N. 70 ORDINANZA (Atto di promovimento) 14 marzo 2022

Ordinanza del 14 marzo 2022 del  Tribunale  di  Catania  sui  ricorsi
riuniti proposti da M. L. ed altri contro Azienda O. C. di C.. 
 
Salute (Tutela della) - Profilassi internazionale - Vaccinazioni anti
  SARS-CoV-2 - Previsione di obblighi vaccinali per gli esercenti  le
  professioni sanitarie e gli operatori di interesse  sanitario  (nel
  caso di specie: dipendenti  di  azienda  ospedaliera  pubblica  con
  profilo  professionale  di  collaboratore  sanitario-infermiere)  -
  Previsione   che   l'atto   di   accertamento    dell'inadempimento
  dell'obbligo  vaccinale  determina  l'immediata   sospensione   dal
  diritto di svolgere l'attivita' lavorativa e che per il periodo  di
  sospensione non sono dovuti ne' la retribuzione ne' altro  compenso
  o emolumento, comunque denominati  -  Denunciata  esclusione  della
  possibilita'  di  erogare,  durante  il  periodo  di   sospensione,
  l'assegno alimentare  previsto  dalla  legge  ovvero  dal  relativo
  contratto collettivo nazionale di lavoro  in  caso  di  sospensione
  cautelare o disciplinare. 
- Decreto-legge  1°  aprile  2021,  n.  44  (Misure  urgenti  per  il
  contenimento dell'epidemia da COVID-19, in materia di  vaccinazioni
  anti SARS-CoV-2, di giustizia e di concorsi pubblici),  convertito,
  con modificazioni, nella legge 28 maggio 2021, n. 76, art. 4, comma
  5. 
(GU n.25 del 22-6-2022 )
 
                       IL TRIBUNALE DI CATANIA 
                           Sezione lavoro 
 
    In  composizione  monocratica,  nella  persona   del   magistrato
ordinario  dott.  Mario  Fiorentino,  ha  pronunciato   la   seguente
Ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale (articoli 134 della
Costituzione e 23, legge 11 marzo 1953, n.  87)  emessa  nelle  cause
civili riunite a quella iscritta al n.  576/2022  R.G.L.,  avente  ad
oggetto: ricorsi ex art. 700 del codice di procedura civile - assegno
alimentare,  personale  sanitario  pubblico   sospeso   per   mancato
adempimento  dell'obbligo  vaccinale   ex   art.   4,   decreto-legge
n. 44/2021; 
    promosse da: M. L., F. A., S.  G.,  S.  L.,  A.  M.  C.,  con  il
patrocinio dell'avvocato De Angelis Domenico, ricorrenti contro: 
      Azienda  O...  per  l'E...  «C...»  C.,   con   il   Patrocinio
dell'avvocato Caruso Giovanna, resistente. 
1. Ricostruzione dei fatti. 
    Le parti ricorrenti in epigrafe indicate sono tutte dipendenti  a
tempo indeterminato dell'..." di...,  con  profilo  professionale  di
collaboratore sanitario - infermiere. 
    A seguito  della  loro  sospensione  dal  servizio,  per  mancato
adempimento dell'obbligo vaccinale ex art. 4, decreto-legge 1° aprile
2021, n. 44, convertito in legge 28 maggio 2021, n. 76, con  separati
ricorsi (successivamente riuniti), hanno agito in via  d'urgenza  per
il riconoscimento dell'assegno alimentare, come previsto dall'art. 82
del decreto del Presidente della Repubblica n. 3/1957 e dal  CCNL  di
comparto, allegando di versare in stato di indigenza, non potendo far
fronte ai bisogni primari della  vita,  non  avendo  altri  mezzi  di
sostentamento  (anche   per   l'impossibilita'   di   esercitare   la
professione  altrove,  in  quanto  sospese  dai   rispettivi   ordini
professionali),  essendo  peraltro  gravate  da  debiti   per   mutui
ipotecari o altre forme di finanziamento (cosi', S., S. ed A.). 
    Evidenziano che i provvedimenti di sospensione, adottati tra ....
ed il ... del ... ed originariamente valevoli fino al ..., sono stati
prorogati fino al ... del ... e che l'azienda ospedaliera ha  cessato
di corrispondere ogni emolumento, nonostante le fosse stato richiesto
l'assegno alimentare con nota Pec inviata nel mese di ... del ... 
    Sostengono che la mancata previsione di un assegno alimentare per
i lavoratori sospesi ai sensi dell'art. 4, decreto-legge  n.  44/2021
risulti «discriminatoria», posto che, diversamente, per i  dipendenti
sottoposti a procedimento disciplinare o penale,  e  destinatari  del
procedimento di sospensione cautelare, sia  l'art.  82,  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 3/1957, sia l'art.  68  del  CCNL  del
comparto Sanita' pubblica, prevedono il riconoscimento di un  assegno
in misura non superiore alla meta' dello stipendio, oltre gli assegni
per i carichi di famiglia. 
