N. 190 SENTENZA 7 - 25 luglio 2022

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Impiego pubblico - Norme della Regione Siciliana - Riconoscimento  al
  personale  in  servizio  a  tempo  indeterminato  presso  l'Ufficio
  speciale Centrale unica di committenza (CUC)  di  una  retribuzione
  annua sostitutiva dei premi previsti dalla contrattazione regionale
  - Violazione della  competenza  esclusiva  statale  in  materia  di
  ordinamento  civile  e  dei  limiti  statutari   -   Illegittimita'
  costituzionale. 
Impiego pubblico - Norme della Regione Siciliana - Previsione che  al
  personale della ex Agenzia regionale  per  i  rifiuti  e  le  acque
  (ARRA), transitato  nei  ruoli  dell'amministrazione  regionale  e'
  riconosciuta  l'anzianita'   di   servizio   prestato   presso   le
  amministrazioni  di  provenienza  -  Violazione  della   competenza
  legislativa esclusiva statale in materia di  ordinamento  civile  e
  dei principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza
  pubblica - Illegittimita' costituzionale. 
Sanita' pubblica - Norme della Regione Siciliana -  Incremento  delle
  ore  di  incarico  a  tempo  indeterminato  dei  medici  veterinari
  specialisti ambulatoriali, gia' titolari di un incarico  da  almeno
  cinque anni - Violazione  della  competenza  esclusiva  statale  in
  materia di ordinamento civile - Illegittimita' costituzionale. 
Sanita' pubblica - Norme della  Regione  Siciliana  -  Autorizzazione
  della terapia genica "Zolgensma"" per il trattamento dei lattanti e
  dei bambini affetti da atrofia muscolare spinale (SMA)  fino  a  21
  chilogrammi di peso, anche oltre i sei mesi di  eta'  -  Violazione
  della competenza esclusiva statale in materia di determinazione dei
  LEA, dei principi fondamentali in materia  di  coordinamento  della
  finanza pubblica e dei principi  di  certezza  e  attualita'  della
  copertura finanziaria - Illegittimita' costituzionale. 
Sanita' pubblica - Norme della Regione Siciliana  -  Esenzione  delle
  donne residenti nella  Regione  dal  costo  per  l'accertamento  di
  eventuali rischi procreativi attraverso lo  screening  prenatale  e
  materno NIPT  (Non  Invasive  Prenatal  Test)  -  Violazione  della
  competenza esclusiva statale in materia di determinazione  dei  LEA
  dei principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza
  pubblica e dei principi fondamentali in  materia  di  coordinamento
  della finanza pubblica - Illegittimita' costituzionale. 
Sanita' pubblica - Norme della  Regione  Siciliana  -  Terapia  delle
  pazienti affette da endometriosi, se  in  possesso  del  codice  di
  esenzione   063   -   Prescrivibilita'   gratuita    dei    farmaci
  antinfiammatori non  steroidei  in  fascia  A  -  Violazione  della
  competenza esclusiva statale in materia di determinazione  dei  LEA
  pubblica e dei principi di certezza e  attualita'  della  copertura
  finanziaria - Illegittimita' costituzionale. 
Sanita' pubblica - Norme della Regione Siciliana - Assegnazione di un
  contributo  al  REMESA  (Rete  Mediterranea  per  la  Salute  degli
  Animali), con  risorse  destinate  al  finanziamento  dell'Istituto
  zooprofilattico sperimentale - Violazione dei principi fondamentali
  in materia di coordinamento della finanza pubblica e in materia  di
  tutela della salute - Illegittimita' costituzionale. 
Sanita' pubblica - Norme della Regione Siciliana - Avvio di  progetti
  innovativi per la fornitura di cannabis terapeutica -  Lesione  del
  diritto alla salute e del principio di adeguatezza - Illegittimita'
  costituzionale. 
Impiego pubblico - Norme della Regione  Siciliana  -  Autorizzazione,
  per l'esercizio finanziario 2021,  di  un'ulteriore  spesa  per  il
  trattamento accessorio del personale utilizzato per  interventi  di
  sicurezza e di vigilanza nei luoghi della  cultura  finalizzato  al
  ripristino dei flussi turistici post pandemia da COVID - Violazione
  della competenza esclusiva statale in materia di ordinamento civile
  e dei principi  fondamentali  in  materia  di  coordinamento  della
  finanza pubblica - Illegittimita' costituzionale. 
Bilancio e contabilita' pubblica - Norme della  Regione  Siciliana  -
  Progetti in favore degli studenti con  disabilita'  -  ricorso  del
  governo - Lamentata violazione della competenza  esclusiva  statale
  nella determinazione dei LEA e dei principi fondamentali in materia
  di tutela della salute e in materia di coordinamento della  finanza
  pubblica - Estinzione parziale del processo. 
- Legge della Regione Siciliana 15 aprile 2021, n. 9, artt. 5,  comma
  1, lettera f); 14; 41, comma 3; 50; 53, comma 1, 54, commi 2  e  3;
  55; 56; 57 
- Costituzione, artt. 3, 32, 81, terzo  comma,  117,  commi  secondo,
  lettere e), l)  ed  m)  e  terzo,  e  118;  statuto  della  Regione
  Siciliana, artt. 2, comma 3, 14, primo comma, lettera q), 17, primo
  comma, lettere f) e c), e 45, comma 1. 
(GU n.30 del 27-7-2022 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giuliano AMATO; 
Giudici :Silvana SCIARRA, Daria  de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,  Franco
  MODUGNO, Augusto  Antonio  BARBERA,  Giulio  PROSPERETTI,  Giovanni
  AMOROSO, Francesco VIGANO', Luca ANTONINI, Stefano PETITTI,  Angelo
  BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria  SAN  GIORGIO,  Filippo
  PATRONI GRIFFI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt.  5,  comma
1, lettera f), 14, 36, 41, comma 3, 50 e da 53 a 57 della legge della
Regione Siciliana 15 aprile 2021, n. 9 (Disposizioni programmatiche e
correttive per l'anno 2021. Legge di stabilita' regionale),  e  degli
artt. 4, comma 1,  e  14  della  legge  della  Regione  Siciliana  26
novembre 2021, n. 29 (Modifiche alla legge regionale 15 aprile  2021,
n. 9. Disposizioni varie), promossi dal Presidente del Consiglio  dei
ministri con ricorsi notificati il 21 giugno 2021  e  il  31  gennaio
2022, depositati in cancelleria il 30 giugno 2021 e  il  1°  febbraio
2022, iscritti, rispettivamente, al n. 33 del registro ricorsi 2021 e
al n. 8  del  registro  ricorsi  2022  e  pubblicati  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica, prima serie  speciale,  n.  32  dell'anno
2021 e n. 9 dell'anno 2022. 
    Visti gli atti di costituzione della Regione Siciliana; 
    udito nell'udienza pubblica del 7 giugno 2022 il Giudice relatore
Angelo Buscema; 
    uditi gli avvocati dello Stato Emanuele  Feola  e  Beatrice  Gaia
Fiduccia per il Presidente del Consiglio dei  ministri  e  l'avvocato
Gianluigi Maurizio Amico per la Regione  Siciliana,  quest'ultimo  in
collegamento da remoto,  ai  sensi  del  punto  1)  del  decreto  del
Presidente della Corte del 18 maggio 2021; 
    deliberato nella camera di consiglio del 7 luglio 2022. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso depositato  il  30  giugno  2021  e  iscritto  al
registro ricorsi n. 33 del 2021,  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, ha promosso, in riferimento complessivamente agli artt. 3, 32,
81, terzo comma, 117, commi secondo, lettere e), l) e m), e terzo,  e
118, primo comma, della Costituzione, nonche' agli artt. 14,  lettera
q), e 17, comma 1, lettera  c),  del  regio  decreto  legislativo  15
maggio  1946,  n.  455  (Approvazione  dello  statuto  della  Regione
Siciliana), convertito in legge costituzionale 26 febbraio  1948,  n.
2, questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 5,  comma  1,
lettera f), 14, 36, 41, comma 3, 50, 53, 54, commi 2 e 3, 55, 56 e 57
della  legge  della  Regione  Siciliana  15   aprile   2021,   n.   9
(Disposizioni programmatiche e correttive per l'anno 2021.  Legge  di
stabilita' regionale). 
    Con successivo ricorso, depositato il 1° febbraio 2022 e iscritto
al registro ricorsi n. 8 del 2022, il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri ha promosso questioni di legittimita'  costituzionale  degli
artt. 4, comma 1,  e  14  della  legge  della  Regione  Siciliana  26
novembre 2021, n. 29 (Modifiche alla legge regionale 15 aprile  2021,
n. 9. Disposizioni varie).  L'art.  4,  comma  1,  della  legge  reg.
Siciliana n.  29  del  2021  modifica  l'art.  36  della  legge  reg.
Siciliana n. 9 del 2021 impugnato con il ricorso n. 33 del 2021. 
    Con atto depositato in data 20  maggio  2022  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  previa  deliberazione  del  Consiglio  dei
ministri del 17 maggio 2022, ha presentato atto di rinuncia in  parte
qua, al ricorso n. 33 del 2021, limitatamente  al  motivo  avente  ad
oggetto  l'impugnativa  dell'art.  41,  comma  3,  della  legge  reg.
Siciliana n. 9 del 2021. 
    La Regione Siciliana, con atto depositato il 26 maggio  2022,  ha
dichiarato di accettare la rinuncia parziale al ricorso. 
    Con successivo atto del 27 maggio 2022 la difesa regionale  -  in
relazione  all'intenzione  manifestata  dal  governo   regionale   di
apportare modifiche alle norme impugnate in modo  satisfattivo  delle
ragioni dell'impugnativa dello Stato, e prendendo atto della nota  25
maggio 2022, n.  15563  dell'Assessorato  regionale  della  famiglia,
delle politiche sociali e del lavoro con la quale e' stato  demandato
alla Presidenza del Consiglio dei  ministri  il  rinvio  dell'udienza
fissata per il 7 giugno 2022 limitatamente agli artt. 36 della  legge
reg. Siciliana n. 9 del 2021 e 4, comma l, della legge reg. Siciliana
n. 29 del 2021 - ha presentato istanza di rinvio dell'udienza fissata
per il 7 giugno 2022, limitatamente ai predetti articoli. 
    Il ricorrente, con atto depositato il 30 maggio 2022, ha  aderito
all'istanza di rinvio presentata dalla Regione e il Presidente  della
Corte, con decreto del 1° giugno 2022, ha rinviato a nuovo  ruolo  la
discussione dei giudizi di cui all'art. 36 della legge reg. Siciliana
n. 9 del 2021 (ricorso n. 33 del 2021) e dell'art. 4, comma l,  della
legge reg. Siciliana n. 29 del 2021 (ricorso n. 8 del 2022). 
    2.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato  l'art.
5, comma 1, lettera f), della legge reg. Sicilia n. 9 del  2021,  che
modifica l'art. 55 della legge della Regione Siciliana 7 maggio 2015,
n. 9 (Disposizioni programmatiche e correttive per l'anno 2015. Legge
di stabilita' regionale), aggiungendo, dopo  il  comma  7,  il  comma
7-bis, il quale dispone: «Al personale del  comparto  in  servizio  a
tempo indeterminato e determinato presso l'ufficio speciale - C.U.C.,
oltre al trattamento accessorio di cui al comma  7  dell'articolo  16
della  legge  regionale  15  maggio  2000,   n.   10   e   successive
modificazioni e' riconosciuta,  a  valere  sul  Fondo  istituito  con
Delib. G.R. n. 387 del  24  novembre  2004,  una  retribuzione  annua
sostitutiva dei premi di cui al comma 4  dell'articolo  90  del  CCRL
vigente, nelle misure riconosciute dall'articolo 94 del CCRL  vigente
al  personale  del  comparto  in  servizio  presso  l'UREGA.   Trova,
altresi', applicazione il comma 2 dell'articolo 94 del CCRL vigente». 
    Ad  avviso  del  ricorrente  la  disposizione,  nel  derogare  al
principio che riserva alla contrattazione collettiva  il  trattamento
economico del personale pubblico contrattualizzato, desumibile  dagli
artt. 2, comma 3, e 45, comma 1, del  decreto  legislativo  30  marzo
2001,  n.  165  (Norme  generali  sull'ordinamento  del  lavoro  alle
dipendenze delle amministrazioni pubbliche), si porrebbe in contrasto
con l'art. 117, secondo comma, lettera  l),  Cost.,  che  attribuisce
alla competenza esclusiva dello Stato  la  disciplina  della  materia
«ordinamento civile». 
    A supporto delle  proprie  argomentazioni  l'Avvocatura  generale
richiama la sentenza di questa Corte n. 16 del 2020 con la  quale  e'
stato  affermato  che  la  disciplina  del  rapporto  di  lavoro  dei
dipendenti  pubblici  -  ivi  inclusi  i  profili   del   trattamento
economico, inteso nel  suo  complesso,  senza  alcuna  limitazione  a
quello fondamentale, e della relativa classificazione - rientra nella
materia  «ordinamento  civile»,  spettante  in   via   esclusiva   al
legislatore statale. 
    Il ricorrente afferma che, a seguito  della  contrattualizzazione
del pubblico impiego, i principi generali fissati dalla legge statale
nella  materia  costituiscono  limiti  di  diritto  privato,  fondati
sull'esigenza, connessa al precetto costituzionale di eguaglianza, di
garantire  l'uniformita'  nel  territorio  nazionale   delle   regole
fondamentali di diritto che disciplinano i rapporti fra privati. Tali
principi si imporrebbero anche alle Regioni a  statuto  speciale  (e'
richiamata, tra le altre, la sentenza di  questa  Corte  n.  154  del
2019). 
    In  particolare,  per  quanto  attiene  alla  Regione  Siciliana,
l'applicazione dei  predetti  principi  non  sarebbe  preclusa  dalla
previsione contenuta nell'art. 14, lettera q), dello statuto speciale
perche', pur attribuendo alla competenza legislativa esclusiva  della
Regione  la  disciplina  dello  stato  giuridico  ed  economico   dei
dipendenti regionali, incontrerebbe - in virtu'  di  quanto  previsto
dallo stesso statuto di autonomia - i limiti  derivanti  dalle  norme
fondamentali delle riforme  economico-sociali  della  Repubblica  (e'
citata la sentenza di questa Corte n. 172 del 2018)  che,  in  quanto
tali, si impongono anche alla potesta'  legislativa  esclusiva  delle
Regioni autonome (sono richiamate le sentenze di questa Corte  n.  93
del 2019, n. 201 e n. 178 del 2018). 
    2.1.- La Regione Siciliana, costituitasi in giudizio, sostiene la
non  fondatezza  della  questione  di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 5, comma 1, lettera f), della legge reg. Siciliana n. 9 del
2021, in  quanto  lo  statuto  speciale,  all'art.  14,  lettera  q),
attribuirebbe  espressamente  alla  Regione  autonoma  la  competenza
legislativa esclusiva in materia di stato giuridico ed economico  dei
dipendenti regionali. 
    La disposizione impugnata non  interverrebbe  a  disciplinare  il
trattamento economico del personale regionale, ma  si  limiterebbe  a
specificare   i   destinatari   di   una   retribuzione    accessoria
omnicomprensiva annua  gia'  prevista  dalla  vigente  contrattazione
collettiva di comparto per alcuni  lavoratori,  in  sostituzione  dei
premi  e  dei  trattamenti  accessori  correlati  all'attuazione   di
specifici progetti e alla performance organizzativa e individuale. 
    L'art. 5, comma 1, lettera f), della legge reg.  Siciliana  n.  9
del 2021 si limiterebbe ad assimilare, con riguardo  all'attribuzione
di premi, il personale  in  servizio  presso  la  Centrale  unica  di
committenza per l'acquisto di  beni  e  servizi  (CUC)  a  quello  in
servizio presso l'Ufficio regionale  per  l'espletamento  delle  gare
d'appalto (UREGA), in considerazione del  fatto  che  tale  personale
svolgerebbe  mansioni  analoghe  nell'espletamento  delle   procedure
afferenti all'acquisto di servizi e forniture e  di  quelle  relative
all'appalto di lavori pubblici. 
    3.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato  l'art.
14 della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021, il quale prevede che «1.
Al  personale  gia'   trasferito   all'Agenzia   regionale   di   cui
all'articolo 7 della legge  regionale  22  dicembre  2005,  n.  19  e
successive  modificazioni,  per  mobilita'  e  transitato  nei  ruoli
dell'Amministrazione regionale in applicazione dell'articolo 9, comma
2, della legge  regionale  16  dicembre  2008,  n.  19  e  successive
modificazioni e' riconosciuta, con effetti economici  decorrenti  dal
1°  gennaio  2021,  l'anzianita'  di  servizio  prestato  presso   le
amministrazioni  di  provenienza.  Tale  servizio  e'  equiparato   a
servizio prestato  presso  l'amministrazione  regionale.  2.  Per  le
finalita' di  cui  al  comma  1  e'  autorizzata,  per  gli  esercizi
finanziari 2021, 2022 e 2023,  la  spesa  annua  di  euro  497.242,00
(Missione  1,  Programma  10,  capitolo   10815   7).   A   decorrere
dall'esercizio finanziario 2024 si provvede  ai  sensi  del  comma  1
dell'articolo 38 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118». 
    Il ricorrente assume che la disposizione  consentirebbe  agli  ex
dipendenti dell'Agenzia  regionale  rifiuti  e  acque  della  Sicilia
(ARRA) il riconoscimento dell'anzianita' di servizio  maturata  prima
di essere assunti presso la predetta  Agenzia,  a  prescindere  dalla
natura giuridica pubblica o privata dell'originario datore di  lavoro
e  dai  servizi  concretamente  prestati  presso   di   esso.   Cosi'
legiferando, il legislatore regionale  avrebbe  introdotto,  rispetto
alla disciplina generale della mobilita'  nel  pubblico  impiego,  un
regime di favore per il suddetto personale rispetto a tutti gli altri
dipendenti pubblici, ivi inclusi gli altri dipendenti regionali. 
    La disposizione si porrebbe in  contrasto  con  l'art.  3  Cost.,
violando  il  principio  di   uguaglianza,   principio   direttamente
applicabile anche  alle  Regioni  ad  autonomia  speciale  in  quanto
rientrante fra i  principi  fondamentali  dell'ordinamento  giuridico
costituzionale. 
    Sarebbe violato anche l'art.  117,  secondo  comma,  lettera  l),
Cost. in quanto la disposizione regionale produrrebbe l'effetto di un
miglioramento del trattamento  economico  fondamentale  e  accessorio
degli ex dipendenti dell'ARRA, derogando al  principio  di  cui  agli
artt. 2, comma 3, e 45, comma 1, del d.lgs.  n.  165  del  2001,  che
riserva  alla  contrattazione  collettiva   la   determinazione   del
trattamento economico del personale pubblico contrattualizzato. 
