N. 202 SENTENZA 5 - 28 luglio 2022

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Infortuni sul lavoro e malattie professionali - Assicurazione  contro
  gli infortuni in ambito domestico - Definizione di  "lavoro  svolto
  in ambito domestico" svolto senza vincolo  di  subordinazione  e  a
  titolo gratuito - Inclusione degli immobili  di  civile  abitazione
  dove le attivita' di cura delle persone vengono prestate in  favore
  di stretti familiari  non  conviventi  (nel  caso  di  specie:  dei
  genitori),  a  tutela  dei  "caregivers"-   Omessa   previsione   -
  Denunciata irragionevole disparita' di trattamento, violazione  dei
  doveri di solidarieta', della tutela della famiglia, del diritto al
  lavoro e della tutela previdenziale, anche sul piano comunitario  -
  Inammissibilita' delle questioni. 
- Legge 3 dicembre 1999, n. 493, art. 6. 
- Costituzione, artt. 2, 3, primo comma, 29,  35,  primo  comma,  38,
  secondo comma, e  117,  primo  comma;  Risoluzione  del  Parlamento
  europeo del 13 settembre 2016, sulla creazione  di  condizioni  del
  mercato del lavoro favorevoli all'equilibrio  tra  vita  privata  e
  vita professionale. 
(GU n.31 del 3-8-2022 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giuliano AMATO; 
Giudici :Silvana SCIARRA, Daria  de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,  Franco
  MODUGNO, Augusto  Antonio  BARBERA,  Giulio  PROSPERETTI,  Giovanni
  AMOROSO, Francesco VIGANO', Luca ANTONINI, Stefano PETITTI,  Angelo
  BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria  SAN  GIORGIO,  Filippo
  PATRONI GRIFFI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 6, comma 2,
lettera b), della legge 3 dicembre 1999, n. 493 (Norme per la  tutela
della salute nelle abitazioni e istituzione dell'assicurazione contro
gli infortuni domestici), promosso dalla Corte d'appello di  Salerno,
sezione lavoro, nel procedimento vertente  tra  L.  S.  e  l'Istituto
nazionale  per  l'assicurazione  contro  gli  infortuni  sul   lavoro
(INAIL), con ordinanza del 26 novembre 2021, iscritta  al  n.  2  del
registro ordinanze 2022 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 6, prima serie speciale, dell'anno 2022. 
    Visto l'atto di costituzione dell'INAIL; 
    udito nell'udienza pubblica del 5 luglio 2022 il Giudice relatore
Maria Rosaria San Giorgio; 
    udito l'avvocato Emilia Favata per l'INAIL; 
    deliberato nella camera di consiglio del 5 luglio 2022. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 26 novembre 2021,  iscritta  al  n.  2  del
registro ordinanze del 2022, la Corte d'appello di  Salerno,  sezione
lavoro,  ha  sollevato  questioni  di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 6, comma 2, lettera b), della legge 3 dicembre 1999, n. 493
(Norme per la tutela della  salute  nelle  abitazioni  e  istituzione
dell'assicurazione contro gli infortuni domestici),  nella  parte  in
cui  limita  l'"ambito  domestico",  all'interno  del   quale   opera
l'assicurazione di chi svolge, «senza vincolo di subordinazione  e  a
titolo gratuito», attivita' «finalizzate alla cura  delle  persone  e
dell'ambiente domestico» «al solo "insieme degli immobili  di  civile
abitazione e delle relative pertinenze ove dimora il nucleo familiare
dell'assicurato",   ivi   incluse   le   eventuali   "parti    comuni
condominiali",  senza  inclusione  degli  altri  immobili  di  civile
abitazione nei quali le suddette attivita' vengano prestate in favore
di  stretti  familiari  non  conviventi  per  quanto   bisognosi   di
assistenza domestica». 
    La norma denunciata violerebbe gli artt. 2, 3, 29, 35, 38 e  117,
primo comma,  della  Costituzione,  quest'ultimo  in  relazione  alla
Risoluzione del Parlamento europeo del 13  gennaio  1986  [recte:  13
settembre 2016], sulla creazione di condizioni del mercato del lavoro
favorevoli all'equilibrio tra vita privata e vita professionale. 
    2.- La rimettente riferisce che  con  ricorso  depositato  il  14
gennaio 2015 S. L., «vedovo ed  erede»  di  C.  C.,  aveva  adito  il
Tribunale ordinario di Vallo della Lucania, in  funzione  di  giudice
del lavoro, per ottenere  la  condanna  dell'Istituto  nazionale  per
l'assicurazione  contro  gli   infortuni   sul   lavoro   (INAIL)   a
corrispondergli  la  rendita  da  infortunio  e  l'assegno  funerario
maturato in seguito al decesso della propria dante causa, titolare di
assicurazione contro gli infortuni domestici, ex  legge  n.  493  del
1999, gestita dall'INAIL, all'esito di un grave  incidente  domestico
occorsole presso l'abitazione dei genitori. 
    Nel giudizio si  era  costituito  l'INAIL,  che  aveva  resistito
deducendo che l'infortunio era  intervenuto  in  un  ambito  spaziale
diverso da quello in  cui  viveva  e  dimorava  il  nucleo  familiare
dell'assicurata. 
    Con sentenza pubblicata il 25 gennaio 2019,  il  Tribunale  aveva
respinto il ricorso sul rilievo che l'infortunio era  occorso  presso
l'abitazione dei genitori dell'assicurata e non presso  la  sua  casa
coniugale, e che era rimasto non  provato  che  la  stessa  dimorasse
abitualmente presso i genitori. 
    2.1.- La Corte  rimettente,  investita  dell'appello  avverso  la
decisione di primo grado, argomenta, a sostegno della rilevanza della
questione sollevata, dall'accertamento operato dal Tribunale circa la
non convivenza dell'infortunata con i genitori,  non  contestando  le
parti,  nel  resto,  l'applicabilita'  della  disposizione  censurata
nell'inequivoco suo tenore testuale. 
