N. 94 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 febbraio 2022

Ordinanza del 3 febbraio 2022 della Corte  d'appello  di  Napoli  nel
procedimento  civile  promosso  Barrella  Antonio  ed  altri   contro
Metronotte Group srl. 
 
Lavoro - Contratto collettivo di lavoro -  Sottoscrizione  a  livello
  aziendale o territoriale da parte di  associazioni  dei  lavoratori
  comparativamente  piu'  rappresentative  sul  piano   nazionale   o
  territoriale ovvero dalle loro rappresentanze sindacali operanti in
  azienda - Realizzazione  di  specifiche  intese  -  Previsione  che
  estende l'efficacia dei contratti  aziendali  o  di  prossimita'  a
  tutti  i  lavoratori  interessati,  anche  se  non  firmatari   del
  contratto  o  appartenenti  a  un  sindacato  non  firmatario   del
  contratto collettivo. 
- Decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti  per
  la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito,  con
  modificazioni, nella legge 14 settembre 2011, n. 148, art. 8. 
(GU n.37 del 14-9-2022 )
 
                          CORTE DI APPELLO 
                              di Napoli 
 
    La Corte di appello di Napoli composta dai magistrati: 
        1) dott.ssa Raffaella Genovese - Presidente; 
        2) dott. Piero Francesco De Pietro - consigliere rel.; 
        3) dott.ssa Anna Rita Motti - consigliere, 
    All'udienza del  3  febbraio  2022  ha  pronunciato  la  seguente
ordinanza nella causa 1102  r.g.a.c  per  l'anno  2020  tra  Barrella
Antonio + 7 e Metronotte Group srl. 
    Rilevato che in data 9 giugno 2020  gli  appellanti  indicati  in
epigrafe proponevano appello avverso la  sentenza  del  Tribunale  di
Napoli che aveva rigettato  le  loro  richieste  di  pagamento  delle
differenze retributive per scatti  di  anzianita',  ferie,  ed  altri
istituti retributivi; che l'appello e' fondato sul motivo  principale
che le differenze retributive richieste  non  erano  state  accordate
perche' un accordo di prossimita', firmato da un  sindacato  ritenuto
maggiormente rappresentativo e il datore di lavoro,  aveva  stabilito
un peggioramento delle condizioni economiche dei lavoratori; 
    Che l'accordo di prossimita' era relativo al triennio 2016 - 2019
sulla base dell'art. 8, decreto-legge n. 138 del 2011  convertito  in
legge n. 148/2011 ed aveva efficacia  erga  omnes  nei  confronti  di
tutti i lavoratori interessati anche degli appellanti; 
    Che  gli  appellanti  avevano  aderito  ad  altro  sindacato  non
firmatario dell'accordo di prossimita'; 
    Che in data 30 dicembre 2018 avevano, tramite il loro  sindacato,
disdettato gli accordi di prossimita' del triennio 2016/2019; 
    Che in data 29 ottobre 2019 il  sindacato  Cisal  firmatario  del
primo accordo di prossimita' aveva disdettato lo stesso; 
    Che in data 7 febbraio 2020 il  sindacato  prima  indicato  aveva
deciso di stipulare un  nuovo  contratto  di  prossimita'  avente  lo
stesso contenuto dell'accordo di prossimita' prima disdettato; 
    Che  tale  proroga  non  era  conosciuta  dai  lavoratori  e   in
particolare dagli appellanti; 
    Che la disciplina peggiorativa delle condizioni di  lavoro  e  di
retribuzione rispetto alla Ccnl del settore era stata mantenuta nella
sua interezza; 
    Che  gli  appellanti  erano  non  firmatari  dell'accordo  del  7
febbraio 2020 sia individualmente che tramite il loro sindacato; 
    Che il giudice di  prime  cure  aveva  ritenuto  che  sulla  base
dell'art. 8, decreto-legge n. 138 del 2011 convertito in legge n. 148
del  2011,  la  disciplina  contrattuale  si  estendesse   anche   ai
ricorrenti nonostante la disdetta e  la  mancata  firma  nei  termini
prima esposti; 
    Che la controversia, anche in appello, non puo' essere decisa  se
non attraverso l'interpretazione e  l'applicazione  dell'art.  8  del
decreto-legge n. 138 del 2011 in quanto il  contratto  collettivo  di
prossimita' puo' derogare al Ccnl e si estende a tutti  i  lavoratori
interessati indipendentemente dal loro consenso  e  di  quello  delle
organizzazioni  sindacali  di  appartenenza  sulla  base  del   detto
articolo che recita «i contratti collettivi di lavoro sottoscritti  a
livello aziendale  o  territoriale  da  associazioni  dei  lavoratori
