N. 76 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 aprile 2022
Ordinanza del 28 aprile 2022 del Tribunale di Padova nel procedimento civile promosso da B. G. contro O.P.S.A.. Salute (Tutela della) - Profilassi internazionale - Vaccinazioni anti SARS-CoV-2 - Previsione di obblighi vaccinali per gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario - Estensione dell'obbligo vaccinale ai lavoratori impiegati in strutture residenziali, socio-assistenziali e socio-sanitarie (nel caso di specie: portiere-centralinista dipendente di una fondazione che accoglie persone con disabilita') - Omessa previsione, in alternativa all'obbligo vaccinale, della possibilita' per il lavoratore di sottoporsi indifferentemente al test molecolare, al test antigenico da eseguire in laboratorio, oppure al test antigenico rapido di ultima generazione, per la rilevazione di SARS-CoV-2, anche presso centri privati, ogni 72 ore nel primo caso e ogni 48 ore nel secondo caso. Salute (Tutela della) - Profilassi internazionale - Vaccinazioni anti SARS-CoV-2 - Previsione di obblighi vaccinali per gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario - Estensione dell'obbligo vaccinale ai lavoratori impiegati in strutture residenziali, socio-assistenziali e socio-sanitarie (nel caso di specie: portiere-centralinista dipendente di una fondazione che accoglie persone con disabilita') - Adibizione a mansioni anche diverse, senza decurtazione della retribuzione, in modo da evitare il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2 - Previsione applicabile ai soli soggetti per i quali ricorrono le ipotesi in cui la vaccinazione puo' essere omessa o differita - Omessa estensione al personale che, per una libera scelta individuale, si sia astenuto dalla vaccinazione. - Decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44 (Misure urgenti per il contenimento dell'epidemia da COVID-19, in materia di vaccinazioni anti SARS-CoV-2, di giustizia e di concorsi pubblici), convertito, con modificazioni, nella legge 28 maggio 2021, n. 76 (come modificato dal decreto-legge 26 novembre 2021, n. 172 "Misure urgenti per il contenimento dell'epidemia da COVID-19 e per lo svolgimento in sicurezza delle attivita' economiche e sociali", convertito, con modificazioni, nella legge 21 gennaio 2022, n. 3 e dal decreto-legge 24 marzo 2022, n. 24 "Disposizioni urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza, e altre disposizioni in materia sanitaria"), artt. 4, commi 1, 4, 5 e 7; e 4-bis, comma 1.(GU n.27 del 6-7-2022 )
TRIBUNALE ORDINARIO DI PADOVA
Sezione lavoro
Il Giudice,
Letti gli atti del procedimento n. 277/2022 RG, a scioglimento
della riserva assunta all'udienza del 12 aprile 2022;
Premesso che con ricorso ex art. 700 del codice di procedura
civile depositato il 7 febbraio 2022, B. G., che lavora alle
dipendenze di O.P.S.A. dal ... con mansioni di
portiere-centralinista, espone che, con nota emessa il ..., detto
datore di lavoro lo invitava a produrre copia della documentazione
comprovante l'effettuazione della vaccinazione e/o dell'attestazione
relativa all'omissione o al suo differimento. Il ..., in
considerazione dell'omesso invio di tale documentazione, il datore di
lavoro disponeva la sospensione del ricorrente dal diritto di
svolgere la propria attivita' lavorativa e di ottenere il relativo
trattamento economico, fino all'adempimento del predetto obbligo,
ovvero non oltre la data del ... (successivamente differita al ...
dall'art. 8, comma 1, lettera a), del decreto-legge 24 marzo 2022, n.