    2.2.- In punto di non manifesta infondatezza, il  giudice  a  quo
ipotizza il contrasto della disposizione censurata con una pluralita'
di  parametri   costituzionali:   l'art.   3,   per   la   disciplina
irragionevolmente differenziata di situazioni sostanzialmente eguali;
gli artt. 2 e 29, per la violazione dei doveri di solidarieta' su cui
si conformano i rapporti  tra  genitori  e  figli  all'interno  della
famiglia; gli artt. 35 e 38, per la lesione  della  tutela  riservata
dalla Costituzione al lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni  e
al diritto dei lavoratori a godere degli strumenti  previdenziali  ed
assicurativi adeguati alle loro esigenze di vita; l'art.  117,  primo
comma,  per  il  vulnus   ai   vincoli   derivanti   dall'ordinamento
comunitario e dagli obblighi internazionali. 
    2.2.1.- La rimettente ricorda, quale ragione del dibattito al cui
esito fu adottata la legge in scrutinio, la sentenza di questa  Corte
n. 28 del 1995, con la quale venne affermata  «l'equiparabilita'  del
lavoro eseguito nell'ambito familiare, con il relativo elevato valore
sociale ed economico, ad altre forme di lavoro»; e di  quella  stessa
sentenza ripropone le argomentazioni,  per  sostenere  la  necessita'
costituzionale della estensione della tutela assicurativa del  lavoro
domestico a quello prestato al di fuori del nucleo familiare. 
    Nel  ripercorrere  la   motivazione   dell'indicato   precedente,
nell'ordinanza di rimessione si richiama la  disciplina  dell'impresa
familiare di cui all'art. 230-bis del codice civile, nella  parte  in
cui il lavoro reso all'interno della  famiglia  viene  valutato  alla
stregua di quello  prestato  nell'impresa  senza  necessita'  di  una
convivenza  «nella  stessa  abitazione  dei  familiari   partecipanti
all'impresa». 
    Viene richiamata, altresi', la Risoluzione del Parlamento europeo
13 gennaio 1986 (citata nella predetta sentenza n. 28 del 1995) sulla
creazione  di   condizioni   di   mercato   del   lavoro   favorevoli
all'equilibrio tra vita privata  e  vita  professionale,  individuata
come norma interposta. In realta', l'oggetto della risoluzione,  come
riportato dalla ordinanza di rimessione, e' piuttosto riferibile alla
risoluzione 13 settembre 2016. 
    Della richiamata risoluzione il giudice a quo indica i contenuti,
relativamente ai paragrafi n. 34 e n. 37, in cui «si  invitavano  gli
Stati membri a riconoscere il valore del lavoro svolto dai prestatori
di assistenza ai familiari (non solo conviventi) "per la societa' nel
suo complesso» e quello delle «persone che dedicano il proprio  tempo
e le proprie  competenze  alla  cura  delle  persone  anziane  e  non
autosufficienti, senza  alcuna  limitazione  all'assistenza  ai  soli
familiari conviventi», e tanto nel rilievo che la risoluzione  muova,
anche, dalle «considerazioni della messa in discussione del "concetto
tradizionale ... di famiglia nucleare" e della necessita' di favorire
la "solidarieta' tra  le  generazioni"  nel  rispondere  "alle  sfide
dell'invecchiamento della societa'"», rimarcato, in detta cornice, il
ruolo assunto dalle donne, chiamate a far fronte «a  un  certo  punto
della loro vita, alla cura di nipoti e/o genitori anziani». 
    Sottolinea quindi la Corte territoriale come la solidarieta'  tra
generazioni, ispiratrice della citata risoluzione europea,  venga  in
considerazione  nella  fattispecie  in  esame,  in  cui  una  figlia,
nell'osservanza dei propri doveri familiari ed evitando il ricorso  a
dispendiose prestazioni assistenziali, da porsi altrimenti  a  carico
della collettivita', si era recata presso l'abitazione, non  distante
dalla propria, dei genitori, con problemi di salute, per «aiutarli». 
    2.2.2.- L'identita' di  ratio  tra  le  descritte  situazioni  di
lavoro renderebbe  non  comprensibile  il  riconoscimento,  ai  sensi
dell'art. 35 Cost. e con la tutela previdenziale di cui al successivo
art. 38, della sola attivita' svolta in favore del  nucleo  familiare
convivente nella medesima dimora e non  anche  di  quella  resa  agli
anziani genitori dimoranti altrove. 
    Una incoerenza intrinseca connoterebbe, dunque, i contenuti della
norma, nell'operato raffronto tra i commi 1 e  2  dell'art.  6  della
legge n. 493 del  1999,  la'  dove  il  legislatore,  da  una  parte,
riconosce e tutela il lavoro svolto in ambito domestico, affermandone
il valore sociale per i vantaggi che l'intera collettivita' ne  trae,
e  dall'altra,  in  modo   discriminatorio,   limita   il   perimetro
applicativo dello strumento assicurativo  previsto  a  riconoscimento
del primo confinando l'«ambito domestico» agli immobili in cui dimora
il nucleo familiare convivente  dell'assicurato,  con  esclusione  di
quello dei familiari, stretti e non conviventi, «per quanto bisognosi
di assistenza domestica». 
    2.3.- Nel giudizio  innanzi  a  questa  Corte  si  e'  costituito
l'INAIL, chiedendo che la questione venga dichiarata inammissibile o,
in subordine, manifestamente infondata. 
    2.3.1.- L'Istituto rileva il  carattere  non  «pertinente»  della
sentenza di questa Corte n. 28 del 1995,  evocata  nell'ordinanza  di
rimessione  a  sostegno  del   sollevato   dubbio   di   legittimita'
costituzionale, per essere stata  resa  in  una  fattispecie  in  cui
veniva  riconosciuto  specifico  rilievo   all'attivita'   lavorativa
casalinga  svolta  da  una  cittadina  extracomunitaria   in   ambito
familiare - prestazione  che  era  stata  assimilata  alle  forme  di
"occupazione"   legittimanti    l'attivazione    dell'istituto    del
ricongiungimento familiare -  nell'affermazione,  di  principio,  che
«anche la cittadina extracomunitaria che presti,  nel  nostro  Paese,
lavoro all'interno della propria famiglia deve essere ricompresa  nel
novero dei lavoratori che hanno diritto  al  ricongiungimento  con  i
figli minori che risiedono all'estero». 
    2.3.2.- La disciplina  contenuta  nella  disposizione  censurata,
prosegue l'INAIL, non si pone in  contrasto  con  il  valore  sociale
assegnato dalla legge al lavoro «domestico» familiare, ma vale solo a
fissare i  limiti  soggettivi  ed  oggettivi  dell'introdotta  tutela
assicurativa,  e  tanto  nella  «peculiarita'»   della   riconosciuta
prestazione lavorativa. 
