N. 76 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 aprile 2022

Ordinanza del 28 aprile 2022 del Tribunale di Padova nel procedimento
civile promosso da B. G. contro O.P.S.A.. 
 
Salute (Tutela della) - Profilassi internazionale - Vaccinazioni anti
  SARS-CoV-2 - Previsione di obblighi vaccinali per gli esercenti  le
  professioni sanitarie e gli  operatori  di  interesse  sanitario  -
  Estensione  dell'obbligo  vaccinale  ai  lavoratori  impiegati   in
  strutture residenziali, socio-assistenziali e socio-sanitarie  (nel
  caso di specie: portiere-centralinista dipendente di una fondazione
  che accoglie persone  con  disabilita')  -  Omessa  previsione,  in
  alternativa  all'obbligo  vaccinale,  della  possibilita'  per   il
  lavoratore di sottoporsi indifferentemente al test  molecolare,  al
  test  antigenico  da  eseguire  in  laboratorio,  oppure  al   test
  antigenico rapido di ultima  generazione,  per  la  rilevazione  di
  SARS-CoV-2, anche presso centri privati, ogni 72 ore nel primo caso
  e ogni 48 ore nel secondo caso. 
Salute (Tutela della) - Profilassi internazionale - Vaccinazioni anti
  SARS-CoV-2 - Previsione di obblighi vaccinali per gli esercenti  le
  professioni sanitarie e gli  operatori  di  interesse  sanitario  -
  Estensione  dell'obbligo  vaccinale  ai  lavoratori  impiegati   in
  strutture residenziali, socio-assistenziali e socio-sanitarie  (nel
  caso di specie: portiere-centralinista dipendente di una fondazione
  che accoglie persone con disabilita') - Adibizione a mansioni anche
  diverse, senza decurtazione della retribuzione, in modo da  evitare
  il rischio di diffusione del contagio da  SARS-CoV-2  -  Previsione
  applicabile ai soli soggetti per i quali ricorrono  le  ipotesi  in
  cui la  vaccinazione  puo'  essere  omessa  o  differita  -  Omessa
  estensione al personale che, per una libera scelta individuale,  si
  sia astenuto dalla vaccinazione. 
- Decreto-legge  1°  aprile  2021,  n.  44  (Misure  urgenti  per  il
  contenimento dell'epidemia da COVID-19, in materia di  vaccinazioni
  anti SARS-CoV-2, di giustizia e di concorsi pubblici),  convertito,
  con  modificazioni,  nella  legge  28  maggio  2021,  n.  76  (come
  modificato dal decreto-legge  26  novembre  2021,  n.  172  "Misure
  urgenti per il contenimento dell'epidemia  da  COVID-19  e  per  lo
  svolgimento in sicurezza delle  attivita'  economiche  e  sociali",
  convertito, con modificazioni, nella legge 21 gennaio 2022, n. 3  e
  dal decreto-legge 24 marzo 2022, n. 24 "Disposizioni urgenti per il
  superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia
  da  COVID-19,  in  conseguenza  della  cessazione  dello  stato  di
  emergenza, e altre disposizioni in materia  sanitaria"),  artt.  4,
  commi 1, 4, 5 e 7; e 4-bis, comma 1. 
(GU n.27 del 6-7-2022 )
 
                    TRIBUNALE ORDINARIO DI PADOVA 
                           Sezione lavoro 
 
    Il Giudice, 
    Letti gli atti del procedimento n. 277/2022  RG,  a  scioglimento
della riserva assunta all'udienza del 12 aprile 2022; 
    Premesso che con ricorso ex art.  700  del  codice  di  procedura
civile depositato  il  7  febbraio  2022,  B.  G.,  che  lavora  alle
dipendenze    di    O.P.S.A.    dal    ...    con     mansioni     di
portiere-centralinista, espone che, con nota  emessa  il  ...,  detto
datore di lavoro lo invitava a produrre  copia  della  documentazione
comprovante l'effettuazione della vaccinazione e/o  dell'attestazione
relativa  all'omissione  o  al   suo   differimento.   Il   ...,   in
considerazione dell'omesso invio di tale documentazione, il datore di
lavoro  disponeva  la  sospensione  del  ricorrente  dal  diritto  di
svolgere la propria attivita' lavorativa e di  ottenere  il  relativo
trattamento economico, fino  all'adempimento  del  predetto  obbligo,
ovvero non oltre la data del ... (successivamente  differita  al  ...
dall'art. 8, comma 1, lettera a), del decreto-legge 24 marzo 2022, n.