    I principi ricavabili  dal  testo  unico  del  pubblico  impiego,
infatti,    rappresentano    norme    fondamentali     di     riforma
economico-sociale della Repubblica  e  costituiscono  limiti  per  la
competenza legislativa della Regione Siciliana di  cui  all'art.  14,
lettera q), dello statuto di autonomia in materia di «stato giuridico
ed economico» del personale regionale. 
    L'art. 14 della 1egge  reg.  Siciliana  n.  9  del  2021  sarebbe
altresi' in contrasto con l'art. 38, comma 1, del decreto legislativo
23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni in materia di armonizzazione dei
sistemi contabili e degli schemi di  bilancio  delle  Regioni,  degli
enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2  della
legge 5 maggio 2009, n. 42), in  quanto,  in  difformita'  da  quanto
disposto  dal  predetto  art.  38,  la  disposizione  regionale   non
provvederebbe   ad    indicare    l'onere    a    regime    derivante
dall'applicazione  del  comma  1  dell'art.  14,  ma  rinvierebbe  la
quantificazione dell'onere annuo alla legge di bilancio. 
    La violazione della norma interposta  determinerebbe  la  lesione
dell'art. 117, secondo comma, lettera e),  Cost.,  che  riserva  alla
competenza   legislativa   esclusiva   dello   Stato    la    materia
«armonizzazione dei bilanci pubblici». 
    3.1.- La difesa regionale afferma innanzitutto la non  fondatezza
delle censure in riferimento all'art.  3  Cost.,  sostenendo  che  la
disposizione impugnata  non  opererebbe  alcuna  differenziazione  di
trattamento fra lavoratori pubblici ma, al contrario,  offrirebbe  le
dovute garanzie per la salvaguardia dello  status  professionale  del
personale ex ARRA trasferito alla Regione. 
    L'individuazione del termine del 1° gennaio 2021,  quale  dies  a
quo per la decorrenza  degli  effetti  economici  dell'anzianita'  di
servizio, sarebbe motivato dal fatto che la sua concreta operativita'
scaturirebbe dall'applicazione dell'art.  22  del  vigente  contratto
collettivo  regionale  di  lavoro  (CCRL),  che  disciplina  l'ultima
progressione economica orizzontale per tutto il  personale  di  ruolo
del comparto dell'amministrazione della Regione. 
    La  norma   impugnata   non   opererebbe   alcuna   ricostruzione
retroattiva dell'anzianita' di servizio  in  quanto  i  suoi  effetti
economici  si  produrrebbero  a  partire  dal  1°  gennaio   2021   e
discenderebbero dall'applicazione dell'art. 22 del vigente CCRL. 
    Con riferimento alla asserita violazione dell'art.  117,  secondo
comma, lettera l), Cost.,  la  disposizione  impugnata  costituirebbe
espressione della competenza  legislativa  esclusiva  statutariamente
attribuita alla Regione in materia di «stato giuridico ed  economico»
del proprio personale. 
    Infine, la Regione ritiene non sussistente neppure  il  contrasto
con l'art. 38 del d.lgs. n. 118 del  2011  e,  conseguentemente,  con
l'art.  117,  secondo  comma,  lettera  e),  Cost.,  in  materia   di
«armonizzazione dei bilanci  pubblici»,  in  quanto  la  disposizione
regionale  richiamerebbe  espressamente  l'art.  38  indicato.   Tale
richiamo sarebbe di per se' idoneo ad assicurare  la  quantificazione
dell'onere a regime delle spese a carattere continuativo,  mentre  la
quantificazione dell'onere  annuale  sarebbe  prevista  per  ciascuno
degli esercizi compresi nel bilancio di previsione. 
    4.- E' poi impugnato il comma 3 dell'art.  41  della  legge  reg.
Siciliana n. 9 del 2021, rubricato «Progetti a favore degli  studenti
con disabilita'», in riferimento all'art. 117, secondo comma, lettera
m), Cost., che riserva  alla  competenza  esclusiva  dello  Stato  la
determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i
diritti civili e sociali che devono  essere  garantiti  su  tutto  il
territorio nazionale; all'art. 117, terzo comma, Cost., ai sensi  del
quale il legislatore  statale  ha  la  competenza  ad  individuare  i
principi fondamentali sia in materia di tutela della salute,  sia  in
materia di coordinamento della finanza pubblica; all'art.  81,  terzo
comma, Cost. 
    In    particolare,    l'illegittimita'    costituzionale    della
disposizione  censurata  discenderebbe  dal  fatto  che  la   Regione
Siciliana sarebbe attualmente impegnata  nel  piano  di  rientro  dal
disavanzo sanitario e sarebbe, pertanto, assoggettata al  divieto  di
spese non obbligatorie, ai sensi dell'art. 1, comma 174, della  legge
30 dicembre 2004, n. 311, recante «Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria  2005)»
e successive modificazioni e integrazioni. 
    4.1.- La Regione  Siciliana  sostiene  la  non  fondatezza  della
questione relativa all'art. 41, comma 3. 
    4.2- Come gia' ricordato, il Consiglio dei ministri ha deliberato
di rinunciare all'impugnativa dell'art. 41, comma 3, della legge reg.
Siciliana n. 9 del 2021, ritenendo che la modifica intervenuta con la
legge reg. Siciliana n. 20 del 2022 abbia carattere satisfattivo;  la
rinuncia e' stata accettata dalla Regione. 
    5.- Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha,  altresi',
impugnato l'art. 50 della legge reg. Siciliana  n.  9  del  2021,  il
quale dispone che: «1. Entro 90  giorni  dalla  data  di  entrata  in
vigore della  presente  legge,  le  Aziende  del  Servizio  Sanitario
Regionale e l'Istituto  Zooprofilattico  Sperimentale  della  Sicilia
procedono ad incrementare le ore di incarico a tempo indeterminato  a
ciascun medico veterinario specialista  ambulatoriale  interno,  gia'
titolare di incarico da almeno  5  anni,  per  il  raggiungimento  di
almeno trenta ore di incarico settimanali per medico-veterinario.  2.
Gli incrementi di orario eccedenti la  quota  di  almeno  trenta  ore
settimanali di cui al comma 1 devono essere  motivati  e  autorizzati
dall'Assessorato regionale della Salute, sulla base di una preventiva
ricognizione del  fabbisogno  delle  prestazioni  e  delle  attivita'
programmate   o   programmabili,    relative    alla    specialistica
ambulatoriale  veterinaria,   presso   ciascuna   Azienda   sanitaria
provinciale  e   presso   la   sede   dell'Istituto   zooprofilattico
sperimentale della Sicilia e possono essere attribuiti  nel  rispetto
del vincolo dell'equilibrio economico del bilancio  aziendale.  3.  I
direttori   generali   delle   Aziende   sanitarie   provinciali    e
dell'Istituto Zooprofilattico sperimentale della Sicilia  sulla  base
delle criticita' riscontrate e della programmazione delle  attivita',
compatibilmente con il titolo di specializzazione di cui all'allegato
2 dell'Accordo Collettivo Nazionale del 31 marzo 2020, in possesso di
ogni medico veterinario specialista  e  sulla  base  dei  criteri  di
valutazione, di cui all'articolo  21  comma  3,  del  citato  Accordo
Collettivo Nazionale, possono disporre una sola  volta  il  passaggio
dell'intero effettivo delle ore di incarico a branche  diverse,  allo
scopo  di  ottimizzare  e  concentrare  le  risorse  sulle  attivita'
prioritarie, previa formale accettazione  degli  interessati.  4.  In
caso di  transito  da  una  branca  all'altra,  allo  specialista  e'
riconosciuta l'anzianita' di  servizio  gia'  maturata.  Al  fine  di
garantire l'appropriatezza delle prestazioni, il  transito  ad  altra
branca  potra'  avvenire  a  seguito  di  un  adeguato   periodo   di
affiancamento. 5. Gli oneri derivanti dall'applicazione del  presente
articolo, quantificati in  euro  7.883.103  su  base  annua,  trovano
copertura sui fondi del servizio sanitario regionale, senza  nuovi  o
maggiori oneri a carico del  bilancio  regionale.  6.  L'articolo  46
della legge regionale 11 agosto 2017, n. 16 e' abrogato». 
    Sostiene l'Avvocatura generale che, con  l'art.  50  della  legge
reg. Siciliana n.  9  del  2021,  il  legislatore  regionale  avrebbe
esercitato una competenza riservata in via esclusiva  al  legislatore
statale, ponendosi  in  contrasto  con  l'art.  117,  secondo  comma,
lettera 1), Cost., che  attribuisce  a  quest'ultimo  una  competenza
esclusiva nella materia «ordinamento civile». 
    La   disposizione   impugnata   introdurrebbe   una    disciplina
incompatibile con l'Accordo collettivo nazionale, che - in attuazione
dell'articolo 8 del decreto legislativo  30  dicembre  1992,  n.  502
(Riordino  della   disciplina   in   materia   sanitaria,   a   norma
dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992,  n.  421)  -  disciplina
puntualmente l'incremento orario degli specialisti ambulatoriali. 
    Cio'  comporterebbe  anche  la  violazione   del   principio   di
uguaglianza di cui all'art. 3 Cost., introducendo  una  irragionevole
disparita' di  trattamento  tra  gli  specialisti  ambulatoriali  che
prestano servizio nella Regione Siciliana e coloro che invece operano
nella restante parte del territorio nazionale. 
    La  disposizione  impugnata,  peraltro,  non  troverebbe   alcuna
giustificazione nelle norme statutarie  della  Regione  Siciliana  in
quanto essa non rientrerebbe nell'ambito  di  applicazione  dell'art.
14, lettera q), intervenendo sul rapporto di lavoro di  soggetti  che
non sono dipendenti della Regione. Neppure troverebbe giustificazione
nell'art. 17, lettera f), dello statuto,  il  quale  prevede  che  la
disciplina  dei  rapporti  di  lavoro  puo'  essere  regolata   dalla
legislazione regionale «[e]ntro i limiti dei  principi  ed  interessi
generali cui si informa la legislazione dello Stato». 
    5.1.- La difesa regionale sostiene che l'art. 50 della legge reg.
Siciliana n. 9 del  2021  non  configurerebbe  alcuna  disparita'  di
trattamento, ne' disuguaglianza o difformita' con  quanto  realizzato
nel  territorio  nazionale.  Sottolinea   che,   al   contrario,   la
disposizione  impugnata  mira  a  conseguire  livelli   uniformi   di
assistenza sanitaria. 
    Riguardo alla lamentata violazione della  competenza  legislativa
esclusiva dello Stato  in  materia  di  ordinamento  civile,  di  cui
all'articolo 117, secondo comma, lettera 1), Cost., sostiene  che  il
legislatore  regionale  avrebbe  esercitato  una  competenza  propria
rientrante nella materia di cui alla lettera f)  dell'art.  17  dello
statuto, senza sconfinare nella competenza esclusiva dello Stato. 
    L'incremento orario previsto dall'art. 50 della  legge  regionale
n. 9 del 2021 non sarebbe riferito a quanto  stabilito  dall'art.  20
dell'Accordo collettivo nazionale, ma a quanto disposto dall'art. 21,
comma 2, dell'Accordo medesimo, del quale avrebbe fatto applicazione. 
    Afferma, inoltre, che la norma regionale sarebbe  frutto  di  una
attenta  ricognizione  sui  fabbisogni  prestazionali,  obiettivi  da
raggiungere  e  risorse  professionali  delle  aziende  sanitarie   e
dell'Istituto zooprofilattico della Sicilia, oggetto di confronto con
le sigle sindacali firmatarie dello stesso ACN. 
    6.- L'Avvocatura generale dello Stato impugna,  altresi',  l'art.
53 della medesima legge regionale,  in  riferimento  agli  artt.  81,
terzo comma, 117, commi secondo,  lettera  m),  e  terzo,  Cost.,  in
riferimento alla materia coordinamento  della  finanza  pubblica,  in
relazione all'art. 1, comma 174, della legge  n.  311  del  2004,  ai
sensi del quale alle Regioni in piano di rientro - come la Sicilia  -
non e' consentito effettuare spese non obbligatorie; e  in  relazione
all'art. 1, comma 4-bis, del decreto-legge 21 ottobre  1996,  n.  536
(Misure  per  il  contenimento  della   spesa   farmaceutica   e   la
rideterminazione del tetto di spesa per l'anno 1996) convertito,  con
modificazioni, in  legge  23  dicembre  1996,  n.  648,  che  assegna
all'Agenzia italiana del farmaco (AIFA) il compito di  individuare  i
medicinali erogabili a totale carico del Servizio sanitario nazionale
(SSN). Sarebbe altresi' in contrasto con l'art. 17, comma 1,  lettera
c), dello statuto siciliano, ai sensi  del  quale  l'esercizio  della
competenza della Regione Siciliana  dovrebbe  comunque  avvenire  nel
rispetto dei principi e  degli  interessi  generali  stabiliti  dalla
legge dello Stato. 
    L'art. 53, rubricato «Terapia genica Zolgensma»,  stabilisce,  al
comma 1, che «[i]n conformita' alle indicazioni espresse dall'Agenzia
europea  per  i  medicinali  (EMA),  nelle  more  dell'autorizzazione
definitiva da parte  dell'AIFA,  e'  autorizzata  la  terapia  genica
"Zolgensma",  gia'  inserita  dall'AIFA  nell'elenco  dei  medicinali
erogabili a totale carico del servizio sanitario nazionale  ai  sensi
del decreto legge 21 ottobre 1996, n. 536, convertito dalla legge  23
dicembre 1996, n. 648, per il trattamento dei lattanti e dei  bambini
affetti da atrofia muscolare spinale (SMA) fino a 21  chilogrammi  di
peso, anche oltre i sei mesi di eta'. Ai relativi  oneri  provvede  a
valere sulle risorse  del  capitolo  413374  nella  misura  di  4.200
migliaia di euro (Missione 13, Programma 1, capitolo 413374)». 
    Secondo il ricorrente tale norma non risulterebbe in linea con la
legislazione  ed   il   regime   regolatorio   vigenti,   in   quanto
richiamerebbe una disciplina non piu'  applicabile  alla  fattispecie
oggetto di impugnativa. 
    In particolare, l'art. 1, comma 4-bis, del d.l. n. 536 del  1996,
come convertito, prevede che, anche  se  sussista  altra  alternativa
terapeutica   nell'ambito   dei   medicinali   autorizzati,    previa
valutazione dell'AIFA,  siano  inseriti  nell'elenco  dei  medicinali
erogabili a totale carico del SSN, i medicinali  che  possono  essere
utilizzati per un'indicazione diversa da quella autorizzata,  purche'
tale indicazione sia nota e conforme a ricerche condotte  nell'ambito
della  comunita'  medico-scientifica  nazionale   e   internazionale,
secondo parametri di economicita'  e  appropriatezza.  In  tale  caso
l'AIFA  attiva  idonei  strumenti  di  monitoraggio  a  tutela  della
sicurezza  dei  pazienti  e  assume  tempestivamente  le   necessarie
determinazioni. 
    La norma denunciata  non  terrebbe  conto,  in  violazione  della
richiamata   norma   interposta,   dell'intervenuta    determinazione
dell'AIFA n. 277 del  10  marzo  2021,  con  la  quale  l'Agenzia  ha
definito  il  regime  di  rimborsabilita'  e  prezzo  del  medicinale
"Zolgensma" sulla base di puntuali previsioni e requisiti. 
    Con determinazione n. 46485 del 16 aprile  2021,  l'AIFA  ha  poi
disposto  l'esclusione  del  medicinale  Zolgensma  dall'elenco   dei
medicinali erogabili a totale carico del Servizio sanitario nazionale
ai sensi della legge n. 648 del 1996,  per  il  trattamento  entro  i
primi sei mesi di vita di pazienti con diagnosi  genetica  (mutazione
bi-allelica nel gene SMN 1 e fino  a  2  copie  del  gene  SMN  2)  o
diagnosi clinica di atrofia muscolare spinale di tipo 1 (SMA  1),  in
quanto  tale  indicazione  sarebbe  stata   inserita   nella   citata
determinazione del 10 marzo 2021, n.  277.  In  conseguenza  di  tale
determinazione, l'AIFA ha previsto la rimborsabilita' del farmaco  in
questione a carico del  SSN  esclusivamente  per  il  trattamento  di
pazienti con peso massimo di 13,5 kg. 
    L'Avvocatura generale dello  Stato,  peraltro,  riferisce  di  un
accordo tra  AIFA  e  l'azienda  farmaceutica  Novartis  che  avrebbe
incluso l'impegno della societa' a mettere a disposizione il  farmaco
a titolo gratuito all'interno di studi clinici per i bambini  con  un
peso compreso tra i 13,5 e i 21 kg, allo scopo di acquisire su questi
pazienti, in un setting controllato, dati ulteriori  di  efficacia  e
sicurezza. 
    Secondo  il  ricorrente,  la  somministrazione  della  terapia  a
pazienti aventi un peso compreso tra i 13,5 kg e  i  21  kg  prevista
dalla  norma  regionale  costituirebbe  un   livello   ulteriore   di
assistenza.  La  disposizione  impugnata  violerebbe,   dunque,   non
soltanto la norma in precedenza  richiamata,  in  applicazione  della
quale l'AIFA ha assunto, nell'esercizio del suo  potere  regolatorio,
le anzidette determinazioni - art. 1, comma 4-bis, del  d.l.  n.  536
del 1996, come convertito, - ma anche  l'art.  1,  comma  174,  della
legge n. 311 del 2004, ai sensi del quale  le  Regioni,  come  quella
Siciliana, assoggettate a piano di rientro  dal  disavanzo  sanitario
non possono effettuare spese non obbligatorie. 
    La norma si porrebbe pertanto in contrasto non  solo  con  l'art.
117,  secondo  comma,  lettera  m),  Cost.,  violando   la   potesta'
legislativa esclusiva dello Stato in materia  di  determinazione  dei
livelli essenziali di assistenza, ma altresi' con l'art.  117,  terzo
comma, Cost., violando  il  principio  di  contenimento  della  spesa
pubblica sanitaria, quale principio generale di  coordinamento  della
finanza pubblica. 
    Sostiene il ricorrente che  la  norma  impugnata  travalicherebbe
altresi'  le  competenze  affidate  alla  Regione  dallo  statuto  di
autonomia, il quale, sebbene conferisca  all'Assemblea  regionale  il
potere di emanare  leggi  «al  fine  di  soddisfare  alle  condizioni
particolari ed agli interessi propri della regione» anche in  materia
di assistenza sanitaria (art. 17, comma 1,  lettera  c),  prevedrebbe
tuttavia che tale potere sia esercitato «entro i limiti dei  principi
ed interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato», in
cui rientrerebbero i principi fondamentali stabiliti dallo  Stato  in
materia di coordinamento della finanza  pubblica  e  di  contenimento
della spesa pubblica sanitaria. 
