N. 48 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 26 luglio 2022

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 26 luglio  2022  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Bilancio e contabilita' pubblica  -  Copertura  finanziaria  -  Norme
  della Regione Siciliana - Legge  di  stabilita'  regionale  per  il
  triennio 2022-2024 - Rideterminazione, per ciascuno degli  esercizi
  finanziari dal 2022 al 2038, dell'autorizzazione di spesa di cui al
  comma 21 dell'art. 3 della legge reg. n. 27 del 2016. 
Bilancio e contabilita' pubblica - Impiego  pubblico  -  Norme  della
  Regione Siciliana - Legge di stabilita' regionale per  il  triennio
  2022-2024 - Incremento delle  risorse  destinate  ai  fondi  per  i
  trattamenti accessori del personale dell'Amministrazione  regionale
  -  Integrazione,  ai   fini   della   modifica   del   sistema   di
  classificazione del personale, delle risorse gia' stanziate per  il
  rinnovo contrattuale del personale del comparto non dirigenziale. 
Paesaggio  -  Autorizzazione  paesaggistica  -  Norme  della  Regione
  Siciliana - Legge di stabilita' regionale per il triennio 2022-2024
  - Modifiche  all'art.  25  della  legge  reg.  n.  16  del  2016  -
  Procedimento  per  la  regolarizzazione  di  concessioni   edilizie
  rilasciate   in   assenza   di   autorizzazione   paesaggistica   -
  Applicazione a condizione che le istanze di concessione siano state
  presentate al Comune di competenza anteriormente alla pubblicazione
  nella Gazzetta Ufficiale della Regione del decreto  istitutivo  del
  vincolo di cui all'art. 140 del d.lgs. n. 42 del 2004. 
Bilancio e contabilita' pubblica  -  Copertura  finanziaria  -  Norme
  della Regione Siciliana - Legge  di  stabilita'  regionale  per  il
  triennio 2022-2024 - Copertura  degli  oneri  finanziari  derivanti
  dalla legge reg. n. 8 del 2022 (Istituzione  della  giornata  della
  memoria dell'eruzione dell'Etna del 1669). 
Impiego pubblico - Impiego regionale - Norme della Regione  Siciliana
  - Legge  di  stabilita'  regionale  per  il  triennio  2022-2024  -
  Estensione ai dipendenti regionali in quiescenza delle disposizioni
  di cui all'art. 23 del decreto-legge n. 4 del 2019, convertito, con
  modificazioni, nella legge n. 26 del 2019 - Previsione che consente
  l'erogazione dell'anticipo del TFS o del TFR anche per  il  tramite
  di Irfis-FinSicilia S.p.A. 
Bilancio e contabilita' pubblica - Norme della  Regione  Siciliana  -
  Legge  di  stabilita'  regionale  per  il  triennio   2022-2024   -
  Autorizzazione di spesa in favore del Comune di  Sciacca  destinata
  al  pagamento  delle   imposte   comunali   ICI/IMU   relative   al
  procedimento di liquidazione della fondazione "Pardo". 
Paesaggio - Demanio e patrimonio dello Stato e delle Regioni -  Norme
  della Regione Siciliana - Legge  di  stabilita'  regionale  per  il
  triennio 2022-2024 - Modifiche all'art. 1 della legge  reg.  n.  15
  del 2005 - Opere  connesse  all'esercizio  di  attivita'  nei  beni
  demaniali marittimi - Applicazione della disciplina prevista per le
  opere ed impianti destinati alla diretta fruizione del mare. 
Bilancio e contabilita' pubblica - Impiego  pubblico  -  Norme  della
  Regione Siciliana - Legge di stabilita' regionale per  il  triennio
  2022-2024  -  Procedure  di  reclutamento,  da  parte  dei  Comuni,
  coerentemente ai piani di  fabbisogno,  per  l'assunzione  a  tempo
  indeterminato di assistenti sociali. 
Impiego pubblico - Impiego regionale - Norme della Regione  Siciliana
  - Legge  di  stabilita'  regionale  per  il  triennio  2022-2024  -
  Modifiche alla legge reg. n. 9 del 2021 -  Modificazioni  di  norme
  concernenti  le  modalita'  attuative,  la  quantificazione  e   la
  copertura  finanziaria  delle  misure  di  stabilizzazione   e   di
  fuoriuscita del personale utilizzato in attivita' socialmente utili
  (ASU) - Previsione riguardante le condizioni  per  la  riammissione
  nell'elenco di cui all'art. 30, comma 1, della legge reg. n. 5  del
  2014. 
Edilizia e  urbanistica  -  Titoli  edilizi  -  Norme  della  Regione
  Siciliana - Legge di stabilita' regionale per il triennio 2022-2024
  - Abrogazione della lettera b) del comma 1 dell'art. 2 della  legge
  reg. n. 2 del 2022, modificativa dell'art. 5 della legge reg. n. 16
  del 2016  -  Interventi  subordinati  a  permesso  di  costruire  -
  Abrogazione  della  previsione  che  limitava  sotto   il   profilo
  temporale  la  portata  degli  interventi  di  recupero   abitativo
  realizzati in deroga alle disposizioni vigenti. 
Bilancio e contabilita' pubblica  -  Copertura  finanziaria  -  Norme
  della Regione Siciliana - Legge  di  stabilita'  regionale  per  il
  triennio 2022-2024 - Modifiche all'art. 55 della legge  reg.  n.  3
  del 2016 - Estensione ai soci delle cooperative agricole, che hanno
  favorevolmente ottenuto i benefici di cui all'art. 179  cod.  pen.,
  dei benefici, previsti dall'art. 2, comma 1, della legge reg. n. 37
  del 1994, riguardanti l'assunzione a  carico  della  Regione  delle
  garanzie prestate da tali soggetti in favore delle cooperative. 
Sanita'  pubblica  -  Dirigenza  sanitaria  -  Norme  della   Regione
  Siciliana - Legge di stabilita' regionale per il triennio 2022-2024
  - Modifiche all'art. 122 della legge reg. n. 2 del 2002 - Requisiti
  per  l'iscrizione  negli  elenchi  regionali  degli   idonei   alla
  direzione  amministrativa  delle  aziende  sanitarie  regionali   -
  Possesso di comprovata esperienza  nella  qualifica  di  dirigente,
  almeno quinquennale, nel settore sanitario o  settennale  in  altri
  settori. 
Sanita' pubblica  -  Autorizzazione  e  accreditamento  di  strutture
  sanitarie - Norme della Regione Siciliana  -  Legge  di  stabilita'
  regionale per il triennio 2022-2024 -  Modalita'  di  calcolo,  per
  l'anno 2022, dei trasferimenti extrabudget in favore  dei  soggetti
  convenzionati con il Servizio sanitario  regionale  -  Possibilita'
  per  le  strutture  pubbliche  e   private   accreditate   eroganti
  prestazioni specialistiche  e  di  diagnostica  di  laboratorio  di
  raggiungere gli standard organizzativi e  di  personale,  richiesti
  dall'art.  29,  comma  1,  del  decreto-legge  n.  73   del   2021,
  convertito, con modificazioni, nella legge n. 106 del  2021,  anche
  attraverso la costituzione di reti di impresa. 
Bilancio e contabilita' pubblica - Impiego  pubblico  -  Norme  della
  Regione Siciliana - Legge di stabilita' regionale per  il  triennio
  2022-2024 - Modifiche all'art. 60, comma 1, della legge reg.  n.  9
  del 2021 - Assunzioni di personale a tempo indeterminato  presso  i
  consorzi di bonifica - Riferimento al limite  massimo  del  50  per
  cento dei posti resisi vacanti al 31 dicembre 2021- Copertura degli
  oneri finanziari. 
Bilancio e contabilita' pubblica - Sanita'  pubblica  -  Norme  della
  Regione Siciliana - Legge di stabilita' regionale per  il  triennio
  2022-2024 - Riconoscimento  dell'Istituto  zootecnico  sperimentale
  per la Sicilia quale ente di ricerca della Regione. 
Impiego pubblico - Impiego regionale - Norme della Regione  Siciliana
  - Legge  di  stabilita'  regionale  per  il  triennio  2022-2024  -
  Modifiche all'art. 12 della legge reg. n. 9 del 2021  -  Assunzioni
  di personale dirigenziale a tempo  determinato  -  Abrogazione  del
  limite del venti per  cento  per  l'assegnazione,  da  parte  della
  Regione, del personale contrattualizzato, in distacco, presso  enti
  locali e Comuni. 
Edilizia e urbanistica - Paesaggio - Norme della Regione Siciliana  -
  Legge di stabilita' regionale per il triennio 2022-2024 - Modifiche
  all'art. 54, comma 6, della legge reg. n. 19 del 2020 -  Norme  per
  il governo del territorio - Misure di salvaguardia - Proroga  delle
  misure  di  salvaguardia   adottate   dai   Comuni,   anteriormente
  all'entrata in vigore della legge reg. n. 19 del  2020,  fino  alla
  data di entrata in vigore del Piano Territoriale Regionale (P.T.R.)
  e comunque non oltre tre anni dalla loro entrata in vigore. 
Sanita' pubblica - Impiego pubblico - Norme della Regione Siciliana -
  Legge  di  stabilita'  regionale  per  il  triennio   2022-2024   -
  Stabilizzazione di personale precario del ruolo sanitario,  tecnico
  e amministrativo assunto a tempo determinato  -  Individuazione  di
  presupposti e criteri. 
Edilizia e  urbanistica  -  Titoli  edilizi  -  Norme  della  Regione
  Siciliana - Legge di stabilita' regionale per il triennio 2022-2024
  - Modifiche all'art. 49 della legge reg. n. 16 del 2017  -  Proroga
  fino al 31 dicembre 2025 del  termine  di  ultimazione  dei  lavori
  rispetto ai quali i permessi a  costruire  siano  stati  rilasciati
  prima della pubblicazione della legge reg. n. 16 del 2016 e  per  i
  quali sia stato comunicato l'inizio dei lavori. 
Bilancio e contabilita' pubblica  -  Copertura  finanziaria  -  Norme
  della Regione Siciliana - Legge  di  stabilita'  regionale  per  il
  triennio 2022-2024 - Estensione delle disposizioni di cui  all'art.
  1, comma 1, della legge reg. n. 7 del  2004  recanti  interventi  a
  favore dei figli delle vittime del disastro aereo di Montagna Longa
  anche al disastro aereo verificatosi in Etiopia il 10 marzo 2019. 
Bilancio e contabilita' pubblica  -  Copertura  finanziaria  -  Norme
  della Regione Siciliana - Legge  di  stabilita'  regionale  per  il
  triennio  2022-2024   -   Rideterminazione   del   limite   massimo
  dell'autorizzazione di spesa di cui all'art. 13 della legge reg. n.
  9 del 2021 (Stabilizzazione personale ex dipartimento foreste). 
- Legge della Regione Siciliana 25  maggio  2022,  n.  13  (Legge  di
  stabilita' regionale 2022-2024), intero  testo  e,  in  ogni  caso,
  artt. 3, commi 1 e 2; 12, commi 11 e 58; 13, commi 6, 14,  15,  21,
  22, 32, 50, 53, 55, 57, 58, 68, 90, 91 e 93; 14, commi 19, 20 e 21;
  15, comma 6; e 18, comma 5. 
(GU n.38 del 21-9-2022 )
    Ricorso  ai  sensi  dell'art.  127  della  Costituzione  per   il
Presidente  del   Consiglio   dei   ministri   (codice   fiscale   n.
80188230587), in persona del Presidente del  Consiglio  pro  tempore,
rappresentato e difeso in virtu' di  legge  dall'Avvocatura  Generale
dello     Stato      (fax:      06/96514000;      indirizzo      PEC:
ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it),   presso   i   cui   uffici   e'
legalmente domiciliato in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12; 
    contro la Regione Siciliana (codice fiscale n.  80012000826),  in
persona del Presidente pro tempore della Giunta provinciale, con sede
a Palermo in piazza Indipendenza n. 21 presso il Palazzo D'Orleans  e
con domicilio digitale presso i seguenti  indirizzi  PEC  tratti  dal
registro  «IPA»:  segreteria.generale@certmail.regione.sicilia.it   e
presidente@certmail.regione.sicilia.it; 
    per la declaratoria di illegittimita' costituzionale  dell'intera
legge della Regione Siciliana 25 maggio 2022, n. 13, pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana 28  maggio  2022,  n.  24,
giusta deliberazione del Consiglio dei ministri assunta nella  seduta
del giorno 22 luglio 2022, in  quanto  priva  di  adeguata  copertura
finanziaria, e - in ogni caso - degli articoli 3, commi 1  e  2,  12,
commi 11 e 58, 13, commi 6, 14, 15, 21, 22, 32, 50, 53, 55,  57,  58,
68, 90, 91 e 93, 14, commi 19, 20 e 21, 15, comma 6, e 18,  comma  5,
in quanto eccedono dalle competenze riservate alla Regione  Siciliana
dallo Statuto di  autonomia  e  violano  numerose  norme  e  principi
costituzionali. 
 
                          Premesse di fatto 
 
    Sulla Gazzetta ufficiale della Regione Siciliana  n.  24  del  28
maggio 2022 e' stata pubblicata la  legge  regionale  n.  13  del  25
maggio 2022, intitolata «Legge di stabilita' regionale 2022-2024». 
    L'intera legge e, comunque, le disposizioni indicate in  epigrafe
violano norme  e  principi  costituzionali  direttamente  applicabili
anche alle autonomie speciali eccedendo dalle  competenze  attribuite
alla Regione Siciliana dallo Statuto speciale di autonomia  approvato
con il regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n.  455,  convertito
in  legge  costituzionale  26  febbraio  1948,  n.  2,  e  successive
modifiche e integrazioni. 
    Pertanto, l'intera legge e, comunque,  le  suddette  disposizioni
vengono  impugnate  con  il  presente  ricorso  ex  art.  127   della
Costituzione,   affinche'   ne   sia   dichiarata    l'illegittimita'
costituzionale e ne sia pronunciato il conseguente annullamento per i
seguenti 
 
                          Motivi di diritto 
 
I - Art. 18, comma 5 
    In   premessa,   si   censura   l'illegittimita'   costituzionale
dell'intera legge regionale impugnata, stante  l'inadeguatezza  della
copertura finanziaria indicata dall'art. 18, comma 5. 
    Ed invero, tale articolo ridetermina in diminuzione, per ciascuno
degli   esercizi   finanziari   dal   2022   al    2038,    l'importo
dell'autorizzazione di spesa della Missione 20, Programma 3, capitolo
215754,   relativo   al   Fondo   per   garantire   i   percorsi   di
stabilizzazione, che si riduce, pertanto, a 184.682 migliaia di euro. 
    La relativa riduzione di spesa risulta tra le fonti di  copertura
degli  oneri  discendenti  dalla  legge  in  esame  (Sezione  A2  del
Prospetto degli effetti finanziari della manovra finanziaria). 
    Tuttavia, i risparmi di spesa discendenti dalla  norma  in  esame
sono destinati alla realizzazione del piano decennale di rientro  del
disavanzo e, in quanto tali, non sono disponibili per altre finalita'
o diversi utilizzi, rendendo di fatto privi di copertura  finanziaria
gli oneri indicati nel prospetto allegato e  determinando  l'evidente
violazione dei principi costituzionali di cui all'art. 81,  comma  3,
della Costituzione, applicabili anche alla  Regione  Siciliana  (cfr.
sentenza n. 226 del 2021). I segnalati profili di incostituzionalita'
connessi  alla  inidoneita'  della  copertura  finanziaria  investono
conseguentemente l'intera legge regionale, non essendo  la  copertura
indicata   nel   citato   prospetto   («Totale   maggiori   risorse»)
direttamente correlabile ad uno  specifico  onere  discendente  dalla
legge censurata. 
    Si confida,  pertanto,  per  la  declaratoria  di  illegittimita'
costituzionale della medesima nella  sua  interezza;  in  ogni  caso,
restano  costituzionalmente  illegittimi  gli  articoli  indicati  in
epigrafe che si esamineranno specificamente nei seguenti paragrafi. 
II - Art. 3, commi 1 e 2 
    - L'art. 3 della legge oggetto di censura stabilisce che  «1.  Al
fine di recepire la normativa statale di cui all'art. 1,  comma  604,
della legge 30 dicembre 2021, n. 234 in  materia  di  incremento  dei
trattamenti  economici  accessori  del  personale   delle   pubbliche
amministrazioni, le risorse destinate  ai  fondi  per  i  trattamenti
accessori del  personale  dell'Amministrazione  regionale,  anche  di
livello dirigenziale, sono incrementati,  complessivamente,  di  euro
1.600.000,00 a decorrere dall'anno  2022,  nel  rispetto  del  limite
massimo pari allo 0,22 per cento del monte salari 2018 previsto dalla
citata disposizione statale e dei contenuti  previsti  dal  punto  2,
lettera e) dell'«Accordo tra Stato e Regione Siciliana per il ripiano
decennale  del  disavanzo»  sottoscritto  in  data  14  gennaio  2021
(Missione 1 Programma 10 capitolo 212017). Alla conseguente copertura
dell'onere, pari ad euro 1.600.000,00 a decorrere dall'anno 2022,  si
provvede a valere sui risparmi di spesa di cui ai commi 3 e 4. 
    2. Al fine  di  recepire  la  normativa  statale  in  materia  di
revisione del sistema di classificazione professionale  da  applicare
al personale dell'Amministrazione regionale, nel rispetto  di  quanto
previsto dall'art. 1, comma 612, della legge 30 dicembre 2021, n. 234
e dei contenuti previsti dal punto 2, lettera  e)  dell'«Accordo  tra
Stato e Regione Siciliana per il  ripiano  decennale  del  disavanzo»
sottoscritto in data 14 gennaio 2021, le risorse  finanziarie  per  i
rinnovi dei contratti  collettivi  di  lavoro  relativi  al  triennio
2019/2021, stanziate dalla legge regionale 15 aprile 2021,  n.  10  e
dall'art. 14 della legge regionale 27  dicembre  2021,  n.  35,  sono
integrate, a decorrere dall'anno 2022,  di  un  importo,  comprensivo
degli oneri riflessi a carico dell'amministrazione e  dell'IRAP,  nel
limite massimo di euro 1.350.000,00 per l'esercizio finanziario  2022
e nel limite massimo di euro 2.700.000,00 a decorrere  dall'esercizio
finanziario 2023, da destinare al rinnovo contrattuale del  personale
del comparto non dirigenziale. All'onere di cui al presente comma  si
provvede con i risparmi di spesa di cui ai commi 3 e 4. 
    3. A decorrere dall'anno 2022, in attuazione di  quanto  previsto
dall'art. 49, commi 3 e 4, della legge regionale 7 maggio 2015, n.  9
e successive modificazioni e  dall'art.  13,  comma  3,  della  legge
regionale 17 marzo 2016, n. 3  e  successive  modificazioni  e  dalla
delib. G.R. n. 108  del  10  marzo  2022  nonche'  al  fine  di  dare
attuazione al punto 2, lettere d) ed e)  dell'«Accordo  tra  Stato  e
Regione  Siciliana  per   il   ripiano   decennale   del   disavanzo»
sottoscritto in data 14 gennaio 2021, in materia di contenimento  del
trattamento economico accessorio, il fondo per il finanziamento della
retribuzione  di  posizione,  parte  variabile  e  di  risultato  del
personale dell'area della dirigenza dell'amministrazione regionale e'
ridotto  di  un  importo  pari  ad  euro  3.841.000,00  (Missione  1,
Programma 10,  capitolo  212019)  rispetto  all'ammontare  del  fondo
medesimo  del  2021  come  formalmente  quantificato   e   costituito
dall'amministrazione  regionale.  Le   economie   di   pari   importo
registrate nel fondo di cui al  primo  periodo  e  relative  all'anno
2021, costituiscono  in  via  definitiva  e  strutturale  risparmi  a
beneficio del bilancio regionale. 
    4. A decorrere dall'anno 2022, in attuazione di  quanto  previsto
dall'art. 49, commi  3  e  4,  della  legge  regionale  n.  9/2015  e
successive modificazioni, dall'art. 10 comma 1 della legge  regionale
15 aprile 2021, n. 9,  come  attuati  con  decreto  presidenziale  n.
608/2022, nonche' al fine di dare attuazione al punto 2,  lettere  d)
ed e) dell'«Accordo tra Stato e  Regione  Siciliana  per  il  ripiano
decennale del disavanzo» sottoscritto in data  14  gennaio  2021,  in
materia di contenimento  del  trattamento  economico  accessorio,  il
fondo risorse decentrate del personale del comparto non  dirigenziale
dell'amministrazione regionale e' ridotto di un importo pari ad  euro
544.134,00 (Missione  1,  Programma  10,  capitolo  212015)  rispetto
all'ammontare  del  fondo  medesimo  del   2021,   come   formalmente
quantificato e costituito dall'amministrazione regionale. 
    5. A decorrere dall'anno 2022, sono fatti salvi  gli  effetti  di
cui all'art. 1, commi 604 e 612, della legge  30  dicembre  2021,  n.
234». 
    Dunque,  l'articolo  sopra  trascritto  incide  sul   trattamento
accessorio (comma 1) e sul sistema di classificazione (comma  2)  del
personale regionale, finanziando le relative  spese  con  le  risorse
derivanti dalla riduzione dei fondi indicati nei commi 3 e 4. 
    In particolare, l'art. 3: 
      a)  al  comma  1,  prevede  l'incremento  dei  fondi   per   il
trattamento accessorio del personale, anche di livello  dirigenziale,
di complessivi 1,6 mln di  euro,  utilizzando  a  copertura  di  tali
oneri, con decorrenza dall'anno 2022, i risparmi di spesa di  cui  ai
successivi commi 3 e 4; 
      b) al comma 2, integra - al fine di modificare  il  sistema  di
classificazione del personale regionale - le risorse  gia'  stanziate
per il rinnovo del C.C.R.L. 2019-2021 di un importo pari a  1,35  mln
di euro per l'anno  2022  e  di  2,7  mln  di  euro,  con  decorrenza
dall'anno 2023, utilizzando - anche in questo caso - a copertura  del
relativo onere i risparmi di spesa di cui ai successivi commi 3 e 4; 
      c) al comma 3, prevede che, con decorrenza dall'anno  2022,  al
fine di dare attuazione al punto 2), lettere d) ed  e),  dell'Accordo
sottoscritto dalla Regione Siciliana in  data  14  gennaio  2021,  il
Fondo per la retribuzione di posizione e di risultato della dirigenza
regionale e' ridotto di un importo pari a 3,841 mln di euro  rispetto
all'ammontare del medesimo Fondo nell'anno 2021; 
      d) al comma 4, stabilisce che, con decorrenza  dall'anno  2022,
al  fine  di  dare  attuazione  al  punto  2),  lettere  d)  ed   e),
dell'Accordo sottoscritto dalla Regione Siciliana in data 14  gennaio
2021, il Fondo risorse decentrate del personale non  dirigenziale  e'
ridotto di un importo pari a 0,544 mln di euro rispetto all'ammontare
del medesimo Fondo nell'anno 2021. 
    Ed invero, mediante tale Accordo,  la  Regione  Siciliana  si  e'
impegnata «ad adottare interventi di riduzione della  spesa  corrente
attraverso provvedimenti legislativi  e/o  amministrativi  regionali»
(punto 2), tra i quali vengono indicati: 
      1) alla lettera d), «il recepimento della normativa  statale  e
delle correlate direttive in materia di applicazione del lavoro agile
al personale regionale e  degli  enti  strumentali;  il  contenimento
dell'ammontare complessivo delle  risorse  destinate  annualmente  al
trattamento accessorio del personale, anche di livello  dirigenziale,
nei limiti  di  quanto  previsto  per  le  amministrazioni  pubbliche
dall'art. 23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75,
nonche' una piu' efficace utilizzazione di tali  risorse  finalizzata
al miglioramento qualitativo e quantitativo dei servizi erogati  alla
collettivita'» (enfasi aggiunte); 
      2) alla lettera e), «la riorganizzazione e lo snellimento della
struttura amministrativa della  Regione,  al  fine  di  ottenere  una
riduzione significativa degli uffici di livello  dirigenziale  e,  in
misura  proporzionale,  delle  dotazioni  organiche   del   personale
dirigenziale e del comparto, nonche'  dei  contingenti  di  personale
assegnati ad attivita' strumentali; il rafforzamento  della  gestione
unitaria dei  servizi  strumentali,  attraverso  la  costituzione  di
uffici comuni; il riordino  degli  uffici  e  organismi  al  fine  di
eliminare duplicazioni o sovrapposizioni di strutture o funzioni;  il
contenimento della spesa del personale in servizio,  al  netto  delle
spese per i rinnovi contrattuali nei limiti minimi di quelli previsti
per il medesimo periodo a  livello  nazionale,  e  del  personale  in
quiescenza. Ai fini del computo dei risparmi di spesa derivanti dalle
cessazioni  dal  servizio  del  personale  destinabili   alle   nuove
assunzioni, sono esclusi, a decorrere dal 2021  e  fino  al  2029,  i
risparmi per cessazioni del personale al quale  si  applica  il  c.d.
contratto 1 cessato dal servizio nel medesimo periodo. Dalle  risorse
assunzionali relative al personale dirigenziale e' altresi' detratto,
per il triennio 2021 /2023, l'importo dei trasferimenti al  Fondo  di
quiescenza  per  il  pagamento  dell'indennita'  di  buonuscita   del
personale dirigenziale cessato nel medesimo periodo, con  conseguente
sospensione del reclutamento di profili dirigenziali per il  medesimo
triennio» (enfasi aggiunte). 
    In altri termini, con le clausole dell'Accordo sopra  trascritte,
la Regione Siciliana si e' espressamente  impegnata  a  ripianare  il
disavanzo regionale mediante una serie  di  interventi,  tra  cui  la
riduzione strutturale delle spese di personale. 
    Ebbene, le disposizioni oggetto di censura si pongono in evidente
contrasto con tale impegno,  dato  che  le  risorse  derivanti  dalla
riduzione dei Fondi indicati  nei  commi  3  e  4,  che  -  ai  sensi
dell'Accordo sopramenzionato - dovrebbero essere destinate  al  piano
di rientro decennale dal disavanzo, vengono impiegate - invece -  per
finanziare l'incremento  del  trattamento  accessorio  del  personale
regionale, nonche' la revisione del sistema  di  classificazione  del
medesimo. 
    Esse, quindi, si pongono in contrasto: 
      a) da un lato, con i principi di  coordinamento  della  finanza
pubblica, tra i quali rientrano anche le disposizioni di contenimento
dei costi di personale (cfr. sentenza n. 69 del 2011  e  n.  169  del
2007), di cui costituisce espressione il punto 2), lettere d) ed  e),
dell'Accordo sottoscritto dalla Regione Siciliana in data 14  gennaio
2021; 
      b) dall'altro, con il  principio  dell'equilibrio  dei  bilanci
pubblici  e  della  sostenibilita'   del   debito   delle   pubbliche
amministrazioni (cfr. sentenza n. 26 del 2013), nella misura  in  cui
esse pregiudicano la corretta attuazione e, quindi,  l'efficacia  del
piano di rientro decennale dal disavanzo. 
    Peraltro, qualora si ritenesse che le disposizioni censurate  non
sottraggono risorse destinate all'attuazione del  suddetto  piano  di
rientro, esse sarebbero comunque costituzionalmente  illegittime,  in
quanto prive di adeguata copertura finanziaria. In tal caso,  invero,
le misure disposte nei commi  1  e  2  dovrebbero  trovare  copertura
finanziaria  nei  Fondi  indicati  dai  commi  3  e  4,   ma   -   in
considerazione delle riduzioni previste dai  medesimi  commi  -  tali
Fondi non sarebbero affatto sufficienti per garantire gli  incrementi
dei costi di personale disposti dal legislatore regionale. 
    Per questa ragione, si  ritiene  che  le  disposizioni  censurate
eccedano dalle competenze  legislative  riservate  dallo  Statuto  di
autonomia alla Regione Siciliana e violino gli impegni assunti  dalla
stessa in materia di coordinamento della finanza pubblica,  ai  sensi
dell'art. 117, comma 3,  della  Costituzione,  nonche'  il  principio
dell'equilibrio dei  bilanci  pubblici  e  della  sostenibilita'  del
debito delle pubbliche amministrazioni, desumibili dagli articoli 81,
97,  e  119  della  Costituzione  e   applicabili   -   per   univoca
giurisprudenza di codesta Ecc.ma Corte - anche alle Regioni a Statuto
speciale (cfr. sentenza n. 226 del 2021). 
III - Art. 12, comma 11 
    - L'art. 12, comma 11, della legge oggetto di censura dispone che
"All'art. 25 della legge regionale 10 agosto 2016, n. 16 e successive
modificazioni dopo il comma 2 e' inserito  il  seguente:  «2-bis.  La
procedura  di  cui  ai  commi  1  e  2  si  applica  anche   per   la
regolarizzazione di concessioni edilizie  rilasciate  in  assenza  di
autorizzazione paesaggistica,  sempre  che  le  relative  istanze  di
concessione siano state presentate  al  comune  di  competenza  prima
della  pubblicazione  nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Regione  del
decreto istitutivo del  vincolo  di  cui  all'art.  140  del  decreto
legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni»". 
    La disposizione, quindi, riproduce in maniera identica quella  di
cui al comma 3 dell'art. 25 della legge regionale n. 16 del 2016, nel
testo previgente alle modifiche introdotte  dall'art.  20,  comma  1,
lettera b), della legge della Regione Siciliana 6 agosto 2021, n. 23,
gia' oggetto di censura da parte dello Stato. 
    Ed invero, con il ricorso n.  63  del  2021,  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri aveva impugnato il suddetto articolo,  con  il
quale il legislatore regionale - nel sostituire il comma 3  dell'art.
25 della legge della  Regione  Siciliana  n.  16  del  2016  -  aveva
stabilito che: «La procedura di cui ai commi 1 e 2 si  applica  anche
per la regolarizzazione di concessioni edilizie rilasciate in assenza
di autorizzazione paesaggistica per i beni individuati dalle  lettere
a) e b) del comma 1 dell'art. 134 del decreto legislativo 22  gennaio
2004, n. 42  e  successive  modificazioni,  sempre  che  le  relative
istanze di concessione siano state presentate al comune di competenza
prima dell'apposizione del vincolo». 
    Ebbene, in pendenza del giudizio  di  costituzionalita',  la  cui
udienza pubblica e' fissata per il giorno 22  novembre  2022,  l'Ente
regionale aveva disposto l'abrogazione della disposizione  impugnata,
mediante l'art. 6, comma 1, della legge regionale 18 marzo  2022,  n.
2. 
    Tuttavia,  con  l'articolo   oggetto   di   censura,   e'   stata
reintrodotta nell'ordinamento regionale la norma  previgente,  a  sua
volta costituzionalmente  illegittima  per  le  medesime  ragioni  di
diritto esposte nel menzionato ricorso n. 63 del 2021. 
    Essa, infatti, pur avendo effetti  meno  «dirompenti»  di  quelli
derivanti dall'art. 20, comma 1, lettera b), della legge regionale n.
23 del 2021 - che estendeva la  possibilita'  di  sanatoria  ex  post
anche alle aree con vincolo paesaggistico ope legis a far data  dalla
legge 8 agosto 1985, n. 431 - si pone ugualmente in contrasto con  il
generale  divieto  di  sanatoria  ex  post,  stabilito  dal   decreto
legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. 
    In particolare, l'art.  146,  comma  4,  del  menzionato  decreto
legislativo,  dispone  -  innovando  rispetto  al  precedente  regime
normativo - che: «Fuori dai casi di cui all'art. 167, commi  4  e  5,
l'autorizzazione   non   puo'   essere   rilasciata   in    sanatoria
successivamente   alla   realizzazione,   anche    parziale,    degli
interventi»; l'art. 167, commi 4 e 5, delimita i ristrettissimi casi,
di natura eccezionale, in cui  la  sanatoria  paesaggistica  ex  post
resta   possibile,    disciplinando    il    relativo    procedimento
amministrativo;  infine,  l'art.  182,  comma  3-bis,   contiene   la
disciplina  transitoria,  stabilendo   il   termine   finale,   ormai
ampiamente scaduto, entro il quale l'amministrazione e' tenuta a  dar
corso alle domande di sanatoria, anche laddove improcedibili a  causa
del sopravvenuto divieto di sanatoria ex post. 
    La Regione  Siciliana,  quindi,  reintroducendo  nell'ordinamento
regionale una disposizione  analoga  a  quella  recata  dall'abrogato
comma 3 dell'art. 25  della  legge  regionale  n.  16  del  2016,  ha
ripristinato una normativa che gia' si  poneva  in  contrasto  con  i
suddetti articoli del decreto legislativo 22  gennaio  2004,  n.  42;
nonche', per il tramite di tali norme  interposte,  con  l'art.  117,
comma 2, lettere m) e s),  della  Costituzione,  che  riservano  allo
Stato   la   competenza   legislativa   esclusiva   in   materia   di
«determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni  concernenti
i diritti civili e sociali che devono essere garantiti  su  tutto  il
territorio nazionale» e di «tutela dell'ambiente,  dell'ecosistema  e
dei beni culturali». 
    Peraltro,  la  normativa  regionale  oggetto   di   impugnazione,
determinando  un  evidente  "abbassamento"  di  tutela   dei   valori
paesaggistici e ambientali si pone anche in contrasto con i  principi
fondamentali sanciti dall'art. 9 della Costituzione, che affida  alla
Repubblica (e, quindi, impone anche alle Regioni a Statuto  speciale)
la tutela del paesaggio, del patrimonio  storico  e  artistico  della
Nazione, dell'ambiente, della biodiversita' e degli ecosistemi, anche
nell'interesse delle future generazioni. 
    Ancora, la normativa regionale - nel "riaprire" i  termini  della
sanatoria con effetti retroattivi - appare altresi'  irragionevole  e
priva di proporzionalita', ponendosi dunque in palese contrasto con i
principi stabiliti dagli articoli  3  e  97  della  Costituzione.  In
effetti,  codesta  Ecc.ma  Corte  ha  piu'  volte  affermato  che  la
retroattivita' delle disposizioni legislative deve «trovare  adeguata
giustificazione sul piano della ragionevolezza attraverso un puntuale
bilanciamento tra le ragioni che ne hanno motivato la previsione e  i
valori, costituzionalmente tutelati, al contempo potenzialmente  lesi
dall'efficacia a ritroso della norma adottata» (sentenza  n.  73  del
2017). 
    Ebbene,  nel  caso  di  specie,  la   sanatoria   con   efficacia
retroattiva disposta dall'Ente regionale appare del  tutto  priva  di
giustificazione e - per tale ragione - si pone  in  contrasto  con  i
principi di ragionevolezza,  buon  andamento  e  imparzialita'  della
pubblica amministrazione, previsti dalle  sopra  citate  disposizioni
costituzionali. 
    Si osserva, infine, che la norma censurata eccede - in ogni  caso
- dalle competenze riservate alla Regione Siciliana dallo Statuto  di
autonomia. 
    Se da un lato e' vero che l'art.  14  dello  Statuto  attribuisce
alla  Regione  resistente  la  competenza  legislativa  esclusiva  in
materia  di  urbanistica  (lettera  f),  tutela   del   paesaggio   e
conservazione delle antichita' e delle opere artistiche (lettera  n);
e' altrettanto vero che tale  competenza  incontra  il  limite  delle
«norme di grande riforma economico-sociale», che si impongono  -  per
univoca giurisprudenza di codesta Ecc.ma Corte - anche alle autonomie
speciali (sentenza n. 238 del 2013). Ebbene, non vi e' dubbio che tra
le norme in  questione  siano  ricomprese  anche  le  previsioni  del
decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, che - al fine di tutelare
il  paesaggio,  l'ambiente  e  l'ecosistema  -  hanno  introdotto  il
principio generale del divieto  di  sanatoria  ex  post  delle  opere
realizzate nelle aree soggette a vincolo. 
    Si  confida,  pertanto,  nella  declaratoria  di   illegittimita'
costituzionale dell'art. 12, comma 11, della legge  regionale  n.  13
del 2022. 
IV - Art. 12, comma 58 
    - L'art. 12, comma 58, della legge oggetto di censura dispone che
"58. Dopo l'art. 4 della legge regionale 13  aprile  2022,  n.  8  e'
aggiunto il seguente: «Art. 4-bis. Norma finanziaria. 
    1. Alla copertura degli oneri finanziari derivanti dalla presente
legge si fa fronte nei limiti degli stanziamenti del  bilancio  della
Regione, con  risorse  regionale  ed  extraregionali.  Il  Ragioniere
generale della Regione  e'  autorizzato  ad  apportare  le  opportune
variazioni al bilancio della Regione»". 
    Come noto, la legge regionale 13 aprile 2022, n. 8, ha  istituito
la Giornata della Memoria dell'eruzione dell'Etna del 1669; tuttavia,
essa e' stata impugnata dal Presidente del Consiglio dei Ministri con
il ricorso n. 40 del 2022, in  quanto  -  nel  suo  complesso  -  non
risulta rispettosa dell'obbligo di copertura finanziaria delle  leggi
di spesa di cui all'art. 81, comma 3, della Costituzione. 
    Difatti, tale legge regionale -  a  fronte  delle  iniziative  da
intraprendere per commemorare l'evento sopraindicato - non indica  la
quantificazione dei relativi  oneri  finanziari  a  carico  dell'Ente
regionale ne' i mezzi per farvi fronte. 
    Pertanto, essa si pone in contrasto con  l'obbligo  di  copertura
finanziaria delle norme (anche  regionali)  che  comportano  nuovi  o
maggiori oneri a carico dei bilanci pubblici, previsto dall'art.  81,
comma 3, della Costituzione, declinato ulteriormente  dagli  articoli
19, comma 2, della legge n. 196 del 2009 e 38, comma 1,  del  decreto
legislativo n. 118 del 2011, applicabili - per univoca giurisprudenza
di codesta Ecc.ma Corte - anche alla Regione Siciliana (cfr. sentenza
n. 226 del 2021). 
    Del resto, lo stesso «Testo coordinato delle norme in materia  di
bilancio  e  contabilita'  applicabili   alla   Regione   siciliana»,
approvato con decreto del Presidente della Regione in data  17  marzo
2004, prevede - all'art. 14  -  norme  dettagliate  che  disciplinano
l'obbligo di quantificare gli oneri derivanti dalle norme di spesa  e
le relative modalita' di copertura, che - nella specie -  sono  state
del tutto pretermesse dall'Ente regionale. 
    Ebbene, come gia' esposto nel  precedente  ricorso  proposto  dal
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  le  suddette  censure  di
illegittimita' costituzionale non appaiono affatto superate dall'art.
12, comma 58, della legge n. 13 del 2022. 
    Tale previsione finanziaria, infatti, da un lato conferma che  la
legge regionale n. 8 del 2022 comporta oneri finanziari a carico  del
bilancio regionale; dall'altro  -  tuttavia  -  risulta  estremamente
generica, in quanto non quantifica i suddetti oneri e  non  individua
la missione, il programma e il titolo ove imputare le relative spese. 
    In altri termini, tale disposizione non assicura alcuna copertura
finanziaria  agli  oneri  finanziari  inequivocabilmente  discendenti
dalla legge regionale n. 8 del 2022,  in  violazione  dei  menzionati
articoli 19, comma 2, della legge n. 196 del 2009 e 38, comma 1,  del
decreto legislativo n. 118 del 2011; nonche' - per il tramite di tali
disposizioni  -  dell'art.   81,   comma   3,   della   Costituzione,
disposizione -  peraltro  -  direttamente  applicabile  alla  Regione
Siciliana anche a prescindere dalle suddette norme  interposte  (cfr.
sentenza n. 26 del 2013). 
    Si  confida,  pertanto,  nella  declaratoria  di   illegittimita'
costituzionale dell'art. 12, comma 58, della legge n.  13  del  2022,
oltre che - in accoglimento del ricorso n. 40 del 2022 -  dell'intera
legge della Regione Siciliana 13 aprile 2022, n. 8, in  quanto  priva
di adeguata copertura finanziaria. 
V - Art. 13, comma 6 
    - L'art. 13, comma 6, della legge oggetto di censura prevede  che
«Le disposizioni di cui all'art. 23  del  decreto  legge  28  gennaio
2019, n. 4, convertito con modificazioni dalla legge 28  marzo  2019,
n. 26, trovano applicazione per il personale regionale  collocato  in
quiescenza, anche per il tramite  di  Irfis  FinSicilia  S.p.A.,  che
provvede all'erogazione  delle  relative  risorse  nell'ambito  delle
disponibilita' dei fondi di  propria  spettanza,  previa  stipula  di
convenzione con il Dipartimento regionale della funzione pubblica». 
    - La norma, quindi, estende al personale regionale  collocato  in
quiescenza la facolta' prevista per i dipendenti  pubblici  dall'art.
23  del  decreto-legge  28  gennaio  2019,  n.  4,   convertito   con
modificazioni dalla  legge  28  marzo  2019,  n.  26,  di  richiedere
l'anticipo di una quota di T.F.S./T.F.R. entro il  limite  di  45.000
euro. 
    Tuttavia, in violazione della suddetta disposizione  statale,  la
norma adottata dalla Regione Siciliana  ammette  ope  legis  siffatta
possibilita' anche per il tramite della  «Irfis  FinSicilia  S.p.A.»,
senza che essa debba assicurare i requisiti e le condizioni  previste
dal menzionato art.  23  per  tutti  gli  altri  istituti  bancari  e
finanziari. 
    Infatti, il comma 2 dell'art. 23 stabilisce che,  sulla  base  di
apposite  certificazioni  rilasciate   dall'ente   responsabile   per
l'erogazione del T.F.S./T.F.R.,  i  dipendenti  pubblici  ammessi  al
beneficio possono presentare una richiesta di finanziamento  per  una
somma di importo pari all'indennita' di fine servizio maturata  «alle
banche o agli intermediari finanziari che aderiscono  a  un  apposito
accordo quadro da stipulare, entro  sessanta  giorni  dalla  data  di
entrata in vigore della legge di conversione  del  presente  decreto,
tra il Ministro del lavoro e delle  politiche  sociali,  il  Ministro
dell'economia  e  delle  finanze,  il  Ministro   per   la   pubblica
amministrazione e l'Associazione bancaria italiana,  sentito  l'INPS.
Ai fini del rimborso del  finanziamento  e  dei  relativi  interessi,
l'ente  che  corrisponde  l'indennita'  di  fine  servizio,  comunque
denominata, trattiene il relativo importo da tale indennita', fino  a
concorrenza dello stesso. Gli importi trattenuti ai sensi del periodo
precedente non sono soggetti a procedure di sequestro o  pignoramento
e, in ogni caso, a  esecuzione  forzata  in  virtu'  di  qualsivoglia
azione esecutiva o cautelare. Il  finanziamento  e'  garantito  dalla
cessione  pro  solvendo,  automatica  e   nel   limite   dell'importo
finanziato,  senza  alcuna  formalita',  dei  crediti  derivanti  dal
trattamento di fine servizio maturato che i lavoratori [...]  vantano
nei confronti degli  enti  che  corrispondono  l'indennita'  di  fine
servizio» (enfasi aggiunte). 
    Inoltre, ai sensi del comma 5, «L'importo finanziabile e' pari  a
45.000 euro ovvero all'importo spettante ai soggetti di cui al  comma
2 nel caso in cui l'indennita' di fine servizio  comunque  denominata
sia di importo inferiore. Alle operazioni di finanziamento di cui  al
comma 2 si applica il tasso di interesse indicato nell'accordo quadro
di cui al medesimo comma» (enfasi aggiunte). 
    In attuazione delle disposizioni  sopra  trascritte,  sono  stati
emanati il decreto del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  22
aprile 2020, n. 51, e  il  successivo  decreto  19  agosto  2020  del
Dipartimento della funzione pubblica,  con  cui  e'  stato  approvato
l'Accordo Quadro  tra  Governo  e  A.B.I.  per  la  disciplina  delle
condizioni economiche e  contrattuali  applicabili  all'anticipo  del
T.F.S./T.F.R. in favore dei dipendenti pubblici ammessi al beneficio.
In particolare, tale Accordo definisce: 
      a) i termini e le modalita' di adesione da parte  delle  banche
all'iniziativa; 
      b)  le  modalita'   delle   modifiche   contrattuali   relative
all'adeguamento dei requisiti pensionistici alla speranza di vita; 
      c) le specifiche tecniche di sicurezza dei flussi  informativi;
nonche', 
      d) le modalita' di determinazione del  tasso  di  interesse  da
corrispondere sull'anticipo. 
    Ebbene, l'art. 13, comma 6, della legge regionale impugnata -  in
contrasto con le menzionate disposizioni statali - ammette ope  legis
tra i soggetti finanziatori  la  «Irfis  -Finsicilia  S.p.A.»  -  una
societa' partecipata al 100% dalla Regione Sicilia che ha per oggetto
l'esercizio, nei confronti degli operatori  pubblici,  dell'attivita'
di concessione di finanziamenti - senza prevedere, tuttavia,  la  sua
necessaria adesione all'Accordo  Quadro  stipulato  dal  Governo  con
l'A.B.I., nonche' l'osservanza delle procedure e delle modalita'  per
l'erogazione   dell'anticipo,   disciplinate   dall'art.    23    del
decreto-legge n. 4 del 2019, n. 4, in modo particolarmente rigoroso e
articolato. 
    Tale disciplina e'  stata  adottata  dallo  Stato  nell'esercizio
della  propria  competenza  legislativa  esclusiva  in   materia   di
«ordinamento civile»; pertanto, per  il  tramite  di  siffatte  norme
interposte, l'art. 13, comma 6, della legge regionale n. 13 del  2022
- eccedendo dalle competenze legislative riservate dallo  Statuto  di
autonomia alla Regione Siciliana - si pone altresi' in contrasto  con
l'art. 117, comma 2, lettera l), della Costituzione. 
    Si  insiste,  quindi,  per  la  declaratoria  di   illegittimita'
costituzionale del medesimo. 
VI - Art. 13, comma 14 
    - L'art. 13, comma 14, della legge regionale oggetto  di  censura
prevede che «Per l'esercizio finanziario 2022 e' autorizzata la spesa
di 160 migliaia di euro in favore del Comune di Sciacca, destinata al
pagamento delle imposte comunali ICI/IMU relative al procedimento  di
liquidazione  della  fondazione  "Pardo"  al   fine   di   permettere
l'immediato utilizzo delle risorse, gia'  stanziate,  destinate  alla
realizzazione del museo interdisciplinare di  cui  all'art.  2  della
legge regionale 15 maggio 1991, n. 17 e successive modificazioni, nel
complesso monumentale di Santa Margherita a Sciacca». 
    Occorre premettere che  la  disposizione  in  esame  appare  poco
chiara nella sua formulazione letterale e nella sua ratio, in  quanto
non si evince il soggetto  a  carico  del  quale  e'  posto  l'onere,
quantificato in 160  mila  euro,  che  sembrerebbe  l'amministrazione
regionale,  il  soggetto  debitore  delle   imposte   comunali,   che
sembrerebbe  la  Fondazione  "Pardo",  e  -  infine  -  il   rapporto
intercorrente fra il Comune di Sciacca e la Fondazione stessa. 
    Posto che la norma  appare  volta  ad  assicurare  al  Comune  di
Sciacca la dotazione finanziaria con cui provvedere al pagamento  dei
debiti per le imposte comunali ICI/IMU maturati nei  confronti  della
Fondazione  "Pardo",  attualmente  posta  in  liquidazione,   e   nel
presupposto che quest'ultima sia soggetto partecipato dal  Comune  di
Sciacca, la disposizione appare in contrasto  -  per  le  ragioni  di
seguito esposte - con gli articoli 97 e 117 della Costituzione. 
    Al  fine  di  dimostrare  l'illegittimita'  costituzionale  della
disposizione impugnata, si rammenta che, ai sensi  dell'art.  12  del
codice civile, «Le associazioni, le fondazioni e le altre istituzioni
di carattere privato acquistano la personalita' giuridica mediante il
riconoscimento concesso con decreto del Presidente della Repubblica». 
    Al   riconoscimento   della   personalita'   giuridica   consegue
l'autonomia patrimoniale perfetta dei suddetti soggetti, cui consegue
l'esclusione di ogni forma di responsabilita', per le obbligazioni da
essi contratte, nei confronti dei finanziatori. 
    In altri termini,  la  personalita'  giuridica  comporta  che  le
vicende dell'organizzazione incidono  esclusivamente  sul  patrimonio
dell'ente e non su quello dei soggetti che - in qualsiasi forma -  lo
partecipino. 
    Ebbene, nel caso in esame, la Regione Siciliana ha  disposto  che
dell'obbligazione sorta in capo alla fondazione "Pardo", risponda  il
Comune di Sciacca, sovvertendo, di fatto, il principio dell'autonomia
patrimoniale perfetta recato dall'art. 12 del codice civile. 
    Inoltre,  la  norma  regionale  -   nel   prevedere   che   delle
obbligazioni della fondazione risponda il soggetto  pubblico,  ovvero
la collettivita',  attraverso  un  sostanziale  accollo  del  debito,
peraltro, con provvista finanziaria fornita dalla  stessa  Regione  -
viola altresi' il principio di sana  gestione  finanziaria,  espresso
dall'art. 14, comma 5, del decreto legislativo  19  agosto  2016,  n.
175. 
    Secondo la giurisprudenza contabile,  l'art.  14,  comma  5,  del
T.U.S.P. sancisce il cosiddetto «divieto di soccorso finanziario»  da
parte di un soggetto pubblico rispetto ai suoi organismi  partecipati
e impone l'abbandono della logica del «salvataggio a tutti  i  costi»
degli enti partecipati che versano in situazione di  dissesto  (cfr.,
tra  le  altre,  Sezione  regionale  di  controllo  per  la  Toscana,
deliberazione n. 84/2018,  Sezione  regionale  di  controllo  per  il
Lazio, deliberazione n. 1/2019, Sezione regionale di controllo per la
Puglia, deliberazione n. 47/2019, Sezione regionale di controllo  per
la Lombardia, deliberazione n. 296/2019, nonche' Sezione regionale di
controllo per le Marche, deliberazione n. 123/2019). 
    La ratio di tale norma, in effetti, e' quella di porre «un  freno
alla prassi, ormai consolidata, seguita  dagli  enti  pubblici  e  in
particolare dagli enti locali, di procedere a ricapitalizzazioni e ad
altri trasferimenti straordinari per coprire le  perdite  strutturali
(tali da minacciare la continuita' aziendale); prassi che, come noto,
da un lato finisce per impattare negativamente sui  bilanci  pubblici
compromettendone  la  sana  gestione   finanziaria;   dall'altro   si
contrappone alle disposizioni dei trattati (art. 106 TFUE, gia'  art.
86 TCE), le quali vietano che soggetti che operano nel mercato comune
possano beneficiare di diritti speciali o esclusivi,  o  comunque  di
privilegi in  grado  di  alterare  la  concorrenza  nel  mercato,  in
un'ottica macroeconomica» (cfr. Sezione regionale  di  controllo  per
l'Abruzzo, deliberazione n. 279/2015). 
    In tale contesto, l'art. 14, comma 5, del T.U.S.P.  ha  stabilito
un generale divieto  di  disporre,  a  qualsiasi  titolo,  erogazioni
finanziarie «a fondo perduto» in favore di enti in  grave  situazione
deficitaria,    «relegando    l'ammissibilita'    di    trasferimenti
straordinari ad ipotesi derogatoria  e  residuale,  percorribile  con
finalita' di risanamento aziendale e per  il  solo  perseguimento  di
esigenze pubblicistiche di conclamato rilievo, in quanto  sottendenti
prestazioni di servizi di interesse generale ovvero la  realizzazione
di programmi di investimenti affidati e  regolati  convenzionalmente,
secondo  prospettive  di  continuita'»  (cfr.  Sezione  regionale  di
controllo Lazio, deliberazione n. 66/2018/PAR). 
    Sebbene il perimetro di  diretta  applicazione  della  norma  non
contempli  le  fondazioni,  ma  si  riferisce   esclusivamente   agli
organismi aventi struttura societaria;  tuttavia,  dal  tenore  della
medesima, si evince un principio generale  di  «divieto  di  soccorso
finanziario»,  fondato  su  esigenze  di   tutela   dell'economicita'
gestionale  e  della  concorrenza,  estensibile  anche   agli   altri
organismi partecipati dagli enti pubblici. 
    In altri termini, il divieto in esame «appare  espressivo  di  un
vero e proprio principio di ordine  pubblico  economico,  fondato  su
esigenze di economicita' e razionalita' nell'utilizzo  delle  risorse
pubbliche e di tutela della concorrenza e del mercato. Tale principio
s'impone  alle  amministrazioni  pubbliche  prescindendo,  a   tutela
dell'effettivita' del precetto, dalle forme giuridiche prescelte  per
la partecipazione in organismi privati che  finirebbero,  altrimenti,
col prestarsi a facile elusione del chiaro dettato  normativo»  (cfr.
Sezione regionale di controllo per  la  Lombardia,  deliberazione  n.
296/2019, enfasi aggiunte). 
    Tale conclusione - peraltro - resta certamente valida  anche  con
riferimento alle operazioni di ripiano  del  deficit  finanziario  in
fase di liquidazione, assimilabili - di fatto -  ad  un  accollo,  da
parte dell'ente locale, dei debiti  di  un  soggetto  terzo,  con  la
conseguenza che «se chi si accolla un debito altrui e' un soggetto di
diritto pubblico, quest'ultimo ha il dovere di porre in  evidenza  la
ragione  economica  -  giuridica  dell'operazione,  altrimenti   essa
rappresenterebbe un ingiustificato  favor  verso  i  creditori  della
societa' incapiente» (cfr. Sezione  regionale  di  controllo  per  la
Lombardia n. 98/2013 e n. 64/2021). 
    Ebbene, la disposizione regionale in commento  produce  l'effetto
di ripianare un debito contratto da una fondazione di diritto privato
in fase di liquidazione, trasferendo il relativo onere finanziario  a
carico della collettivita', senza alcuna ragionevole giustificazione. 
    Per questa ragione,  essa  eccede  dalle  competenze  legislative
riservate alla Regione Siciliana  dallo  Statuto  di  autonomia  e  -
ponendosi in contrasto con le disposizioni statali sopra esaminate  -
viola altresi': 
      1) l'art. 97 della Costituzione, il quale  stabilisce  che  «Le
pubbliche amministrazioni, in coerenza con l'ordinamento  dell'Unione
europea, assicurano l'equilibrio dei bilanci e la sostenibilita'  del
debito pubblico» (comma 1, enfasi aggiunte) e che «I pubblici  uffici
sono organizzati secondo disposizioni di legge,  in  modo  che  siano
assicurati il buon andamento e l'imparzialita'  dell'amministrazione»
(comma 2, enfasi aggiunte); 
      2) nonche', l'art. 117 della Costituzione, il quale prevede che
«La potesta' legislativa e' esercitata dallo Stato  e  dalle  Regioni
nel  rispetto  della  Costituzione,  nonche'  dei  vincoli  derivanti
dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali»  (comma
1,  enfasi  aggiunte)  e  che  allo  Stato  sia  riservata  tanto  la
disciplina in materia di «tutela della concorrenza» (comma 2,  enfasi
aggiunte) quanto  la  determinazione  dei  principi  fondamentali  in
materia di «coordinamento della finanza pubblica»  (comma  3,  enfasi
aggiunte). 
    Si  confida,  pertanto,  nella  declaratoria  di   illegittimita'
costituzionale dell'art. 13, comma 14, della legge  regionale  n.  13
del 2022. 
VII - Art. 13, comma 15 
    - L'art. 13, comma 15, della legge regionale impugnata stabilisce
che «All'art. 1 della legge regionale  29  novembre  2005,  n.  15  e
successive modificazioni, sono apportate le seguenti modiche: 
      a)  al  comma  1,  lettera  f-ter)  le  parole  «on  air»  sono
sostituite dalle parole «open air»; 
      b) al comma 4 sono apportate le seguenti modiche: 
        1) dopo le parole «nei piani di utilizzo delle aree demaniali
marittime approvati ai sensi della presente legge», sono aggiunte  le
parole «o  realizzate  negli  stabilimenti  balneari  autorizzati  su
terreni privati»; 
        2) le parole «validi per tutta la  durata  delle  concessioni
demaniali marittime» sono sostituite dalle parole «validi nel caso di
concessioni demaniali marittime per tutta la durata delle stesse». Al
fine  di  comprendere  l'esatta  portata  della  disposizione   sopra
trascritta, appare indispensabile  esaminare  il  testo  dell'art.  1
della legge regionale  29  novembre  2005,  n.  15,  come  risultante
all'esito delle modifiche apportate dal legislatore regionale. 
        In particolare, il comma 1 della suddetta disposizione recita
attualmente quanto segue:  «1.  La  concessione  dei  beni  demaniali
marittimi puo' essere rilasciata, oltre che per  servizi  pubblici  e
per servizi e attivita' portuali e produttive, per l'esercizio  delle
seguenti attivita': 
      a) gestione di stabilimenti balneari e di strutture relative ad
attivita' sportive e ricreative; 
      b) esercizi di ristorazione e somministrazione di bevande, cibi
precotti e generi di monopolio; 
      c) costruzione, assemblaggio,  riparazione,  rimessaggio  anche
multipiano, stazionamento, noleggio  di  imbarcazioni  e  natanti  in
genere, nonche' l'esercizio di attivita' di porto a  secco,  cantieri
nautici che possono svolgere le attivita' correlate alla  nautica  ed
al diporto, comprese le attivita' di commercio  di  beni,  servizi  e
pezzi di ricambio per imbarcazioni; 
      d) esercizi diretti alla promozione e al commercio nel  settore
del turismo,  dell'artigianato,  dello  sport  e  delle  attrezzature
nautiche e marittime; [...] 
      f) porti turistici, ormeggi,  ripari,  darsene  in  acqua  o  a
secco, ovvero ricoveri per le imbarcazioni e natanti da diporto; 
      f-bis) eventi e cerimonie, anche  a  carattere  religioso,  con
possibilita' di svolgimento o durante o dopo l'orario  dedicato  alla
balneazione; 
      f-ter) ricettivita' diffusa e ricettivita' «open air»». 
    A sua volta, il testo del comma 4 - dopo le  modifiche  apportate
dal legislatore regionale - dispone che «Ai fini  delle  disposizioni
di cui all'art. 15, lettera a), della legge regionale 12 giugno 1976,
n. 78, le opere connesse all'esercizio  delle  attivita'  di  cui  al
comma 1 sono considerate opere destinate alla diretta  fruizione  del
mare quando previste nei  piani  di  utilizzo  delle  aree  demaniali
marittime approvati ai sensi della presente legge o realizzate  negli
stabilimenti balneari autorizzati su terreni privati e sono  soggette
ai  provvedimenti  edilizi  abilitativi  nei  comuni  competenti  per
territorio, validi nel caso di concessioni  demaniali  marittime  per
tutta la durata delle stesse,  anche  se  rinnovate  senza  modifiche
sostanziali». 
    Ebbene, l'art. 15 della legge regionale 12 giugno  1976,  n.  78,
stabilisce che «Ai fini della formazione degli strumenti  urbanistici
generali comunali debbono osservarsi, in tutte le  zone  omogenee  ad
eccezione delle zone A e B, in aggiunta alle disposizioni vigenti, le
seguenti prescrizioni: 
      a)  le  costruzioni  debbono  arretrarsi  di  metri  150  dalla
battigia; entro  detta  fascia  sono  consentite  opere  ed  impianti
destinati   alla   diretta   fruizione   del   mare,    nonche'    la
ristrutturazione degli edifici esistenti senza alterazione dei volumi
gia' realizzati». 
    Dunque, per effetto delle modifiche apportate all'art.  1,  comma
4, della legge regionale  n.  15  del  2005,  si  considerano  «opere
destinate alla diretta  fruizione  del  mare»  anche  le  costruzioni
funzionali all'esercizio delle attivita' connesse a  quelle  indicate
nel comma 1 della medesima disposizione; sicche'  -  ai  sensi  della
citata lettera a) - esse non devono  piu'  essere  arretrate  di  150
metri dalla battigia. 
    In altri termini, la disposizione oggetto  di  censura  considera
«opere destinate alla diretta fruizione del mare», con le conseguenze
sopra indicate, tutte le costruzioni funzionali  all'esercizio  delle
attivita' connesse a quelle elencate all'art. 1, comma 1, della legge
regionale n. 15 del  2005,  non  soltanto  quando  tali  opere  siano
previste  nei  piani  di  utilizzo  delle  aree  demaniali  marittime
approvati con le modalita' stabilite dalla medesima legge,  ma  anche
quando  esse  vengano  realizzate,  al  di  fuori  di   tali   piani,
nell'ambito di stabilimenti balneari autorizzati su terreni privati. 
    Come noto, i piani di utilizzo delle aree  demaniali  (denominati
anche «P.U.D.M.»), sono stati introdotti dalla legge regionale n.  15
del 2005 quale strumento di pianificazione comunale  delle  modalita'
di utilizzo della fascia costiera e del  litorale  marino,  anche  al
fine di salvaguardare le risorse paesaggistiche e ambientali. 
    Il «P.U.D.M.» si pone, dunque,  in  stretta  connessione  con  il
piano  paesaggistico,  del   quale   deve   recepire   le   eventuali
prescrizioni aventi contenuto precettivo determinato (come i  vincoli
di inedificabilita') a tutela dell'ambiente e del paesaggio.  D'altra
parte, in assenza del piano  paesaggistico,  il  «P.U.D.M.»  potrebbe
addirittura rappresentare l'unica fonte di  pianificazione  e  tutela
dell'ambiente  marittimo,  come  accade  per  alcune  Province  della
Regione Sicilia, i cui territori  risultano  ancora  privi  di  piano
paesaggistico. 
    Di conseguenza, siccome il demanio marittimo rappresenta un  bene
paesaggistico tutelato ope legis, l'introduzione  di  una  deroga  al
divieto di edificare nel limite di 150 metri dalla  battigia,  al  di
la' dei limiti imposti dalle  previsioni  contenute  nei  «P.U.D.M.»,
comporta una grave lesione della tutela paesaggistica. 
    La deroga potrebbe infatti paralizzare la stessa applicazione del
piano  paesaggistico,  di  cui  il   «P.U.D.M.»   e'   strumento   di
specificazione e attuazione. 
    Tale lesione - peraltro - e'  ancora  piu'  grave  nei  territori
privi di pianificazione paesaggistica, per i quali - come s'e'  detto
- il  «P.U.D.M.»  costituisce  l'unico  strumento  di  pianificazione
regionale vocato alla tutela paesaggistica. 
    E' vero  che  la  Regione  Siciliana  ha  competenza  legislativa
esclusiva  in  materia  di  urbanistica,  tutela  del   paesaggio   e
conservazione delle antichita' e delle  opere  artistiche,  ai  sensi
dell'art. 14, comma 1, lettere f) e n), dello Statuto  di  autonomia;
ma e' altrettanto vero che tale competenza si esplica pur sempre  nei
limiti delle leggi costituzionali e, comunque, senza pregiudizio  per
le «norme di grande riforma economico sociale» dello  Stato,  che  si
impongono anche alle autonomie speciali (cfr.  sentenza  n.  238  del
2013). 
    Ebbene, non vi e' dubbio che  tra  le  suddette  norme  rientrino
anche le previsioni del decreto legislativo 22 gennaio 2004,  n.  42,
recante il «Codice dei beni culturali e del paesaggio». 
    In effetti, codesta  Ecc.ma  Corte  ha  spesso  sottolineato  che
l'impronta unitaria della pianificazione paesaggistica «e' assunta  a
valore imprescindibile non derogabile dal  legislatore  regionale  in
quanto espressione di un intervento teso a stabilire una  metodologia
uniforme nel rispetto della legislazione di tutela dei beni culturali
e paesaggistici sull'intero territorio nazionale» (cfr.  sentenza  n.
182 del 2006, enfasi aggiunte; nonche', sentenza n. 272 del 2009). 
    Ne deriva che, anche  nell'ambito  della  Regione  Siciliana,  il
piano paesaggistico assume  carattere  necessariamente  sovraordinato
agli altri strumenti di pianificazione territoriale, in  applicazione
degli articoli 135, 143 e 145  del  decreto  legislativo  22  gennaio
2004, n. 42. 
    Tali articoli, infatti, costituiscono certamente «norme di grande
riforma economico-sociale», nella misura in cui codificano: 
      a)  il  principio  della  necessaria  pianificazione  dei  beni
sottoposti a vincolo paesaggistico; 
      b)  e  il  principio  della  necessaria  prevalenza  del  piano
paesaggistico rispetto ad ogni altro strumento di pianificazione, cui
consegue la  non  derogabilita'  del  medesimo  da  parte  di  piani,
programmi e progetti nazionali o regionali di sviluppo economico. 
    A cio' si  aggiunga  che  i  suddetti  principi,  codificati  dal
legislatore  nazionale,  attuano  in  Italia  le  disposizioni  della
Convenzione  europea  del  paesaggio,  anche  detta  «Convenzione  di
Firenze», adottata il 20 ottobre 2000, allo scopo  di  promuovere  in
tutti i Paesi del Consiglio di Europa la protezione, la gestione e la
pianificazione del paesaggio, nonche' la cooperazione  internazionale
in tale ambito. 
    Pertanto,  la  disposizione  impugnata  -   nell'eccedere   dalle
competenze  riservate  alla  Regione  Siciliana  dallo   Statuto   di
autonomia - si pone anzitutto in contrasto con l'art. 117,  comma  1,
della Costituzione, nella parte in cui vincola anche  il  legislatore
regionale  all'osservanza  degli  obblighi   internazionali   assunti
dall'Italia. Inoltre, comportando  un  abbassamento  del  livello  di
tutela dei valori paesaggistici e ambientali -  non  giustificato  da
alcun  altro  interesse  di  rango  costituzionale  -   la   medesima
disposizione si pone altresi' in contrasto: 
      1) con l'art. 9 della Costituzione, che affida alla  Repubblica
(e, quindi, impone anche alle Regioni a Statuto speciale)  la  tutela
del paesaggio, del patrimonio  storico  e  artistico  della  Nazione,
dell'ambiente,  della  biodiversita'  e   degli   ecosistemi,   anche
nell'interesse delle future generazioni; nonche', 
      2)  con  l'art.  117,  comma  2,  lettere  m)   e   s),   della
Costituzione, che riservano  allo  Stato  la  competenza  legislativa
esclusiva in materia di «determinazione dei livelli essenziali  delle
prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono  essere
garantiti  su  tutto  il   territorio   nazionale»   e   di   «tutela
dell'ambiente, dell'ecosistema e dei  beni  culturali».  Si  confida,
quindi, nella declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art.
13, comma 15, della legge regionale n. 13 del 2022. 
VIII - Art. 13, comma 21 
    - L'art. 13, comma 21, della legge  regionale  impugnata  prevede
che «Per le finalita' previste dai commi 797 e 798 dell'art. 1  della
legge 30 dicembre 2020, n. 178 nonche' dai commi 734 e 735  dell'art.
1 della legge 30 dicembre 2021, n. 234, i comuni, per l'assunzione  a
tempo indeterminato degli assistenti  sociali,  sono  autorizzati  ad
avviare,  coerentemente  ai  piani  di   fabbisogno,   procedure   di
reclutamento, prevedendo la  valorizzazione  con  apposito  punteggio
dell'esperienza  professionale  maturata  con   contratto   a   tempo
determinato ovvero  con  contratto  di  collaborazione  coordinata  e
continuativa ovvero con contratto di collaborazione  autonoma  libero
professionale  ovvero  con  altre  forme   contrattuali   di   lavoro
flessibile nella pubblica amministrazione». 
    Dunque, la  norma  sopra  trascritta  interviene  in  materia  di
assunzioni  a   tempo   indeterminato   degli   assistenti   sociali,
sovrapponendosi alla recente normativa statale e determinando,  nella
sostanza,  un  ulteriore  reclutamento  del  suddetto  personale.  Al
riguardo, occorre premettere che l'art. 1, comma 801, della legge  n.
178 del 2020, come modificato dalla legge n. 234  del  2021,  prevede
che i Comuni, anche per le finalita' di cui al comma 797 e  sia  pure
con  le  deroghe  ivi  previste,  possono  effettuare  assunzioni  di
assistenti sociali, con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, nel
limite  delle  risorse  destinate  a  tale  scopo  e  fermo  restando
l'obiettivo del pareggio di bilancio. 
    Ebbene, la norma oggetto di censura si sovrappone e  deroga  alla
menzionata disciplina statale, nonche' alle disposizioni recate: 
      a) dal decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165; 
      b) dall'art. 20 del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75; 
      c) dall'art. 33, comma 2, del decreto-legge 30 aprile 2019,  n.
34, convertito con modificazioni dalla legge 28 giugno 2019, n. 58. 
    Pertanto, invadendo la  competenza  legislativa  esclusiva  dello
Stato in materia di «ordinamento civile», essa si  pone  in  evidente
contrato con l'art. 117, comma 2, lettera l), della Costituzione. 
    Al  riguardo,  occorre  altresi'  precisare   che   la   suddetta
disposizione non trova alcuna copertura normativa  nello  Statuto  di
autonomia; quest'ultimo, infatti, all'art. 14, comma 1,  lettera  q),
attribuisce alla Regione  la  competenza  a  disciplinare  lo  «stato
giuridico ed economico degli impiegati e funzionari  della  Regione»;
mentre, nella specie, viene in rilievo personale in  servizio  presso
gli enti locali. 
    Infine,  la  norma  regionale  e'  priva  di  adeguata  copertura
finanziaria e, pertanto, si pone in contrasto anche  con  i  principi
recati dall'art. 81, comma 3, della Costituzione. 
    In effetti, codesta Ecc.ma Corte  ha  piu'  volte  precisato  che
l'omessa  considerazione  degli  oneri  di  spesa  rende  una   legge
regionale costituzionalmente illegittima  per  assenza  di  copertura
finanziaria, anche quando vengono in rilievo oneri «ipotetici». 
    In altri termini,  l'art.  81  della  Costituzione  «impone  che,
ogniqualvolta si introduca  una  previsione  legislativa  che  possa,
anche solo in  via  ipotetica,  determinare  nuove  spese,  occorr[e]
sempre indicare i mezzi per farvi fronte» (cfr. sentenze n.  155  del
2022,  n.  163  del  2020  e  n.   307   del   2013);   ne   consegue
l'illegittimita'  costituzionale  di  tutte  quelle  leggi   in   cui
«l'individuazione  degli   interventi   e   la   relativa   copertura
finanziaria, e' stata effettuata dal legislatore  regionale  in  modo
generico» (cfr. sentenza n. 227 del 2019). 
    Nel caso di specie, il legislatore regionale non ha  quantificato
l'onere finanziario ne' ha indicato i  mezzi  per  farvi  fronte;  si
confida, quindi,  anche  per  tale  ragione,  nella  declaratoria  di
illegittimita' costituzionale della disposizione impugnata. 
IX - Art. 13, comma 22 
    - L'art. 13, comma 22, della legge oggetto di censura dispone che
"Al comma 4 dell'art. 36 della legge regionale 15 aprile 2021, n. 9 e
successive modificazioni, dopo la parola «fuoriuscita» aggiungere  le
parole «ancorche' senza formale atto di dimissioni»". 
    Dunque, la disposizione modifica il comma 4  dell'art.  36  della
legge regionale 15 aprile 2021, n. 9, prevedendo che - per i soggetti
che possono chiedere di essere riammessi nell'elenco di cui  all'art.
30, comma 1, della legge regionale n. 5 del 2014  pur  avendo  optato
per la fuoriuscita  -  quest'ultima  possa  essere  considerata  tale
ancorche' non vi sia stato un formale atto di dimissioni. 
    Ebbene, occorre premettere che l'art. 36 della legge regionale n.
9 del 2021 e' stato gia' impugnato dal Presidente del  Consiglio  dei
ministri con il ricorso n. 33  del  2021,  sia  nella  parte  in  cui
disponeva la stabilizzazione del  personale  «ASU»  sia  nella  parte
relativa alla quantificazione e alle  modalita'  di  copertura  delle
spese a carico della finanza pubblica. 
    Difatti, con la suddetta disposizione, il regime delle assunzioni
a tempo indeterminato  previsto  dal  legislatore  statale  e'  stato
esteso anche ai lavoratori inseriti nell'elenco di cui  all'art.  30,
comma 1, della legge regionale 28 gennaio 2014, n. 5, che ricomprende
non soltanto i soggetti gia' titolari di un contratto di  lavoro,  ma
anche quelli impiegati in attivita' socialmente  utili  in  forza  di
convenzioni o protocolli e, quindi, senza la previa instaurazione  di
un rapporto di lavoro. 
    Inoltre, il legislatore regionale, pur richiamando le  misure  di
stabilizzazione previste dalla normativa statale, non ha fatto  salva
- in alcun modo - l'applicazione dei  numerosi  vincoli  e  requisiti
richiesti dall'art. 1, comma 292, della legge n.  178  del  2020  per
procedere alla stabilizzazione del personale in questione. 
    Per questa ragione, l'art. 36 della legge regionale n. 9 del 2021
e' stato censurato innanzi  a  codesta  Ecc.ma  Corte,  in  quanto  -
ampliando l'ambito  di  applicazione  soggettivo  e  oggettivo  delle
procedure di  stabilizzazione  del  personale  "ASU"  previste  dalla
normativa nazionale - eccede dalle competenze legislative  attribuite
alla Regione Siciliana dall'articolo 14, lettera q), dello Statuto di
autonomia  e  viola  l'art.  117,  comma   2,   lettera   l),   della
Costituzione, che riserva alla competenza legislativa esclusiva dello
Stato la materia dell'«ordinamento civile», comportando altresi'  una
evidente violazione del principio di uguaglianza previsto dall'art. 3
della Costituzione rispetto al personale non  rientrante  nell'ambito
di applicazione della disposizione regionale. 
    Inoltre, l'art. 36 della legge regionale n 9 del  2021  e'  stato
impugnato  anche  in  relazione   all'inidoneita'   della   copertura
finanziaria disposta dall'Ente regionale e, quindi, per la violazione
del   principio   dell'equilibrio   di   bilancio   delle   pubbliche
amministrazioni di cui all'articolo 97, comma 1, della Costituzione e
di quello relativo alla necessaria copertura delle leggi di spesa  di
cui all'art. 81, comma 3. 
    Per le medesime ragioni, con il ricorso n. 8 del 2022,  e'  stata
altresi' impugnata la successiva legge regionale n. 29 del 2021  che,
all'art. 4, comma 1, ha modificato,  ma  in  modo  non  adeguato,  le
suddette modalita' di copertura degli oneri. 
    Ebbene, la disposizione  in  esame,  nell'apportare  un'ulteriore
modifica all'art. 36 della legge regionale  15  aprile  2021,  n.  9,
continua a porsi in contrasto con le norme  di  rango  costituzionale
sopra richiamate; ed in particolare, con il principio dell'equilibrio
dei bilanci pubblici di cui costituisce un  indefettibile  corollario
la regola che impone la necessaria copertura finanziaria delle  leggi
di spesa (cfr. sentenze n. sentenze n. 155 del 2022, n. 163 del  2020
e n. 307 del 2013). 
    Difatti, "copertura  finanziaria  ed  equilibrio  integrano  «una
clausola generale in grado  di  operare  pure  in  assenza  di  norme
interposte  quando  l'antinomia  [con  le   disposizioni   impugnate]
coinvolga direttamente il precetto costituzionale»" (sentenze n.  155
del 2022 e n. 274 del 2017); di qui, l'illegittimita'  costituzionale
di  tutte  quelle  leggi  in  cui  -  come  nel  caso  in   esame   -
"l'individuazione  degli   interventi   e   la   relativa   copertura
finanziaria, e' stata effettuata dal legislatore  regionale  in  modo
generico" (cfr. sentenze n. 155 del 2022 e n. 227 del 2019). 
    Si confida,  pertanto,  per  la  declaratoria  di  illegittimita'
costituzionale dell'art.  13,  comma  22,  per  le  medesime  ragioni
indicate nei ricorsi n. 33 del 2021 e n. 8 del 2022; in  particolare,
per la violazione degli articoli 81, comma 3, 97, comma 1, e - per il
tramite delle norme interposte di cui agli articoli 19 della legge n.
196 del 2009 e 38 del  decreto  legislativo  n.  118  del  2011,  che
disciplinano le modalita' di quantificazione degli oneri di  spesa  e
le relative modalita' di copertura -  dell'art.  117,  comma  3,  che
riserva allo Stato la determinazione  dei  principi  fondamentali  in
materia di «coordinamento della finanza pubblica», nonche'  dell'art.
119, comma 1,  della  Costituzione,  nella  parte  in  cui  ribadisce
l'obbligo per tutti gli enti territoriali,  ivi  compresi  quelli  ad
autonomia speciale, di  osservare  il  principio  dell'equilibrio  di
bilancio   e   i   «vincoli   economici   e   finanziari    derivanti
dall'ordinamento dell'Unione europea». 
X - Art. 13, comma 32 
    - L'art. 13, comma 32, della legge oggetto di censura  stabilisce
che: «All'art. 2, comma 1, della legge regionale 18 marzo 2022, n.  2
la lettera b) e' abrogata». 
    Al fine di  valutare  gli  effetti  della  suddetta  abrogazione,
occorre premettere che l'art. 2 della legge regionale 18 marzo  2022,
n. 2, introduce delle importanti modifiche  all'art.  5  della  legge
regionale 10 agosto 2016, n. 16. 
    In particolare, al comma 1, lettera b), essa prevedeva che: "alla
lettera d), punto 4), dopo la parola  «ammezzati»  sono  aggiunte  le
parole «esistenti alla data  di  entrata  in  vigore  della  presente
legge»" (enfasi aggiunte). 
    Le modifiche apportate dalla legge n. 18 del 2022  intervenivano,
quindi, sulle disposizioni introdotte dalla legge regionale n. 23 del
2021, che all'art. 6, comma 1, prevedeva che: "L'art. 5  della  legge
regionale  10  agosto  2016,  n.  16  e'  sostituito  dal   seguente:
«Costituiscono interventi di trasformazione urbanistica  ed  edilizia
del territorio e sono subordinati a permesso di costruire: [...] 
      d) le opere di recupero volumetrico ai fini abitativi e per  il
contenimento  del  consumo  di  nuovo  territorio,  come  di  seguito
definite: [...] 
    4) il recupero abitativo delle pertinenze, dei locali  accessori,
degli interrati e dei seminterrati e degli ammezzati  aventi  altezza
minima di m. 2,20 e'  consentito  in  deroga  alle  norme  vigenti  e
comunque  per  una  altezza  minima  non  inferiore  a  m.  2,20.  Si
definiscono pertinenze, locali accessori, interrati e seminterrati  i
volumi realizzati al servizio degli edifici, anche se non computabili
nella volumetria assentita agli stessi [...]»" (enfasi aggiunte). 
    Tale disposizione e' stata gia' oggetto di impugnazione davanti a
codesta Ecc.ma Corte,  in  quanto  volta  a  consentire  il  recupero
abitativo di qualsivoglia pertinenza,  dei  locali  accessori,  degli
interrati e dei seminterrati e degli  ammezzati  senza  alcun  limite
temporale e in deroga alla pianificazione  urbanistica  in  qualunque
tempo emanata,  anche  se  realizzati,  a  rigore,  addirittura  dopo
l'entrata in vigore  della  norma  de  qua,  attribuendo  premialita'
volumetriche ulteriori e distinte rispetto a quelle consentite  dalla
disciplina urbanistico-edilizia. 
    La legge  regionale  n.  18  del  2022  introduceva,  quindi,  un
importante correttivo alla legge regionale n. 23 del 2021, in  quanto
limitava la portata degli interventi di recupero abitativo realizzati
in deroga alle prescrizioni vigenti soltanto a quelli gia'  esistenti
alla data di entrata in vigore della legge stessa. 
    Per contro, le modifiche introdotte con la legge n. 13  del  2022
ripristinano la formulazione dell'art. 5, comma 1, lettera d), n.  4,
della legge regionale n. 16 del 2016,  cosi'  come  introdotta  dalla
legge regionale n. 23 del 2021. 
    Per tale via, si contravviene - ancora una volta -  al  principio
fondamentale in materia di governo del territorio, sotteso all'intero
impianto della legge  urbanistica  n.  1150  del  1942  e  successive
modifiche e  integrazioni  -  secondo  il  quale  gli  interventi  di
trasformazione edilizia e urbanistica sono  consentiti  soltanto  nel
quadro degli strumenti  di  pianificazione.  Costituiscono,  infatti,
principi fondamentali in materia di governo del  territorio,  che  si
impongono  anche  alle  Regioni  a  Statuto  speciale,  quelli  posti
dall'art. 41-quinquies della legge urbanistica  17  agosto  1942,  n.
1150,  e  successive  modifiche  e  integrazioni,  tra  i  quali   il
necessario rispetto degli standard urbanistici, che il  "recupero"  a
fini abitativi previsto dalla norma regionale e' per  forza  di  cose
destinato a stravolgere. 
    E' inoltre violato anche il principio  di  cui  all'art.  14  del
decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, ove  prevede
che la realizzazione di  interventi  in  deroga  alla  pianificazione
urbanistica puo' essere assentita solo previa valutazione fatta  caso
per  caso  da  parte  del  Consiglio  comunale,  sulla  base  di  una
ponderazione di interessi riferita alla fattispecie concreta. A  cio'
si aggiunga che i suddetti strumenti  di  pianificazione  urbanistica
devono tener  conto  delle  previsioni  del  decreto  legislativo  22
gennaio 2004, n. 42, recante il «Codice  dei  beni  culturali  e  del
paesaggio». 
    Ed invero, come chiarito  da  codesta  Ecc.ma  Corte,  l'impronta
unitaria della pianificazione  paesaggistica  «e'  assunta  a  valore
imprescindibile non derogabile dal legislatore  regionale  in  quanto
espressione  di  un  intervento  teso  a  stabilire  una  metodologia
uniforme nel rispetto della legislazione di tutela dei beni culturali
e paesaggistici sull'intero territorio nazionale» (cfr.  sentenza  n.
182 del 2006; nonche', sentenza n. 272 del 2009). 
    Ne deriva che, anche  nell'ambito  della  Regione  Siciliana,  il
piano paesaggistico assume  carattere  necessariamente  sovraordinato
agli altri strumenti di pianificazione territoriale, in  applicazione
degli articoli 135, 143 e 145  del  decreto  legislativo  22  gennaio
2004, n. 42. 
    Per questa ragione, si  ritiene  che  la  disposizione  impugnata
determini - inter alia - un notevole "abbassamento"  del  livello  di
tutela dei  valori  ambientali  e  paesaggistici,  in  contrasto  con
l'articolo 9 della Costituzione, ai sensi del quale  il  paesaggio  e
l'ambiente costituiscono valori primari e assoluti (cfr. sentenza  n.
367 del 2007). 
    Si  tratta,   peraltro,   di   valori   che   trovano   specifico
riconoscimento anche in sede internazionale  nell'ambito  della  gia'
menzionata Convenzione europea del paesaggio, adottata il 20  ottobre
2000. 
    Pertanto, la norma regionale impugnate viola altresi' l'art. 117,
comma 1, della Costituzione, nella parte  in  cui  vincola  anche  il
legislatore regionale all'osservanza  degli  obblighi  internazionali
assunti dall'Italia; nonche', il comma 2, lettera  s),  del  medesimo
articolo che attribuisce alla competenza legislativa esclusiva  dello
Stato  la  «tutela  dell'ambiente,   dell'ecosistema   e   dei   beni
culturali», e il successivo comma 3, che riserva parimenti allo Stato
la determinazione dei principi fondamentali in  materia  di  «governo
del  territorio»,  tra  i  quali  rientrano   anche   le   menzionate
disposizioni della legge urbanistica n. 1150 del  1942,  del  decreto
del Presidente della  Repubblica  n.  380  del  2001  e  del  decreto
legislativo n. 42 del 2004. 
    Infine,  si  osserva  che  la  Regione  Siciliana  ha  certamente
competenza legislativa esclusiva in materia  di  urbanistica,  tutela
del  paesaggio  e  conservazione  delle  antichita'  e  delle   opere
artistiche, ai sensi dell'art. 14, comma 1, lettere f)  e  n),  dello
Statuto di autonomia; tuttavia, tale competenza si esplica pur sempre
nei limiti delle leggi costituzionali e, comunque, senza  pregiudizio
per le «norme di grande riforma economico sociale» dello  Stato,  che
si impongono anche alle autonomie speciali (cfr. sentenza n. 238  del
2013). Ebbene, non vi e' dubbio che, tra le suddette norme, rientrino
anche le sopramenzionate disposizioni  statali,  in  quanto  poste  a
salvaguardia dell'ordinato sviluppo edilizio-urbanistico,  nonche'  a
tutela dell'ambiente e del paesaggio. 
    Si  confida,  pertanto,  nella  declaratoria  di   illegittimita'
costituzionale della disposizione impugnata, tenuto altresi' conto di
come essa  si  ponga  finanche  in  contrasto  con  il  principio  di
ragionevolezza di cui all'art. 3 della  Costituzione,  ammettendo  ex
post interventi di recupero che - al momento della loro realizzazione
- erano  in  contrasto  con  gli  strumenti  urbanistici  ed  edilizi
comunali, con conseguente pregiudizio per la certezza del  diritto  e
per il legittimo affidamento dei potenziali controinteressati. 
XI - Art. 13, comma 50 
    -  L'art.  13,  comma  50,  della  legge  impugnata  dispone  che
"All'art. 55 della legge regionale 17  marzo  2016,  n.  3,  dopo  le
parole «liquidazione coatta amministrativa» sono aggiunte  le  parole
«nonche' ai soci che hanno favorevolmente ottenuto i benefici di  cui
all'art. 179 del codice penale»". Ne consegue che il testo  dell'art.
55 della legge n. 3 del 2016 - attualmente vigente - dispone che  "Il
comma 3 dell'art. 2 della legge regionale 10 ottobre 1994, n.  37  si
interpreta nel senso che i benefici previsti dal comma 1 dell'art.  2
della suddetta legge si applicano ai soci delle cooperative agricole,
gia' utilmente inserite in graduatoria per il godimento dei  suddetti
benefici, per le quali sia stato dichiarato lo  stato  di  insolvenza
ovvero siano pendenti o gia' definite le procedure  di  fallimento  o
liquidazione  coatta  amministrativa  nonche'  ai  soci   che   hanno
favorevolmente ottenuto i benefici di cui  all'art.  179  del  codice
penale" (enfasi aggiunte). 
    Ebbene, la norma reca evidenti  oneri  finanziari  a  carico  del
bilancio regionale, dato che l'art. 2, comma 3, della legge regionale
10 ottobre 1994, n. 37, ammette i soci delle cooperative agricole per
le quali sia stato gia'  dichiarato  lo  stato  di  insolvenza  o  il
fallimento  o  sia  stata  gia'  avviata   la   liquidazione   coatta
amministrativa ai  benefici  previsti  dal  comma  1  della  medesima
disposizione: vale a dire, l'assunzione a carico del  bilancio  della
Regione Siciliana delle garanzie prestate da tali soggetti in  favore
delle cooperative stesse. 
    Pertanto, sulla base dei principi costituzionali gia'  menzionati
e ampiamente esaminati nei precedenti capi del presente atto,  l'Ente
regionale avrebbe dovuto quantificare i suddetti oneri ed individuare
i mezzi finanziari per farvi fronte; tuttavia, tali  adempimenti  non
sono stati soddisfatti. 
    Di qui, l'evidente violazione dell'art. 81,  terzo  comma,  della
Costituzione, direttamente applicabile - per  univoca  giurisprudenza
di codesta Ecc.ma Corte - anche alla Regione Siciliana (cfr. sentenza
n. 226 del 2021). 
XII - Art. 13, comma 53 
    - L'art. 13, comma 53, della  legge  impugnata  dispone  che  "Il
comma 1-bis dell'art. 122 della legge regionale 26 marzo 2002, n. 2 e
successive modificazioni e'  sostituito  dal  seguente:  «1-bis.  Gli
elenchi  regionali   degli   idonei   alle   cariche   di   direttore
amministrativo sono aggiornati almeno ogni due anni.  Alla  selezione
sono ammessi i candidati che non abbiano compiuto sessantacinque anni
di eta' in possesso di: 
      a) diploma di  laurea  di  cui  all'ordinamento  previgente  al
decreto  ministeriale  3  novembre  1999,  n.   509   oppure   laurea
specialistica o magistrale; 
      b) comprovata esperienza nella qualifica di  dirigente,  almeno
quinquennale, nel settore sanitario o settennale  in  altri  settori,
con autonomia gestionale  e  diretta  responsabilita'  delle  risorse
umane, tecniche e/o finanziarie, maturata nel settore pubblico o  nel
settore privato»". 
    Al fine  di  comprendere  l'illegittimita'  costituzionale  della
disposizione sopra trascritta, appare indispensabile  ricostruire  le
disposizioni legislative statali vigenti in materia  di  conferimento
dell'incarico di direttore amministrativo e di direttore sanitario. 
    In particolare, l'art. 3 del decreto legislativo 4 agosto 2016, n
171,  relativamente  al  conferimento  dell'incarico   di   direttore
amministrativo e di direttore sanitario, attesa la specificita' delle
funzioni amministrative e igienico-sanitari che  i  citati  direttori
sono  chiamati  a  svolgere,  conferma  i  requisiti  gia'   previsti
dall'art. 3, comma  7,  e  dall'art.  3-bis,  comma  9,  del  decreto
legislativo 30 dicembre  1992,  n.  502,  e  successive  modifiche  e
integrazioni. 
    Nello specifico, il citato decreto legislativo n. 502  del  1992,
per la figura professionale del direttore amministrativo,  prevede  -
all'art. 3, comma 7 - che la nomina possa  essere  conferita  ad  «un
laureato in discipline giuridiche  o  economiche  che,  all'atto  del
conferimento dell'incarico, non abbia compiuto il  sessantacinquesimo
anno  di  eta'  e  che  abbia  svolto  per  almeno  cinque  anni  una
qualificata attivita' di direzione tecnica o amministrativa in enti o
strutture sanitarie pubbliche o private di media o grande dimensione»
(enfasi aggiunte). 
    Di contro, la  disposizione  regionale  impugnata  introduce  una
deroga alle citate disposizioni legislative prevedendo che l'incarico
di direttore amministrativo possa essere conferito anche a coloro che
abbiano acquisito l'esperienza professionale  settennale  in  settori
non sanitari. 
    Orbene, le citate disposizioni statali che prescrivono  specifici
requisiti per l'iscrizione negli elenchi  dei  soggetti  idonei  alla
nomina di direttore amministrativo delle aziende sanitarie  regionali
costituiscono un principio fondamentale della legislazione statale in
materia di tutela della salute. 
    Difatti,  come  gia'  chiarito  da  codesta  Ecc.ma   Corte,   la
disciplina  in  esame  e'  evidentemente  ispirata  dall'intento   di
circoscrivere la scelta dei dirigenti  de  quibus  ai  «candidati  in
possesso di comprovati titoli e capacita' professionali, iscritti  in
appositi elenchi, allo scopo di affrancare la dirigenza sanitaria  da
condizionamenti di carattere politico e di  privilegiare  criteri  di
selezione che assicurino effettive capacita' gestionali e  un'elevata
qualita' manageriale» (cfr. sentenza n. 155 del 2022). 
    In altri termini, si ritiene che,  nella  materia  «tutela  della
salute», rientrino tra i principi fondamentali, la cui determinazione
e' riservata allo Stato, anche le disposizioni relative ai  requisiti
per l'accesso alla dirigenza sanitaria e  amministrativa,  in  quanto
essi  si  collocano  in  una   prospettiva   di   miglioramento   del
«rendimento» e  della  «qualita'»  del  servizio  offerto,  oltreche'
dell'imparzialita' e del buon andamento dell'attivita' amministrativa
(cfr. sentenza n. 209 del 2021, n. 87 del 2019, n. 159 del  2018,  n.
190 del 2017, n. 124 del 2015, n. 295 del 2009, n. 449 del 2006 e  n.
422 del 2005). 
    Pertanto, la  norma  regionale  impugnata  si  pone  in  evidente
contrasto con le menzionate disposizioni  di  principio  dettate  dal
legislatore statale,  atteso  che  essa  modifica  la  tipologia  del
requisito culturale  e  dell'esperienza  richiesta  ai  soggetti  che
aspirano  ad  accedere  all'incarico  di  direttore   amministrativo,
ampliando l'area in cui la citata esperienza  puo'  essere  acquisita
fino a ricomprendere settori del tutto estranei all'ambito sanitario. 
    Di qui, la  violazione  -  per  il  tramite  delle  citate  norme
interposte - dell'art. 117, comma 3, della Costituzione, nella  parte
in cui riserva allo Stato la determinazione dei principi fondamentali
in materia di «tutela della salute». 
    Inoltre, si osserva che il rapporto di lavoro instaurato  con  il
direttore amministrativo rientra  nell'ambito  del  pubblico  impiego
privatizzato. 
    Pertanto, la disciplina dei  requisiti  per  l'instaurazione  del
suddetto rapporto di lavoro rientra non solo nella  materia  relativa
alla «tutela della salute», ma anche in  quella  concernente  il  cd.
«ordinamento civile». 
    Di  qui,  l'illegittimita'  costituzionale   della   disposizione
censurata, nella misura in cui interviene in una materia  che  l'art.
117, comma 2, lettera l), della Costituzione riserva alla  competenza
esclusiva dello Stato. 
    Si soggiunge, infine, che la norma in esame, prevedendo requisiti
di  qualificazione  meno  rigorosi  e  selettivi  rispetto  a  quelli
prescritti dall'art. 3, comma 7, del decreto legislativo 30  dicembre
1992, n. 502, si pone finanche in contrasto con i  principi  di  buon
andamento e imparzialita' della  pubblica  amministrazione,  previsti
dall'art. 97, comma 2, della Costituzione. 
    Si  confida,  pertanto,  nella  declaratoria  di   illegittimita'
costituzionale l'art. 13, comma 53, della legge regionale n.  13  del
2022,  dato  che  esso  si  pone  in  contrasto  con  le   menzionate
disposizioni costituzionali, eccedendo dall'ambito  delle  competenze
legislative  riservate  alla  Regione  Siciliana  dallo  Statuto   di
autonomia e, in  particolare,  dall'art.  17  che  -  in  materia  di
«sanita' pubblica» - fa comunque salva l'osservanza dei «principi  ed
interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato»  (cfr.
sentenze n. 155 del 2022, n. 159 del 2018, n. 430 del 2007 e  n.  448
del 2006). 
XIII - Art. 13, comma 55 
    - L'art. 13, comma 55, legge regionale n. 13/2022 dispone  quanto
segue: «55. Le strutture pubbliche  e  private  accreditate  eroganti
prestazioni specialistiche e di diagnostica  di  laboratorio  possono
raggiungere gli  standard  organizzativi  e  di  personale  richiesti
dall'articolo 29, comma 1, del decreto legge 25 maggio 202 1, n.  73,
convertito con modificazioni con legge 23 luglio 2021, n. 1061, anche
attraverso la costituzione di reti di impresa di cui  all'articolo  3
del decreto legge 10 febbraio 2009, n. 5 convertito con modificazioni
con legge 9 aprile 2009, n.  33.  Per  l'anno  2022  i  trasferimenti
extrabudget in favore  dei  soggetti  privati  convenzionati  con  il
Servizio sanitario regionale sono calcolati sul consolidato dell'anno
2019». 
    La   norma   e'   censurabile,   presentando   due   profili   di
incostituzionalita'. 
    In primo luogo, la previsione della legge  regionale  secondo  la
quale «Per l'anno 2022 i  trasferimenti  extrabudget  in  favore  dei
soggetti privati convenzionati con il  Servizio  sanitario  regionale
sono calcolati sul consolidato dell'anno 2019», non  e'  conforme  al
vigente ordinamento in materia e si pone, pertanto, in contrasto  con
il riparto che l'art.  117,  comma  3,  Costituzione,  opera  ratione
materiae, attribuendo al legislatore statale la competenza in materia
di principi fondamentali in materia di  coordinamento  della  finanza
pubblica. 
    Per  giurisprudenza  costituzionale  ormai  costante  i  principi
fondamentali di tale materia vincolano anche le  autonomie  speciali,
poiche'   essi   sono   funzionali   «a    preservare    l'equilibrio
economico-finanziario del complesso delle amministrazioni pubbliche e
anche a garantire l'unita' economica della Repubblica, come richiesto
dai principi costituzionali e dai vincoli derivanti dall'appartenenza
dell'Italia all'Unione europea (sentenza n. 82 del 2015, nonche',  ex
multis, sentenza n. 62 del 2017)  (sentenza  n.  151  del  2017;  con
specifico riferimento alla Regione Siciliana,  sentenza  n.  159  del
2018)» (sentenza n. 130 del 2020; nello stesso senso, tra  le  tante,
sentenze n. 241, n. 172 e n. 103 del 2018, n. 154 del 2017). 
    Del resto, anche la finanza delle Regioni a statuto  speciale  e'
considerata parte della finanza pubblica allargata (sentenza  n.  231
del 2017). 
    La potesta' legislativa concorrente  delle  regioni  nel  settore
della tutela della  salute  (ivi  inclusa  quella  riconosciuta  alla
Regione siciliana dall'art.  17  del  regio  decreto  legislativo  15
maggio  1946,  n.  455,  convertito  nella  legge  costituzionale  26
febbraio 1948, n. 2) incontra limiti alla  luce  degli  obiettivi  di
finanza pubblica e del contenimento della spesa, in  connessione  con
il  perseguimento  di  obiettivi  nazionali,  condizionati  anche  da
obblighi euro-unitari (cfr. ex multis Corte costituzionale,  sentenza
n. 180 del 2013, sentenza n. 91 del 2012, n. 163 del 2011). 
    La norma in esame e' quindi incostituzionale,  per  prevedere  la
possibilita' di «trasferimenti extrabudget» a dispetto  dei  principi
in materia. 
    Cosi' come e'  stato  chiarito  anche  dal  Consiglio  di  Stato,
sezione III, nella sentenza n.  8161  del  7  dicembre  2021,  l'art.
8-quinquies, del decreto legislativo 30 dicembre  1992,  n.  502,  in
materia  di  accordi  e  contratti  con  le  strutture  sanitarie   e
sociosanitarie  accreditate,  non  consente  la  remunerazione  delle
prestazioni  che  eccedono  il  tetto  di   spesa,   in   quanto   la
funzionalita' del sistema di  programmazione  della  spesa  sanitaria
presuppone il rispetto dei limiti di spesa stabiliti. 
    Nella medesima sentenza, e' richiamato anche l'orientamento della
Corte di Cassazione secondo il quale tanto la  fissazione  del  tetto
massimo annuale di spesa sostenibile  con  il  fondo  sanitario  (per
singola  istituzione  o  per  gruppi  di  istituzioni),   quanto   la
determinazione dei preventivi annuali  delle  prestazioni,  risultano
rimessi «ad un  atto  autoritativo  e  vincolante  di  programmazione
regionale, e non gia' ad una fase concordata  e  convenzionale»,  dal
momento che «tale attivita' di programmazione, tesa  a  garantire  la
corretta  gestione  delle   risorse   disponibili,   assume   valenza
imprescindibile  in  quanto  la  fissazione  dei  limiti   di   spesa
rappresenta l'adempimento di un preciso ed  ineludibile  obbligo  che
influisce  sulla  possibilita'  stessa  di   attingere   le   risorse
necessarie per la remunerazione  delle  prestazioni  erogate»  (Cass.
civ., sez. III, n. 27997 del 2019, che richiama peraltro la decisione
del Cons. St., Ad. Plen., 12 aprile 2012, n. 3). 
    Cio' comporta che «l'osservanza del tetto  di  spesa  in  materia
sanitaria rappresenta  un  vincolo  ineludibile  che  costituisce  la
misura  delle  prestazioni  sanitarie  che  il   Servizio   sanitario
nazionale puo' erogare  e  che  puo'  permettersi  di  acquistare  da
ciascun erogatore privato», con la conseguenza  che  si  e'  ritenuta
persino «giustificata (anche) la mancata  previsione  di  criteri  di
remunerazione delle prestazioni extrabudget», e cio' in ragione della
«necessita' di dover comunque rispettare i tetti di spesa e,  quindi,
il vincolo delle risorse disponibili» (cosi', in  motivazione,  Cass.
civ., sez. III, n. 27608 del 2019, la quale richiama Cons. St.,  sez.
III, 10 febbraio 2016, n. 566; id. 10 aprile 2015, n. 1832). 
    Del resto, «in condizioni di scarsita' di risorse e di necessario
risanamento  del  bilancio,  cosi'  come  chiarito  dalla  Corte   di
Cassazione,  anche  il  sistema  sanitario   non   puo'   prescindere
dall'esigenza   di   perseguire   obiettivi   di    razionalizzazione
finalizzati  al  raggiungimento  di  una  situazione  di   equilibrio
finanziario  attraverso  la  programmazione   e   la   pianificazione
autoritativa e vincolante dei  limiti  di  spesa  dei  vari  soggetti
operanti nel sistema» (in tal senso, Cass. civ., sez. III,  n.  27608
del 2019, cit.). 
    Cio' che rileva in tale ambito, infatti, e' «un potere  connotato
da ampi  margini  di  discrezionalita',  posto  che  deve  bilanciare
interessi diversi e per certi versi contrapposti, ovvero  l'interesse
pubblico al contenimento della spesa, il diritto degli assistiti alla
fruizione di adeguate prestazioni  sanitarie,  le  aspettative  degli
operatori  privati  che  si  muovono  secondo  una  legittima  logica
imprenditoriale e  l'assicurazione  della  massima  efficienza  delle
strutture pubbliche che garantiscono l'assistenza sanitaria  a  tutta
la  popolazione  secondo   i   caratteri   tipici   di   un   sistema
universalistico». Il tutto, pero', sempre nella prospettiva  «che  il
perseguimento degli interessi collettivi e pubblici compresenti nella
materia» non resti «subordinato e condizionato agli interessi privati
i quali, per  quanto  meritevoli  di  tutela,  risultano  cedevoli  e
recessivi rispetto a quelli pubblici» (vedi Cass. civ., sez. III,  n.
27608 del  2019,  cit.),  giacche',  in  definitiva,  gli  «operatori
privati restano liberi di valutare la  convenienza  a  continuare  ad
operare  in  regime  di  accreditamento  accettando  le   limitazioni
imposte, oppure di collocarsi al  di  fuori  del  servizio  sanitario
nazionale   e   continuare   ad    operare    privatamente»    (Corte
costituzionale, 26 maggio 2005, n. 200). 
    La disposizione in esame presenta un'ulteriore criticita',  nella
parte  in  cui  prevede  che  «le  strutture  pubbliche   e   private
accreditate eroganti prestazioni specialistiche e di  diagnostica  di
laboratorio possono  raggiungere  gli  standard  organizzativi  e  di
personale richiesti dall'art.  29,  comma  1,  del  decreto-legge  25
maggio 2021, n. 73, convertito con modificazioni con legge 23  luglio
2021, n. 106, anche attraverso la costituzione di reti di impresa  di
cui all'art. 3 del decreto-legge 10 febbraio 2009,  n.  5  convertito
con modificazioni con legge 9 aprile 2009, n. 33». 
    La disposizione, infatti, non sembra assicurare, in modo  chiaro,
la coerenza con le indicazioni di riferimento al  livello  nazionale,
di cui ai «Criteri per la riorganizzazione delle reti di  offerta  di
diagnostica  di  laboratorio»  approvati  con  Accordo  in  sede   di
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le  regioni  e  le
province autonome (Rep. Atti 61 /CSR del 23 marzo 2011, allegato A). 
    Detti criteri, infatti, impegnano le regioni alla attivazione  di
«meccanismi di reale aggregazione fra strutture di laboratorio, volte
non tanto alla sopravvivenza delle stesse, ma ad un reale progetto di
miglioramento della qualita' complessiva» (pag. 4, enfasi aggiunte). 
    La norma si espone allora anche al profilo di incostituzionalita'
per violazione dei principi  stabiliti  dal  legislatore  statale  in
materia di tutela della salute, ai  sensi  dell'art.  117,  comma  3,
della Costituzione, dal momento che la stessa  non  chiarisce  se  lo
standard  relativo  al  numero  minimo  di  200.000  prestazioni   da
garantire quale requisito di accreditamento per le strutture eroganti
prestazioni di laboratorio (ai  sensi  dell'art.  29,  comma  1,  del
decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73,  cui  il  legislatore  regionale
deve attenersi), sia, in ogni caso, da intendersi con  riferimento  a
ciascuna struttura in senso fisico e non al complesso delle strutture
interessate e, quindi,  in  forma  aggregata,  ne'  precisa  se  tale
aggregazione debba essere conforme  ai  criteri  di  cui  all'Accordo
sopra citato. 
XIV - Art. 13, comma 57 
    - L'art. 13, comma 57 modifica l'art. 60, comma  1,  della  legge
regionale  n.  9  del   2021,   stabilendo   l'assunzione   a   tempo
indeterminato per il personale ivi disciplinato con riferimento al 50
per cento dei posti resisi vacanti al 31 dicembre 2021 invece che  al
31 dicembre 2020. 
    Al  riguardo,  tenuto  conto  che  si  tratta  di   finanziamenti
destinati a stabilizzazioni di personale  precario  e,  pertanto,  di
assunzioni a tempo indeterminato, gli oneri conseguenti vanno coperti
a regime anche se si tratta di trasferimenti di risorse dalla Regione
ai consorzi a tale fine destinati. 
    I  relativi  oneri  sono  quantificati  in  euro  991.566,71  per
l'esercizio finanziario 2022, alla cui copertura si provvede a valere
della Missione 16, Programma 1, capitolo 147320. 
    Tuttavia, a decorrere dal 2023 la disposizione comporta oneri non
quantificati e privi di copertura finanziaria, pertanto, in contrasto
con l'art. 81, terzo comma, della Costituzione. 
    Sul punto, si richiama  la  costante  giurisprudenza  di  codesta
Corte Costituzionale, secondo cui  [...]  la  mancata  considerazione
degli oneri vale a rendere la  legge  costituzionalmente  illegittima
per mancanza di copertura non soltanto  per  spese  obbligatorie,  ma
anche se si tratta di oneri solo "ipotetici",  in  quanto  l'art.  81
della  Costituzione  «impone  che,  ogniqualvolta  si  introduca  una
previsione legislativa  che  possa,  anche  solo  in  via  ipotetica,
determinare nuove spese, occorr[e] sempre indicare i mezzi per  farvi
fronte» (ex multis, sentenze n. 155 del 2022, n. 163 del  2020  e  n.
307 del 2013). 
    Nel caso in esame manca del tutto non solo la copertura, ma anche
la quantificazione degli oneri gravanti sulla Regione a  partire  dal
2023. 
    La norma in esame si pone  dunque  in  violazione  dell'art.  81,
terzo comma, della Costituzione. 
XV - Art. 13, comma 58 
    -  L'art.  13,  comma  58  reca  la  disposizione   relativa   al
riconoscimento dell'Istituto zootecnico sperimentale per  la  Sicilia
quale ente di ricerca della Regione;  agli  oneri  discendenti  dalla
norma in questione per l'esercizio finanziario 2022, quantificati  in
euro 929.593,79, si provvede a valere sulla Missione 16, Programma 1,
cap. 143328  e,  a  decorrere  dall'esercizio  finanziario  2025,  si
provvede ai sensi dell'art.  38,  comma  1,  decreto  legislativo  n.
118/2011 in materia di copertura delle leggi regionali di spesa. 
    La copertura  finanziaria  della  maggiore  spesa  a  carico  del
bilancio regionale e'  prevista  dal  comma  in  esame  limitatamente
all'anno 2022. 
    La norma e' dunque incostituzionale per  violazione  dell'obbligo
di copertura finanziaria delle leggi di spesa sancito  dall'art.  81,
terzo comma, della Costituzione, cosi' come declinato  dall'art.  38,
comma 1, del decreto legislativo n. 118 del  2011,  che  richiede  al
legislatore  regionale  di  assicurare,  alle   spese   a   carattere
obbligatorio  e  continuativo  (quali  quelle  del  caso  di  specie,
caratterizzate da una costante incidenza su una pluralita' indefinita
di esercizi finanziari), immediata copertura  per  tutti  e  tre  gli
esercizi considerati dal bilancio  di  previsione  pluriennale  e  di
indicare l'onere a regime, potendo rinviare la  quantificazione  alla
legge di bilancio nel solo  caso  in  cui  si  tratti  di  spese  non
obbligatorie. 
    Si rammenta nuovamente che secondo la costante giurisprudenza  di
codesta Corte costituzionale, la mancata considerazione  degli  oneri
vale a rendere la legge costituzionalmente illegittima  per  mancanza
di copertura non soltanto per spese  obbligatorie,  ma  anche  se  si
tratta  di  oneri  solo  "ipotetici",  in  quanto  l'art.  81   della
Costituzione «impone che, ogniqualvolta si introduca  una  previsione
legislativa che possa, anche solo in via ipotetica, determinare nuove
spese, occorr[e] sempre indicare i mezzi per farvi fronte»  (sentenze
n. 155/2022, n. 163 del 2020 e n. 307 del 2013). 
XVI - Art. 13, comma 68 
    - L'art. 13, comma 68 (Assunzioni di trecento unita' di personale
di livello  dirigenziale),  nel  modificare  l'art.  12  della  legge
regionale n. 9/2021,  prevede  l'assunzione  di  trecento  unita'  di
personale di livello dirigenziale a tempo determinato in luogo  delle
altrettante trecento unita' di personale  non  dirigenziale  indicate
nella disposizione oggetto di modifica. 
    Inoltre, viene soppresso il limite del 20% per l'assegnazione  da
parte della  Regione  del  personale  contrattualizzato,  di  cui  al
medesimo art. 12, in distacco, previa convenzione, presso i comuni  e
gli altri enti locali e senza oneri a loro carico,  in  relazione  al
fabbisogno di personale, ai progetti da realizzare e  agli  obiettivi
da raggiungere, al fine di assicurare un incremento  della  capacita'
di gestione  tecnico-amministrativa  dei  progetti  finanziati  dalle
risorse  della  politica  unitaria   di   coesione   per   gli   enti
territoriali. 
    La norma in esame  presente  profili  di  incostituzionalita'  in
relazione all'art. 81, terzo comma (copertura finanziaria),  all'art.
97,    secondo    comma    (buon    andamento     e     imparzialita'
dell'amministrazione), all'art. 117,  secondo  comma,  lettera  l)  e
terzo  comma  (ordinamento  civile  e  determinazione  dei   principi
fondamentali riservati alla legislazione dello Stato), all'art.  119,
primo comma (principi di coordinamento della finanza pubblica)  della
Costituzione, e all'art. 14 del regio decreto legislativo  15  maggio
1946, n. 455, convertito nella legge costituzionale 26 febbraio 1948,
n. 2. 
    Al riguardo,  si  rappresenta  che  la  disposizione  oggetto  di
modifica, concernente l'assunzione di trecento  unita'  di  personale
non dirigenziale a tempo determinato per una spesa, pari a 27 milioni
di euro annui, a valere sulle «risorse destinate ai  programmi  della
politica  unitaria  di  coesione»,  in  sede  di  esame  della  legge
regionale  n.  9/2021,  aveva  costituito  oggetto  di  richiesta  di
chiarimenti, in relazione alla sovrastima del relativo onere che, per
la sua entita', appariva riconducibile al trattamento  economico  del
personale con qualifica dirigenziale, con cio'  incidendo  in  misura
significativa sulle risorse destinate alla realizzazione dei predetti
programmi comunitari. 
    A fronte di tale richiesta, la Regione aveva  assicurato  che  le
assunzioni in esame erano destinate  unicamente  al  reclutamento  di
personale, per la durata massima di  trentasei  mesi,  da  inquadrare
nella categoria D -  Posizione  economica  D1,  con  un  onere  medio
pro-capite annuo pari ad euro 45.000, ed un costo  complessivo  annuo
di 13,5 milioni di euro, inferiore, in ogni caso, al  limite  massimo
di spesa previsto per le finalita' complessive della disposizione  in
questione, evidenziando altresi' che le risorse  eccedenti  il  costo
del personale erano invece destinate alle finalita'  di  espletamento
delle procedure concorsuali per l'assunzione delle suddette  trecento
unita' di personale non dirigenziale a tempo determinato. 
    La Regione  Siciliana  ha  inoltre  affermato  che,  al  fine  di
reperire le risorse extra regionali necessarie per  l'attuazione  del
citato  art.  12  della  legge  regionale  n.  9/2021,  nella  scheda
progettuale redatta per l'Agenzia per la  Coesione  territoriale,  e'
stato stimato un onere  complessivo  nel  triennio  pari  a  euro  43
milioni, di cui euro 2,5 milioni nel primo  anno  da  destinare  alle
procedure di reclutamento ed euro 13,5 milioni per ciascuno  dei  tre
anni di riferimento quali oneri di personale. 
    L'attuale modifica contenuta nell'art. 13, comma 68, legge n.  13
del 2022, pertanto, si pone in antitesi  con  quanto  precedentemente
affermato e con la scheda progettuale redatta per  l'Agenzia  per  la
Coesione territoriale in quanto, nel finalizzare le predette trecento
assunzioni al  reclutamento  di  personale  di  livello  dirigenziale
anziche' di personale del comparto, contraddice integralmente  quanto
affermato precedentemente dalla  Regione  e  determina  il  raddoppio
degli oneri, con cio' sottraendo in misura significativa  risorse  di
derivazione U.E. destinate in via prioritaria alla realizzazione  dei
predetti programmi comunitari. 
    Inoltre, la modifica normativa in esame si pone in contrasto  con
quanto stabilito dall'Accordo Stato-Regione Siciliana del 14  gennaio
2021 per il ripiano decennale del  disavanzo,  che  ha  previsto,  al
punto 2, lettera e), lo  snellimento  della  struttura  ammnistrativa
della Regione, al fine di ottenere una riduzione significativa  degli
uffici di livello dirigenziale  e,  in  misura  proporzionale,  delle
dotazioni  organiche   del   personale   dirigenziale,   nonche'   la
sospensione del reclutamento dei profili dirigenziali per il triennio
2021-2023. 
    Al riguardo, si rammenta che con  decreto  Presidenziale  Regione
Siciliana n. 9 del 5 aprile 2022, attuativo dell'art.  13,  comma  3,
della legge regionale n. 3/2016, sono stati  rimodulati  gli  assetti
organizzativi dell'amministrazione  regionale,  riducendo  il  numero
delle strutture dirigenziali da 1227 a 832 con una  diminuzione  pari
al 32,19%, mentre con decreto Presidenziale Regione Siciliana n.  109
del 30 aprile 2021, in attuazione dell'art. 10, comma 1, lettera  b,)
della  legge  regionale  n.  9/2021,  la  dotazione  organica   della
dirigenza   per   l'anno   2022    e'    stata    rideterminata    in
ottocentoquarantasette unita'  pari  alle  unita'  effettivamente  in
servizio. 
    Cio' posto, si evidenzia che l'assunzione di  ulteriori  trecento
dirigenti - seppure a tempo  determinato  -  prevista  dal  comma  in
esame, determina la creazione di  posizioni  soprannumerarie,  tenuto
conto che non esistono le corrispondenti e  necessarie  strutture  di
livello dirigenziale. 
    Per completezza di analisi,  si  richiamano  anche  le  reiterate
osservazioni in materia di dirigenza regionale formulate  annualmente
dalla Corte dei  conti  -  Sezione  regionale  di  controllo  per  la
Sicilia, in sede di parifica  del  rendiconto  generale,  laddove  la
Magistratura contabile ha ritenuto il numero dei dirigenti  regionali
lontano dalla media nazionale,  pur  considerando  e  solo  in  parte
giustificando tale discrasia in relazione all'autonomia differenziata
di cui gode la Regione siciliana ed alle funzioni altrove allocate  a
livello statale (v. ad esempio Relazione delle Sezioni Riunite  della
Corte dei conti per la  Regione  siciliana  sul  Rendiconto  generale
della Regione Siciliana esercizio 2019, pagg. 121-122). 
    La medesima Sezione  regionale  ha,  altresi',  evidenziato  come
appaia   assai   problematico,   allo   stato   attuale,    procedere
all'assunzione di nuovo personale dirigenziale senza aver prima posto
fine alla situazione di stallo determinata  dal  mancato  superamento
della terza fascia dirigenziale che, secondo le previsioni  dell'art.
6 della legge regionale n. 10 del 2000, doveva essere mantenuta  solo
in una fase di prima applicazione. Invece la cristallizzazione  della
terza fascia, a quasi vent'anni  dalla  sua  transitoria  previsione,
continua  a  perpetrare  una  grave  distonia  rispetto  al  contesto
normativo della dirigenza pubblica degli altri comparti,  cui  invece
occorrerebbe omogeneizzarsi, dando vita a incancrenite situazioni  di
palese distonia tra inquadramento e funzioni espletate. 
    Aderendo, infatti, alla natura transitoria  della  terza  fascia,
sconosciuta nel panorama nazionale, rischia di crearsi  il  paradosso
di  unita'  dirigenziali  neo  assunte,  inquadrate  direttamente  in
seconda  fascia,  e  quindi   in   posizione   prioritaria   rispetto
all'attribuzione degli incarichi  dirigenziali  nei  confronti  della
generalita' dei dirigenti  attualmente  collocati  in  terza  fascia,
molti dei quali gia'  titolari  da  anni  di  incarichi  dirigenziali
generali o di strutture dirigenziali quali aree e servizi. 
    Cio' posto, anche in considerazione degli autorevoli orientamenti
della Magistratura contabile sopra richiamati, si  evidenzia  che  le
citate assunzioni di dirigenti non risultano nemmeno essere  coerenti
con quanto previsto dal punto 2, lettera j)  del  richiamato  Accordo
Stato-Regione  Siciliana  del  14  gennaio  2021,   in   materia   di
recepimento dei principi di dirigenza pubblica gia' applicati in  via
ordinaria dalle  comparabili  amministrazioni  pubbliche  di  cui  al
decreto legislativo n. 165/2001. 
    Sulla base della certificazione relativa  all'anno  2021  per  la
verifica dell'attuazione dei punti 1 e 2  dell'Accordo  Stato-Regione
Siciliana del 14 gennaio  2021,  per  quanto  riguarda  il  punto  2,
lettera j)  -  recepimento  dei  principi  in  materia  di  dirigenza
pubblica - la Regione ha confermato di  non  aver  predisposto  alcun
provvedimento normativo  per  armonizzare/equiparare  all'ordinamento
delle altre Regioni l'anomala situazione della  dirigenza  regionale,
attualmente articolata su tre livelli dirigenziali, di  cui  i  primi
due livelli quasi senza dirigenti in servizio ed il terzo  livello  -
ad esaurimento - con la presenza della quasi totalita' dei  dirigenti
in servizio. 
    Inoltre,  la  norma  regionale  assume  natura   asistematica   e
microsettoriale  se  confrontata  con  la  corrispondente   normativa
statale in  materia  di  reclutamento  di  personale  finalizzato  al
rafforzamento   della   capacita'   ammnistrativa   delle   pubbliche
amministrazioni  per  l'attuazione  dei  progetti  del  PNRR   e   al
tempestivo  utilizzo  delle  corrispondenti  risorse  di  derivazione
comunitaria. Infatti, l'art. 1 del decreto-legge n.  80/2021  prevede
la  possibilita'  di  effettuare  assunzioni  a   tempo   determinato
solamente di personale non dirigenziale ovvero di conferire incarichi
di  collaborazione,  nei  limiti   degli   importi   previsti   dalle
corrispondenti voci di costo del quadro economico dei progetti. 
    Per quanto concerne le assunzioni di  personale  dirigenziale  la
vigente normativa  consente  la  deroga,  fino  al  raddoppio,  delle
percentuali di cui all'art. 19, comma 6, del decreto  legislativo  n.
165/2001,  ai  fini  della  copertura  delle  posizioni  dirigenziali
vacanti relative a compiti strettamente  e  direttamente  finalizzati
all'attuazione dei  progetti,  a  valere  sulle  risorse  finanziarie
disponibili e nei limiti delle facolta' assunzionali vigenti  per  le
amministrazioni interessate. 
    Appare, pertanto, chiaro il contrasto della  norma  regionale  in
esame con il quadro normativo generale di riferimento in  materia  di
impiego pubblico, tenuto conto che per espressa previsione statutaria
(art. 14, comma 1, lettera q) del regio decreto legislativo 15 maggio
1946, n. 455, convertito nella legge costituzionale 26 febbraio 1948,
n. 2), l'esercizio della competenza esclusiva della Regione Siciliana
sullo  stato  giuridico  ed  economico  del  proprio  personale  deve
comunque avvenire in armonia con i principi generali dell'ordinamento
giuridico della Repubblica e puo' essere esercitata  entro  i  limiti
delle leggi costituzionali dello Stato,  di  quelli  stabiliti  dalle
norme  fondamentali  di  riforma  economico-sociale,   dei   principi
comunitari e delle norme internazionali. 
    La disciplina degli incarichi dirigenziali, per quanto attiene ai
profili normativi del rapporto, e' materia  attratta  all'ordinamento
civile e, in quanto tale, rimessa alla potesta' esclusiva dello Stato
dall'art.  117  della  Costituzione,  secondo  comma,   lettera   l),
(sentenze Corte costituzionale n. 324 del 2010, n. 62 del 2019). 
    Come affermato da codesta Corte costituzionale  (sentenze  n.  77
del 2013, n. 151 del 2010,  n.  95  del  2007),  "la  disciplina  del
rapporto lavorativo dell'impiego  pubblico  privatizzato  e'  rimessa
alla competenza legislativa statale  di  cui  all'art.  117,  secondo
comma, lettera l), della Costituzione, in quanto  riconducibile  alla
materia «ordinamento civile», che vincola anche gli enti ad autonomia
differenziata". 
    In particolare, la gia'  richiamata  sentenza  di  codesta  Corte
costituzionale n. 324/2010 ha sancito che la disciplina  relativa  al
conferimento degli incarichi dirigenziali non attiene  a  materie  di
competenza  concorrente  (coordinamento  della  finanza  pubblica)  o
residuale regionale (organizzazione  delle  Regioni  e  degli  uffici
regionali, organizzazione degli enti  locali),  bensi'  alla  materia
dell'ordinamento civile di competenza esclusiva statale per  cui,  in
ragione del principio di unita'  e  indivisibilita'  dell'ordinamento
civile dello Stato tali precetti sono direttamente applicabili  anche
alla  Regione  Siciliana.  Tanto  premesso,  la  norma  regionale  in
argomento determina una violazione dell'articolo 117, secondo  comma,
lettera l), della Costituzione in materia di ordinamento civile,  cui
la Regione, pur  nel  rispetto  della  propria  autonomia,  non  puo'
derogare.  Sul  punto  va  altresi'  rilevato  che   il   consolidato
orientamento  giurisprudenziale  di  codesta   Corte   costituzionale
risulta   condiviso   anche   dalla   Corte   dei   conti -   Sezione
Giurisdizionale di Appello  per  la  Regione  Siciliana,  che  lo  ha
richiamato nella sentenza n. 150/A del 15 settembre 2021. 
    Tanto premesso, il comma 68 in  esame  e'  incostituzionale,  per
violazione  dell'art.  81,  terzo  comma   (copertura   finanziaria),
dell'art.  97,  secondo  comma  (buon   andamento   e   imparzialita'
dell'amministrazione), dell'art. 117, secondo  comma,  lettera  l)  e
terzo  comma  (ordinamento  civile  e  determinazione  dei   principi
fondamentali riservati alla legislazione dello Stato), dell'art. 119,
primo comma (principi di coordinamento della finanza pubblica)  della
Costituzione, e dell'art. 14 del regio decreto legislativo 15  maggio
1946, n. 455, convertito nella legge costituzionale 26 febbraio 1948,
n. 2. 
XVII - Art. 13, comma 90 
    - L'art. 13, al comma 90 stabilisce che: «All'art. 54,  comma  6,
della  legge  regionale  13  agosto  2020,   n.   19   e   successive
modificazioni, le parole "non  oltre  cinque  anni"  sono  sostituite
dalle parole "non oltre tre anni".» 
    Per effetto di tali modifiche, l'art. 54, comma  6,  della  legge
regionale  n.  19  del  2020,  recante  «Norme  per  il  governo  del
territorio», nella formulazione attualmente vigente, prevede che: «Le
misure di  salvaguardia  degli  strumenti  urbanistici  adottati  dai
comuni, vigenti alla data di entrata in vigore della presente  legge,
sono prorogate fino alla data di entrata in vigore del PTR e comunque
non oltre tre anni dalla loro entrata in vigore». 
    Si tratta, tuttavia, di una disciplina che presenta significativi
profili di difformita' rispetto a quella contenuta  nel  testo  unico
per l'edilizia approvato con decreto del Presidente della  Repubblica
n. 380 del 2001. 
    - L'art. 12, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica
n. 380  del  2001  prevede,  infatti,  che:  «In  caso  di  contrasto
dell'intervento oggetto della domanda di permesso di costruire con le
previsioni  di  strumenti  urbanistici  adottati,  e'  sospesa   ogni
determinazione in ordine alla domanda. La misura di salvaguardia  non
ha efficacia decorsi tre anni dalla data di adozione dello  strumento
urbanistico, ovvero cinque anni  nell'ipotesi  in  cui  lo  strumento
urbanistico  sia  stato  sottoposto  all'amministrazione   competente
all'approvazione entro  un  anno  dalla  conclusione  della  fase  di
pubblicazione». 
    Il termine di durata  delle  misure  di  salvaguardia  e'  stato,
dunque, fissato dal legislatore statale in tre anni dalla data  della
delibera di adozione del piano. Tale termine e' stato protratto  sino
a cinque anni per quei Comuni che abbiano presentato  il  piano  alla
Regione per l'approvazione. 
    Detti  termini  hanno  un  carattere   perentorio,   atteso   che
l'esigenza sottesa a tali misure e'  la  salvaguardia  degli  assetti
urbanistici in itinere. In altri termini,  esse  hanno  finalita'  di
carattere conservativo, che devono essere rinvenute nella  necessita'
di scongiurare il rischio che le richieste dei  privati,  fondate  su
una pianificazione ritenuta non piu' attuale, in quanto in  fieri,  e
quindi   potenzialmente   modificata,    finiscano    per    alterare
profondamente  la  situazione  di  fatto  e,  di   conseguenza,   per
pregiudicare  definitivamente  proprio  gli  obiettivi  generali  cui
invece  e'  finalizzata  la  programmazione   urbanistica,   rendendo
estremamente difficile, se non addirittura impossibile,  l'attuazione
del piano urbanistico in itinere  (cfr.  Cons.  Stato,  Sez.  IV,  20
gennaio 2014, n. 257). 
    Nell'istituto di salvaguardia delineato dall'art. 12  del  citato
decreto del Presidente della Repubblica convergono due interessi:  da
un lato, quello del privato all'edificazione, secondo  gli  strumenti
urbanistici vigenti; dall'altro, quello pubblico, teso  a  realizzare
l'effettivita' delle previsioni urbanistiche fin  dal  momento  della
loro adozione. 
    Di qui  il  carattere  obbligatorio  e  vincolato  della  misura,
sicche', in costanza di un procedimento di approvazione di  un  piano
urbanistico  o  sue  varianti,  grava  sull'amministrazione  comunale
l'onere di sospendere ogni determinazione sulla domanda  di  rilascio
del permesso di costruire in attesa della definitiva approvazione del
piano (cfr. ex pluribus, Cons. Stato, Sez. IV,  23  luglio  2009,  n.
4660; Cons. Stato, Sez. IV, 28 febbraio 2005, n.  764;  Cons.  Stato,
Sez. IV, 6 marzo 1998, n. 382). 
    La disposizione regionale riduce, del tutto  arbitrariamente,  da
cinque a tre anni il termine di durata delle misure di  salvaguardia,
peraltro svincolandole dall'adozione dei relativi piani territoriali,
e  introduce  cosi'  nell'ordinamento  regionale   una   disposizione
derogatoria alle norme statali in tema di pianificazione  urbanistica
comunale e paesaggistica, agevolando la  trasformazione  edificatoria
del territorio con il  conseguente  grave  abbassamento  del  livello
della tutela del paesaggio. 
    La Regione Siciliana ha una competenza legislativa  esclusiva  in
materia di tutela del paesaggio e di conservazione delle antichita' e
delle opere artistiche, ai sensi dell'art. 14, comma 1,  lettera  n),
del regio decreto legislativo 15  maggio  1946,  n.  455,  convertito
nella legge  costituzionale  26  febbraio  1948,  n.  2,  nonche'  di
urbanistica, ai  sensi  della  lettera  f),  del  medesimo  art.  14:
tuttavia  tale  competenza  si  esplica  «nei  limiti   delle   leggi
costituzionali dello Stato, senza pregiudizio delle riforme agrarie e
industriali, deliberate dalla Costituente del popolo italiano». 
    La legislazione regionale primaria trova un preciso limite  nelle
«norme di grande riforma economico-sociale», come quelle dettate  dal
decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali
e del paesaggio, ai sensi dell'art. 10 della legge 6 luglio 2002,  n.
137), e quelle in tema di pianificazione condivisa. 
    Come  rilevato  da  codesta  Corte  costituzionale  (sentenza  n.
172/20189: «Quanto, poi, alla problematica dei rapporti tra lo  Stato
e  le  Regioni  a  statuto  speciale  relativamente  al  riparto   di
competenze in materia di tutela paesaggistica, sono state  dichiarate
costituzionalmente illegittime norme regionali  che  si  ponevano  in
contrasto con disposizioni previste dal codice dei beni  culturali  e
del paesaggio, qualificate norme di grande riforma  economico-sociale
(sentenze n. 207 e 66 del 2012; n. 226 e n. 164 del 2009, n. 232  del
2008 e n. 51 del 2006)» (sentenza n. 238 del 2013). 
    Al riguardo, la Corte ha anche sottolineato  che  il  legislatore
statale, tramite l'emanazione di  tali  norme,  conserva  il  potere,
"nella materia «tutela  dell'ambiente,  dell'ecosistema  e  dei  beni
culturali», di cui all'art. 117, secondo  comma,  lettera  s),  della
Costituzione, comprensiva tanto della  tutela  del  paesaggio  quanto
della tutela dei beni ambientali o culturali (per tutte, sentenza  n.
51 del 2006) ... di vincolare la potesta' legislativa primaria  delle
Regioni a statuto speciale, cosi' che  le  norme  qualificabili  come
"riforme economico-sociali" si impongono  al  legislatore  di  queste
ultime (sentenza n. 238 del 2013). Gli articoli 143 e 146 del  Codice
dei beni culturali debbono, pertanto, essere qualificati  come  norme
di grande riforma economico-sociale che anche le  Regioni  a  statuto
speciale debbono osservare (in questo senso, anche la sentenza n. 189
del 2016). 
    La  Regione  autonoma  Siciliana  non  puo'   dunque   esercitare
unilateralmente la  propria  potesta'  legislativa  statutaria  nella
materia edilizia e urbanistica, quando vengano in  rilievo  interessi
generali  riconducibili  alla  competenza  esclusiva  statale   nella
materia della conservazione  ambientale  e  paesaggistica,  con  cio'
peraltro realizzando altresi' l'invasione della sfera  di  competenza
legislativa esclusiva dello Stato relativa alla  «determinazione  dei
livelli essenziali delle prestazioni valevoli sull'intero  territorio
nazionale». 
    Per tali motivi, la disposizione di cui  all'art.  13,  comma  90
presenta profili di contrasto con gli articoli 9 e 117,  comma  primo
in relazione  alla  Convenzione  europea  sul  paesaggio,  e  secondo
lettera s),  Costituzione,  rispetto  al  quale  costituiscono  norme
interposte gli articoli 135, 143 e 145 del Codice dei beni  culturali
e del paesaggio, e l'art. 12, comma 3 del testo unico per  l'edilizia
di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno  2001,  n.
380, con l'art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione  e
con l'art. 14 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946,  n.  455,
convertito nella legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2. 
XVIII - Art. 13, comma 91 
    - L'art. 13, comma 91  (Stabilizzazione  personale  precario  del
ruolo sanitario, tecnico  e  ammnistrativo  degli  enti  del  Sevizio
sanitario nazionale) dispone: «Ai fini dell'attuazione  dell'art.  1,
comma 268, lettera  b),  della  legge  30  dicembre  2021  n.  234  e
successive modificazioni, gli enti del Servizio  sanitario  regionale
procedono  preliminarmente,  entro  il  31  dicembre  2022,  ad   una
ricognizione  dei  fabbisogni  di  personale,   anche   nel   periodo
pandemico, ed applicano i CCNNLL dell'ambito  sanitario  aggiornando,
anche in deroga, il piano  triennale  del  fabbisogno  di  personale,
applicando   le   previsioni   di   legge    anche    al    personale
contrattualizzato a qualunque titolo del ruolo sanitario, tecnico  ed
amministrativo, selezionato attraverso prove selettive per titoli e/o
colloquio, e che abbia maturato o che  maturera'  alla  data  del  31
dicembre 2022 i diciotto mesi previsti dalla legge n. 234/2021». 
    In via preliminare, si evidenzia che l'art. 1, comma 268, lettera
b) della legge n. 234/2021, al fine di rafforzare  strutturalmente  i
servizi sanitari regionali e di consentire  la  valorizzazione  della
professionalita' acquisita dal personale  che  ha  prestato  servizio
anche durante l'emergenza sanitaria da COVID-19, ha disciplinato  una
apposita procedura di stabilizzazione, segnatamente  disponendo  che:
«(...) gli enti del Servizio sanitario nazionale (...) ferma restando
l'applicazione dell'art. 20 del decreto legislativo 25  maggio  2017,
n. 75, dal 10 luglio 2022 e fino al 31 dicembre 2023 possono assumere
a tempo  indeterminato,  in  coerenza  con  il  piano  triennale  dei
fabbisogni di personale, il personale del ruolo sanitario e del ruolo
sociosanitario, anche qualora non piu' in servizio, che  siano  stati
reclutati a tempo determinato con procedure concorsuali, ivi  incluse
le selezioni di citi all'art. 2-ter del decreto-legge 17 marzo  2020,
n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020,  n.
27, e che abbiano maturato al 30 giugno 2022 alle dipendenze  di  Uil
ente  del  Servizio  sanitario  nazionale  almeno  diciotto  mesi  di
servizio, anche non continuativi, di citi almeno sei mesi nel periodo
intercorrente tra il 31 gennaio 2020 e il  30  giugno  2022,  secondo
criteri di priorita' definiti da ciascuna regione. Alle iniziative di
stabilizzazione del personale assunto mediante procedure  diverse  da
quelle sopra  indicate  si  provvede  previo  espletamento  di  prove
selettive». 
    Cio'  premesso,  emerge  come  l'art.  13,  comma  91,  pur   nel
dichiarato intanto di dare attuazione all'art. 1, comma 268,  lettera
b), della legge 30 dicembre  2021  n.  234,  abbia  invero  elaborato
criteri propri, come la possibilita' di derogare al  pieno  triennale
dei fabbisogni del personale, nonche' di ampliare l'ambito soggettivo
di  applicazione   anche   al   personale   del   ruolo   tecnico   e
amministrativo, ovvero di estendere al 31 dicembre 2022  la  finestra
temporale utile ai  fini  della  maturazione  dei  diciotto  mesi  di
servizio;  cio'  in  palese  difformita'  con  quanto  stabilito  dal
legislatore statale. 
    - Il comma  91  infatti  prevede  che,  ai  fini  dell'attuazione
dell'art. 1, comma 268, lettera b), della legge 30 dicembre  2021  n.
234,  gli   enti   del   Servizio   sanitario   regionale   procedono
preliminarmente, entro il 31 dicembre 2022, ad una  ricognizione  dei
fabbisogni di personale, anche nel  periodo  pandemico.  Inoltre,  e'
prevista l'applicazione dei CCNNLL dell'ambito sanitario aggiornando,
anche in deroga, il piano  triennale  del  fabbisogno  di  personale,
nonche' il rispetto delle previsioni di legge anche per il  personale
contrattualizzato a qualunque titolo del ruolo sanitario, tecnico  ed
amministrativo, selezionato  attraverso  prove  selettive  che  abbia
maturato o che maturera' alla data del 31 dicembre  2022  i  diciotto
mesi previsti dalla legge n. 234/2021. 
    Al riguardo, la norma regionale in esame contempla una  ulteriore
forma di stabilizzazione rispetto a quella prevista all'art.  20  del
decreto legislativo n. 75 del 2017. Tale forma di stabilizzazione  e'
rivolta  al  solo  personale  del  ruolo  sanitario   e   del   ruolo
sociosanitario degli enti del Servizio sanitario  nazionale  che  sia
stato reclutato a tempo determinato con  procedure  concorsuali,  ivi
incluse le selezioni con contratto  di  lavoro  subordinato  a  tempo
determinato di cui all'art. 2-ter del decreto-legge n. 18/2021, e che
abbia maturato al 30 giugno 2022  alle  dipendenze  di  un  ente  del
Servizio sanitario nazionale  specifici  requisiti  (almeno  diciotto
mesi di servizio, anche non continuativi, di cui almeno sei mesi  nel
periodo intercorrente tra il 31 gennaio 2020  e  il  30  giugno  2022
degli enti del Servizio sanitario nazionale). 
    Detta procedura avviene in coerenza con il  piano  triennale  dei
fabbisogni di personale  e  nel  rispetto  del  limite  di  spesa  di
personale previsto per gli  enti  del  Servizio  sanitario  nazionale
dall'art. 11,  comma  1,  del  decreto-legge  n.  35/2019  (legge  n.
60/2019). 
    La norma regionale in esame, invece, e' diretta ad introdurre una
forma di stabilizzazione  avulsa  dal  citato  quadro  normativo,  in
quanto prevede maggiori  limiti  temporali  per  la  maturazione  dei
requisiti per partecipare alle procedure selettive rispetto a  quelli
stabiliti  dal  citato  comma  268  ed  include  tra   il   personale
destinatario anche il personale contrattualizzato a qualunque  titolo
del ruolo sanitario, tecnico ed  amministrativo  in  luogo  del  solo
personale del ruolo  sanitario  e  del  ruolo  sociosanitario.  Viene
introdotta, inoltre,  una  previsione  che  consente  agli  enti  del
Servizio  sanitario  nazionale  di  stabilizzare  il  personale   ivi
previsto anche  in  deroga  al  piano  triennale  dei  fabbisogni  di
personale e quindi anche in deroga al limite di  spesa  di  personale
cui soggiacciono gli enti del Servizio sanitario nazionale (art.  11,
comma 1 del decreto-legge n. 35 del 2019). La disciplina in questione
e' riconducibile alla materia dell'ordinamento civile, di  competenza
esclusiva dello Stato, ai sensi dell'art. 117, comma  2,  lettera  l)
della  Costituzione,  posto  che  la  norma  regionale  incide  sulla
regolamentazione del rapporto precario (in particolare, sugli aspetti
connessi alla sua durata) e determina, al contempo,  la  costituzione
di  altro  rapporto  giuridico  (il  rapporto  di  lavoro   a   tempo
indeterminato,  destinato  a  sorgere  proprio  per   effetto   della
stabilizzazione). 
    In tale prospettiva codesta Corte costituzionale ha chiarito  che
la disciplina della fase costitutiva del contratto di  lavoro,  cosi'
come  quella  del  rapporto  sorto  per  effetto  dello  stesso,   si
realizzano mediante  la  stipulazione  di  un  contratto  di  diritto
privato  e,  pertanto,  appartengono  alla  materia  dell'ordinamento
civile (cfr. ex multis sentenza n. 324 del 2010 e n. 69 del 2011). 
    Cio' posto, si ritiene che il comma  91  in  esame,  non  essendo
coerente con il citato quadro normativo vigente in  materia,  pur  in
presenza della previsione dell'attribuzione  alla  Regione  Siciliana
della competenza esclusiva in materia di ordinamento degli  uffici  e
degli  enti  regionali  (art.  14,  lettera  p)  del  regio   decreto
legislativo 15 maggio 1946, n. 455), si ponga in contrasto con l'art.
81 e con l'art. 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione che
riserva alla competenza esclusiva dello Stato l'ordinamento civile e,
quindi, i rapporti di diritto privato regolabili  dal  codice  civile
(contratti collettivi). 
    In  tema  di  stabilizzazione  del  personale  c.d.  precario  si
rammenta  come  codesta  Corte  Costituzionale   abbia   piu'   volte
qualificato le norme statali in materia come principi fondamentali di
coordinamento  della  finanza  pubblica,  poiche'  si  ispirano  alla
finalita' del  contenimento  della  spesa  pubblica  nello  specifico
settore del personale (ex plurimis, sentenze n. 310, 108, 69 e 68 del
2011; 51 del 2012; 277/2013; 231/2017; n. 194/2020). 
    Piu'  nello  specifico,  codesta  Corte  «ha  riconosciuto   come
principi di coordinamento  della  finanza  pubblica  le  disposizioni
statali  che  stabiliscono  limiti  e  vincoli  al  reclutamento  del
personale  delle  amministrazioni  pubbliche  ovvero  relative   alla
stabilizzazione  del  personale  precario,  in  quanto  incidono  sul
rilevante aggregato di finanza pubblica costituito dalla spesa per il
personale» (sentenze nn. 277 e 18 del 2013, 148 e 139 del  2012;  251
del 2020). 
    In ragione di quanto sopra esposto emerge,  pertanto,  anche  una
violazione dell'art. 117, comma terzo, della Costituzione che riserva
allo Stato la competenza a porre principi fondamentali in materia  di
coordinamento della finanza pubblica. 
XIX - Art. 13, comma 93 
    - L'art. 13, al comma 93, stabilisce che «Al comma 2 dell'art. 49
della  legge  regionale  11  agosto  2017,   n.   16   e   successive
modificazioni la parola "2020" e' sostituita dalla parola "2025".» 
    - L'art. 49, della legge regionale n. 16 del  2017,  al  comma  2
prevede che: «Per i  permessi  a  costruire  rilasciati  prima  della
pubblicazione della legge regionale n.  16/2016,  per  i  quali  sono
stati gia' comunicati l'inizio dei lavori, il termine di  ultimazione
degli stessi e' prorogato fino al 31 dicembre 2025.  Dopo  l'art.  21
del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 200 1,  n.  380,
come  recepito  dall'art.  I  della  legge  regionale   n.   16/2016,
aggiungere il seguente: 
      «Art. 21-bis - I.  Limitatamente  agli  interventi  sostitutivi
disposti dall'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente ai
sensi dell'art. 2 della legge regionale  21  agosto  1984,  n.  66  e
successive modifiche ed integrazioni e dell'art.  31,  comma  8,  del
decreto del Presidente della Repubblica  6  giugno  2001,  n.  380  e
successive modifiche ed interazioni, come recepito dall'art. 1  della
legge  regionale  10  agosto  2016,  n.  16,  nei   confronti   delle
amministrazioni comunali  inadempienti,  devono  intendersi  riferiti
esclusivamente agli organi istituzionali di governo dell'ente  locale
(sindaco, giunta e consiglio comunale)». 
    In buona sostanza con la legge regionale  in  esame  si  proroga,
sino al 31 dicembre  2025,  il  termine  di  ultimazione  dei  lavori
rispetto ai quali i permessi a costruire siano stati rilasciati prima
della pubblicazione della legge regionale n. 16 del  2016,  e  per  i
quali siano stati gia' comunicati l'inizio dei lavori. 
    Tale proroga, tuttavia, oltre a creare in maniera  ingiustificata
forti disparita' di trattamento tra cittadini a livello  nazionale  -
per i quali il termine a livello statale, rimane fermo, ad  oggi,  al
2020  -  realizza  altresi'  l'invasione  da  parte  del  legislatore
regionale della  sfera  di  competenza  legislativa  esclusiva  dello
Stato. Infatti, la Regione autonoma  Siciliana  non  puo'  esercitare
unilateralmente  la  propria  potesta'  legislativa   nella   materia
edilizia e urbanistica, quando vengano in rilievo interessi  generali
riconducibili alla competenza esclusiva statale nella  materia  della
conservazione   ambientale   e   paesaggistica;   diversamente,    si
realizzerebbe  l'invasione  della  sfera  di  competenza  legislativa
esclusiva dello  Stato  relativa  alla  «determinazione  dei  livelli
essenziali  delle   prestazioni   valevoli   sull'intero   territorio
nazionale». 
    Per tali motivi, innanzi tutto, la disposizione di  cui  all'art.
13, comma 93, della legge regionale  in  esame  presenta  profili  di
contrasto  con  l'art.  117,  secondo  comma,   lettera   m),   della
Costituzione che stabilisce la competenza esclusiva  dello  Stato  in
materia di determinazione dei livelli  essenziali  delle  prestazioni
concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su
tutto il territorio nazionale. 
    In particolare, il predetto termine di  ultimazione  dei  lavori,
originariamente fissato al 31 dicembre  2017,  in  conseguenza  delle
modifiche via via apportate al  comma  2  dell'art.  49  della  legge
regionale n. 16 del 2017, era gia' stato prorogato: 
      al 31 dicembre 2018, per effetto dell'art. 33, comma  2,  della
legge regionale n. 8 del 2018; 
      al 31 dicembre 2019, per effetto dell'art. 2,  comma  1,  della
legge regionale n. 28 del 2018; 
      al 31 dicembre 2020, per effetto dell'art. 5,  comma  1,  della
legge regionale n. 25 del 2019. 
    La disposizione in commento, sopra richiamata (con applicabilita'
dal 1° gennaio 2022, ai sensi di quanto disposto dall'art. 19,  comma
2, della suddetta legge n. 13/2022), contiene,  quindi,  una  proroga
automatica fino al 31 dicembre 2025 del termine di ultimazione lavori
per i permessi a costruire rilasciati prima della pubblicazione della
legge regionale n. 16/2016, per i quali sono  stati  gia'  comunicati
l'inizio dei lavori stessi. 
    Mediante  siffatto  intervento,  si  introduce   nell'ordinamento
regionale una disciplina sostitutiva di quella statale sulla  proroga
dei titoli che si diversifica in maniera sostanziale dalla disciplina
statale stessa, sia in relazione all'oggetto  (permessi  a  costruire
rilasciati prima della pubblicazione della legge regionale n. 16/2016
per i quali sono stati gia' comunicati l'inizio dei lavori),  sia  in
relazione alla durata  della  proroga  (termine  di  ultimazione  dei
lavori prorogato fino al 31 dicembre 2025). 
    Cio', in violazione dell'art. 14, primo comma, lettera  f)  dello
statuto  della  Regione  Siciliana  approvato   con   regio   decreto
legislativo  15  maggio   1946,   n.   455,   convertito   in   legge
costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2. 
    Infatti,  benche'   la   Regione   Siciliana   abbia   competenza
legislativa esclusiva in  materia  di  urbanistica,  ai  sensi  della
lettera f), del comma 1, dell'art. 14, dello  Statuto  di  autonomia,
tale competenza  si  esplica  pur  sempre  «nei  limiti  delle  leggi
costituzionali dello Stato, senza pregiudizio delle riforme agrarie e
industriali, deliberate dalla Costituente del popolo italiano». 
    La competenza legislativa  di  tipo  primario  trova  un  preciso
limite nelle «norme di  grande  riforma  economico-sociale»,  che  si
impongono  anche  alle  Autonomie  speciali  (Corte   costituzionale,
sentenza n. 238 del 2013),  tra  le  quali  sono  comprese  le  norme
statali in materia di governo  del  territorio  recanti  principi  di
grande riforma. 
    Tra questi ultimi devono, invero, essere certamente annoverate le
previsioni legislative statali  sulla  proroga  dei  titoli,  dettate
nell'ambito delle misure per fronteggiare l'emergenza  epidemiologica
da COVID-19 e per contrastare gli effetti economici e umanitari della
crisi ucraina. 
    Soccorrono, in tal senso  le  dirimenti  indicazioni  fornite  da
codesta Corte costituzionale nella sentenza n. 245  del  2021,  della
quale si ritiene necessario riportare alcune affermazioni. 
      « ...  4.1.  -  E'  opportuno  ricostruire  diacronicamente  il
succedersi degli interventi statali, ispirati, sia pure nella diversa
modulazione  tra  la  prima  e   la   seconda   fase   dell'emergenza
epidemiologica da COVID-19, dall'impellente esigenza  di  preservare,
su tutto il territorio nazionale,  la  validita'  e  l'efficacia  dei
titoli abilitativi altrimenti compromessa dal blocco delle attivita'. 
      4.1.1. - Con l'art. 103, comma 1, del decreto-legge n.  18  del
17 marzo 2020 (cosiddetto Decreto cura  Italia),  il  legislatore  ha
approntato il primo intervento urgente.  La  paralisi  dell'attivita'
amministrativa e l'esigenza di garantire la protezione della salute e
gli interessi collegati all'azione  della  pubblica  amministrazione,
hanno indotto il legislatore a prevedere la sospensione  dei  termini
di tutti i procedimenti amministrativi. 
    In larga  parte  sovrapponibile  e'  la  ratio  che  sorregge  la
previsione contenuta nel successivo  comma  2,  rilevante  in  questo
giudizio, che  dispone  la  proroga  della  validita'  degli  atti  e
provvedimenti e titoli  abilitativi  gia'  perfezionati,  nonche'  lo
slittamento dei termini in essi previsti. 
    Al di la' del riferimento agli atti amministrativi di  certazione
(certificati,  attestati),   il   catalogo   riguarda   provvedimenti
ampliativi della sfera giuridica  dei  destinatari,  quali  i  titoli
abilitativi,  che  conformano   lo   ius   aedificandi,   e   nascono
temporalmente limitati. Lo  scopo  che  la  proroga  si  prefigge  e'
mantenere  intatta  la  posizione  dei  destinatari  fino  alla  fine
dell'emergenza. 
    In sede di conversione in legge, si e' stabilito che gli atti e i
titoli in scadenza tra il 31 gennaio e il 31 luglio  2020  conservano
«validita'»  per  i  novanta  giorni  successivi  alla   data   della
dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza, con  previsione
espressamente estesa ai termini di inizio e di ultimazione dei lavori
di cui all'art. 15 del decreto  del  Presidente  della  Repubblica  6
giugno  2001,  n.  380,  recante  «Testo  unico  delle   disposizioni
legislative e regolamentari in  materia  edilizia  (Testo  A)»,  alle
segnalazioni   certificate   di   inizio   attivita'   (SCIA),   alle
segnalazioni di agibilita', alle autorizzazioni paesaggistiche e alle
autorizzazioni ambientali, comunque denominate. 
      4.1.2. - Nel luglio  2020,  nel  permanere  dell'emergenza,  il
legislatore e' tornato a occuparsi di alcuni provvedimenti  specifici
- i permessi di costruire - per ricalibrare la proroga  automatica  e
generalizzata inizialmente disposta con  l'art.  103,  comma  2,  del
decreto-legge n. 18 del 2020. 
    -  L'art.  10,  comma  4,  del  decreto-legge  n.  76  del   2020
(cosiddetto Decreto semplificazioni), come convertito nella legge  n.
120 del 2020, ha previsto che i termini di inizio e  ultimazione  dei
lavori di cui all'art. 15 del decreto del Presidente della Repubblica
n. 380 del 2001, come indicati nei permessi  di  costruire  formatisi
fino al 31 dicembre 2020, sono prorogati, se  l'interessato  comunica
di volersi avvalere ditale proroga. Al momento della comunicazione  i
termini non devono essere gia' decorsi e  il  titolo  deve  risultare
conforme agli strumenti urbanistici approvati o adottati. 
    Questa disciplina e' stata espressamente estesa alle segnalazioni
di inizio attivita' presentate entro lo stesso termine  (31  dicembre
2020). 
      4.1.3. - A causa del protrarsi  dell'emergenza  epidemiologica,
il legislatore e' nuovamente intervenuto. 
    - L'art. 3, comma 1, lettera a), del  decreto-legge  n.  125  del
2020, come convertito, ha modificato l'art. 103, comma 2, sostituendo
la data del «31 luglio 2020» con  «la  data  della  dichiarazione  di
cessazione dello stato di emergenza», cosi' prorogando  la  validita'
di  tutti  gli  atti  e  titoli  in  scadenza   nell'intero   periodo
emergenziale, a partire dal 31 gennaio 2020. 
    - L'art. 3-bis, comma 1, lettera b), del  medesimo  decreto-legge
n. 125 del 2020, ha introdotto nell'art. 103 il  comma  2-sexies,  in
cui si prevede che tutti gli atti e provvedimenti indicati al comma 2
dell'art. 103 «scaduti» tra il 1° agosto 2020 e la data di entrata in
vigore della legge di conversione n. 159 del 2020 (27 novembre 2020),
e non rinnovati, «si intendono validi e sono soggetti alla disciplina
di cui al medesimo comma 2». 
    In questo modo, e' stata recuperata la validita'  degli  atti  in
scadenza nel periodo successivo al 31 luglio 2020, non compresi nella
prima proroga. 
    La disciplina dettata dall'art. 10, comma 4, del decreto-legge n.
76 del 2020 e' riferita ai permessi di costruire e alla SCIA,  mentre
gli  altri  titoli  abilitativi  sono  assoggettati  alla  previsione
dell'art. 103, comma 2,  del  decreto-legge  n.  18  del  2020,  come
modificato. 
      4.1.4. - Infine, con il decreto-legge 23 luglio  2021,  n.  105
(Misure  urgenti  per  fronteggiare  l'emergenza  epidemiologica   da
COVID-19 e per l'esercizio  in  sicurezza  di  attivita'  sociali  ed
economiche), convertito, con modificazioni,  in  legge  16  settembre
2021, n. 126, l'emergenza da COVID-19 e' stata prorogata fino  al  31
dicembre 2021. 
      5. - La  disposizione  regionale  oggetto  della  questione  di
legittimita' costituzionalita' deve ricondursi alla materia  «governo
del  territorio»,  di  competenza   legislativa   concorrente.   Tale
questione si incentra sulla  pretesa  violazione  delle  disposizioni
statali relative alla proroga generalizzata dei titoli abilitativi in
ragione della emergenza epidemiologica, qualificate come disposizioni
contenenti principi fondamentali della  materia,  vincolanti  per  le
Regioni. 
      5.1. - L 'art. 28, comma 1, lettera a), della  legge  regionale
della Lombardia n. 18 del 2020, nel disporre la  proroga  dei  titoli
abilitativi in modo difforme  da  quanto  previsto  nella  disciplina
statale (articoli 103, comma 2, decreto-legge n. 18  del  2020,  come
convertito, e 10,  comma  4,  decreto-legge  n.  76  del  2020,  come
convertito), entra in collisione con un principio fondamentale. 
    Il raffronto tra le norme  statali  interposte  e  la  disciplina
regionale  rende  palese  la  diversita'  della  proroga   automatica
disposta dalla Regione Lombardia, con riferimento sia  all'oggetto  -
individuato   in   «tutti   i   certificati,   attestati,   permessi,
concessioni, autorizzazioni e atti  o  titoli  abilitativi,  comunque
denominati» in scadenza dal 31 gennaio 2020 fino al 31 dicembre 2021,
laddove l'art. 103, comma  2,  del  decreto-legge  n.  18  del  2020,
prevedeva la proroga automatica degli atti e  titoli  abilitativi  in
scadenza tra il 31 gennaio 2020 e il 31 luglio 2020 - sia alla durata
della proroga, che la disposizione regionale ha indicato in tre  anni
dalla scadenza, mentre la norma statale  ha  individuato  il  termine
finale  nel  novantesimo  giorno  successivo  alla  dichiarazione  di
cessazione dello stato di emergenza. 
    La difformita' si riscontra anche con riferimento alla previsione
integrativa dettata dall'art. 10, comma 4, del  decreto-legge  n.  76
del 2020, che ha previsto una disciplina specifica della proroga  dei
termini di inizio e di ultimazione dei lavori indicati  nei  permessi
di costruire di cui all'art. 15  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 380 del 2001, eliminando l'automatismo  e  subordinando
la concessione della proroga alla richiesta dell'interessato, nonche'
alla perdurante compatibilita' del titolo oggetto di proroga con  gli
strumenti urbanistici approvati o adottati. 
    Inoltre,  nel  testo  che  risulta  a  seguito  della  legge   di
conversione, e' previsto un  termine  differenziato  di  proroga  dei
suddetti termini, rispettivamente di un anno e di tre anni. 
    La disciplina regionale e', pertanto, affatto differente rispetto
a quella statale. 
    Al  disallineamento  dei  termini  di  proroga  si  affianca  una
disciplina strutturalmente diversa, giacche' il decreto-legge  n.  76
del 2020, intervenuto nella seconda fase dell'emergenza, ha  superato
l'automatismo della prima  generalizzata  proroga,  introducendo  gli
elementi condizionali sopra indicati. 
      5.2. - Come gia' detto, la Regione contesta che  la  disciplina
dettata dalle norme interposte assurga  al  rango  di  normazione  di
principio. 
    Per  contrastare  tale  prospettazione  si  deve  innanzi   tutto
richiamare l'orientamento di questa Corte, secondo cui la  competenza
legislativa  concorrente  non  e'  contraddistinta   da   una   netta
separazione  di  materie,  ma  dal  limite  «mobile»  e   «variabile»
costituito dai principi fondamentali, limite che «e'  incessantemente
modulabile   dal   legislatore   statale   sulla   base   di   scelte
discrezionali, ove espressive di esigenze unitarie sottese alle varie
materie» (sentenza n. 68 del 2018, punto 12.1.1. del  Considerato  in
diritto, che richiama le sentenze n. 16 del 2010 e n. 50 del 2005). 
      5.3. - La  riconducibilita'  delle  norme  che  disciplinano  i
titoli abilitativi al rango di principi  fondamentali  della  materia
«governo del territorio» e' stata ripetutamente affermata  da  questa
Corte (ex plurimis, sentenze n. 2 del 2021, n. 125 del  2017,  n.  49
del 2016 e n. 309 del 2011). Di recente si e' ribadito che anche  «la
definizione delle categorie di interventi edilizi a cui si collega il
regime dei  titoli  abilitativi  costituisce  principio  fondamentale
della materia concorrente "governo del territorio"  (sentenze  n.  68
del 2018 e n. 231 del 2016). L'obbligo di non iniziare i lavori prima
di trenta giorni dalla segnalazione, stabilito dall'art. 23, comma 1,
testo unico edilizia, concorre a caratterizzare indefettibilmente  il
regime  del  titolo  abilitativo  della  «superSCIA»,  e  costituisce
anch'esso principio fondamentale della materia» (sentenza  n.  2  del
2021, punto 2.3.2. del Considerato in diritto). 
      5.4. - Il principio  fondamentale  che  viene  ora  in  rilievo
riguarda la durata dei titoli abilitativi, nella  cui  determinazione
si ravvisa un  punto  di  equilibrio  fra  i  contrapposti  interessi
oggetto di tutela,  inerenti  alla  realizzazione  di  interventi  di
trasformazione del territorio compatibili con la tutela dell'ambiente
e dell'ordinato sviluppo urbanistico, per  cio'  stesso  assegnato  a
titolo esclusivo al legislatore statale, secondo il sistema delineato
dal decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001. 
    L'obiettivo perseguito dall'intervento statale,  nello  svolgersi
di una inusitata emergenza epidemiologica come quella da COVID-19, e'
consistito nel prorogare i titoli abilitativi in termini omogenei  su
tutto il territorio nazionale. 
    Incidendo sulla durata, le norme statali  interposte  partecipano
della natura di «principio fondamentale» che  connota  la  disciplina
dei titoli abilitativi, con l'effetto di vincolare le Regioni. Le pur
gravi difficolta' che  investono  il  settore  delle  costruzioni  in
Lombardia, peraltro riscontrabili anche in altre  realta'  regionali,
non giustificano l'introduzione di un regime regionale difforme. 
    Ne' risulta pertinente il richiamo della  difesa  regionale  alla
proroga dei termini di inizio e di ultimazione  dei  lavori  prevista
dal legislatore statale con l'art. 30, comma 3, del decreto-legge  21
giugno  2013,  n.  69   (Disposizioni   urgenti   per   il   rilancio
dell'economia), convertito, con  modificazioni,  in  legge  9  agosto
2013, n. 98. In quel caso, era la stessa normativa statale di proroga
che, sorretta dalla diversa ratio  di  rilancio  dell'intero  settore
delle  costruzioni,  consentiva  alle  Regioni  di  dettare   termini
diversi, in funzione delle diverse esigenze dei territori. 
      5.5. - Con la disciplina richiamata a parametro interposto,  lo
Stato ha disposto la proroga generalizzata  dei  titoli  abilitativi,
seguendo  lo  sviluppo  dell'emergenza  epidemiologica  e  delle  sue
ricadute, nel bilanciamento di interessi potenzialmente  confliggenti
che  connotano  gli  interventi  sul  territorio:   l'interesse   dei
beneficiari  dei  titoli  abilitativi  a  esercitare  i  diritti  ivi
conformati, da un lato, e l'interesse pubblico a non vincolare  l'uso
del territorio per un tempo eccessivo, dall'altro. 
    L'intervento  statale  ha  inteso  rispondere  a   esigenze   che
riguardano l'intero territorio nazionale, colpito dalla pandemia, con
effetti drammatici che hanno inciso il tessuto sociale ed  economico.
Successivamente alla citata sentenza della Consulta,  il  legislatore
statale e' nuovamente intervenuto, nella materia de qua,  con  l'art.
10-septies,  comma  1,  del  decreto-legge  21  marzo  2022,  n.  21,
convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 2022, n. 51. 
    In particolare, detta disposizione ha stabilito che: 
      «.  In  considerazione  delle   conseguenze   derivanti   dalle
difficolta'  di  approvvigionamento  dei  materiali   nonche'   dagli
incrementi eccezionali dei loro prezzi, sono prorogati di un anno: 
        a) i termini di inizio e di ultimazione dei  lavori,  di  cui
all'art.  15  del  testo  unico  delle  disposizioni  legislative   e
regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto  del  Presidente
della Repubblica 6 giugno 2001,  n.  380,  relativi  ai  permessi  di
costruire rilasciati o formatisi fino al 31 dicembre 2022, purche'  i
suddetti  termini  non  siano   gia'   decorsi   al   momento   della
comunicazione dell'interessato di  volersi  avvalere  della  presente
proroga e sempre che i titoli abilitativi non risultino in contrasto,
al momento della  comunicazione  del  soggetto  medesimo,  con  nuovi
strumenti urbanistici approvati nonche' con piani o provvedimenti  di
tutela dei beni culturali o del paesaggio, ai sensi del codice di cui
al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. La disposizione di cui
al periodo precedente si  applica  anche  ai  termini  relativi  alle
segnalazioni certificate di inizio attivita'  (SCIA),  nonche'  delle
autorizzazioni paesaggistiche e alle dichiarazioni  e  autorizzazioni
ambientali comunque denominate. Le medesime disposizioni si applicano
anche  ai  permessi  di  costruire  e   alle   SCIA   per   i   quali
l'amministrazione competente abbia accordato  una  proroga  ai  sensi
dell'art. 15, comma  2,  del  testo  unico  di  cui  al  decreto  del
Presidente della Repubblica 6 giugno  200  1,  n.  380,  o  ai  sensi
dell'art. 10, comma 4, del  decreto-legge  16  luglio  2020,  n.  76,
convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120,
e dell'art. 103, comma 2, del decreto-legge 17  marzo  2020,  n.  18,
convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27; 
        b) il termine di validita' nonche' i termini di inizio e fine
lavori previsti dalle convenzioni di lottizzazione di cui all'art. 28
della legge 17  agosto  1942,  n.  1150,  o  dagli  accordi  similari
comunque denominati dalla legislazione regionale, nonche'  i  termini
concernenti i relativi piani attuativi e qualunque altro atto ad essi
propedeutico, formatisi fino al 31 dicembre 2022, purche'  non  siano
in contrasto con piani o provvedimenti di tutela dei beni culturali o
del paesaggio, ai sensi del codice di cui al decreto  legislativo  n.
42 del 2004. La presente disposizione si  applica  anche  ai  diversi
termini relativi alle convenzioni di lottizzazione di cui all'art. 28
della legge 17 agosto 1942, n. 1150, o agli accordi similari comunque
denominati dalla legislazione regionale, nonche'  ai  relativi  piani
attuativi che hanno usufruito della proroga di cui all'art. 30, comma
3-bis, del decreto-legge 21  giugno  2013,  n.  69,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, e della  proroga  di
cui all'art. 10, comma 4-bis, del  citato  decreto-legge  n.  76  del
2020.». Tutto quanto sopra premesso, si  osserva  che  codesta  Corte
costituzionale nella citata sentenza n. 245 del 2021, nel riconoscere
la disciplina statale sulla durata  dei  titoli  abilitativi  riveste
natura  di  principio  fondamentale  nella   materia   "governo   del
territorio",   ha   chiaramente   evidenziato   che   «...L'obiettivo
perseguito dall'intervento statale, nello svolgersi di una  inusitata
emergenza epidemiologica come quella da COVID-19, e'  consistito  nel
prorogare i titoli  abilitativi  in  termini  omogenei  su  tutto  il
territorio nazionale...» e che «... L'intervento  statale  ha  inteso
rispondere a esigenze che riguardano l'intero  territorio  nazionale,
colpito dalla pandemia, con effetti drammatici che  hanno  inciso  il
tessuto sociale ed economico...»". 
    Analoghe  finalita'  sono  alla  base  dell'ulteriore  intervento
legislativo  che  ha  disposto  un'ulteriore  proroga  quale   misura
indispensabile per contrastare  gli  effetti  economici  e  umanitari
della crisi ucraina. 
    Orbene, la previsione regionale in argomento si  pone  in  chiaro
contrasto con le disposizioni statali che, in quanto «norme di grande
riforma economico-sociale»,  non  possono  non  trovare  applicazione
sull'intero  territorio  nazionale,  con  conseguente  illegittimita'
costituzionale della stessa. 
    - Il comma 93 dell'art. 13 si pone dunque in contrasto con l'art.
117, secondo comma, lettera m) e terzo comma  della  Costituzione  in
materia rispettivamente  di  determinazione  dei  livelli  essenziali
delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali  che  devono
essere garantiti su tutto il territorio nazionale e  di  governo  del
territorio. 
    La disposizione esorbita, anche, dalle  competenze  di  cui  alla
lettera f) dell'art.  14,  comma  1,  dello  Statuto  speciale  della
Regione Siciliana poiche' tali competenze  devono  essere  esercitate
«nei limiti delle leggi costituzionali dello Stato, senza pregiudizio
delle riforme agrarie e industriali, deliberate dalla Costituente del
popolo italiano». 
XX - Art. 14, commi 19, 20 e 21 
    - L'art. 14, commi 19,  20  e  21  prevede  l'applicazione  degli
interventi di sostegno previsti dalla legge regionale  n.  7/2004  in
favore dei figli delle vittime del disastro aereo di  Montagna  Longa
(nell'anno 1972), anche al disastro aereo verificatosi in Etiopia  il
10  marzo  2019;  per  le  connesse  finalita'   assunzionali   viene
autorizzata la spesa di euro  77.992,00  a  decorrere  dall'esercizio
finanziario 2022. 
    Ai  relativi  oneri  si  provvede   con   parte   delle   risorse
assunzionali di cui all'art. 4 della legge  regionale  n.  14/2019  e
successive modificazioni. 
    L'onere a  regime,  tuttavia,  viene  considerato  nel  prospetto
riepilogativo degli  effetti  finanziari  complessivi  allegato  alla
legge in esame limitatamente all'anno 2022,  e  difetta  pertanto  di
copertura finanziaria. 
    Le norme in esame sono quindi in contrasto con l'art.  81,  terzo
comma, della Costituzione. 
XXI - Art. 15, comma 6 
    -  L'art.  15,  comma  6  dispone  la  rideterminazione  in  euro
311.964,80 del limite massimo dell'autorizzazione di spesa  destinata
alla stabilizzazione del  personale  dell'ex  Dipartimento  regionale
foreste, che viene cosi' incrementata rispetto a  quella  autorizzata
dall'art. 13, legge regionale n. 9/2021 (Disposizioni  programmatiche
e correttive per l'anno 2021. Legge di stabilita' regionale). 
    Il conseguente maggior onere di  182.543,36  di  euro  non  trova
considerazione nel prospetto riepilogativo degli  effetti  finanziari
complessivi allegato alla legge  in  esame,  e  pertanto  difetta  di
copertura finanziaria. 
    La norma in esame e' quindi in contrasto  con  l'art.  81,  terzo
comma, della Costituzione. 
 
                               P. T. M. 
 
    Il Presidente del  Consiglio  dei  ministri  chiede  che  codesta
Ecc.ma  Corte  costituzionale  voglia  dichiarare  costituzionalmente
illegittima,  e  conseguentemente  annullare,  per  i  motivi   sopra
indicati ed illustrati, l'intera legge  della  Regione  Siciliana  25
maggio 2022, n. 13, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione
Siciliana 28 maggio 2022, n. 24, giusta deliberazione  del  Consiglio
dei ministri assunta nella seduta del giorno 22 luglio 2022, e  -  in
ogni caso - gli articoli 3, commi 1 e 2, 12, commi 11 e 58, 13, commi
6, 14, 15, 21, 22, 32, 50, 53, 55, 57, 58, 68, 90, 91 e 93, 14, commi
19, 20 e 21, 15, comma 6, e 18, comma 5. 
    Con l'originale notificato del ricorso si depositeranno: 
      1. l'attestazione relativa  alla  approvazione,  da  parte  del
Consiglio dei ministri nella riunione  del  giorno  22  luglio  2022,
della determinazione di impugnare la legge della Regione Siciliana 25
maggio 2022, n. 13; 
      2. la copia della legge regionale  impugnata  pubblicata  nella
Gazzetta ufficiale della Regione Siciliana del 28 maggio 2022, n. 24. 
    Con riserva di illustrare e sviluppare in prosieguo i  motivi  di
ricorso anche alla luce delle difese avversarie. 
      Roma, 25 luglio 2022 
 
              Gli Avvocati dello Stato: Feola - D'Ascia