24). Deducendo l'illegittimita' di detta sospensione, B. G. chiede di
essere reintegrato nel proprio posto di lavoro, anche con mansioni
differenti, con condanna del datore di lavoro al pagamento delle
retribuzioni arretrate;
Premesso altresi' che la resistente O.P.S.A. (Fondazione che
accoglie persone con disabilita'), ha replicato di essersi limitata
ad adempiere a quanto imposto dall'art. 4-bis del decreto-legge 1°
aprile 2021, n. 44, contestando l'esistenza di alcun obbligo di cd
repêchage, stante l'intervenuta abrogazione del comma 8, dell'art. 4,
precisando infine che non vi sarebbe stata in ogni caso la
possibilita' di adibire il ricorrente a mansioni diverse;
Lette le successive memorie depositate da entrambe le parti;
Ricordato che il cit. art. 4-bis del decreto-legge 1° aprile
2021, n. 44 (come modificato dall'art. 1, comma 1, lettera c), n. 1),
del decreto-legge 26 novembre 2021, n. 172, convertito, con
modificazioni, dalla legge 21 gennaio 2022, n. 3), ha esteso
l'obbligo vaccinale ai lavoratori impiegati in strutture
residenziali, socio-assistenziali e socio-sanitarie, disponendo
testualmente quanto segue: «1. Dal 10 ottobre 2021 (e fino al 31
dicembre 2022, v. art. 8, comma 2, del cit. decreto-legge 24 marzo
2022, n. 24, non ancora convertito, ndr), l'obbligo vaccinale
previsto dall'art. 4, comma 1, si applica altresi' a tutti i
soggetti, anche esterni, che svolgono, a qualsiasi titolo, la propria
attivita' lavorativa nelle strutture di cui all'art. 1-bis, incluse
le strutture semiresidenziali e le strutture che, a qualsiasi titolo,
ospitano persone in situazione di fragilita'. 2. Le disposizioni del
comma 1 non si applicano ai soggetti esenti dalla campagna vaccinale
sulla base di idonea certificazione medica rilasciata secondo i
criteri definiti con circolare del Ministero della salute»;
Ricordato che, per quanto qui interessa, l'art. 4 del
decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44 (convertito con modificazioni
dalla legge 28 maggio 2021, n. 76, e quindi modificato dal
decreto-legge 26 novembre 2021, n. 172, a sua volta convertito con
modificazioni dalla legge 21 gennaio 2022, n. 3), dispone - ai commi
che qui interessano - quanto segue: «1. (Fino al 31 dicembre 22, v.
art. 8, comma 1, lettera a), del cit. decreto-legge 24 marzo 2022, n.
24, ndr) al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate
condizioni di sicurezza nell'erogazione delle prestazioni di cura e
assistenza, in attuazione del piano di cui all'art. 1, comma 457,
della legge 30 dicembre 2020, n. 178, gli esercenti le professioni
sanitarie e gli operatori di interesse sanitario di cui all'art. 1,
comma 2, della legge 1° febbraio 2006, n. 43, per la prevenzione
dell'infezione da SARS-CoV-2 sono obbligati a sottoporsi a
vaccinazione gratuita, comprensiva, a far data dal 15 dicembre 2021,
della somministrazione della dose di richiamo successiva al ciclo
vaccinale primario, nel rispetto delle indicazioni e dei termini
previsti con circolare del Ministero della salute. La vaccinazione
costituisce requisito essenziale per l'esercizio della professione e
per lo svolgimento delle prestazioni lavorative dei soggetti
obbligati. La vaccinazione e' somministrata altresi' nel rispetto
delle indicazioni fornite dalle regioni e dalle Province autonome di
Trento e di Bolzano in conformita' alle previsioni contenute nel
piano di cui al primo periodo. 2. Solo in caso di accertato pericolo
per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche
documentate, attestate dal medico di medicina generale, nel rispetto
delle circolari del Ministero della salute in materia di esenzione
dalla vaccinazione anti SARS-CoV-2, non sussiste l'obbligo di cui al
comma 1 e la vaccinazione puo' essere omessa o differita. 4. Decorsi
i termini di cui al comma 3, qualora l'Ordine professionale accerti
il mancato adempimento dell'obbligo vaccinale, anche con riguardo
alla dose di richiamo, ne da' comunicazione alle Federazioni
nazionali competenti e, per il personale che abbia un rapporto di
lavoro dipendente, anche al datore di lavoro. L'inosservanza degli
obblighi di comunicazione di cui al primo periodo da parte degli
Ordini professionali verso le Federazioni nazionali rileva ai fini e
per gli effetti dell'art. 4 del decreto legislativo del Capo
Provvisorio dello Stato 13 settembre 1946, n. 233. L'atto di
accertamento dell'inadempimento dell'obbligo vaccinale e' adottato da
parte dell'Ordine territoriale competente, all'esito delle verifiche
di cui al comma 3, ha natura dichiarativa, non disciplinare,
determina l'immediata sospensione dall'esercizio delle professioni
sanitarie ed e' annotato nel relativo albo professionale. 5. La
sospensione di cui al comma 4 e' efficace fino alla comunicazione da
parte dell'interessato all'Ordine territoriale competente e, per il
personale che abbia un rapporto di lavoro dipendente, anche al datore
di lavoro, del completamento del ciclo vaccinale primario e, per i
professionisti che hanno completato il ciclo vaccinale primario,
della somministrazione della dose di richiamo e comunque non oltre il
termine di sei mesi a decorrere dal 15 dicembre 2021 (non oltre il 31
dicembre 2022, v. art. 8, comma 1, lettera b) punti 1) e 2) del
decreto-legge 24 marzo 2022, n. 24, ndr). Per il periodo di
sospensione non sono dovuti la retribuzione ne' altro compenso o
emolumento, comunque denominato. Il datore di lavoro verifica
l'ottemperanza alla sospensione disposta ai sensi del comma 4 e, in
caso di omessa verifica, si applicano le sanzioni di cui all'art.