24). Deducendo l'illegittimita' di detta sospensione, B. G. chiede di
essere reintegrato nel proprio posto di lavoro,  anche  con  mansioni
differenti, con condanna del datore  di  lavoro  al  pagamento  delle
retribuzioni arretrate; 
    Premesso altresi' che  la  resistente  O.P.S.A.  (Fondazione  che
accoglie persone con disabilita'), ha replicato di  essersi  limitata
ad adempiere a quanto imposto dall'art. 4-bis  del  decreto-legge  1°
aprile 2021, n. 44, contestando l'esistenza di alcun  obbligo  di  cd
repêchage, stante l'intervenuta abrogazione del comma 8, dell'art. 4,
precisando  infine  che  non  vi  sarebbe  stata  in  ogni  caso   la
possibilita' di adibire il ricorrente a mansioni diverse; 
    Lette le successive memorie depositate da entrambe le parti; 
    Ricordato che il cit. art.  4-bis  del  decreto-legge  1°  aprile
2021, n. 44 (come modificato dall'art. 1, comma 1, lettera c), n. 1),
del  decreto-legge  26  novembre  2021,  n.  172,   convertito,   con
modificazioni,  dalla  legge  21  gennaio  2022,  n.  3),  ha  esteso
l'obbligo   vaccinale   ai   lavoratori   impiegati   in    strutture
residenziali,  socio-assistenziali  e   socio-sanitarie,   disponendo
testualmente quanto segue: «1. Dal 10 ottobre  2021  (e  fino  al  31
dicembre 2022, v. art. 8, comma 2, del cit.  decreto-legge  24  marzo
2022,  n.  24,  non  ancora  convertito,  ndr),  l'obbligo  vaccinale
previsto dall'art.  4,  comma  1,  si  applica  altresi'  a  tutti  i
soggetti, anche esterni, che svolgono, a qualsiasi titolo, la propria
attivita' lavorativa nelle strutture di cui all'art.  1-bis,  incluse
le strutture semiresidenziali e le strutture che, a qualsiasi titolo,
ospitano persone in situazione di fragilita'. 2. Le disposizioni  del
comma 1 non si applicano ai soggetti esenti dalla campagna  vaccinale
sulla base di  idonea  certificazione  medica  rilasciata  secondo  i
criteri definiti con circolare del Ministero della salute»; 
    Ricordato  che,  per  quanto  qui   interessa,   l'art.   4   del
decreto-legge 1° aprile 2021, n.  44  (convertito  con  modificazioni
dalla  legge  28  maggio  2021,  n.  76,  e  quindi  modificato   dal
decreto-legge 26 novembre 2021, n. 172, a sua  volta  convertito  con
modificazioni dalla legge 21 gennaio 2022, n. 3), dispone - ai  commi
che qui interessano - quanto segue: «1. (Fino al 31 dicembre  22,  v.
art. 8, comma 1, lettera a), del cit. decreto-legge 24 marzo 2022, n.
24, ndr) al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere  adeguate
condizioni di sicurezza nell'erogazione delle prestazioni di  cura  e
assistenza, in attuazione del piano di cui  all'art.  1,  comma  457,
della legge 30 dicembre 2020, n. 178, gli  esercenti  le  professioni
sanitarie e gli operatori di interesse sanitario di cui  all'art.  1,
comma 2, della legge 1° febbraio 2006,  n.  43,  per  la  prevenzione
dell'infezione  da  SARS-CoV-2  sono   obbligati   a   sottoporsi   a
vaccinazione gratuita, comprensiva, a far data dal 15 dicembre  2021,
della somministrazione della dose di  richiamo  successiva  al  ciclo
vaccinale primario, nel rispetto  delle  indicazioni  e  dei  termini
previsti con circolare del Ministero della  salute.  La  vaccinazione
costituisce requisito essenziale per l'esercizio della professione  e
per  lo  svolgimento  delle  prestazioni  lavorative   dei   soggetti
obbligati. La vaccinazione e'  somministrata  altresi'  nel  rispetto
delle indicazioni fornite dalle regioni e dalle Province autonome  di
Trento e di Bolzano in  conformita'  alle  previsioni  contenute  nel
piano di cui al primo periodo. 2. Solo in caso di accertato  pericolo
per  la  salute,  in  relazione  a  specifiche  condizioni   cliniche
documentate, attestate dal medico di medicina generale, nel  rispetto
delle circolari del Ministero della salute in  materia  di  esenzione
dalla vaccinazione anti SARS-CoV-2, non sussiste l'obbligo di cui  al
comma 1 e la vaccinazione puo' essere omessa o differita. 4.  Decorsi
i termini di cui al comma 3, qualora l'Ordine  professionale  accerti
il mancato adempimento dell'obbligo  vaccinale,  anche  con  riguardo
alla  dose  di  richiamo,  ne  da'  comunicazione  alle   Federazioni
nazionali competenti e, per il personale che  abbia  un  rapporto  di
lavoro dipendente, anche al datore di  lavoro.  L'inosservanza  degli
obblighi di comunicazione di cui al  primo  periodo  da  parte  degli
Ordini professionali verso le Federazioni nazionali rileva ai fini  e
per  gli  effetti  dell'art.  4  del  decreto  legislativo  del  Capo
Provvisorio  dello  Stato  13  settembre  1946,  n.  233.  L'atto  di
accertamento dell'inadempimento dell'obbligo vaccinale e' adottato da
parte dell'Ordine territoriale competente, all'esito delle  verifiche
di  cui  al  comma  3,  ha  natura  dichiarativa,  non  disciplinare,
determina l'immediata sospensione  dall'esercizio  delle  professioni
sanitarie ed e' annotato  nel  relativo  albo  professionale.  5.  La
sospensione di cui al comma 4 e' efficace fino alla comunicazione  da
parte dell'interessato all'Ordine territoriale competente e,  per  il
personale che abbia un rapporto di lavoro dipendente, anche al datore
di lavoro, del completamento del ciclo vaccinale primario  e,  per  i
professionisti che hanno  completato  il  ciclo  vaccinale  primario,
della somministrazione della dose di richiamo e comunque non oltre il
termine di sei mesi a decorrere dal 15 dicembre 2021 (non oltre il 31
dicembre 2022, v. art. 8, comma 1, lettera  b)  punti  1)  e  2)  del
decreto-legge  24  marzo  2022,  n.  24,  ndr).  Per  il  periodo  di
sospensione non sono dovuti la  retribuzione  ne'  altro  compenso  o
emolumento,  comunque  denominato.  Il  datore  di  lavoro   verifica
l'ottemperanza alla sospensione disposta ai sensi del comma 4  e,  in
caso di omessa verifica, si applicano le  sanzioni  di  cui  all'art.