    L'impugnato art. 53 violerebbe altresi' l'art. 81,  terzo  comma,
Cost., in quanto, in  ragione  della  sua  genericita',  lederebbe  i
principi di certezza e attualita' della copertura finanziaria. 
    6.1.- La  difesa  regionale  sostiene  che  l'impugnato  art.  53
sarebbe stato approvato al fine di consentire l'accesso alla  terapia
"Zolgensma" anche ai bambini che non sono in possesso dei piu' rigidi
criteri di eleggibilita' definiti dall'AIFA, nell'ottica della tutela
del diritto alla salute di cui all'art. 32 Cost. Osserva  la  Regione
Siciliana,  peraltro,  che  le  condizioni  poste  dall'AIFA,  giusta
determinazione n. 277  del  10  marzo  2021,  sarebbero  maggiormente
limitative rispetto a quelle approvate dall'EMA  [European  Medicines
Agency], avendo precluso la possibilita'  di  trattare  in  Italia  i
bambini di peso superiore ai 13,5 kg. In Italia, infatti, ad oggi, la
terapia di cui trattasi sarebbe interamente a carico del SSN nei casi
di pazienti affetti da atrofia muscolare spinale diagnosticata  entro
i primi 6 mesi di vita, ovvero fino a 13,5  kg  di  peso,  impedendo,
quindi, ai pazienti affetti da tale malattia genetica, ma con un peso
fino ai 21 kg, di poter ricevere gratuitamente la cura  farmacologica
in questione. 
    Sarebbero   proprio   le   restrizioni   poste   dall'AIFA   alla
prescrivibilita' del farmaco a livello nazionale, rispetto  a  quanto
stabilito dall'EMA, ad aver messo  le  Regioni  nella  necessita'  di
dovere  avviare  percorsi  alternativi,   finalizzati   a   garantire
l'accesso alla cura per i bambini affetti da SMA di tipo l e con peso
superiore ai 13,5 kg. 
    La resistente  sostiene,  in  proposito,  che  anche  la  Regione
Veneto, al pari  della  Regione  Siciliana,  avrebbe  predisposto  un
provvedimento ad hoc, al fine di potere avviare specifici trattamenti
per i bambini con SMA di tipo l,  non  in  possesso  dei  criteri  di
eleggibilita' previsti dall'AIFA. 
    La norma censurata garantirebbe, in sostanza, equita' di  accesso
alle cure per i cittadini italiani residenti in  Sicilia  rispetto  a
quelli residenti in altre Regioni e, anzi, proprio l'assenza  di  una
tale previsione striderebbe con  il  diritto  universale  alle  cure,
stante la gravita' della patologia  e  l'aspettativa  di  vita  molto
bassa dei piccoli pazienti che ne sono affetti. 
    La  deroga  introdotta  intenderebbe   garantire   una   risposta
assistenziale anche  ai  pazienti  che,  per  sfortunate  coincidenze
temporali, non hanno avuto accesso alla terapia in  argomento  quando
erano entro i parametri oggi previsti dall'AIFA, in tempi antecedenti
l'autorizzazione concessa in ambito nazionale (formalizzata  soltanto
dal mese di marzo del 2021). 
    A tal proposito,  la  difesa  regionale  riporta  che  dei  sette
pazienti individuati dal direttore dell'Unita' operativa complessa di
neurologia  dell'Azienda  ospedaliero  universitaria  Policlinico  di
Messina - unico centro regionale autorizzato all'impiego del  farmaco
- soltanto uno e' risultato in possesso dei requisiti previsti  dalla
norma regionale (peso fino a  21  kg)  ed  e'  stato  sottoposto  con
successo alla terapia, la' dove il mancato trattamento avrebbe potuto
ulteriormente compromettere lo stato di salute del bambino. 
    A proposito dello studio clinico  indicato  nel  ricorso  (studio
SMART), che avrebbe condotto al citato accordo tra l'AIFA e l'azienda
Novartis, evidenzia la difesa regionale  che  esso  riguarderebbe  il
trattamento di pazienti affetti da forme di SMA differenti dalla  SMA
di tipo l, da cui invece sarebbero affetti tutti gli  altri  pazienti
presenti  nella  suddetta   struttura   regionale,   candidabili   al
trattamento ed in possesso dei requisiti previsti  dall'AIFA  per  la
prescrizione a carico del SSN, ad esclusione di uno. 
    Auspica, infine, la Regione, che in futuro, i pazienti affetti da
SMA di tipo l possano ricevere i trattamenti gia' autorizzati in  via
condizionata dall'EMA,  mediante  una  corrispondente  autorizzazione
anche da parte dell'AIFA, eventualmente all'esito  di  maggiori  dati
clinici, cosi' da non rendere piu' necessario ricorrere  alla  deroga
di cui alla norma censurata. 
    In ogni  caso,  in  merito  alla  capacita'  dell'amministrazione
regionale di preservare i futuri bilanci di  esercizio  da  possibili
elementi  che  ne  compromettano  l'equilibrio,   alla   luce   delle
valutazioni esposte e in virtu' delle continue  modifiche  a  livello
regolatorio introdotte dall'AIFA, anche sotto il  profilo  dei  costi
rinegoziati centralmente per singolo trattamento,  sulla  base  delle
evidenze acquisite in  materia  (effettiva  efficacia  anche  in  una
popolazione di pazienti differente da quella attualmente  individuata
e/o ampliamento dei pazienti trattati con  simmetrica  riduzione  del
prezzo negoziato), la difesa regionale sostiene che  l'estensione  di
trattamento prevista sarebbe  limitata  alla  misura  indicata  dalla
norma, ossia euro 4,2 milioni, corrispondenti, stante l'attuale costo
della terapia, a tre trattamenti per il singolo paziente  al  momento
individuato. 
    La difesa regionale, in ordine  alla  ritenuta  violazione  della
potesta'  legislativa   esclusiva   dello   Stato   in   materia   di
determinazione dei livelli essenziali di  assistenza  (LEA),  osserva
che il richiamo ad essi sarebbe inconferente, in considerazione della
competenza  delle  Regioni  ad  incrementare  il  livello  di  tutela
rispetto a quello fissato dal legislatore statale. 
    La Regione  sostiene  che  le  disposizioni  impugnate  sarebbero
riconducibili ad ambiti che lo statuto speciale di autonomia  riserva
alla Regione Siciliana nelle  materie  di  «assistenza  sanitaria»  e
«assistenza sociale» (art. 17, comma 1, lettera c), e lettera f), del
medesimo Statuto); ad ogni modo la norma impugnata rientrerebbe nella
competenza di natura concorrente che l'art. 117, terzo  comma,  Cost.
assegna alle Regioni nella materia «tutela della salute». 
    Di contro, la norma censurata non potrebbe essere ricondotta alla
competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia  di  LEA,  ex
art. 117, secondo comma,  lettera  m),  Cost.,  cosi'  come  ritenuto
dall'Avvocatura generale dello Stato. 
    Pertanto, tenuto conto che le prestazioni attualmente  assicurate
dal  servizio  sanitario  nazionale  presentano  livelli  sicuramente
inferiori a quelli previsti dalle disposizioni impugnate, ritiene  la
Regione che debba ritenersi  sussistente  la  competenza  legislativa
della Regione Siciliana nella materia de qua. 
    7.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha  impugnato  anche
l'art. 54, commi 2 e 3, della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021,  in
riferimento agli artt. 81, terzo comma, 117, commi  secondo,  lettera
m), e terzo, Cost., nonche' all'art. 17, comma 1, lettera  c),  dello
statuto di autonomia. 
    L'art.  54,  rubricato  «Istituzione  dei  Centri  regionali   di
riferimento NIPT (Non Invasive Prenatal Test)» prevede  che:  «1.  Al
fine della tutela della salute delle donne in  stato  di  gravidanza,
l'Assessore regionale per la salute, con  proprio  decreto  individua
tre centri regionali di riferimento per le indagini genetiche, tra le
strutture in possesso, alla data di entrata in vigore della  presente
legge, dei seguenti requisiti strutturali: a) presenza  di  un'unita'
operativa complessa di laboratorio per analisi patologiche che  abbia
effettuato nell'anno 2020, in media, almeno  un  milione  di  analisi
totali; b)  presenza  di  almeno  un  biologo  molecolare  in  pianta
organica; c) dotazione di macchinari e attrezzature adeguati  per  la
tipizzazione delle cellule cromosomiche; d)  esistenza  di  un  punto
nascita e/o di  un  centro  di  procreazione  medicalmente  assistita
(PMA). 2.  Le  donne  residenti  nella  Regione  sono  escluse  dalla
partecipazione  al  costo  per  l'accertamento  di  eventuali  rischi
procreativi attraverso lo screening prenatale per la  diagnosi  delle
trisomie 13, 18 e 21 "Non  Invasive  Prenatal  Test",  test  del  DNA
fetale circolante su  sangue  materno,  effettuato  presso  i  centri
regionali di cui al  comma  1.  3.  Al  fine  dell'adeguamento  delle
strutture e  degli  impianti  tecnologici,  operativi  e  strumentali
finalizzato ad assicurare l'offerta dello screening prenatale di  cui
al comma 2, e' autorizzata la spesa di 4.000 migliaia di euro cui  si
provvede a valere sul fondo sanitario regionale». 
    Piu' precisamente, e' impugnata  la  norma  di  cui  al  comma  2
dell'art. 54, che prevede, a  favore  delle  assistite  residenti  in
ambito regionale, l'esenzione dalla partecipazione al costo correlato
ai predetti screening. E' altresi'  impugnata  la  norma  di  cui  al
successivo comma 3, per un  duplice  ordine  di  ragioni.  Anzitutto,
perche'  dispone  la   copertura   esclusivamente   dei   costi   per
l'aggiornamento dei macchinari e  delle  apparecchiature  di  cui  al
comma 1, prevedendo a tale scopo di impiegare le  risorse  del  fondo
sanitario destinato ai LEA; in  secondo  luogo,  sarebbero  privi  di
copertura gli oneri derivanti  dall'estensione  dei  cosiddetti  NIPT
test, poiche' la norma non indicherebbe alcun  mezzo  con  cui  farvi
fronte. 
    Sostiene il ricorrente, in proposito, che le  indagini  genetiche
indicate  dalla  disposizione  in  esame  non  sarebbero  attualmente
incluse nei livelli essenziali di assistenza e, conseguentemente, non
potrebbero essere garantite dal Servizio sanitario nazionale. 
    L'Avvocatura generale dello Stato deduce altresi' che,  ai  sensi
dell'art. 1, comma 7, del d.lgs. n. 502 del 1992, sarebbero a  carico
del SSN le tipologie  di  assistenza,  i  servizi  e  le  prestazioni
sanitarie che presentano, per specifiche  condizioni  cliniche  o  di
rischio, evidenze  scientifiche  di  un  significativo  beneficio  in
termini di salute, a livello individuale o collettivo, a fronte delle
risorse impiegate,  disponendo  che  siano  esclusi  dai  livelli  di
assistenza erogati a carico del SSN le  tipologie  di  assistenza,  i
servizi  e  le  prestazioni  sanitarie  che:  a)  non  rispondono   a
necessita' assistenziali tutelate in base ai principi ispiratori  del
SSN di cui al comma 2; b) non soddisfano i principi dell'efficacia  e
dell'appropriatezza, ovvero la cui efficacia non e'  dimostrabile  in
base alle evidenze scientifiche disponibili  o  sono  utilizzati  per
soggetti  le  cui  condizioni   cliniche   non   corrispondono   alle
indicazioni raccomandate; c) in presenza di altre forme di assistenza
volte a soddisfare le medesime esigenze, non soddisfano il  principio
dell'economicita' nell'impiego delle risorse, ovvero non garantiscono
un uso efficiente delle risorse quanto a modalita' di  organizzazione
ed erogazione dell'assistenza. 
    La definizione e l'aggiornamento dei LEA  di  cui  al  richiamato
art. 1, comma 7, del d.lgs. n.  502  del  1992,  sarebbero  stati  da
ultimo disposti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri
12 gennaio 2017 (Definizione e aggiornamento dei  livelli  essenziali
di  assistenza,  di  cui  all'articolo  1,  comma  7,   del   decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n.  502)  che,  nel  Capo  VI  dedicato
all'«Assistenza specifica a particolari  categorie»,  individuerebbe,
all'Allegato 10/C, le «Condizioni di accesso alla diagnosi  prenatale
invasiva, in esclusione dalla  quota  di  partecipazione  al  costo».
Ebbene, l'Allegato 10/C non contemplerebbe i  Non  Invasive  Prenatal
Test-NIP (NIPT) tra i livelli essenziali di assistenza sanitaria  per
i quali e' prevista la relativa esenzione. 
    La previsione contenuta  nel  comma  2  della  norma  denunciata,
dunque, integrerebbe un livello ulteriore di assistenza rispetto alla
normativa statale interposta. 
    Anche in questo caso, la disposizione  impugnata  violerebbe  non
soltanto la norma in precedenza richiamata, che stabilisce i  termini
e le condizioni  per  l'accollo  al  SSN  del  costo  di  prestazioni
sanitarie, ma pure l'art. 1, comma 174, della legge n. 311 del  2004,
il quale vieterebbe  alle  Regioni,  assoggettate,  come  la  Regione
Siciliana, a piano di rientro dal disavanzo sanitario, di  effettuare
spese  non  obbligatorie.  Sono  pertanto  riproposte   le   medesime
argomentazioni esposte in relazione alla norma  di  cui  all'art.  41
della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021. 
    7.1.- La  difesa  regionale  sostiene  la  non  fondatezza  delle
censure appuntate sull'art. 54, commi 2 e 3, proponendo  la  medesima
argomentazione  difensiva  formulata  nei  confronti  delle   censure
riferite agli artt. 53 e 55  e  che  prospetta,  per  relationem,  in
riferimento alle diverse impugnative. 
    8.- E' impugnato l'art. 55 della legge reg. Siciliana  n.  9  del
2021, in riferimento all'art.  117,  commi  secondo,  lettera  m),  e
terzo, nonche' in riferimento all'art. 17, comma 1, lettera c), dello
statuto reg. Siciliana. 
    Ai sensi del richiamato art.  55  (Terapia  pazienti  affette  da
endometriosi) «1. Al fine di garantire maggiore  accessibilita'  alla
terapia antidolorifica nelle pazienti  affette  da  endometriosi,  in
ottemperanza a  quanto  stabilito  dalle  societa'  scientifiche  del
settore, l'Assessore per la salute e'  autorizzato  a  consentire  la
prescrivibilita' dei farmaci antinfiammatori non steroidei in  fascia
A in deroga ai vincoli previsti dalla  nota  AIFA  66  per  tutte  le
pazienti in possesso del codice di esenzione 063. Ai  relativi  oneri
nei limiti di un milione di euro si provvede a valere  sulle  risorse
del capitolo 413374 (Missione 13, Programma 1, capitolo 413374)». 
    Afferma il ricorrente che le malattie e le condizioni  che  danno
diritto  all'esenzione  sarebbero  individuate  in  base  ai  criteri
dettati dal decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124 (Ridefinizione
del sistema di partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie  e
del regime delle esenzioni, a norma dell'articolo 59, comma 50, della
L. 27 dicembre 1997, n. 449). L'elenco delle malattie croniche esenti
dalla partecipazione al costo delle prestazioni e' stato ridefinito e
aggiornato dal gia' richiamato d.P.C.m. 12  gennaio  2017  sui  nuovi
LEA, ed in specie dall'Allegato 8 ove, per l'appunto,  e'  ricompresa
l'esenzione in questione  (con  codice  063),  ma  tale  esenzione  -
prevista a favore degli assistiti affetti  da  patologie  croniche  -
sarebbe riferita esclusivamente  alle  prestazioni  di  specialistica
ambulatoriale correlate e non si estenderebbe  anche  ai  farmaci.  A
livello nazionale,  infatti,  i  farmaci  sarebbero  classificati  in
fascia  A,  gratuiti  per  tutti  gli  assistiti,  o  in  fascia   C,
completamente a carico degli assistiti. 
    La norma regionale contenuta nell'art. 55, comma 2, consentirebbe
a  favore  delle  assistite,  con  esenzione  per  endometriosi,   la
prescrivibilita' di alcuni farmaci in Fascia A «in deroga ai  vincoli
previsti dalla nota AIFA 66», la quale, nel prevedere  le  condizioni
in cui la prescrizione dei farmaci antinfiammatori non steroidei  sia
a carico del SSN, non contempla, tra  le  patologie  ammesse  a  tale
regime, la malattia cronica in questione. Il comma 3  del  menzionato
articolo, inoltre, porrebbe il relativo  onere  a  carico  del  fondo
sanitario,  come  emergerebbe  dal  riferimento  alla  Missione   13,
Programma 1, e al  capitolo  relativo  al  cofinanziamento  regionale
farmaci innovativi. 
    Sostiene il  ricorrente  che  tale  fattispecie  integrerebbe  un
livello ulteriore di assistenza (extra-LEA) rispetto  alla  normativa
statale  di  riferimento,  che  la  Regione  Siciliana  non  potrebbe
erogare, stante il divieto  di  spese  non  obbligatorie,  in  quanto
soggetta al piano di rientro dal disavanzo sanitario. 
    La disposizione impugnata violerebbe dunque la normativa  statale
che  individua  le  malattie  e  le  condizioni  che  danno   diritto
all'esenzione dalla  spesa  sanitaria  (d.lgs.  n.  124  del  1998  e
d.P.C.m. 12 gennaio 2017), nonche' l'art. 1, comma 174,  della  legge
n. 311 del 2004, il quale vieta alle Regioni in piano di rientro  dal
disavanzo  sanitario  di  effettuare  spese  non  obbligatorie,  come
appunto quella di cui si discute. 
    La norma si porrebbe dunque in  contrasto  sia  con  l'art.  117,
secondo comma, lettera m), Cost. - violando la  potesta'  legislativa
esclusiva dello Stato in materia di determinazione dei LEA - sia  con
l'art.  117,  terzo  comma,  Cost,  per   violazione   dei   principi
fondamentali in materia coordinamento della finanza  pubblica.  Anche
in questo caso, l'Avvocatura generale dello Stato deduce altresi'  la
violazione delle competenze affidate alla Regione  dallo  statuto  di
autonomia, il quale, pur conferendo all'Assemblea regionale il potere
di emanare leggi «al fine di soddisfare alle  condizioni  particolari
ed  agli  interessi  propri  della  regione»  anche  in  materia   di
assistenza sanitaria (art. 17, comma 1, lettera c), prevede  tuttavia
che tale potere debba essere esercitato «entro i limiti dei  principi
ed interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato», in
cui si includerebbero i principi fondamentali stabiliti  dallo  Stato
in materia di coordinamento della finanza pubblica e di  contenimento
della spesa pubblica sanitaria. 