4-ter, comma 6. (omissis, ndr) 7. Per il periodo in cui la
vaccinazione di cui al comma 1 e' omessa o differita, il datore di
lavoro adibisce i soggetti di cui al comma 2 a mansioni anche
diverse, senza decurtazione della retribuzione, in modo da evitare il
rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2.»;
Ritenuto che sebbene il cit. art. 4-bis, primo comma, richiami
testualmente solo il primo comma dell'art. 4, ai lavoratori impiegati
in strutture residenziali, socio-assistenziali e socio-sanitarie,
debbano applicarsi - per analogia - anche i commi quarto, quinto e
settimo dello stesso art. 4. Se cosi' non fosse, per tali lavoratori
vi sarebbe un inammissibile vuoto di disciplina;
Ritenuto che non siano manifestamente infondate le questioni di
legittimita' costituzionale che seguono (pacifica la loro rilevanza,
poiche' sulla base della predetta normativa, il ricorso andrebbe
respinto, mentre se le questioni di legittimita' fossero fondate,
sarebbe accolto);
Ritenuto che sussista il dubbio che l'art. 4-bis, primo comma,
nonche' i citt. commi primo, quarto e quinto dell'art. 4, non siano
conformi all'art. 3 della Costituzione, sotto il profilo della
ragionevolezza, ne' all'art. 32 della Costituzione. Va all'uopo
ricordato che, secondo la costante giurisprudenza costituzionale, il
diritto alla salute sub specie diritto all'autodeterminazione
terapeutica, puo' trovare limitazione solo nei casi in cui sia
necessario tutelare l'interesse della collettivita', poiche', in caso
contrario, ogni persona e' libera di decidere se sottoporsi o meno a
trattamenti sanitari, anche a costo di conseguenze letali. Ebbene,
nel caso di specie, e' chiaro che la vaccinazione e' imposta al
lavoratore non a tutela della salute propria, ma di quella altrui (in
particolare, quelle delle persone «fragili» della struttura, in gergo
«ospiti»), come del resto precisa anche il cit. comma 1 dell'art. 4,
richiamato dal primo comma dell'art. 4-bis («al fine di tutelare la
salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza
nell'erogazione delle prestazioni di cura e assistenza...»). E'
evidentemente doverosa e del tutto legittima la preoccupazione del
legislatore di tutelare la salute di dette persone, imponendo
l'adozione di tutte le cautele necessarie al fine di evitarne il
contagio da parte di coloro che lavorano nelle strutture
(considerando anche con la legge 3 marzo 2009, n. 18, il Parlamento
ha autorizzato la ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite -
approvata dall'Assemblea generale il 13 dicembre 2006 - sui diritti
delle persone con disabilita' e del relativo protocollo opzionale,
sottoscritta dall'Italia il 30 marzo 2007); nondimeno, a ben
osservare, l'obbligo vaccinale imposto ai lavoratori non appare
idoneo a raggiungere lo scopo che si prefigge, quello di preservare
la salute degli ospiti: e qui risiede l'irragionevolezza della norma
ai sensi dell'art. 3 della Costituzione. Puo' infatti considerarsi
notorio il fatto che la persona che si e' sottoposta al ciclo
vaccinale, puo' comunque contrarre il virus e puo' quindi contagiare
gli altri. Puo' dunque notoriamente accadere, ed effettivamente
accade, come conferma l'esperienza quotidiana, che una persona
vaccinata contragga il virus e contagi le altre persone (vaccinate o
meno che siano). Come emerge dai dati forniti dal Ministero della
salute (v.
https://opendatadpc.maps.arcgis.com/apps/dashboards/b0c68bce2cce478ea
ac82fe38d4138b1), nonostante l'avvio della campagna vaccinale, il
numero di contagi piu' elevato in assoluto dall'inizio della
pandemia, pari a + 220.532, e' stato registrato l'11 gennaio 2022.