4-ter,  comma  6.  (omissis,  ndr)  7.  Per  il  periodo  in  cui  la
vaccinazione di cui al comma 1 e' omessa o differita,  il  datore  di
lavoro adibisce i soggetti  di  cui  al  comma  2  a  mansioni  anche
diverse, senza decurtazione della retribuzione, in modo da evitare il
rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2.»; 
    Ritenuto che sebbene il cit. art. 4-bis,  primo  comma,  richiami
testualmente solo il primo comma dell'art. 4, ai lavoratori impiegati
in strutture  residenziali,  socio-assistenziali  e  socio-sanitarie,
debbano applicarsi - per analogia - anche i commi  quarto,  quinto  e
settimo dello stesso art. 4. Se cosi' non fosse, per tali  lavoratori
vi sarebbe un inammissibile vuoto di disciplina; 
    Ritenuto che non siano manifestamente infondate le  questioni  di
legittimita' costituzionale che seguono (pacifica la loro  rilevanza,
poiche' sulla base della  predetta  normativa,  il  ricorso  andrebbe
respinto, mentre se le questioni  di  legittimita'  fossero  fondate,
sarebbe accolto); 
    Ritenuto che sussista il dubbio che l'art.  4-bis,  primo  comma,
nonche' i citt. commi primo, quarto e quinto dell'art. 4,  non  siano
conformi all'art.  3  della  Costituzione,  sotto  il  profilo  della
ragionevolezza, ne'  all'art.  32  della  Costituzione.  Va  all'uopo
ricordato che, secondo la costante giurisprudenza costituzionale,  il
diritto  alla  salute  sub  specie   diritto   all'autodeterminazione
terapeutica, puo' trovare  limitazione  solo  nei  casi  in  cui  sia
necessario tutelare l'interesse della collettivita', poiche', in caso
contrario, ogni persona e' libera di decidere se sottoporsi o meno  a
trattamenti sanitari, anche a costo di  conseguenze  letali.  Ebbene,
nel caso di specie, e' chiaro  che  la  vaccinazione  e'  imposta  al
lavoratore non a tutela della salute propria, ma di quella altrui (in
particolare, quelle delle persone «fragili» della struttura, in gergo
«ospiti»), come del resto precisa anche il cit. comma 1 dell'art.  4,
richiamato dal primo comma dell'art. 4-bis («al fine di  tutelare  la
salute  pubblica  e  mantenere  adeguate  condizioni   di   sicurezza
nell'erogazione delle  prestazioni  di  cura  e  assistenza...»).  E'
evidentemente doverosa e del tutto legittima  la  preoccupazione  del
legislatore  di  tutelare  la  salute  di  dette  persone,  imponendo
l'adozione di tutte le cautele necessarie  al  fine  di  evitarne  il
contagio  da  parte  di   coloro   che   lavorano   nelle   strutture
(considerando anche con la legge 3 marzo 2009, n. 18,  il  Parlamento
ha autorizzato la ratifica della Convenzione delle  Nazioni  Unite  -
approvata dall'Assemblea generale il 13 dicembre 2006 -  sui  diritti
delle persone con disabilita' e del  relativo  protocollo  opzionale,
sottoscritta  dall'Italia  il  30  marzo  2007);  nondimeno,  a   ben
osservare, l'obbligo  vaccinale  imposto  ai  lavoratori  non  appare
idoneo a raggiungere lo scopo che si prefigge, quello  di  preservare
la salute degli ospiti: e qui risiede l'irragionevolezza della  norma
ai sensi dell'art. 3 della Costituzione.  Puo'  infatti  considerarsi
notorio il fatto che  la  persona  che  si  e'  sottoposta  al  ciclo
vaccinale, puo' comunque contrarre il virus e puo' quindi  contagiare
gli altri.  Puo'  dunque  notoriamente  accadere,  ed  effettivamente
accade,  come  conferma  l'esperienza  quotidiana,  che  una  persona
vaccinata contragga il virus e contagi le altre persone (vaccinate  o
meno che siano). Come emerge dai dati  forniti  dal  Ministero  della
salute                                                            (v.
https://opendatadpc.maps.arcgis.com/apps/dashboards/b0c68bce2cce478ea
ac82fe38d4138b1), nonostante l'avvio  della  campagna  vaccinale,  il
numero  di  contagi  piu'  elevato  in  assoluto  dall'inizio   della
pandemia, pari a + 220.532, e' stato registrato l'11 gennaio 2022. 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
    Come  emerge  dal  «Report  Esteso  ISS  (Istituto  Superiore  di
Sanita', ndr) COVID-19:  Sorveglianza,  impatto  delle  infezioni  ed
efficacia vaccinale - Aggiornamento nazionale 19 gennaio 2022  -  ore
12,00 Data pubblicazione: 21 gennaio 2022. Versione 2 del 23  gennaio
2022»                                                             (v.