    La disposizione medesima  indica  a  definizione  dell'infortunio
domestico la «dimora» del nucleo familiare e non la «residenza»,  con
esclusione della «abituale residenza» di cui all'art. 43 cod. civ., e
con la conseguenza che l'infortunio e' tutelato anche se  avviene  in
un luogo di «temporanea dimora»,  purche'  il  lavoro  domestico  sia
finalizzato,  in  via  esclusiva,   alla   cura   delle   persone   e
dell'ambiente domestico del nucleo familiare. 
    Per «ambiente domestico», pertanto, deve intendersi  un  concetto
«piu' articolato» che include le  persone  che  dimorano  nell'ambito
domestico e le loro esigenze di  vita,  anche  di  relazione,  e  per
«nucleo  familiare»  il  complesso  di  persone   caratterizzato   da
convivenza e reciproca assistenza. 
    Dette evidenze troverebbero conferma nel  decreto  attuativo  del
Ministero del lavoro e della previdenza  sociale  15  settembre  2000
(Modalita' di attuazione dell'assicurazione contro gli  infortuni  in
ambito  domestico),  ove  si  e'  stabilito  che  l'assicurazione  e'
obbligatoria per ciascun componente il nucleo familiare che svolga in
via esclusiva e a titolo  gratuito  attivita'  di  lavoro  in  ambito
domestico, e nelle circolari INAIL (si cita la n. 6 dell'11  febbraio
2021,  la  quale  dispone  che,  ai  fini  assicurativi,  per  nucleo
familiare  deve  intendersi  la  famiglia  anagrafica  come  definita
dall'art. 4 del decreto del Presidente  della  Repubblica  30  maggio
1989, n. 223, recante «Approvazione del nuovo regolamento  anagrafico
della popolazione  residente»:  «un  insieme  di  persone  legate  da
vincoli di matrimonio, unione civile, parentela, affinita', adozione,
tutela o da vincoli affettivi, coabitati  e  aventi  dimora  abituale
nello stesso comune», con la precisazione che  «il  nucleo  familiare
puo' essere costituito da una sola persona»). 
    2.3.3.- Il lavoro domestico-familiare, prosegue l'INAIL,  non  ha
ricevuto nella norma in  scrutinio  un  riconoscimento  formale  come
attivita'  lavorativa  «in  senso  proprio»,  e,  nel  suo  carattere
«speciale», non inquadrabile ne' nel lavoro autonomo  ne'  in  quello
subordinato, esso  non  e'  assoggettabile  alla  previsione  di  cui
all'art.  38,  secondo  comma,  Cost.,   con   la   conseguenza   che
l'infortunio  in  ambito  domestico  non   puo'   essere   equiparato
all'infortunio sul lavoro. 
    La natura di strumento di «assistenza sociale», piuttosto che  di
«previdenza», della attuata tutela del lavoro domestico - che esclude
l'applicabilita' della disciplina degli infortuni  sul  lavoro  e  le
malattie professionali contenuta nel  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo  unico  delle  disposizioni
per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le
malattie professionali), e nel decreto legislativo 23 febbraio  2000,
n. 38 (Disposizioni in materia di assicurazione contro gli  infortuni
sul lavoro e le malattie professionali,  a  norma  dell'articolo  55,
comma 1, della legge 17 maggio 1999,  n.  144),  intesa  a  garantire
tutela privilegiata a tutti i lavoratori infortunati e tecnopatici  -
risulterebbe  provato  dalla  mancata  previsione  della   cosiddetta
automaticita'   delle   prestazioni,   che    garantisce    copertura
assicurativa anche in mancanza del pagamento del premio da parte  del
prestatore di lavoro domestico-familiare. 
    Andrebbe, poi, esclusa la  violazione  dell'art.  35  Cost.,  non
potendo  la  situazione  dei  lavoratori  domestico-familiari  essere
equiparata a quella dei «lavoratori tutelati in generale»,  ai  quali
la protezione assicurativa e' «garantita  rispetto  ad  ogni  rischio
cagionato dal lavoro». 
    La obiettiva diversita' di situazioni  tra  il  lavoro  domestico
reso in favore del familiare  convivente  presso  l'abitazione  della
famiglia e quello prestato in favore  di  altri  soggetti,  ancorche'
legati da vincoli affettivi, nei  diversi  ambienti  in  cui  costoro
dimorano, escluderebbe la violazione del principio di  uguaglianza  e
la dedotta disparita' di trattamento. 
    2.3.4.- La differente  disciplina  riservata  ai  lavoratori,  in
genere, ed  ai  lavoratori  domestico-familiari,  questi  ultimi  nei
diversi contesti familiari di convivenza, o meno,  poggia,  pertanto,
conclude l'Istituto, su  di  un  bilanciamento  di  valori,  che,  di
competenza del legislatore,  nella  norma  in  scrutinio  non  appare
affatto  irragionevole  e  non  sostiene   il   dedotto   dubbio   di
legittimita' costituzionale.  L'ampliamento  oggettivo  e  soggettivo
della tutela comporterebbe -  pena  gli  squilibri  di  bilancio  cui
andrebbe incontro l'INAIL, che provvede a  gestire  questa  forma  di
tutela erogando, in via  straordinaria,  prestazioni  ai  destinatari
della legge - un inevitabile aumento  dei  costi  dell'assicurazione,
necessario ad alimentare il fondo con  cui  vengono  corrisposti  gli
indennizzi, la' dove  il  cosiddetto  premio  assicurativo  unitario,
gravante sui soggetti assicurati e ritenuto congruo, e' stato fissato
in termini molto contenuti e posto a carico della fiscalita' generale
per i non abbienti. 