Parte di provvedimento in formato grafico
Come emerge dal «Report Esteso ISS (Istituto Superiore di
Sanita', ndr) COVID-19: Sorveglianza, impatto delle infezioni ed
efficacia vaccinale - Aggiornamento nazionale 19 gennaio 2022 - ore
12,00 Data pubblicazione: 21 gennaio 2022. Versione 2 del 23 gennaio
2022» (v.
https://www.epicentroissit/coronavirus/bollettino/Bollettino-sorvegli
anzaintegrata-COVID-19_19-gennaio-2022.pdf), «La campagna vaccinale
in Italia e' iniziata il 27 dicembre 2020. Al 19 gennaio 2022, sono
state somministrate 122.166.535 dosi (46.444.870 prime dosi,
47.217.348 seconde/uniche dosi e 28.504.317 terze dosi) delle
123.518,808 dosi di vaccino finora consegnate
(https://github.com/italia/covid19-opendata-vaccini)... L'efficacia
del vaccino (riduzione percentuale del rischio rispetto ai non
vaccinati) nel:
prevenire la diagnosi di infezione da SARS-CoV-2:
pari al 66% entro novanta giorni dal completamento del ciclo
vaccinale, 53% tra i novantuno e centoventi giorni, e 34,7%
oltre centoventi giorni dal completamento del ciclo vaccinale;
pari al 66,7% nei soggetti vaccinati con dose
aggiuntiva/booster;
prevenire casi di malattia severa:
pari a 95% nei vaccinati con ciclo completo da meno
di novanta giorni, 93% nei vaccinati con ciclo completo da novantuno
e centoventi giorni, e 89% nei vaccinati che hanno completato il
ciclo vaccinale da oltre centoventi giorni;
pari al 97,5% nei soggetti vaccinati con dose
aggiuntiva/booster».
Il successivo Report, «Aggiornamento nazionale 6 aprile 2022 -
ore 12,00 Data pubblicazione: 8 aprile 2022»
(https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/bollettino/Bollettino-sorve
glianza-integrata-COVID-19_6-aprile-2022.pdf), riferisce che «La
campagna vaccinale in Italia e' iniziata il 27 dicembre 2020. Al 6
aprile 2022, sono state somministrate 136.040.688 dosi (47.294.685
prime dosi, 49.783.807 seconde/uniche dosi e 38.962.196 terze dosi...
L'efficacia del vaccino (riduzione percentuale del rischio nei
vaccinati rispetto ai non vaccinati) nel periodo di prevalenza
Omicron (a partire dal 3 gennaio 2022) nel:
prevenire la diagnosi di infezione da SARS-CoV-2 e':
pari al 47% entro novanta giorni dal completamento del
ciclo vaccinale, 39% tra i novantuno e centoventi giorni, e 47% oltre
centoventi giorni dal completamento del ciclo vaccinale;
pari al 66% nei soggetti vaccinati con dose
aggiuntiva/booster;
prevenire casi di malattia severa e':
pari a 73% nei vaccinati con ciclo completo da meno di
novanta giorni, 75% nei vaccinati con ciclo completo da novantuno e
centoventi giorni, e 75% nei vaccinati che hanno completato il ciclo
vaccinale da oltre centoventi giorni;
pari al 91% nei soggetti vaccinati con dose
aggiuntiva/booster».
Lo stesso Ministero della salute, inoltre, dichiara
tassativamente falsa (cd fake new) l'affermazione secondo cui «Se ho
fatto il vaccino contro Sars-CoV-2 e anche il richiamo con la terza
dose non posso ammalarmi di Covid-19 e non posso trasmettere
l'infezione agli altri»
(https://www.salute.gov.it/portale/nuovocoronavirus/archivioFakeNewsN
uovoCoronavirus-jsp). E' quindi assodato che il mero fatto che un
lavoratore si sia sottoposto al vaccino, non garantisce che egli non
contragga il virus e che quindi, recandosi sul luogo di lavoro, non
infetti le persone con cui ivi viene a contatto, nella specie gli
ospiti della struttura sanitaria. Di qui, come detto, il dubbio sulla
ragionevolezza dell'imposizione dell'obbligo vaccinale in questione:
imposizione non idonea «al fine di tutelare la salute pubblica e
mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell'erogazione delle
prestazioni di cura e assistenza». Sempre come dimostra la comune
esperienza, il metodo attualmente piu' sicuro per impedire che un
lavoratore contagi le altre persone presenti sul luogo di lavoro, e'
invece quello di avere la ragionevole certezza che egli non sia
infetto: ragionevole certezza che, come visto, non puo' essere data
dalla vaccinazione, bensi' dalla sottoposizione periodica del
lavoratore al "tampone" (indifferentemente, test molecolare, test
antigenico da eseguire in laboratorio, test antigenico rapido di
ultima generazione, v.