    8.1.-  In  proposito,  la  difesa  regionale  eccepisce  la   non
fondatezza dei motivi di gravame, ritenendo che le norme regionali de
quibus non sembrerebbero distrarre indebitamente  risorse  dal  fondo
sanitario  regionale,  e  ribadisce  quanto  gia'  affermato  per  la
precedente  censura  in  ordine  alla  competenza  delle  Regioni  ad
incrementare i livelli delle prestazioni. 
    9.- L'impugnativa statale si appunta  anche  sull'art.  56  della
menzionata legge regionale, il quale  violerebbe  l'art.  117,  terzo
comma, Cost., nelle materie «coordinamento della finanza pubblica»  e
«tutela della salute». 
    Stabilisce  l'impugnato  art.  56  (Contributo  REMESA   per   la
prevenzione di malattie zoonotiche) che:  «1.  Al  fine  di  adottare
politiche di prevenzione dei rischi epidemici dovuti all'emergere nel
territorio regionale di patologie animali  e  zoonotiche  provenienti
dall'area  nordafricana  ed  al  riemergere  di  patologie   ritenute
eradicate nel territorio  regionale,  e'  assegnato  a  REMESA  (Rete
Mediterranea per la Salute degli Animali), ufficio costituito  presso
l'Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sicilia  sotto  l'egida
dell'Organizzazione    mondiale    della    sanita'     animale     e
dell'Organizzazione  delle  Nazioni  Unite  per   l'alimentazione   e
l'agricoltura, un  contributo  pari  a  250  migliaia  di  euro,  per
l'esercizio  finanziario  2021,  per  lo  svolgimento  dell'attivita'
istituzionale. Agli oneri derivanti dal presente articolo si provvede
nell'ambito delle risorse destinate  al  finanziamento  dell'Istituto
zooprofilattico  sperimentale.  Il  contributo  va   dettagliatamente
rendicontato con la specifica individuazione della spesa  e  relativa
tracciabilita'». 
    Il ricorrente  lamenta  che  l'art.  56  della  richiamata  legge
regionale riconoscerebbe un  contributo  alla  sede  di  Palermo  del
REMESA, denominato Scientific and Technical Office of REMESA  (STOR),
impiegando    risorse    destinate    all'Istituto    zooprofilattico
sperimentale della Sicilia. 
    Il  REMESA,  ente  istituito  sotto  l'egida  dell'Organizzazione
mondiale della sanita' animale (OIE) e  dell'Organizzazione  mondiale
dell'alimentazione e dell'agricoltura (FAO),  al  fine  di  cooperare
allo  sviluppo  e  all'implementazione  di   progetti   e   programmi
riguardanti terni relativi alla salute animale  di  comune  interesse
dei  Paesi  mediterranei  aderenti,  comprende  i  Capi  dei  servizi
veterinari di 15 Paesi del Mediterraneo, con  obiettivi  e  finalita'
che, pero', sarebbero  diverse  da  quelle  perseguite  dall'Istituto
zooprofilattico sperimentale della Sicilia. 
    Lo STOR di Palermo, istituito  con  una  risoluzione  votata  nel
corso della diciottesima riunione del Joint Permanent Commitee  (JPC)
del REMESA tenutasi nei giorni 26 e 27 giugno 2019 al Cairo,  sarebbe
nato  per  fornire  supporto  scientifico   alla   rete   REMESA   in
coordinamento con il Segretariato OIE/FAO, con specifiche  finalita',
tra cui:  operare  come  sede  amministrativo-logistica  della  rete;
agevolare la comunicazione e il contatto tra ricercatori  ed  esperti
afferenti la rete REMESA; assistere i Paesi per ottenere fondi per lo
sviluppo   di   progetti   e   attivita'   analoghe   di    carattere
internazionale. 
    Per le richiamate attivita' istituzionali, nel  marzo  del  2021,
l'Istituto zooprofilattico  sperimentale  della  Sicilia  aveva  gia'
presentato un progetto all'OIE, con una  richiesta  di  finanziamento
per la stessa cifra (pari a  euro  250.000,00)  oggi  indicata  dalla
norma regionale denunciata. 
    Ai sensi dell'art. 12, comma 2, lettera a), punto 4), del  d.lgs.
n. 502 del  1992,  «[u]na  quota  pari  all'1%  del  Fondo  sanitario
nazionale complessivo, prelevata dalla quota  iscritta  nel  bilancio
del Ministero del tesoro e del Ministero del bilancio per le parti di
rispettiva competenza, e' trasferita nei capitoli da istituire  nello
stato di previsione del Ministero della sanita' ed utilizzata per  il
finanziamento di a)  attivita'  di  ricerca  corrente  e  finalizzata
svolta  da:  [...]  istituti  zooprofilattici  sperimentali  per   le
problematiche relative all'igiene e sanita' pubblica veterinaria». 
    Ai sensi del successivo comma 3 «[i]l Fondo sanitario  nazionale,
al netto della quota individuata dal comma precedente,  e'  ripartito
con riferimento al triennio successivo entro il 15 ottobre di ciascun
anno, in coerenza con le previsioni del disegno di legge  finanziaria
per l'anno successivo, dal CIPE,  su  proposta  del  Ministero  della
sanita', sentita la Conferenza  permanente  per  i  rapporti  tra  lo
Stato, le regioni e le  province  autonome;  la  quota  capitaria  di
finanziamento da assicurare alle regioni viene determinata sulla base
di un sistema di coefficienti parametrici, in  relazione  ai  livelli
uniformi di prestazioni sanitarie in tutto il  territorio  nazionale,
determinati ai sensi dell'articolo 1,  con  riferimento  ai  seguenti
elementi». 
    La Tabella B della delibera CIPE 14 maggio 2020,  n.  20  prevede
per il finanziamento dell'Istituto zooprofilattico sperimentale della
Regione Siciliana l'importo di euro 22.236.637. 
    L'Avvocatura  generale  dello  Stato  deduce,  pertanto,  che  il
finanziamento previsto dalla norma regionale impugnata  non  potrebbe
essere decurtato dalle risorse del Fondo  sanitario  nazionale,  gia'
destinate, per la quota spettante, al funzionamento e  alle  funzioni
istituzionali ordinarie  dell'Istituto  zooprofilattico  sperimentale
della Sicilia, cosi' come  individuate  dalla  delibera  CIPE  «Fondo
sanitario nazionale - Riparto delle disponibilita' finanziarie per il
Servizio sanitario nazionale», ai sensi dell'art. 12,  comma  3,  del
d.lgs. n. 502 del 1992 (Tabella B - delibera CIPE 14 maggio 2020,  n.
20). 
    Afferma il  ricorrente  che  la  norma  in  esame,  indebitamente
distraendo risorse del Fondo  sanitario  nazionale,  si  porrebbe  in
contrasto con la norma interposta sopra richiamata e, di conseguenza,
con l'art. 117, terzo comma, Cost.,  violando  principi  fondamentali
stabiliti sia in materia di coordinamento della finanza pubblica, sia
in materia di tutela della salute. 
    9.1.-  La  difesa  regionale,  al  riguardo,  eccepisce  la   non
fondatezza dei motivi di ricorso, affermando che le  norme  regionali
impugnate  non  distrarrebbero  indebitamente   risorse   dal   Fondo
sanitario nazionale,  in  relazione  alla  norma  interposta  di  cui
all'articolo 12, comma 3, del d.lgs. n. 502 del 1992. 
    10.- E', infine, impugnato l'art. 57 della legge  reg.  Siciliana
n. 9 del 2021, in riferimento agli artt. 118, primo comma,  Cost.  in
riferimento agli artt. 3 e 32 Cost. 
    L'art. 57, rubricato «Avvio progetti per la fornitura di cannabis
terapeutica» prevede al comma 1 che  «[a]l  fine  di  sopperire  alle
richieste  derivanti  dal  rapporto  di  fabbisogno  accertato  dalle
autorita'   sanitarie   nazionali   di   produzione   di    "cannabis
terapeutica",   l'Assessorato   regionale   dell'agricoltura,   dello
sviluppo rurale e della  pesca  mediterranea  e'  autorizzato,  anche
tramite i propri enti strumentali, all'avvio di  progetti  innovativi
pure nelle forme  del  partenariato  con  le  societa'  presenti  sul
territorio nazionale, finalizzati ad avviare  le  procedure  previste
dall'articolo  17,  comma  1,  del  decreto  del   Presidente   della
Repubblica n. 309/90». 
    Riporta il ricorrente che ai sensi dell'art.  17,  comma  1,  del
decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo
unico delle leggi in  materia  di  disciplina  degli  stupefacenti  e
sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei  relativi
stati di tossicodipendenza) «[c]hiunque intenda coltivare,  produrre,
fabbricare, impiegare, importare, esportare, ricevere  per  transito,
commerciare a qualsiasi titolo o comunque detenere per  il  commercio
sostanze stupefacenti o psicotrope, comprese  nelle  tabelle  di  cui
all'articolo 14 deve munirsi dell'autorizzazione del Ministero  della
sanita'».  Il  successivo  art.  26  dispone  che  «e'  vietata   nel
territorio dello Stato la coltivazione delle  piante  comprese  nella
tabella I e II di cui all'articolo 14» tuttavia  «il  Ministro  della
Sanita' puo' autorizzare istituti universitari e laboratori  pubblici
aventi fini istituzionali di ricerca, alla coltivazione delle  piante
sopra indicate per scopi scientifici, sperimentali o didattici». 
    Secondo  l'Avvocatura  generale  dello   Stato,   le   competenze
amministrative del Ministero della  salute  nella  materia  sarebbero
state ulteriormente precisate dal decreto del ministro della salute 9
novembre 2015 (Funzioni di Organismo statale per la cannabis previsto
dagli articoli 23 e 28 della Convenzione unica sugli stupefacenti del
1961,  come  modificata  nel  1972).  In   particolare,   l'art.   1,
nell'indicare le funzioni del Ministero della salute in  qualita'  di
Organismo statale per la cannabis, prevede che esso «a) autorizza  la
coltivazione delle piante di cannabis da utilizzare per la produzione
di medicinali di origine  vegetale  a  base  di  cannabis  [...];  b)
individua le aree destinate  alla  suddetta  coltivazione  [...];  c)
importa, esporta e  distribuisce  sul  territorio  nazionale,  ovvero
autorizza   l'importazione,    l'esportazione,    la    distribuzione
all'ingrosso e il mantenimento di scorte delle piante e  materiale  a
base di cannabis [...]; d) provvede alla determinazione  delle  quote
di fabbricazione di sostanza attiva di origine  vegetale  a  base  di
cannabis sulla base delle richieste delle Regioni  e  delle  Province
Autonome e ne informa l'International Narcotics Control Board  (INCB)
presso le Nazioni Unite». 
    Sostiene   il   ricorrente    che    le    autorizzazioni    alla
sperimentazione,  nell'ambito  di  progetti  che   comportino   anche
indirettamente un utilizzo  delle  piante  sopra  richiamate,  devono
essere rilasciate preventivamente dal Ministero della salute. 
    La norma regionale impugnata,  nel  prevedere  che  l'Assessorato
regionale e' autorizzato all'avvio  di  progetti  innovativi  a  loro
volta finalizzati ad avviare  le  procedure  per  l'esercizio  -  che
dovrebbe  essere  necessariamente  autorizzato  dal  Ministero  della
salute - delle attivita' di cui all'art. 17, comma 1, del  d.P.R.  n.
309  del  1990,  determinerebbe  una  commistione  tra  le   funzioni
dell'Assessorato  regionale  dell'agricoltura  siciliano   e   quelle
amministrative proprie del  Ministero  della  salute,  con  possibili
ripercussioni sull'effettiva capacita' del sistema di  assicurare  un
adeguato ed uniforme livello di garanzie al fondamentale diritto alla
tutela della salute presidiato dall'art. 32 Cost. 
    Ed invero, l'attribuzione  al  livello  statale  delle  descritte
funzioni  amministrative  troverebbe   giustificazione   in   precise
esigenze di tutela della salute che, per loro natura e perche'  siano
assicurate uniformemente su tutto il territorio nazionale, richiedono
un esercizio unitario secondo il  principio  di  adeguatezza  di  cui
all'art. 118 Cost. (sono richiamate le sentenze di questa Corte n. 12
del 2004 e n.  303  del  2003).  La  norma  denunciata  si  porrebbe,
pertanto,  in  contrasto  con  l'art.  118,  primo  comma,  Cost.  in
riferimento agli artt. 3 e 32 Cost. 
    10.1.- La difesa regionale sostiene la non fondatezza del  motivo
di impugnazione, sostenendo che la norma regionale non determinerebbe
alcuna  commistione  tra  le  funzioni   dell'Assessorato   regionale
siciliano  dell'agricoltura  e  quelle  amministrative  proprie   del
Ministero della salute, senza ripercussioni sul fronte degli adeguati
ed uniformi livelli  di  garanzia  del  diritto  della  tutela  della
salute, di cui all'art. 32 Cost. 
    11.- Con ricorso iscritto al registro generale n. 8 del  2022  il
Presidente del  Consiglio  dei  ministri  ha  promosso  questioni  di
legittimita' costituzionale dell'art. 14 della legge  reg.  Siciliana
n. 29 del 2021 il quale stabilisce «1. Per il rilancio  dell'economia
della Sicilia  mediante  il  ripristino  dei  flussi  turistici  post
pandemia Covid, al fine di assicurare la fruizione dei  luoghi  della
cultura, ai sensi dell'articolo 9,  comma  7,  lettera  e)  del  CCRL
vigente e' autorizzata per l'esercizio finanziario  2021  l'ulteriore
spesa  per  il  trattamento  accessorio   del   personale   a   tempo
indeterminato utilizzato per interventi di sicurezza e  di  vigilanza
nei luoghi della cultura, pari a complessivi  euro  1.061.600,00,  di
cui euro 193.600,00 quali oneri sociali a carico dell'amministrazione
regionale ed euro 68.000,00 quale imposta regionale  sulle  attivita'
produttive (I.R.A.P.) da versare (Missione 5, programma 2).  2.  Agli
oneri  di  cui  al  presente   articolo   si   fa   fronte   mediante
corrispondente riduzione della  Missione  9,  programma  5,  capitolo
150032». 
    Afferma il ricorrente che la norma  impugnata  autorizzando,  per
l'esercizio finanziario 2021, un'ulteriore spesa per  il  trattamento
accessorio del personale utilizzato per interventi di sicurezza e  di
vigilanza nei luoghi della cultura  ponendosi,  in  primo  luogo,  si
porrebbe in contrasto con il divieto previsto dall'art. 23, comma  2,
del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, recante  «Modifiche  e
integrazioni al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165,  ai  sensi
degli articoli 16, commi 1, lettera a), e 2, lettere b), c), d) ed e)
e 17, comma 1, lettere a), c), e), f), g), h), l) m), n), o), q), r),
s)  e  z),  della  legge  7  agosto  2015,  n.  124,  in  materia  di
riorganizzazione  delle  amministrazioni  pubbliche»,  in  ordine  al
superamento del limite dell'ammontare complessivo, riferito  all'anno
2016, delle risorse destinate annualmente al  trattamento  accessorio
del personale, anche di livello dirigenziale,  delle  amministrazioni
pubbliche. 
    Rappresenta  il  ricorrente  che  la  riduzione  del  trattamento
accessorio del personale, anche di livello dirigenziale,  costituisce
una delle condizioni contenute nel «Piano di  rientro  della  Regione
Siciliana del  disavanzo  in  attuazione  dell'Accordo  Stato-Regione
sottoscritto  dal  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  e   dal
Presidente della Regione Siciliana il 14 gennaio 2021»  (quest'ultimo
denominato «Accordo tra Stato e  Regione  Siciliana  per  il  Ripiano
decennale del disavanzo»). 
    La disposizione regionale in esame, prevedendo  di  destinare  un
maggiore importo per il trattamento accessorio del personale a  tempo
indeterminato utilizzato per interventi di sicurezza e  di  vigilanza
nei luoghi della cultura, pari a complessivi euro 1.061.600,00, oltre
a costituire  un'ingiustificata  violazione  del  precetto  normativo
imposto  dall'art.  23,  comma  2,  del  d.lgs.  n.  75   del   2017,
pregiudicherebbe il raggiungimento dell'obiettivo di rientro previsto
nel Piano che, ai sensi dell'art. 6 della legge reg. Siciliana n.  10
del 2021, in  attuazione  dell'art.  7  del  decreto  legislativo  27
dicembre 2019, n. 158 (Norme di  attuazione  dello  statuto  speciale
della Regione Siciliana in  materia  di  armonizzazione  dei  sistemi
contabili,  dei  conti  giudiziali  e  dei  controlli),   costituisce
allegato alla legge di approvazione del bilancio di previsione. 
    Conseguentemente, asserisce il ricorrente, la norma regionale  si
porrebbe  in  contrasto  con  l'art.  117,  terzo  comma,  Cost.,  in
riferimento ai  principi  fondamentai  nella  materia  «coordinamento
della finanza pubblica», proprio in relazione alla  norma  interposta
di cui all'art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019, confliggendo anche  con
l'art. 81 Cost. e con le norme fondamentali  e  i  criteri  stabiliti
dalla legge 24 dicembre 2012, n. 243 (Disposizioni  per  l'attuazione
del principio del pareggio di bilancio  ai  sensi  dell'articolo  81,
sesto comma, della Costituzione), in  particolare  con  l'art.  9  di
detta legge, considerato anch'esso quale  principio  fondamentale  di
coordinamento della finanza pubblica, vincolante anche per le Regioni
a statuto speciale (sono citate le sentenze di questa  Corte  n.  221
del 2013, n. 217 e n. 215 del 2012). 
    Peraltro, afferma l'Avvocatura generale, qualora i maggiori oneri
previsti dalla norma impugnata si  riferissero  a  un  aumento  della
retribuzione di posizione e di risultato del personale con  qualifica
dirigenziale, essa si porrebbe in contrasto con l'art.  117,  secondo
comma, lettera l),  Cost.,  che  riserva  alla  potesta'  legislativa
esclusiva dello Stato la materia «ordinamento civile», disponendo  in
una  materia  -  quella  del  trattamento  economico  accessorio  del
personale,  anche  dirigenziale,   alle   dipendenze   di   pubbliche
amministrazioni - che, in base alle norme  generali  sull'ordinamento
del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche di cui  al
d.lgs. n. 165 del 2001, e' demandata alla contrattazione collettiva. 
    11.1.- La difesa regionale ritiene le  censure  inammissibili  e,
comunque, non fondate. 