https://www.epicentroissit/coronavirus/bollettino/Bollettino-sorvegli
anzaintegrata-COVID-19_19-gennaio-2022.pdf), «La  campagna  vaccinale
in Italia e' iniziata il 27 dicembre 2020. Al 19 gennaio  2022,  sono
state  somministrate  122.166.535  dosi   (46.444.870   prime   dosi,
47.217.348  seconde/uniche  dosi  e  28.504.317  terze  dosi)   delle
123.518,808     dosi      di      vaccino      finora      consegnate
(https://github.com/italia/covid19-opendata-vaccini)...   L'efficacia
del vaccino  (riduzione  percentuale  del  rischio  rispetto  ai  non
vaccinati) nel: 
      prevenire la diagnosi di infezione da SARS-CoV-2: 
        pari al 66% entro novanta giorni dal completamento del  ciclo
vaccinale,  53%  tra  i novantuno  e  centoventi  giorni,   e   34,7%
oltre centoventi giorni dal completamento del ciclo vaccinale; 
        pari   al   66,7%   nei   soggetti   vaccinati    con    dose
aggiuntiva/booster; 
      prevenire casi di malattia severa: 
        pari  a  95%  nei  vaccinati  con  ciclo  completo  da   meno
di novanta giorni, 93% nei vaccinati con ciclo completo da  novantuno
e centoventi giorni, e 89% nei  vaccinati  che  hanno  completato  il
ciclo vaccinale da oltre centoventi giorni; 
        pari   al   97,5%   nei   soggetti   vaccinati    con    dose
aggiuntiva/booster». 
    Il successivo Report, «Aggiornamento nazionale 6  aprile  2022  -
ore     12,00     Data     pubblicazione:     8     aprile      2022»
(https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/bollettino/Bollettino-sorve
glianza-integrata-COVID-19_6-aprile-2022.pdf),  riferisce   che   «La
campagna vaccinale in Italia e' iniziata il 27 dicembre  2020.  Al  6
aprile 2022, sono state somministrate  136.040.688  dosi  (47.294.685
prime dosi, 49.783.807 seconde/uniche dosi e 38.962.196 terze dosi...
L'efficacia  del  vaccino  (riduzione  percentuale  del  rischio  nei
vaccinati rispetto  ai  non  vaccinati)  nel  periodo  di  prevalenza
Omicron (a partire dal 3 gennaio 2022) nel: 
      prevenire la diagnosi di infezione da SARS-CoV-2 e': 
          pari al 47%  entro novanta  giorni  dal  completamento  del
ciclo vaccinale, 39% tra i novantuno e centoventi giorni, e 47% oltre
centoventi giorni dal completamento del ciclo vaccinale; 
          pari   al   66%   nei   soggetti   vaccinati    con    dose
aggiuntiva/booster; 
      prevenire casi di malattia severa e': 
        pari a 73% nei  vaccinati  con  ciclo  completo  da  meno  di
novanta giorni, 75% nei vaccinati con ciclo completo  da novantuno  e
centoventi giorni, e 75% nei vaccinati che hanno completato il  ciclo
vaccinale da oltre centoventi giorni; 
        pari   al   91%   nei    soggetti    vaccinati    con    dose
aggiuntiva/booster». 
    Lo   stesso   Ministero   della   salute,    inoltre,    dichiara
tassativamente falsa (cd fake new) l'affermazione secondo cui «Se  ho
fatto il vaccino contro Sars-CoV-2 e anche il richiamo con  la  terza
dose  non  posso  ammalarmi  di  Covid-19  e  non  posso  trasmettere
l'infezione                        agli                        altri»
(https://www.salute.gov.it/portale/nuovocoronavirus/archivioFakeNewsN
uovoCoronavirus-jsp). E' quindi assodato che il  mero  fatto  che  un
lavoratore si sia sottoposto al vaccino, non garantisce che egli  non
contragga il virus e che quindi, recandosi sul luogo di  lavoro,  non
infetti le persone con cui ivi viene a  contatto,  nella  specie  gli
ospiti della struttura sanitaria. Di qui, come detto, il dubbio sulla
ragionevolezza dell'imposizione dell'obbligo vaccinale in  questione:
imposizione non idonea «al fine di  tutelare  la  salute  pubblica  e
mantenere adeguate  condizioni  di  sicurezza  nell'erogazione  delle
prestazioni di cura e assistenza». Sempre  come  dimostra  la  comune
esperienza, il metodo attualmente piu' sicuro  per  impedire  che  un
lavoratore contagi le altre persone presenti sul luogo di lavoro,  e'
invece quello di avere la  ragionevole  certezza  che  egli  non  sia
infetto: ragionevole certezza che, come visto, non puo'  essere  data
dalla  vaccinazione,  bensi'  dalla  sottoposizione   periodica   del
lavoratore al "tampone"  (indifferentemente,  test  molecolare,  test
antigenico da eseguire in  laboratorio,  test  antigenico  rapido  di
ultima                        generazione,                         v.