    Secondo i ricorrenti, pertanto, sussisterebbe anche una  evidente
disparita' di trattamento tra i dipendenti sottoposti  a  sospensione
cautelare  ed  i  dipendenti   sospesi   per   mancato   assolvimento
dell'obbligo vaccinale, in specie ove si consideri  che,  per  questi
ultimi, il legislatore  si  e'  premurato  di  specificare  che  tale
inadempimento non assume rilevanza disciplinare. 
    Sicche' condotte  disciplinarmente  rilevanti,  ove  determinanti
sospensione  (cautelare   o   disciplinare),   darebbero   luogo   al
riconoscimento  dell'assegno  alimentare,   mentre,   al   contrario,
condotte lecite sotto il profilo disciplinare non sarebbero assistite
da analoga tutela. 
    Cio' provocherebbe, secondo le parti  ricorrenti,  la  violazione
dell'art.  2  della  Costituzione,   nonche'   dell'art.   36   della
Costituzione,  poiche'  l'istituto  dell'assegno  alimentare,  avente
natura  assistenziale  e  non  retributiva,  sarebbe  stato  previsto
proprio per garantire al lavoratore  sospeso  un  livello  minimo  di
sostentamento. 
    Si e' costituita l'azienda ospedaliera, la quale, alla luce della
normativa in discussione, ha chiesto il rigetto dei ricorsi. 
    All'udienza del 23  febbraio  2022,  i  procedimenti  sono  stati
trattati secondo le modalita' cartolari previste dall'art. 221, comma
4, legge n. 77/2020, previa deposito di note  scritte  da  parte  dei
procuratori delle parti, ed assunti in riserva. 
    A scioglimento della riserva assunta, disposta la loro  riunione,
si ritiene  che  le  domande  non  possano  essere  decise  senza  lo
scrutinio di costituzionalita' dell'art. 4, comma 5, decreto-legge 1°
aprile 2021, n. 44,  convertito  con  modificazioni  dalla  legge  28
maggio 2021, n. 76 e successive modifiche, nella parte  in  cui,  nel
prevedere che «per il periodo  di  sospensione  non  sono  dovuti  la
retribuzione ne' altro compenso o emolumento,  comunque  denominato»,
esclude, in favore del pubblico dipendente esercente una  professione
sanitaria o di  interesse  sanitario,  nel  periodo  di  sospensione,
l'erogazione dell'assegno alimentare (comunque  denominato)  previsto
dalla legge ovvero dalla contrattazione collettiva  di  categoria  in
caso di sospensione cautelare o disciplinare. 
2. Ricostruzione normativa. 
    Giova effettuare una breve  ricostruzione  del  quadro  normativo
vigente, per quanto di interesse alle questioni oggetto di causa. 
    L'art. 4, comma 1, del  decreto-legge  1°  aprile  2021,  n.  44,
convertito in legge 28 maggio 2021, n. 76, al  fine  di  tutelare  la
salute  pubblica  e  mantenere  adeguate  condizioni   di   sicurezza
nell'erogazione delle prestazioni di cura e assistenza, in attuazione
del piano di cui all'art. 1, comma 457, della legge 30 dicembre 2020,
n. 178, stabilisce che gli esercenti le professioni sanitarie  e  gli
operatori di interesse sanitario di cui all'art. 1,  comma  2,  della
legge 1° febbraio 2006, n. 43, per la prevenzione  dell'infezione  da
SARS-CoV-2, sono obbligati  a  sottoporsi  a  vaccinazione  gratuita,
comprensiva, a far data dal 15 dicembre 2021, della  somministrazione
della dose di richiamo successiva al ciclo  vaccinale  primario,  nel
rispetto delle indicazioni e dei termini previsti con  circolare  del
Ministero della salute. 
    La  disposizione,  al  comma  2,  prevede   che la   vaccinazione
costituisce requisito essenziale per l'esercizio della professione  e
per  lo  svolgimento  delle  prestazioni  lavorative   dei   soggetti
obbligati, essendone possibile l'omissione o il differimento solo  in
caso di accertato pericolo per la salute, in relazione  a  specifiche
condizioni cliniche documentate, attestate dal proprio medico curante
di medicina generale ovvero  dal  medico  vaccinatore,  nel  rispetto
delle circolari del Ministero della salute in  materia  di  esenzione
dalla vaccinazione anti SARS-CoV-2. 
    I commi 3 e 4 stabiliscono che  gli  ordini  degli  esercenti  le
professioni sanitarie, per il tramite  delle  rispettive  Federazioni
nazionali, eseguono  immediatamente  la  verifica  automatizzata  del
possesso delle certificazioni verdi COVID-19 comprovanti lo stato  di
avvenuta  vaccinazione  anti  SARS-CoV-2,  regolando  le  fasi  e  le
procedure per l'eventuale contraddittorio con i soggetti che ne  sono
privi, prevedendo che, decorso i termini  ivi  indicati,  gli  ordini
medesimi procedano all'accertamento  dell'inadempimento  dell'obbligo
vaccinale, con atto, avente natura dichiarativa e  non  disciplinare,
che implica l'immediata sospensione dall'esercizio delle  professioni
sanitarie. 
