N. 87 ORDINANZA (Atto di promovimento) 25 marzo 2022
Ordinanza del 25 marzo 2022 del Tribunale di Padova nel procedimento civile promosso da M.O. contro P.N.S.C.S. . Processo del lavoro - Udienza di discussione della causa - Chiamata in causa di un terzo da parte del convenuto - Richiesta al giudice, nella memoria tempestivamente depositata ex art. 416 cod. proc. civ., che, a modifica del decreto emesso ai sensi dell'art. 415, secondo comma, cod. proc. civ., pronunci, entro cinque giorni, un nuovo decreto per la fissazione dell'udienza - Omessa previsione. - Codice di procedura civile, artt. 418, primo comma, e 420, nono comma.(GU n.35 del 31-8-2022 )
IL TRIBUNALE ORDINARIO DI PADOVA Sezione lavoro Il giudice letti gli atti del proc. n. 2382/2020 RG, a scioglimento della riserva assunta all'udienza del 7 marzo 2022, pronunzia la seguente ordinanza di rimessione degli atti alla eccellentissima Corte costituzionale in relazione alla questione di legittimita' costituzionale dell'art. 418, comma primo, codice di procedura civile, e dell'art. 420, nono comma, codice di procedura civile, per eventuale violazione degli articoli 3 e 111, secondo comma, Cost. 1. La rilevanza della questione. Nel presente procedimento di primo grado soggetto al rito del lavoro previsto dagli articoli 413 e seguenti codice di procedura civile, M.O., premesso di lavorare alle dipendenze della convenuta P.N.S.C.S. dal 2000, ha chiesto la condanna di tale sua datrice di lavoro al risarcimento del danno biologico differenziale subito a causa dello svolgimento delle sue mansioni; danno biologico solo parzialmente indennizzatole dall'Inail, il quale ha ravvisato, nella patologia di M.O., l'esistenza di una malattia professionale. A fronte di tale domanda risarcitoria, P.N.S.C.S. si e' tempestivamente costituita in giudizio il 25 febbraio per l'udienza del 7 marzo 2022, chiedendo, nella memoria difensiva, di essere autorizzata a chiamare in causa la propria compagnia di assicurazione, tale A.V. S.p.a., ma omettendo di proporre, in detta memoria, istanza di spostamento dell'udienza di discussione al fine di consentire la chiamata. Alla citato udienza di discussione del 7 marzo 2022, P.N.S.C.S. ha insistito in detta richiesta di chiamare in causa la propria compagnia di assicurazione. M. O. non si e' opposta. Questo giudice si e' riservato di provvedere, dubitando - d'ufficio - della legittimita' costituzionale dell'art. 418, comma primo, codice di procedura civile, e dell'art. 420, nono comma, codice di procedura civile, nella parte in cui non prevedono che, anche nel caso in cui il convenuto intenda chiamare in causa un terzo, egli, a pena di decadenza, debba chiedere al giudice - nella memoria difensiva tempestivamente depositata ex art. 416 codice di procedura civile - che, a modifica del decreto emesso ai sensi dell'art. 415, secondo comma, codice di procedura civile, pronunci, entro cinque giorni, un nuovo decreto per la fissazione dell'udienza. Di qui la presente ordinanza, pronunziata una volta scaduto il termine concesso alle parti al fine di contraddire sulla questione. La rilevanza della questione stessa risiede nel fatto che se, stando alla lettera di dette norme processuali (art. 418, comma primo, c.p.c., ed art. 420, nono comma, codice di procedura civile), non e' necessario che il convenuto, nella propria memoria tempestivamente depositata ai sensi dell'art. 416 codice di procedura civile, chieda al giudice, a pena di decadenza, il differimento dell'udienza di discussione al fine di consentire la chiamata del terzo, allora questo giudice puo' legittimamente differirla ora, all'udienza di discussione. Se invece il convenuto fosse decaduto dalla facolta' di chiedere di chiamare in causa la propria compagnia di assicurazione, non avendo chiesto il differimento dell'udienza nella memoria di costituzione tempestivamente depositata, allora questo giudice non dovrebbe disporre alcun rinvio dell'udienza, rigettando l'istanza di chiamata in causa. 