    Sostiene la Regione che il  legislatore  regionale,  al  fine  di
assicurare la fruizione dei luoghi della cultura e per consentire  la
ripresa economica locale dopo la crisi determinata dalla pandemia  da
COVID-19,  avrebbe  autorizzato  per  l'esercizio  finanziario   2021
l'ulteriore spesa per la remunerazione di  lavoratori  che,  su  base
volontaria,  si  fossero  resi  disponibili  a  fornire  la   propria
prestazione  lavorativa  nell'ambito   di   quanto   previsto   dalla
contrattazione collettiva decentrata integrativa. 
    La norma censurata non sarebbe in contrasto  con  i  principi  di
coordinamento della finanza  pubblica  in  quanto  per  le  autonomie
speciali  la  definizione  dell'importo  annuo  del   concorso   agli
obiettivi  della  finanza  pubblica   renderebbe   non   direttamente
applicabili alla Regione le disposizioni statali integranti  principi
fondamentali in materia di coordinamento della  finanza  pubblica  di
cui all'art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 75 del 2017. 
    Evidenzia altresi' che la norma impugnata  non  riguarderebbe  il
trattamento economico del personale dirigenziale,  pertanto,  sarebbe
inammissibile la censura inerente alla violazione  della  riserva  di
potesta' legislativa esclusiva dello Stato nella materia «ordinamento
civile» lamentata nel ricorso. 
    La norma censurata non eccederebbe dalle  competenze  legislative
attribuite alla Regione Siciliana dallo statuto speciale,  in  quanto
si limiterebbe a finanziare la spesa per una specifica categoria  del
personale regionale secondo  quanto  stabilito  dalla  contrattazione
collettiva di comparto. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con ricorso depositato  il  30  giugno  2021  e  iscritto  al
registro ricorsi n. 33 del 2021,  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, ha promosso, in riferimento complessivamente agli artt. 3, 32,
81, terzo comma, 117, commi secondo, lettere e), l) e m), e terzo,  e
118, primo comma, della Costituzione, nonche' agli artt. 14,  lettera
q), e 17, comma 1, lettera c), di cui al regio decreto legislativo 15
maggio  1946,  n.  455  (Approvazione  dello  statuto  della  Regione
Siciliana), convertito in legge costituzionale 26 febbraio  1948,  n.
2, questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 5,  comma  1,
lettera f), 14, 36, 41, comma 3, 50, 53, 54, commi 2 e 3, 55, 56 e 57
della  legge  della  Regione  Siciliana  15   aprile   2021,   n.   9
(Disposizioni programmatiche e correttive per l'anno 2021.  Legge  di
stabilita' regionale). 
    Con ricorso depositato il 1° febbraio 2022 e iscritto al registro
ricorsi n. 8 del 2022  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha
promosso questioni di  legittimita'  costituzionale  degli  artt.  4,
comma 1, e 14 della legge della Regione Siciliana 26  novembre  2021,
n.  29  (Modifiche  alla  legge  regionale  15  aprile  2021,  n.  9.
Disposizioni varie). L'art. 4, comma 1, della legge reg. Siciliana n.
29 del 2021 modifica l'art. 36 della legge reg. Siciliana  n.  9  del
2021 impugnato con il ricorso n. 33 del 2021. 
    Con atto del 27 maggio 2022 la difesa regionale,  prendendo  atto
della nota 25 maggio 2022,  n.  15563,  con  la  quale  l'Assessorato
regionale della famiglia, delle politiche sociali  e  del  lavoro  ha
chiesto  alla  Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri-Dipartimento
affari regionali (DAR), il rinvio delle  udienze  fissate  per  il  7
giugno 2022, limitatamente agli artt. 36 della legge  reg.  Siciliana
n. 9 del 2021 e 4, comma 1, della legge  reg.  Siciliana  n.  29  del
2021, in quanto  e'  intendimento  del  Governo  regionale  apportare
modifiche  alle  norme  impugnate  -  di  raccordo  con   lo   stesso
Dipartimento statale -  che  siano  satisfattive  delle  ragioni  del
Governo nazionale,  ha  presentato  istanza  di  rinvio  dell'udienza
fissata per il 7 giugno 2022, limitatamente ai predetti articoli. 
    Il ricorrente, con atto depositato il 30 maggio 2022, ha  aderito
all'istanza di rinvio presentata dalla Regione e il Presidente  della
Corte costituzionale, con decreto del 1° giugno 2022, ha disposto  il
rinvio a nuovo ruolo la discussione dei giudizi di  cui  all'art.  36
della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021 (ricorso iscritto al  n.  33
del reg. ric.  2021)  e  dell'art.  4,  comma  l,  della  legge  reg.
Siciliana n. 29 del 2021 (ricorso iscritto al  n.  8  del  reg.  ric.
2022). 
    Alla luce di quanto esposto, considerata l'evidente  connessione,
vanno pertanto riuniti i giudizi inerenti ai ricorsi  presentati  dal
Presidente del Consiglio dei ministri. 
    2.- Preliminarmente, occorre evidenziare che, con atto depositato
il 20 maggio 2022, lo Stato ha  annunciato  la  rinuncia  al  ricorso
limitatamente all'impugnazione dell'art. 41,  comma  3,  della  legge
reg. Siciliana n. 9 del 2021, giusta delibera adottata dal  Consiglio
dei Ministri in data 17 maggio 2022. La difesa regionale ha accettato
la rinuncia con atto depositato il successivo 26 maggio. 
    Pertanto, in armonia  con  le  indicazioni  della  giurisprudenza
costituzionale, va dichiarata l'estinzione del processo relativamente
alla questione di legittimita' costituzionale dell'art. 41, comma  3,
della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021, ai sensi dell'art. 23 delle
Norme integrative per i giudizi davanti  alla  Corte  costituzionale,
vigente ratione temporis (ex plurimis, sentenze n. 123 e n.  114  del
2022, n. 199 e n. 63 del 2020; ordinanza n. 23 del 2020). 
    3.- Occorre dunque esaminare  in  questa  sede  le  questioni  di
legittimita' costituzionale degli artt. 5, comma 1, lettera  f),  14,
50, 53, 54, commi 2 e 3, 55, 56 e 57 della legge reg. Siciliana n.  9
del 2021 e 14 della legge reg. Siciliana n. 29 del 2021. 
    4.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato  l'art.
5, comma 1, lettera f), della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021, che
modifica l'art. 55 della legge della Regione Siciliana 7 maggio 2015,
n. 9 (Disposizioni programmatiche e correttive per l'anno 2015. Legge
di stabilita' regionale)  e  successive  modificazioni,  aggiungendo,
dopo il comma 7, il comma 7-bis. 
    La  disposizione  impugnata  stabilisce:  «[a]l   personale   del
comparto in servizio  a  tempo  indeterminato  e  determinato  presso
l'ufficio speciale - C.U.C., oltre al trattamento accessorio  di  cui
al comma 7 dell'articolo 16 della legge regionale 15 maggio 2000,  n.
10 e successive modificazioni e' riconosciuta,  a  valere  sul  Fondo
istituito  con  Delib.  G.R.  n.  387  del  24  novembre  2004,   una
retribuzione  annua  sostitutiva  dei  premi  di  cui  al   comma   4
dell'articolo  90  del  CCRL  vigente,  nelle   misure   riconosciute
dall'articolo 94 del  CCRL  vigente  al  personale  del  comparto  in
servizio presso l'UREGA. Trova, altresi',  applicazione  il  comma  2
dell'articolo 94 del CCRL vigente». 
    Ad avviso del  ricorrente  tale  disposizione,  nel  derogare  al
principio che riserva alla contrattazione collettiva  il  trattamento
economico del personale pubblico contrattualizzato, desumibile  dagli
artt. 2, comma 3, e 45, comma 1, del  decreto  legislativo  30  marzo
2001,  n.  165  (Norme  generali  sull'ordinamento  del  lavoro  alle
dipendenze delle amministrazioni pubbliche), si porrebbe in contrasto
con l'art. 117, secondo comma, lettera l),  della  Costituzione,  che
attribuisce alla competenza esclusiva dello Stato la disciplina della
materia «ordinamento civile». 
    Il ricorrente afferma che, a seguito  della  contrattualizzazione
del pubblico impiego, i principi generali fissati dalla legge statale
nella  materia  costituiscono  limiti  di  diritto  privato   fondati
sull'esigenza, connessa al precetto costituzionale di eguaglianza, di
garantire  l'uniformita'  nel  territorio  nazionale   delle   regole
fondamentali di diritto che disciplinano i rapporti fra privati. Tali
principi si imporrebbero anche alle Regioni a statuto speciale  (sono
richiamate le sentenze di questa Corte n. 16 del 2020 e  n.  154  del
2019). 
    In  particolare,  per  quanto  attiene  alla  Regione  Siciliana,
l'applicazione dei  predetti  principi  non  sarebbe  preclusa  dalla
previsione contenuta nell'art. 14, lettera q), dello statuto speciale
che, pur attribuendo  alla  competenza  legislativa  esclusiva  della
Regione  la  disciplina  dello  stato  giuridico  ed  economico   dei
dipendenti regionali, incontrerebbe - in virtu'  di  quanto  previsto
dallo stesso statuto di autonomia - i limiti  derivanti  dalle  norme
fondamentali delle riforme  economico-sociali  della  Repubblica  (e'
citata la sentenza di questa Corte n. 172 del 2018)  che,  in  quanto
tali, si impongono anche alla potesta'  legislativa  esclusiva  delle
Regioni autonome (sono richiamate le sentenze di questa Corte  n.  93
del 2019, n. 201 e n. 178 del 2018). 
    4.1.- La questione e' fondata per i motivi di seguito indicati. 
    La disciplina del pubblico impiego, originariamente contenuta nel
decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1957, n.  3  (Testo
unico degli impiegati civili dello Stato), stabiliva che il  rapporto
di lavoro pubblico era costituito  e  gestito  per  atto  unilaterale
della pubblica amministrazione quale esercizio di un potere pubblico.
In seguito, il  legislatore  ha  avviato  una  profonda  riforma  del
pubblico  impiego  finalizzata  ad  accrescere   l'efficienza   delle
amministrazioni anche in relazione a quella dei corrispondenti uffici
e servizi dei Paesi dell'Unione europea, a  razionalizzare  il  costo
del  lavoro  pubblico,  contenendo  la  spesa  complessiva   per   il
personale,  diretta   e   indiretta,   a   realizzare   la   migliore
utilizzazione delle risorse umane  nelle  pubbliche  amministrazioni,
assicurando la formazione e lo sviluppo professionale dei dipendenti,
applicando condizioni uniformi rispetto a quelle del lavoro privato e
garantendo pari opportunita' alle lavoratrici e ai lavoratori. 
    L'art 45, comma 1, del d.lgs. n. 165  del  2001  prevede  che  il
trattamento economico  fondamentale  e  accessorio  e'  definito  dai
contratti collettivi,  i  quali  stabiliscono,  in  coerenza  con  le
disposizioni legislative  vigenti,  trattamenti  economici  accessori
collegati: a)  alla  performance  individuale;  b)  alla  performance
organizzativa con riferimento all'amministrazione nel suo complesso e
alle unita'  organizzative  o  aree  di  responsabilita'  in  cui  si
articola l'amministrazione; c) all'effettivo svolgimento di attivita'
particolarmente disagiate ovvero pericolose o dannose per la salute. 
    Il predetto art. 45 stabilisce, in sostanza, che per l'erogazione
del  salario  accessorio,  al  fine  di  premiare  il  merito  e   la
performance dei dipendenti, compatibilmente con i vincoli di  finanza
pubblica, sono  destinate  apposite  risorse  nell'ambito  di  quelle
previste per il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro. 
    La giurisprudenza di questa Corte ha costantemente affermato  che
la disciplina del rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici  rientra
nella materia «ordinamento civile», attribuita in  via  esclusiva  al
legislatore statale dall'art. 117, secondo comma, lettera  l),  Cost.
(sentenze n. 146, n. 138 e n. 10 del  2019).  Cio'  comporta  che  le
Regioni non possono alterare le regole che disciplinano tali rapporti
privati (ex multis, sentenza n. 282 del 2004). 
    Questa Corte ha inoltre ribadito, anche recentemente, che  «"[l]a
materia  dell'ordinamento  civile,  riservata  in  via  esclusiva  al
legislatore statale, investe la disciplina del trattamento  economico
e  giuridico  dei  dipendenti  pubblici  e   ricomprende   tutte   le
disposizioni che incidono sulla regolazione del  rapporto  di  lavoro
(ex plurimis, sentenze n. 175 e n. 72 del 2017, n. 257 del  2016,  n.
180 del 2015, n. 269, n. 211 e n. 17 del 2014)" (sentenza n. 257  del
2020)» (sentenza n. 25 del 2021). 
    La   giurisprudenza   costituzionale   e',   altresi',   costante
nell'affermare che i principi desumibili dal d.lgs. n. 165  del  2001
costituiscono norme fondamentali di riforma  economico-sociale  della
Repubblica. I principi desumibili da tali norme si impongono, proprio
in ragione della loro rilevanza economico-sociale, anche alle Regioni
a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e  Bolzano  (in
tal senso, sentenze n. 93 del 2019, n. 201 e n. 178 del 2018). 
    Con riguardo alla disciplina dei rapporti di  lavoro  pubblico  e
alla loro contrattualizzazione, e' stato affermato  da  questa  Corte
che «i principi fissati dalla legge statale in materia "costituiscono
tipici limiti di diritto privato, fondati sull'esigenza, connessa  al
precetto costituzionale di eguaglianza,  di  garantire  l'uniformita'
nel territorio nazionale delle regole  fondamentali  di  diritto  che
disciplinano i rapporti fra privati e, come tali, si impongono  anche
alle Regioni a statuto speciale [...]"» (sentenza n.  154  del  2019;
nello stesso senso, sentenze n. 232 e n. 81  del  2019,  n.  234  del
2017, n. 225 e n. 77 del 2013). 
    Sul punto non puo' essere condivisa la tesi secondo cui, in forza
dell'art. 14, lettera  q),  dello  statuto,  che  le  attribuisce  la
competenza legislativa esclusiva in materia  di  stato  giuridico  ed
economico  del  proprio  personale,  la  Regione  Siciliana   sarebbe
legittimata ad adottare la disposizione impugnata. 
    Al contrario, la competenza regionale  incontra,  secondo  quanto
previsto dallo stesso statuto siciliano, i limiti assimilati a quelli
derivanti dalle norme fondamentali di riforma economico-sociale della
Repubblica  (cosi',  tra  l'altro,  sentenza  n.  172  del  2018)  e,
conseguentemente, quelli specificati dalle norme interposte. 
    La disposizione regionale, contrariamente  a  quanto  ritiene  la
Regione  Siciliana,  interviene  attribuendo  indebitamente  in   via
unilaterale al personale regionale, in servizio a tempo indeterminato
e determinato presso l'ufficio speciale Centrale unica di committenza
(CUC), una competenza economica in sostituzione  dei  premi  previsti
dal comma 4 dell'art. 90 del contratto collettivo regionale di lavoro
(CCRL)  vigente.  Viene   in   tal   modo   sottratta   la   relativa
regolamentazione  alla  negoziazione  con   le   parti   interessate,
prerogativa  riservata  dalla  legge  statale   alla   contrattazione
collettiva. Ne  consegue  l'invasione  della  competenza  legislativa
dello Stato nella materia «ordinamento civile». Anche le  provvidenze
accessorie - previste dall'articolo 94 del CCRL per il personale  del
comparto in servizio presso l'Ufficio regionale per l'espletamento di
gara per l'appalto di  lavori  pubblici  (UREGA)  -  che  la  Regione
attribuisce con disposizione legislativa  al  personale  in  servizio
presso l'Ufficio CUC sono riservate alla contrattazione tra le  parti
e, pertanto, esse non possono essere oggetto di normazione regionale.
Dal che l'illegittimita' costituzionale dell'art. 5, comma 1, lettera
f), della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021. 
    5.- Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha,  altresi',
impugnato l'art. 14 della 1egge reg. Siciliana n. 9 del 2021. 
    L'art. 14 della 1egge reg. Siciliana n. 9 del 2021 stabilisce che
«1.  Al  personale  gia'  trasferito  all'Agenzia  regionale  di  cui
all'articolo 7 della legge  regionale  22  dicembre  2005,  n.  19  e
successive  modificazioni,  per  mobilita'  e  transitato  nei  ruoli
dell'Amministrazione regionale in applicazione dell'articolo 9, comma
2, della legge  regionale  16  dicembre  2008,  n.  19  e  successive
modificazioni e' riconosciuta, con effetti economici  decorrenti  dal
1°  gennaio  2021,  l'anzianita'  di  servizio  prestato  presso   le
amministrazioni  di  provenienza.  Tale  servizio  e'  equiparato   a
servizio prestato  presso  l'amministrazione  regionale.  2.  Per  le
finalita' di  cui  al  comma  1  e'  autorizzata,  per  gli  esercizi
finanziari 2021, 2022 e 2023,  la  spesa  annua  di  euro  497.242,00
(Missione  1,  Programma  10,  capitolo   10815   7).   A   decorrere
dall'esercizio finanziario 2024 si provvede  ai  sensi  del  comma  1
dell'articolo 38 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118». 
    La disposizione in esame contrasterebbe con l'art. 38,  comma  1,
del decreto legislativo 23  giugno  2011,  n.  118  (Disposizioni  in
materia di armonizzazione dei sistemi contabili  e  degli  schemi  di
bilancio delle Regioni, degli enti locali e  dei  loro  organismi,  a
norma degli articoli 1 e 2 della legge  5  maggio  2009,  n.  42)  in
quanto, in  difformita'  dal  disposto  del  predetto  art.  38,  non
provvederebbe   ad    indicare    l'onere    a    regime    derivante
dall'applicazione  del  comma  1  dell'art.  14  ma  rinvierebbe   la
quantificazione  dell'onere  annuo  alla  legge   di   bilancio.   La
violazione della norma interposta determinerebbe la lesione dell'art.
117, secondo comma, lettera e), Cost., che  riserva  alla  competenza
legislativa esclusiva dello  Stato  la  materia  «armonizzazione  dei
bilanci pubblici». 
    La normativa  impugnata  violerebbe,  inoltre,  il  principio  di
uguaglianza  di  cui  all'art.  3   Cost.,   principio   direttamente
applicabile anche alle Regioni autonome in quanto  rientrante  fra  i
principi  fondamentali  dell'ordinamento  giuridico   costituzionale.
Difatti, essa consentirebbe agli ex dipendenti dell'Agenzia regionale
rifiuti   e   acque   della   Sicilia   (ARRA)   il    riconoscimento
dell'anzianita' di servizio maturata prima di essere  assunti  presso
la predetta Agenzia, a prescindere dalla natura giuridica pubblica  o
privata dell'originario datore di lavoro e dai servizi  concretamente
prestati presso di esso e anche ai fini delle progressioni economiche
orizzontali, introducendo, rispetto alla  disciplina  generale  della
mobilita' nel pubblico impiego, un regime di favore per  il  suddetto
personale rispetto a tutti gli altri dipendenti pubblici, ivi inclusi
gli altri dipendenti regionali. 