    Il comma 5° dispone, inoltre, che la sospensione di cui al  comma
4 e' efficace  fino  alla  comunicazione  da  parte  dell'interessato
all'Ordine  professionale  territorialmente  competente  e,  per   il
personale che abbia un rapporto di lavoro dipendente, anche al datore
di lavoro, del completamento del ciclo vaccinale primario  e,  per  i
professionisti che hanno  completato  il  ciclo  vaccinale  primario,
della somministrazione della dose di richiamo e, comunque, non  oltre
il termine di sei mesi a decorrere dal 15 dicembre 2021. 
    Lo stesso comma 5  stabilisce  quindi  che  «Per  il  periodo  di
sospensione non sono dovuti la  retribuzione  ne'  altro  compenso  o
emolumento, comunque denominato», onerando  il  datore  di  lavoro  a
verificare l'ottemperanza alla  sospensione  disposta  ai  sensi  del
comma 4, pena le sanzioni di cui all'art. 4-ter, comma 6. 
    L'art. 4, comma 7, decreto-legge n. 44/2021, in  piu',  specifica
che l'adibizione dei lavoratori a mansioni diverse senza decurtazione
della retribuzione, in modo da evitare il rischio di  diffusione  del
contagio da SARS-CoV-2, e' ammessa solo per  il  periodo  in  cui  la
vaccinazione di cui al comma 1 e' omessa o differita. 
    Non e', dunque, piu' consentita l'assegnazione ad altre mansioni,
oltre i casi di cui al comma 1 di omissione o differimento per motivi
di  salute  debitamente  accertati,  come  previsto   dall'originaria
formulazione del decreto. 
3. Rilevanza. 
    Le parti ricorrenti sono,  come  gia'  anticipato,  dipendenti  a
tempo indeterminato dell'azienda ospedaliera pubblica per l'emergenza
«C ....»  di  C  ...,  con  profilo  di  collaboratore  professionale
sanitario - infermiere. 
    Le stesse non hanno ritenuto di adempiere  all'obbligo  vaccinale
prescritto dall'art. 4, comma  1,  decreto-legge  n.  44/2021  e  non
allegano di versare in una delle ipotesi per cui la vaccinazione puo'
essere omessa o differita. 
    Sono state quindi sospese dai rispettivi ordini professionali  ed
altresi' sospese dal servizio dall'azienda resistente,  con  distinti
provvedimenti emessi tra  l'ottobre  ed  il  novembre  del  2021,  in
applicazione dell'art. 4, decreto-legge n. 44/2021, sopra richiamato. 
    La sospensione dal servizio e' stata prorogata, al momento,  fino
al 15 giugno 2022. 
    Agiscono per il riconoscimento dell'assegno  alimentare  previsto
dall'art. 82 del decreto del Presidente della Repubblica n. 3/1957 ed
ulteriormente regolato,  per  quanto  riguarda  il comparto  sanita',
dall'art. 68 del CCNL di  categoria,  con  specifico  riferimento  ai
rapporti tra sospensione cautelare e procedimento penale e  dall'art.
67 per quanto concerne la sospensione disciplinare. 
    La disciplina prevista dall'art. 4,  comma  5,  decreto-legge  n.
44/2021, sul punto, appare pero' chiara nello stabilire che,  per  la
sospensione disposta per mancato assolvimento dell'obbligo vaccinale,
«non sono dovuti la retribuzione ne'  altro  compenso  o  emolumento,
comunque denominato». 
    La dizione legislativa, nel fare riferimento alla retribuzione ed
a qualsiasi altro compenso, «comunque denominato»,  sembra  esprimere
un contenuto  chiaro  ed  inequivoco,  non  suscettibile  di  diversa
interpretazione. 
    Tale disciplina, inoltre, appare contemplare una disposizione  di
carattere speciale che  deroga  ad  ogni  altra  di  ordine  generale
prevista dalla legge ovvero dalla contrattazione collettiva. 
    Per  quanto  precede,  non  si  reputa  percorribile  la   strada
dell'interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione,
come sembra suggerire  la  tesi  difensiva  delle  parti  ricorrenti,
allorquando,  pur  richiamando  i principi  desumibili   da   diversi
parametri  costituzionali  (ad  es.,  articoli   2,   3,   36   della
Costituzione), non formula espressa eccezione di incostituzionalita',
chiedendo l'immediato accoglimento delle domande. 
    Non appare quindi possibile,  allo  stato  del  diritto  vigente,
riconoscere alle parti ricorrenti l'assegno  alimentare  ovvero  ogni
altra forma di tutela economica di natura assistenziale. 
    La questione che si pone appare dunque rilevante, posto che, solo
ove  la   disposizione   di   cui   si   chiede   lo   scrutinio   di
costituzionalita' venisse ritenuta illegittima, nella  parte  in  cui
appunto esclude, nel periodo di sospensione ex art. 4,  decreto-legge
n. 44/2021, l'erogazione dell'assegno alimentare prevista dalla legge
o dalla contrattazione collettiva negli  altri  casi  di  sospensione
(cautelare o disciplinare), le  domande  attoree  potrebbero  trovare
accoglimento nella presente sede cautelare. 