2. La non manifesta infondatezza. Ad avviso di questo il Tribunale, sussiste il dubbio, non manifestamente infondato, che i citati articolo 418, comma primo, e 420, nono comma, codice di procedura civile, siano contrari agli articoli 3 e 111, secondo comma, Cost. Va infatti ricordato che, come accennato, il citato art. 418, primo comma, codice di procedura civile, relativamente alla domanda riconvenzionale, prevede testualmente che «il convenuto che abbia proposta una domanda in via riconvenzionale a norma del secondo comma dell'art. 416 deve, con istanza contenuta nella stessa memoria a pena di decadenza dalla riconvenzionale medesima, chiedere al giudice, che a modifica del decreto di cui al secondo comma dell'art. 415, pronunci, non oltre cinque giorni, un nuovo decreto per la fissazione dell'udienza». Sull'argomento, la giurisprudenza di legittimita' e' pressoche' costante nell'affermare l'inammissibilita', rilevabile d'ufficio ed insanabile, della domanda riconvenzionale la cui formulazione non sia stata accompagnata dall'istanza di spostamento dell'udienza prevista dagli articoli 416 e 418 codice di procedura civile (v. Cassazione 16 novembre 2007, n. 23.815, Cassazione 17 maggio 2005, n. 10.335 e Cass. 24 febbraio 2003, n. 2777). Per quanto riguarda invece la chiamata del terzo da parte del convenuto, l'art. 416 codice di procedura civile non contiene alcun espresso riferimento, ne' alcuna altra norma del rito del lavoro vi si riferisce, all'infuori del citato art. 420 codice di procedura civile, il quale, come noto, disciplina l'udienza di discussione. Il nono comma prevede che «nel caso di chiamata in causa a norma degli articoli 102, secondo comma, 106 e 107, il giudice fissa una nuova udienza e dispone che, entro cinque giorni, siano notificati al terzo il provvedimento nonche' il ricorso introduttivo e l'atto di costituzione del convenuto, osservati i termini di cui ai commi terzo, quinto e sesto, dell'art. 415. Il termine massimo entro quale deve tenersi la nuova udienza decorre dalla pronuncia del provvedimento di fissazione». Cio' nondimeno, anche sul punto la giurisprudenza di legittimita' sostiene costantemente che, nel rito del lavoro, la tardivita' dell'istanza di chiamata in causa del terzo, non formulata dal convenuto nella memoria difensiva prevista dall'art. 416 codice di procedura civile, ma nella prima udienza, deve essere rilevata d'ufficio, sicche' il convenuto stesso, in tale memoria, deve avanzare - a pena di decadenza - anche l'istanza di autorizzazione alla chiamata in causa del terzo. Nel rito del lavoro, le esigenze di concentrazione e speditezza del processo, le quali si configurano come principio di ordine pubblico e di tutela della difesa del chiamato, impongono la tempestivita' della richiesta di chiamata in causa del terzo, la quale deve essere formulata nella memoria difensiva ex art. 416 codice di procedura civile, e non puo' essere avanzata in un momento successivo (v. Cassazione 6 giugno 2008, n. 15.080). E' stato anche precisato che, stante la struttura del processo del lavoro, alla prima udienza la res litigiosa deve essere gia' chiaramente delineata sulla base degli scritti difensivi anteriormente depositati dalle parti, perche' a quella stessa udienza si procede alla immediata trattazione della causa, con il tentativo di conciliazione, con l'interrogatorio delle parti, con l'ammissione dei mezzi di prova e, se possibile, con l'assunzione delle stesse, come previsto dall'art. 420 codice di procedura civile, comma 8, sicche' ove l'istanza di chiamata venisse avanzata alla prima udienza, il meccanismo verrebbe alterato con l'introduzione di una questione pregiudiziale inaspettata dalla controparte e dal giudice, tale da modificare l'ambito della materia in contestazione, quale determinato dagli scritti difensivi. Inoltre, in relazione alla posizione del convenuto, se nella memoria difensiva ex art. 416 codice di procedura civile egli deve prendere posizione precisa, e non generica, in ordine ai fatti affermati dall'attore, e se in essa devono essere contenute tutte le difese, tra queste non puo' non essere compresa l'istanza di chiamata: solo in quell'atto, infatti, il convenuto puo' esporre le ragioni a sostegno, prendere le conclusioni nei confronti del terzo, e dedurre prove a dimostrazione della fondatezza dell'istanza Solo se l'istanza e' contenuta nella memoria di costituzione, che viene depositata dieci giorni prima dell'udienza di discussione, il giudice puo' tempestivamente deciderne l'ammissibilita', autorizzando la chiamata ovvero rigettandola. Invece, una richiesta avanzata per la prima volta solo all'udienza di discussione, costringerebbe necessariamente il giudice alla fissazione di un'altra udienza, cosi' vanificando l'obiettivo di concentrazione del processo perseguita dal legislatore. Se dunque la tempestivita' della richiesta di chiamata attiene alle esigenze del processo, ossia alla concentrazione ed alla speditezza dello stesso, configurandosi come principio di ordine pubblico, ne consegue - conclude la giurisprudenza - che la tardivita' dell'istanza e' rilevabile d'ufficio. Ebbene, alla luce di tale equiparazione effettuata dalla giurisprudenza tra domanda riconvenzionale e chiamata del terzo da parte del convenuto, questo giudice ritiene che - ex citati articoli 3 e 111, secondo comma, Cost. - la stessa disciplina che vige per l'istanza di spostamento dell'udienza in caso di domanda riconvenzionale, debba valere anche in caso di chiamata del terzo da parte del convenuto, con la conseguenza che i predetti articoli 418, comma primo, art. 420, nono comma, codice di procedura civile, non sembrano conformi ai citati parametri costituzionali, laddove non prevedono che il convenuto deve chiedere lo spostamento dell'udienza di discussione, a pena di decadenza, nella memoria di costituzione tempestivamente depositata ai sensi dell'art. 416 codice di procedura civile. Anche in tal caso, infatti, sussistono le stesse esigenze di celerita' e di concentrazione processuale che giustificano la disciplina della domanda riconvenzionale, considerando anche sia la citato parziale equiparazione gia' esistente, a livello giurisprudenziale, tra la tempestivita' della domanda riconvenzionale e quella dell'istanza di chiamata del terzo da parte del convenuto, sia la disciplina di quest'ultima nel rito ordinario di cognizione, essendo noto che, anche in base al secondo comma dell'art. 269 codice di procedura civile, il convenuto che intenda chiamare un terzo in causa deve, a pena di decadenza, farne dichiarazione nella comparsa di risposta e contestualmente chiedere al giudice istruttore lo spostamento della prima udienza allo scopo di consentire la citazione del terzo nel rispetto dei termini dell'art. 163-bis. Il giudice istruttore, entro cinque giorni dalla richiesta, provvede con decreto a fissare la data della nuova udienza. Considerando le eccezionali esigenze di celerita' che caratterizzano notoriamente il rito del lavoro (non soggetto nemmeno alla sospensione feriale dei termini), sembra irragionevole - ex art. 3 Cost. - che per esso operi una disciplina addirittura peggiorativa rispetto al giudizio ordinario di cognizione. Sussiste quindi il dubbio, non manifestamente infondato, che i citati art. 418, comma primo, e 420, nono comma, c.p.c., siano in contrasto con gli articoli 3 e 111, secondo comma, Cost., nella parte in cui non prevedono che, anche nel caso in cui il convenuto intenda chiamare in causa un terzo, egli, a pena di decadenza, debba chiedere al giudice - nella memoria difensiva tempestivamente depositata ex art. 416 c.p.c. - che, a modifica del decreto emesso ai sensi dell'art. 415, secondo comma, c.p.c., pronunci, entro cinque giorni, un nuovo decreto per la fissazione dell'udienza: sembra esservi un'ingiustificata disparita' di trattamento rispetto alla disciplina della domanda riconvenzionale, nonche' la violazione del principio della durata ragionevole del processo, atteso che non si capisce per quale motivo, il nono comma dell'art. 420 c.p.c., preveda che il differimento dell'udienza debba essere disposto dal giudice solo all'udienza di discussione, con inaccettabile allungamento dei tempi processuali. Ne' appare possibile procedere ad una interpretazione costituzionalmente orientata del citato nono comma dell'art. 420 codice di procedura civile, tassativamente esclusa dal suo insuperabile tenore letterale, che consente al giudice di provvedere sulla istanza di chiamata in causa proposta dal convenuto, solo all'udienza di discussione.
P.Q.M. Il Tribunale ordinario di Padova, sezione lavoro, visto l'art. 134 Cost., e gli articoli 23 e seguenti della legge 11 marzo 1957, n. 87, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale - con riferimento agli articoli 3 e 111, secondo comma, Cost. - degli articoli 418, comma primo, e 420, nono comma, codice di procedura civile nella parte in cui non prevedono che, nel caso in cui il convenuto intenda chiamare in causa un terzo, egli, a pena di decadenza, debba chiedere al giudice - nella memoria difensiva tempestivamente depositata ex art. 416 codice di procedura civile - che, a modifica del decreto emesso ai sensi dell'art. 415, secondo comma, codice di procedura civile, pronunci, entro cinque giorni, un nuovo decreto per la fissazione dell'udienza. Dispone la immediata trasmissione degli atti e della presente ordinanza, comprensivi della documentazione attestante il perfezionamento delle prescritte comunicazioni e notificazioni, alla eccellentissima Corte costituzionale e sospende il giudizio. Manda la cancelleria per la notificazione della presente ordinanza alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' per la sua comunicazione ai presidenti delle due Camere del Parlamento. Padova, 25 marzo 2022 Il giudice: Beghini