    2.3.5.- L'intervento richiesto a questa Corte non  risponderebbe,
pertanto, ad una omissione del legislatore rispetto ad  «una  diversa
possibile  soluzione  desumibile  dal  contesto  normativo»  (vengono
richiamate le sentenze n. 308 e n. 258 del 1994 e n. 298 del 1993, su
pronunce additive e  a  rime  obbligate),  toccando,  piuttosto,  nel
bilanciamento dei diritti garantiti, inevitabili riflessi  di  ordine
finanziario,  per  scelte  attribuite   alla   discrezionalita'   del
legislatore, salva la loro patente irragionevolezza. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Corte d'appello di Salerno, sezione lavoro,  ha  sollevato
questioni  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  6,  comma  2,
lettera b), della legge 3 dicembre 1999, n. 493 (Norme per la  tutela
della salute nelle abitazioni e istituzione dell'assicurazione contro
gli  infortuni  domestici),  nella  parte  in  cui  limita  l'"ambito
domestico",  all'interno  del  quale  opera  l'assicurazione  di  chi
svolge, «senza  vincolo  di  subordinazione  e  a  titolo  gratuito»,
attivita'  «finalizzate  alla  cura  delle  persone  e  dell'ambiente
domestico» «al solo "insieme degli immobili di  civile  abitazione  e
delle  relative   pertinenze   ove   dimora   il   nucleo   familiare
dell'assicurato",   ivi   comprese   le   eventuali   "parti   comuni
condominiali",  senza  inclusione  degli  altri  immobili  di  civile
abitazione nei quali le suddette attivita' vengano prestate in favore
di  stretti  familiari  non  conviventi  per  quanto   bisognosi   di
assistenza domestica». 
    La disposizione in esame viene censurata per  contrasto  con  gli
artt. 2, 3, 29, 35,  38  e  117,  primo  comma,  della  Costituzione,
quest'ultimo in relazione alla Risoluzione del Parlamento europeo del
13 gennaio 1986  [recte:  13  settembre  2016],  sulla  creazione  di
condizioni del mercato del lavoro favorevoli all'equilibrio tra  vita
privata e vita professionale. 
    1.1.- Il  giudice  a  quo  premette  di  essere  stato  investito
dell'appello avverso la sentenza con cui il  Tribunale  ordinario  di
Vallo della Lucania, pronunciando in funzione di giudice del  lavoro,
aveva  rigettato  la  domanda  di  riconoscimento  della  rendita  da
infortunio domestico e dell'assegno funerario proposta da  S.  L.  in
seguito all'intervenuto decesso del coniuge, C. C.,  assicurato,  per
un incidente occorso mentre si  trovava  nell'abitazione  dei  propri
genitori, attendendo alla loro cura. 
    1.1.1.-  La  rimettente  ritiene  di  non   poter   decidere   la
fattispecie sottoposta al suo esame indipendentemente dalla soluzione
della questione di legittimita' costituzionale della norma che ne  e'
oggetto, in ragione dell'inequivoco tenore  letterale  della  stessa,
che ne porta  ad  escludere  ogni  interpretazione  estensiva,  nella
incontestata non convivenza dell'assicurata presso  l'abitazione  dei
genitori, in cui si era verificato l'infortunio domestico. 
    1.1.2.- In punto di non manifesta infondatezza, ad  avviso  della
Corte  rimettente   la   norma   censurata   limiterebbe,   in   modo
discriminatorio, trattando  in  modo  diseguale  situazioni  omogenee
(art. 3 Cost.), l'applicabilita' dello strumento assicurativo  contro
gli infortuni occorsi al lavoratore casalingo,  confinando  l'«ambito
domestico» agli immobili in cui dimora il nucleo familiare convivente
dell'assicurato ed escludendo quello dei familiari, pure se  stretti,
in quanto non conviventi, anche se bisognosi di assistenza domestica. 
    La denunciata limitazione confliggerebbe con la valorizzazione di
principio  dell'attivita'   domestico-familiare   quale   prestazione
lavorativa (art. 35 Cost.), mancando poi di fare  applicazione  degli
strumenti previdenziali posti a presidio delle esigenze di  vita  del
lavoratore (art. 38 Cost.). 
    Verrebbero,  altresi',  violati  i  doveri  di  solidarieta'  tra
generazioni che, propri della famiglia e dei rapporti tra genitori  e
figli  (artt.  2  e  29   Cost.),   ricevono   riconoscimento   anche
nell'ordinamento  comunitario  ed  internazionale  (art.  117,  primo
comma,  Cost.)  che  resterebbe  violato  per  la  norma   interposta
integrata dalla indicata Risoluzione del Parlamento  europeo  del  13
settembre 2016 (paragrafi n. 34 e n. 37). 
    2.- Va, anzitutto, rilevato che la sentenza di questa Corte n. 28
del 1995, richiamata dalla ordinanza di rimessione a  fondamento  del
sollevato dubbio di legittimita' costituzionale, non  e'  in  realta'
pertinente. 
    I  principi  affermati  in  quella  sentenza  traevano   origine,
infatti, da un diverso contesto, relativo alla pari dignita'  tra  il
lavoro  casalingo  e  quello  svolto  al  di  fuori   dell'abitazione
familiare e contrassegnato dalla pure affermata parita' di genere tra
donna e uomo, nel quale si stabiliva  l'assimilazione  dell'attivita'
lavorativa casalinga resa  da  una  cittadina  extracomunitaria  alle
forme di "occupazione" legittimanti l'attivazione  dell'istituto  del
ricongiungimento dei figli minori residenti all'estero (art. 4, comma
1, della legge 30 dicembre 1986, n. 943, recante «Norme in materia di
collocamento e trattamento dei lavoratori extracomunitari immigrati e
contro le immigrazioni  clandestine»  abrogato,  a  far  data  dal  2
settembre 1998, dall'art. 47, comma 1,  del  decreto  legislativo  25
luglio  1998,  n.  286,  recante  «Testo  unico  delle   disposizioni
concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla  condizione
dello straniero» e  sostituito  dall'art.  29  dello  stesso  decreto
legislativo). 
    3.- Va, preliminarmente,  dichiarata  la  inammissibilita'  della
questione in riferimento all'art. 117, primo  comma,  Cost.,  perche'
sollevata in relazione ad un parametro, la Risoluzione del Parlamento
europeo del 13 settembre 2016, non idoneo a tal fine. 
    4.- Le sollevate questioni di legittimita' costituzionale rendono
necessaria una ricognizione del quadro normativo e  giurisprudenziale
all'interno del quale si inserisce la legge n. 493 del 1999. 
    4.1.-  Essa  si  radica,  nell'intento  di  darvi  completamento,
nell'ambito di quel percorso  di  riconoscimento  di  pari  dignita',
rispetto alle forme di lavoro svolto  fuori  casa,  alla  prestazione
domestico-familiare,  nella  sua   importante   valenza   sociale   e
giuridica, anche in quanto portatrice  di  un  risparmio  di  elevati
costi sociali. 
