sentenza, nel suo dispositivo reiettivo, infatti venne confermata con diversa motivazione da questo C.G.A.R.S con la sentenza n. 536 dell'11 giugno 2012, con la quale si ritenne che il ricorso introduttivo, (che il Tribunale amministrativo regionale aveva respinto nel merito) fosse in realta' inammissibile per difetto di interesse in quanto proposto avverso un atto di natura endoprocedimentale. 2.4. Non integra, quindi, bis in idem l'odierna iniziativa processuale: costituirebbe anzi, insanabile aporia, integrante un sostanziale diniego di giustizia, che l'odierna appellante - risoltasi ad impugnare un atto qualificato nella sentenza del C.G.A.R.S n. 536 dell'11 giugno 2012 di natura endoprocedimentale, e vistasi per tale ragione dichiarare inammissibile il ricorso - subisse una declaratoria di inammissibilita' della odierna impugnazione ( che la stessa ha tempestivamente proposto avverso il decreto decisorio proprio conformandosi al dictum di cui alla sentenza n. 536 dell'11 giugno 2012) pur conservando un inalterato interesse all'annullamento dell'atto cosi' impugnato. 3. Sub II) Quanto al secondo profilo oggetto di disamina, ritiene il Collegio che, tenuto conto delle censure prospettate, la problematica lamentata da parte appellante assuma portata centrale nell'odierno processo. 3.1. Invero, l'appellante lamenta che l'atto impugnato (decreto n. 1017 del 7 novembre 2011) sia illegittimo in quanto non conforme al parere n. 644/2006 reso (nell'adunanza del 11 dicembre 2007), dalle Sezioni riunite del Consiglio di Giustizia amministrativa; detta circostanza non risulta contestata dall'amministrazione (art. 64 cpa)ed e' comunque evidente, sol che si compulsi il tenore degli atti soprarichiamati. 3.2. Entrambe le censure appellatorie contestano la legittimita' del decreto n. 1017 del 7 novembre 2011, sostenendo che non rientrasse tra i poteri del Presidente della regione quello di discostarsi dal parere reso dal CGARS in sede consultiva. 3.3. Il detto decreto e' stato emesso in epoca successiva alla entrata in vigore dall'art 69 della legge n. 69 del 18 giugno 2009; 3.4. Sembra al Collegio evidente che l'accoglimento di qualsivoglia delle due (tra esse reciprocamente escludenti) prospettazioni appellatorie condurrebbe all'annullamento dell'impugnato decreto n. 1017 del 7 novembre 2011 (ma sul punto ci si soffermera' piu' diffusamente di seguito). 4. Sub III) Le doglianze dell'appellante presentano un sostrato comune, che puo' essere cosi' sintetizzato: il rimedio del ricorso straordinario al Capo dello Stato - al quale va attribuita natura «giustiziale» - e' stato profondamente trasformato dall'art 69 della legge n. 69 del 18 giugno 2009 che ne ha accentuato i tratti «giurisdizionali». 4.1. Le caratteristiche salienti di tale «novella», riposano infatti: nell'avere previsto che il Consiglio di Stato in sede consultiva possa sollevare questione di legittimita' costituzionale delle norme delle quali dovesse fare applicazione (novellato art. 13 del decreto del Presidente della Repubblica del 24 novembre 1971 n. 1199); nell'avere soppresso il potere dell'Autorita' governativa di discostarsi dal contenuto del parere reso dal Consiglio di Stato in sede consultiva (novellato art. 14 del decreto del Presidente della Repubblica del 24 novembre 1971 n. 1199). 4.2. Da tali innovazioni normative si e' fatto discendere poi, per via giurisprudenziale: la ricorribilita' del decreto emesso in sede di decisione del ricorso Straordinario alle Sezioni Unite della Suprema Corte di cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione al pari delle sentenze del Consiglio di Stato (Cassazione civile sez. un., 19 dicembre 2012, n. 23464 e giurisprudenza successiva); la eseguibilita' coattiva del decreto emesso in sede di decisione di ricorso straordinario con il rimedio del giudizio di ottemperanza (tutta la giurisprudenza successiva a Cassazione civile sez. un. , 28 gennaio 2011, n. 2065, che peraltro estende espressamente il rimedio alla decisione resa dal Presidente della Regione siciliana). 4.3. La cronologicamente successiva disposizione (avente carattere innovativo e non interpretativo: Consiglio di Stato ad. gen. , 3 agosto 201, n. 7) di cui all' art. 7 comma 8 del decreto legislativo n. 104 del 2010 nello stabilire che «il ricorso straordinario e' ammesso unicamente per le controversie devolute alla giurisdizione amministrativa» avrebbe vieppiu' confermato la tendenziale compiuta attrazione verso l'attribuzione di tratti marcati di giurisdizionalita' a tale istituto (Cassazione civile, sez. lav. , 16 luglio 2013 , n. 17375 «per effetto della previsione di cui all'art. 7, comma 8, del cod. proc. amm., che ammette il ricorso straordinario al Capo dello Stato solo per le controversie devolute alla giurisdizione amministrativa, vanno considerati inammissibili i ricorsi straordinari proposti dopo il 16 settembre 2010 - data di entrata in vigore del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 - in controversie che esulano dalla giurisdizione del giudice amministrativo.»). 