https://www.salute.gov.it/portale/nuovocoronavirus/dettaglioFaqNuovoC
oronavirus.jsp?lingua=italiano&id=244#7 -_data ultima verifica: 4
aprile 2022), che garantisce, sia pure solo temporaneamente, che
egli, nei successivi 2-3 giorni in cui si reca al lavoro, non abbia
contratto il virus. Non sembra allora condivisibile quella
giurisprudenza secondo cui «il tampone non protegge dal virus ma al
piu' lo rileva, ed anche la rilevazione e' comunque dubbia, perche'
il contatto col virus potrebbe avvenire anche un minuto dopo
l'effettuazione del tampone e la rilevazione del virus richiede
comunque un tempo di latenza: senza considerare lo stress cui le
strutture sanitarie sarebbero sottoposte se si richiedesse una
sistematica verifica a mezzo tampone di tutti i lavoratori, sulla
premessa della inefficacia della vaccinazione». La tesi non persuade
perche' resta il fatto che la persona vaccinata, che non si sia
sottoposta al tampone, puo' essere ugualmente infetta e puo' quindi
ugualmente contagiare gli altri: la garanzia che la persona vaccinata
non sia infetta, e' pari a zero. Invece la persona che, pur non
vaccinata, si sia sottoposta al tampone, puo' ragionevolmente
considerarsi non infetta per un limitato periodo di tempo. In tal
caso, la garanzia che ella non abbia contratto il virus, non e'
assoluta, ma e' certamente superiore a zero. Nessun dubbio che il
tampone accerti l'inesistenza della malattia solo alla data in cui
viene effettuato; ma cio' costituisce un dato comune a tutti gli
accertamenti diagnostici e tale e' il motivo per cui esso deve essere
ripetuto periodicamente. La garanzia fornita dal tampone, ripetesi,
e' senz'altro relativa; ma quella data dal vaccino e' pari a zero.
Quanto allo "stress" delle strutture sanitarie, e' notorio che il
tampone viene effettuato anche dalle farmacie e che il costo e'
sostenuto dal privato. Ribadito quindi che il vaccino, come attestano
i fatti, non impedisce la diffusione del virus nell'ambiente di
lavoro ove sono ospitate persone fragili, mentre il contrario deve
ragionevolmente ritenersi per il tampone, passando ora al sindacato
costituzionale di ragionevolezza in rapporto alle conoscenze
scientifiche ed alla realta' fattuale, puo' ricordarsi che, come si
legge nella sentenza n. 114/1998 del Giudice delle leggi, «Questa
Corte non intende certo escludere che il sindacato sulla
costituzionalita' delle leggi, vuoi per manifesta irragionevolezza
vuoi sulla base di altri parametri desumibili dalla Costituzione,
possa e debba essere compiuto anche quando la scelta legislativa si
palesi in contrasto con quelli che ne dovrebbero essere i sicuri
riferimenti scientifici o la forte rispondenza alla realta' delle
situazioni che il legislatore ha inteso definire». Alla luce di tali
considerazioni, pertanto, non appare manifestamente infondato il
dubbio che l'introduzione dell'obbligo vaccinale per i lavoratori del
settore in esame, costituisca una misura inidonea - e quindi
irragionevole ex cit. art. 3 della Costituzione - a raggiungere lo
scopo che si prefigge: evitare la diffusione del virus nell'ambiente
di lavoro, precisamente tra le persone fragili, ospiti della
struttura. La norma censurata pertanto, sembra violare l'art. 3 della
Costituzione, poiche', allo scopo di evitare la diffusione del virus,
impone al lavoratore un obbligo inutile e gravemente pregiudizievole
del suo diritto all'autodeterminazione terapeutica ex art. 32 della
Costituzione, nonche' del suo diritto al lavoro ex articoli 4 e 35
della Costituzione, prevedendo la sospensione dal lavoro e dalla
retribuzione in caso di inadempimento dell'obbligo vaccinale: obbligo
che non si pone in necessaria correlazione con la finalita' di
evitare il contagio e di tutelare la salute dei terzi, vale a dire la
salute pubblica. Sembra quindi doversi concludere che il
bilanciamento tra i diritti costituzionali coinvolti, sia stato
operato dal legislatore, che pure gode di ampia discrezionalita', in
maniera irragionevole rispetto alla finalita' perseguita. Anche dal
punto di vista del diritto dell'Unione europea (applicabile sia ai
sensi dell'art. 53 della legge n. 234/2012 e del regolamento UE n.