comparativamente piu' rappresentative in azienda sul piano  nazionale
o territoriale ovvero da loro rappresentanze  sindacali  operanti  in
azienda  ai  sensi  della  normativa  di  legge   e   degli   accordi
interconfederali vigenti, compreso l'accordo interconfederale del  28
giugno 2011, possono realizzare specifiche intese con  efficacia  nei
confronti di tutti i lavoratori interessati a  condizione  di  essere
sottoscritti sulla base di un criterio  maggioritario  relativo  alle
predette   rappresentanze   sindacali   finalizzate   alla   maggiore
occupazione ecc; 
    Che il sindacato firmario del contratto di prossimita', la  Cisal
Si.Nalv e' un sindacato maggiormente rappresentativo come  stabilisce
la nota in atti della Presidenza del Consiglio; 
    Che detto  sindacato  e'  membro  del  Cnel  ed  ha  una  propria
rappresentanza sindacale nell'azienda; 
    Che la Corte di cassazione non ha mai ritenuto tale sindacato non
avente   i   requisiti   per    essere    considerato    maggiormente
rappresentativo; 
    Che l'accordo di prossimita' era volto ad aumentare l'occupazione
e  a  rendere  sempre  piu'  competitiva   l'azienda   al   fine   di
salvaguardare i livelli occupazionali e quindi era conforme  ai  fini
della norma in esame anche se peggiorava le condizioni di  lavoro  ed
economiche dei lavoratori; 
    In  definitiva  l'accordo  era   conforme   all'   art.   8   del
decreto-legge n. 138 del 2011 convertito in legge n. 148/2011 ed  era
stato  correttamente  esteso  anche  agli  appellanti   che   avevano
disdettato il primo accordo e non facevano piu' parte, al momento del
secondo accordo, del sindacato firmatario ma di un altro sindacato. 
    Pertanto la  verifica  della  legittimita'  costituzionale  della
norma richiamata e' rilevante e fondamentale ai fini della  decisione
della causa. 
    Circa  la  non  manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita' costituzionale, la Corte di appello osserva che la legge
mentovata viola in primo luogo gli articoli 2 e 39, primo comma della
Costituzione. 
    Il primo comma dell'art  39  della  Costituzione  stabilisce  che
«L'organizzazione sindacale e' libera». L'art. 2 della Costituzione a
sua volta afferma che «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti
inviolabili dell'uomo sia come singolo sia nelle  formazioni  sociali
ove si svolge la  sua  personalita',  e  richiede  l'adempimento  dei
doveri inderogabili di solidarieta' politica, economica e sociale.» 
    Quindi la liberta' di organizzazione sindacale  e'  tutelata  non
solo espressamente dall'art. 39, comma 1 ma anche dall'art.  2  della
Costituzione laddove garantisce lo  sviluppo  della  personalita'  di
ogni cittadino all'interno delle formazioni sociali di cui  fa  parte
certamente il sindacato. 
    Il concetto di liberta' dell'organizzazione sindacale attiene non
solo  al  divieto   del   monopolio   dell'organizzazione   sindacale
attribuito per legge ad una sola  di  esse  anche  in  rappresentanza
legale dei non iscritti come  avveniva  nell'ordinamento  fascista  -
corporativo ma anche ad altre accezioni. 
    In particolare la liberta' di organizzazione sindacale va  intesa
come la liberta' di costituire organizzazioni sindacali collettive  e
anche come liberta' del singolo lavoratore sia di aderire alle  varie
organizzazioni sindacali sia di non aderire. 
    Se, invece, un accordo di prossimita' si  estende  erga  omnes  a
tutti i lavoratori interessati indipendentemente dalla loro  adesione
al sindacato firmatario, la liberta' sindacale del singolo di aderire
ad un altro sindacato non firmatario viene conculcata perche' diviene
irrilevante. 
    Dovra' accettare  la  disciplina  contrattuale  stabilita  da  un
sindacato cui non appartiene ed semmai in contrasto con le sue idee e
interessi. 
    Ma la liberta' sindacale e' violata anche da  lato  della  tutela
del sindacato non firmatario che vedra' esposto a  delle  conseguenze
pregiudizievoli  i   propri   iscritti   e   la   propria   capacita'
organizzativa non solo  perche'  non  e'  necessaria  ad  un  accordo
sindacale ma perche' puo' essere considerata tamquam non esset  anche
in caso di accordi firmati a livello nazionale. 
    Infatti l'accordo di prossimita' per legge, sempre l'art. 8, puo'
derogare sia alle leggi che alla contrattazione collettiva. 
    Stabilisce il comma 2-bis dell'art.  8  che  «fermo  restando  il
rispetto  della  Costituzione,  nonche'  i  vincoli  derivanti  dalle
normative comunitarie e dalle convenzioni internazionali sul  lavoro,
le specifiche intese di cui al comma 1 operano anche in  deroga  alle
disposizioni di legge che  disciplinano  le  materie  richiamate  dal
comma 2 ed alle relative  regolamentazioni  contenute  nei  contratti
collettivi  nazionali  di  lavoro».   Quindi   un   sindacato   anche
maggiormente rappresentativo di  quello  firmatario  dell'accordo  di
prossimita', firmatario  a  sua  volta  di  un  contratto  collettivo
nazionale,  come  nel  caso  di  specie,  vedrebbe  caducata  la  sua
attivita' organizzativa a tutela dei suoi iscritti da accordo firmato
da un sindacato in azienda. 
    La sua liberta' organizzativa nelle accezioni diverse  da  quelle
del  controllo  dello  Stato  sull'organizzazione  sindacale   stessa
verrebbe meno  perche'  si  avrebbe  il  monopolio  della  disciplina
contrattuale da parte di un solo  sindacato  con  effetti  anche  nei
confronti degli altri sindacati e lavoratori anche non iscritti. 
    Infine la norma in questione si pone in contrasto con l'art.  39,
comma IV della Costituzione che stabilisce l'efficacia erga omnes dei
contratti collettivi stipulati dai sindacati a condizione che essi si
registrino e acquisiscano la personalita' giuridica. Tale  condizione
non si  e'  verificata  in  Italia  per  varie  ragioni  che  non  e'
conferente qui esaminare e cio' riguarda anche  la  Cisal  firmataria
del contratto di prossimita'  applicato  alla  fattispecie  in  esame
davanti a questa Corte. 
    Con la normativa all'esame della Corte costituzionale si  avrebbe
tale effetto come e' accaduto nel caso scrutinato da questa Corte per
espressa previsione legislativa. 
    Va sottolineato che l'art. 39,  comma  IV  fa  riferimento  «alle
categorie  alle  quali  il  contratto   si   riferisce»   mentre   la
contrattazione in questione e' aziendale. Tuttavia non solo l'uso del
plurale (categorie) ma anche  la  ratio  della  norma  costituzionale
vuole impedire, se non attraverso il rispetto della condizione  della
registrazione, che una libera organizzazione sindacale possa  dettare
le regole per tutte le altre con uno statuto e un  regime  del  tutto
privatistico cui non  e'  dato  a  nessuno  di  verificare  alcunche'
dell'organizzazione stessa. 
    Inoltre la Corte costituzionale ha affermato con la  sentenza  n.
268 del 1994 che «Cosi' precisato il significato dell'art.  5,  comma
1, gli accordi sindacali che stabiliscono i  criteri  di  scelta  dei
lavoratori da collocare in mobilita' non appartengono alla specie dei
contratti collettivi  normativi,  i  soli  contemplati  dall'art.  39
Costituzione, destinati a regolare i rapporti (individuali) di lavoro
di una o piu'  categorie  professionali  o  di  una  o  piu'  singole
imprese». 
    Di conseguenza l'art. 39, comma IV della Costituzione non  limita
l'efficacia erga  omnes  ai  contratti  collettivi  relativi  ad  una
categoria di lavoratori ma l'estende anche a quelli  di  una  o  piu'
imprese e quindi anche a quelli nazionali o aziendali. 
    Con un'altra sentenza pero', la 106 del 1962,  il  giudice  delle
leggi esprime un'interpretazione dell'art. 39 Costituzione da cui non
si puo'  prescindere  e  che  costituisce  un  punto  di  riferimento
ineludibile e insuperabile per il legislatore. 
    Afferma la Corte costituzionale in modo chiarissimo «L'  art.  39
pone due principi, che possono intitolarsi alla liberta' sindacale  e
alla autonomia collettiva professionale. Col primo si garantiscono la
liberta' dei cittadini di organizzarsi in  sindacati  e  la  liberta'
delle associazioni che ne derivano; con l'altro  si  garantisce  alle
associazioni sindacali di  regolare  i  conflitti  di  interessi  che
sorgono tra le contrapposte categorie mediante il contratto, al quale
poi si riconosce efficacia obbligatoria erga omnes, una volta che sia
stipulato in conformita' di una determinata procedura e  da  soggetti
forniti di determinati requisiti. 
    Una legge,  la  quale  cercasse  di  conseguire  questo  medesimo
risultato della  dilatazione  ed  estensione,  che  e'  una  tendenza
propria  della  natura  del  contratto  collettivo,   a   tutti   gli
appartenenti alla categoria alla quale il contratto si riferisce,  in
maniera diversa da  quella  stabilita  dal  precetto  costituzionale,
sarebbe palesemente illegittima. 
    Ne' si puo' dire che la questione di costituzionalita', posta  in
questi  termini,  possa  essere  superata  col  richiamo  alla  norma
contenuta nel primo comma dell'art. 36 della Costituzione. Al di  la'
della intitolazione della legge e delle intenzioni che il legislatore
si e' attribuito, o che sono state attribuite al legislatore, vale la
realta' delle norme contenute nella legge di delegazione  e  il  modo
col quale la delegazione e' stata esercitata:  l'una  e  l'altro  non
lasciano dubbi sul fatto che la legge abbia  inteso  di  conferire  e
abbia in effetti conferito efficacia generale a contratti  collettivi
e ad accordi economici con forme e  procedimento  diversi  da  quelli
previsti dall'art. 39 della Costituzione. 
    5. - Senonche, la Corte non puo'  ignorare  che  le  forme  e  il
procedimento previsti dalle  norme  costituzionali  non  sono  ancora
applicabili.  La  Corte  non  deve  ricercare  i  motivi  di   questa
inadempienza costituzionale, ma non  puo'  non  prendere  atto  della
carenza legislativa che  ne  deriva  e  delle  conseguenze  che  essa
provoca nel campo dei rapporti di lavoro.  In  questa  situazione  la
legge impugnata assume il significato e compie  la  funzione  di  una
legge transitoria, provvisoria ed eccezionale, rivolta a regolare una
situazione passata e a tutelare l'interesse pubblico della parita' di
trattamento dei lavoratori e dei datori di lavoro. In questo senso, e
soltanto in questo senso, puo' ritenersi fondata  l'osservazione  che
ricorre ripetutamente nelle difese svolte davanti alla Corte, che con
la legge impugnata non si  sia  voluto  dare  attuazione  al  sistema
previsto dall'art. 39 della Costituzione, del quale,  anzi,  si  puo'
aggiungere,  si  presuppone  imminente  l'attuazione.  Del  che  pare
conferma la norma contenuta nell'art. 7, secondo  comma,  che  limita
l'efficacia delle norme delegate fino al momento  in  cui  non  siano
intervenuti accordi e contratti validi  per  tutti  gli  appartenenti
alla categoria: sicche' si puo' dire che la legge miri a collegare il
regime dei contratti di diritto comune con l'altro dei contratti  con
efficacia  generale,  a  mezzo   di   un   regolamento   transitorio:
circostanza che la pone al riparo dal contrasto con l'art.  39  della
Costituzione. 
    6. -  Ma  queste  medesime  ragioni,  che  inducono  la  Corte  a
dichiarare non fondata la questione  di  legittimita'  costituzionale
della  legge  14  luglio  1959,  n.  741,  impongono,  viceversa,  di
dichiarare l'illegittimita' costituzionale  della  legge  1º  ottobre
1960, n. 1027: piu' esattamente, dell'art.  1  di  questa  legge,  il
quale conferisce al Governo il potere di emanare norme uniformi  alle
clausole degli accordi economici e dei contratti collettivi stipulati
entro i dieci mesi successivi alla data di entrata  in  vigore  della
richiamata legge n. 741. Questa norma, infatti, estende il  campo  di
applicazione della delega oltre la data  del  3  ottobre  1959  e  ne
allarga l'efficacia agli accordi e ai contratti stipulati dopo questa
data. Da ritenere, infatti, che anche  una  sola  reiterazione  della
delega (a tale riducendosi la  proroga  prevista  dall'art.  1  della
legge impugnata), toglie alla legge i caratteri della  transitorieta'
e dell'eccezionalita' che consentono di dichiarare  insussistente  la
pretesa  violazione  del  precetto  costituzionale  e   finisce   col
sostituire al sistema costituzionale un altro sistema arbitrariamente
costruito dal legislatore e pertanto illegittimo. 
    La Corte mette dei precisi paletti e  delimita  il  perimetro  di
intervento del legislatore in materia di  efficacia  erga  omnes  dei
contratti collettivi in assenza dell'attuazione dell'art.  39,  comma
IV della Costituzione e cioe' la transitorieta', la provvisorieta'  e
l'eccezionalita'. 
    Quest'ultimo requisito pero' non deve intendersi  non  solo  come
deroga a delle norme di legge o  alla  contrattazione  collettiva  ma
anche nel senso che il legislatore  una  tantum  puo'  far  estendere
l'efficacia dei contratti collettivi a  tutti  i  lavoratori  cui  si
riferisce il contratto collettivo stesso. 
    Inoltre la Corte costituzionale legittima estensione erga  omnnes
perche' la legge allora sospettata di incostituzionalita' era rivolta
a regolare una situazione passata e a tutelare  l'interesse  pubblico
alla parita' di trattamento dei lavoratori e dei datori di lavoro. 
    Quando una norma di legge non ha queste caratteristiche e  svolge
la  funzione  di  estendere  erga  omnes  l'efficacia  dei  contratti
collettivi di diritto comune e'  chiaramente  incostituzionale  tanto
poi lo stesso giudice  delle  leggi  ha  dichiarato  incostituzionale
nella stessa sentenza un'altra legge portata al  suo  esame  che  non
aveva i predetti requisiti come si evince dai passi della motivazione
prima riportati. 
    L'art. 8 del decreto-legge n. 138 del 2001 convertito nella legge
n. 148 del 2011  non  e'  affatto  provvisorio  ne'  transitorio  ne'
eccezionale nel senso  prima  indicato  ma  regola  e  disciplina  la
contrattazione  collettiva  di  prossimita'  attribuendole  in   modo
permanente e ordinario efficacia erga omnes anche  in  violazione  di
norme di legge di tutela dei diritti dei  lavoratori  e  non  rivolta
alla parita' di trattamento ne' a regolare una situazione passata. 
    Anzi al contrario, sancisce  la  possibilita'  di  disparita'  di
trattamento,  anche  in  pejus  tra  lavoratori,  e  non  regola  una
situazione passata ma dispone per l'avvenire come tutte le  norme  di
legge tranne le note eccezioni. 
    Ne' a diverse conclusioni si puo' giungere sulla  base  di  altre
due sentenze della Corte costituzionale la numero 309  del  1997  che
riguarda il pubblico impiego privatizzato e la numero  221  del  2012
che invece era relativa ad un conflitto di attribuzione  rispetto  al
quale la tematica dell'art. 39, comma IV era del tutto estranea e non
era stato affrontato dalla Corte costituzionale in rapporto  all'art.
8 della legge in esame. 
    Anche nella sentenza n. 309 del 1997, la Corte costituzionale  ha
ritenuto che le norme di legge sottoposte al suo  esame,  l'art.  45,
commi 2,7, e 9 e art. 49, comma 2 del decreto legislativo n.  29  del
1993 non realizzassero un meccanismo di  efficacia  erga  omnes  alla
contrattazione collettiva nel pubblico impiego ma si collocavano  sul
distinto piano delle conseguenze che ne derivavano nel  rapporto  tra
pubblica amministrazione e dipendenti. 
    Tutto cio' premesso. 
 
                               P.Q.M. 
 
    La Corte di appello  di  Napoli  verificata  la  rilevanza  della
applicazione dell'art. 8 del decreto-legge 13  agosto  2011,  n.  138
convertito in legge 14 settembre  2011,  n.  148  nella  controversia
portata al suo esame 
    Solleva questione  di  legittimita'  costituzionale  della  detta
norma per violazione  degli  articoli  2  e  39,  comma  primo  della
Costituzione nonche' art. 39, comma IV della Costituzione nella parte
in cui estende l'efficacia dei contratti aziendali o di prossimita' a
tutti i lavoratori interessati anche se non firmatari del contratto o
appartenenti ad un sindacato non firmatario del contratto collettivo. 
    Dispone  la  immediata  trasmissione  degli   atti   alla   Corte
costituzionale e sospende il processo in corso. 
    Dispone  la  notifica  della  presente   ordinanza   alle   parti
costituite nonche' alla Presidenza del Consiglio dei ministeri. 
    Dispone la comunicazione della presente ordinanza alla Presidente
del Senato e al Presidente della Camera. 
    Napoli, 3 febbraio 2022 
 
                       La Presidente: Genovese