4.4. La parte appellante ha quindi fatto seguire detta esposizione da una articolata considerazione che puo' essere cosi' sintetizzata: costituiva jus receptum, in giurisprudenza la circostanza che: I) anche il Cgars in sede consultiva potesse sollevare questioni di legittimita' costituzionale (Corte costituzionale, 13 novembre 2013, n. 265); II) che il decreto presidenziale decisorio potesse essere coattivamente eseguito con il rimedio del giudizio di ottemperanza; III) che il medesimo «conforme al parere» fosse ricorribile alle Sezioni Unite della Suprema Corte di cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione (ex aliis Cassazione civile sez. un. , Cassazione civile sez. un. , 15 marzo 2012, n. 4129, 28 gennaio 2011, n. 2065); in tale complesso quadro, non poteva che ritenersi che l'art. 9, comma 5, del decreto legislativo n. 373 del 2003 fosse stato implicitamente abrogato dal legislatore nazionale; ove si fosse opinato diversamente, tale norma, in quanto eccentrica rispetto all'assetto strutturale attribuibile all'istituto avrebbe dovuto ritenersi collidente con la Costituzione. 5. Sub IV) Come anticipato in premessa, il Collegio non ritiene ne' astrattamente percorribile, ne' fondata, l'opinione dell'appellante volta a sostenere l'implicita abrogazione dell'art. 9, comma 5, del decreto legislativo n. 373 del 2003 che in tesi sarebbe stata effettuata dal legislatore merce' il gia' a piu' riprese richiamato art. 69 della legge n. 69 del 2009; cio', per le molteplici ragioni che di seguito succintamente si elencano. 5.1. Richiamando considerazioni che verranno nuovamente approfondite di seguito, si osserva in proposito che: a) la disposizione fondante dell'istituto, si rinviene nell'art. 23 del regio-decreto legislativo del 15 maggio 1946 n. 455 recante lo Statuto della Regione siciliana convertito dalla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, che cosi' prevede: «Gli organi giurisdizionali centrali avranno in Sicilia le rispettive sezioni per gli affari concernenti la Regione. Le sezioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti svolgeranno altresi' le funzioni, rispettivamente, consultive e di controllo amministrativo e contabile. I magistrati della Corte dei conti sono nominati, di accordo, dai Governi dello Stato e della Regione. I ricorsi amministrativi, avanzati in linea straordinaria contro atti amministrativi regionali, saranno decisi dal Presidente della Regione sentite le Sezioni regionali del Consiglio di Stato»; b) l'istituto trova la sua compiuta disciplina sub art. 9 del decreto legislativo n. 373 del 24 dicembre 2003 recante «norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione siciliana concernenti l'esercizio nella regione delle funzioni spettanti al Consiglio di Stato» che cosi' statuisce: «Il Consiglio di giustizia amministrativa, nella sua composizione consultiva, e' organo di consulenza giuridico-amministrativa del Governo regionale. La legge regionale, ferma restando l'obbligatorieta' del parere sugli atti regolamentari del Governo della Regione, determina gli altri casi in cui e' richiesto il parere obbligatorio del Consiglio di giustizia amministrativa. E' in facolta' del Governo regionale di chiedere il parere del Consiglio in ogni altra ipotesi. Quando il parere riguarda materie che incidano notevolmente sugli interessi generali dello Stato o di altre Regioni, il Consiglio puo' deferirne l'esame all'Adunanza generale del Consiglio di Stato, sentita sul punto la Regione. In tale caso l'Adunanza generale esamina gli affari su preavviso del Consiglio di giustizie amministrativa e con l'intervento di almeno due magistrati di quest'ultimo. Sui ricorsi straordinari di cui all'art. 23 dello Statuto il parere e' obbligatorio ed e' reso dalla adunanza delle Sezioni riunite del Consiglio di giustizia amministrativa. Per la validita' dell'adunanza e' richiesta la presenza di almeno nove membri. Qualora il Presidente della Regione non intenda decidere il ricorso in maniera conforme al parere del Consiglio di giustizia amministrativa, con motivata richiesta deve sottoporre l'affare alla deliberazione della Giunta regionale. All'Adunanza generale del Consiglio di Stato, composta ai sensi del comma 3, e' altresi' devoluta la cognizione dei conflitti di competenza, in sede consultiva, tra il Consiglio di giustizia amministrativa e il Consiglio di Stato»; c) ora, ove si volesse ritenere (il Collegio cosi' non opina, ma la tematica sara' meglio sviluppata successivamente) che la possibilita' per il Presidente della Regione di decidere il ricorso straordinario difformemente dal parere del Consiglio di giustizia amministrativa discenda direttamente dal disposto di cui all'ultimo comma dell'art. 23 dello Statuto («.....decisi dal Presidente della Regione sentite le Sezioni regionali del Consiglio di Stato») sarebbe evidente che la tesi appellatoria non avrebbe nessuna