953/2021, sia perche' la materia giuslavoristica costituisce un
settore sostanzialmente armonizzato, coinvolgendo il principio della
libera circolazione del lavoratore di un altro Stato dell'Unione,
sicche' la cit. disciplina nazionale appare di sicuro interesse
unionale transfrontaliero; cfr. sentenza CGUE 5 dicembre 2006 nel
procc. riuniti C-94/04 e C-202/04, sentenza 30 marzo 2006 in
C-451/03, ordinanza 17 febbraio 2005 in C-250/03), la disciplina
italiana che sospende drasticamente dal lavoro e dalla retribuzione
il lavoratore che non intenda vaccinarsi, sembra violare anche il
principio di proporzionalita' sancito dall'art. 52, primo comma,
della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione, secondo cui
«eventuali limitazioni all'esercizio dei diritti e delle liberta'
riconosciuti dalla presente Carta (tra cui il diritto di lavorare di
cui all'art. 15 della stessa Carta, ndr) devono essere previste dalla
legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e
liberta'. Nel rispetto del principio di proporzionalita', possono
essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e
rispondano effettivamente a finalita' di interesse generale
riconosciute dall'Unione o all'esigenza di proteggere i diritti e le
liberta' altrui» (v. anche l'art. 5 del Trattato sull'Unione europea
e protocollo n. 2, versione consolidata come modificata dall'art. 1
del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007, ratificata dalla legge
2 agosto 2008, n. 130, nella Gazzetta Ufficiale n. 185 dell'8 agosto
2008 - Supplemento ordinario n. 188). Secondo la giurisprudenza
costante della Corte di giustizia dell'Unione, il rispetto del
principio di proporzionalita' presuppone l'adempimento di tre
condizioni cumulative: attitudine, necessita' e proporzionalita' in
senso stretto. Per attitudine, si intende l'idoneita' della misura a
perseguire la finalita' prefissata. La condizione di necessita' esige
che la misura presa costituisca l'opzione arrecante il minor
pregiudizio possibile agli interessi in causa. Infine, il sacrificio
imposto dalla stessa deve poter essere ragionevolmente esigibile (v.
ad esempio CGUE sez. grande, 8 marzo 2022, in C-205/20; sez. I, 21
luglio 2011, in C-2/10; sez. VI, 16 gennaio 2003 in C-12/00; e sez.
VI, 16 gennaio 2003 in C-14/00). Nella specie, la disciplina
italiana, che sospende drasticamente dal lavoro e dall'intera
retribuzione il lavoratore che non intende vaccinarsi, senza
prevedere alcuna soluzione alternativa o intermedia, sembra violare
il principio di proporzionalita' sotto tutti e tre i profili,
perche', come visto, non e' necessaria ne' raggiunge lo scopo di
evitare il contagio, ed impone al lavoratore un sacrificio
all'evidenza completamente insostenibile, privandolo integralmente e
drasticamente dell'unico mezzo che consente a lui ed alla sua
famiglia un'esistenza libera e dignitosa (v. anche quesito n. 4 della
domanda di pronunzia pregiudiziale di cui all'ordinanza 7-17 dicembre
2021 pronunziata da questo giudice nel procedimento n. 1953/2021:
«Dica la Corte di giustizia se, nel caso del vaccino autorizzato
dalla Commissione in forma condizionata, l'eventuale non
assoggettamento al medesimo da parte del personale medico sanitario
nei cui confronti la legge dello Stato impone obbligatoriamente il
vaccino, possa comportare automaticamente la sospensione dal posto di
lavoro senza retribuzione o se si debba prevedere una gradualita'
delle misure sanzionatorie in ossequio al principio fondamentale di
proporzionalita'»). Ed infine, l'obbligo vaccinale, oltre ad apparire
irragionevole e sproporzionato, sembra anche contrario all'art. 32
della Costituzione, poiche', come visto, non previene il contagio e
non tutela quindi la collettivita' (nella specie, i soggetti
fragili), finendo quindi col violare il diritto
all'autodeterminazione terapeutica sancito da tale precetto
costituzionale;
Evidenziato, sotto tale ultimo profilo, che, come di recente
evidenziato dalla dottrina, l'art. 32 della Costituzione racchiude
una molteplicita' di significati: il diritto all'integrita'
plico-fisica e a vivere in un ambiente salubre, ma anche il diritto
alle prestazioni sanitarie, alle cure gratuite per gli indigenti e
quello di non ricevere trattamenti sanitari, se non di carattere
obbligatorio, volti a tutelare non gia' solo il destinatario, ma
soprattutto la collettivita', come avviene nel caso delle