    4.1.1.- Il cammino  era  stato  intrapreso  con  la  legislazione
adottata in materia pensionistica, e, in particolare,  con  l'art.  9
della legge 5 marzo  1963,  n.  389  (Istituzione  della  «Mutualita'
pensioni» a favore delle casalinghe), poi oggetto  di  intervento  di
questa Corte,  che,  con  la  sentenza  n.  78  del  1993,  ne  aveva
dichiarato l'illegittimita' costituzionale nella  parte  in  cui  non
prevedeva un meccanismo  di  adeguamento  dell'importo  nominale  dei
contributi versati. 
    Nel tempo, quella disciplina  ha  ricevuto  un  riordino  con  il
decreto legislativo 16  settembre  1996,  n.  565  (Attuazione  della
delega conferita dall'art. 2, comma 33, della L. 8  agosto  1995,  n.
335,  in  materia  di  riordino  della  disciplina   della   gestione
«Mutualita' pensioni» di cui alla L. 5 marzo 1963, n.  389),  che  ha
sostituito  la  previgente  mutualita'  pensioni  con  un  «Fondo  di
previdenza per le persone che svolgono lavori di cura non  retribuiti
derivanti da responsabilita' familiari», nella previsione che a  tale
fondo «possono altresi' iscriversi, su base  volontaria,  i  soggetti
che svolgono, senza vincolo di subordinazione, lavori non  retribuiti
in relazione a responsabilita' familiari e che non prestano attivita'
lavorativa autonoma o alle dipendenze di terzi e non sono titolari di
pensione diretta» (art. 1, comma 2). 
    4.1.2.-   Nel   percorso    di    valorizzazione    del    lavoro
domestico-familiare  si  e'  inserita  anche  la  giurisprudenza   di
legittimita',  che  si  e'  spesa   nell'affermazione   dell'autonoma
risarcibilita' del danno patrimoniale subito da chi svolge  attivita'
casalinga. 
    In quanto conseguenza della riduzione della capacita'  lavorativa
"specifica", l'attivita' domestico-familiare non e' piu' destinata  a
convergere, ai fini risarcitori, nella diversa  categoria  del  danno
biologico (Corte di cassazione,  sezione  terza  civile,  sentenze  3
marzo 2005, n. 4657, 13 luglio 2010, n. 16392). 
    In siffatto  contesto  storico,  il  tema  del  lavoro  casalingo
diviene altresi' occasione  per  l'affermazione  di  piu'  articolati
principi sul rilievo costituzionale del lavoro e  dei  diritti  della
donna  lavoratrice  di  cui  agli  artt.  4  e  37  Cost.  (Corte  di
cassazione, sezione terza  civile,  sentenze  11  dicembre  2000,  n.
15580, 20 ottobre 2005, n. 20324) e in tema di incombenze  domestiche
(Corte di cassazione, sezione terza civile, sentenza 8 novembre 2014,
n. 24471). 
    5.- Il quadro di riferimento consente di cogliere nella legge  in
esame l'occasione per il legislatore nazionale - in  una  prospettiva
segnata dall'esigenza di  far  fronte  al  fenomeno  degli  infortuni
domestici con la finalita' di arginarne i costi per la  collettivita'
-  di  superare  la  contrapposizione   tra   lavoro   domestico   ed
extradomestico, attribuendo al  primo,  nell'intento  di  colmare  un
vuoto di tutela, pari dignita' rispetto alle altre  forme  di  lavoro
svolte fuori casa, attraverso il riconoscimento di uno  strumento  di
garanzia assicurativa. 
    6.- All'interno di una piu' ampia cornice definita, anche,  dalla
necessita' di dare risposta ad  esigenze  di  prevenzione  -  la  cui
soddisfazione  e'  affidata  nella  legge  in  esame  agli  strumenti
dell'informazione ed educazione della platea  dei  destinatari  (Capo
II, rubricato «Prevenzione degli infortuni negli ambienti  di  civile
abitazione», artt. 3, 4 e 5) -, il legislatore del 1999 ha provveduto
ad istituire una forma assicurativa obbligatoria per  la  tutela  dal
rischio  infortunistico,  con  il  riconoscimento  della  invalidita'
permanente derivante dal lavoro svolto in ambito domestico (Capo III,
rubricato «Assicurazione contro gli infortuni in  ambito  domestico»,
articoli da 6 a11). 
    6.1.- L'opzione  esercitata  attribuisce  peraltro  una  garanzia
assicurativa nella  perseguita  finalita'  di  accordare  piu'  ampia
tutela al disciplinato fenomeno all'interno di un perimetro  fattuale
contrassegnato  dalla  registrata   imputabilita'   degli   incidenti
domestici, appartenenti alla "quotidianita'"  degli  individui,  alla
mera casualita' o alla stessa disattenzione della vittima o dei  suoi
familiari. 
    6.2.- La legge provvede quindi ad  individuare,  per  richiamo  a
fasce di eta', i destinatari della  norma,  e,  insieme  agli  eventi
assicurati, le percentuali di "inabilita' permanente" cui riconoscere
copertura assicurativa, il premio annuo, di importo  assai  contenuto
(fissato in 25.000 lire, pari a 12,91 euro, e portato ad  euro  24,00
annui dall'art. 1 , comma 534, della legge 30 dicembre 2018, n.  145,
recante «Bilancio di previsione dello Stato  per  l'anno  finanziario
2019 e bilancio  pluriennale  per  il  triennio  2019-  2021»)  ed  i
soggetti onerati, prevedendo, altresi', un meccanismo che, per i  non
abbienti, pone a carico della fiscalita'  generale  l'intero  importo
(articoli da 6 a 9). 
    6.3.- La natura obbligatoria del mezzo, che diviene operativo  se
ed in  quanto  l'assicurato  iscritto  versi  annualmente  il  premio
prestabilito,  lo  sottrae  al  principio  dell'automaticita'   della
protezione,  destinato,  invece,  a  valere  per  tutti   gli   altri
lavoratori, soggetti alla generale tutela  previdenziale  di  cui  al
decreto del Presidente della  Repubblica  30  giugno  1965,  n.  1124
(Testo unico  delle  disposizioni  per  l'assicurazione  obbligatoria
contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali). 