    Quanto  all'ammissibilita'  della  questione  sollevata  in  sede
cautelare,  giova  ricordare  che  la  Corte  costituzionale  si   e'
ripetutamente espressa in senso favorevole,  in  quanto  non  risulti
esaurita la potestas iudicandi, circostanza che non ricorre nel  caso
di specie, venendo emanata  con  separato  atto,  contestualmente  al
presente provvedimento, solo  una  misura  cautelare  interinale,  la
quale  e'  provvisoria  e  rimarra'  efficace  fino  alla  Camera  di
Consiglio successiva alla restituzione  degli  atti  da  parte  della
Corte costituzionale ed e' quindi  da  intendersi  condizionata  agli
esiti dello scrutinio di costituzionalita' richiesto (in  tal  senso,
C. Costituzione 9  maggio  2013,  n.  83;  Corte  costituzionale,  30
gennaio 2018, n. 10). 
4. Non manifesta infondatezza. 
  4.1. Possibile violazione degli articoli 2, 3, 32, comma  2,  della
Costituzione. 
    Un primo dubbio che riguarda la disposizione impugnata e'  quello
relativo alla compatibilita' della stessa con i  principi  desumibili
dagli 2, 3, 32, comma 2 della Costituzione, tenuto conto della natura
pacificamente assistenziale  che  riveste,  nel  nostro  ordinamento,
l'assegno alimentare (cfr. C. Stato sez. III -  15  giugno  2015,  n.
2939; T.A.R. Lombardia sez. I - Milano, 16  maggio  2002,  n.  2070),
generalmente riconosciuto in caso  di  sospensione  dal  rapporto  di
lavoro per motivi disciplinari o cautelari. 
    Sul punto, giova osservare che l'art. 2 della  Costituzione,  nel
prevedere una particolare tutela dell'individuo,  sia  come  singolo,
sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua  personalita'  (tra
cui rientrano i luoghi di lavoro), non sembra  permettere  l'adozione
di misure che, per l'intransigenza che le connoti,  possano  arrivare
fino al punto di ledere la dignita' della  persona,  circostanza  che
puo'  verificarsi  quando  a  questa  si  precluda  ogni   forma   di
sostentamento per far fronte ai bisogni primari della vita. 
    Cio' e' stato affermato, anche di recente,  dalla  giurisprudenza
costituzionale, financo nei riguardi di coloro che  hanno  gravemente
«violato il patto di solidarieta' sociale  che  e'  alla  base  della
convivenza civile», cioe' i  condannati  per  i  reati  di  cui  agli
articoli 270-bis, 280, 289-bis, 416-bis, 416-ter  e  422  del  codice
penale, nonche' per i delitti commessi avvalendosi  delle  condizioni
previste dal predetto art. 416-bis codice penale ovvero  al  fine  di
agevolare  l'attivita'  delle  associazioni  previste  dallo   stesso
articolo (Corte costituzionale, 20 luglio 2021, n. 137). 
    In tale occasione, la Corte ha ricordato che la  possibilita'  di
modulare  la  disciplina  delle  misure   assistenziali   «non   puo'
pregiudicare quelle prestazioni che si  configurano  come  misure  di
sostegno indispensabili per una vita dignitosa, cosi' come anche  per
le provvidenze destinate al  soddisfacimento  di  bisogni  primari  e
volte alla garanzia per la stessa sopravvivenza, la cui  attribuzione
comporta il coinvolgimento di una serie di principi, tutti di rilievo
costituzionale (tra cui l'art. 2 della Costituzione)», ed  ha  quindi
dichiarato l'illegittimita' costituzionale  dell'art.  2,  comma  61,
legge n.  92/2012,  nella  parte  in  cui  prevede  la  revoca  delle
prestazioni, comunque denominate in base alla  legislazione  vigente,
quali l'indennita' di disoccupazione, l'assegno sociale, la  pensione
sociale e la pensione per  gli  invalidi  civili,  nei  confronti  di
coloro che, condannati per i reati sopra elencati, scontino  la  pena
in regime alternativo alla detenzione in carcere. 
    Sebbene quella esaminata dalla Corte riguardi fattispecie diversa
da quella oggi in scrutinio,  i  principi  dalla  stessa  evidenziati
sembrano (a fortiori) applicabili anche al caso di specie, laddove il
mancato assolvimento dell'obbligo vaccinale non e' considerato  dallo
stesso legislatore come atto penalmente o disciplinarmente  rilevante
(art.  4,  comma  4,  decreto-legge  n.  44/2021)  e,   cionondimeno,
l'operatore sanitario si vede, non solo impossibilitato a svolgere la
propria prestazione lavorativa a seguito della  sospensione  prevista
dall'art. 4, decreto-legge n. 44/2021, ma anche deprivato persino  di
quegli istituti, come l'assegno alimentare, che - come si vedra' piu'
ampiamente infra, § 4.2. - gli verrebbero  invece  garantiti  laddove
fosse  sospeso  poiche'  coinvolto  in  un  procedimento   penale   e
disciplinare, con misure anche restrittive della liberta'  personale,
e dunque per procedimenti riguardanti il suo coinvolgimento in  reati
anche di oggettiva gravita'. 
    Giova, peraltro, considerare che il lavoratore, sospeso  ex  art.
4, decreto-legge n. 44/2021, non puo' accedere a quegli istituti  che
tutelano i lavoratori in caso di perdita dell'occupazione, quale,  ad
es., l'indennita' di disoccupazione, perche' non acquisisce lo status
di lavoratore disoccupato (conservando il posto di lavoro,  ancorche'
svuotato dal provvedimento di sospensione), essendo tale  provvidenza
in ogni modo preclusa ai lavoratori pubblici a  tempo  indeterminato,
ne'  puo'  fruire  -  in  quanto  in  eta'  lavorativa  -  di  quelle
provvidenze che presuppongono una determinata  anzianita'  anagrafica
(ad es., l'assegno sociale). 
    La sospensione dal lavoro e dall'albo professionale  ex  art.  4,
comma 4,  decreto-legge  n.  44/2021,  inoltre,  gli  impediscono  di
svolgere presso qualsiasi sede,  e  non  solo  dove  e'  radicato  il
proprio rapporto di lavoro colpito dal provvedimento di  sospensione,
la propria professione. 
    L'esercente  la  professione  sanitaria,   quindi,   perde   ogni
possibilita' di far fronte alle esigenze basilari della sua vita, non
potendo fare affidamento su alcuna forma di sostegno economico. 
    Il tutto per  un  periodo  temporale  particolarmente  rilevante,
inizialmente fissato fino al 15 dicembre del 2021 e poi differito, ad
oggi, fino al 15 giugno 2022. 
    Or, sebbene non si ignori che  l'impianto  del  decreto-legge  n.
44/2021 sia  ispirato  alla  finalita'  di  «di  tutelare  la  salute
pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell'erogazione
delle  prestazioni  di  cura  e  assistenza»  (art.   4,   comma   1,
decreto-legge n. 44/2021), nell'ambito di una situazione emergenziale
e del tutto straordinaria, le  conseguenze  che  esso  implica  nella
sfera del dipendente non vaccinato -  e  che  si  sono  irrigidite  a
seguito delle modifiche  apportate  all'originaria  formulazione  del
decreto (1)  -  appaiono  tuttavia  eccessivamente  sproporzionate  e
sbilanciate, nell'ottica della necessaria considerazione degli  altri
valori costituzionali coinvolti, tra cui, tra i  primi,  la  dignita'
della persona, bene  protetto  da  plurime  previsioni  della  Carta:
articoli 2, 3, 32, comma 2, 36, 41 della Costituzione. 
    Non  appare  pleonastico  ricordare  che  il  diritto  al  lavoro
costituisca una delle principali prerogative dell'individuo,  su  cui
si radica l'ordinamento italiano, che  trova  protezione  nell'ambito
dei «principi fondamentali» della Carta costituzionale  (articoli  1,
4) e che viene tutelato, non solo in quanto strumento attraverso  cui
ciascuno puo' sviluppare la propria personalita'  (art.  2),  potendo
cosi' concorrere al progresso materiale e spirituale  della  societa'
(art. 4), ma innanzitutto perche' costituisce il mezzo per assicurare
alla persona e al rispettivo nucleo familiare, attraverso  la  giusta
retribuzione, il diritto fondamentale di vivere un'esistenza libera e
dignitosa (art. 36 della Costituzione). 
    Nel  momento  in  cui  la  legge,  nel  precludere  all'operatore
sanitario non vaccinato la possibilita' di espletare  la  prestazione
lavorativa  (anziche'  applicare  altre   soluzioni,   ad   es.:   la
sottoposizione dell'operatore  ad  un  rigido  sistema  di  controllo
tramite test di rilevazione  del  virus;  l'assegnazione  a  mansioni
diverse, ove possibili, etc.), non consente  neppure  che  lo  stesso
possa fruire di un sostentamento minimo per far fronte  alle  proprie
esigenze basilari, essa, cosi'  facendo,  non  puo'  che  esporsi  al
dubbio di rivelarsi eccessivamente sbilanciata e  sproporzionata,  ad
eccessivo detrimento del valore della  dignita'  della  persona,  con
possibile violazione, oltre che dell'art. 2, anche dell'art. 3  della
Costituzione. 
    A cio' pare possibile soggiungere che, cosi' operando,  la  legge
stessa, pur con i migliori intenti, finisce di fatto  per  realizzare
una  sorta  di  «forzata  induzione»  all'adempimento   dell'obbligo,
ponendo la parte lavoratrice di fronte alla radicale  prospettiva  di
dover scegliere se subire quelle condizioni di indigenza o di smodata
compressione  delle   abitudini   di   vita   consolidate,   che   le
deriverebbero dalla mancata vaccinazione, ovvero sottoporsi al  detto
trattamento. 
    Cio'  suscita  ulteriori  dubbi  di  costituzionalita'   rispetto
all'art. 32, comma 2, della Costituzione, nella misura  in  cui  esso
dispone che, anche nei casi di trattamento obbligatori  disposti  per
legge, quest'ultima «non puo' in nessun caso violare i limiti imposti
dal rispetto della persona umana». 
    Le stesse norme interposte, tra cui la legge 23 dicembre  1978  -
N. 833, istitutiva del servizio sanitario nazionale, nel ribadire che
gli accertamenti e trattamenti sanitari  «sono  di  norma  volontari»
(art. 33, comma 1), specifica che nei casi in cui  la  legge  prevede
che possano essere disposti dall'autorita' sanitaria  «questi  devono
avvenire nel rispetto della dignita'  della  persona  e  dei  diritti
civili e politici...» (art. 33, comma 2, legge n 833 cit.). 
    Sebbene la legge possa prevedere l'obbligatorieta' di determinati
trattamenti  sanitari,  sono  rarissimi,  ed   ancorati   a   precisi
presupposti, i casi in cui l'ordinamento consente la possibilita'  di
eseguirli contro la volonta' della persona (ad es., e'  il  caso  del
T.S.O.), valendo da sempre il principio che  gli  accertamenti  ed  i
trattamenti obbligatori debbano essere  «accompagnati  da  iniziative
rivolte ad assicurare il consenso e la partecipazione da parte di chi
vi e' obbligato» e che «L'unita' sanitaria locale opera  per  ridurre
il ricorso ai suddetti trattamenti sanitari obbligatori,  sviluppando
le iniziative di prevenzione e di educazione sanitaria ed i  rapporti
organici tra servizi  e  comunita'»  (art.  33,  comma  5,  legge  n.
833/1978). 
    E cio'  a  conferma  della  consapevolezza  del  legislatore  che
l'obbligo   al   trattamento   sanitario   costituisce   pur   sempre
un'eccezione rispetto al principio, di cui e' espressione  l'art.  32
della Costituzione, della  libera  determinazione  dell'individuo  in
materia sanitaria (Cassazione civile  sez.  III, 5  luglio  2017,  n.
16503) e che qualsiasi pratica sanitaria  o  farmacologica,  sia  pur
correttamente praticata, non puo' essere del tutto esente  da  rischi
di effetti avversi, anche  gravi,  per  quanto  rari  questi  possano
essere. 
    Cio' trova riscontro  anche  nell'art.  3  del  decreto-legge  n.
44/2021, relativo alla «Responsabilita'  penale  da  somministrazione
del vaccino anti SARS-CoV-2», il quale prevede che «Per  i  fatti  di
cui agli articoli 589 e 590 del codice penale  verificatisi  a  causa
della  somministrazione  di  un  vaccino  per  la  prevenzione  delle
infezioni  da  SARS-CoV-2,  effettuata  nel  corso   della   campagna
vaccinale straordinaria in attuazione del piano di  cui  all'art.  1,
comma 457, della legge 30 dicembre 2020, n. 178,  la  punibilita'  e'
esclusa  quando  l'uso  del  vaccino  e'  conforme  alle  indicazioni
contenute  nel  provvedimento  di  autorizzazione  all'immissione  in
commercio  emesso  dalle  competenti  autorita'  e   alle   circolari
pubblicate nel sito internet istituzionale del Ministero della salute
relative alle attivita' di vaccinazione». 
    Lo stesso rapporto annuale sulla sicurezza dei vaccini anti-COVID
19 (27 dicembre 2000 - 26 dicembre  2021)  dell'A.I.F.A.,  pubblicato
sul             sito              ufficiale              dell'Agenzia
(https://www.aifa.gov.it/documents/20142/1315190/Rapporto_annuale_su_
sicurezza_vaccini%20anti-COVID-19.pdf), nel confermare  la  sicurezza
dei vaccini, analizza le percentuali delle segnalazioni  di  sospetti
effetti avversi (gravi e non gravi), anche in rapporto  alle  diverse
fasce di eta', e dei casi in  cui  e'  stato  rilevato  il  nesso  di
causalita'. 
    Suscita quindi dubbi di possibile violazione dell'art. 32,  comma
2 della Costituzione, un sistema, quale quello  sancito  dalla  norma
impugnata, che, negando in maniera radicale ogni  sostegno  economico
all'operatore sanitario sospeso dal rapporto di  lavoro  per  mancato
adempimento  dell'obbligo  vaccinale  ex  art.  4,  decreto-legge  n.
44/2021 - per fatti peraltro, come detto, non censurabili  a  livello
disciplinare e che si collocano nell'ambito  di  una  situazione  del
tutto  straordinaria  ed  emergenziale  - lo  ponga  di  fronte  alla
prospettiva di non poter assicurare a se' ed  alla  propria  famiglia
neppure i mezzi di sostentamento minimi ed indispensabili, cosi' come
di non poter far fronte, neppure in minima parte, ai  propri  impegni
economici, con gravi conseguenze del vivere quotidiano (si pensi,  ad
es., all'impossibilita' di far fronte all'eventuale mutuo  ipotecario
per l'acquisto della casa di abitazione,  con  tutto  quello  che  ne
comporta), posto che  tale  assetto  sembra  oltrepassare  il  limite
imposto dal parametro costituzionale in esame. 