vaccinazioni o degli interventi effettuati per la salute mentale. Il
diritto alla salute presenta, quindi, una connotazione sia oppositiva
che pretensiva. Oppositiva, nella parte in cui attribuisce al
titolare il potere di rifiutare i trattamenti sanitari non voluti,
anche se vitali. Viene all'uopo affermato il principio secondo cui
ciascuno deve poter disporre della propria di salute e
dell'integrita' personale e in tale ambito deve essere ricompreso il
diritto di rifiutare le cure mediche, lasciando che la malattia segua
il suo corso, anche fino alle estreme conseguenze. Il baricentro del
diritto alla salute e' spostato dall'originaria componente
pubblicistica a quella piu' prettamente privatistica, attraverso la
progressiva centralita' della componente psicologica dell'individuo,
che si atteggia sia in termini oppositivi, come diritto alla
protezione della salute fisica e psichica, sia, soprattutto, nella
dimensione pretensiva, come diritto di disporre di se' e,
sostanzialmente, di autodeterminarsi (in presenza di tali principi
costituzionali, le coscienziose preoccupazioni dell'odierna datrice
di lavoro per la salute del ricorrente, fondate sul decreto
legislativo 9 aprile 2008, n. 81, sembrano dissolversi, poiche' deve
trovare applicazione, in capo al ricorrente, il principio di
autoresponsabilita', corollario delle sue scelte in materia di
salute). In materia di vaccinazioni obbligatorie, esiste un indirizzo
costante del giudice delle leggi, in base al quale l'art. 32 della
Costituzione postula il necessario contemperamento del diritto alla
salute della singola persona (anche nel suo contenuto di liberta' di
cura) con il coesistente e reciproco diritto delle altre persone e
con l'interesse della collettivita'. In particolare, la Corte ha
precisato che la legge impositiva di un trattamento sanitario non e'
incompatibile con l'art. 32 della Costituzione a varie condizioni,
tra cui quella che il trattamento sia diretto non solo a migliorare o
a preservare lo stato di salute di chi vi e' assoggettato, ma anche a
preservare lo stato di salute degli altri. In particolare, come
affermato dalla sentenza 22 giugno 1990, n. 307, la costituzionalita'
degli interventi normativi che dispongano l'obbligatorieta' di
determinati trattamenti sanitari (nel caso di specie si trattava del
vaccino antipolio), risulta subordinata al fatto che il trattamento
sia diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute
di chi vi e' assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute
degli altri, giacche' e' proprio tale ulteriore scopo, attinente alla
salute come interesse della collettivita', a giustificare la
compressione di quella autodeterminazione dell'uomo che inerisce al
diritto di ciascuno alla salute in quanto diritto fondamentale (nello
stesso senso, v. Corte costituzionale n. 132 e n. 210 del 1992, n.
258 del 1994 e n. 118 del 1996). Recente conferma di tale indirizzo
si rinviene anche nelle sentenze n. 5 del 2018 e n. 37 del 2021: in
entrambi i casi la Corte ha ritenuto compatibile con l'art. 32 della
Costituzione la legge impositiva di un trattamento sanitario, quando
quel trattamento e' finalizzato, non solo a migliorare o a mantenere
lo stato di salute di chi vi e' assoggettato, ma anche a preservare
la salute degli altri. Cio' che non accade nella fattispecie oggetto
del presente procedimento, poiche', come si e' visto, i fatti
dimostrano che la vaccinazione obbligatoria non impedisce di
contrarre il virus, ne' impedisce che il lavoratore infetto contagi
le persone con cui viene a contatto sul luogo di lavoro. Da cio'
consegue che, l'imposizione al lavoratore dell'obbligo vaccinale, non
essendo idonea a preservare la salute degli altri, non sembra
conforme all'art. 32 della Costituzione. Alla luce di tutte tali
considerazioni, non puo' essere condivisa l'affermazione di taluna
giurisprudenza secondo cui «l'utilita' della vaccinazione si apprezza
non solo in termini di minore rischio di diffusione della pandemia,
ma anche in termini di minore gravita' della malattia e specialmente
di minore rischio di ospedalizzazione; con conseguente maggiore
tutela del personale sanitario, che non puo' sottrarsi al contatto
con la persona malata, e minore aggravio dei ricoveri ospedalieri, in
un contesto di risorse limitate». Il vaccino, ripetesi, non impedisce
il contagio e non tutela quindi la collettivita' (nella specie,
persone fragili), ma solo la persona che accetta di sottoporsi.