    6.4.-  L'andamento  del  «Fondo  autonomo  speciale»  (art.  10),
istituito presso l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro  gli
infortuni sul lavoro (INAIL) con contabilita' separata, e  nel  quale
confluiscono i premi  versati,  ha  consentito,  in  un  contesto  di
attuazione definito da  leggi  finanziarie  e  di  bilancio,  decreti
interministeriali di attuazione  della  norma  primaria  e  circolari
esplicative, nel tempo susseguitisi (da ultimo, la legge  30  n.  145
del 2018; la circolare INAIL dell'11 febbraio 2021, n. 6; il  decreto
del Ministro  del  lavoro  e  delle  politiche  sociali  adottato  di
concerto con il  Ministro  dell'economia  e  delle  finanze,  del  13
novembre 2019), di migliorare ed estendere  le  prestazioni  erogate,
ampliando le fasce di eta' della platea dei beneficiati, rivedendo al
ribasso  le  percentuali  di  invalidita'  ammesse  a   garanzia,   e
diversificando i prodotti assicurativi offerti, nel tempo comprensivi
della rendita da infortunio mortale (decreto del Ministro del  lavoro
e delle politiche  sociali,  31  gennaio  2006,  recante  «Estensione
dell'assicurazione contro gli infortuni in ambito domestico  ai  casi
di infortunio mortale»). 
    6.5.-  Come  esposto  dalla  difesa  dell'INAIL,  costituito   in
giudizio, nella «Nota tecnica»  depositata  in  pubblica  udienza  in
risposta agli «specifici quesiti» di cui all'art. 10, comma 3,  delle
Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, la
gestione infortuni in ambito domestico resta sorretta da  un  sistema
finanziario «a capitalizzazione» che rinviene la  sua  condizione  di
equilibrio su di un «Premio Medio Generale», costante  per  tutta  la
durata della gestione, in via teorica illimitata, e uguale  per  ogni
assicurato. Il «premio  medio»,  in  quanto  commisurato  al  rischio
proprio dell'intera collettivita' garantita, e non calibrato in  modo
specifico  sul  singolo  assicurato,  rispetta  il  principio   della
solidarieta' oltre che della mutualita' tra  assicurati,  consentendo
la copertura assicurativa anche di coloro per i quali maggiore e'  il
bisogno di tutela. 
    7.-  Tanto  premesso,  nella  definizione  e  tipizzazione  degli
infortuni assicurati, la legge n. 493 del 1999 ripartisce il  rischio
indennizzabile  all'interno  di  una  "solidarieta'  di   categoria",
cosicche'  gli  eventi   coperti   da   garanzia   assicurativa   non
ricomprendono tutti gli incidenti che si  verificano  negli  ordinari
luoghi di vita del soggetto assicurato, ma solo quelli  che  derivano
«dal lavoro svolto in ambito domestico» (art.  1),  nel  riconosciuto
valore sociale ed economico della prestazione. 
    7.1.- L'art. 6 della legge n. 493 del 1999, dopo  aver  previsto,
al comma 1, che «[l]o Stato riconosce e tutela il  lavoro  svolto  in
ambito  domestico,  affermandone  il  valore  sociale  ed   economico
connesso agli indiscutibili  vantaggi  che  da  tale  attivita'  trae
l'intera  collettivita'»,  affida   alle   successive   proposizioni,
contenute al comma  2,  rispettivamente  sub  lettere  a)  e  b),  la
definizione del lavoro domestico  e,  a  mezzo  delle  sue  affermate
coordinate soggettive e oggettive  -  rispettivamente  integrate  dal
"nucleo familiare" dell'assicurato e dall'"ambiente domestico" in cui
il primo dimora - la tipizzazione del rischio assicurato. 
    L'infortunio indennizzabile resta cosi' fissato in quello occorso
all'assicurato impegnato, nella resa prestazione casalinga, in favore
del/dei componente/i del nucleo  familiare  convivente  nel  medesimo
ambiente domestico. 
    Il legislatore, dopo avere precisato, alla lettera a) del comma 2
dell'art. 6, che per «lavoro svolto in ambito domestico»  si  intende
l'insieme delle attivita' prestate «senza vincolo di subordinazione e
a  titolo  gratuito,  finalizzate   alla   cura   delle   persone   e
dell'ambiente domestico», individua  alla  successiva  lettera  b)  -
disposizione  all'odierno  scrutinio  -  l'«ambito  domestico»   come
l'«insieme degli immobili  di  civile  abitazione  e  delle  relative
pertinenze  ove  dimora  il  nucleo  familiare  dell'assicurato»  ivi
incluse le eventuali «parti comuni condominiali». 
    7.2.- Per gli indicati contenuti la nozione di famiglia di cui si
avvale il legislatore del 1999 nel disciplinare il rischio assicurato
in materia di infortuni domestici e' quella gia'  utilizzata  da  una
risalente sentenza della Corte di cassazione. 
    Chiamato a pronunciare sulla decadenza del conduttore dal diritto
alla proroga legale della locazione immobiliare per disponibilita' di
altra abitazione familiare (art. 3 della legge  23  maggio  1950,  n.
253,  recante  «Disposizioni  per  le  locazioni  e  sublocazioni  di
immobili urbani»), il giudice di legittimita' richiama  espressamente
il principio secondo il quale per nucleo familiare deve intendersi il
complesso delle persone abitualmente conviventi, legate da vincoli di
sangue o di affinita' o da obblighi di  mutua  assistenza  (Corte  di
cassazione, sezione terza  civile,  sentenza  5  settembre  1963,  n.
2431). 
    L'abitualita'  della  convivenza  e  della  dimora   del   nucleo
familiare segna anche la stretta dimensione anagrafica  del  fenomeno
(ex art. 4 del decreto del  Presidente  della  Repubblica  30  maggio
1989, n. 223, recante «Approvazione del nuovo regolamento  anagrafico
della popolazione residente» nella versione modificata  dall'art.  3,
comma 1, lettera a), del decreto legislativo 19 gennaio  2017,  n.  5
recante «Adeguamento delle disposizioni dell'ordinamento dello  stato
civile in materia di iscrizioni, trascrizioni e annotazioni,  nonche'
modificazioni ed integrazioni normative per la regolamentazione delle
unioni civili, ai sensi dell'articolo 1, comma 28, lettere a)  e  c),
della legge 20 maggio 2016, n. 76», la famiglia  e'  «un  insieme  di
persone legate da vincoli di matrimonio,  unione  civile,  parentela,
affinita', adozione, tutela o  da  vincoli  affettivi,  coabitanti  e
aventi dimora abituale nello stesso comune» e puo' essere  costituito
da una sola persona). 