possibilita' di essere accolta: e' infatti precipitato del principio di gerarchia delle fonti che una legge ordinaria, quale e' la legge n. 69 del 18 giugno 2009 giammai avrebbe potuto produrre un effetto abrogativo (anche se implicito/tacito) su una fonte «superior» quale e' la legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2; d) ma ad analoghe conseguenze - che necessitano di un piu' articolato approfondimento - si perviene laddove si ritenga (ed e' questa, lo si anticipa, l'opinione del Collegio) che la disposizione fondante il potere del Presidente della Regione di decidere il ricorso straordinario difformemente dal parere del Consiglio di giustizia amministrativa si rinvenga sub art. 9 comma V del decreto legislativo n. 373 del 24 dicembre 2003; e) premesso infatti che (correttamente ad avviso del Collegio) la censura dell'appellante e' stata calibrata unicamente su tale specifica ipotesi in ultimo citata, e che l'intero contraddittorio processuale si e' dipanato intorno a tale evenienza, si osserva in proposito che: e. 1. e' ben noto al Collegio che tale tesi e' stata in passato autorevolmente sostenuta (Cassazione civile sez. un. , 28 gennaio 2011, n. 2065: «l'evoluzione del sistema, che porta dunque a configurare la decisione su ricorso straordinario come provvedimento che, pur non essendo formalmente giurisdizionale, e' tuttavia suscettibile di tutela mediante il giudizio d'ottemperanza, deve trovare applicazione, in guisa di corollario, per la analoga decisione resa dal Presidente della Regione siciliana ai sensi della sopra richiamata normativa regionale, modellata - come s'e' visto - sulla disciplina dettata per il ricorso straordinario al Capo dello Stato -dovendosi dunque riconoscere carattere vincolante anche al parere espresso dal Consiglio di Giustizia amministrativa e dovendosi ammettere il potere di tale organismo di sollevare questioni di legittimita' costituzionale rilevanti ai fini dell'espressione del parere; al riguardo, la dottrina parla di abrogazione tacita indiretta delle disposizioni del decreto legislativo n. 373 del 2003 che contrastino con le previsioni introdotte della legge n. 69 del 2009, art. 69»); e.2. Il Collegio, tuttavia, non puo' concordare con tale, pur autorevole, ricostruzione. e.3. Vi osta, in senso contrario, la considerazione (cfr. Corte costituzionale, 4 novembre 2004, n. 316) che al decreto legislativo n. 373 del 24 dicembre 2003 che enuclea la speciale disciplina del Consiglio di giustizia amministrativa, vada riconosciuto rango primario in quanto recante norme di attuazione di statuti speciali (cfr. sentenze n. 353 del 2001, n. 213 e n. 137 del 1998); esso, -come gli altri testi consimili- va pertanto considerato fonte a competenza «riservata e separata» rispetto a quella esercitabile dalle ordinarie leggi della Repubblica (cfr. sentenze n. 213 e n. 137 del 1998, n. 85 del 1990, n. 160 del 1985), tale da potere introdurre una disciplina particolare ed innovativa, a condizione pero' di rispettare il «limite della corrispondenza alle norme e alla finalita' di attuazione dello statuto, nel contesto del principio di autonomia regionale» (sentenze n. 353 del 2001 e n. 212 del 1984). Nella costatazione che decreti di attuazione degli Statuti speciali sono gli unici atti con forza di legge che non hanno, prima o dopo la loro emanazione, un controllo del Parlamento, si appalesa di inalterata attualita' l'insegnamento della Corte costituzionale (cfr. sentenza n. 180/1980) che li ha definiti appunto fonti a competenza «separata e riservata», con una procedura approvativa che vede l'emanazione da parte del Governo previo parere obbligatorio della Commissione paritetica soprarichiamata, e che qualificata Dottrina ha definito di «collaborazione», poiche' viene sostituito il controllo parlamentare sull'atto finale, emanato dal Presidente della Repubblica senza alcun intervento delle Camere. Puo' dirsi essere stata tracciata, quindi, una vera e propria «riserva» in favore delle norme di attuazione, il cui ambito non puo' essere invaso ne' dalle leggi ordinarie dello Stato, ne', tantomeno, dalle leggi regionali (in tal senso le sentenze 22 dicembre 1980, n. 180, 25 luglio 1983, n. 237, 18 luglio 1984, n. 212). Il procedimento cosi' delineato valorizza il ruolo che l'ordinamento costituzionale, a partire dall'art. 5 della Carta Fondamentale riconosce all'istituto dell'autonomia regionale, e tantopiu' a quella «speciale» della Sicilia. I principi suindicati, sono stati di recente ribaditi dalla giurisprudenza (Cons. Giust. Amm. Sicilia sez. giurisd. - 29 maggio 2014, n. 296; Consiglio di Stato, Sez. V, 14 settembre 2021, n. 6282). e.4. Mantiene quindi inalterata vitalita' l'intuizione di qualificata Dottrina, secondo cui i decreti legislativi emanati per attuare gli Statuti delle Regioni ad autonomia speciale operano ad un livello ultraprimario sicche' non solo le leggi regionali, ma anche quelle statali sono tenute a prestarvi osservanza; essi, nell'ambito della loro competenza «si collocano, nella gerarchia delle fonti, a un livello (subcostituzionale, si', ma) piu' alto rispetto agli atti legislativi appena nominati», sotto tale profilo, puo' in ultimo evidenziarsi che ad analoghe conclusioni e' giunto il CGARS in sede consultiva nel parere n. 61 del 2020 (n. affare 309/20199) capo 12.5; g) tale articolazione dell'appello va quindi disattesa, in quanto non condivisibile sul piano del rispetto della gerarchia delle fonti. h) Ad abundantiam, osserva il Collegio, peraltro, che la tesi dell'appellante volta a sostenere una «abrogazione implicita» ad opera del legislatore del 2009, non persuade neppure sotto un profilo squisitamente logico: si osserva in proposito, infatti, che, come e' noto, la Costituzione della Repubblica non dedica alcuna disposizione alla disciplina dei ricorsi amministrativi e neppure, tra essi, al ricorso straordinario al Capo dello Stato. L'unica fonte di rango costituzionale che disciplina la fattispecie, e' proprio quella contenuta sub art. 23 del regio-decreto legislativo del 15 maggio 1946 n. 455 recante lo Statuto della Regione siciliana convertito dalla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2 al quale e' stata data attuazione dal decreto legislativo n. 373 del 24 dicembre 2003. Appare del tutto inipotizzabile che il legislatore ordinario del 2009 abbia voluto incidere (perdipiu' tacitamente) su dette fonti normative (che, comunque, si ritiene aver dimostrato essere collocate su un gradino superiore nella gerarchia delle fonti rispetto alla legge n. 69 del 2009) e parimenti implausibile (oltreche' irrilevante, a fini ermeneutici e ricostruttivi) sarebbe, ipotizzare una «dimenticanza» del legislatore in tal senso; di converso, l'opzione ermeneutica che nega l'ipotesi dell'avvenuta «abrogazione implicita» sembra la piu' coerente con l'impianto sistemico della Costituzione in punto di valorizzazione dell'autonomia regionale. 6. Sub V. Resta a questo punto, da esaminare la «censura» prospettata in via gradatamente subordinata, con la quale si chiede a questo Cgars di sollevare la questione di legittimita' costituzionale della disposizione di cui art. 9 comma V del decreto legislativo n. 373 del 24 dicembre 2003, nella parte in cui ivi si dispone che «qualora il Presidente della Regione non intenda decidere il ricorso in maniera conforme al parere del Consiglio di giustizia amministrativa, con motivata richiesta deve sottoporre l'affare alla deliberazione della Giunta regionale». Anche per quanto in precedenza esposto, la rilevanza nell'odierno giudizio della dedotta questione di legittimita' costituzionale non sembra necessiti di particolare dimostrazione: l'eventuale declaratoria di illegittimita' della disposizione di cui al comma V dell'art. 9 del decreto legislativo n. 373 del 24 dicembre 2003, farebbe retroattivamente venir meno, in un rapporto che non puo' certamente dirsi esaurito, il potere del Presidente della Regione di discostarsi dal parere (di contrario segno) reso dalla Sezione consultiva di questo Cgars; cio' non produrrebbe alcun vuoto normativo, in quanto questa e' l'unica disposizione che differenzia l'istituto giustiziale regionale rispetto a quello nazionale, ed a piu' riprese si e' affermato, in giurisprudenza, che le (altre) disposizioni della legge n. 69 del 18 giugno 2009 nella parte in cui hanno novellato il decreto del Presidente della Repubblica 24 novembre 1971, n. 1199 sono applicabili al corrispondente istituto «siciliano» (Corte costituzionale, 13 novembre 2013, n. 265, piu' diffusamente citata di seguito); pertanto, in sede di riedizione del potere successivamente all'annullamento del decreto impugnato, il decreto decisorio dovrebbe conformarsi al parere reso dalla Sezione Consultiva del Ggars, e pertanto la pretesa dell'odierna appellante ne risulterebbe soddisfatta. 6.1. A tal proposito, deve essere in primo luogo chiarito quanto in precedenza soltanto accennato: il Collegio non ritiene che il potere attribuito al Presidente della Regione di decidere il ricorso straordinario difformemente dal parere del Consiglio di giustizia amministrativa discenda direttamente dal disposto di cui all'ultimo comma dell'art. 23 dello Statuto («..decisi dal Presidente della Regione sentite le Sezioni regionali del Consiglio di Stato»). Il silenzio del legislatore costituzionale sul punto non si presta ad una interpretazione della voce participiale «sentite» espressiva della possibilita' implicita di potersi discostare dal parere, e di converso, l'espressione «decisi dal» sembra unicamente volta ad individuare l'Autorita' competente ad adottare l'atto conclusivo del procedimento. Opinando diversamente, peraltro, verrebbe fatto di chiedersi perche', successivamente, in sede di adozione della normativa primaria attuativa ex decreto legislativo n. 373 del 24 dicembre 2003, si sia sentita la necessita' di specificare espressamente la sussistenza di tale potesta' in capo al Presidente della Regione ed il quomodo dell'esercizio di tale potere. 6.2. Tale convincimento, esonera il Collegio dall'addentrarsi nella affascinante problematica della possibilita' di investire la Corte costituzionale dello scrutinio di una legge costituzionale (laddove la si ritenga contrastante con altre disposizioni costituzionali, ovvero con principi fondamentali della Costituzione) per concentrarsi sulla questione centrale del processo - che peraltro, come si e' prima chiarito, e' stata l'unica sulla quale si e' dipanato il contraddittorio, anche in primo grado. E' comunque appena il caso di rammentare che gia' in passato la Corte costituzionale, proprio con riferimento allo statuto siciliano, con la sentenza 22 gennaio 1970, n. 6 ha dichiarato illegittimi gli articoli 26 e 27 dello Statuto siciliano, e che, pur non potendosi revocare in dubbio la evenienza che una legge costituzionale approvativa di uno Statuto di una Regione da autonomia differenziata contenga disposizioni di natura giurisdizionale, queste debbano comunque armonizzarsi con il sistema delineato dalla carta fondamentale che prevede che a tutti i cittadini siano assicurati rimedi aventi identica consistenza a tutela delle proprie posizioni di diritto soggettivo ed interesse legittimo. 6.3. Nell'auspicio di aver esaurientemente dimostrato in precedenza la rilevanza della questione di costituzionalita' che viene in rilievo nella presente controversia, puo' ora procedersi all'esame della non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale prospettata dalla parte appellante. I punti dai quali occorre muovere, ad avviso del Collegio, sono i seguenti. L'avvenuto innesto in seno all'istituto del ricorso straordinario di elementi e caratteristiche giurisdizionali e' stata ribadita dalla Corte costituzionale (decisioni 7 febbraio 2020, n. 13, 10 giugno 2016 n. 133 e 26 marzo 2014, n. 73) essendosi osservando che, per effetto delle modifiche, di cui all'art. 69 della legge 18 giugno 2009, n. 69 e di cui all'art. 7, comma 8, del codice del processo amministrativo di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, "l'istituto ha perduto la propria connotazione puramente amministrativa e ha assunto la qualita' di rimedio giustiziale amministrativo, con caratteristiche strutturali e funzionali in parte assimilabili a quelle tipiche del processo amministrativo». La decisione della Corte costituzionale 9 febbraio 2018, n. 24 e' stata tranchant nel ricondurre la trasformazione dell'istituto del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proprio alle modifiche introdotte dalla legge n. 69 del 2009 - che hanno reso vincolante il parere del Consiglio di Stato e hanno consentito che in quella sede vengano sollevate questioni di legittimita' costituzionale. Allo stato, v'e' uniformita' di vedute, in giurisprudenza, sulla circostanza che il decreto decisorio del ricorso straordinario al Presidente della Regione, in regime di alternativita' con il ricorso giurisdizionale, e «riservato» alle Materie rientranti nella giurisdizione amministrativa ex art. 7 ultimo comma cpa, sia: eseguibile merce' il rito dell'ottemperanza; ricorribile alle Sezioni Unite della Suprema Corte di cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione. E che cio' possa avvenire, pero', soltanto ove il decreto sia «conforme al parere»: Cassazione civile sez. un., 15 giugno 2017, n. 14858. V'e' del pari uniformita' di vedute in ordine alla circostanza che la Sezione Consultiva del Cgars possa: sollevare questione interpretativa Ue ex art. 267 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (cio', per il vero, sin da tempo risalente ed antecedente al 2009: sentenza della Corte di giustizia 16 ottobre 1997, in cause riunite C-69/96 e 79/96, che ha dato ingresso alle questioni di interpretazione di norme comunitarie, sollevate dal Consiglio di Stato in sede di parere su ricorso straordinario al Capo dello Stato); sollevare questione di legittimita' costituzionale («superandosi» quanto nell'antevigente quadro normativo statuito da Corte costituzionale, 17 dicembre 2004, n. 392 e n. 254 del 2004 con riferimento al Consiglio di Stato) come affermato da Corte costituzionale, 13 novembre 2013, n. 265 laddove si e' testualmente rilevato, al considerando II, quanto di seguito »: si deve preliminarmente riconoscere la sussistenza della legittimazione del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana - sezioni riunite a sollevare questione di legittimita' costituzionale in sede di parere sul ricorso straordinario al Presidente della Regione siciliana». Ai sensi degli articoli 23, quarto comma, del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), e9, comma 4, del decreto legislativo 24 dicembre 2003, n. 373 (Norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione siciliana concernenti l'esercizio nella regione delle funzioni spettanti al Consiglio di Stato), i ricorsi amministrativi, avanzati in linea straordinaria contro atti amministrativi regionali, sono decisi dal Presidente della Regione, su parere obbligatorio reso dalle sezioni riunite del Consiglio di giustizia amministrativa. Il medesimo decreto legislativo, dopo aver chiarito che le due sezioni che compongono il predetto Consiglio costituiscono sezioni distaccate del Consiglio di Stato (art. 1, comma 2), prevede all'art. 12, comma 1, che: «Per l'organizzazione e il funzionamento del Consiglio di giustizia amministrativa in sede consultiva e in sede giurisdizionale si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni vigenti per il Consiglio di Stato». Il citato rinvio rende applicabile anche al Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana - sezioni riunite quanto previsto per il Consiglio di Stato dall'art. 13, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 24 novembre 1971, n. 1199 (Semplificazione dei procedimenti in materia di ricorsi amministrativi) - come modificato dall'art. 69, primo comma, della legge 18 giugno 2009, n. 69 (Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitivita' nonche' in materia di processo civile) - secondo cui l'organo consultivo, «Se ritiene che il ricorso non possa essere deciso indipendentemente dalla risoluzione di una questione di legittimita' costituzionale che non risulti manifestamente infondata, sospende l'espressione del parere e, riferendo i termini e i motivi della questione, ordina alla segreteria l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, ai sensi e per gli effetti di cui agliarticoli 23e seguenti della legge 11 marzo 1953, n. 87, nonche' la notifica del provvedimento ai soggetti ivi indicati». Non rileva la circostanza che, nel caso di specie, il ricorso straordinario sia stato proposto nel 1996, ossia prima della menzionata modifica normativa. Invero, in mancanza di diversa prescrizione, essa risulta applicabile in ragione del principio tempus regit actum, considerato che la richiesta del parere al Consiglio di giustizia amministrativa e' stata inoltrata il 10 giugno 2011, quando era gia' in vigore la nuova versione dell'art. 13, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 1199 del 1971(sentenza della Corte di cassazione - sezioni unite n. 20569 del 6 settembre 2013, che richiama altresi' la precedente sentenza delle stesse sezioni unite n. 23464 del 19 dicembre 2012).». Nel descritto quadro, che sembra al Collegio costituisca il «diritto vivente, si ritiene poter esprimere il convincimento, secondo cui: a) l'esigenza di una uniformita' di disciplina sul territorio nazionale, sia presidiata dall' attribuzione allo Stato, ex art. 117, lett. l), della Costituzione «della legislazione esclusiva in materia di giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa»; e del pari debba sottolinearsi che analoghe esigenze la carta costituzionale abbia riservato - alla successiva lettera m), dell'art. 117 - alla «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale» il che individua un solido riferimento anche laddove si voglia (continuare ad) attribuire all'istituto del ricorso straordinario natura meramente giustiziale attuativo di una forma di difesa non declinata per via «giurisdizionale»; a.1) e, per altro verso, e' appena il caso di sottolineare che la materia dell'ordinamento civile e della giustizia amministrativa non e' stata devoluta alla Regione siciliana, non rientrando nelle materie di cui all'art. 24 dello Statuto; b) il principio di eguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione postuli, tra l'altro, che a tutti i cittadini della Repubblica venga attribuito un identico corredo di rimedi giustiziali e giurisdizionali (in questa ultima ipotesi, intersecandosi cosi' gli articoli 24 e 111 comma II della Carta fondamentale); c) non assuma dirimente rilievo immorare sulla qualificazione da attribuire al detto rimedio del ricorso straordinario: sia che si voglia rimanere attestati sulla natura «giustiziale» del rimedio suddetto, sia che si voglia sostenere la avvenuta compiuta giurisdizionalizzazione dello stesso, la disposizione della cui costituzionalita' si subita sembra introdurre una discriminazione ed una compromissione del diritto di difesa in danno di taluni soggetti; d) e segnatamente, in danno dei soggetti ricorrenti (Consiglio di Stato, sez. I , 21 ottobre 2010 , n. 1499) che abbiano deciso di avvalersi del detto rimedio per impugnare atti amministrativi emanati dagli organi regionali o da organi dipendenti, controllati o vigilati dalla Regione Sicilia, ivi compresi quelli degli enti locali destinati a spiegare effetti nel territorio della Regione siciliana, rispetto ai ricorrenti che abbiano impugnato atti destinati a spiegare effetti nel territorio della Repubblica: I) ed invero, se si considera qualificante ( in punto di avvenuta «giurisdizionalizzazione dell'istituto) l'avvenuta soppressione «nazionale» del potere di discostarsi dal parere del Consiglio di Stato, nella constatazione che tale potere e' rimasto integro in sede di ricorso al