Quanto al dedotto «aggravio dei ricoveri ospedalieri (delle persone
non vaccinate che contraggono il virus, ndr) in un contesto di
risorse limitate», tale rilievo relativo alla finanza pubblica, non
sembra sufficiente per derogare ai citt. principi vigenti in materia
di diritto all'autodeterminazione terapeutica, in relazione ai quali
l'art. 32 della Costituzione sembra prevedere la possibilita' di
deroga solo a tutela della salute pubblica, ma non per esigenze della
finanza pubblica connesse alle spese sanitarie;
Ritenuta non manifestamente infondata anche la questione di
legittimita' costituzionale del comma 7 dell'art. 4 dello stesso
decreto-legge n. 44/2021, per contrasto sempre con l'art. 3 della
Costituzione, sotto il profilo della disparita di trattamento. Il
comma 7 prevede che il datore di lavoro sia tenuto ad adibire a
mansioni anche diverse, senza decurtazione della retribuzione, in
modo da evitare il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2,
solo ed esclusivamente i lavoratori di cui al comma 2, vale a dire
per i lavoratori esentati dalla vaccinazione. L'art. 4-ter 2, terzo
comma, del medesimo decreto-legge n. 44 del 1° aprile 2021, n. 44,
per il personale docente ed educativo della scuola (introdotto
dall'art. 8, comma 4, del decreto-legge 24 marzo 2022, n. 24),
prevede che «L'atto di accertamento dell'inadempimento (dell'obbligo
vaccinale, per qualsiasi ragione, ndr) impone al dirigente scolastico
di utilizzare il docente inadempiente in attivita' di supporto alla
istituzione scolastica». Ebbene, se la disciplina dell'obbligo
vaccinale dei sanitari e del personale docente ed educativo della
scuola, e' posta al fine di tutelare la salute pubblica, sembra
chiaro che il pericolo di diffusione del virus, sia uguale in capo a
qualsiasi lavoratore non vaccinato del settore sanitario,
indipendentemente dal fatto che la omessa vaccinazione sia dovuta ad
una scelta volontaria oppure ad un accertato pericolo per la sua
salute. A parita' di condizione (uguaglianza del pericolo di contagio
per gli ospiti ed i pazienti), non si comprende allora per quale
motivo il cit. obbligo di repěchage debba sussistere solo a favore
dei secondi e non anche a favore dei primi. Ne' potrebbe sostenersi
che, nel settore sanitario, la differenza di trattamento sia
giustificata da esigenze aziendali connesse al presumibile minor
numero dei lavoratori che non possono vaccinarsi, rispetto al numero
di quelli che non vogliono vaccinarsi. La norma, infatti, escludetout
court, il repêchage per i secondi, a prescindere dal numero dei
primi, senza invece prevederlo anche a favore dei secondi, almeno «se
possibile», vale a dire tenendo in considerazione le esigenze
aziendali. Ne' si comprende per quale motivo l'obbligo di repěchage
sussista sempre per il personale docente ed educativo della scuola, e
non anche per il personale sanitario che non voglia vaccinarsi. Il
cit. comma 7 sembra allora contrario all'art. 3 della Costituzione,
nella parte in cui non prevede che l'obbligo di repêchage sussista
anche per i sanitari che scelgono di non vaccinarsi (cio' che sembra
violare anche il predetto principio di proporzionalita');
Precisato che, stante il chiaro ed inequivocabile tenore
letterale delle norme sospettate di incostituzionalita', non sembra
possibile alcuna loro interpretazione costituzionalmente orientata;
Riservata ad altra separata ordinanza la decisione della domanda
cautelare proposta dal ricorrente.
P.Q.M. Visto l'art. 134 della Costituzione, e gli articoli 23 e ss. della legge 11 marzo 1957, n. 87, Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale - con riferimento agli articoli 3, 4, 32 e 35 della Costituzione - dell'art. 4-bis, primo comma, e dei commi primo, quarto, quinto e settimo dell'art. 4 del decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, convertito con modificazioni dalla legge 28 maggio 2021, n. 76, e quindi modificato dal decreto-legge 26 novembre 2021, n. 172, a sua volta convertito con modificazioni dalla legge 21 gennaio 2022, n. 3, ed infine modificato dal decreto-legge 24 marzo 2022, n. 24, e precisamente: l'art. 4-bis, primo comma, ed i commi primo, quarto, quinto dell'art. 4, laddove prevedono l'obbligo vaccinale, anziche' prevedere l'obbligo del lavoratore di sottoporsi indifferentemente al test molecolare, ai test antigenico da eseguire in laboratorio, oppure al test antigenico rapido di ultima generazione, per la rilevazione di SARS-CoV-2, anche presso centri privati, ogni settantadue ore nel primo caso ed ogni quarantotto nel secondo; il settimo comma dell'art. 4 nella parte in cui non prevede che anche per i lavoratori che decidono di non vaccinarsi, vi sia l'obbligo del datore di lavoro di adibirli a mansioni anche diverse, senza decurtazione della retribuzione, in modo da evitare il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2. Dispone la immediata trasmissione degli atti e della presente ordinanza, comprensivi della documentazione attestante il perfezionamento delle prescritte comunicazioni e notificazioni, alla Corte costituzionale e sospende il giudizio. Manda la cancelleria per la notificazione della presente ordinanza alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' per la sua comunicazione ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Padova, 28 aprile 2022 Il Giudice: Beghini