4.2. Possibile ulteriore violazione dell'art. 3 della Costituzione. 
    Come gia' anticipato, l'impossibilita' del lavoratore sospeso  ex
art. 4, decreto-legge n. 44/2021 di accedere a  forme  di  assistenza
minime, come quella dell'assegno  alimentare  (comunque  denominato),
sembra  integrare   un'ulteriore   violazione   dell'art.   3   della
Costituzione, per violazione  del  principio  di  eguaglianza  e  per
irragionevolezza, posto che impedisce anche l'applicazione di  quelle
misure di sostegno previste persino in caso di sospensione  cautelare
del lavoratore, laddove quest'ultimo abbia commesso (o sia sospettato
di aver integrato) la commissione di  determinati  fatti  costituenti
reato,  idonei  a  determinare  anche   l'irrogazione   di   sanzioni
disciplinari. 
    Nel  tempo,  l'ordinamento  ha  sempre  previsto  tali  forme  di
sostentamento, riconoscendo in favore del  lavoratore  pubblico,  nel
periodo di  sospensione,  un  assegno  alimentare  o  altri  istituti
sostanzialmente analoghi. 
    Si considerino, a titolo esemplificativo: 
      l'art. 82  del  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  10
gennaio 1957,  n.  3,  recante  il  testo  unico  delle  disposizioni
concernenti lo statuto degli impiegati civili  dello  Stato,  secondo
cui «All'impiegato sospeso  e'  concesso  un  assegno  alimentare  in
misura non superiore alla meta' dello stipendio,  oltre  gli  assegni
per carichi di famiglia»; 
      l'art. 500 del decreto legislativo - 16 aprile  1994,  n.  297,
recante il testo unico del personale scolastico,  contenente  analoga
disposizione anche in materia di sospensione disciplinare; 
      gli articoli 10,  21,  comma  4  e  22,  comma  4  del  decreto
legislativo del 23 febbraio 2006 -  N.  109,  recante  la  disciplina
degli illeciti disciplinari dei magistrati,  i  quali  contengono  la
previsione dell'erogazione dell'assegno alimentare sia nelle  ipotesi
di sospensione disciplinare (art.  10,  decreto  legislativo  n.  109
cit.), sia nelle ipotesi di  sospensione  cautelare,  obbligatoria  o
facoltativa (articoli 21, comma 4 e 22, comma 4, decreto  legislativo
n. 109 cit.). 
    La  stessa  contrattazione  collettiva   del   pubblico   impiego
privatizzato ex art. 2, comma 2, decreto legislativo 30  marzo  2001,
n. 165, competente a regolare «la tipologia delle infrazioni e  delle
relative sanzioni», ex art.  55,  comma  2,  decreto  legislativo  n.
165/2001,  prevede  l'assegno  alimentare  nei  casi  di  sospensione
cautelare del dipendente, anche laddove quest'ultima si protragga per
un notevole arco temporale, in quanto disposta in attesa degli  esiti
di un procedimento penale, e  dunque  anche  per  fatti  ritenuti  di
oggettiva gravita' e disvalore. 
    Si consideri, per quanto riguarda  il  comparto  sanita',  a  cui
afferisce il rapporto delle parti ricorrenti, l'art. 67 CCNL  (2)  il
quale  prevede  la  conservazione  del  diritto   alla   retribuzione
nell'ipotesi di sospensione cautelare disposta  (per  un  massimo  di
giorni trenta) in corso di procedimento disciplinare. 
    Si valuti, ancor di piu', l'art. 68, comma 7, del suddetto  CCNL,
il quale prevede in  caso  di  sospensione  cautelare  obbligatoria o
facoltativa, per la sussistenza di un procedimento  penale  a  carico
del dipendente, che ne  ha  comportato  anche  la  restrizione  della
liberta', l'erogazione in favore dello stesso di «un'indennita'  pari
al 50% dello stipendio tabellare,  nonche'  gli  assegni  del  nucleo
familiare  e  la  retribuzione   individuale   di   anzianita',   ove
spettanti». 
    Si  consideri  che  tale  indennita',  del  tutto  sovrapponibile
all'istituto dell'assegno alimentare previsto  dall'art.  82  decreto
del Presidente della Repubblica  n.  3/1957,  viene  riconosciuta  in
tutti i casi di sospensione cautelare individuati  dall'art.  68  del
CCNL, e dunque laddove il  dipendente  sia  «sia  colpito  da  misura
restrittiva della liberta' personale» (art. 68, comma 1) ovvero anche
nel caso in cui «venga  sottoposto  a  procedimento  penale  che  non
comporti  la  restrizione  della  liberta'  personale  o  questa  sia
comunque  cessata,  qualora  l'Azienda  o  Ente  disponga,  ai  sensi
dell'art.  55-ter  del  decreto  legislativo  n.  165  del  2001,  la
sospensione del procedimento disciplinare fino a  termine  di  quello
penale». 
    Trattasi di indennita' che viene riconosciuta anche  per  periodi
molto ampi di sospensione, come risulta dalla lettura  dell'art.  68,
comma 6, CCNL secondo cui «Negli altri casi [diversi da quelli in cui
l'ente applica la sanzione del licenziamento senza preavviso previsto
dall'art. 66, comma 9, n. 2 del CCNL, laddove  la  sospensione  opera
fino alla conclusione del procedimento disciplinare], la  sospensione
dal servizio eventualmente disposta a causa  di  procedimento  penale
conserva efficacia, se non revocata, per un periodo non  superiore  a
cinque anni. Decorso tale termine, essa e' revocata ed il  dipendente
e' riammesso in servizio, salvo i casi  nei  quali,  in  presenza  di
reati che comportano l'applicazione  dell'art.  66,  comma  9,  n.  2
(Codice disciplinare), l'Azienda o Ente ritenga che la permanenza  in
servizio del dipendente provochi  un  pregiudizio  alla  credibilita'
della stessa a causa del discredito che da tale  permanenza  potrebbe
derivarle da  parte  dei  cittadini  e/o  comunque,  per  ragioni  di
opportunita' ed operativita' dell'Azienda o Ente stesso. In tal caso,
puo' essere disposta, per  i  suddetti  motivi,  la  sospensione  dal
servizio, che sara' sottoposta a revisione con cadenza biennale.  Ove
il procedimento disciplinare sia  stato  eventualmente  sospeso  fino
all'esito del procedimento penale, ai sensi  dell'art.  69  (Rapporto
tra  procedimento   disciplinare   e   procedimento   penale),   tale
sospensione puo'  essere  prorogata,  ferma  restando  in  ogni  caso
l'applicabilita' dell'art. 66, comma 9, n. 2 (Codice disciplinare)». 
    Anche nei rapporti di  lavoro  privati,  i  contratti  collettivi
prevedono  il  diritto  del  lavoratore  all'assegno  alimentare  nei
periodi di sospensione cautelare (cfr. art. 42, penultimo comma, CCNL
AIOP - personale non medico). 
    Alla  luce  di  quanto  previsto,  genera  dubbi   di   possibile
violazione dell'art. 3  della  Costituzione,  una  previsione,  quale
quella  impugnata,  che,  a  fronte  di  una  condotta  (il   mancato
adempimento dell'obbligo vaccinale) non integrante illecito  ne'  sul
versante disciplinare, ne' sul versante penale, e  che  riguarda  una
fattispecie introdotta in una fase  del  tutto  emergenziale,  in  un
contesto del tutto eccezionale, neghi  agli  operatori  sanitari  non
vaccinati persino la  corresponsione  di  quelle  indennita'  -  come
l'assegno alimentare - generalmente riconosciute dall'ordinamento per
far fronte ai bisogni alimentari  basilari  del  lavoratore  sospeso,
anche laddove quest'ultimo sia coinvolto  in  procedimenti  penali  e
disciplinari per fatti di oggettiva gravita', posto che  cio'  sembra
generare una irragionevole  disparita'  di  trattamento,  peraltro  a
scapito di quelle condotte che  proprio  per  previsione  legislativa
sono esenti da alcun tipo di rilievo. 

(1) Che prevedeva la possibilita' di  verificare  l'assegnazione  del
    dipendente a mansioni diverse, ipotesi oggi ammessa solo nei casi
    di esonero o differimento dell'obbligo vaccinale. 

(2) www.
    aranagenzia.it/attachments/article/9016/CCNL%020comparto%20SANITA
    %27%20definitivo_sito%20.pdf, 
 
                              P. Q. M. 
 
    Visti gli articoli 134 della Costituzione e 23,  legge  11  marzo
1953, n. 87; 
    Visti gli articoli 2, 3, 32, comma 2 della Costituzione, 
    ritenuto,  in   relazione   alle   suddette   disposizioni,   non
manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
relativa all'art. 4, comma 5, decreto-legge 1°  aprile  2021,  n.  44
(nella Gazzetta Ufficiale, 1° aprile 2021,  n.  79),  convertito  con
modificazioni dalla legge 28 maggio 2021, n. 76, nella parte in  cui,
nel prevedere che «per il periodo di sospensione non sono  dovuti  la
retribuzione ne' altro compenso o emolumento,  comunque  denominato»,
esclude, in favore del pubblico dipendente esercente una  professione
sanitaria o di interesse sanitario, nel  periodo  di  sospensione  ex
art.  4,  decreto-legge   n.   44/2021,   l'erogazione   dell'assegno
alimentare (comunque denominato) previsto dalla  legge  ovvero  dalla
contrattazione  collettiva  di  categoria  in  caso  di   sospensione
cautelare o disciplinare; 
    Ritenuta la questione rilevante, per le  argomentazioni  indicate
in parte motiva; 
    Sospende il giudizio e  dispone  l'immediata  trasmissione  degli
atti alla Corte costituzionale; 
    Ordina che, a cura della Cancelleria, la presente ordinanza venga
notificata alle parti in causa e  al  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri e comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati  e  del
Senato della Repubblica. 
      Cosi' deciso, in Catania, 14 marzo 2022 
 
                  Il Giudice del lavoro: Fiorentino