    Infine, la disposizione impugnata violerebbe il principio di  cui
agli artt. 2, comma 3, e 45, comma 1, del decreto legislativo n.  165
del 2001, che riserva alla contrattazione collettiva  il  trattamento
economico del personale pubblico contrattualizzato, riconoscendo agli
ex dipendenti dell'ARRA un miglioramento  del  trattamento  economico
fondamentale  e  accessorio  non  contemplato  dalla   contrattazione
collettiva. Il contrasto  con  le  norme  interposte  produrrebbe  la
lesione dell'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. 
    Il rimettente ritiene che l'illegittimita'  costituzionale  della
disposizione impugnata non possa essere esclusa dalla  previsione  di
cui all'art. 14, lettera q), dello statuto di autonomia, giacche'  la
competenza legislativa esclusiva ivi prevista  in  materia  di  stato
giuridico ed economico del personale regionale incontrerebbe i limiti
derivanti dalle norme fondamentali  delle  riforme  economico-sociali
della Repubblica, quali sono,  appunto,  i  principi  ricavabili  dal
testo unico del pubblico impiego. 
    5.1. - La questione e' fondata per i motivi di seguito indicati. 
    La disposizione in esame e' in contrasto con l'art. 38, comma  1,
del d.lgs. n. 118 del 2011 perche', in difformita' da quanto previsto
dalla  predetta  norma,  non  indica  l'onere  a   regime   derivante
dall'impugnato art. 14, rinviandone invece  la  quantificazione  alla
legge di bilancio. 
    La  violazione  della  norma  interposta  determina  la   lesione
dell'art. 117, secondo comma, lettera e),  Cost.,  che  riserva  alla
competenza   legislativa   esclusiva   dello   Stato    la    materia
«armonizzazione dei bilanci pubblici». Essa, infatti prevede, per  il
personale gia' trasferito all'Agenzia regionale per i  rifiuti  e  le
acque e  transitato  nei  ruoli  dell'Amministrazione  regionale,  il
riconoscimento  dell'anzianita'  di  servizio  prestato   presso   le
amministrazioni di provenienza. Tale servizio viene cosi'  equiparato
a quello prestato  presso  l'amministrazione  regionale  con  effetti
economici decorrenti dal 1° gennaio 2021. 
    In violazione del principio di copertura della spesa, il comma  2
- per gli anni dal 2021 al 2023 - autorizza una spesa annuale di euro
497.242,00  e,  con  decorrenza  dall'esercizio   finanziario   2024,
stabilisce che «si provvede ai sensi del comma 1 dell'articolo 38 del
decreto legislativo 23 giugno 2011, n.  118».  Cosi'  disponendo,  la
norma entra in contraddizione con il richiamato art. 38 del d.lgs. n.
118 del 2011. 
    Questa  Corte  e'   ferma   nel   ritenere   che   il   parametro
dell'armonizzazione  dei   bilanci   «per   effetto   delle   strette
interrelazioni tra i principi costituzionali  [...]  e'  servente  al
coordinamento della finanza pubblica, dal momento  che  la  sincronia
delle  procedure  di  bilancio  e'  collegata   alla   programmazione
finanziaria statale e alla redazione  della  manovra  di  stabilita',
operazioni  che  presuppongono  da  parte  dello  Stato   la   previa
conoscenza  di  tutti  i  fattori  che   incidono   sugli   equilibri
complessivi  e  sul  rispetto  dei  vincoli  nazionali  ed   europei»
(sentenza n. 184 del  2016).  Secondo  la  richiamata  giurisprudenza
costituzionale, la mancata considerazione degli oneri a regime vale a
rendere la  legge  costituzionalmente  illegittima  per  mancanza  di
copertura non soltanto se si tratta di spese obbligatorie,  ma  anche
se si tratta di oneri solo "ipotetici". 
    In proposito, questa Corte ha  osservato  che  «ogniqualvolta  si
introduca una previsione legislativa che possa,  anche  solo  in  via
ipotetica, determinare nuove spese, occorr[e] sempre indicare i mezzi
per farvi fronte» (ex multis, sentenze n. 163 del 2020 e n.  307  del
2013). In tal senso, gia' l'art. 19 della legge 31 dicembre 2009,  n.
196 (Legge di contabilita' e  finanza  pubblica)  stabilisce  che  le
leggi e i provvedimenti che comportano oneri, anche  sotto  forma  di
minori entrate, a carico dei bilanci delle amministrazioni  pubbliche
devono contenere la  previsione  dell'onere  stesso  e  l'indicazione
della copertura finanziaria riferita ai relativi bilanci,  annuali  e
pluriennali. Anche le autonomie  speciali  sono  tenute,  difatti,  a
indicare la copertura finanziaria delle leggi che prevedono  nuovi  o
maggiori oneri a carico della loro finanza e della finanza  di  altre
amministrazioni pubbliche ai sensi dell'art. 81, terzo comma, Cost. 
    5.2.-  Restano  assorbiti  gli  ulteriori  motivi  proposti   dal
Presidente del Consiglio dei ministri. 
    6.-  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha,  inoltre,
impugnato l'art. 50 della legge reg.  Siciliana  n.  9  del  2021  in
riferimento agli artt. 3, 117, secondo comma, lettera l),  Cost.  per
violazione  della  competenza  legislativa  esclusiva  statale  nella
materia «ordinamento civile» e agli artt. 14, lettera q), e 17, comma
1, lettera f), dello statuto della Regione Siciliana. 
    La disposizione impugnata prevede che «1. Entro 90  giorni  dalla
data di entrata in  vigore  della  presente  legge,  le  Aziende  del
Servizio   Sanitario   Regionale   e    l'Istituto    Zooprofilattico
Sperimentale della  Sicilia  procedono  ad  incrementare  le  ore  di
incarico  a  tempo  indeterminato  a   ciascun   medico   veterinario
specialista ambulatoriale  interno,  gia'  titolare  di  incarico  da
almeno 5 anni, per il raggiungimento di almeno trenta ore di incarico
settimanali per  medico-veterinario.  2.  Gli  incrementi  di  orario
eccedenti la quota di almeno trenta ore settimanali di cui al comma 1
devono essere motivati e autorizzati dall'Assessorato regionale della
Salute, sulla base di  una  preventiva  ricognizione  del  fabbisogno
delle prestazioni e  delle  attivita'  programmate  o  programmabili,
relative  alla  specialistica   ambulatoriale   veterinaria,   presso
ciascuna Azienda sanitaria provinciale e presso la sede dell'Istituto
zooprofilattico  sperimentale  della   Sicilia   e   possono   essere
attribuiti nel rispetto del  vincolo  dell'equilibrio  economico  del
bilancio aziendale.3. I direttori generali  delle  Aziende  sanitarie
provinciali  e  dell'Istituto  Zooprofilattico   sperimentale   della
Sicilia   sulla   base   delle   criticita'   riscontrate   e   della
programmazione delle attivita',  compatibilmente  con  il  titolo  di
specializzazione  di  cui  all'allegato  2  dell'Accordo   Collettivo
Nazionale del 31 marzo 2020, in possesso di ogni  medico  veterinario
specialista  e  sulla  base  dei  criteri  di  valutazione,  di   cui
all'articolo 21 comma 3, del  citato  Accordo  Collettivo  Nazionale,
possono disporre una sola volta il  passaggio  dell'intero  effettivo
delle ore di incarico a branche diverse, allo scopo di ottimizzare  e
concentrare le risorse sulle attivita'  prioritarie,  previa  formale
accettazione degli interessati. 4. In caso di transito da una  branca
all'altra, allo specialista e' riconosciuta l'anzianita' di  servizio
gia'  maturata.  Al  fine   di   garantire   l'appropriatezza   delle
prestazioni, il transito ad altra branca potra' avvenire a seguito di
un  adeguato  periodo  di  affiancamento.  5.  Gli  oneri   derivanti
dall'applicazione  del  presente  articolo,  quantificati   in   euro
7.883.103 su base annua, trovano copertura  sui  fondi  del  servizio
sanitario regionale, senza  nuovi  o  maggiori  oneri  a  carico  del
bilancio regionale». 
    Secondo il ricorrente, la disposizione in esame introdurrebbe una
disciplina incompatibile con l'Accordo collettivo  nazionale  del  31
marzo 2020, che - in attuazione dell'art. 8 del  decreto  legislativo
30 dicembre 1992,  n.  502  (Riordino  della  disciplina  in  materia
sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23  ottobre  1992,  n.
421) - disciplina puntualmente l'incremento orario degli  specialisti
ambulatoriali. 
    Cio'  comporterebbe  anche  la  violazione   del   principio   di
uguaglianza di cui all'art. 3  Cost.,  in  quanto  introdurrebbe  una
irragionevole  disparita'  di   trattamento   tra   gli   specialisti
ambulatoriali che prestano servizio nella Regione Siciliana e  coloro
che invece operano nella restante parte del territorio nazionale. 
    La  disposizione  censurata,  peraltro,  non  troverebbe   alcuna
giustificazione nelle norme statutarie della  Regione  Siciliana,  in
quanto essa non rientrerebbe nell'ambito  di  applicazione  dell'art.
14, lettera q), intervenendo sul rapporto di lavoro di  soggetti  che
non sono dipendenti della Regione. Altresi' non  fondato  sarebbe  il
riferimento all'art. 17, lettera f), dello statuto, il quale  prevede
che la disciplina dei rapporti di lavoro puo' essere  regolata  dalla
legislazione regionale «[e]ntro i limiti dei  principi  ed  interessi
generali cui si informa la legislazione dello Stato». 
    6.1.- La questione e' fondata per i motivi di seguito indicati. 
    La disposizione regionale impugnata prevede opzioni incompatibili
con l'Accordo collettivo nazionale 31 marzo 2020, il quale disciplina
i rapporti con specialisti ambulatoriali interni, veterinari e  altre
professionalita'    sanitarie    (biologi,    chimici,     psicologi)
ambulatoriali, nel rispetto dei  principi  di  buon  andamento  e  di
imparzialita' che  devono  caratterizzare  l'espletamento  di  questi
servizi pubblici di rilevanza primaria. 
    Dalla  lettura  della  norma  contrattuale  si  evince  come,  in
relazione alle disponibilita', l'azienda  deve  individuare  l'avente
diritto all'incremento orario nel rigoroso rispetto dei soli  criteri
dell'Accordo, che non possono essere modificati con legge regionale. 
    La disposizione impugnata prevede,  invece,  il  requisito  della
previa  titolarita'  di  incarico  quinquennale,  del  tutto  assente
nell'Accordo. Nel caso di specie, quindi, il legislatore regionale ha
esercitato  una  competenza  non  propria,  introducendo  una   norma
incompatibile con l'art. 8 del d.lgs. n. 502 del  1992,  che  rimette
all'Accordo collettivo nazionale la disciplina dell'incremento orario
degli specialisti ambulatoriali. 
    Sul punto, la  giurisprudenza  costituzionale  ha  affermato  che
«[l]a disciplina del  rapporto  di  lavoro  dei  dipendenti  pubblici
rientra, infatti, nella materia "ordinamento civile" e spetta in  via
esclusiva  al  legislatore  nazionale;  invero,   a   seguito   della
privatizzazione, tale rapporto e' disciplinato dalle disposizioni del
codice  civile   e   dalla   specifica   contrattazione   collettiva,
espressamente regolata dall'art. 2 del decreto legislativo  30  marzo
2001,  n.  165  (Norme  generali  sull'ordinamento  del  lavoro  alle
dipendenze delle amministrazioni pubbliche) [... ] Pertanto, la legge
impugnata viola la sfera di  competenza  statale,  che  riserva  alla
contrattazione  collettiva  la  disciplina  del   pubblico   impiego»
(sentenza n. 10 del 2019). 
    Il legislatore regionale  ha  quindi  esercitato  una  competenza
nella materia «ordinamento civile»  riservata  in  via  esclusiva  al
legislatore statale dall'art. 117, secondo comma, lettera  l),  Cost.
Non rileva,  infatti,  che  l'art.  14,  lettera  q),  dello  statuto
regionale assegni alla Regione Siciliana  la  competenza  legislativa
sullo stato giuridico  ed  economico  degli  impiegati  e  funzionari
regionali perche'  e'  evidente  che  tale  prerogativa  deve  essere
rispettosa del quadro normativo statale.  Pertanto  l'art.  50  della
legge reg. Siciliana n. 9 del 2021 e' costituzionalmente illegittimo. 
    6.2.-  Restano  assorbiti  gli  ulteriori  motivi  proposti   dal
Presidente del Consiglio dei ministri. 
    7.- Le questioni sugli artt. 53, 54, commi 2 e 3, e 55 riguardano
la  lesione  della  competenza  statale  a  determinare   i   livelli
essenziali di assistenza (LEA) ai sensi dell'art. 117, secondo comma,
lettera m), Cost.; dell'art. 117, terzo comma, Cost., in  materia  di
coordinamento della finanza pubblica, in relazione all'art. 1,  comma
174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, recante «Disposizioni  per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello  Stato  (legge
finanziaria 2005)», e successive modificazioni  e  integrazioni,  che
dispone il divieto di effettuare spese extra LEA per  le  Regioni  in
piano di rientro; dell'art. 81, terzo  comma,  Cost.,  posto  che  le
spese in violazione  dei  richiamati  parametri  si  riverbererebbero
sulla copertura delle  spese  per  le  funzioni  essenziali;  nonche'
dell'art. 17, comma 1, lettera c), dello statuto siciliano, ai  sensi
del  quale  l'esercizio  della  competenza  della  Regione  Siciliana
dovrebbe  comunque  avvenire  nel  rispetto  dei  principi  e   degli
interessi generali stabiliti dalla legge dello Stato. 
    7.1.- E', in via preliminare, opportuno ripercorrere, seppure  in
modo sintetico, le coordinate fondamentali in cui  si  esercitano  le
citate competenze. 
    Questa Corte ha  costantemente  affermato  che  «l'intreccio  tra
profili costituzionali  e  organizzativi  comporta  che  la  funzione
sanitaria pubblica venga esercitata su due livelli di governo: quello
statale, il quale definisce le prestazioni che il Servizio  sanitario
nazionale e'  tenuto  a  fornire  ai  cittadini  -  cioe'  i  livelli
essenziali di assistenza - e l'ammontare  complessivo  delle  risorse
economiche necessarie al loro finanziamento;  quello  regionale,  cui
pertiene il compito  di  organizzare  sul  territorio  il  rispettivo
servizio e garantire  l'erogazione  delle  prestazioni  nel  rispetto
degli  standard  costituzionalmente  conformi.  La  presenza  di  due
livelli di governo rende necessaria la definizione di un  sistema  di
regole che ne disciplini i rapporti di collaborazione,  nel  rispetto
delle reciproche competenze. Cio' al fine di realizzare una  gestione
della funzione sanitaria pubblica efficiente e capace  di  rispondere
alle istanze dei cittadini coerentemente con le regole  di  bilancio,
le quali prevedono la separazione  dei  costi  "necessari",  inerenti
alla prestazione dei LEA, dalle altre spese  sanitarie,  assoggettate
invece al principio della sostenibilita' economica» (sentenza  n.  62
del 2020), secondo quanto stabilito dall'art. 20 del  d.lgs.  n.  118
del 2011. 
    Pertanto, se e' vero che la determinazione dei LEA e' un  obbligo
del legislatore statale, «la sua proiezione in termini di  fabbisogno
regionale  coinvolge  necessariamente  le   Regioni,   per   cui   la
fisiologica dialettica tra questi  soggetti  deve  essere  improntata
alla leale collaborazione che, nel caso di specie,  si  colora  della
doverosa  cooperazione  per  assicurare  il  migliore  servizio  alla
collettivita'» (sentenza n. 62 del 2020). 
    La competenza esclusiva dello Stato di determinazione dei livelli
essenziali non preclude, dunque, alle Regioni di erogare  livelli  di
tutela piu' elevati, ossia  ulteriori,  rispetto  a  quelli  da  esso
stabiliti,  purche'  le  risorse  a  cio'  destinate   ricevano   una
evidenziazione distinta rispetto a quelle afferenti ai LEA. 
    La facolta' di erogare livelli  ulteriori  rispetto  ai  LEA  e',
invece, preclusa alle Regioni sottoposte a piano di rientro,  poiche'
- ai sensi dell'art. 1, comma 174, della legge  n.  311  del  2004  -
queste ultime non possono erogare prestazioni "non obbligatorie"  (da
ultimo, in questo senso, sentenza n. 161 del 2022). L'art.  2,  comma
80, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, recante  «Disposizioni  per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello  Stato  (legge
finanziaria  2010)»,   stabilisce   altresi'   che   gli   interventi
individuati dal piano di rientro sono assolutamente  obbligatori.  Ne
consegue che l'effettuazione di altre spese,  in  una  condizione  di
risorse contingentate, pone anche il problema della congruita'  della
copertura della spesa "necessaria" (art.  81,  terzo  comma,  Cost.),
posto che un impiego di  risorse  per  prestazioni  "non  essenziali"
verrebbe  a  ridurre  corrispondentemente  le  risorse   per   quelle
essenziali. 
    E' stato, altresi', ribadito che «i predetti vincoli  in  materia
di  contenimento  della  spesa   pubblica   sanitaria   costituiscono
espressione di  un  principio  fondamentale  di  coordinamento  della
finanza pubblica» (da ultimo, sentenza n. 161 del 2022). 
    Cio'  posto,  e'  possibile  affrontare  nel  merito  le  singole
questioni di legittimita' costituzionale. 
    7.2.- Lo Stato ha impugnato l'art. 53 della legge reg.  Siciliana
n. 9 del 2021, che  autorizza  la  spesa  di  euro  4,2  milioni  per
finanziare la  terapia  genica  "Zolgensma"  per  il  trattamento  di
bambini affetti da atrofia muscolare spinale  (SMA)  fino  a  21  kg,
impiegando risorse afferenti al capitolo  dedicato  al  finanziamento
dei farmaci innovativi (Missione 13, Programma  1,  Capitolo  413374,
finanziamento  ordinario  corrente   per   la   garanzia   dei   LEA,
cofinanziamento regionale farmaci innovativi). 
    La disposizione impugnata sarebbe in contrasto: tanto con il gia'
richiamato principio di coordinamento della finanza  pubblica  recato
dall'art. 1, comma 174, della legge n. 311 del 2004;  quanto  con  il
principio di cui  all'art.  1,  comma  4-bis,  del  decreto-legge  21
ottobre  1996,  n.  536  (Misure  per  il  contenimento  della  spesa
farmaceutica e la rideterminazione del  tetto  di  spesa  per  l'anno
1996) convertito, con modificazioni, in legge 23  dicembre  1996,  n.