Presidente della Regione siciliana, ne discende che i ricorrenti che abbiano deciso di avvalersi del detto rimedio per impugnare atti amministrativi destinati a spiegare effetti nel territorio della Regione siciliana, siano privati di un rimedio giurisdizionale (ed attributari di un «semplice» rimedio giustiziale) che e' invece attribuito ai ricorrenti che abbiano impugnato atti destinati a spiegare effetti nel territorio della Repubblica; II) se invece (ed e' questa l'opinione del Collegio) si ritenga preferibile prescindere da valutazioni in punto di inquadramento (e quindi o si ritenga che, pur in presenza del permanere integro del potere in capo al Presidente della Regione siciliana di discostarsi dal parere reso dal Cgars in sede consultiva, ugualmente il rimedio de quo abbia assunto natura giurisdizionale, ovvero, piu' radicalmente, che sia l'istituto nazionale che quello corrispondente «siciliano» mantengano tratti meramente giustiziali) non sembra dubitabile che a cagione della previsione normativa della cui costituzionalita' si dubita, il detto «rimedio» sia foriero di minori garanzie per il cittadino ricorrente avverso atti amministrativi destinati a spiegare effetti nel territorio della Regione siciliana, rispetto ai cittadini ricorrenti che abbiano prescelto l'analogo rimedio «nazionale» per impugnare atti destinati a spiegare effetti nel territorio della Repubblica. e) in disparte, ogni altra considerazione, infatti, le condivisibili argomentazioni in forza delle quali si e' ritenuto: che (Corte costituzionale, 9 febbraio 2018, n. 24) i decreti decisori resi nel regime normativo precedente alle modifiche di cui alla legge n. 69 del 2019 non fossero coercibili con il rimedio dell'ottemperanza; che vieppiu' non lo siano, ovviamente, i decreti presidenziali adottati in difformita' al parere del Consiglio di Stato, previa delibera del Consiglio dei ministri (Cassazione civile, sez. un. , 15 giugno 2017, n. 14858); e che condizione decisiva per la ricorribilita' innanzi alle Sezioni Unite della Suprema Corte di cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione sia la conformita' del decreto al parere reso in sede consultiva (Cassazione civile, sez. un. , 19 dicembre 2012 n. 23464 considerando 20 e 21) sembra manifestino inalterata attualita'; f) e pertanto, sembra evidente che nella vigenza del disposto ex art. 9 comma V del decreto legislativo n. 373 del 2003 - quantomeno con riferimento ai decreti decisori emessi discostandosi dal parere consultivo - le parti (non soltanto il ricorrente, ma anche gli eventuali controinteressati e le amministrazioni che non si siano avvalse della facolta' di chiedere la trasposizione in sede giurisdizionale) verrebbero ad essere private di un corredo di garanzie e rimedi invece esperibili nel territorio della Repubblica; g) cio', peraltro, avverrebbe sulla scorta di una determinazione del Presidente della Regione che, seppur certamente debba essere motivata (Corte costituzionale, 31 dicembre 1986 , n. 298) non sarebbe in alcun modo preconizzabile al momento della determinazione del ricorrente di avvalersi del detto rimedio (e delle scelta delle altre parti di non chiedere la trasposizione), il che appare intersecare in modo decisivo, non soltanto il disposto dell'art. 24 della Costituzione ma, anche quello cui all'art. 111 della Costituzione, quanto alla ricorribilita' dei provvedimenti del Giudice amministrativo; h) e' ben vero - per prevenire una possibile obiezione- che trattasi pur sempre di un rimedio facoltativamente esperibile e collocato in regime di alternativita' con quello ordinario giurisdizionale: ma tenuto conto che questo antico strumento di tutela, preesistente alla stessa giurisdizione amministrativa (Costituzioni generali di Vittorio Amedeo II, Re di Sardegna, del 1723 e Statuto albertino) e divenuto poi strumento di «giustizia delegata», attraverso una serie di interventi che vanno dal 1859 (legge del Regno di Sardegna n. 3707 del 30 ottobre 1859) al 1907 continua ad essere frequentemente prescelto dai ricorrenti per molteplici ragioni (per la velocita' della risposta, per il costo non elevato, e, non ultimo, per la maggior ampiezza del termine entro cui proporre l'impugnazione) sembra al Collegio che la segnalata difformita' di disciplina dell'istituto siciliano rispetto a quello nazionale inveri una forma di disparita' di trattamento, sotto i dianzi richiamati profili (art. 3 della Carta fondamentale). Non sembra superfluo, infine, ad avviso del Collegio, valutare la problematica, tenendo conto della latitudine della previsione di cui l'art. 9, comma 5, del decreto legislativo n. 373 del 2003; dal tenore letterale di tale ultima disposizione, invero, non potendosi ricavare alcuna perimetrazione del potere del Presidente della Regione di decidere il ricorso in senso difforme dal parere («con motivata richiesta») sembra potersi evincere che lo stesso possa dispiegarsi in ogni caso, e quali che siano stati gli «accadimenti» verificatisi durante l' iter percorso dalla Sezione consultiva del CGARS per rendere il proprio parere. Non resterebbero esclusi, quindi, i casi in cui la Sezione consultiva del CGARS avesse sollevato questione di legittimita' costituzionale, ovvero questione interpretativa ex art. 267 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea ed il parere si sia successivamente conformato alle autorevoli indicazioni provenienti da tali Corti; laddove, muovendo dal tenore letterale della predetta disposizione si concordasse con tale - ampia ed indefinita-portata della medesima, essa sembrerebbe collidere, per un verso (quanto al diritto europeo) con gli articoli 11 e 117 comma I della Costituzione e per altro verso con l'art. 136 della Carta Fondamentale «confermato» dall'art. 30 comma III della legge 11 marzo 1953 n. 87. Per quanto non dirimente, si osserva conclusivamente, quanto a tale ultimo profilo, che anche la direttiva sui ricorsi straordinari al Presidente della Regione siciliana - Disciplina dell'istituto e aggiornamenti legislativi e giurisprudenziali. Rispetto dei termini per l'istruzione (Direttiva presidenziale 19 giugno 2020 in Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana 3 luglio 2020) nel richiamare nell'ampia premessa l'art. 9, comma:-5 del decreto legislativo n. 373 del 2003 non prevede alcun divieto di discostarsi per l'ipotesi in cui il parere sia stato reso all'esito di un procedimento in cui sia stata sollevata questione di legittimita' costituzionale, ovvero questione interpretativa comunitaria(«la decisione del ricorso e' adottata con decreto del Presidente della Regione siciliana, in maniera conforme al parere del CGARS. Se il Presidente della Regione non intenda decidere il ricorso in conformita' deve sottoporre l'affare alla deliberazione della Giunta regionale, con motivata richiesta. A meri fini informativi, L'ULL e' tenuto a comunicare con solerzia al CGARS le eventuali ipotesi di decisione in difformita' della Giunta regionale e le relative motivazioni di supporto. «ancorche' le modifiche al decreto del Presidente della Repubblica n. 1199/1971, introdotte dal secondo comma dell'art. 69 della legge del 18 giugno 2009, n. 69, relativamente alla necessita' che la decisione del ricorso straordinario sia conforme al parere dell'organo consultivo, non siano applicabili nell'ordinamento siciliano, e' da ritenersi che, anche in sede di ricorso straordinario al Presidente della Regione siciliana, il Consiglio di giustizia amministrativa possa demandare alla Corte di Giustizia dell'Unione europea, cui tale funzione spetta in via esclusiva, l'esame pregiudiziale in ordine alla validita' o interpretazione di un atto dell'Unione, quando la definizione della questione sia rilevante ai fini della decisione della controversia in sede straordinaria.»). Alla stregua delle superiori considerazioni, ai sensi dell'art. 23 comma 2 1. 11 marzo 1953 n. 87, questo CGARS solleva questione di legittimita' costituzionale dell'art. 9 comma 5, del decreto legislativo n. 373 del 2003 per contrasto con gli articoli 3, 11,24, 111, 117 comma 1,136 della Costituzione, ritenendola rilevante e non manifestamente infondata. Il processo deve, pertanto, essere sospeso ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli 79 e 80 c.p.a. e 295 c.p.c., con trasmissione immediata degli atti alla Corte costituzionale. Ogni ulteriore statuizione in rito, in merito e in ordine alle spese e' riservata alla decisione definitiva.
P.Q.M. Il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, in sede giurisdizionale, non definitivamente pronunciando sull'appello in epigrafe, visto l'art. 23, legge del 11 marzo 1953 n. 87, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 9 comma 5, del decreto legislativo n. 373 del 2003 per contrasto con gli articoli 3, 11,24, 111, 117 comma 1,136 della Costituzione, nei sensi di cui in motivazione; sospende il presente giudizio ai sensi dell'art. 79 comma 1 c.p.a.; dispone, a cura della Segreteria del CGARS, l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; rinvia ogni ulteriore statuizione in rito, nel merito e sulle spese di lite all'esito del giudizio incidentale promosso con la presente ordinanza. Ordina che la presente ordinanza sia notificata, a cura della Segreteria del CGARS, a tutte le parti in causa, e che sia comunicata al Presidente della Regione siciliana, all'assemblea regionale siciliana, al Presidente del Consiglio dei ministri, al Presidente del Senato della Repubblica ed al Presidente della Camera dei deputati. Cosi' deciso in Palermo nella Camera di consiglio del giorno 3 maggio 2022, tenutasi ai sensi del combinato disposto del comma 4-bis dell'art. 87 c.p.a. e dell'art. 13 quater disp. att., con l'intervento dei magistrati: Fabio Taormina, Presidente Roberto Caponigro, Consigliere Sara Raffaella Molinaro, Consigliere Giovanni Ardizzone, Consigliere Antonino Caleca, Consigliere, estensore Il Presidente: Taormina L'estensore:Caleca