https://www.salute.gov.it/portale/nuovocoronavirus/dettaglioFaqNuovoC
oronavirus.jsp?lingua=italiano&id=244#7  -_data  ultima  verifica:  4
aprile 2022), che garantisce,  sia  pure  solo  temporaneamente,  che
egli, nei successivi 2-3 giorni in cui si reca al lavoro,  non  abbia
contratto  il  virus.  Non   sembra   allora   condivisibile   quella
giurisprudenza secondo cui «il tampone non protegge dal virus  ma  al
piu' lo rileva, ed anche la rilevazione e' comunque  dubbia,  perche'
il  contatto  col  virus  potrebbe  avvenire  anche  un  minuto  dopo
l'effettuazione del tampone  e  la  rilevazione  del  virus  richiede
comunque un tempo di latenza: senza  considerare  lo  stress  cui  le
strutture  sanitarie  sarebbero  sottoposte  se  si  richiedesse  una
sistematica verifica a mezzo tampone di  tutti  i  lavoratori,  sulla
premessa della inefficacia della vaccinazione». La tesi non  persuade
perche' resta il fatto che la  persona  vaccinata,  che  non  si  sia
sottoposta al tampone, puo' essere ugualmente infetta e  puo'  quindi
ugualmente contagiare gli altri: la garanzia che la persona vaccinata
non sia infetta, e' pari a zero.  Invece  la  persona  che,  pur  non
vaccinata,  si  sia  sottoposta  al  tampone,  puo'   ragionevolmente
considerarsi non infetta per un limitato periodo  di  tempo.  In  tal
caso, la garanzia che ella non  abbia  contratto  il  virus,  non  e'
assoluta, ma e' certamente superiore a zero.  Nessun  dubbio  che  il
tampone accerti l'inesistenza della malattia solo alla  data  in  cui
viene effettuato; ma cio' costituisce un  dato  comune  a  tutti  gli
accertamenti diagnostici e tale e' il motivo per cui esso deve essere
ripetuto periodicamente. La garanzia fornita dal  tampone,  ripetesi,
e' senz'altro relativa; ma quella data dal vaccino e'  pari  a  zero.
Quanto allo "stress" delle strutture sanitarie,  e'  notorio  che  il
tampone viene effettuato anche dalle  farmacie  e  che  il  costo  e'
sostenuto dal privato. Ribadito quindi che il vaccino, come attestano
i fatti, non impedisce  la  diffusione  del  virus  nell'ambiente  di
lavoro ove sono ospitate persone fragili, mentre  il  contrario  deve
ragionevolmente ritenersi per il tampone, passando ora  al  sindacato
costituzionale  di  ragionevolezza  in   rapporto   alle   conoscenze
scientifiche ed alla realta' fattuale, puo' ricordarsi che,  come  si
legge nella sentenza n. 114/1998 del  Giudice  delle  leggi,  «Questa
Corte  non  intende  certo   escludere   che   il   sindacato   sulla
costituzionalita' delle leggi, vuoi  per  manifesta  irragionevolezza
vuoi sulla base di altri  parametri  desumibili  dalla  Costituzione,
possa e debba essere compiuto anche quando la scelta  legislativa  si
palesi in contrasto con quelli che  ne  dovrebbero  essere  i  sicuri
riferimenti scientifici o la forte  rispondenza  alla  realta'  delle
situazioni che il legislatore ha inteso definire». Alla luce di  tali
considerazioni, pertanto,  non  appare  manifestamente  infondato  il
dubbio che l'introduzione dell'obbligo vaccinale per i lavoratori del
settore  in  esame,  costituisca  una  misura  inidonea  -  e  quindi
irragionevole ex cit. art. 3 della Costituzione -  a  raggiungere  lo
scopo che si prefigge: evitare la diffusione del virus  nell'ambiente
di  lavoro,  precisamente  tra  le  persone  fragili,  ospiti   della
struttura. La norma censurata pertanto, sembra violare l'art. 3 della
Costituzione, poiche', allo scopo di evitare la diffusione del virus,
impone al lavoratore un obbligo inutile e gravemente  pregiudizievole
del suo diritto all'autodeterminazione terapeutica ex art.  32  della
Costituzione, nonche' del suo diritto al lavoro ex articoli  4  e  35
della Costituzione, prevedendo la  sospensione  dal  lavoro  e  dalla
retribuzione in caso di inadempimento dell'obbligo vaccinale: obbligo
che non si pone  in  necessaria  correlazione  con  la  finalita'  di
evitare il contagio e di tutelare la salute dei terzi, vale a dire la
salute  pubblica.   Sembra   quindi   doversi   concludere   che   il
bilanciamento tra  i  diritti  costituzionali  coinvolti,  sia  stato
operato dal legislatore, che pure gode di ampia discrezionalita',  in
maniera irragionevole rispetto alla finalita' perseguita.  Anche  dal
punto di vista del diritto dell'Unione europea  (applicabile  sia  ai
sensi dell'art. 53 della legge n. 234/2012 e del  regolamento  UE  n.