648, che assegna all'Agenzia italiana del farmaco (AIFA)  il  compito
di individuare i  medicinali  erogabili  a  totale  carico  del  SSN;
nonche' con l'art. 17, comma 1, lettera c) dello  statuto  siciliano,
ai  sensi  del  quale  l'esercizio  della  competenza  della  Regione
Siciliana dovrebbe comunque avvenire  nel  rispetto  dei  principi  e
degli interessi generali stabiliti dalla legge dello Stato. 
    7.2.1.- La questione di legittimita' costituzionale dell'art.  53
della legge reg. Siciliana n. 9 del  2021,  promossa  in  riferimento
agli artt. 117, commi secondo, lettera  m),  e  terzo,  e  81,  terzo
comma, Cost., e' fondata per i motivi di seguito indicati. 
    La norma impugnata, prevedendo l'erogazione del farmaco Zolgensma
per bambini di peso compreso fra i 13,5 e i 21 kg,  non  rispetta  la
determinazione dell'AIFA n. 277 del 21 marzo 2021 che ha stabilito la
totale  rimborsabilita'  dello  Zolgensma,  esclusivamente   per   il
trattamento di pazienti con peso massimo di 13,5 kg. 
    Tale previsione assume carattere vincolante  per  le  Regioni  in
materia di coordinamento della finanza pubblica, in  quanto  volto  a
individuare i criteri di rimborsabilita' dei farmaci  innovativi,  ai
sensi dell'art. 1, comma 4-bis,  del  d.l.  n.  536  del  1996,  come
convertito. 
    La  Regione  Siciliana,  trovandosi  in  fase  di  "programma  di
consolidamento e sviluppo", non puo'  erogare  prestazioni  sanitarie
"extra-LEA", e la  disposizione  di  cui  all'art.  53,  erodendo  le
risorse  necessarie  al  finanziamento  esclusivo  delle  prestazioni
essenziali, determina conseguentemente e congiuntamente la violazione
degli artt. 81, terzo comma, e 117,  commi  secondo,  lettera  m),  e
terzo, Cost. 
    Questa Corte ha affermato che  la  vincolativita'  del  Programma
operativo di consolidamento e sviluppo e' da considerarsi espressione
del  principio  fondamentale  diretto  al  contenimento  della  spesa
pubblica sanitaria e del correlato principio di  coordinamento  della
finanza pubblica, poiche' esso e' adottato per  la  prosecuzione  del
piano di rientro (sentenza n. 130 del 2020). 
    Deve peraltro  osservarsi  che,  nella  presente  fattispecie,  a
fronte della peculiare natura del farmaco in questione, non puo'  non
valere quanto questa Corte ha chiarito, ossia che «un intervento  sul
merito   delle   scelte   terapeutiche   in   relazione   alla   loro
appropriatezza  non  potrebbe  nascere   da   valutazioni   di   pura
discrezionalita' politica dello stesso legislatore,  bensi'  dovrebbe
prevedere l'elaborazione di indirizzi fondati  sulla  verifica  dello
stato delle conoscenze scientifiche  e  delle  evidenze  sperimentali
acquisite, tramite istituzioni e organismi -  di  norma  nazionali  o
sovranazionali - a cio' deputati» (sentenza n. 8 del  2011;  nonche',
in tal senso, sentenze n. 338 del 2003, n. 26 del 2002 e n.  185  del
1988). 
    Tali  considerazioni,  unitamente  a   quanto   gia'   affermato,
determinano l'illegittimita' costituzionale dell'art. 53 della  legge
reg. Siciliana n. 9 del 2021. 
    7.2.2.- Restano assorbiti gli ulteriori motivi di impugnazione. 
    7.3.- E' poi impugnato l'art. 54, commi 2 e 3, della  legge  reg.
Siciliana n. 9 del 2021, il quale prevede, al comma  2,  l'esclusione
dalla partecipazione al costo dell'accertamento di «eventuali  rischi
procreativi attraverso lo screening  prenatale  per  la  diagnosi  di
trisomie 13, 18 e 21 "Non  Invasive  Prenatal  Test",  test  del  DNA
fetale circolante su  sangue  materno,  effettuato  presso  i  centri
regionali»  per  le  donne  residenti  nella  Regione  Siciliana.  Il
successivo comma 3 stabilisce che, al fine di adeguare le strutture e
gli impianti  tecnologici  operativi  e  strumentali  finalizzati  ad
assicurare l'offerta dello screening prenatale,  e'  autorizzata  una
spesa a carico del sistema sanitario nazionale pari  a  euro  quattro
milioni. 
    Il  ricorrente  sostiene  che  tali  indagini  diagnostiche,  non
essendo attualmente inserite nell'elenco di cui all'Allegato 10/C  al
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 gennaio 2017
(Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di
cui all'articolo 1, comma 7,  del  decreto  legislativo  30  dicembre
1992, n. 502), rappresenterebbero un livello di assistenza ulteriore,
che  la  Regione  non  potrebbe  erogare,  ai  sensi  degli   accordi
sottoscritti con il piano di rientro, dal che  si  determinerebbe  la
lesione dell'art. 117, commi secondo, lettera m), e terzo, Cost.,  in
relazione al principio di coordinamento della finanza pubblica recato
dall'art. 1,  comma  174,  della  legge  n.  311  del  2004;  nonche'
dell'art. 17, comma 1, lettera c) dello statuto siciliano,  ai  sensi
del  quale  l'esercizio  della  competenza  della  Regione  Siciliana
dovrebbe  comunque  avvenire  nel  rispetto  dei  principi  e   degli
interessi  generali  stabiliti  dalla  legge  dello  Stato.   Sarebbe
altresi'  violato  l'art.  81,  terzo  comma,  Cost.,  non  solo  per
sottrazione di risorse dal fondo per l'erogazione dei LEA,  ma  anche
perche' non vi sarebbe alcuna indicazione sulla copertura finanziaria
di tali test, posto che le risorse stanziate nel comma 3 dell'art. 54
sarebbero funzionali al solo adeguamento degli impianti. 
    7.3.1.- Le questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 54,
commi 2 e 3, della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021,  sollevate  in
riferimento agli artt. 81, terzo comma, 117, commi  secondo,  lettera
m), e terzo, Cost., in relazione all'art. 1, comma 174,  della  legge
n. 311 del 2004, sono fondate. 
    Posto  che  l'Allegato  10/C  -  correttamente  individuato   dal
ricorrente -  rappresenta  la  fonte  che  determina  le  prestazioni
specialistiche esenti rientranti nella diagnostica  prenatale  e  che
tale elenco non comprende il cosiddetto NIPT test, si  deve  ribadire
che la prestazione individuata dalla norma impugnata  rappresenta  un
livello ulteriore di prestazioni, erogabili dalle  Regioni  a  carico
del sistema sanitario regionale a condizione che non  si  trovino  in
piano di rientro o, comunque sia, non siano sottoposte  a  misure  di
monitoraggio equiparabili a tale piano (da ultimo,  sentenza  n.  161
del 2022). 
    La  fondatezza  della  questione  in  riferimento  all'art.  117,
secondo comma, lettera m), Cost., determina altresi' la lesione degli
artt. 81, terzo comma,  e  117,  terzo  comma,  Cost.,  in  relazione
all'art. 1, comma 174, della legge n. 311 del  2004,  in  conseguenza
dell'erosione  delle  risorse  disponibili  afferenti   al   capitolo
relativo ai LEA, per il finanziamento dei macchinari; nonche' per  la
copertura  delle  ulteriori  prestazioni  che  comunque  la   Regione
intenderebbe erogare, non essendo quantificato l'onere relativo. Deve
pertanto dichiararsi l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  54,
commi 2 e 3, della legge reg. Siciliana n. 7 del 2021. 
    7.3.2.- Restano assorbiti gli ulteriori motivi del ricorso. 
    7.4.- E' impugnato l'art. 55 della legge reg. Siciliana n. 9  del
2021 in riferimento agli artt. 117,  commi  secondo,  lettera  m),  e
terzo, Cost. nonche' in riferimento all'art. 17,  lettera  c),  dello
statuto di autonomia. 
    L'art. 55 autorizza  l'Assessore  alla  salute  a  consentire  la
prescrivibilita' dei farmaci antinfiammatori non-steroidei in  fascia
A, in deroga ai vincoli previsti dalla nota AIFA  66,  per  tutte  le
pazienti della Regione Siciliana affette da endometriosi, in possesso
del codice di esenzione 063; e pone l'onere di tale  spesa  a  carico
del fondo sanitario regionale relativo al finanziamento  del  sistema
sanitario, missione 13, Programma 1, Capitolo  413374  (finanziamento
ordinario  corrente  per  la  garanzia   dei   LEA,   fondo   farmaci
innovativi). 
    L'Avvocatura generale dello Stato afferma  che  la  competenza  a
definire le malattie e le condizioni che danno diritto  all'esenzione
spetta al  legislatore  statale,  che  l'avrebbe  esercitata  con  il
decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124 (Ridefinizione del sistema
di partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie e  del  regime
delle esenzioni, a norma dell'articolo 59,  comma  50,  della  L.  27
dicembre 1997, n. 449). 
    L'elenco  delle  malattie  croniche  esenti  sarebbe  stato   poi
ridefinito e aggiornato dal gia' richiamato d.P.C.m. 12 gennaio 2017,
che avrebbe ricompreso, nell'allegato 8, l'endometriosi, codice  063,
ma tale esenzione si riferirebbe esclusivamente alle  prestazioni  di
specialistica ambulatoriale e non si estenderebbe ai farmaci. 
    Al contrario, i farmaci classificati in fascia A (ossia  gratuiti
per gli assistiti) sarebbero  esclusivamente  quelli  definiti  dalle
note AIFA, nel caso di specie, «Nota 66», che non  comprenderebbe  la
malattia cronica in questione fra quelle ammesse  all'erogazione  dei
farmaci antinfiammatori non steroidei a carico del SSN. 
    7.4.1.- La questione di legittimita' costituzionale dell'art.  55
della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021 e' fondata per i  motivi  di
seguito indicati. 
    7.4.1.2.- Occorre  preliminarmente  precisare  -  per  quanto  la
memoria regionale non si soffermi sul punto - che la norma interposta
evocata dallo Stato - il d.lgs. n. 124  del  1998  -  deve  ritenersi
implicitamente abrogata. L'art. 5 del menzionato decreto legislativo,
infatti, rimandava a distinti regolamenti del Ministero della sanita'
l'individuazione delle malattie croniche. In ossequio a  tale  norma,
era stato adottato il decreto del Ministro della  sanita'  28  maggio
1999, n. 329, recante «Regolamento recante  norme  di  individuazione
delle malattie croniche e invalidanti ai sensi dell'articolo 5, comma
1, lettera a), del D.Lgs. 29 aprile 1998, n. 124», che  rappresentava
la fonte  di  individuazione  di  tali  patologie  prima  del  citato
d.P.C.m. del 2017. 
    Tale  imprecisione,  peraltro,  non  mina  l'ammissibilita'   del
ricorso, posto  che,  contestualmente,  l'Avvocatura  generale  dello
Stato ha correttamente individuato la nota 66  dell'AIFA  come  fonte
vigente  per  la  prescrizione  a  carico   del   SSN   dei   farmaci
antinfiammatori non-steroidei, al cui interno non compare la malattia
cronica in questione. Peraltro, l'Allegato 8 al d.P.C.m.  12  gennaio
2017, individuato dalla difesa regionale come la fonte  per  l'elenco
vigente  delle  patologie  croniche,  e'  riferito  alle  prestazioni
erogabili a carico del SSN e non ai farmaci, come rappresentato anche
dall'Avvocatura generale. 
    7.4.2.-  Cio'  posto,   la   norma   impugnata,   nell'attribuire
all'Assessore per la salute della  Regione  Siciliana  il  potere  di
autorizzare la prescrizione di farmaci antinfiammatori  non-steroidei
a carico del Servizio sanitario nazionale per patologie  non  incluse
nell'elenco di cui alla richiamata nota AIFA, rappresenta un  livello
ulteriore di assistenza sanitaria, erogabile dalle Regioni con  oneri
a carico del bilancio regionale ad una duplice condizione:  l'assenza
del  piano  di  rientro,  la  separata  evidenziazione  nel  bilancio
regionale. 
    Trovandosi la Regione in vigenza del piano  di  monitoraggio,  la
sottrazione di risorse dal capitolo vincolato all'erogazione dei  LEA
per destinarle a prestazioni non  rientranti  nei  relativi  elenchi,
determina la violazione della  competenza  esclusiva  dello  Stato  a
fissare i LEA,  nonche'  dei  principi  fondamentali  in  materia  di
coordinamento della  finanza  pubblica  e  di  tutela  della  salute,
adottati dallo Stato con le richiamate  norme  interposte,  ai  sensi
dell'art. 117, terzo comma, Cost. Dal che  consegue  l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 55 della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021. 
    7.4.3. - Restano assorbiti gli ulteriori motivi del ricorso. 
    8.- Lo Stato ha impugnato altresi' l'art.  56  della  legge  reg.
Siciliana n. 9 del  2021,  laddove  assegna  all'ufficio  della  Rete
mediterranea per  la  salute  degli  animali  (REMESA)  con  sede  in
Palermo,  presso  l'Istituto   zooprofilattico   sperimentale   della
Sicilia,  un  contributo  pari  a  euro  250  mila,  per  l'esercizio
finanziario 2021, per  lo  svolgimento  di  attivita'  istituzionale,
ponendo i  relativi  oneri  a  carico  «delle  risorse  destinate  al
finanziamento dell'Istituto Zooprofilattico Sperimentale». 
    Il ricorrente  si  duole  della  scelta  di  finanziare  la  sede
palermitana del REMESA mediante la decurtazione di risorse del  Fondo
sanitario nazionale, gia'  destinate,  per  la  quota  spettante,  al
funzionamento e alle funzioni istituzionali  ordinarie  dell'Istituto
zooprofilattico sperimentale della Sicilia, giusta delibera  CIPE  14
maggio 2020,  n.  20  «Fondo  sanitario  nazionale  -  Riparto  delle
disponibilita' finanziarie per il Servizio sanitario  nazionale»,  ai
sensi dell'art. 12, comma 3, del d.lgs. n. 502 del 1992 (Tabella B  -
delibera CIPE). Dal che e' dedotta la lesione  dell'art.  117,  terzo
comma,  Cost.,  nelle  materie  della  tutela  della  salute  e   del
coordinamento  della  finanza  pubblica,  in  relazione  alla   norma
interposta di cui all'art. 12, comma 3, del d.lgs. n. 502  del  1992,
ai sensi del quale il Fondo sanitario nazionale e' ripartito dal CIPE
«su proposta  del  Ministro  della  sanita',  sentita  la  Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato,  le  regioni  e  le  province
autonome». 
    8.1.- La questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  56
della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021,  sollevata  in  riferimento
all'art. 117, terzo comma, Cost., nelle materie «coordinamento  della
finanza pubblica» e «tutela della salute», e' fondata per i motivi di
seguito indicati. 
    Occorre preliminarmente  ricostruire  il  contesto  normativo  di
riferimento, tanto degli istituti zooprofilattici sperimentali (d'ora
innanzi: IZS), quanto del REMESA, nonche'  i  profili  costituzionali
del Fondo sanitario nazionale, nella quota vincolata agli IZS. 
    Gli IZS sono enti che fanno parte del SSN e, per le funzioni  che
svolgono (si  pensi  a  quelle  di  tutela  igienico-sanitaria  e  di
sicurezza veterinaria: sentenza n. 173 del 2014), intersecano diversi
ambiti  materiali,  sui  quali  insistono,  al  contempo,  competenze
legislative esclusive statali  e  concorrenti  (quali  la  profilassi
internazionale, la tutela della salute, la prevenzione e la ricerca).
Lo  stesso  riparto  delle  funzioni  amministrative   correlate   al
funzionamento  degli  IZS,  peraltro,  denota  tale  commistione   di
competenze, posto che non sono state oggetto di devoluzione  completa
alle  Regioni,  permanendo  in  capo  al  Governo   quelle   relative
all'esercizio delle  competenze  legislative  esclusive  (da  ultimo,
sentenza n. 234 del 2021). 
    Per quanto di interesse nel  presente  giudizio,  il  sistema  di
finanziamento degli IZS riflette tale concorrenza di  competenze.  In
quanto quota vincolata del Fondo sanitario nazionale, anche il  fondo
per  gli  IZS  viene  istituito  con  legge  statale,   ma   la   sua
quantificazione e, soprattutto, la  sua  ripartizione  prevedono  una
fase  concertativa  con  la  partecipazione  delle  Regioni  e  delle
Province autonome di Trento e di Bolzano. 
    La norma regionale impugnata  prevede  di  destinare  all'ufficio
palermitano del REMESA la somma di euro 250  mila,  mediante  impiego
delle   risorse    «destinate    al    finanziamento    dell'Istituto
Zooprofilattico Sperimentale». 
    La delibera CIPE 14 maggio 2020, n. 20 (Fondo sanitario nazionale
2020 - Riparto  delle  disponibilita'  finanziarie  per  il  Servizio
sanitario nazionale) e' stata adottata previa acquisizione di diverse
intese in Conferenza permanente per  i  rapporti  tra  lo  Stato,  le
Regioni e le Province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano,  sancite
rispettivamente nelle sedute del 31 marzo 2020 (rep. atti n. 55/CSR e
57/CSR) e dell'8 aprile 2020 (rep. atti n.  60/CSR),  sulla  proposta
del Ministro  della  salute  concernente  il  riparto  delle  risorse
complessivamente disponibili per il finanziamento del SSN per  l'anno
2020, nonche'  per  la  ripartizione  delle  quote  premiali  per  il
medesimo anno. 
    Piu' precisamente, la Tabella B, contenuta nell'Allegato  2  alla
menzionata delibera CIPE del 14 maggio 2020,  titolata  «FSN  2020  -
riparto tra le Regioni di alcune poste a destinazione vincolata o per
attivita'   non   rendicontate   dalle   aziende   sanitarie    delle
disponibilita' finanziarie  per  il  servizio  sanitario  nazionale»,
individua,  fra  gli  enti  destinatari  delle   menzionate   risorse
vincolate, da un lato «Regioni e Province autonome»,  dall'altro  gli
«Istituti Zooprofilattici Sperimentali». 
    La menzionata delibera CIPE del 14 maggio 2020  destina,  dunque,
complessivamente all'IZS della Sicilia la somma di  euro  23.230.071,
di cui euro 22.236.637 sono vincolati al funzionamento dell'IZS, come
riportato anche nel ricorso statale (il restante,  la  minima  parte,
per gli oneri contrattuali del personale IZS degli anni precedenti). 
    Va in  proposito  considerato  che  dai  bilanci  dell'IZS,  come
desumibile dalle memorie dell'Avvocatura generale dello Stato, emerge
che le uniche risorse regionali (sia nel bilancio 2021, sia in quello
2022) sono costituite dal contributo di poco piu' di  un  milione  di
euro che, tuttavia, e' qualificato come vincolato ai sensi  dell'art.
8, comma 1, della legge della Regione Siciliana 13 gennaio 2015, n. 3
(Autorizzazione all'esercizio provvisorio del bilancio della  Regione
per l'anno 2015. Disposizioni finanziarie  urgenti.  Disposizioni  in
materia di armonizzazione dei bilanci). Per il resto, a parte la voce
dei «contributi da altri soggetti pubblici», i  contributi  in  conto
esercizio provengono formalmente dal  bilancio  regionale,  ma  quale
quota  del  FSN  assegnata  alla  Sicilia  per  essere  espressamente
destinata al funzionamento dell'IZS (sentenza n. 156 del 2021). 
    Il doppio vincolo  di  destinazione  che  la  quota  -  definita,
appunto,  "vincolata"  -  del  FSN  imprime  alle  risorse  volte  al
funzionamento degli IZS conferma che la norma impugnata  -  la  quale
destina tali risorse a un soggetto diverso  -  l'Ufficio  palermitano
del REMESA - e per uno scopo diverso  -  attivita'  istituzionali  di
tale ente - si pone  in  contrasto  con  i  vincoli  di  destinazione
stabiliti dal legislatore statale  e  viola,  pertanto,  l'art.  117,
terzo comma, Cost. 
    Benche' tale fondo insista  su  molteplici  ambiti  materiali  di
competenza anche regionale, l'esercizio  della  competenza  da  parte
dello Stato a definire l'importo e la destinazione di tali risorse si
impone anche alle Regioni, le cui attribuzioni costituzionali vengono
comunque  garantite   e   preservate   mediante   il   loro   diretto
coinvolgimento   con   l'acquisizione   dell'intesa   in   Conferenza
Stato-Regioni. 
    Deve   pertanto   dichiararsi   l'illegittimita'   costituzionale
dell'art. 56 della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021. 
    9.- E', infine, impugnato l'art. 57, che autorizza  l'Assessorato
regionale dell'agricoltura,  dello  sviluppo  rurale  e  della  pesca
mediterranea, anche  tramite  propri  enti  strumentali,  ad  avviare
progetti innovativi,  «pure  nelle  forme  del  partenariato  con  le
societa' presenti sul territorio nazionale», al  dichiarato  fine  di
sopperire  alle  richieste  derivanti  dal  rapporto  di   fabbisogno
accertato  dalle  autorita'  sanitarie  nazionali  di  produzione  di
"cannabis terapeutica",  finalizzati  a  loro  volta  ad  avviare  le
procedure previste dall'art. 17, comma 1, del decreto del  Presidente
della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle  leggi  in
materia di  disciplina  degli  stupefacenti  e  sostanze  psicotrope,
prevenzione,  cura   e   riabilitazione   dei   relativi   stati   di
tossicodipendenza). 
    Secondo  il  ricorrente  tale  disposizione,  laddove   autorizza
l'Assessorato  ragionale   ad   avviare   progetti   sulla   cannabis
terapeutica, violerebbe la competenza amministrativa  assegnata  allo
Stato dall'art. 17, comma 1, del d.P.R. n. 309 del 1990, che  avrebbe
attribuito al livello centrale le funzioni amministrative in  materia
di autorizzazione alla coltivazione di cannabis a scopo  terapeutico,
al fine di garantire un adeguato livello  unitario  di  tutela  della
salute su tutto il territorio nazionale. Sarebbero  pertanto  violati
non solo il principio di  adeguatezza  di  cui  all'art.  118,  primo
comma, Cost., ma anche lo stesso diritto alla salute di cui  all'art.
32 Cost., alla cui uniforme tutela e' funzionale l'attribuzione delle
competenze amministrative in materia di cannabis in capo allo Stato. 
    9.1- La questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  57
della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021 e' fondata per i  motivi  di
seguito indicati. 
    Ai sensi dell'art. 17 del richiamato  d.P.R.  n.  309  del  1990,
«[c]hiunque  intenda  coltivare,  produrre,  fabbricare,   impiegare,
importare, esportare, ricevere per transito, commerciare a  qualsiasi
titolo o comunque detenere per il commercio sostanze  stupefacenti  o
psicotrope, comprese  nelle  tabelle  di  cui  all'articolo  14  deve
munirsi dell'autorizzazione del Ministero della sanita'». 
    L'Ufficio  centrale  stupefacenti  del  Ministero  della  salute,
dunque, esercita competenze amministrative  relative  all'impiego  di
sostanze stupefacenti a fini medici, posto  che  tali  funzioni  sono
state espressamente escluse dalla devoluzione alle Regioni  ai  sensi
dell'art. 112, comma 3, lettera a), del decreto legislativo 31  marzo
1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello
Stato alle regioni ed agli enti locali,  in  attuazione  del  capo  I
della legge 15 marzo 1997, n. 59). 
    Cio' considerato, deve ricordarsi che questa Corte e' gia'  stata
chiamata a valutare norme regionali assimilabili a quella  odierna  e
ha chiarito che la disciplina autorizzatoria statale  in  materia  di
coltivazione di stupefacenti «rientra tra i principi fondamentali  in
materia di tutela della  salute,  essendo  posta  a  garanzia  di  un
diritto fondamentale della persona» (sentenza n. 141 del 2013). 
    L'autorizzazione ex  lege  dell'Assessorato  all'agricoltura  per
l'avvio di progetti sperimentali  e'  assimilabile  a  una  sorta  di
"autorizzazione preventiva", che pero', in questo ambito, esula dalle
competenze regionali, come gia' affermato con la richiamata sentenza. 
    A  sostegno  della  fondatezza  della  questione,  deve  altresi'
osservarsi che ad oggi esistono numerose norme di altre  Regioni,  le
quali autorizzano la Giunta a stipulare convenzioni con  centri  gia'
autorizzati. La norma siciliana, invece,  con  una  formulazione  del
tutto peculiare, autorizza la Giunta ad avviare progetti con istituti
privi di  autorizzazione,  posto  che  tali  progetti  sarebbero  poi
funzionali  all'ottenimento  delle  autorizzazioni  statali  previste
dall'art. 17 del d.P.R. n. 390 del 1990. 
    Dalla stessa formulazione della disposizione regionale impugnata,
peraltro, si evince che tali progetti, una volta avviati, mediante il
coinvolgimento dell'Assessorato  per  l'agricoltura,  potrebbero  non
ricevere  mai  l'autorizzazione   statale,   eppure,   ciononostante,
potrebbero proseguire ad interim, di fatto eludendo  o  aggirando  la
competenza del Ministero della  salute.  Del  resto,  per  presentare
domanda di autorizzazione al Ministero della salute,  occorre  essere
gia' in  possesso  dell'accordo  di  conferimento  con  una  officina
farmaceutica gia' autorizzata, e  la  mancanza  di  questo  requisito
determina, di per se', l'esclusione dalla procedura autorizzativa. 
    Tali considerazioni confermano il contrasto della norma siciliana
impugnata  con  i  parametri  evocati,  poiche'  la   lesione   della
competenza  amministrativa   statale   in   materia   autorizzatoria,
determina la violazione dell'attribuzione allo Stato delle competenze
amministrative per il diritto alla salute, funzionale ad  assicurarne
una migliore tutela (cosi',  sentenza  n.  141  del  2013).  Dal  che
l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  57  della   legge   reg.
Siciliana n. 9 del 2021. 
    10.- Con successivo ricorso n. 8  del  2022,  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri  ha  impugnato  l'art.  14  della  legge  reg.
Siciliana n. 29 del 2021. 
    Tale articolo stabilisce «1. Per il rilancio dell'economia  della
Sicilia mediante il ripristino dei  flussi  turistici  post  pandemia
Covid, al fine di assicurare la fruizione dei luoghi  della  cultura,
ai sensi dell'articolo 9, comma 7, lettera e)  del  CCRL  vigente  e'
autorizzata per l'esercizio finanziario 2021 l'ulteriore spesa per il
trattamento accessorio del personale a tempo indeterminato utilizzato
per interventi di sicurezza e di vigilanza nei luoghi della  cultura,
pari a complessivi euro 1.061.600,00, di cui  euro  193.600,00  quali
oneri  sociali  a  carico  dell'amministrazione  regionale  ed   euro
68.000,00  quale  imposta  regionale   sulle   attivita'   produttive
(I.R.A.P.) da versare (Missione 5, programma 2). 2. Agli oneri di cui
al presente articolo si fa fronte mediante  corrispondente  riduzione
della Missione 9, programma 5, capitolo 150032». 
    Afferma il ricorrente che la norma impugnata,  autorizzando,  per
l'esercizio finanziario 2021, un'ulteriore spesa per  il  trattamento
accessorio del personale utilizzato per interventi di sicurezza e  di
vigilanza nei luoghi della cultura, si porrebbe in contrasto  con  il
divieto previsto dall'art. 23, comma 2, del  decreto  legislativo  25
maggio 2017, n. 75, recante  «Modifiche  e  integrazioni  al  decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi degli articoli 16,  commi
1, lettera a), e 2, lettere b), c), d) ed e) e 17, comma  1,  lettere
a), c), e), f), g), h), l) m), n), o), q), r), s) e z), della legge 7
agosto  2015,  n.  124,  in   materia   di   riorganizzazione   delle
amministrazioni pubbliche»,  in  ordine  al  superamento  del  limite
dell'ammontare complessivo, riferito  all'anno  2016,  delle  risorse
destinate annualmente al trattamento accessorio del personale,  anche
di livello dirigenziale, delle amministrazioni pubbliche. 
    La riduzione del trattamento accessorio del personale,  anche  di
livello dirigenziale, costituirebbe una  delle  condizioni  contenute
nel «Piano di  rientro  della  Regione  Siciliana  del  disavanzo  in
attuazione dell'Accordo Stato-Regione sottoscritto dal Presidente del
Consiglio dei Ministri e dal Presidente della Regione Siciliana il 14
gennaio 2021» (quest'ultimo denominato «Accordo tra Stato  e  Regione
Siciliana per il Ripiano decennale del disavanzo»). 
    La disposizione regionale in esame, prevedendo  di  destinare  un
maggiore importo per il trattamento accessorio del personale a  tempo
indeterminato utilizzato per interventi di sicurezza e  di  vigilanza
nei luoghi della cultura, pari a complessivi euro 1.061.600,00, oltre
a costituire  un'ingiustificata  violazione  del  precetto  normativo
imposto  dall'art.  23,  comma  2,  del  d.lgs.  n.  75   del   2017,
pregiudicherebbe il raggiungimento dell'obiettivo di rientro previsto
nel Piano che,  ai  sensi  dell'art.  6  della  legge  della  Regione
Siciliana 15 aprile 2021, n. 10 (Bilancio di previsione della Regione
siciliana per il triennio 2021-2023), in attuazione dell'art.  7  del
decreto legislativo 27 dicembre 2019, n.  158  (Norme  di  attuazione
dello  statuto  speciale  della  Regione  Siciliana  in  materia   di
armonizzazione dei sistemi contabili,  dei  conti  giudiziali  e  dei
controlli), e' allegato alla legge di approvazione  del  bilancio  di
previsione della Regione. 
    Conseguentemente, asserisce il ricorrente, la norma regionale  si
porrebbe in  contrasto  con  l'art.  117,  terzo  comma,  Cost.,  per
violazione dei principi  fondamentali  nella  materia  «coordinamento
della finanza pubblica», proprio in relazione alla  norma  interposta
di cui all'art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019, confliggendo anche  con
l'art. 81 Cost. e con le norme fondamentali  e  i  criteri  stabiliti
dalla legge 24 dicembre 2012, n. 243 (Disposizioni  per  l'attuazione
del principio del pareggio di bilancio  ai  sensi  dell'articolo  81,
sesto comma, della Costituzione), in  particolare  con  l'art.  9  di
detta legge, vincolante anche per le Regioni a statuto speciale (sono
citate le sentenze di questa Corte n. 221 del 2013, n. 217 e  n.  215
del 2012). 
    10.1.- La questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  14
della legge reg. Siciliana n. 29 del 2021 e' fondata per i motivi  di
seguito indicati. 
    L'art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 75 del  2017  prevede  che,  al
fine di perseguire  la  progressiva  armonizzazione  dei  trattamenti
economici  accessori  del  personale  delle  amministrazioni  di  cui
all'art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165 del  2001,  la  contrattazione
collettiva nazionale, per ogni  comparto  o  area  di  contrattazione
operi la graduale convergenza dei medesimi trattamenti anche mediante
la  differenziata  distribuzione,  distintamente  per  il   personale
dirigenziale e non dirigenziale, delle risorse finanziarie  destinate
all'incremento  dei  fondi  per  la  contrattazione  integrativa   di
ciascuna amministrazione. Il medesimo art. 23 del d.lgs.  n.  75  del
2017 prevede altresi' che, «al fine di assicurare la  semplificazione
amministrativa, la valorizzazione del merito, la qualita' dei servizi
e  garantire  adeguati  livelli   di   efficienza   ed   economicita'
dell'azione  amministrativa,  assicurando  al  contempo  l'invarianza
della spesa, a decorrere dal 1° gennaio 2017, l'ammontare complessivo
delle risorse destinate annualmente  al  trattamento  accessorio  del
personale,  anche  di  livello  dirigenziale,   di   ciascuna   delle
amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto
legislativo  30  marzo  2001,  n.   165,   non   puo'   superare   il
corrispondente importo determinato per l'anno 2016». 
    La giurisprudenza di questa Corte e' costante nell'affermare  che
l'art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 75 del 2017 e' norma  che  pone  un
limite generale al trattamento economico del personale pubblico e  ha
natura di principio di coordinamento della finanza pubblica,  essendo
tale spesa una delle piu' frequenti e rilevanti  cause  di  disavanzo
pubblico (sentenze n. 212 e n. 20 del 2021, n. 191 del 2017,  n.  218
del 2015 e n. 215 del 2012). 
    La Regione non puo' quindi effettuare integrazioni  e  incrementi
che andrebbero in senso  opposto  all'armonizzazione  che  ispira  la
predetta norma interposta. 
    La previsione di  maggiori  oneri  da  destinare  ai  trattamenti
economici del personale  a  tempo  indeterminato  per  interventi  di
sicurezza e di vigilanza nei luoghi della cultura, pertanto, si  pone
in netto contrasto con gli obiettivi di finanza pubblica,  oltre  che
con lo specifico obiettivo di riduzione della spesa per il personale,
che la Regione si  e'  prefissata  in  accordo  con  lo  Stato,  come
recepito anche nel «Piano di  rientro  della  Regione  Siciliana  del
disavanzo in attuazione dell'Accordo Stato-Regione  sottoscritto  dal
Presidente del Consiglio dei Ministri e dal Presidente della  Regione
Siciliana il 14 gennaio 2021» (quest'ultimo denominato  «Accordo  tra
Stato e Regione Siciliana per il Ripiano decennale  del  disavanzo»).
Detto piano costituisce  allegato  alla  legge  di  approvazione  del
bilancio di previsione della Regione,  ai  sensi  dell'art.  6  della
legge reg. Siciliana n. 10 del 2021, in attuazione  dell'art.  7  del
d.lgs. n. 158 del 2019. 
    L'art. 14 della legge reg. Siciliana n. 29 del 2021, autorizzando
una spesa che supera il limite stabilito dall'indicato art. 23, comma
2, della normativa statale, si pone quindi in contrasto con le misure
volte ad assicurare l'invarianza  della  spesa  di  personale  e,  di
conseguenza, con l'art. 117, terzo comma, Cost., in particolare con i
principi fondamentali  nella  materia  «coordinamento  della  finanza
pubblica». 
    La riduzione del trattamento accessorio del personale,  anche  di
livello dirigenziale, rappresenta una delle condizioni contenute  nel
richiamato piano di rientro. La disposizione  regionale,  destinando,
invece,  un  maggiore  importo  per  il  trattamento  accessorio  del
personale  a  tempo  indeterminato  utilizzato  per   interventi   di
sicurezza e di vigilanza nei luoghi della cultura, pari a complessivi
euro 1.061.600,00, si pone in contrasto con l'art. 117, terzo  comma,
Cost.,  per  violazione  dei  principi  fondamentali  nella   materia
«coordinamento della  finanza  pubblica»,  in  relazione  alle  norme
interposte. 
    Alla luce delle esposte argomentazioni,  deve  essere  dichiarato
costituzionalmente illegittimo l'art. 14 della legge  reg.  Siciliana
n. 29 del 2021. 
    10.2.- Restano assorbiti gli  ulteriori  motivi  di  impugnazione
proposti dal Presidente del Consiglio. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riuniti i giudizi, 
    riservata a separate pronunce la decisione delle altre  questioni
di legittimita' costituzionale per le  quali  e'  stato  disposto  il
rinvio a nuovo ruolo; 
    1) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 5, comma 1,
lettera f), della legge della Regione Siciliana 15 aprile 2021, n.  9
(Disposizioni programmatiche e correttive per l'anno 2021.  Legge  di
stabilita' regionale); 
    2) dichiara l'illegittimita' costituzionale  dell'art.  14  della
1egge reg. Siciliana n. 9 del 2021; 
    3) dichiara l'illegittimita' costituzionale  dell'art.  50  della
legge reg. Siciliana n. 9 del 2021; 
    4) dichiara l'illegittimita' costituzionale  dell'art.  53  della
legge reg. Siciliana n. 9 del 2021; 
    5) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 54, commi 2
e 3, della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021; 
    6) dichiara l'illegittimita' costituzionale  dell'art.  55  della
legge reg. Siciliana n. 9 del 2021; 
    7) dichiara l'illegittimita' costituzionale  dell'art.  56  della
legge reg. Siciliana n. 9 del 2021; 
    8) dichiara l'illegittimita' costituzionale  dell'art.  57  della
legge reg. Siciliana n. 9 del 2021; 
    9) dichiara l'illegittimita' costituzionale  dell'art.  14  della
legge della Regione Siciliana 26 novembre 2021, n. 29 (Modifiche alla
legge regionale 15 aprile 2021, n. 9. Disposizioni varie); 
    10) dichiara estinto il processo relativamente alla questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 41, comma 3, della  legge  reg.
Siciliana n. 9 del 2021, promossa dal Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, in riferimento agli artt. 81,  terzo  comma,  117,  secondo
comma, lettera m), e terzo comma, della Costituzione, con il  ricorso
n. 33 del 2021. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 luglio 2022. 
 
                                F.to: 
                     Giuliano AMATO, Presidente 
                      Angelo BUSCEMA, Redattore 
             Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria 
 
    Depositata in Cancelleria il 25 luglio 2022. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA