N. 48 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 26 luglio 2022
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 26 luglio 2022 (del Presidente del Consiglio dei ministri). Bilancio e contabilita' pubblica - Copertura finanziaria - Norme della Regione Siciliana - Legge di stabilita' regionale per il triennio 2022-2024 - Rideterminazione, per ciascuno degli esercizi finanziari dal 2022 al 2038, dell'autorizzazione di spesa di cui al comma 21 dell'art. 3 della legge reg. n. 27 del 2016. Bilancio e contabilita' pubblica - Impiego pubblico - Norme della Regione Siciliana - Legge di stabilita' regionale per il triennio 2022-2024 - Incremento delle risorse destinate ai fondi per i trattamenti accessori del personale dell'Amministrazione regionale - Integrazione, ai fini della modifica del sistema di classificazione del personale, delle risorse gia' stanziate per il rinnovo contrattuale del personale del comparto non dirigenziale. Paesaggio - Autorizzazione paesaggistica - Norme della Regione Siciliana - Legge di stabilita' regionale per il triennio 2022-2024 - Modifiche all'art. 25 della legge reg. n. 16 del 2016 - Procedimento per la regolarizzazione di concessioni edilizie rilasciate in assenza di autorizzazione paesaggistica - Applicazione a condizione che le istanze di concessione siano state presentate al Comune di competenza anteriormente alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Regione del decreto istitutivo del vincolo di cui all'art. 140 del d.lgs. n. 42 del 2004. Bilancio e contabilita' pubblica - Copertura finanziaria - Norme della Regione Siciliana - Legge di stabilita' regionale per il triennio 2022-2024 - Copertura degli oneri finanziari derivanti dalla legge reg. n. 8 del 2022 (Istituzione della giornata della memoria dell'eruzione dell'Etna del 1669). Impiego pubblico - Impiego regionale - Norme della Regione Siciliana - Legge di stabilita' regionale per il triennio 2022-2024 - Estensione ai dipendenti regionali in quiescenza delle disposizioni di cui all'art. 23 del decreto-legge n. 4 del 2019, convertito, con modificazioni, nella legge n. 26 del 2019 - Previsione che consente l'erogazione dell'anticipo del TFS o del TFR anche per il tramite di Irfis-FinSicilia S.p.A. Bilancio e contabilita' pubblica - Norme della Regione Siciliana - Legge di stabilita' regionale per il triennio 2022-2024 - Autorizzazione di spesa in favore del Comune di Sciacca destinata al pagamento delle imposte comunali ICI/IMU relative al procedimento di liquidazione della fondazione "Pardo". Paesaggio - Demanio e patrimonio dello Stato e delle Regioni - Norme della Regione Siciliana - Legge di stabilita' regionale per il triennio 2022-2024 - Modifiche all'art. 1 della legge reg. n. 15 del 2005 - Opere connesse all'esercizio di attivita' nei beni demaniali marittimi - Applicazione della disciplina prevista per le opere ed impianti destinati alla diretta fruizione del mare. Bilancio e contabilita' pubblica - Impiego pubblico - Norme della Regione Siciliana - Legge di stabilita' regionale per il triennio 2022-2024 - Procedure di reclutamento, da parte dei Comuni, coerentemente ai piani di fabbisogno, per l'assunzione a tempo indeterminato di assistenti sociali. Impiego pubblico - Impiego regionale - Norme della Regione Siciliana - Legge di stabilita' regionale per il triennio 2022-2024 - Modifiche alla legge reg. n. 9 del 2021 - Modificazioni di norme concernenti le modalita' attuative, la quantificazione e la copertura finanziaria delle misure di stabilizzazione e di fuoriuscita del personale utilizzato in attivita' socialmente utili (ASU) - Previsione riguardante le condizioni per la riammissione nell'elenco di cui all'art. 30, comma 1, della legge reg. n. 5 del 2014. Edilizia e urbanistica - Titoli edilizi - Norme della Regione Siciliana - Legge di stabilita' regionale per il triennio 2022-2024 - Abrogazione della lettera b) del comma 1 dell'art. 2 della legge reg. n. 2 del 2022, modificativa dell'art. 5 della legge reg. n. 16 del 2016 - Interventi subordinati a permesso di costruire - Abrogazione della previsione che limitava sotto il profilo temporale la portata degli interventi di recupero abitativo realizzati in deroga alle disposizioni vigenti. Bilancio e contabilita' pubblica - Copertura finanziaria - Norme della Regione Siciliana - Legge di stabilita' regionale per il triennio 2022-2024 - Modifiche all'art. 55 della legge reg. n. 3 del 2016 - Estensione ai soci delle cooperative agricole, che hanno favorevolmente ottenuto i benefici di cui all'art. 179 cod. pen., dei benefici, previsti dall'art. 2, comma 1, della legge reg. n. 37 del 1994, riguardanti l'assunzione a carico della Regione delle garanzie prestate da tali soggetti in favore delle cooperative. Sanita' pubblica - Dirigenza sanitaria - Norme della Regione Siciliana - Legge di stabilita' regionale per il triennio 2022-2024 - Modifiche all'art. 122 della legge reg. n. 2 del 2002 - Requisiti per l'iscrizione negli elenchi regionali degli idonei alla direzione amministrativa delle aziende sanitarie regionali - Possesso di comprovata esperienza nella qualifica di dirigente, almeno quinquennale, nel settore sanitario o settennale in altri settori. Sanita' pubblica - Autorizzazione e accreditamento di strutture sanitarie - Norme della Regione Siciliana - Legge di stabilita' regionale per il triennio 2022-2024 - Modalita' di calcolo, per l'anno 2022, dei trasferimenti extrabudget in favore dei soggetti convenzionati con il Servizio sanitario regionale - Possibilita' per le strutture pubbliche e private accreditate eroganti prestazioni specialistiche e di diagnostica di laboratorio di raggiungere gli standard organizzativi e di personale, richiesti dall'art. 29, comma 1, del decreto-legge n. 73 del 2021, convertito, con modificazioni, nella legge n. 106 del 2021, anche attraverso la costituzione di reti di impresa. Bilancio e contabilita' pubblica - Impiego pubblico - Norme della Regione Siciliana - Legge di stabilita' regionale per il triennio 2022-2024 - Modifiche all'art. 60, comma 1, della legge reg. n. 9 del 2021 - Assunzioni di personale a tempo indeterminato presso i consorzi di bonifica - Riferimento al limite massimo del 50 per cento dei posti resisi vacanti al 31 dicembre 2021- Copertura degli oneri finanziari. Bilancio e contabilita' pubblica - Sanita' pubblica - Norme della Regione Siciliana - Legge di stabilita' regionale per il triennio 2022-2024 - Riconoscimento dell'Istituto zootecnico sperimentale per la Sicilia quale ente di ricerca della Regione. Impiego pubblico - Impiego regionale - Norme della Regione Siciliana - Legge di stabilita' regionale per il triennio 2022-2024 - Modifiche all'art. 12 della legge reg. n. 9 del 2021 - Assunzioni di personale dirigenziale a tempo determinato - Abrogazione del limite del venti per cento per l'assegnazione, da parte della Regione, del personale contrattualizzato, in distacco, presso enti locali e Comuni. Edilizia e urbanistica - Paesaggio - Norme della Regione Siciliana - Legge di stabilita' regionale per il triennio 2022-2024 - Modifiche all'art. 54, comma 6, della legge reg. n. 19 del 2020 - Norme per il governo del territorio - Misure di salvaguardia - Proroga delle misure di salvaguardia adottate dai Comuni, anteriormente all'entrata in vigore della legge reg. n. 19 del 2020, fino alla data di entrata in vigore del Piano Territoriale Regionale (P.T.R.) e comunque non oltre tre anni dalla loro entrata in vigore. Sanita' pubblica - Impiego pubblico - Norme della Regione Siciliana - Legge di stabilita' regionale per il triennio 2022-2024 - Stabilizzazione di personale precario del ruolo sanitario, tecnico e amministrativo assunto a tempo determinato - Individuazione di presupposti e criteri. Edilizia e urbanistica - Titoli edilizi - Norme della Regione Siciliana - Legge di stabilita' regionale per il triennio 2022-2024 - Modifiche all'art. 49 della legge reg. n. 16 del 2017 - Proroga fino al 31 dicembre 2025 del termine di ultimazione dei lavori rispetto ai quali i permessi a costruire siano stati rilasciati prima della pubblicazione della legge reg. n. 16 del 2016 e per i quali sia stato comunicato l'inizio dei lavori. Bilancio e contabilita' pubblica - Copertura finanziaria - Norme della Regione Siciliana - Legge di stabilita' regionale per il triennio 2022-2024 - Estensione delle disposizioni di cui all'art. 1, comma 1, della legge reg. n. 7 del 2004 recanti interventi a favore dei figli delle vittime del disastro aereo di Montagna Longa anche al disastro aereo verificatosi in Etiopia il 10 marzo 2019. Bilancio e contabilita' pubblica - Copertura finanziaria - Norme della Regione Siciliana - Legge di stabilita' regionale per il triennio 2022-2024 - Rideterminazione del limite massimo dell'autorizzazione di spesa di cui all'art. 13 della legge reg. n. 9 del 2021 (Stabilizzazione personale ex dipartimento foreste). - Legge della Regione Siciliana 25 maggio 2022, n. 13 (Legge di stabilita' regionale 2022-2024), intero testo e, in ogni caso, artt. 3, commi 1 e 2; 12, commi 11 e 58; 13, commi 6, 14, 15, 21, 22, 32, 50, 53, 55, 57, 58, 68, 90, 91 e 93; 14, commi 19, 20 e 21; 15, comma 6; e 18, comma 5.(GU n.38 del 21-9-2022 )
Ricorso ai sensi dell'art. 127 della Costituzione per il Presidente del Consiglio dei ministri (codice fiscale n. 80188230587), in persona del Presidente del Consiglio pro tempore, rappresentato e difeso in virtu' di legge dall'Avvocatura Generale dello Stato (fax: 06/96514000; indirizzo PEC: ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it), presso i cui uffici e' legalmente domiciliato in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12; contro la Regione Siciliana (codice fiscale n. 80012000826), in persona del Presidente pro tempore della Giunta provinciale, con sede a Palermo in piazza Indipendenza n. 21 presso il Palazzo D'Orleans e con domicilio digitale presso i seguenti indirizzi PEC tratti dal registro «IPA»: segreteria.generale@certmail.regione.sicilia.it e presidente@certmail.regione.sicilia.it; per la declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'intera legge della Regione Siciliana 25 maggio 2022, n. 13, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana 28 maggio 2022, n. 24, giusta deliberazione del Consiglio dei ministri assunta nella seduta del giorno 22 luglio 2022, in quanto priva di adeguata copertura finanziaria, e - in ogni caso - degli articoli 3, commi 1 e 2, 12, commi 11 e 58, 13, commi 6, 14, 15, 21, 22, 32, 50, 53, 55, 57, 58, 68, 90, 91 e 93, 14, commi 19, 20 e 21, 15, comma 6, e 18, comma 5, in quanto eccedono dalle competenze riservate alla Regione Siciliana dallo Statuto di autonomia e violano numerose norme e principi costituzionali. Premesse di fatto Sulla Gazzetta ufficiale della Regione Siciliana n. 24 del 28 maggio 2022 e' stata pubblicata la legge regionale n. 13 del 25 maggio 2022, intitolata «Legge di stabilita' regionale 2022-2024». L'intera legge e, comunque, le disposizioni indicate in epigrafe violano norme e principi costituzionali direttamente applicabili anche alle autonomie speciali eccedendo dalle competenze attribuite alla Regione Siciliana dallo Statuto speciale di autonomia approvato con il regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, e successive modifiche e integrazioni. Pertanto, l'intera legge e, comunque, le suddette disposizioni vengono impugnate con il presente ricorso ex art. 127 della Costituzione, affinche' ne sia dichiarata l'illegittimita' costituzionale e ne sia pronunciato il conseguente annullamento per i seguenti Motivi di diritto I - Art. 18, comma 5 In premessa, si censura l'illegittimita' costituzionale dell'intera legge regionale impugnata, stante l'inadeguatezza della copertura finanziaria indicata dall'art. 18, comma 5. Ed invero, tale articolo ridetermina in diminuzione, per ciascuno degli esercizi finanziari dal 2022 al 2038, l'importo dell'autorizzazione di spesa della Missione 20, Programma 3, capitolo 215754, relativo al Fondo per garantire i percorsi di stabilizzazione, che si riduce, pertanto, a 184.682 migliaia di euro. La relativa riduzione di spesa risulta tra le fonti di copertura degli oneri discendenti dalla legge in esame (Sezione A2 del Prospetto degli effetti finanziari della manovra finanziaria). Tuttavia, i risparmi di spesa discendenti dalla norma in esame sono destinati alla realizzazione del piano decennale di rientro del disavanzo e, in quanto tali, non sono disponibili per altre finalita' o diversi utilizzi, rendendo di fatto privi di copertura finanziaria gli oneri indicati nel prospetto allegato e determinando l'evidente violazione dei principi costituzionali di cui all'art. 81, comma 3, della Costituzione, applicabili anche alla Regione Siciliana (cfr. sentenza n. 226 del 2021). I segnalati profili di incostituzionalita' connessi alla inidoneita' della copertura finanziaria investono conseguentemente l'intera legge regionale, non essendo la copertura indicata nel citato prospetto («Totale maggiori risorse») direttamente correlabile ad uno specifico onere discendente dalla legge censurata. Si confida, pertanto, per la declaratoria di illegittimita' costituzionale della medesima nella sua interezza; in ogni caso, restano costituzionalmente illegittimi gli articoli indicati in epigrafe che si esamineranno specificamente nei seguenti paragrafi. II - Art. 3, commi 1 e 2 - L'art. 3 della legge oggetto di censura stabilisce che «1. Al fine di recepire la normativa statale di cui all'art. 1, comma 604, della legge 30 dicembre 2021, n. 234 in materia di incremento dei trattamenti economici accessori del personale delle pubbliche amministrazioni, le risorse destinate ai fondi per i trattamenti accessori del personale dell'Amministrazione regionale, anche di livello dirigenziale, sono incrementati, complessivamente, di euro 1.600.000,00 a decorrere dall'anno 2022, nel rispetto del limite massimo pari allo 0,22 per cento del monte salari 2018 previsto dalla citata disposizione statale e dei contenuti previsti dal punto 2, lettera e) dell'«Accordo tra Stato e Regione Siciliana per il ripiano decennale del disavanzo» sottoscritto in data 14 gennaio 2021 (Missione 1 Programma 10 capitolo 212017). Alla conseguente copertura dell'onere, pari ad euro 1.600.000,00 a decorrere dall'anno 2022, si provvede a valere sui risparmi di spesa di cui ai commi 3 e 4. 2. Al fine di recepire la normativa statale in materia di revisione del sistema di classificazione professionale da applicare al personale dell'Amministrazione regionale, nel rispetto di quanto previsto dall'art. 1, comma 612, della legge 30 dicembre 2021, n. 234 e dei contenuti previsti dal punto 2, lettera e) dell'«Accordo tra Stato e Regione Siciliana per il ripiano decennale del disavanzo» sottoscritto in data 14 gennaio 2021, le risorse finanziarie per i rinnovi dei contratti collettivi di lavoro relativi al triennio 2019/2021, stanziate dalla legge regionale 15 aprile 2021, n. 10 e dall'art. 14 della legge regionale 27 dicembre 2021, n. 35, sono integrate, a decorrere dall'anno 2022, di un importo, comprensivo degli oneri riflessi a carico dell'amministrazione e dell'IRAP, nel limite massimo di euro 1.350.000,00 per l'esercizio finanziario 2022 e nel limite massimo di euro 2.700.000,00 a decorrere dall'esercizio finanziario 2023, da destinare al rinnovo contrattuale del personale del comparto non dirigenziale. All'onere di cui al presente comma si provvede con i risparmi di spesa di cui ai commi 3 e 4. 3. A decorrere dall'anno 2022, in attuazione di quanto previsto dall'art. 49, commi 3 e 4, della legge regionale 7 maggio 2015, n. 9 e successive modificazioni e dall'art. 13, comma 3, della legge regionale 17 marzo 2016, n. 3 e successive modificazioni e dalla delib. G.R. n. 108 del 10 marzo 2022 nonche' al fine di dare attuazione al punto 2, lettere d) ed e) dell'«Accordo tra Stato e Regione Siciliana per il ripiano decennale del disavanzo» sottoscritto in data 14 gennaio 2021, in materia di contenimento del trattamento economico accessorio, il fondo per il finanziamento della retribuzione di posizione, parte variabile e di risultato del personale dell'area della dirigenza dell'amministrazione regionale e' ridotto di un importo pari ad euro 3.841.000,00 (Missione 1, Programma 10, capitolo 212019) rispetto all'ammontare del fondo medesimo del 2021 come formalmente quantificato e costituito dall'amministrazione regionale. Le economie di pari importo registrate nel fondo di cui al primo periodo e relative all'anno 2021, costituiscono in via definitiva e strutturale risparmi a beneficio del bilancio regionale. 4. A decorrere dall'anno 2022, in attuazione di quanto previsto dall'art. 49, commi 3 e 4, della legge regionale n. 9/2015 e successive modificazioni, dall'art. 10 comma 1 della legge regionale 15 aprile 2021, n. 9, come attuati con decreto presidenziale n. 608/2022, nonche' al fine di dare attuazione al punto 2, lettere d) ed e) dell'«Accordo tra Stato e Regione Siciliana per il ripiano decennale del disavanzo» sottoscritto in data 14 gennaio 2021, in materia di contenimento del trattamento economico accessorio, il fondo risorse decentrate del personale del comparto non dirigenziale dell'amministrazione regionale e' ridotto di un importo pari ad euro 544.134,00 (Missione 1, Programma 10, capitolo 212015) rispetto all'ammontare del fondo medesimo del 2021, come formalmente quantificato e costituito dall'amministrazione regionale. 5. A decorrere dall'anno 2022, sono fatti salvi gli effetti di cui all'art. 1, commi 604 e 612, della legge 30 dicembre 2021, n. 234». Dunque, l'articolo sopra trascritto incide sul trattamento accessorio (comma 1) e sul sistema di classificazione (comma 2) del personale regionale, finanziando le relative spese con le risorse derivanti dalla riduzione dei fondi indicati nei commi 3 e 4. In particolare, l'art. 3: a) al comma 1, prevede l'incremento dei fondi per il trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di complessivi 1,6 mln di euro, utilizzando a copertura di tali oneri, con decorrenza dall'anno 2022, i risparmi di spesa di cui ai successivi commi 3 e 4; b) al comma 2, integra - al fine di modificare il sistema di classificazione del personale regionale - le risorse gia' stanziate per il rinnovo del C.C.R.L. 2019-2021 di un importo pari a 1,35 mln di euro per l'anno 2022 e di 2,7 mln di euro, con decorrenza dall'anno 2023, utilizzando - anche in questo caso - a copertura del relativo onere i risparmi di spesa di cui ai successivi commi 3 e 4; c) al comma 3, prevede che, con decorrenza dall'anno 2022, al fine di dare attuazione al punto 2), lettere d) ed e), dell'Accordo sottoscritto dalla Regione Siciliana in data 14 gennaio 2021, il Fondo per la retribuzione di posizione e di risultato della dirigenza regionale e' ridotto di un importo pari a 3,841 mln di euro rispetto all'ammontare del medesimo Fondo nell'anno 2021; d) al comma 4, stabilisce che, con decorrenza dall'anno 2022, al fine di dare attuazione al punto 2), lettere d) ed e), dell'Accordo sottoscritto dalla Regione Siciliana in data 14 gennaio 2021, il Fondo risorse decentrate del personale non dirigenziale e' ridotto di un importo pari a 0,544 mln di euro rispetto all'ammontare del medesimo Fondo nell'anno 2021. Ed invero, mediante tale Accordo, la Regione Siciliana si e' impegnata «ad adottare interventi di riduzione della spesa corrente attraverso provvedimenti legislativi e/o amministrativi regionali» (punto 2), tra i quali vengono indicati: 1) alla lettera d), «il recepimento della normativa statale e delle correlate direttive in materia di applicazione del lavoro agile al personale regionale e degli enti strumentali; il contenimento dell'ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, nei limiti di quanto previsto per le amministrazioni pubbliche dall'art. 23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, nonche' una piu' efficace utilizzazione di tali risorse finalizzata al miglioramento qualitativo e quantitativo dei servizi erogati alla collettivita'» (enfasi aggiunte); 2) alla lettera e), «la riorganizzazione e lo snellimento della struttura amministrativa della Regione, al fine di ottenere una riduzione significativa degli uffici di livello dirigenziale e, in misura proporzionale, delle dotazioni organiche del personale dirigenziale e del comparto, nonche' dei contingenti di personale assegnati ad attivita' strumentali; il rafforzamento della gestione unitaria dei servizi strumentali, attraverso la costituzione di uffici comuni; il riordino degli uffici e organismi al fine di eliminare duplicazioni o sovrapposizioni di strutture o funzioni; il contenimento della spesa del personale in servizio, al netto delle spese per i rinnovi contrattuali nei limiti minimi di quelli previsti per il medesimo periodo a livello nazionale, e del personale in quiescenza. Ai fini del computo dei risparmi di spesa derivanti dalle cessazioni dal servizio del personale destinabili alle nuove assunzioni, sono esclusi, a decorrere dal 2021 e fino al 2029, i risparmi per cessazioni del personale al quale si applica il c.d. contratto 1 cessato dal servizio nel medesimo periodo. Dalle risorse assunzionali relative al personale dirigenziale e' altresi' detratto, per il triennio 2021 /2023, l'importo dei trasferimenti al Fondo di quiescenza per il pagamento dell'indennita' di buonuscita del personale dirigenziale cessato nel medesimo periodo, con conseguente sospensione del reclutamento di profili dirigenziali per il medesimo triennio» (enfasi aggiunte). In altri termini, con le clausole dell'Accordo sopra trascritte, la Regione Siciliana si e' espressamente impegnata a ripianare il disavanzo regionale mediante una serie di interventi, tra cui la riduzione strutturale delle spese di personale. Ebbene, le disposizioni oggetto di censura si pongono in evidente contrasto con tale impegno, dato che le risorse derivanti dalla riduzione dei Fondi indicati nei commi 3 e 4, che - ai sensi dell'Accordo sopramenzionato - dovrebbero essere destinate al piano di rientro decennale dal disavanzo, vengono impiegate - invece - per finanziare l'incremento del trattamento accessorio del personale regionale, nonche' la revisione del sistema di classificazione del medesimo. Esse, quindi, si pongono in contrasto: a) da un lato, con i principi di coordinamento della finanza pubblica, tra i quali rientrano anche le disposizioni di contenimento dei costi di personale (cfr. sentenza n. 69 del 2011 e n. 169 del 2007), di cui costituisce espressione il punto 2), lettere d) ed e), dell'Accordo sottoscritto dalla Regione Siciliana in data 14 gennaio 2021; b) dall'altro, con il principio dell'equilibrio dei bilanci pubblici e della sostenibilita' del debito delle pubbliche amministrazioni (cfr. sentenza n. 26 del 2013), nella misura in cui esse pregiudicano la corretta attuazione e, quindi, l'efficacia del piano di rientro decennale dal disavanzo. Peraltro, qualora si ritenesse che le disposizioni censurate non sottraggono risorse destinate all'attuazione del suddetto piano di rientro, esse sarebbero comunque costituzionalmente illegittime, in quanto prive di adeguata copertura finanziaria. In tal caso, invero, le misure disposte nei commi 1 e 2 dovrebbero trovare copertura finanziaria nei Fondi indicati dai commi 3 e 4, ma - in considerazione delle riduzioni previste dai medesimi commi - tali Fondi non sarebbero affatto sufficienti per garantire gli incrementi dei costi di personale disposti dal legislatore regionale. Per questa ragione, si ritiene che le disposizioni censurate eccedano dalle competenze legislative riservate dallo Statuto di autonomia alla Regione Siciliana e violino gli impegni assunti dalla stessa in materia di coordinamento della finanza pubblica, ai sensi dell'art. 117, comma 3, della Costituzione, nonche' il principio dell'equilibrio dei bilanci pubblici e della sostenibilita' del debito delle pubbliche amministrazioni, desumibili dagli articoli 81, 97, e 119 della Costituzione e applicabili - per univoca giurisprudenza di codesta Ecc.ma Corte - anche alle Regioni a Statuto speciale (cfr. sentenza n. 226 del 2021). III - Art. 12, comma 11 - L'art. 12, comma 11, della legge oggetto di censura dispone che "All'art. 25 della legge regionale 10 agosto 2016, n. 16 e successive modificazioni dopo il comma 2 e' inserito il seguente: «2-bis. La procedura di cui ai commi 1 e 2 si applica anche per la regolarizzazione di concessioni edilizie rilasciate in assenza di autorizzazione paesaggistica, sempre che le relative istanze di concessione siano state presentate al comune di competenza prima della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Regione del decreto istitutivo del vincolo di cui all'art. 140 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni»". La disposizione, quindi, riproduce in maniera identica quella di cui al comma 3 dell'art. 25 della legge regionale n. 16 del 2016, nel testo previgente alle modifiche introdotte dall'art. 20, comma 1, lettera b), della legge della Regione Siciliana 6 agosto 2021, n. 23, gia' oggetto di censura da parte dello Stato. Ed invero, con il ricorso n. 63 del 2021, il Presidente del Consiglio dei ministri aveva impugnato il suddetto articolo, con il quale il legislatore regionale - nel sostituire il comma 3 dell'art. 25 della legge della Regione Siciliana n. 16 del 2016 - aveva stabilito che: «La procedura di cui ai commi 1 e 2 si applica anche per la regolarizzazione di concessioni edilizie rilasciate in assenza di autorizzazione paesaggistica per i beni individuati dalle lettere a) e b) del comma 1 dell'art. 134 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni, sempre che le relative istanze di concessione siano state presentate al comune di competenza prima dell'apposizione del vincolo». Ebbene, in pendenza del giudizio di costituzionalita', la cui udienza pubblica e' fissata per il giorno 22 novembre 2022, l'Ente regionale aveva disposto l'abrogazione della disposizione impugnata, mediante l'art. 6, comma 1, della legge regionale 18 marzo 2022, n. 2. Tuttavia, con l'articolo oggetto di censura, e' stata reintrodotta nell'ordinamento regionale la norma previgente, a sua volta costituzionalmente illegittima per le medesime ragioni di diritto esposte nel menzionato ricorso n. 63 del 2021. Essa, infatti, pur avendo effetti meno «dirompenti» di quelli derivanti dall'art. 20, comma 1, lettera b), della legge regionale n. 23 del 2021 - che estendeva la possibilita' di sanatoria ex post anche alle aree con vincolo paesaggistico ope legis a far data dalla legge 8 agosto 1985, n. 431 - si pone ugualmente in contrasto con il generale divieto di sanatoria ex post, stabilito dal decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. In particolare, l'art. 146, comma 4, del menzionato decreto legislativo, dispone - innovando rispetto al precedente regime normativo - che: «Fuori dai casi di cui all'art. 167, commi 4 e 5, l'autorizzazione non puo' essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale, degli interventi»; l'art. 167, commi 4 e 5, delimita i ristrettissimi casi, di natura eccezionale, in cui la sanatoria paesaggistica ex post resta possibile, disciplinando il relativo procedimento amministrativo; infine, l'art. 182, comma 3-bis, contiene la disciplina transitoria, stabilendo il termine finale, ormai ampiamente scaduto, entro il quale l'amministrazione e' tenuta a dar corso alle domande di sanatoria, anche laddove improcedibili a causa del sopravvenuto divieto di sanatoria ex post. La Regione Siciliana, quindi, reintroducendo nell'ordinamento regionale una disposizione analoga a quella recata dall'abrogato comma 3 dell'art. 25 della legge regionale n. 16 del 2016, ha ripristinato una normativa che gia' si poneva in contrasto con i suddetti articoli del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42; nonche', per il tramite di tali norme interposte, con l'art. 117, comma 2, lettere m) e s), della Costituzione, che riservano allo Stato la competenza legislativa esclusiva in materia di «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale» e di «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali». Peraltro, la normativa regionale oggetto di impugnazione, determinando un evidente "abbassamento" di tutela dei valori paesaggistici e ambientali si pone anche in contrasto con i principi fondamentali sanciti dall'art. 9 della Costituzione, che affida alla Repubblica (e, quindi, impone anche alle Regioni a Statuto speciale) la tutela del paesaggio, del patrimonio storico e artistico della Nazione, dell'ambiente, della biodiversita' e degli ecosistemi, anche nell'interesse delle future generazioni. Ancora, la normativa regionale - nel "riaprire" i termini della sanatoria con effetti retroattivi - appare altresi' irragionevole e priva di proporzionalita', ponendosi dunque in palese contrasto con i principi stabiliti dagli articoli 3 e 97 della Costituzione. In effetti, codesta Ecc.ma Corte ha piu' volte affermato che la retroattivita' delle disposizioni legislative deve «trovare adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza attraverso un puntuale bilanciamento tra le ragioni che ne hanno motivato la previsione e i valori, costituzionalmente tutelati, al contempo potenzialmente lesi dall'efficacia a ritroso della norma adottata» (sentenza n. 73 del 2017). Ebbene, nel caso di specie, la sanatoria con efficacia retroattiva disposta dall'Ente regionale appare del tutto priva di giustificazione e - per tale ragione - si pone in contrasto con i principi di ragionevolezza, buon andamento e imparzialita' della pubblica amministrazione, previsti dalle sopra citate disposizioni costituzionali. Si osserva, infine, che la norma censurata eccede - in ogni caso - dalle competenze riservate alla Regione Siciliana dallo Statuto di autonomia. Se da un lato e' vero che l'art. 14 dello Statuto attribuisce alla Regione resistente la competenza legislativa esclusiva in materia di urbanistica (lettera f), tutela del paesaggio e conservazione delle antichita' e delle opere artistiche (lettera n); e' altrettanto vero che tale competenza incontra il limite delle «norme di grande riforma economico-sociale», che si impongono - per univoca giurisprudenza di codesta Ecc.ma Corte - anche alle autonomie speciali (sentenza n. 238 del 2013). Ebbene, non vi e' dubbio che tra le norme in questione siano ricomprese anche le previsioni del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, che - al fine di tutelare il paesaggio, l'ambiente e l'ecosistema - hanno introdotto il principio generale del divieto di sanatoria ex post delle opere realizzate nelle aree soggette a vincolo. Si confida, pertanto, nella declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 12, comma 11, della legge regionale n. 13 del 2022. IV - Art. 12, comma 58 - L'art. 12, comma 58, della legge oggetto di censura dispone che "58. Dopo l'art. 4 della legge regionale 13 aprile 2022, n. 8 e' aggiunto il seguente: «Art. 4-bis. Norma finanziaria. 1. Alla copertura degli oneri finanziari derivanti dalla presente legge si fa fronte nei limiti degli stanziamenti del bilancio della Regione, con risorse regionale ed extraregionali. Il Ragioniere generale della Regione e' autorizzato ad apportare le opportune variazioni al bilancio della Regione»". Come noto, la legge regionale 13 aprile 2022, n. 8, ha istituito la Giornata della Memoria dell'eruzione dell'Etna del 1669; tuttavia, essa e' stata impugnata dal Presidente del Consiglio dei Ministri con il ricorso n. 40 del 2022, in quanto - nel suo complesso - non risulta rispettosa dell'obbligo di copertura finanziaria delle leggi di spesa di cui all'art. 81, comma 3, della Costituzione. Difatti, tale legge regionale - a fronte delle iniziative da intraprendere per commemorare l'evento sopraindicato - non indica la quantificazione dei relativi oneri finanziari a carico dell'Ente regionale ne' i mezzi per farvi fronte. Pertanto, essa si pone in contrasto con l'obbligo di copertura finanziaria delle norme (anche regionali) che comportano nuovi o maggiori oneri a carico dei bilanci pubblici, previsto dall'art. 81, comma 3, della Costituzione, declinato ulteriormente dagli articoli 19, comma 2, della legge n. 196 del 2009 e 38, comma 1, del decreto legislativo n. 118 del 2011, applicabili - per univoca giurisprudenza di codesta Ecc.ma Corte - anche alla Regione Siciliana (cfr. sentenza n. 226 del 2021). Del resto, lo stesso «Testo coordinato delle norme in materia di bilancio e contabilita' applicabili alla Regione siciliana», approvato con decreto del Presidente della Regione in data 17 marzo 2004, prevede - all'art. 14 - norme dettagliate che disciplinano l'obbligo di quantificare gli oneri derivanti dalle norme di spesa e le relative modalita' di copertura, che - nella specie - sono state del tutto pretermesse dall'Ente regionale. Ebbene, come gia' esposto nel precedente ricorso proposto dal Presidente del Consiglio dei ministri, le suddette censure di illegittimita' costituzionale non appaiono affatto superate dall'art. 12, comma 58, della legge n. 13 del 2022. Tale previsione finanziaria, infatti, da un lato conferma che la legge regionale n. 8 del 2022 comporta oneri finanziari a carico del bilancio regionale; dall'altro - tuttavia - risulta estremamente generica, in quanto non quantifica i suddetti oneri e non individua la missione, il programma e il titolo ove imputare le relative spese. In altri termini, tale disposizione non assicura alcuna copertura finanziaria agli oneri finanziari inequivocabilmente discendenti dalla legge regionale n. 8 del 2022, in violazione dei menzionati articoli 19, comma 2, della legge n. 196 del 2009 e 38, comma 1, del decreto legislativo n. 118 del 2011; nonche' - per il tramite di tali disposizioni - dell'art. 81, comma 3, della Costituzione, disposizione - peraltro - direttamente applicabile alla Regione Siciliana anche a prescindere dalle suddette norme interposte (cfr. sentenza n. 26 del 2013). Si confida, pertanto, nella declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 12, comma 58, della legge n. 13 del 2022, oltre che - in accoglimento del ricorso n. 40 del 2022 - dell'intera legge della Regione Siciliana 13 aprile 2022, n. 8, in quanto priva di adeguata copertura finanziaria. V - Art. 13, comma 6 - L'art. 13, comma 6, della legge oggetto di censura prevede che «Le disposizioni di cui all'art. 23 del decreto legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito con modificazioni dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, trovano applicazione per il personale regionale collocato in quiescenza, anche per il tramite di Irfis FinSicilia S.p.A., che provvede all'erogazione delle relative risorse nell'ambito delle disponibilita' dei fondi di propria spettanza, previa stipula di convenzione con il Dipartimento regionale della funzione pubblica». - La norma, quindi, estende al personale regionale collocato in quiescenza la facolta' prevista per i dipendenti pubblici dall'art. 23 del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito con modificazioni dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, di richiedere l'anticipo di una quota di T.F.S./T.F.R. entro il limite di 45.000 euro. Tuttavia, in violazione della suddetta disposizione statale, la norma adottata dalla Regione Siciliana ammette ope legis siffatta possibilita' anche per il tramite della «Irfis FinSicilia S.p.A.», senza che essa debba assicurare i requisiti e le condizioni previste dal menzionato art. 23 per tutti gli altri istituti bancari e finanziari. Infatti, il comma 2 dell'art. 23 stabilisce che, sulla base di apposite certificazioni rilasciate dall'ente responsabile per l'erogazione del T.F.S./T.F.R., i dipendenti pubblici ammessi al beneficio possono presentare una richiesta di finanziamento per una somma di importo pari all'indennita' di fine servizio maturata «alle banche o agli intermediari finanziari che aderiscono a un apposito accordo quadro da stipulare, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, tra il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro per la pubblica amministrazione e l'Associazione bancaria italiana, sentito l'INPS. Ai fini del rimborso del finanziamento e dei relativi interessi, l'ente che corrisponde l'indennita' di fine servizio, comunque denominata, trattiene il relativo importo da tale indennita', fino a concorrenza dello stesso. Gli importi trattenuti ai sensi del periodo precedente non sono soggetti a procedure di sequestro o pignoramento e, in ogni caso, a esecuzione forzata in virtu' di qualsivoglia azione esecutiva o cautelare. Il finanziamento e' garantito dalla cessione pro solvendo, automatica e nel limite dell'importo finanziato, senza alcuna formalita', dei crediti derivanti dal trattamento di fine servizio maturato che i lavoratori [...] vantano nei confronti degli enti che corrispondono l'indennita' di fine servizio» (enfasi aggiunte). Inoltre, ai sensi del comma 5, «L'importo finanziabile e' pari a 45.000 euro ovvero all'importo spettante ai soggetti di cui al comma 2 nel caso in cui l'indennita' di fine servizio comunque denominata sia di importo inferiore. Alle operazioni di finanziamento di cui al comma 2 si applica il tasso di interesse indicato nell'accordo quadro di cui al medesimo comma» (enfasi aggiunte). In attuazione delle disposizioni sopra trascritte, sono stati emanati il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 aprile 2020, n. 51, e il successivo decreto 19 agosto 2020 del Dipartimento della funzione pubblica, con cui e' stato approvato l'Accordo Quadro tra Governo e A.B.I. per la disciplina delle condizioni economiche e contrattuali applicabili all'anticipo del T.F.S./T.F.R. in favore dei dipendenti pubblici ammessi al beneficio. In particolare, tale Accordo definisce: a) i termini e le modalita' di adesione da parte delle banche all'iniziativa; b) le modalita' delle modifiche contrattuali relative all'adeguamento dei requisiti pensionistici alla speranza di vita; c) le specifiche tecniche di sicurezza dei flussi informativi; nonche', d) le modalita' di determinazione del tasso di interesse da corrispondere sull'anticipo. Ebbene, l'art. 13, comma 6, della legge regionale impugnata - in contrasto con le menzionate disposizioni statali - ammette ope legis tra i soggetti finanziatori la «Irfis -Finsicilia S.p.A.» - una societa' partecipata al 100% dalla Regione Sicilia che ha per oggetto l'esercizio, nei confronti degli operatori pubblici, dell'attivita' di concessione di finanziamenti - senza prevedere, tuttavia, la sua necessaria adesione all'Accordo Quadro stipulato dal Governo con l'A.B.I., nonche' l'osservanza delle procedure e delle modalita' per l'erogazione dell'anticipo, disciplinate dall'art. 23 del decreto-legge n. 4 del 2019, n. 4, in modo particolarmente rigoroso e articolato. Tale disciplina e' stata adottata dallo Stato nell'esercizio della propria competenza legislativa esclusiva in materia di «ordinamento civile»; pertanto, per il tramite di siffatte norme interposte, l'art. 13, comma 6, della legge regionale n. 13 del 2022 - eccedendo dalle competenze legislative riservate dallo Statuto di autonomia alla Regione Siciliana - si pone altresi' in contrasto con l'art. 117, comma 2, lettera l), della Costituzione. Si insiste, quindi, per la declaratoria di illegittimita' costituzionale del medesimo. VI - Art. 13, comma 14 - L'art. 13, comma 14, della legge regionale oggetto di censura prevede che «Per l'esercizio finanziario 2022 e' autorizzata la spesa di 160 migliaia di euro in favore del Comune di Sciacca, destinata al pagamento delle imposte comunali ICI/IMU relative al procedimento di liquidazione della fondazione "Pardo" al fine di permettere l'immediato utilizzo delle risorse, gia' stanziate, destinate alla realizzazione del museo interdisciplinare di cui all'art. 2 della legge regionale 15 maggio 1991, n. 17 e successive modificazioni, nel complesso monumentale di Santa Margherita a Sciacca». Occorre premettere che la disposizione in esame appare poco chiara nella sua formulazione letterale e nella sua ratio, in quanto non si evince il soggetto a carico del quale e' posto l'onere, quantificato in 160 mila euro, che sembrerebbe l'amministrazione regionale, il soggetto debitore delle imposte comunali, che sembrerebbe la Fondazione "Pardo", e - infine - il rapporto intercorrente fra il Comune di Sciacca e la Fondazione stessa. Posto che la norma appare volta ad assicurare al Comune di Sciacca la dotazione finanziaria con cui provvedere al pagamento dei debiti per le imposte comunali ICI/IMU maturati nei confronti della Fondazione "Pardo", attualmente posta in liquidazione, e nel presupposto che quest'ultima sia soggetto partecipato dal Comune di Sciacca, la disposizione appare in contrasto - per le ragioni di seguito esposte - con gli articoli 97 e 117 della Costituzione. Al fine di dimostrare l'illegittimita' costituzionale della disposizione impugnata, si rammenta che, ai sensi dell'art. 12 del codice civile, «Le associazioni, le fondazioni e le altre istituzioni di carattere privato acquistano la personalita' giuridica mediante il riconoscimento concesso con decreto del Presidente della Repubblica». Al riconoscimento della personalita' giuridica consegue l'autonomia patrimoniale perfetta dei suddetti soggetti, cui consegue l'esclusione di ogni forma di responsabilita', per le obbligazioni da essi contratte, nei confronti dei finanziatori. In altri termini, la personalita' giuridica comporta che le vicende dell'organizzazione incidono esclusivamente sul patrimonio dell'ente e non su quello dei soggetti che - in qualsiasi forma - lo partecipino. Ebbene, nel caso in esame, la Regione Siciliana ha disposto che dell'obbligazione sorta in capo alla fondazione "Pardo", risponda il Comune di Sciacca, sovvertendo, di fatto, il principio dell'autonomia patrimoniale perfetta recato dall'art. 12 del codice civile. Inoltre, la norma regionale - nel prevedere che delle obbligazioni della fondazione risponda il soggetto pubblico, ovvero la collettivita', attraverso un sostanziale accollo del debito, peraltro, con provvista finanziaria fornita dalla stessa Regione - viola altresi' il principio di sana gestione finanziaria, espresso dall'art. 14, comma 5, del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175. Secondo la giurisprudenza contabile, l'art. 14, comma 5, del T.U.S.P. sancisce il cosiddetto «divieto di soccorso finanziario» da parte di un soggetto pubblico rispetto ai suoi organismi partecipati e impone l'abbandono della logica del «salvataggio a tutti i costi» degli enti partecipati che versano in situazione di dissesto (cfr., tra le altre, Sezione regionale di controllo per la Toscana, deliberazione n. 84/2018, Sezione regionale di controllo per il Lazio, deliberazione n. 1/2019, Sezione regionale di controllo per la Puglia, deliberazione n. 47/2019, Sezione regionale di controllo per la Lombardia, deliberazione n. 296/2019, nonche' Sezione regionale di controllo per le Marche, deliberazione n. 123/2019). La ratio di tale norma, in effetti, e' quella di porre «un freno alla prassi, ormai consolidata, seguita dagli enti pubblici e in particolare dagli enti locali, di procedere a ricapitalizzazioni e ad altri trasferimenti straordinari per coprire le perdite strutturali (tali da minacciare la continuita' aziendale); prassi che, come noto, da un lato finisce per impattare negativamente sui bilanci pubblici compromettendone la sana gestione finanziaria; dall'altro si contrappone alle disposizioni dei trattati (art. 106 TFUE, gia' art. 86 TCE), le quali vietano che soggetti che operano nel mercato comune possano beneficiare di diritti speciali o esclusivi, o comunque di privilegi in grado di alterare la concorrenza nel mercato, in un'ottica macroeconomica» (cfr. Sezione regionale di controllo per l'Abruzzo, deliberazione n. 279/2015). In tale contesto, l'art. 14, comma 5, del T.U.S.P. ha stabilito un generale divieto di disporre, a qualsiasi titolo, erogazioni finanziarie «a fondo perduto» in favore di enti in grave situazione deficitaria, «relegando l'ammissibilita' di trasferimenti straordinari ad ipotesi derogatoria e residuale, percorribile con finalita' di risanamento aziendale e per il solo perseguimento di esigenze pubblicistiche di conclamato rilievo, in quanto sottendenti prestazioni di servizi di interesse generale ovvero la realizzazione di programmi di investimenti affidati e regolati convenzionalmente, secondo prospettive di continuita'» (cfr. Sezione regionale di controllo Lazio, deliberazione n. 66/2018/PAR). Sebbene il perimetro di diretta applicazione della norma non contempli le fondazioni, ma si riferisce esclusivamente agli organismi aventi struttura societaria; tuttavia, dal tenore della medesima, si evince un principio generale di «divieto di soccorso finanziario», fondato su esigenze di tutela dell'economicita' gestionale e della concorrenza, estensibile anche agli altri organismi partecipati dagli enti pubblici. In altri termini, il divieto in esame «appare espressivo di un vero e proprio principio di ordine pubblico economico, fondato su esigenze di economicita' e razionalita' nell'utilizzo delle risorse pubbliche e di tutela della concorrenza e del mercato. Tale principio s'impone alle amministrazioni pubbliche prescindendo, a tutela dell'effettivita' del precetto, dalle forme giuridiche prescelte per la partecipazione in organismi privati che finirebbero, altrimenti, col prestarsi a facile elusione del chiaro dettato normativo» (cfr. Sezione regionale di controllo per la Lombardia, deliberazione n. 296/2019, enfasi aggiunte). Tale conclusione - peraltro - resta certamente valida anche con riferimento alle operazioni di ripiano del deficit finanziario in fase di liquidazione, assimilabili - di fatto - ad un accollo, da parte dell'ente locale, dei debiti di un soggetto terzo, con la conseguenza che «se chi si accolla un debito altrui e' un soggetto di diritto pubblico, quest'ultimo ha il dovere di porre in evidenza la ragione economica - giuridica dell'operazione, altrimenti essa rappresenterebbe un ingiustificato favor verso i creditori della societa' incapiente» (cfr. Sezione regionale di controllo per la Lombardia n. 98/2013 e n. 64/2021). Ebbene, la disposizione regionale in commento produce l'effetto di ripianare un debito contratto da una fondazione di diritto privato in fase di liquidazione, trasferendo il relativo onere finanziario a carico della collettivita', senza alcuna ragionevole giustificazione. Per questa ragione, essa eccede dalle competenze legislative riservate alla Regione Siciliana dallo Statuto di autonomia e - ponendosi in contrasto con le disposizioni statali sopra esaminate - viola altresi': 1) l'art. 97 della Costituzione, il quale stabilisce che «Le pubbliche amministrazioni, in coerenza con l'ordinamento dell'Unione europea, assicurano l'equilibrio dei bilanci e la sostenibilita' del debito pubblico» (comma 1, enfasi aggiunte) e che «I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialita' dell'amministrazione» (comma 2, enfasi aggiunte); 2) nonche', l'art. 117 della Costituzione, il quale prevede che «La potesta' legislativa e' esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonche' dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali» (comma 1, enfasi aggiunte) e che allo Stato sia riservata tanto la disciplina in materia di «tutela della concorrenza» (comma 2, enfasi aggiunte) quanto la determinazione dei principi fondamentali in materia di «coordinamento della finanza pubblica» (comma 3, enfasi aggiunte). Si confida, pertanto, nella declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 13, comma 14, della legge regionale n. 13 del 2022. VII - Art. 13, comma 15 - L'art. 13, comma 15, della legge regionale impugnata stabilisce che «All'art. 1 della legge regionale 29 novembre 2005, n. 15 e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modiche: a) al comma 1, lettera f-ter) le parole «on air» sono sostituite dalle parole «open air»; b) al comma 4 sono apportate le seguenti modiche: 1) dopo le parole «nei piani di utilizzo delle aree demaniali marittime approvati ai sensi della presente legge», sono aggiunte le parole «o realizzate negli stabilimenti balneari autorizzati su terreni privati»; 2) le parole «validi per tutta la durata delle concessioni demaniali marittime» sono sostituite dalle parole «validi nel caso di concessioni demaniali marittime per tutta la durata delle stesse». Al fine di comprendere l'esatta portata della disposizione sopra trascritta, appare indispensabile esaminare il testo dell'art. 1 della legge regionale 29 novembre 2005, n. 15, come risultante all'esito delle modifiche apportate dal legislatore regionale. In particolare, il comma 1 della suddetta disposizione recita attualmente quanto segue: «1. La concessione dei beni demaniali marittimi puo' essere rilasciata, oltre che per servizi pubblici e per servizi e attivita' portuali e produttive, per l'esercizio delle seguenti attivita': a) gestione di stabilimenti balneari e di strutture relative ad attivita' sportive e ricreative; b) esercizi di ristorazione e somministrazione di bevande, cibi precotti e generi di monopolio; c) costruzione, assemblaggio, riparazione, rimessaggio anche multipiano, stazionamento, noleggio di imbarcazioni e natanti in genere, nonche' l'esercizio di attivita' di porto a secco, cantieri nautici che possono svolgere le attivita' correlate alla nautica ed al diporto, comprese le attivita' di commercio di beni, servizi e pezzi di ricambio per imbarcazioni; d) esercizi diretti alla promozione e al commercio nel settore del turismo, dell'artigianato, dello sport e delle attrezzature nautiche e marittime; [...] f) porti turistici, ormeggi, ripari, darsene in acqua o a secco, ovvero ricoveri per le imbarcazioni e natanti da diporto; f-bis) eventi e cerimonie, anche a carattere religioso, con possibilita' di svolgimento o durante o dopo l'orario dedicato alla balneazione; f-ter) ricettivita' diffusa e ricettivita' «open air»». A sua volta, il testo del comma 4 - dopo le modifiche apportate dal legislatore regionale - dispone che «Ai fini delle disposizioni di cui all'art. 15, lettera a), della legge regionale 12 giugno 1976, n. 78, le opere connesse all'esercizio delle attivita' di cui al comma 1 sono considerate opere destinate alla diretta fruizione del mare quando previste nei piani di utilizzo delle aree demaniali marittime approvati ai sensi della presente legge o realizzate negli stabilimenti balneari autorizzati su terreni privati e sono soggette ai provvedimenti edilizi abilitativi nei comuni competenti per territorio, validi nel caso di concessioni demaniali marittime per tutta la durata delle stesse, anche se rinnovate senza modifiche sostanziali». Ebbene, l'art. 15 della legge regionale 12 giugno 1976, n. 78, stabilisce che «Ai fini della formazione degli strumenti urbanistici generali comunali debbono osservarsi, in tutte le zone omogenee ad eccezione delle zone A e B, in aggiunta alle disposizioni vigenti, le seguenti prescrizioni: a) le costruzioni debbono arretrarsi di metri 150 dalla battigia; entro detta fascia sono consentite opere ed impianti destinati alla diretta fruizione del mare, nonche' la ristrutturazione degli edifici esistenti senza alterazione dei volumi gia' realizzati». Dunque, per effetto delle modifiche apportate all'art. 1, comma 4, della legge regionale n. 15 del 2005, si considerano «opere destinate alla diretta fruizione del mare» anche le costruzioni funzionali all'esercizio delle attivita' connesse a quelle indicate nel comma 1 della medesima disposizione; sicche' - ai sensi della citata lettera a) - esse non devono piu' essere arretrate di 150 metri dalla battigia. In altri termini, la disposizione oggetto di censura considera «opere destinate alla diretta fruizione del mare», con le conseguenze sopra indicate, tutte le costruzioni funzionali all'esercizio delle attivita' connesse a quelle elencate all'art. 1, comma 1, della legge regionale n. 15 del 2005, non soltanto quando tali opere siano previste nei piani di utilizzo delle aree demaniali marittime approvati con le modalita' stabilite dalla medesima legge, ma anche quando esse vengano realizzate, al di fuori di tali piani, nell'ambito di stabilimenti balneari autorizzati su terreni privati. Come noto, i piani di utilizzo delle aree demaniali (denominati anche «P.U.D.M.»), sono stati introdotti dalla legge regionale n. 15 del 2005 quale strumento di pianificazione comunale delle modalita' di utilizzo della fascia costiera e del litorale marino, anche al fine di salvaguardare le risorse paesaggistiche e ambientali. Il «P.U.D.M.» si pone, dunque, in stretta connessione con il piano paesaggistico, del quale deve recepire le eventuali prescrizioni aventi contenuto precettivo determinato (come i vincoli di inedificabilita') a tutela dell'ambiente e del paesaggio. D'altra parte, in assenza del piano paesaggistico, il «P.U.D.M.» potrebbe addirittura rappresentare l'unica fonte di pianificazione e tutela dell'ambiente marittimo, come accade per alcune Province della Regione Sicilia, i cui territori risultano ancora privi di piano paesaggistico. Di conseguenza, siccome il demanio marittimo rappresenta un bene paesaggistico tutelato ope legis, l'introduzione di una deroga al divieto di edificare nel limite di 150 metri dalla battigia, al di la' dei limiti imposti dalle previsioni contenute nei «P.U.D.M.», comporta una grave lesione della tutela paesaggistica. La deroga potrebbe infatti paralizzare la stessa applicazione del piano paesaggistico, di cui il «P.U.D.M.» e' strumento di specificazione e attuazione. Tale lesione - peraltro - e' ancora piu' grave nei territori privi di pianificazione paesaggistica, per i quali - come s'e' detto - il «P.U.D.M.» costituisce l'unico strumento di pianificazione regionale vocato alla tutela paesaggistica. E' vero che la Regione Siciliana ha competenza legislativa esclusiva in materia di urbanistica, tutela del paesaggio e conservazione delle antichita' e delle opere artistiche, ai sensi dell'art. 14, comma 1, lettere f) e n), dello Statuto di autonomia; ma e' altrettanto vero che tale competenza si esplica pur sempre nei limiti delle leggi costituzionali e, comunque, senza pregiudizio per le «norme di grande riforma economico sociale» dello Stato, che si impongono anche alle autonomie speciali (cfr. sentenza n. 238 del 2013). Ebbene, non vi e' dubbio che tra le suddette norme rientrino anche le previsioni del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, recante il «Codice dei beni culturali e del paesaggio». In effetti, codesta Ecc.ma Corte ha spesso sottolineato che l'impronta unitaria della pianificazione paesaggistica «e' assunta a valore imprescindibile non derogabile dal legislatore regionale in quanto espressione di un intervento teso a stabilire una metodologia uniforme nel rispetto della legislazione di tutela dei beni culturali e paesaggistici sull'intero territorio nazionale» (cfr. sentenza n. 182 del 2006, enfasi aggiunte; nonche', sentenza n. 272 del 2009). Ne deriva che, anche nell'ambito della Regione Siciliana, il piano paesaggistico assume carattere necessariamente sovraordinato agli altri strumenti di pianificazione territoriale, in applicazione degli articoli 135, 143 e 145 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. Tali articoli, infatti, costituiscono certamente «norme di grande riforma economico-sociale», nella misura in cui codificano: a) il principio della necessaria pianificazione dei beni sottoposti a vincolo paesaggistico; b) e il principio della necessaria prevalenza del piano paesaggistico rispetto ad ogni altro strumento di pianificazione, cui consegue la non derogabilita' del medesimo da parte di piani, programmi e progetti nazionali o regionali di sviluppo economico. A cio' si aggiunga che i suddetti principi, codificati dal legislatore nazionale, attuano in Italia le disposizioni della Convenzione europea del paesaggio, anche detta «Convenzione di Firenze», adottata il 20 ottobre 2000, allo scopo di promuovere in tutti i Paesi del Consiglio di Europa la protezione, la gestione e la pianificazione del paesaggio, nonche' la cooperazione internazionale in tale ambito. Pertanto, la disposizione impugnata - nell'eccedere dalle competenze riservate alla Regione Siciliana dallo Statuto di autonomia - si pone anzitutto in contrasto con l'art. 117, comma 1, della Costituzione, nella parte in cui vincola anche il legislatore regionale all'osservanza degli obblighi internazionali assunti dall'Italia. Inoltre, comportando un abbassamento del livello di tutela dei valori paesaggistici e ambientali - non giustificato da alcun altro interesse di rango costituzionale - la medesima disposizione si pone altresi' in contrasto: 1) con l'art. 9 della Costituzione, che affida alla Repubblica (e, quindi, impone anche alle Regioni a Statuto speciale) la tutela del paesaggio, del patrimonio storico e artistico della Nazione, dell'ambiente, della biodiversita' e degli ecosistemi, anche nell'interesse delle future generazioni; nonche', 2) con l'art. 117, comma 2, lettere m) e s), della Costituzione, che riservano allo Stato la competenza legislativa esclusiva in materia di «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale» e di «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali». Si confida, quindi, nella declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 13, comma 15, della legge regionale n. 13 del 2022. VIII - Art. 13, comma 21 - L'art. 13, comma 21, della legge regionale impugnata prevede che «Per le finalita' previste dai commi 797 e 798 dell'art. 1 della legge 30 dicembre 2020, n. 178 nonche' dai commi 734 e 735 dell'art. 1 della legge 30 dicembre 2021, n. 234, i comuni, per l'assunzione a tempo indeterminato degli assistenti sociali, sono autorizzati ad avviare, coerentemente ai piani di fabbisogno, procedure di reclutamento, prevedendo la valorizzazione con apposito punteggio dell'esperienza professionale maturata con contratto a tempo determinato ovvero con contratto di collaborazione coordinata e continuativa ovvero con contratto di collaborazione autonoma libero professionale ovvero con altre forme contrattuali di lavoro flessibile nella pubblica amministrazione». Dunque, la norma sopra trascritta interviene in materia di assunzioni a tempo indeterminato degli assistenti sociali, sovrapponendosi alla recente normativa statale e determinando, nella sostanza, un ulteriore reclutamento del suddetto personale. Al riguardo, occorre premettere che l'art. 1, comma 801, della legge n. 178 del 2020, come modificato dalla legge n. 234 del 2021, prevede che i Comuni, anche per le finalita' di cui al comma 797 e sia pure con le deroghe ivi previste, possono effettuare assunzioni di assistenti sociali, con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, nel limite delle risorse destinate a tale scopo e fermo restando l'obiettivo del pareggio di bilancio. Ebbene, la norma oggetto di censura si sovrappone e deroga alla menzionata disciplina statale, nonche' alle disposizioni recate: a) dal decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165; b) dall'art. 20 del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75; c) dall'art. 33, comma 2, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito con modificazioni dalla legge 28 giugno 2019, n. 58. Pertanto, invadendo la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di «ordinamento civile», essa si pone in evidente contrato con l'art. 117, comma 2, lettera l), della Costituzione. Al riguardo, occorre altresi' precisare che la suddetta disposizione non trova alcuna copertura normativa nello Statuto di autonomia; quest'ultimo, infatti, all'art. 14, comma 1, lettera q), attribuisce alla Regione la competenza a disciplinare lo «stato giuridico ed economico degli impiegati e funzionari della Regione»; mentre, nella specie, viene in rilievo personale in servizio presso gli enti locali. Infine, la norma regionale e' priva di adeguata copertura finanziaria e, pertanto, si pone in contrasto anche con i principi recati dall'art. 81, comma 3, della Costituzione. In effetti, codesta Ecc.ma Corte ha piu' volte precisato che l'omessa considerazione degli oneri di spesa rende una legge regionale costituzionalmente illegittima per assenza di copertura finanziaria, anche quando vengono in rilievo oneri «ipotetici». In altri termini, l'art. 81 della Costituzione «impone che, ogniqualvolta si introduca una previsione legislativa che possa, anche solo in via ipotetica, determinare nuove spese, occorr[e] sempre indicare i mezzi per farvi fronte» (cfr. sentenze n. 155 del 2022, n. 163 del 2020 e n. 307 del 2013); ne consegue l'illegittimita' costituzionale di tutte quelle leggi in cui «l'individuazione degli interventi e la relativa copertura finanziaria, e' stata effettuata dal legislatore regionale in modo generico» (cfr. sentenza n. 227 del 2019). Nel caso di specie, il legislatore regionale non ha quantificato l'onere finanziario ne' ha indicato i mezzi per farvi fronte; si confida, quindi, anche per tale ragione, nella declaratoria di illegittimita' costituzionale della disposizione impugnata. IX - Art. 13, comma 22 - L'art. 13, comma 22, della legge oggetto di censura dispone che "Al comma 4 dell'art. 36 della legge regionale 15 aprile 2021, n. 9 e successive modificazioni, dopo la parola «fuoriuscita» aggiungere le parole «ancorche' senza formale atto di dimissioni»". Dunque, la disposizione modifica il comma 4 dell'art. 36 della legge regionale 15 aprile 2021, n. 9, prevedendo che - per i soggetti che possono chiedere di essere riammessi nell'elenco di cui all'art. 30, comma 1, della legge regionale n. 5 del 2014 pur avendo optato per la fuoriuscita - quest'ultima possa essere considerata tale ancorche' non vi sia stato un formale atto di dimissioni. Ebbene, occorre premettere che l'art. 36 della legge regionale n. 9 del 2021 e' stato gia' impugnato dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso n. 33 del 2021, sia nella parte in cui disponeva la stabilizzazione del personale «ASU» sia nella parte relativa alla quantificazione e alle modalita' di copertura delle spese a carico della finanza pubblica. Difatti, con la suddetta disposizione, il regime delle assunzioni a tempo indeterminato previsto dal legislatore statale e' stato esteso anche ai lavoratori inseriti nell'elenco di cui all'art. 30, comma 1, della legge regionale 28 gennaio 2014, n. 5, che ricomprende non soltanto i soggetti gia' titolari di un contratto di lavoro, ma anche quelli impiegati in attivita' socialmente utili in forza di convenzioni o protocolli e, quindi, senza la previa instaurazione di un rapporto di lavoro. Inoltre, il legislatore regionale, pur richiamando le misure di stabilizzazione previste dalla normativa statale, non ha fatto salva - in alcun modo - l'applicazione dei numerosi vincoli e requisiti richiesti dall'art. 1, comma 292, della legge n. 178 del 2020 per procedere alla stabilizzazione del personale in questione. Per questa ragione, l'art. 36 della legge regionale n. 9 del 2021 e' stato censurato innanzi a codesta Ecc.ma Corte, in quanto - ampliando l'ambito di applicazione soggettivo e oggettivo delle procedure di stabilizzazione del personale "ASU" previste dalla normativa nazionale - eccede dalle competenze legislative attribuite alla Regione Siciliana dall'articolo 14, lettera q), dello Statuto di autonomia e viola l'art. 117, comma 2, lettera l), della Costituzione, che riserva alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la materia dell'«ordinamento civile», comportando altresi' una evidente violazione del principio di uguaglianza previsto dall'art. 3 della Costituzione rispetto al personale non rientrante nell'ambito di applicazione della disposizione regionale. Inoltre, l'art. 36 della legge regionale n 9 del 2021 e' stato impugnato anche in relazione all'inidoneita' della copertura finanziaria disposta dall'Ente regionale e, quindi, per la violazione del principio dell'equilibrio di bilancio delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 97, comma 1, della Costituzione e di quello relativo alla necessaria copertura delle leggi di spesa di cui all'art. 81, comma 3. Per le medesime ragioni, con il ricorso n. 8 del 2022, e' stata altresi' impugnata la successiva legge regionale n. 29 del 2021 che, all'art. 4, comma 1, ha modificato, ma in modo non adeguato, le suddette modalita' di copertura degli oneri. Ebbene, la disposizione in esame, nell'apportare un'ulteriore modifica all'art. 36 della legge regionale 15 aprile 2021, n. 9, continua a porsi in contrasto con le norme di rango costituzionale sopra richiamate; ed in particolare, con il principio dell'equilibrio dei bilanci pubblici di cui costituisce un indefettibile corollario la regola che impone la necessaria copertura finanziaria delle leggi di spesa (cfr. sentenze n. sentenze n. 155 del 2022, n. 163 del 2020 e n. 307 del 2013). Difatti, "copertura finanziaria ed equilibrio integrano «una clausola generale in grado di operare pure in assenza di norme interposte quando l'antinomia [con le disposizioni impugnate] coinvolga direttamente il precetto costituzionale»" (sentenze n. 155 del 2022 e n. 274 del 2017); di qui, l'illegittimita' costituzionale di tutte quelle leggi in cui - come nel caso in esame - "l'individuazione degli interventi e la relativa copertura finanziaria, e' stata effettuata dal legislatore regionale in modo generico" (cfr. sentenze n. 155 del 2022 e n. 227 del 2019). Si confida, pertanto, per la declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 13, comma 22, per le medesime ragioni indicate nei ricorsi n. 33 del 2021 e n. 8 del 2022; in particolare, per la violazione degli articoli 81, comma 3, 97, comma 1, e - per il tramite delle norme interposte di cui agli articoli 19 della legge n. 196 del 2009 e 38 del decreto legislativo n. 118 del 2011, che disciplinano le modalita' di quantificazione degli oneri di spesa e le relative modalita' di copertura - dell'art. 117, comma 3, che riserva allo Stato la determinazione dei principi fondamentali in materia di «coordinamento della finanza pubblica», nonche' dell'art. 119, comma 1, della Costituzione, nella parte in cui ribadisce l'obbligo per tutti gli enti territoriali, ivi compresi quelli ad autonomia speciale, di osservare il principio dell'equilibrio di bilancio e i «vincoli economici e finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea». X - Art. 13, comma 32 - L'art. 13, comma 32, della legge oggetto di censura stabilisce che: «All'art. 2, comma 1, della legge regionale 18 marzo 2022, n. 2 la lettera b) e' abrogata». Al fine di valutare gli effetti della suddetta abrogazione, occorre premettere che l'art. 2 della legge regionale 18 marzo 2022, n. 2, introduce delle importanti modifiche all'art. 5 della legge regionale 10 agosto 2016, n. 16. In particolare, al comma 1, lettera b), essa prevedeva che: "alla lettera d), punto 4), dopo la parola «ammezzati» sono aggiunte le parole «esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge»" (enfasi aggiunte). Le modifiche apportate dalla legge n. 18 del 2022 intervenivano, quindi, sulle disposizioni introdotte dalla legge regionale n. 23 del 2021, che all'art. 6, comma 1, prevedeva che: "L'art. 5 della legge regionale 10 agosto 2016, n. 16 e' sostituito dal seguente: «Costituiscono interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio e sono subordinati a permesso di costruire: [...] d) le opere di recupero volumetrico ai fini abitativi e per il contenimento del consumo di nuovo territorio, come di seguito definite: [...] 4) il recupero abitativo delle pertinenze, dei locali accessori, degli interrati e dei seminterrati e degli ammezzati aventi altezza minima di m. 2,20 e' consentito in deroga alle norme vigenti e comunque per una altezza minima non inferiore a m. 2,20. Si definiscono pertinenze, locali accessori, interrati e seminterrati i volumi realizzati al servizio degli edifici, anche se non computabili nella volumetria assentita agli stessi [...]»" (enfasi aggiunte). Tale disposizione e' stata gia' oggetto di impugnazione davanti a codesta Ecc.ma Corte, in quanto volta a consentire il recupero abitativo di qualsivoglia pertinenza, dei locali accessori, degli interrati e dei seminterrati e degli ammezzati senza alcun limite temporale e in deroga alla pianificazione urbanistica in qualunque tempo emanata, anche se realizzati, a rigore, addirittura dopo l'entrata in vigore della norma de qua, attribuendo premialita' volumetriche ulteriori e distinte rispetto a quelle consentite dalla disciplina urbanistico-edilizia. La legge regionale n. 18 del 2022 introduceva, quindi, un importante correttivo alla legge regionale n. 23 del 2021, in quanto limitava la portata degli interventi di recupero abitativo realizzati in deroga alle prescrizioni vigenti soltanto a quelli gia' esistenti alla data di entrata in vigore della legge stessa. Per contro, le modifiche introdotte con la legge n. 13 del 2022 ripristinano la formulazione dell'art. 5, comma 1, lettera d), n. 4, della legge regionale n. 16 del 2016, cosi' come introdotta dalla legge regionale n. 23 del 2021. Per tale via, si contravviene - ancora una volta - al principio fondamentale in materia di governo del territorio, sotteso all'intero impianto della legge urbanistica n. 1150 del 1942 e successive modifiche e integrazioni - secondo il quale gli interventi di trasformazione edilizia e urbanistica sono consentiti soltanto nel quadro degli strumenti di pianificazione. Costituiscono, infatti, principi fondamentali in materia di governo del territorio, che si impongono anche alle Regioni a Statuto speciale, quelli posti dall'art. 41-quinquies della legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150, e successive modifiche e integrazioni, tra i quali il necessario rispetto degli standard urbanistici, che il "recupero" a fini abitativi previsto dalla norma regionale e' per forza di cose destinato a stravolgere. E' inoltre violato anche il principio di cui all'art. 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, ove prevede che la realizzazione di interventi in deroga alla pianificazione urbanistica puo' essere assentita solo previa valutazione fatta caso per caso da parte del Consiglio comunale, sulla base di una ponderazione di interessi riferita alla fattispecie concreta. A cio' si aggiunga che i suddetti strumenti di pianificazione urbanistica devono tener conto delle previsioni del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, recante il «Codice dei beni culturali e del paesaggio». Ed invero, come chiarito da codesta Ecc.ma Corte, l'impronta unitaria della pianificazione paesaggistica «e' assunta a valore imprescindibile non derogabile dal legislatore regionale in quanto espressione di un intervento teso a stabilire una metodologia uniforme nel rispetto della legislazione di tutela dei beni culturali e paesaggistici sull'intero territorio nazionale» (cfr. sentenza n. 182 del 2006; nonche', sentenza n. 272 del 2009). Ne deriva che, anche nell'ambito della Regione Siciliana, il piano paesaggistico assume carattere necessariamente sovraordinato agli altri strumenti di pianificazione territoriale, in applicazione degli articoli 135, 143 e 145 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. Per questa ragione, si ritiene che la disposizione impugnata determini - inter alia - un notevole "abbassamento" del livello di tutela dei valori ambientali e paesaggistici, in contrasto con l'articolo 9 della Costituzione, ai sensi del quale il paesaggio e l'ambiente costituiscono valori primari e assoluti (cfr. sentenza n. 367 del 2007). Si tratta, peraltro, di valori che trovano specifico riconoscimento anche in sede internazionale nell'ambito della gia' menzionata Convenzione europea del paesaggio, adottata il 20 ottobre 2000. Pertanto, la norma regionale impugnate viola altresi' l'art. 117, comma 1, della Costituzione, nella parte in cui vincola anche il legislatore regionale all'osservanza degli obblighi internazionali assunti dall'Italia; nonche', il comma 2, lettera s), del medesimo articolo che attribuisce alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali», e il successivo comma 3, che riserva parimenti allo Stato la determinazione dei principi fondamentali in materia di «governo del territorio», tra i quali rientrano anche le menzionate disposizioni della legge urbanistica n. 1150 del 1942, del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 e del decreto legislativo n. 42 del 2004. Infine, si osserva che la Regione Siciliana ha certamente competenza legislativa esclusiva in materia di urbanistica, tutela del paesaggio e conservazione delle antichita' e delle opere artistiche, ai sensi dell'art. 14, comma 1, lettere f) e n), dello Statuto di autonomia; tuttavia, tale competenza si esplica pur sempre nei limiti delle leggi costituzionali e, comunque, senza pregiudizio per le «norme di grande riforma economico sociale» dello Stato, che si impongono anche alle autonomie speciali (cfr. sentenza n. 238 del 2013). Ebbene, non vi e' dubbio che, tra le suddette norme, rientrino anche le sopramenzionate disposizioni statali, in quanto poste a salvaguardia dell'ordinato sviluppo edilizio-urbanistico, nonche' a tutela dell'ambiente e del paesaggio. Si confida, pertanto, nella declaratoria di illegittimita' costituzionale della disposizione impugnata, tenuto altresi' conto di come essa si ponga finanche in contrasto con il principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 della Costituzione, ammettendo ex post interventi di recupero che - al momento della loro realizzazione - erano in contrasto con gli strumenti urbanistici ed edilizi comunali, con conseguente pregiudizio per la certezza del diritto e per il legittimo affidamento dei potenziali controinteressati. XI - Art. 13, comma 50 - L'art. 13, comma 50, della legge impugnata dispone che "All'art. 55 della legge regionale 17 marzo 2016, n. 3, dopo le parole «liquidazione coatta amministrativa» sono aggiunte le parole «nonche' ai soci che hanno favorevolmente ottenuto i benefici di cui all'art. 179 del codice penale»". Ne consegue che il testo dell'art. 55 della legge n. 3 del 2016 - attualmente vigente - dispone che "Il comma 3 dell'art. 2 della legge regionale 10 ottobre 1994, n. 37 si interpreta nel senso che i benefici previsti dal comma 1 dell'art. 2 della suddetta legge si applicano ai soci delle cooperative agricole, gia' utilmente inserite in graduatoria per il godimento dei suddetti benefici, per le quali sia stato dichiarato lo stato di insolvenza ovvero siano pendenti o gia' definite le procedure di fallimento o liquidazione coatta amministrativa nonche' ai soci che hanno favorevolmente ottenuto i benefici di cui all'art. 179 del codice penale" (enfasi aggiunte). Ebbene, la norma reca evidenti oneri finanziari a carico del bilancio regionale, dato che l'art. 2, comma 3, della legge regionale 10 ottobre 1994, n. 37, ammette i soci delle cooperative agricole per le quali sia stato gia' dichiarato lo stato di insolvenza o il fallimento o sia stata gia' avviata la liquidazione coatta amministrativa ai benefici previsti dal comma 1 della medesima disposizione: vale a dire, l'assunzione a carico del bilancio della Regione Siciliana delle garanzie prestate da tali soggetti in favore delle cooperative stesse. Pertanto, sulla base dei principi costituzionali gia' menzionati e ampiamente esaminati nei precedenti capi del presente atto, l'Ente regionale avrebbe dovuto quantificare i suddetti oneri ed individuare i mezzi finanziari per farvi fronte; tuttavia, tali adempimenti non sono stati soddisfatti. Di qui, l'evidente violazione dell'art. 81, terzo comma, della Costituzione, direttamente applicabile - per univoca giurisprudenza di codesta Ecc.ma Corte - anche alla Regione Siciliana (cfr. sentenza n. 226 del 2021). XII - Art. 13, comma 53 - L'art. 13, comma 53, della legge impugnata dispone che "Il comma 1-bis dell'art. 122 della legge regionale 26 marzo 2002, n. 2 e successive modificazioni e' sostituito dal seguente: «1-bis. Gli elenchi regionali degli idonei alle cariche di direttore amministrativo sono aggiornati almeno ogni due anni. Alla selezione sono ammessi i candidati che non abbiano compiuto sessantacinque anni di eta' in possesso di: a) diploma di laurea di cui all'ordinamento previgente al decreto ministeriale 3 novembre 1999, n. 509 oppure laurea specialistica o magistrale; b) comprovata esperienza nella qualifica di dirigente, almeno quinquennale, nel settore sanitario o settennale in altri settori, con autonomia gestionale e diretta responsabilita' delle risorse umane, tecniche e/o finanziarie, maturata nel settore pubblico o nel settore privato»". Al fine di comprendere l'illegittimita' costituzionale della disposizione sopra trascritta, appare indispensabile ricostruire le disposizioni legislative statali vigenti in materia di conferimento dell'incarico di direttore amministrativo e di direttore sanitario. In particolare, l'art. 3 del decreto legislativo 4 agosto 2016, n 171, relativamente al conferimento dell'incarico di direttore amministrativo e di direttore sanitario, attesa la specificita' delle funzioni amministrative e igienico-sanitari che i citati direttori sono chiamati a svolgere, conferma i requisiti gia' previsti dall'art. 3, comma 7, e dall'art. 3-bis, comma 9, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modifiche e integrazioni. Nello specifico, il citato decreto legislativo n. 502 del 1992, per la figura professionale del direttore amministrativo, prevede - all'art. 3, comma 7 - che la nomina possa essere conferita ad «un laureato in discipline giuridiche o economiche che, all'atto del conferimento dell'incarico, non abbia compiuto il sessantacinquesimo anno di eta' e che abbia svolto per almeno cinque anni una qualificata attivita' di direzione tecnica o amministrativa in enti o strutture sanitarie pubbliche o private di media o grande dimensione» (enfasi aggiunte). Di contro, la disposizione regionale impugnata introduce una deroga alle citate disposizioni legislative prevedendo che l'incarico di direttore amministrativo possa essere conferito anche a coloro che abbiano acquisito l'esperienza professionale settennale in settori non sanitari. Orbene, le citate disposizioni statali che prescrivono specifici requisiti per l'iscrizione negli elenchi dei soggetti idonei alla nomina di direttore amministrativo delle aziende sanitarie regionali costituiscono un principio fondamentale della legislazione statale in materia di tutela della salute. Difatti, come gia' chiarito da codesta Ecc.ma Corte, la disciplina in esame e' evidentemente ispirata dall'intento di circoscrivere la scelta dei dirigenti de quibus ai «candidati in possesso di comprovati titoli e capacita' professionali, iscritti in appositi elenchi, allo scopo di affrancare la dirigenza sanitaria da condizionamenti di carattere politico e di privilegiare criteri di selezione che assicurino effettive capacita' gestionali e un'elevata qualita' manageriale» (cfr. sentenza n. 155 del 2022). In altri termini, si ritiene che, nella materia «tutela della salute», rientrino tra i principi fondamentali, la cui determinazione e' riservata allo Stato, anche le disposizioni relative ai requisiti per l'accesso alla dirigenza sanitaria e amministrativa, in quanto essi si collocano in una prospettiva di miglioramento del «rendimento» e della «qualita'» del servizio offerto, oltreche' dell'imparzialita' e del buon andamento dell'attivita' amministrativa (cfr. sentenza n. 209 del 2021, n. 87 del 2019, n. 159 del 2018, n. 190 del 2017, n. 124 del 2015, n. 295 del 2009, n. 449 del 2006 e n. 422 del 2005). Pertanto, la norma regionale impugnata si pone in evidente contrasto con le menzionate disposizioni di principio dettate dal legislatore statale, atteso che essa modifica la tipologia del requisito culturale e dell'esperienza richiesta ai soggetti che aspirano ad accedere all'incarico di direttore amministrativo, ampliando l'area in cui la citata esperienza puo' essere acquisita fino a ricomprendere settori del tutto estranei all'ambito sanitario. Di qui, la violazione - per il tramite delle citate norme interposte - dell'art. 117, comma 3, della Costituzione, nella parte in cui riserva allo Stato la determinazione dei principi fondamentali in materia di «tutela della salute». Inoltre, si osserva che il rapporto di lavoro instaurato con il direttore amministrativo rientra nell'ambito del pubblico impiego privatizzato. Pertanto, la disciplina dei requisiti per l'instaurazione del suddetto rapporto di lavoro rientra non solo nella materia relativa alla «tutela della salute», ma anche in quella concernente il cd. «ordinamento civile». Di qui, l'illegittimita' costituzionale della disposizione censurata, nella misura in cui interviene in una materia che l'art. 117, comma 2, lettera l), della Costituzione riserva alla competenza esclusiva dello Stato. Si soggiunge, infine, che la norma in esame, prevedendo requisiti di qualificazione meno rigorosi e selettivi rispetto a quelli prescritti dall'art. 3, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, si pone finanche in contrasto con i principi di buon andamento e imparzialita' della pubblica amministrazione, previsti dall'art. 97, comma 2, della Costituzione. Si confida, pertanto, nella declaratoria di illegittimita' costituzionale l'art. 13, comma 53, della legge regionale n. 13 del 2022, dato che esso si pone in contrasto con le menzionate disposizioni costituzionali, eccedendo dall'ambito delle competenze legislative riservate alla Regione Siciliana dallo Statuto di autonomia e, in particolare, dall'art. 17 che - in materia di «sanita' pubblica» - fa comunque salva l'osservanza dei «principi ed interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato» (cfr. sentenze n. 155 del 2022, n. 159 del 2018, n. 430 del 2007 e n. 448 del 2006). XIII - Art. 13, comma 55 - L'art. 13, comma 55, legge regionale n. 13/2022 dispone quanto segue: «55. Le strutture pubbliche e private accreditate eroganti prestazioni specialistiche e di diagnostica di laboratorio possono raggiungere gli standard organizzativi e di personale richiesti dall'articolo 29, comma 1, del decreto legge 25 maggio 202 1, n. 73, convertito con modificazioni con legge 23 luglio 2021, n. 1061, anche attraverso la costituzione di reti di impresa di cui all'articolo 3 del decreto legge 10 febbraio 2009, n. 5 convertito con modificazioni con legge 9 aprile 2009, n. 33. Per l'anno 2022 i trasferimenti extrabudget in favore dei soggetti privati convenzionati con il Servizio sanitario regionale sono calcolati sul consolidato dell'anno 2019». La norma e' censurabile, presentando due profili di incostituzionalita'. In primo luogo, la previsione della legge regionale secondo la quale «Per l'anno 2022 i trasferimenti extrabudget in favore dei soggetti privati convenzionati con il Servizio sanitario regionale sono calcolati sul consolidato dell'anno 2019», non e' conforme al vigente ordinamento in materia e si pone, pertanto, in contrasto con il riparto che l'art. 117, comma 3, Costituzione, opera ratione materiae, attribuendo al legislatore statale la competenza in materia di principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica. Per giurisprudenza costituzionale ormai costante i principi fondamentali di tale materia vincolano anche le autonomie speciali, poiche' essi sono funzionali «a preservare l'equilibrio economico-finanziario del complesso delle amministrazioni pubbliche e anche a garantire l'unita' economica della Repubblica, come richiesto dai principi costituzionali e dai vincoli derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea (sentenza n. 82 del 2015, nonche', ex multis, sentenza n. 62 del 2017) (sentenza n. 151 del 2017; con specifico riferimento alla Regione Siciliana, sentenza n. 159 del 2018)» (sentenza n. 130 del 2020; nello stesso senso, tra le tante, sentenze n. 241, n. 172 e n. 103 del 2018, n. 154 del 2017). Del resto, anche la finanza delle Regioni a statuto speciale e' considerata parte della finanza pubblica allargata (sentenza n. 231 del 2017). La potesta' legislativa concorrente delle regioni nel settore della tutela della salute (ivi inclusa quella riconosciuta alla Regione siciliana dall'art. 17 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, convertito nella legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2) incontra limiti alla luce degli obiettivi di finanza pubblica e del contenimento della spesa, in connessione con il perseguimento di obiettivi nazionali, condizionati anche da obblighi euro-unitari (cfr. ex multis Corte costituzionale, sentenza n. 180 del 2013, sentenza n. 91 del 2012, n. 163 del 2011). La norma in esame e' quindi incostituzionale, per prevedere la possibilita' di «trasferimenti extrabudget» a dispetto dei principi in materia. Cosi' come e' stato chiarito anche dal Consiglio di Stato, sezione III, nella sentenza n. 8161 del 7 dicembre 2021, l'art. 8-quinquies, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, in materia di accordi e contratti con le strutture sanitarie e sociosanitarie accreditate, non consente la remunerazione delle prestazioni che eccedono il tetto di spesa, in quanto la funzionalita' del sistema di programmazione della spesa sanitaria presuppone il rispetto dei limiti di spesa stabiliti. Nella medesima sentenza, e' richiamato anche l'orientamento della Corte di Cassazione secondo il quale tanto la fissazione del tetto massimo annuale di spesa sostenibile con il fondo sanitario (per singola istituzione o per gruppi di istituzioni), quanto la determinazione dei preventivi annuali delle prestazioni, risultano rimessi «ad un atto autoritativo e vincolante di programmazione regionale, e non gia' ad una fase concordata e convenzionale», dal momento che «tale attivita' di programmazione, tesa a garantire la corretta gestione delle risorse disponibili, assume valenza imprescindibile in quanto la fissazione dei limiti di spesa rappresenta l'adempimento di un preciso ed ineludibile obbligo che influisce sulla possibilita' stessa di attingere le risorse necessarie per la remunerazione delle prestazioni erogate» (Cass. civ., sez. III, n. 27997 del 2019, che richiama peraltro la decisione del Cons. St., Ad. Plen., 12 aprile 2012, n. 3). Cio' comporta che «l'osservanza del tetto di spesa in materia sanitaria rappresenta un vincolo ineludibile che costituisce la misura delle prestazioni sanitarie che il Servizio sanitario nazionale puo' erogare e che puo' permettersi di acquistare da ciascun erogatore privato», con la conseguenza che si e' ritenuta persino «giustificata (anche) la mancata previsione di criteri di remunerazione delle prestazioni extrabudget», e cio' in ragione della «necessita' di dover comunque rispettare i tetti di spesa e, quindi, il vincolo delle risorse disponibili» (cosi', in motivazione, Cass. civ., sez. III, n. 27608 del 2019, la quale richiama Cons. St., sez. III, 10 febbraio 2016, n. 566; id. 10 aprile 2015, n. 1832). Del resto, «in condizioni di scarsita' di risorse e di necessario risanamento del bilancio, cosi' come chiarito dalla Corte di Cassazione, anche il sistema sanitario non puo' prescindere dall'esigenza di perseguire obiettivi di razionalizzazione finalizzati al raggiungimento di una situazione di equilibrio finanziario attraverso la programmazione e la pianificazione autoritativa e vincolante dei limiti di spesa dei vari soggetti operanti nel sistema» (in tal senso, Cass. civ., sez. III, n. 27608 del 2019, cit.). Cio' che rileva in tale ambito, infatti, e' «un potere connotato da ampi margini di discrezionalita', posto che deve bilanciare interessi diversi e per certi versi contrapposti, ovvero l'interesse pubblico al contenimento della spesa, il diritto degli assistiti alla fruizione di adeguate prestazioni sanitarie, le aspettative degli operatori privati che si muovono secondo una legittima logica imprenditoriale e l'assicurazione della massima efficienza delle strutture pubbliche che garantiscono l'assistenza sanitaria a tutta la popolazione secondo i caratteri tipici di un sistema universalistico». Il tutto, pero', sempre nella prospettiva «che il perseguimento degli interessi collettivi e pubblici compresenti nella materia» non resti «subordinato e condizionato agli interessi privati i quali, per quanto meritevoli di tutela, risultano cedevoli e recessivi rispetto a quelli pubblici» (vedi Cass. civ., sez. III, n. 27608 del 2019, cit.), giacche', in definitiva, gli «operatori privati restano liberi di valutare la convenienza a continuare ad operare in regime di accreditamento accettando le limitazioni imposte, oppure di collocarsi al di fuori del servizio sanitario nazionale e continuare ad operare privatamente» (Corte costituzionale, 26 maggio 2005, n. 200). La disposizione in esame presenta un'ulteriore criticita', nella parte in cui prevede che «le strutture pubbliche e private accreditate eroganti prestazioni specialistiche e di diagnostica di laboratorio possono raggiungere gli standard organizzativi e di personale richiesti dall'art. 29, comma 1, del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, convertito con modificazioni con legge 23 luglio 2021, n. 106, anche attraverso la costituzione di reti di impresa di cui all'art. 3 del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5 convertito con modificazioni con legge 9 aprile 2009, n. 33». La disposizione, infatti, non sembra assicurare, in modo chiaro, la coerenza con le indicazioni di riferimento al livello nazionale, di cui ai «Criteri per la riorganizzazione delle reti di offerta di diagnostica di laboratorio» approvati con Accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome (Rep. Atti 61 /CSR del 23 marzo 2011, allegato A). Detti criteri, infatti, impegnano le regioni alla attivazione di «meccanismi di reale aggregazione fra strutture di laboratorio, volte non tanto alla sopravvivenza delle stesse, ma ad un reale progetto di miglioramento della qualita' complessiva» (pag. 4, enfasi aggiunte). La norma si espone allora anche al profilo di incostituzionalita' per violazione dei principi stabiliti dal legislatore statale in materia di tutela della salute, ai sensi dell'art. 117, comma 3, della Costituzione, dal momento che la stessa non chiarisce se lo standard relativo al numero minimo di 200.000 prestazioni da garantire quale requisito di accreditamento per le strutture eroganti prestazioni di laboratorio (ai sensi dell'art. 29, comma 1, del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, cui il legislatore regionale deve attenersi), sia, in ogni caso, da intendersi con riferimento a ciascuna struttura in senso fisico e non al complesso delle strutture interessate e, quindi, in forma aggregata, ne' precisa se tale aggregazione debba essere conforme ai criteri di cui all'Accordo sopra citato. XIV - Art. 13, comma 57 - L'art. 13, comma 57 modifica l'art. 60, comma 1, della legge regionale n. 9 del 2021, stabilendo l'assunzione a tempo indeterminato per il personale ivi disciplinato con riferimento al 50 per cento dei posti resisi vacanti al 31 dicembre 2021 invece che al 31 dicembre 2020. Al riguardo, tenuto conto che si tratta di finanziamenti destinati a stabilizzazioni di personale precario e, pertanto, di assunzioni a tempo indeterminato, gli oneri conseguenti vanno coperti a regime anche se si tratta di trasferimenti di risorse dalla Regione ai consorzi a tale fine destinati. I relativi oneri sono quantificati in euro 991.566,71 per l'esercizio finanziario 2022, alla cui copertura si provvede a valere della Missione 16, Programma 1, capitolo 147320. Tuttavia, a decorrere dal 2023 la disposizione comporta oneri non quantificati e privi di copertura finanziaria, pertanto, in contrasto con l'art. 81, terzo comma, della Costituzione. Sul punto, si richiama la costante giurisprudenza di codesta Corte Costituzionale, secondo cui [...] la mancata considerazione degli oneri vale a rendere la legge costituzionalmente illegittima per mancanza di copertura non soltanto per spese obbligatorie, ma anche se si tratta di oneri solo "ipotetici", in quanto l'art. 81 della Costituzione «impone che, ogniqualvolta si introduca una previsione legislativa che possa, anche solo in via ipotetica, determinare nuove spese, occorr[e] sempre indicare i mezzi per farvi fronte» (ex multis, sentenze n. 155 del 2022, n. 163 del 2020 e n. 307 del 2013). Nel caso in esame manca del tutto non solo la copertura, ma anche la quantificazione degli oneri gravanti sulla Regione a partire dal 2023. La norma in esame si pone dunque in violazione dell'art. 81, terzo comma, della Costituzione. XV - Art. 13, comma 58 - L'art. 13, comma 58 reca la disposizione relativa al riconoscimento dell'Istituto zootecnico sperimentale per la Sicilia quale ente di ricerca della Regione; agli oneri discendenti dalla norma in questione per l'esercizio finanziario 2022, quantificati in euro 929.593,79, si provvede a valere sulla Missione 16, Programma 1, cap. 143328 e, a decorrere dall'esercizio finanziario 2025, si provvede ai sensi dell'art. 38, comma 1, decreto legislativo n. 118/2011 in materia di copertura delle leggi regionali di spesa. La copertura finanziaria della maggiore spesa a carico del bilancio regionale e' prevista dal comma in esame limitatamente all'anno 2022. La norma e' dunque incostituzionale per violazione dell'obbligo di copertura finanziaria delle leggi di spesa sancito dall'art. 81, terzo comma, della Costituzione, cosi' come declinato dall'art. 38, comma 1, del decreto legislativo n. 118 del 2011, che richiede al legislatore regionale di assicurare, alle spese a carattere obbligatorio e continuativo (quali quelle del caso di specie, caratterizzate da una costante incidenza su una pluralita' indefinita di esercizi finanziari), immediata copertura per tutti e tre gli esercizi considerati dal bilancio di previsione pluriennale e di indicare l'onere a regime, potendo rinviare la quantificazione alla legge di bilancio nel solo caso in cui si tratti di spese non obbligatorie. Si rammenta nuovamente che secondo la costante giurisprudenza di codesta Corte costituzionale, la mancata considerazione degli oneri vale a rendere la legge costituzionalmente illegittima per mancanza di copertura non soltanto per spese obbligatorie, ma anche se si tratta di oneri solo "ipotetici", in quanto l'art. 81 della Costituzione «impone che, ogniqualvolta si introduca una previsione legislativa che possa, anche solo in via ipotetica, determinare nuove spese, occorr[e] sempre indicare i mezzi per farvi fronte» (sentenze n. 155/2022, n. 163 del 2020 e n. 307 del 2013). XVI - Art. 13, comma 68 - L'art. 13, comma 68 (Assunzioni di trecento unita' di personale di livello dirigenziale), nel modificare l'art. 12 della legge regionale n. 9/2021, prevede l'assunzione di trecento unita' di personale di livello dirigenziale a tempo determinato in luogo delle altrettante trecento unita' di personale non dirigenziale indicate nella disposizione oggetto di modifica. Inoltre, viene soppresso il limite del 20% per l'assegnazione da parte della Regione del personale contrattualizzato, di cui al medesimo art. 12, in distacco, previa convenzione, presso i comuni e gli altri enti locali e senza oneri a loro carico, in relazione al fabbisogno di personale, ai progetti da realizzare e agli obiettivi da raggiungere, al fine di assicurare un incremento della capacita' di gestione tecnico-amministrativa dei progetti finanziati dalle risorse della politica unitaria di coesione per gli enti territoriali. La norma in esame presente profili di incostituzionalita' in relazione all'art. 81, terzo comma (copertura finanziaria), all'art. 97, secondo comma (buon andamento e imparzialita' dell'amministrazione), all'art. 117, secondo comma, lettera l) e terzo comma (ordinamento civile e determinazione dei principi fondamentali riservati alla legislazione dello Stato), all'art. 119, primo comma (principi di coordinamento della finanza pubblica) della Costituzione, e all'art. 14 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, convertito nella legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2. Al riguardo, si rappresenta che la disposizione oggetto di modifica, concernente l'assunzione di trecento unita' di personale non dirigenziale a tempo determinato per una spesa, pari a 27 milioni di euro annui, a valere sulle «risorse destinate ai programmi della politica unitaria di coesione», in sede di esame della legge regionale n. 9/2021, aveva costituito oggetto di richiesta di chiarimenti, in relazione alla sovrastima del relativo onere che, per la sua entita', appariva riconducibile al trattamento economico del personale con qualifica dirigenziale, con cio' incidendo in misura significativa sulle risorse destinate alla realizzazione dei predetti programmi comunitari. A fronte di tale richiesta, la Regione aveva assicurato che le assunzioni in esame erano destinate unicamente al reclutamento di personale, per la durata massima di trentasei mesi, da inquadrare nella categoria D - Posizione economica D1, con un onere medio pro-capite annuo pari ad euro 45.000, ed un costo complessivo annuo di 13,5 milioni di euro, inferiore, in ogni caso, al limite massimo di spesa previsto per le finalita' complessive della disposizione in questione, evidenziando altresi' che le risorse eccedenti il costo del personale erano invece destinate alle finalita' di espletamento delle procedure concorsuali per l'assunzione delle suddette trecento unita' di personale non dirigenziale a tempo determinato. La Regione Siciliana ha inoltre affermato che, al fine di reperire le risorse extra regionali necessarie per l'attuazione del citato art. 12 della legge regionale n. 9/2021, nella scheda progettuale redatta per l'Agenzia per la Coesione territoriale, e' stato stimato un onere complessivo nel triennio pari a euro 43 milioni, di cui euro 2,5 milioni nel primo anno da destinare alle procedure di reclutamento ed euro 13,5 milioni per ciascuno dei tre anni di riferimento quali oneri di personale. L'attuale modifica contenuta nell'art. 13, comma 68, legge n. 13 del 2022, pertanto, si pone in antitesi con quanto precedentemente affermato e con la scheda progettuale redatta per l'Agenzia per la Coesione territoriale in quanto, nel finalizzare le predette trecento assunzioni al reclutamento di personale di livello dirigenziale anziche' di personale del comparto, contraddice integralmente quanto affermato precedentemente dalla Regione e determina il raddoppio degli oneri, con cio' sottraendo in misura significativa risorse di derivazione U.E. destinate in via prioritaria alla realizzazione dei predetti programmi comunitari. Inoltre, la modifica normativa in esame si pone in contrasto con quanto stabilito dall'Accordo Stato-Regione Siciliana del 14 gennaio 2021 per il ripiano decennale del disavanzo, che ha previsto, al punto 2, lettera e), lo snellimento della struttura ammnistrativa della Regione, al fine di ottenere una riduzione significativa degli uffici di livello dirigenziale e, in misura proporzionale, delle dotazioni organiche del personale dirigenziale, nonche' la sospensione del reclutamento dei profili dirigenziali per il triennio 2021-2023. Al riguardo, si rammenta che con decreto Presidenziale Regione Siciliana n. 9 del 5 aprile 2022, attuativo dell'art. 13, comma 3, della legge regionale n. 3/2016, sono stati rimodulati gli assetti organizzativi dell'amministrazione regionale, riducendo il numero delle strutture dirigenziali da 1227 a 832 con una diminuzione pari al 32,19%, mentre con decreto Presidenziale Regione Siciliana n. 109 del 30 aprile 2021, in attuazione dell'art. 10, comma 1, lettera b,) della legge regionale n. 9/2021, la dotazione organica della dirigenza per l'anno 2022 e' stata rideterminata in ottocentoquarantasette unita' pari alle unita' effettivamente in servizio. Cio' posto, si evidenzia che l'assunzione di ulteriori trecento dirigenti - seppure a tempo determinato - prevista dal comma in esame, determina la creazione di posizioni soprannumerarie, tenuto conto che non esistono le corrispondenti e necessarie strutture di livello dirigenziale. Per completezza di analisi, si richiamano anche le reiterate osservazioni in materia di dirigenza regionale formulate annualmente dalla Corte dei conti - Sezione regionale di controllo per la Sicilia, in sede di parifica del rendiconto generale, laddove la Magistratura contabile ha ritenuto il numero dei dirigenti regionali lontano dalla media nazionale, pur considerando e solo in parte giustificando tale discrasia in relazione all'autonomia differenziata di cui gode la Regione siciliana ed alle funzioni altrove allocate a livello statale (v. ad esempio Relazione delle Sezioni Riunite della Corte dei conti per la Regione siciliana sul Rendiconto generale della Regione Siciliana esercizio 2019, pagg. 121-122). La medesima Sezione regionale ha, altresi', evidenziato come appaia assai problematico, allo stato attuale, procedere all'assunzione di nuovo personale dirigenziale senza aver prima posto fine alla situazione di stallo determinata dal mancato superamento della terza fascia dirigenziale che, secondo le previsioni dell'art. 6 della legge regionale n. 10 del 2000, doveva essere mantenuta solo in una fase di prima applicazione. Invece la cristallizzazione della terza fascia, a quasi vent'anni dalla sua transitoria previsione, continua a perpetrare una grave distonia rispetto al contesto normativo della dirigenza pubblica degli altri comparti, cui invece occorrerebbe omogeneizzarsi, dando vita a incancrenite situazioni di palese distonia tra inquadramento e funzioni espletate. Aderendo, infatti, alla natura transitoria della terza fascia, sconosciuta nel panorama nazionale, rischia di crearsi il paradosso di unita' dirigenziali neo assunte, inquadrate direttamente in seconda fascia, e quindi in posizione prioritaria rispetto all'attribuzione degli incarichi dirigenziali nei confronti della generalita' dei dirigenti attualmente collocati in terza fascia, molti dei quali gia' titolari da anni di incarichi dirigenziali generali o di strutture dirigenziali quali aree e servizi. Cio' posto, anche in considerazione degli autorevoli orientamenti della Magistratura contabile sopra richiamati, si evidenzia che le citate assunzioni di dirigenti non risultano nemmeno essere coerenti con quanto previsto dal punto 2, lettera j) del richiamato Accordo Stato-Regione Siciliana del 14 gennaio 2021, in materia di recepimento dei principi di dirigenza pubblica gia' applicati in via ordinaria dalle comparabili amministrazioni pubbliche di cui al decreto legislativo n. 165/2001. Sulla base della certificazione relativa all'anno 2021 per la verifica dell'attuazione dei punti 1 e 2 dell'Accordo Stato-Regione Siciliana del 14 gennaio 2021, per quanto riguarda il punto 2, lettera j) - recepimento dei principi in materia di dirigenza pubblica - la Regione ha confermato di non aver predisposto alcun provvedimento normativo per armonizzare/equiparare all'ordinamento delle altre Regioni l'anomala situazione della dirigenza regionale, attualmente articolata su tre livelli dirigenziali, di cui i primi due livelli quasi senza dirigenti in servizio ed il terzo livello - ad esaurimento - con la presenza della quasi totalita' dei dirigenti in servizio. Inoltre, la norma regionale assume natura asistematica e microsettoriale se confrontata con la corrispondente normativa statale in materia di reclutamento di personale finalizzato al rafforzamento della capacita' ammnistrativa delle pubbliche amministrazioni per l'attuazione dei progetti del PNRR e al tempestivo utilizzo delle corrispondenti risorse di derivazione comunitaria. Infatti, l'art. 1 del decreto-legge n. 80/2021 prevede la possibilita' di effettuare assunzioni a tempo determinato solamente di personale non dirigenziale ovvero di conferire incarichi di collaborazione, nei limiti degli importi previsti dalle corrispondenti voci di costo del quadro economico dei progetti. Per quanto concerne le assunzioni di personale dirigenziale la vigente normativa consente la deroga, fino al raddoppio, delle percentuali di cui all'art. 19, comma 6, del decreto legislativo n. 165/2001, ai fini della copertura delle posizioni dirigenziali vacanti relative a compiti strettamente e direttamente finalizzati all'attuazione dei progetti, a valere sulle risorse finanziarie disponibili e nei limiti delle facolta' assunzionali vigenti per le amministrazioni interessate. Appare, pertanto, chiaro il contrasto della norma regionale in esame con il quadro normativo generale di riferimento in materia di impiego pubblico, tenuto conto che per espressa previsione statutaria (art. 14, comma 1, lettera q) del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, convertito nella legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2), l'esercizio della competenza esclusiva della Regione Siciliana sullo stato giuridico ed economico del proprio personale deve comunque avvenire in armonia con i principi generali dell'ordinamento giuridico della Repubblica e puo' essere esercitata entro i limiti delle leggi costituzionali dello Stato, di quelli stabiliti dalle norme fondamentali di riforma economico-sociale, dei principi comunitari e delle norme internazionali. La disciplina degli incarichi dirigenziali, per quanto attiene ai profili normativi del rapporto, e' materia attratta all'ordinamento civile e, in quanto tale, rimessa alla potesta' esclusiva dello Stato dall'art. 117 della Costituzione, secondo comma, lettera l), (sentenze Corte costituzionale n. 324 del 2010, n. 62 del 2019). Come affermato da codesta Corte costituzionale (sentenze n. 77 del 2013, n. 151 del 2010, n. 95 del 2007), "la disciplina del rapporto lavorativo dell'impiego pubblico privatizzato e' rimessa alla competenza legislativa statale di cui all'art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, in quanto riconducibile alla materia «ordinamento civile», che vincola anche gli enti ad autonomia differenziata". In particolare, la gia' richiamata sentenza di codesta Corte costituzionale n. 324/2010 ha sancito che la disciplina relativa al conferimento degli incarichi dirigenziali non attiene a materie di competenza concorrente (coordinamento della finanza pubblica) o residuale regionale (organizzazione delle Regioni e degli uffici regionali, organizzazione degli enti locali), bensi' alla materia dell'ordinamento civile di competenza esclusiva statale per cui, in ragione del principio di unita' e indivisibilita' dell'ordinamento civile dello Stato tali precetti sono direttamente applicabili anche alla Regione Siciliana. Tanto premesso, la norma regionale in argomento determina una violazione dell'articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione in materia di ordinamento civile, cui la Regione, pur nel rispetto della propria autonomia, non puo' derogare. Sul punto va altresi' rilevato che il consolidato orientamento giurisprudenziale di codesta Corte costituzionale risulta condiviso anche dalla Corte dei conti - Sezione Giurisdizionale di Appello per la Regione Siciliana, che lo ha richiamato nella sentenza n. 150/A del 15 settembre 2021. Tanto premesso, il comma 68 in esame e' incostituzionale, per violazione dell'art. 81, terzo comma (copertura finanziaria), dell'art. 97, secondo comma (buon andamento e imparzialita' dell'amministrazione), dell'art. 117, secondo comma, lettera l) e terzo comma (ordinamento civile e determinazione dei principi fondamentali riservati alla legislazione dello Stato), dell'art. 119, primo comma (principi di coordinamento della finanza pubblica) della Costituzione, e dell'art. 14 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, convertito nella legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2. XVII - Art. 13, comma 90 - L'art. 13, al comma 90 stabilisce che: «All'art. 54, comma 6, della legge regionale 13 agosto 2020, n. 19 e successive modificazioni, le parole "non oltre cinque anni" sono sostituite dalle parole "non oltre tre anni".» Per effetto di tali modifiche, l'art. 54, comma 6, della legge regionale n. 19 del 2020, recante «Norme per il governo del territorio», nella formulazione attualmente vigente, prevede che: «Le misure di salvaguardia degli strumenti urbanistici adottati dai comuni, vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge, sono prorogate fino alla data di entrata in vigore del PTR e comunque non oltre tre anni dalla loro entrata in vigore». Si tratta, tuttavia, di una disciplina che presenta significativi profili di difformita' rispetto a quella contenuta nel testo unico per l'edilizia approvato con decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001. - L'art. 12, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 prevede, infatti, che: «In caso di contrasto dell'intervento oggetto della domanda di permesso di costruire con le previsioni di strumenti urbanistici adottati, e' sospesa ogni determinazione in ordine alla domanda. La misura di salvaguardia non ha efficacia decorsi tre anni dalla data di adozione dello strumento urbanistico, ovvero cinque anni nell'ipotesi in cui lo strumento urbanistico sia stato sottoposto all'amministrazione competente all'approvazione entro un anno dalla conclusione della fase di pubblicazione». Il termine di durata delle misure di salvaguardia e' stato, dunque, fissato dal legislatore statale in tre anni dalla data della delibera di adozione del piano. Tale termine e' stato protratto sino a cinque anni per quei Comuni che abbiano presentato il piano alla Regione per l'approvazione. Detti termini hanno un carattere perentorio, atteso che l'esigenza sottesa a tali misure e' la salvaguardia degli assetti urbanistici in itinere. In altri termini, esse hanno finalita' di carattere conservativo, che devono essere rinvenute nella necessita' di scongiurare il rischio che le richieste dei privati, fondate su una pianificazione ritenuta non piu' attuale, in quanto in fieri, e quindi potenzialmente modificata, finiscano per alterare profondamente la situazione di fatto e, di conseguenza, per pregiudicare definitivamente proprio gli obiettivi generali cui invece e' finalizzata la programmazione urbanistica, rendendo estremamente difficile, se non addirittura impossibile, l'attuazione del piano urbanistico in itinere (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 20 gennaio 2014, n. 257). Nell'istituto di salvaguardia delineato dall'art. 12 del citato decreto del Presidente della Repubblica convergono due interessi: da un lato, quello del privato all'edificazione, secondo gli strumenti urbanistici vigenti; dall'altro, quello pubblico, teso a realizzare l'effettivita' delle previsioni urbanistiche fin dal momento della loro adozione. Di qui il carattere obbligatorio e vincolato della misura, sicche', in costanza di un procedimento di approvazione di un piano urbanistico o sue varianti, grava sull'amministrazione comunale l'onere di sospendere ogni determinazione sulla domanda di rilascio del permesso di costruire in attesa della definitiva approvazione del piano (cfr. ex pluribus, Cons. Stato, Sez. IV, 23 luglio 2009, n. 4660; Cons. Stato, Sez. IV, 28 febbraio 2005, n. 764; Cons. Stato, Sez. IV, 6 marzo 1998, n. 382). La disposizione regionale riduce, del tutto arbitrariamente, da cinque a tre anni il termine di durata delle misure di salvaguardia, peraltro svincolandole dall'adozione dei relativi piani territoriali, e introduce cosi' nell'ordinamento regionale una disposizione derogatoria alle norme statali in tema di pianificazione urbanistica comunale e paesaggistica, agevolando la trasformazione edificatoria del territorio con il conseguente grave abbassamento del livello della tutela del paesaggio. La Regione Siciliana ha una competenza legislativa esclusiva in materia di tutela del paesaggio e di conservazione delle antichita' e delle opere artistiche, ai sensi dell'art. 14, comma 1, lettera n), del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, convertito nella legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, nonche' di urbanistica, ai sensi della lettera f), del medesimo art. 14: tuttavia tale competenza si esplica «nei limiti delle leggi costituzionali dello Stato, senza pregiudizio delle riforme agrarie e industriali, deliberate dalla Costituente del popolo italiano». La legislazione regionale primaria trova un preciso limite nelle «norme di grande riforma economico-sociale», come quelle dettate dal decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'art. 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), e quelle in tema di pianificazione condivisa. Come rilevato da codesta Corte costituzionale (sentenza n. 172/20189: «Quanto, poi, alla problematica dei rapporti tra lo Stato e le Regioni a statuto speciale relativamente al riparto di competenze in materia di tutela paesaggistica, sono state dichiarate costituzionalmente illegittime norme regionali che si ponevano in contrasto con disposizioni previste dal codice dei beni culturali e del paesaggio, qualificate norme di grande riforma economico-sociale (sentenze n. 207 e 66 del 2012; n. 226 e n. 164 del 2009, n. 232 del 2008 e n. 51 del 2006)» (sentenza n. 238 del 2013). Al riguardo, la Corte ha anche sottolineato che il legislatore statale, tramite l'emanazione di tali norme, conserva il potere, "nella materia «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali», di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, comprensiva tanto della tutela del paesaggio quanto della tutela dei beni ambientali o culturali (per tutte, sentenza n. 51 del 2006) ... di vincolare la potesta' legislativa primaria delle Regioni a statuto speciale, cosi' che le norme qualificabili come "riforme economico-sociali" si impongono al legislatore di queste ultime (sentenza n. 238 del 2013). Gli articoli 143 e 146 del Codice dei beni culturali debbono, pertanto, essere qualificati come norme di grande riforma economico-sociale che anche le Regioni a statuto speciale debbono osservare (in questo senso, anche la sentenza n. 189 del 2016). La Regione autonoma Siciliana non puo' dunque esercitare unilateralmente la propria potesta' legislativa statutaria nella materia edilizia e urbanistica, quando vengano in rilievo interessi generali riconducibili alla competenza esclusiva statale nella materia della conservazione ambientale e paesaggistica, con cio' peraltro realizzando altresi' l'invasione della sfera di competenza legislativa esclusiva dello Stato relativa alla «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni valevoli sull'intero territorio nazionale». Per tali motivi, la disposizione di cui all'art. 13, comma 90 presenta profili di contrasto con gli articoli 9 e 117, comma primo in relazione alla Convenzione europea sul paesaggio, e secondo lettera s), Costituzione, rispetto al quale costituiscono norme interposte gli articoli 135, 143 e 145 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, e l'art. 12, comma 3 del testo unico per l'edilizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, con l'art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione e con l'art. 14 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, convertito nella legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2. XVIII - Art. 13, comma 91 - L'art. 13, comma 91 (Stabilizzazione personale precario del ruolo sanitario, tecnico e ammnistrativo degli enti del Sevizio sanitario nazionale) dispone: «Ai fini dell'attuazione dell'art. 1, comma 268, lettera b), della legge 30 dicembre 2021 n. 234 e successive modificazioni, gli enti del Servizio sanitario regionale procedono preliminarmente, entro il 31 dicembre 2022, ad una ricognizione dei fabbisogni di personale, anche nel periodo pandemico, ed applicano i CCNNLL dell'ambito sanitario aggiornando, anche in deroga, il piano triennale del fabbisogno di personale, applicando le previsioni di legge anche al personale contrattualizzato a qualunque titolo del ruolo sanitario, tecnico ed amministrativo, selezionato attraverso prove selettive per titoli e/o colloquio, e che abbia maturato o che maturera' alla data del 31 dicembre 2022 i diciotto mesi previsti dalla legge n. 234/2021». In via preliminare, si evidenzia che l'art. 1, comma 268, lettera b) della legge n. 234/2021, al fine di rafforzare strutturalmente i servizi sanitari regionali e di consentire la valorizzazione della professionalita' acquisita dal personale che ha prestato servizio anche durante l'emergenza sanitaria da COVID-19, ha disciplinato una apposita procedura di stabilizzazione, segnatamente disponendo che: «(...) gli enti del Servizio sanitario nazionale (...) ferma restando l'applicazione dell'art. 20 del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, dal 10 luglio 2022 e fino al 31 dicembre 2023 possono assumere a tempo indeterminato, in coerenza con il piano triennale dei fabbisogni di personale, il personale del ruolo sanitario e del ruolo sociosanitario, anche qualora non piu' in servizio, che siano stati reclutati a tempo determinato con procedure concorsuali, ivi incluse le selezioni di citi all'art. 2-ter del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, e che abbiano maturato al 30 giugno 2022 alle dipendenze di Uil ente del Servizio sanitario nazionale almeno diciotto mesi di servizio, anche non continuativi, di citi almeno sei mesi nel periodo intercorrente tra il 31 gennaio 2020 e il 30 giugno 2022, secondo criteri di priorita' definiti da ciascuna regione. Alle iniziative di stabilizzazione del personale assunto mediante procedure diverse da quelle sopra indicate si provvede previo espletamento di prove selettive». Cio' premesso, emerge come l'art. 13, comma 91, pur nel dichiarato intanto di dare attuazione all'art. 1, comma 268, lettera b), della legge 30 dicembre 2021 n. 234, abbia invero elaborato criteri propri, come la possibilita' di derogare al pieno triennale dei fabbisogni del personale, nonche' di ampliare l'ambito soggettivo di applicazione anche al personale del ruolo tecnico e amministrativo, ovvero di estendere al 31 dicembre 2022 la finestra temporale utile ai fini della maturazione dei diciotto mesi di servizio; cio' in palese difformita' con quanto stabilito dal legislatore statale. - Il comma 91 infatti prevede che, ai fini dell'attuazione dell'art. 1, comma 268, lettera b), della legge 30 dicembre 2021 n. 234, gli enti del Servizio sanitario regionale procedono preliminarmente, entro il 31 dicembre 2022, ad una ricognizione dei fabbisogni di personale, anche nel periodo pandemico. Inoltre, e' prevista l'applicazione dei CCNNLL dell'ambito sanitario aggiornando, anche in deroga, il piano triennale del fabbisogno di personale, nonche' il rispetto delle previsioni di legge anche per il personale contrattualizzato a qualunque titolo del ruolo sanitario, tecnico ed amministrativo, selezionato attraverso prove selettive che abbia maturato o che maturera' alla data del 31 dicembre 2022 i diciotto mesi previsti dalla legge n. 234/2021. Al riguardo, la norma regionale in esame contempla una ulteriore forma di stabilizzazione rispetto a quella prevista all'art. 20 del decreto legislativo n. 75 del 2017. Tale forma di stabilizzazione e' rivolta al solo personale del ruolo sanitario e del ruolo sociosanitario degli enti del Servizio sanitario nazionale che sia stato reclutato a tempo determinato con procedure concorsuali, ivi incluse le selezioni con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato di cui all'art. 2-ter del decreto-legge n. 18/2021, e che abbia maturato al 30 giugno 2022 alle dipendenze di un ente del Servizio sanitario nazionale specifici requisiti (almeno diciotto mesi di servizio, anche non continuativi, di cui almeno sei mesi nel periodo intercorrente tra il 31 gennaio 2020 e il 30 giugno 2022 degli enti del Servizio sanitario nazionale). Detta procedura avviene in coerenza con il piano triennale dei fabbisogni di personale e nel rispetto del limite di spesa di personale previsto per gli enti del Servizio sanitario nazionale dall'art. 11, comma 1, del decreto-legge n. 35/2019 (legge n. 60/2019). La norma regionale in esame, invece, e' diretta ad introdurre una forma di stabilizzazione avulsa dal citato quadro normativo, in quanto prevede maggiori limiti temporali per la maturazione dei requisiti per partecipare alle procedure selettive rispetto a quelli stabiliti dal citato comma 268 ed include tra il personale destinatario anche il personale contrattualizzato a qualunque titolo del ruolo sanitario, tecnico ed amministrativo in luogo del solo personale del ruolo sanitario e del ruolo sociosanitario. Viene introdotta, inoltre, una previsione che consente agli enti del Servizio sanitario nazionale di stabilizzare il personale ivi previsto anche in deroga al piano triennale dei fabbisogni di personale e quindi anche in deroga al limite di spesa di personale cui soggiacciono gli enti del Servizio sanitario nazionale (art. 11, comma 1 del decreto-legge n. 35 del 2019). La disciplina in questione e' riconducibile alla materia dell'ordinamento civile, di competenza esclusiva dello Stato, ai sensi dell'art. 117, comma 2, lettera l) della Costituzione, posto che la norma regionale incide sulla regolamentazione del rapporto precario (in particolare, sugli aspetti connessi alla sua durata) e determina, al contempo, la costituzione di altro rapporto giuridico (il rapporto di lavoro a tempo indeterminato, destinato a sorgere proprio per effetto della stabilizzazione). In tale prospettiva codesta Corte costituzionale ha chiarito che la disciplina della fase costitutiva del contratto di lavoro, cosi' come quella del rapporto sorto per effetto dello stesso, si realizzano mediante la stipulazione di un contratto di diritto privato e, pertanto, appartengono alla materia dell'ordinamento civile (cfr. ex multis sentenza n. 324 del 2010 e n. 69 del 2011). Cio' posto, si ritiene che il comma 91 in esame, non essendo coerente con il citato quadro normativo vigente in materia, pur in presenza della previsione dell'attribuzione alla Regione Siciliana della competenza esclusiva in materia di ordinamento degli uffici e degli enti regionali (art. 14, lettera p) del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455), si ponga in contrasto con l'art. 81 e con l'art. 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione che riserva alla competenza esclusiva dello Stato l'ordinamento civile e, quindi, i rapporti di diritto privato regolabili dal codice civile (contratti collettivi). In tema di stabilizzazione del personale c.d. precario si rammenta come codesta Corte Costituzionale abbia piu' volte qualificato le norme statali in materia come principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, poiche' si ispirano alla finalita' del contenimento della spesa pubblica nello specifico settore del personale (ex plurimis, sentenze n. 310, 108, 69 e 68 del 2011; 51 del 2012; 277/2013; 231/2017; n. 194/2020). Piu' nello specifico, codesta Corte «ha riconosciuto come principi di coordinamento della finanza pubblica le disposizioni statali che stabiliscono limiti e vincoli al reclutamento del personale delle amministrazioni pubbliche ovvero relative alla stabilizzazione del personale precario, in quanto incidono sul rilevante aggregato di finanza pubblica costituito dalla spesa per il personale» (sentenze nn. 277 e 18 del 2013, 148 e 139 del 2012; 251 del 2020). In ragione di quanto sopra esposto emerge, pertanto, anche una violazione dell'art. 117, comma terzo, della Costituzione che riserva allo Stato la competenza a porre principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica. XIX - Art. 13, comma 93 - L'art. 13, al comma 93, stabilisce che «Al comma 2 dell'art. 49 della legge regionale 11 agosto 2017, n. 16 e successive modificazioni la parola "2020" e' sostituita dalla parola "2025".» - L'art. 49, della legge regionale n. 16 del 2017, al comma 2 prevede che: «Per i permessi a costruire rilasciati prima della pubblicazione della legge regionale n. 16/2016, per i quali sono stati gia' comunicati l'inizio dei lavori, il termine di ultimazione degli stessi e' prorogato fino al 31 dicembre 2025. Dopo l'art. 21 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 200 1, n. 380, come recepito dall'art. I della legge regionale n. 16/2016, aggiungere il seguente: «Art. 21-bis - I. Limitatamente agli interventi sostitutivi disposti dall'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente ai sensi dell'art. 2 della legge regionale 21 agosto 1984, n. 66 e successive modifiche ed integrazioni e dell'art. 31, comma 8, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 e successive modifiche ed interazioni, come recepito dall'art. 1 della legge regionale 10 agosto 2016, n. 16, nei confronti delle amministrazioni comunali inadempienti, devono intendersi riferiti esclusivamente agli organi istituzionali di governo dell'ente locale (sindaco, giunta e consiglio comunale)». In buona sostanza con la legge regionale in esame si proroga, sino al 31 dicembre 2025, il termine di ultimazione dei lavori rispetto ai quali i permessi a costruire siano stati rilasciati prima della pubblicazione della legge regionale n. 16 del 2016, e per i quali siano stati gia' comunicati l'inizio dei lavori. Tale proroga, tuttavia, oltre a creare in maniera ingiustificata forti disparita' di trattamento tra cittadini a livello nazionale - per i quali il termine a livello statale, rimane fermo, ad oggi, al 2020 - realizza altresi' l'invasione da parte del legislatore regionale della sfera di competenza legislativa esclusiva dello Stato. Infatti, la Regione autonoma Siciliana non puo' esercitare unilateralmente la propria potesta' legislativa nella materia edilizia e urbanistica, quando vengano in rilievo interessi generali riconducibili alla competenza esclusiva statale nella materia della conservazione ambientale e paesaggistica; diversamente, si realizzerebbe l'invasione della sfera di competenza legislativa esclusiva dello Stato relativa alla «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni valevoli sull'intero territorio nazionale». Per tali motivi, innanzi tutto, la disposizione di cui all'art. 13, comma 93, della legge regionale in esame presenta profili di contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione che stabilisce la competenza esclusiva dello Stato in materia di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. In particolare, il predetto termine di ultimazione dei lavori, originariamente fissato al 31 dicembre 2017, in conseguenza delle modifiche via via apportate al comma 2 dell'art. 49 della legge regionale n. 16 del 2017, era gia' stato prorogato: al 31 dicembre 2018, per effetto dell'art. 33, comma 2, della legge regionale n. 8 del 2018; al 31 dicembre 2019, per effetto dell'art. 2, comma 1, della legge regionale n. 28 del 2018; al 31 dicembre 2020, per effetto dell'art. 5, comma 1, della legge regionale n. 25 del 2019. La disposizione in commento, sopra richiamata (con applicabilita' dal 1° gennaio 2022, ai sensi di quanto disposto dall'art. 19, comma 2, della suddetta legge n. 13/2022), contiene, quindi, una proroga automatica fino al 31 dicembre 2025 del termine di ultimazione lavori per i permessi a costruire rilasciati prima della pubblicazione della legge regionale n. 16/2016, per i quali sono stati gia' comunicati l'inizio dei lavori stessi. Mediante siffatto intervento, si introduce nell'ordinamento regionale una disciplina sostitutiva di quella statale sulla proroga dei titoli che si diversifica in maniera sostanziale dalla disciplina statale stessa, sia in relazione all'oggetto (permessi a costruire rilasciati prima della pubblicazione della legge regionale n. 16/2016 per i quali sono stati gia' comunicati l'inizio dei lavori), sia in relazione alla durata della proroga (termine di ultimazione dei lavori prorogato fino al 31 dicembre 2025). Cio', in violazione dell'art. 14, primo comma, lettera f) dello statuto della Regione Siciliana approvato con regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2. Infatti, benche' la Regione Siciliana abbia competenza legislativa esclusiva in materia di urbanistica, ai sensi della lettera f), del comma 1, dell'art. 14, dello Statuto di autonomia, tale competenza si esplica pur sempre «nei limiti delle leggi costituzionali dello Stato, senza pregiudizio delle riforme agrarie e industriali, deliberate dalla Costituente del popolo italiano». La competenza legislativa di tipo primario trova un preciso limite nelle «norme di grande riforma economico-sociale», che si impongono anche alle Autonomie speciali (Corte costituzionale, sentenza n. 238 del 2013), tra le quali sono comprese le norme statali in materia di governo del territorio recanti principi di grande riforma. Tra questi ultimi devono, invero, essere certamente annoverate le previsioni legislative statali sulla proroga dei titoli, dettate nell'ambito delle misure per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 e per contrastare gli effetti economici e umanitari della crisi ucraina. Soccorrono, in tal senso le dirimenti indicazioni fornite da codesta Corte costituzionale nella sentenza n. 245 del 2021, della quale si ritiene necessario riportare alcune affermazioni. « ... 4.1. - E' opportuno ricostruire diacronicamente il succedersi degli interventi statali, ispirati, sia pure nella diversa modulazione tra la prima e la seconda fase dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, dall'impellente esigenza di preservare, su tutto il territorio nazionale, la validita' e l'efficacia dei titoli abilitativi altrimenti compromessa dal blocco delle attivita'. 4.1.1. - Con l'art. 103, comma 1, del decreto-legge n. 18 del 17 marzo 2020 (cosiddetto Decreto cura Italia), il legislatore ha approntato il primo intervento urgente. La paralisi dell'attivita' amministrativa e l'esigenza di garantire la protezione della salute e gli interessi collegati all'azione della pubblica amministrazione, hanno indotto il legislatore a prevedere la sospensione dei termini di tutti i procedimenti amministrativi. In larga parte sovrapponibile e' la ratio che sorregge la previsione contenuta nel successivo comma 2, rilevante in questo giudizio, che dispone la proroga della validita' degli atti e provvedimenti e titoli abilitativi gia' perfezionati, nonche' lo slittamento dei termini in essi previsti. Al di la' del riferimento agli atti amministrativi di certazione (certificati, attestati), il catalogo riguarda provvedimenti ampliativi della sfera giuridica dei destinatari, quali i titoli abilitativi, che conformano lo ius aedificandi, e nascono temporalmente limitati. Lo scopo che la proroga si prefigge e' mantenere intatta la posizione dei destinatari fino alla fine dell'emergenza. In sede di conversione in legge, si e' stabilito che gli atti e i titoli in scadenza tra il 31 gennaio e il 31 luglio 2020 conservano «validita'» per i novanta giorni successivi alla data della dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza, con previsione espressamente estesa ai termini di inizio e di ultimazione dei lavori di cui all'art. 15 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (Testo A)», alle segnalazioni certificate di inizio attivita' (SCIA), alle segnalazioni di agibilita', alle autorizzazioni paesaggistiche e alle autorizzazioni ambientali, comunque denominate. 4.1.2. - Nel luglio 2020, nel permanere dell'emergenza, il legislatore e' tornato a occuparsi di alcuni provvedimenti specifici - i permessi di costruire - per ricalibrare la proroga automatica e generalizzata inizialmente disposta con l'art. 103, comma 2, del decreto-legge n. 18 del 2020. - L'art. 10, comma 4, del decreto-legge n. 76 del 2020 (cosiddetto Decreto semplificazioni), come convertito nella legge n. 120 del 2020, ha previsto che i termini di inizio e ultimazione dei lavori di cui all'art. 15 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, come indicati nei permessi di costruire formatisi fino al 31 dicembre 2020, sono prorogati, se l'interessato comunica di volersi avvalere ditale proroga. Al momento della comunicazione i termini non devono essere gia' decorsi e il titolo deve risultare conforme agli strumenti urbanistici approvati o adottati. Questa disciplina e' stata espressamente estesa alle segnalazioni di inizio attivita' presentate entro lo stesso termine (31 dicembre 2020). 4.1.3. - A causa del protrarsi dell'emergenza epidemiologica, il legislatore e' nuovamente intervenuto. - L'art. 3, comma 1, lettera a), del decreto-legge n. 125 del 2020, come convertito, ha modificato l'art. 103, comma 2, sostituendo la data del «31 luglio 2020» con «la data della dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza», cosi' prorogando la validita' di tutti gli atti e titoli in scadenza nell'intero periodo emergenziale, a partire dal 31 gennaio 2020. - L'art. 3-bis, comma 1, lettera b), del medesimo decreto-legge n. 125 del 2020, ha introdotto nell'art. 103 il comma 2-sexies, in cui si prevede che tutti gli atti e provvedimenti indicati al comma 2 dell'art. 103 «scaduti» tra il 1° agosto 2020 e la data di entrata in vigore della legge di conversione n. 159 del 2020 (27 novembre 2020), e non rinnovati, «si intendono validi e sono soggetti alla disciplina di cui al medesimo comma 2». In questo modo, e' stata recuperata la validita' degli atti in scadenza nel periodo successivo al 31 luglio 2020, non compresi nella prima proroga. La disciplina dettata dall'art. 10, comma 4, del decreto-legge n. 76 del 2020 e' riferita ai permessi di costruire e alla SCIA, mentre gli altri titoli abilitativi sono assoggettati alla previsione dell'art. 103, comma 2, del decreto-legge n. 18 del 2020, come modificato. 4.1.4. - Infine, con il decreto-legge 23 luglio 2021, n. 105 (Misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 e per l'esercizio in sicurezza di attivita' sociali ed economiche), convertito, con modificazioni, in legge 16 settembre 2021, n. 126, l'emergenza da COVID-19 e' stata prorogata fino al 31 dicembre 2021. 5. - La disposizione regionale oggetto della questione di legittimita' costituzionalita' deve ricondursi alla materia «governo del territorio», di competenza legislativa concorrente. Tale questione si incentra sulla pretesa violazione delle disposizioni statali relative alla proroga generalizzata dei titoli abilitativi in ragione della emergenza epidemiologica, qualificate come disposizioni contenenti principi fondamentali della materia, vincolanti per le Regioni. 5.1. - L 'art. 28, comma 1, lettera a), della legge regionale della Lombardia n. 18 del 2020, nel disporre la proroga dei titoli abilitativi in modo difforme da quanto previsto nella disciplina statale (articoli 103, comma 2, decreto-legge n. 18 del 2020, come convertito, e 10, comma 4, decreto-legge n. 76 del 2020, come convertito), entra in collisione con un principio fondamentale. Il raffronto tra le norme statali interposte e la disciplina regionale rende palese la diversita' della proroga automatica disposta dalla Regione Lombardia, con riferimento sia all'oggetto - individuato in «tutti i certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti o titoli abilitativi, comunque denominati» in scadenza dal 31 gennaio 2020 fino al 31 dicembre 2021, laddove l'art. 103, comma 2, del decreto-legge n. 18 del 2020, prevedeva la proroga automatica degli atti e titoli abilitativi in scadenza tra il 31 gennaio 2020 e il 31 luglio 2020 - sia alla durata della proroga, che la disposizione regionale ha indicato in tre anni dalla scadenza, mentre la norma statale ha individuato il termine finale nel novantesimo giorno successivo alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza. La difformita' si riscontra anche con riferimento alla previsione integrativa dettata dall'art. 10, comma 4, del decreto-legge n. 76 del 2020, che ha previsto una disciplina specifica della proroga dei termini di inizio e di ultimazione dei lavori indicati nei permessi di costruire di cui all'art. 15 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, eliminando l'automatismo e subordinando la concessione della proroga alla richiesta dell'interessato, nonche' alla perdurante compatibilita' del titolo oggetto di proroga con gli strumenti urbanistici approvati o adottati. Inoltre, nel testo che risulta a seguito della legge di conversione, e' previsto un termine differenziato di proroga dei suddetti termini, rispettivamente di un anno e di tre anni. La disciplina regionale e', pertanto, affatto differente rispetto a quella statale. Al disallineamento dei termini di proroga si affianca una disciplina strutturalmente diversa, giacche' il decreto-legge n. 76 del 2020, intervenuto nella seconda fase dell'emergenza, ha superato l'automatismo della prima generalizzata proroga, introducendo gli elementi condizionali sopra indicati. 5.2. - Come gia' detto, la Regione contesta che la disciplina dettata dalle norme interposte assurga al rango di normazione di principio. Per contrastare tale prospettazione si deve innanzi tutto richiamare l'orientamento di questa Corte, secondo cui la competenza legislativa concorrente non e' contraddistinta da una netta separazione di materie, ma dal limite «mobile» e «variabile» costituito dai principi fondamentali, limite che «e' incessantemente modulabile dal legislatore statale sulla base di scelte discrezionali, ove espressive di esigenze unitarie sottese alle varie materie» (sentenza n. 68 del 2018, punto 12.1.1. del Considerato in diritto, che richiama le sentenze n. 16 del 2010 e n. 50 del 2005). 5.3. - La riconducibilita' delle norme che disciplinano i titoli abilitativi al rango di principi fondamentali della materia «governo del territorio» e' stata ripetutamente affermata da questa Corte (ex plurimis, sentenze n. 2 del 2021, n. 125 del 2017, n. 49 del 2016 e n. 309 del 2011). Di recente si e' ribadito che anche «la definizione delle categorie di interventi edilizi a cui si collega il regime dei titoli abilitativi costituisce principio fondamentale della materia concorrente "governo del territorio" (sentenze n. 68 del 2018 e n. 231 del 2016). L'obbligo di non iniziare i lavori prima di trenta giorni dalla segnalazione, stabilito dall'art. 23, comma 1, testo unico edilizia, concorre a caratterizzare indefettibilmente il regime del titolo abilitativo della «superSCIA», e costituisce anch'esso principio fondamentale della materia» (sentenza n. 2 del 2021, punto 2.3.2. del Considerato in diritto). 5.4. - Il principio fondamentale che viene ora in rilievo riguarda la durata dei titoli abilitativi, nella cui determinazione si ravvisa un punto di equilibrio fra i contrapposti interessi oggetto di tutela, inerenti alla realizzazione di interventi di trasformazione del territorio compatibili con la tutela dell'ambiente e dell'ordinato sviluppo urbanistico, per cio' stesso assegnato a titolo esclusivo al legislatore statale, secondo il sistema delineato dal decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001. L'obiettivo perseguito dall'intervento statale, nello svolgersi di una inusitata emergenza epidemiologica come quella da COVID-19, e' consistito nel prorogare i titoli abilitativi in termini omogenei su tutto il territorio nazionale. Incidendo sulla durata, le norme statali interposte partecipano della natura di «principio fondamentale» che connota la disciplina dei titoli abilitativi, con l'effetto di vincolare le Regioni. Le pur gravi difficolta' che investono il settore delle costruzioni in Lombardia, peraltro riscontrabili anche in altre realta' regionali, non giustificano l'introduzione di un regime regionale difforme. Ne' risulta pertinente il richiamo della difesa regionale alla proroga dei termini di inizio e di ultimazione dei lavori prevista dal legislatore statale con l'art. 30, comma 3, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia), convertito, con modificazioni, in legge 9 agosto 2013, n. 98. In quel caso, era la stessa normativa statale di proroga che, sorretta dalla diversa ratio di rilancio dell'intero settore delle costruzioni, consentiva alle Regioni di dettare termini diversi, in funzione delle diverse esigenze dei territori. 5.5. - Con la disciplina richiamata a parametro interposto, lo Stato ha disposto la proroga generalizzata dei titoli abilitativi, seguendo lo sviluppo dell'emergenza epidemiologica e delle sue ricadute, nel bilanciamento di interessi potenzialmente confliggenti che connotano gli interventi sul territorio: l'interesse dei beneficiari dei titoli abilitativi a esercitare i diritti ivi conformati, da un lato, e l'interesse pubblico a non vincolare l'uso del territorio per un tempo eccessivo, dall'altro. L'intervento statale ha inteso rispondere a esigenze che riguardano l'intero territorio nazionale, colpito dalla pandemia, con effetti drammatici che hanno inciso il tessuto sociale ed economico. Successivamente alla citata sentenza della Consulta, il legislatore statale e' nuovamente intervenuto, nella materia de qua, con l'art. 10-septies, comma 1, del decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 2022, n. 51. In particolare, detta disposizione ha stabilito che: «. In considerazione delle conseguenze derivanti dalle difficolta' di approvvigionamento dei materiali nonche' dagli incrementi eccezionali dei loro prezzi, sono prorogati di un anno: a) i termini di inizio e di ultimazione dei lavori, di cui all'art. 15 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, relativi ai permessi di costruire rilasciati o formatisi fino al 31 dicembre 2022, purche' i suddetti termini non siano gia' decorsi al momento della comunicazione dell'interessato di volersi avvalere della presente proroga e sempre che i titoli abilitativi non risultino in contrasto, al momento della comunicazione del soggetto medesimo, con nuovi strumenti urbanistici approvati nonche' con piani o provvedimenti di tutela dei beni culturali o del paesaggio, ai sensi del codice di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. La disposizione di cui al periodo precedente si applica anche ai termini relativi alle segnalazioni certificate di inizio attivita' (SCIA), nonche' delle autorizzazioni paesaggistiche e alle dichiarazioni e autorizzazioni ambientali comunque denominate. Le medesime disposizioni si applicano anche ai permessi di costruire e alle SCIA per i quali l'amministrazione competente abbia accordato una proroga ai sensi dell'art. 15, comma 2, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 200 1, n. 380, o ai sensi dell'art. 10, comma 4, del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, e dell'art. 103, comma 2, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27; b) il termine di validita' nonche' i termini di inizio e fine lavori previsti dalle convenzioni di lottizzazione di cui all'art. 28 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, o dagli accordi similari comunque denominati dalla legislazione regionale, nonche' i termini concernenti i relativi piani attuativi e qualunque altro atto ad essi propedeutico, formatisi fino al 31 dicembre 2022, purche' non siano in contrasto con piani o provvedimenti di tutela dei beni culturali o del paesaggio, ai sensi del codice di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004. La presente disposizione si applica anche ai diversi termini relativi alle convenzioni di lottizzazione di cui all'art. 28 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, o agli accordi similari comunque denominati dalla legislazione regionale, nonche' ai relativi piani attuativi che hanno usufruito della proroga di cui all'art. 30, comma 3-bis, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, e della proroga di cui all'art. 10, comma 4-bis, del citato decreto-legge n. 76 del 2020.». Tutto quanto sopra premesso, si osserva che codesta Corte costituzionale nella citata sentenza n. 245 del 2021, nel riconoscere la disciplina statale sulla durata dei titoli abilitativi riveste natura di principio fondamentale nella materia "governo del territorio", ha chiaramente evidenziato che «...L'obiettivo perseguito dall'intervento statale, nello svolgersi di una inusitata emergenza epidemiologica come quella da COVID-19, e' consistito nel prorogare i titoli abilitativi in termini omogenei su tutto il territorio nazionale...» e che «... L'intervento statale ha inteso rispondere a esigenze che riguardano l'intero territorio nazionale, colpito dalla pandemia, con effetti drammatici che hanno inciso il tessuto sociale ed economico...»". Analoghe finalita' sono alla base dell'ulteriore intervento legislativo che ha disposto un'ulteriore proroga quale misura indispensabile per contrastare gli effetti economici e umanitari della crisi ucraina. Orbene, la previsione regionale in argomento si pone in chiaro contrasto con le disposizioni statali che, in quanto «norme di grande riforma economico-sociale», non possono non trovare applicazione sull'intero territorio nazionale, con conseguente illegittimita' costituzionale della stessa. - Il comma 93 dell'art. 13 si pone dunque in contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera m) e terzo comma della Costituzione in materia rispettivamente di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale e di governo del territorio. La disposizione esorbita, anche, dalle competenze di cui alla lettera f) dell'art. 14, comma 1, dello Statuto speciale della Regione Siciliana poiche' tali competenze devono essere esercitate «nei limiti delle leggi costituzionali dello Stato, senza pregiudizio delle riforme agrarie e industriali, deliberate dalla Costituente del popolo italiano». XX - Art. 14, commi 19, 20 e 21 - L'art. 14, commi 19, 20 e 21 prevede l'applicazione degli interventi di sostegno previsti dalla legge regionale n. 7/2004 in favore dei figli delle vittime del disastro aereo di Montagna Longa (nell'anno 1972), anche al disastro aereo verificatosi in Etiopia il 10 marzo 2019; per le connesse finalita' assunzionali viene autorizzata la spesa di euro 77.992,00 a decorrere dall'esercizio finanziario 2022. Ai relativi oneri si provvede con parte delle risorse assunzionali di cui all'art. 4 della legge regionale n. 14/2019 e successive modificazioni. L'onere a regime, tuttavia, viene considerato nel prospetto riepilogativo degli effetti finanziari complessivi allegato alla legge in esame limitatamente all'anno 2022, e difetta pertanto di copertura finanziaria. Le norme in esame sono quindi in contrasto con l'art. 81, terzo comma, della Costituzione. XXI - Art. 15, comma 6 - L'art. 15, comma 6 dispone la rideterminazione in euro 311.964,80 del limite massimo dell'autorizzazione di spesa destinata alla stabilizzazione del personale dell'ex Dipartimento regionale foreste, che viene cosi' incrementata rispetto a quella autorizzata dall'art. 13, legge regionale n. 9/2021 (Disposizioni programmatiche e correttive per l'anno 2021. Legge di stabilita' regionale). Il conseguente maggior onere di 182.543,36 di euro non trova considerazione nel prospetto riepilogativo degli effetti finanziari complessivi allegato alla legge in esame, e pertanto difetta di copertura finanziaria. La norma in esame e' quindi in contrasto con l'art. 81, terzo comma, della Costituzione.
P. T. M. Il Presidente del Consiglio dei ministri chiede che codesta Ecc.ma Corte costituzionale voglia dichiarare costituzionalmente illegittima, e conseguentemente annullare, per i motivi sopra indicati ed illustrati, l'intera legge della Regione Siciliana 25 maggio 2022, n. 13, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana 28 maggio 2022, n. 24, giusta deliberazione del Consiglio dei ministri assunta nella seduta del giorno 22 luglio 2022, e - in ogni caso - gli articoli 3, commi 1 e 2, 12, commi 11 e 58, 13, commi 6, 14, 15, 21, 22, 32, 50, 53, 55, 57, 58, 68, 90, 91 e 93, 14, commi 19, 20 e 21, 15, comma 6, e 18, comma 5. Con l'originale notificato del ricorso si depositeranno: 1. l'attestazione relativa alla approvazione, da parte del Consiglio dei ministri nella riunione del giorno 22 luglio 2022, della determinazione di impugnare la legge della Regione Siciliana 25 maggio 2022, n. 13; 2. la copia della legge regionale impugnata pubblicata nella Gazzetta ufficiale della Regione Siciliana del 28 maggio 2022, n. 24. Con riserva di illustrare e sviluppare in prosieguo i motivi di ricorso anche alla luce delle difese avversarie. Roma, 25 luglio 2022 Gli Avvocati dello Stato: Feola - D'Ascia