953/2021, sia  perche'  la  materia  giuslavoristica  costituisce  un
settore sostanzialmente armonizzato, coinvolgendo il principio  della
libera circolazione del lavoratore di  un  altro  Stato  dell'Unione,
sicche' la cit.  disciplina  nazionale  appare  di  sicuro  interesse
unionale transfrontaliero; cfr. sentenza CGUE  5  dicembre  2006  nel
procc.  riuniti  C-94/04  e  C-202/04,  sentenza  30  marzo  2006  in
C-451/03, ordinanza 17 febbraio  2005  in  C-250/03),  la  disciplina
italiana che sospende drasticamente dal lavoro e  dalla  retribuzione
il lavoratore che non intenda vaccinarsi,  sembra  violare  anche  il
principio di proporzionalita'  sancito  dall'art.  52,  primo  comma,
della  Carta  dei  diritti  fondamentali  dell'Unione,  secondo   cui
«eventuali limitazioni all'esercizio dei  diritti  e  delle  liberta'
riconosciuti dalla presente Carta (tra cui il diritto di lavorare  di
cui all'art. 15 della stessa Carta, ndr) devono essere previste dalla
legge e  rispettare  il  contenuto  essenziale  di  detti  diritti  e
liberta'. Nel rispetto del  principio  di  proporzionalita',  possono
essere  apportate  limitazioni  solo  laddove  siano   necessarie   e
rispondano  effettivamente  a   finalita'   di   interesse   generale
riconosciute dall'Unione o all'esigenza di proteggere i diritti e  le
liberta' altrui» (v. anche l'art. 5 del Trattato sull'Unione  europea
e protocollo n. 2, versione consolidata come modificata  dall'art.  1
del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007, ratificata dalla  legge
2 agosto 2008, n. 130, nella Gazzetta Ufficiale n. 185 dell'8  agosto
2008 - Supplemento  ordinario  n.  188).  Secondo  la  giurisprudenza
costante della  Corte  di  giustizia  dell'Unione,  il  rispetto  del
principio  di  proporzionalita'  presuppone  l'adempimento   di   tre
condizioni cumulative: attitudine, necessita' e  proporzionalita'  in
senso stretto. Per attitudine, si intende l'idoneita' della misura  a
perseguire la finalita' prefissata. La condizione di necessita' esige
che  la  misura  presa  costituisca  l'opzione  arrecante  il   minor
pregiudizio possibile agli interessi in causa. Infine, il  sacrificio
imposto dalla stessa deve poter essere ragionevolmente esigibile  (v.
ad esempio CGUE sez. grande, 8 marzo 2022, in C-205/20;  sez.  I,  21
luglio 2011, in C-2/10; sez. VI, 16 gennaio 2003 in C-12/00;  e  sez.
VI,  16  gennaio  2003  in  C-14/00).  Nella  specie,  la  disciplina
italiana,  che  sospende  drasticamente  dal  lavoro  e   dall'intera
retribuzione  il  lavoratore  che  non  intende   vaccinarsi,   senza
prevedere alcuna soluzione alternativa o intermedia,  sembra  violare
il principio  di  proporzionalita'  sotto  tutti  e  tre  i  profili,
perche', come visto, non e' necessaria  ne'  raggiunge  lo  scopo  di
evitare  il  contagio,  ed  impone  al   lavoratore   un   sacrificio
all'evidenza completamente insostenibile, privandolo integralmente  e
drasticamente dell'unico  mezzo  che  consente  a  lui  ed  alla  sua
famiglia un'esistenza libera e dignitosa (v. anche quesito n. 4 della
domanda di pronunzia pregiudiziale di cui all'ordinanza 7-17 dicembre
2021 pronunziata da questo giudice  nel  procedimento  n.  1953/2021:
«Dica la Corte di giustizia se,  nel  caso  del  vaccino  autorizzato
dalla   Commissione   in   forma   condizionata,   l'eventuale    non
assoggettamento al medesimo da parte del personale  medico  sanitario
nei cui confronti la legge dello Stato  impone  obbligatoriamente  il
vaccino, possa comportare automaticamente la sospensione dal posto di
lavoro senza retribuzione o se si  debba  prevedere  una  gradualita'
delle misure sanzionatorie in ossequio al principio  fondamentale  di
proporzionalita'»). Ed infine, l'obbligo vaccinale, oltre ad apparire
irragionevole e sproporzionato, sembra anche  contrario  all'art.  32
della Costituzione, poiche', come visto, non previene il  contagio  e
non  tutela  quindi  la  collettivita'  (nella  specie,  i   soggetti
fragili),    finendo    quindi     col     violare     il     diritto
all'autodeterminazione   terapeutica   sancito   da   tale   precetto
costituzionale; 
    Evidenziato, sotto tale ultimo  profilo,  che,  come  di  recente
evidenziato dalla dottrina, l'art. 32  della  Costituzione  racchiude
una  molteplicita'  di   significati:   il   diritto   all'integrita'
plico-fisica e a vivere in un ambiente salubre, ma anche  il  diritto
alle prestazioni sanitarie, alle cure gratuite per  gli  indigenti  e
quello di non ricevere trattamenti  sanitari,  se  non  di  carattere
obbligatorio, volti a tutelare non  gia'  solo  il  destinatario,  ma
soprattutto  la  collettivita',   come   avviene   nel   caso   delle
vaccinazioni o degli interventi effettuati per la salute mentale.  Il
diritto alla salute presenta, quindi, una connotazione sia oppositiva
che  pretensiva.  Oppositiva,  nella  parte  in  cui  attribuisce  al
titolare il potere di rifiutare i trattamenti  sanitari  non  voluti,
anche se vitali. Viene all'uopo affermato il  principio  secondo  cui
ciascuno  deve   poter   disporre   della   propria   di   salute   e
dell'integrita' personale e in tale ambito deve essere ricompreso  il
diritto di rifiutare le cure mediche, lasciando che la malattia segua
il suo corso, anche fino alle estreme conseguenze. Il baricentro  del
diritto  alla   salute   e'   spostato   dall'originaria   componente
pubblicistica a quella piu' prettamente privatistica,  attraverso  la
progressiva centralita' della componente psicologica  dell'individuo,
che  si  atteggia  sia  in  termini  oppositivi,  come  diritto  alla
protezione della salute fisica e psichica,  sia,  soprattutto,  nella
dimensione  pretensiva,  come  diritto  di   disporre   di   se'   e,
sostanzialmente, di autodeterminarsi (in presenza  di  tali  principi
costituzionali, le coscienziose preoccupazioni  dell'odierna  datrice
di  lavoro  per  la  salute  del  ricorrente,  fondate  sul   decreto
legislativo 9 aprile 2008, n. 81, sembrano dissolversi, poiche'  deve
trovare  applicazione,  in  capo  al  ricorrente,  il  principio   di
autoresponsabilita',  corollario  delle  sue  scelte  in  materia  di
salute). In materia di vaccinazioni obbligatorie, esiste un indirizzo
costante del giudice delle leggi, in base al quale  l'art.  32  della
Costituzione postula il necessario contemperamento del  diritto  alla
salute della singola persona (anche nel suo contenuto di liberta'  di
cura) con il coesistente e reciproco diritto delle  altre  persone  e
con l'interesse della collettivita'.  In  particolare,  la  Corte  ha
precisato che la legge impositiva di un trattamento sanitario non  e'
incompatibile con l'art. 32 della Costituzione  a  varie  condizioni,
tra cui quella che il trattamento sia diretto non solo a migliorare o
a preservare lo stato di salute di chi vi e' assoggettato, ma anche a
preservare lo stato di  salute  degli  altri.  In  particolare,  come
affermato dalla sentenza 22 giugno 1990, n. 307, la costituzionalita'
degli  interventi  normativi  che  dispongano  l'obbligatorieta'   di
determinati trattamenti sanitari (nel caso di specie si trattava  del
vaccino antipolio), risulta subordinata al fatto che  il  trattamento
sia diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato  di  salute
di chi vi e' assoggettato, ma anche a preservare lo stato  di  salute
degli altri, giacche' e' proprio tale ulteriore scopo, attinente alla
salute  come  interesse  della  collettivita',  a   giustificare   la
compressione di quella autodeterminazione dell'uomo che  inerisce  al
diritto di ciascuno alla salute in quanto diritto fondamentale (nello
stesso senso, v. Corte costituzionale n. 132 e n. 210  del  1992,  n.
258 del 1994 e n. 118 del 1996). Recente conferma di  tale  indirizzo
si rinviene anche nelle sentenze n. 5 del 2018 e n. 37 del  2021:  in
entrambi i casi la Corte ha ritenuto compatibile con l'art. 32  della
Costituzione la legge impositiva di un trattamento sanitario,  quando
quel trattamento e' finalizzato, non solo a migliorare o a  mantenere
lo stato di salute di chi vi e' assoggettato, ma anche  a  preservare
la salute degli altri. Cio' che non accade nella fattispecie  oggetto
del presente  procedimento,  poiche',  come  si  e'  visto,  i  fatti
dimostrano  che  la  vaccinazione  obbligatoria  non   impedisce   di
contrarre il virus, ne' impedisce che il lavoratore  infetto  contagi
le persone con cui viene a contatto sul  luogo  di  lavoro.  Da  cio'
consegue che, l'imposizione al lavoratore dell'obbligo vaccinale, non
essendo idonea  a  preservare  la  salute  degli  altri,  non  sembra
conforme all'art. 32 della Costituzione.  Alla  luce  di  tutte  tali
considerazioni, non puo' essere condivisa  l'affermazione  di  taluna
giurisprudenza secondo cui «l'utilita' della vaccinazione si apprezza
non solo in termini di minore rischio di diffusione  della  pandemia,
ma anche in termini di minore gravita' della malattia e  specialmente
di minore  rischio  di  ospedalizzazione;  con  conseguente  maggiore
tutela del personale sanitario, che non puo'  sottrarsi  al  contatto
con la persona malata, e minore aggravio dei ricoveri ospedalieri, in
un contesto di risorse limitate». Il vaccino, ripetesi, non impedisce
il contagio e non  tutela  quindi  la  collettivita'  (nella  specie,
persone fragili), ma solo  la  persona  che  accetta  di  sottoporsi.
Quanto al dedotto «aggravio dei ricoveri ospedalieri  (delle  persone
non vaccinate che contraggono  il  virus,  ndr)  in  un  contesto  di
risorse limitate», tale rilievo relativo alla finanza  pubblica,  non
sembra sufficiente per derogare ai citt. principi vigenti in  materia
di diritto all'autodeterminazione terapeutica, in relazione ai  quali
l'art. 32 della Costituzione  sembra  prevedere  la  possibilita'  di
deroga solo a tutela della salute pubblica, ma non per esigenze della
finanza pubblica connesse alle spese sanitarie; 
    Ritenuta non  manifestamente  infondata  anche  la  questione  di
legittimita' costituzionale del comma  7  dell'art.  4  dello  stesso
decreto-legge n. 44/2021, per contrasto sempre  con  l'art.  3  della
Costituzione, sotto il profilo della  disparita  di  trattamento.  Il
comma 7 prevede che il datore di  lavoro  sia  tenuto  ad  adibire  a
mansioni anche diverse, senza  decurtazione  della  retribuzione,  in
modo da evitare il rischio di diffusione del contagio da  SARS-CoV-2,
solo ed esclusivamente i lavoratori di cui al comma 2,  vale  a  dire
per i lavoratori esentati dalla vaccinazione. L'art. 4-ter  2,  terzo
comma, del medesimo decreto-legge n. 44 del 1° aprile  2021,  n.  44,
per il  personale  docente  ed  educativo  della  scuola  (introdotto
dall'art. 8, comma 4,  del  decreto-legge  24  marzo  2022,  n.  24),
prevede che «L'atto di accertamento dell'inadempimento  (dell'obbligo
vaccinale, per qualsiasi ragione, ndr) impone al dirigente scolastico
di utilizzare il docente inadempiente in attivita' di  supporto  alla
istituzione  scolastica».  Ebbene,  se  la  disciplina   dell'obbligo
vaccinale dei sanitari e del personale  docente  ed  educativo  della
scuola, e' posta al fine  di  tutelare  la  salute  pubblica,  sembra
chiaro che il pericolo di diffusione del virus, sia uguale in capo  a
qualsiasi   lavoratore   non   vaccinato   del   settore   sanitario,
indipendentemente dal fatto che la omessa vaccinazione sia dovuta  ad
una scelta volontaria oppure ad un  accertato  pericolo  per  la  sua
salute. A parita' di condizione (uguaglianza del pericolo di contagio
per gli ospiti ed i pazienti), non  si  comprende  allora  per  quale
motivo il cit. obbligo di repěchage debba sussistere  solo  a  favore
dei secondi e non anche a favore dei primi. Ne'  potrebbe  sostenersi
che,  nel  settore  sanitario,  la  differenza  di  trattamento   sia
giustificata da esigenze  aziendali  connesse  al  presumibile  minor
numero dei lavoratori che non possono vaccinarsi, rispetto al  numero
di quelli che non vogliono vaccinarsi. La norma, infatti, escludetout
court, il repêchage per i  secondi,  a  prescindere  dal  numero  dei
primi, senza invece prevederlo anche a favore dei secondi, almeno «se
possibile»,  vale  a  dire  tenendo  in  considerazione  le  esigenze
aziendali. Ne' si comprende per quale motivo l'obbligo  di  repěchage
sussista sempre per il personale docente ed educativo della scuola, e
non anche per il personale sanitario che non  voglia  vaccinarsi.  Il
cit. comma 7 sembra allora contrario all'art. 3  della  Costituzione,
nella parte in cui non prevede che l'obbligo  di  repêchage  sussista
anche per i sanitari che scelgono di non vaccinarsi (cio' che  sembra
violare anche il predetto principio di proporzionalita'); 
    Precisato  che,  stante  il  chiaro  ed   inequivocabile   tenore
letterale delle norme sospettate di incostituzionalita',  non  sembra
possibile alcuna loro interpretazione costituzionalmente orientata; 
    Riservata ad altra separata ordinanza la decisione della  domanda
cautelare proposta dal ricorrente. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Visto l'art. 134 della Costituzione, e  gli  articoli  23  e  ss.
della legge 11 marzo 1957, n. 87, 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale - con riferimento agli articoli 3, 4,  32
e 35 della Costituzione - dell'art. 4-bis, primo comma, e  dei  commi
primo, quarto, quinto e settimo  dell'art.  4  del  decreto-legge  1°
aprile 2021, n. 44,  convertito  con  modificazioni  dalla  legge  28
maggio 2021, n. 76, e quindi modificato dal decreto-legge 26 novembre
2021, n. 172, a sua volta convertito con modificazioni dalla legge 21
gennaio 2022, n. 3, ed infine modificato dal decreto-legge  24  marzo
2022, n. 24, e precisamente: 
      l'art. 4-bis, primo comma, ed i  commi  primo,  quarto,  quinto
dell'art.  4,  laddove  prevedono   l'obbligo   vaccinale,   anziche'
prevedere l'obbligo del lavoratore di sottoporsi indifferentemente al
test molecolare, ai  test  antigenico  da  eseguire  in  laboratorio,
oppure al test  antigenico  rapido  di  ultima  generazione,  per  la
rilevazione  di  SARS-CoV-2,  anche  presso  centri   privati,   ogni
settantadue ore nel primo caso ed ogni quarantotto nel secondo; 
      il settimo comma dell'art. 4 nella parte in cui non prevede che
anche per i  lavoratori  che  decidono  di  non  vaccinarsi,  vi  sia
l'obbligo del datore di lavoro di adibirli a mansioni anche  diverse,
senza decurtazione della retribuzione, in modo da evitare il  rischio
di diffusione del contagio da SARS-CoV-2. 
    Dispone la immediata trasmissione degli  atti  e  della  presente
ordinanza,   comprensivi   della   documentazione    attestante    il
perfezionamento delle prescritte comunicazioni e notificazioni,  alla
Corte costituzionale e sospende il giudizio. 
    Manda  la  cancelleria  per  la  notificazione   della   presente
ordinanza alle parti in causa ed  al  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, nonche' per la sua comunicazione ai  Presidenti  delle  due
Camere del Parlamento. 
      Padova, 28 aprile 2022 
 
                         Il Giudice: Beghini