    Non qualsiasi condivisione di spazi rileva, pertanto, al fine  di
riconoscere il diritto  all'indennizzo  assicurativo  per  infortunio
domestico ex art. 6 qui scrutinato, ma  solo  quella  che,  dovendosi
apprezzare per una sua raggiunta stabilita',  chiama  in  gioco,  per
cio' stesso, convivenze familiari integrate, quanto meno,  da  comuni
regole di vita e condivisioni di mezzi. 
    8.-  Cio'  posto,  deve  essere  preliminarmente   esaminata   la
eccezione di inammissibilita' sollevata dall'INAIL, che ha  sostenuto
il carattere eccessivamente manipolativo della pronuncia sollecitata,
in una materia caratterizzata dalla discrezionalita' delle scelte del
legislatore. 
    8.1. - La eccezione e' fondata nei termini che seguono. 
    8.1.1.  -  L'ordinanza  di  rimessione,  nel  raffronto  tra   la
situazione denunciata e i rilievi  di  illegittimita'  costituzionale
svolti, propone due distinti piani di scrutinio: l'uno,  segnato  dal
riconoscimento di uno strumento assicurativo a  tutela  di  posizioni
previdenziali insorte in ambito domestico-familiare, e  l'altro,  che
si collega al welfare statale, contraddistinto dalla creazione di una
rete di servizi di preferenziale accesso e di un sistema di benefici,
anche fiscali, a sostegno dei  cittadini  che,  impegnati  in  favore
delle persone inabili e non  autosufficienti,  vengono  in  tal  modo
sollevati  dalla  stringente  quotidianita'   di   cura   dell'altro,
bisognoso. 
    Il carattere autonomo delle due prospettive di tutela,  che  pure
potrebbero presentare profili  convergenti,  non  consente  a  questa
Corte la individuazione di una soluzione diretta ad alterare l'intero
sistema assicurativo introdotto dalla legge n. 493 del 1999,  che  si
presenta, per i contenuti e le  finalita'  sue  proprie,  come  sopra
esposti, compiuto. Esso denuncia, per i suoi stessi contenuti  -  che
sono connotati da un chiaro aggancio ad una  prestazione  lavorativa,
quella casalinga, sia pure sui generis in  quanto  gratuita  e  senza
vincolo di subordinazione -,  la  propria  appartenenza  alle  tutele
previdenziali, per un meccanismo  diretto  a  precostituire  i  mezzi
necessari a soddisfare bisogni futuri del prestatore di lavoro. 
    Il  dubbio  di  legittimita'  costituzionale   della   rimettente
oggettivamente coinvolge,  invece,  il  diverso  settore  segnato  da
esigenze assistenziali e solidaristiche che rinvengono  soddisfazione
nelle politiche del  welfare  nazionale,  intese  come  complesso  di
iniziative statali e  pubbliche,  in  genere,  volte  a  tutelare  il
benessere della popolazione al fine di migliorarne la vita lavorativa
e privata, garantendo l'accesso alla fruizione dei  servizi  pubblici
essenziali. 
    8.1.2. - Con  il  progressivo  invecchiamento  della  popolazione
all'interno degli Stati europei e l'accresciuto bisogno di assistenza
a lungo  termine,  si  e'  affermato  il  modello  dei  "caregivers",
integrato da figure di familiari ed amici che si  prendono  cura,  in
maniera  gratuita  e  continuativa,  di  una  persona  anziana,   non
autosufficiente e/o disabile. 
    8.1.3.- Il legislatore nazionale ha dato ingresso, con  la  legge
27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio  di  previsione  dello  Stato  per
l'anno finanziario  2018  e  bilancio  pluriennale  per  il  triennio
2018-2020), al  Fondo  per  il  sostegno  del  ruolo  di  cura  e  di
assistenza del caregiver familiare (art. 1, comma 254), nel  contempo
introducendo la figura della persona che assiste e si prende cura del
coniuge, convivente dello stesso sesso, o di  fatto,  del  familiare,
entro il terzo grado, o affine,  non  autosufficiente  per  malattia,
infermita' o disabilita', anche  croniche  e  degenerative,  che  sia
stato riconosciuto invalido perche' bisognoso di assistenza globale e
continua di lunga durata, ai sensi dell'art. 3, comma 3, della  legge
5   febbraio   1992,   n.   104   (Legge-quadro   per   l'assistenza,
l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate), o sia
titolare di indennita' di accompagnamento ai  sensi  della  legge  11
febbraio 1980, n. 18 (Indennita'  di  accompagnamento  agli  invalidi
civili totalmente inabili). 
    Nel tempo sono stati  presentati  vari  disegni  di  legge  (Atto
Senato n. 1461 - XVIII Legislatura; Atti Senato n. 2128 e n.  2266  -
XVII Legislatura) ed una pluralita' di proposte di legge (Atti Camera
n. 3527 e n. 3414 - XVII Legislatura) finalizzati al riconoscimento e
al  sostegno  del  "caregiver  familiare",  in   cui   si   inserisce
l'attribuzione al familiare impegnato nell'assistenza di  una  tutela
previdenziale e di agevolazioni  fiscali,  ed  il  riconoscimento  al
"caregiver" lavoratore del diritto di rimodulare l'orario  di  lavoro
esterno e di scegliere, con preferenza, la sede piu' vicina alla casa
del familiare assistito e l'accesso, per percorsi preferenziali, alle
prestazioni sanitarie. 
    8.1.4.-  A  tali   interventi   si   sono   aggiunte   iniziative
sovranazionali quale, da ultimo,  la  direttiva  (UE)  2019/1158  del
Parlamento europeo e del  Consiglio  del  20  giugno  2019,  relativa
all'equilibrio tra attivita' professionale e  vita  familiare  per  i
genitori e i prestatori di  assistenza  e  che  abroga  la  direttiva
2010/18/UE del Consiglio, adottata sui principi di parita' di  genere
e di equilibrio tra attivita'  professionale  e  vita  familiare,  in
riaffermazione ed elaborazione dei principi del pilastro europeo  dei
diritti sociali, proclamato dal Parlamento europeo, dal  Consiglio  e
dalla Commissione il 17 novembre 2017. 
    Si tratta di temi che, correndo lungo la  comune  direttrice  del
sostegno e della cura, finiscono per accostare - nella convergenza di
ratio delle  correlate  discipline  -  alle  posizioni  dei  soggetti
bisognosi quelle di coloro che gratuitamente prestano assistenza. 
    8.1.5. - E' evidente l'attenzione attribuita da questa  Corte  al
tema della solidarieta' e dell'aiuto destinati  a  valere  anche  tra
generazioni all'interno della famiglia (si leggano in particolare  le
affermazioni di principio sui valori di solidarieta' familiare di cui
alla  sentenza  n.  232  del  2018,  con   cui   si   e'   dichiarata
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 42, comma  5,  del  decreto
legislativo 26  marzo  2001,  n.  151,  recante  «Testo  unico  delle
disposizioni legislative  in  materia  di  tutela  e  sostegno  della
maternita' e della paternita', a norma dell'articolo 15 della legge 8
marzo 2000, n. 53», con ampliamento della platea dei beneficiari  del
congedo straordinario dal lavoro  ivi  previsto  al  figlio  che,  al
momento della presentazione della richiesta, ancora non  conviva  con
il genitore in situazione di disabilita' grave). 
    Cio' non consente, pero', di coniugare lo strumento  assicurativo
di cui alla legge n. 493 del  1999  con  il  piu'  ampio  individuato
contesto. 
    8.1.6.  -  Della  disciplina  dell'indennizzo   assicurativo   si
chiederebbe,  infatti,  nella  richiamata  piu'  ampia  cornice,  una
riforma di sistema, che  amplierebbe  le  categorie  dei  destinatari
implicando scelte discrezionali (quale, ad esempio, la  decisione  se
ad individuare i  soggetti  beneficiati  valgano  le  sole  relazioni
familiari e di parentela - e quali - o, anche, ragioni di amicizia  e
riconoscenza). 
    8.1.7.-  L'esigenza  di  evitarne  un  utilizzo  in   frode   non
consentirebbe l'estensione  incontrollata  della  misura  e  dovrebbe
suggerire,  ad  esempio,  un   obbligo   di   registrazione   per   i
"caregivers", quali fruitori di polizza, che operino per  persone  in
situazione di comprovato bisogno, il tutto per  una  disciplina  gia'
nota a contesti stranieri (si pensi, in particolare, alla  esperienza
tedesca, con la registrazione come "Pflegeperson"  o  persona  dedita
alla cura del familiare o di altra persona - a sua volta  formalmente
inquadrata come persona bisognosa di cosiddetto secondo livello - che
opera presso la propria o altrui abitazione e  che  per  legge  viene
assicurata contro gli infortuni durante tutte le  attivita'  di  cura
svolte, ivi incluse quelle  domestiche,  senza  dover  versare  alcun
contributo, paragrafo 19 dell'undicesimo Libro  del  Codice  Sociale,
SGB XI). 
    8.1.8.-    Resterebbe    poi    da    valutare     l'operativita'
dell'ampliamento della categoria dei  beneficiari  all'interno  della
logica assicurativa che presiede  al  riconoscimento  dell'indennizzo
infortuni ex legge n. 493 del 1999,  in  cui  all'allargamento  della
platea dei destinatari dovrebbe, come rilevato dall'INAIL, conseguire
l'incremento del premio versato in una misura che  avrebbe  l'effetto
di scardinare gli equilibri tra  entrate  ed  uscite  in  un  sistema
guidato, nella gestione  finanziaria,  dall'applicazione  del  metodo
della capitalizzazione dei contributi. 
    8.1.9.- La molteplicita' delle  soluzioni  praticabili  quanto  a
soggetti  e  contesti  assicurabili,  non  contenuta  e  univocamente
veicolata,  nella  sua  composizione,  dalle  esigenze  di  cura   ed
assistenza dell'altro, non  puo'  essere  assunta  come  grandezza  o
misura di riferimento da parte di questa Corte,  con  la  conseguenza
che il sollecitato intervento si denuncia, come tale,  inammissibile,
dovendo invece ricadere sul legislatore  la  scelta  dei  mezzi  piu'
idonei a realizzare la tutela del fine costituzionalmente  necessario
(sentenza n. 151 del 2021). 
    8.1.10.- Nel senso di una conclusione di  inammissibilita'  della
sollevata questione converge la necessita' di operare una  «revisione
organica della materia in esame» nella composizione della  pluralita'
degli   interessi   in   gioco,   altrimenti   affidata   a    scelte
"eccessivamente manipolative" di questa Corte, destinate ad  incidere
sulla stessa funzionalita' dell'assetto  previsto  dalla  norma,  con
conseguenti disarmonie di sistema (sulla necessita' di una  revisione
di sistema quale limite di ammissibilita' della questione con cui  si
solleciti l'intervento della Corte costituzionale:  sentenza  n.  101
del 2022 ed in senso analogo: sentenze n. 143, n.  100  e  n.  1  del
2022; sentenze n. 151, n. 33 e n. 32 del 2021; sentenze n. 80 e n. 47
del 2020 e sentenza n. 23 del 2013). 
    8.2.- Purtuttavia, la doverosa attenzione e sensibilita' ai  temi
della solidarieta' e  dell'aiuto  rispetto  a  posizioni  di  bisogno
segnalati dalla ordinanza di rimessione interpellano questa Corte, in
una diversa prospettiva di  valutazione,  ad  un  forte  richiamo  al
legislatore, affinche' la rete sociale sia rinsaldata  attraverso  la
individuazione dei  piu'  idonei  strumenti  e  delle  piu'  adeguate
modalita' di fruizione delle prestazioni in esame. 
    9.-  Conclusivamente,  le  questioni  sollevate   devono   essere
dichiarate inammissibili. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara   inammissibili    le    questioni    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 6,  comma  2,  lettera  b),  della  legge  3
dicembre 1999, n.  493  (Norme  per  la  tutela  della  salute  nelle
abitazioni e  istituzione  dell'assicurazione  contro  gli  infortuni
domestici), sollevate, in riferimento agli artt. 2, 3, 29, 35,  38  e
117, primo  comma,  della  Costituzione,  dalla  Corte  d'appello  di
Salerno, sezione lavoro, con l'ordinanza in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 5 luglio 2022. 
 
                                F.to: 
                     Giuliano AMATO, Presidente 
                Maria Rosaria SAN GIORGIO, Redattore 
             Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria 
 
    Depositata in Cancelleria il 28 luglio 2022. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA