N. 51 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 28 luglio 2022

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 28  luglio 2022  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Bilancio e contabilita' pubblica - Partecipazioni pubbliche  -  Norme
  della Regione Molise - Legge di stabilita' regionale  anno  2022  -
  Autorizzazione  dello  stanziamento  di  euro  100.000,00  per   il
  completamento  della  procedura  di  scioglimento  della   societa'
  Sviluppo della Montagna molisana spa. 
Bilancio e contabilita' pubblica  -  Copertura  finanziaria  -  Norme
  della Regione Molise - Legge di stabilita' regionale  anno  2022  -
  Disposizioni  inerenti   all'istituzione,   presso   il   Consiglio
  regionale, della Scuola regionale di protezione civile. 
Paesaggio - Pianificazione - Norme della Regione Molise  -  Legge  di
  stabilita'  regionale  anno  2022  -  Previsione  che  ammette,   a
  determinate condizioni, interventi edilizi nelle fasce di  rispetto
  di tutte le zone e di tutte le aree di piano, in presenza di  opere
  gia' realizzate e ubicate tra l'elemento da tutelare e l'intervento
  da realizzare. 
Impiego pubblico - Impiego regionale - Norme della Regione  Molise  -
  Legge di stabilita' regionale anno 2022 - Previsione che  autorizza
  la Giunta regionale a procedere alla stabilizzazione del  personale
  attualmente in servizio presso il Centro  funzionale  e  presso  la
  Sala operativa del servizio regionale di protezione civile,  ovvero
  ad  avviare  ogni  procedura  utile  per  la  valorizzazione  della
  professionalita' specifica maturata da detto personale. 
- Legge  della  Regione  Molise  24  maggio  2022,  n.  8  (Legge  di
  stabilita' regionale anno 2022), artt. 4; 7, commi da 5  a  14;  7,
  comma 18; e 11. 
(GU n.39 del 28-9-2022 )
    Ricorso  ex  art.  127  della  Costituzione  del  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale dello Stato, presso i cui uffici e'  legalmente  domiciliato
in Roma, via dei Portoghesi n. 12; 
    Contro la Regione Molise, in persona del Presidente della  giunta
regionale pro tempore; 
    Per  la  declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale   degli
articoli 4, 7 commi 5-14, 7 comma 18 e 11 della legge  della  Regione
Molise n. 8 del 24 maggio 2022, pubblicata nel  Bollettino  Ufficiale
della Regione Molise n. 26 del 25  maggio  2022,  recante  «Legge  di
stabilita' regionale anno 2022» come da delibera  del  Consiglio  dei
ministri del 21 luglio 2022. 
    In data  25  maggio  2022  e'  stata  pubblicata  nel  Bollettino
Ufficiale della Regione Molise n. 26 la legge regionale n. 8  del  24
maggio 2022, recante «Legge di stabilita' regionale anno 2022». 
    Il provvedimento in esame, agli articoli 4,  7,  commi  5-14,  7,
comma 18,  e  11  si  pone  in  contrasto  con  diverse  disposizioni
costituzionali. 
    Pertanto, con il presente atto, il Presidente del  Consiglio  dei
ministri  impugna  la  citata legge  regionale  n.  8/2022  ai  sensi
dell'art. 127 Cost. affinche' ne  sia  dichiarata  la  illegittimita'
costituzionale, sulla base dei seguenti 
 
                               Motivi 
 
1) Art. 4: illegittimita' per violazione degli articoli 117, comma  3
in  materia  di  legislazione  concorrente  del  coordinamento  della
finanza pubblica, in relazione all'art.  14,  comma  5,  del  decreto
legislativo 19 agosto 2016, n. 175, recante «Testo unico  in  materia
di societa' a partecipazione pubblica» (TUSP - norma interposta -), e
97 della Costituzione. 
    L'art. 4 («Scioglimento della societa'  Sviluppo  della  Montagna
molisana Spa») della legge regionale n. 8/2022 cosi' dispone: 
        «Per il completamento della procedura di  scioglimento  della
societa' Sviluppo della Montagna molisana  Spa  di  cui  all'art.  5,
comma 4, della  legge  regionale  4  maggio  2021,  n.  2  (Legge  di
stabilita' regionale anno 2021), e' autorizzato  lo  stanziamento  di
euro 100.000,00, alla missione 14, programma 1, titolo I del bilancio
pluriennale di previsione 2022-2024 - esercizio 2022». 
    La norma in argomento si appalesa costituzionalmente  illegittima
in quanto lesiva della competenza  statale  prevista  dall'art.  117,
comma  3,  della  Costituzione,   nella   materia   di   legislazione
concorrente del coordinamento della finanza pubblica, e del principio
di buon andamento di cui all'art. 97 della Costituzione, nella  parte
in cui  pone  a  carico  della  Regione  il  debito  derivante  dalla
procedura di liquidatoria di societa' partecipata. 
    Preliminarmente occorre rilevare  come  l'art.  2325  del  codice
civile, nell'ambito della disciplina dettata dal Libro quinto, titolo
V, Capo V (Societa' per azioni), stabilisca, al comma 1,  che  «nella
societa' per azioni per le obbligazioni sociali risponde soltanto  la
societa' con il suo  patrimonio»  e  che  la  scelta  della  pubblica
amministrazione  di  acquisire  partecipazioni  in  societa'  private
implichi il suo  assoggettamento  alle  regole  proprie  della  forma
giuridica prescelta (in questo senso  si  e'  espressa  la  Corte  di
cassazione con la sentenza n. 26806/2009) e, in primo luogo, a quelle
dell'autonomia patrimoniale e della limitazione di responsabilita'. 
    Nel  caso  in  esame,  la  Regione  Molise,  con  propria   legge
regionale, ponendosi in contrasto  con  il  principio  dell'autonomia
patrimoniale perfetta recato dal cennato art. 2325 c.c.,  secondo  il
quale,  come  detto,  delle  obbligazioni  contratte   nell'esercizio
dell'attivita' della societa' risponde solo quest'ultima con  il  suo
patrimonio sociale, dispone,  in  sostanza,  che  delle  obbligazioni
sorte in capo alla procedura di liquidazione della societa'  Sviluppo
della Montagna Molisana S.p.a. risponda il socio Regione Molise. 
    La  decisione  della  Regione  di  rispondere  per  la   societa'
partecipata  attraverso  un  sostanziale  accollo  dei  debiti  della
procedura si pone pertanto in contrasto con il principio  della  sana
gestione finanziaria espresso dall'art.  14,  comma  5,  del  decreto
legislativo 19 agosto 2016, n. 175, recante «Testo unico  in  materia
di societa' a partecipazione pubblica» (TUSP) (1)  ,  violando  cosi'
l'articolo  117,  comma  3,  della  Costituzione,  nella  materia  di
legislazione concorrente del coordinamento  della  finanza  pubblica,
nonche' il principio di buon  andamento  di  cui  all'art.  97  della
Costituzione. 
    Come piu' volte evidenziato dalla Giustizia contabile (da  ultimo
Corte dei conti Campania Sez. contr. delib., 9 maggio 2022, n. 24  ma
vedansi anche Sezione regionale di controllo  Toscana,  deliberazione
n. 84/2018, Lazio, deliberazione n. 1/2019/PAR; Puglia, deliberazione
n.  47/2019/PAR;  Lombardia,  deliberazione  n.   296/2019,   Marche,
deliberazione n. 123/2019/PAR), l'art.  14,  comma  5,  del  T.U.S.P.
sancisce il cosiddetto «divieto del soccorso finanziario» da parte di
un soggetto pubblico rispetto ai suoi organismi partecipati e  impone
l'abbandono della  logica  del  «salvataggio  a  tutti  i  costi»  di
strutture e  organismi  partecipati  che  versano  in  situazione  di
dissesto. 
    Sulla base di tale principio, sono stati dichiarati inammissibili
«interventi tampone», con dispendio di disponibilita'  finanziarie  a
fondo  perduto,  erogate  senza  un  programma  industriale   o   una
prospettiva che realizzi l'economicita' o l'efficienza della gestione
nel medio e lungo periodo. 
    La ratio di tale norma  e'  stata  individuata  nell'esigenza  di
porre «un freno alla prassi, ormai consolidata,  seguita  dagli  enti
pubblici  e  in  particolare  dagli  enti  locali,  di  procedere   a
ricapitalizzazioni e ad altri trasferimenti straordinari per  coprire
le perdite strutturali (tali da minacciare la continuita' aziendale);
prassi che, come noto, da un lato finisce per impattare negativamente
sui bilanci pubblici compromettendone la sana  gestione  finanziaria;
dall'altro si contrappone alle disposizioni dei  trattati  (art.  106
TFUE, gia' art. 86 TCE), le quali vietano che  soggetti  che  operano
nel  mercato  comune  possano  beneficiare  di  diritti  speciali   o
esclusivi,  o  comunque  di  privilegi  in  grado  di   alterare   la
concorrenza  nel  mercato,  in  un'ottica  macroeconomica»   (Sezione
regionale di controllo Abruzzo, deliberazione n. 279/2015). 
    In tale contesto, l'art. 14, comma 5, del  TUSP  ha  fissato  «un
generale  divieto  di  disporre,  a  qualsiasi   titolo,   erogazioni
finanziarie  "a  fondo  perduto"  in  favore  di  societa'  in  grave
situazione deficitaria, relegando l'ammissibilita'  di  trasferimenti
straordinari ad ipotesi derogatoria  e  residuale,  percorribile  con
finalita' di risanamento aziendale e per  il  solo  perseguimento  di
esigenze pubblicistiche di conclamato rilievo, in quanto  sottendenti
prestazioni di servizi di interesse generale ovvero la  realizzazione
di programmi di investimenti affidati e  regolati  convenzionalmente,
secondo prospettive di continuita'» (Sezione regionale  di  controllo
Lazio, deliberazione n. 66/2018/PAR). 
    Secondo  la  magistratura  contabile  nei  casi  di  societa'  in
liquidazione vige un divieto assoluto di «soccorso finanziario». Tali
societa',  infatti,  restano  in  vita  senza  la   possibilita'   di
intraprendere nuove operazioni rientranti  nell'oggetto  sociale,  al
solo fine di provvedere al  soddisfacimento  dei  creditori  sociali,
previa realizzazione delle attivita' sociali  ed  alla  distribuzione
dell'eventuale residuo attivo tra i soci. 
    Tenuto conto della particolare fase della  vita  sociale  che  la
liquidazione rappresenta, infatti, l'apporto finanziario richiesto al
socio e' in re ipsa destituito delle finalita'  proprie  di  duraturo
riequilibrio strutturale, venendo  piuttosto  a  tradursi  sul  piano
sostanziale in un accollo delle passivita' societarie,  con  rinuncia
implicita al beneficio della ordinaria limitazione di responsabilita'
connessa alla separazione patrimoniale, al solo e  circoscritto  fine
di consentire il fisiologico espletamento della fase di chiusura. 
    In definitiva, anche se non realizzano il presupposto formale del
divieto di soccorso finanziario, consistente nelle reiterate  perdite
di  esercizio,  le  societa'  in  liquidazione   ne   realizzano   il
presupposto sostanziale, concernente  la  mancanza  di  una  concreta
prospettiva  di  risanamento,  condizione   indispensabile   per   la
fruizione di risorse pubbliche, tanto piu' se straordinarie. 
    Ove si  decidesse  di  effettuare  dei  trasferimenti  diretti  a
colmare l'incapienza del patrimonio societario rispetto al  complesso
delle  pretese  creditorie,  si  porrebbe  in  essere   un'operazione
economica equivalente ad un accollo dei  debiti  della  societa',  in
relazione alla quale non sussiste alcun obbligo a suo carico e, anzi,
si giungerebbe al paradosso di sconfessare la  scelta  originaria  di
operare per mezzo di una societa' di capitali piuttosto che in  forma
diretta. 
    Tale  orientamento  e'  stato   piu'   volte   confermato   dalla
magistratura contabile  (Corte  dei  conti  -  Sezione  regionale  di
controllo per il Lazio, deliberazione n. 1/2019/PAR; deliberazione n.
66/2018/PAR; Sezione delle autonomie, deliberazione  n.  27/2016/FRG;
Sezione regionale di  controllo  per  la  Liguria,  deliberazione  n.
84/208/PAR;  Sezione  regionale  di  controllo  per   la   Lombardia,
deliberazioni n. 84/2018/PAR,  n.  42/2014/PAR  e  n.  260/2015/PRSE;
Sezione regionale di controllo  per  il  Piemonte,  deliberazione  n.
3/2018/PAR, cit.; Sezione regionale  di  controllo  per  la  Liguria,
deliberazione n. 71/2015/PAR;  Sezione  regionale  di  controllo  per
l'Abruzzo, deliberazione n. 279/2015/PAR.) che ha piu' volte ribadito
il principio secondo cui «il divieto di  soccorso  finanziario  opera
anche per le  societa'  poste  in  liquidazione,  le  quali,  proprio
perche' rimangono in vita  senza  la  possibilita'  di  intraprendere
nuove operazioni rientranti nell'oggetto sociale, ma al solo fine  di
risolvere i rapporti finanziari  e  patrimoniali  pendenti,  compresi
quelli  relativi  alla  ripartizione   proporzionale   tra   i   soci
dell'eventuale patrimonio netto risultante all'esito della procedura,
non possono, per  definizione,  prospettare  alcuna  possibilita'  di
recupero o risanamento». 
    Nella medesima prospettiva, e' stato affermato che un  intervento
volto ad assumere debiti della  partecipata  in  liquidazione  dovra'
essere supportato da una congrua e analitica  motivazione  in  ordine
alle sottostanti ragioni di  razionalita',  convenienza  economica  e
sostenibilita'  finanziaria   che   lo   possano   eventualmente   ed
esaustivamente giustificare (Corte dei conti - Sezione  regionale  di
controllo per la Puglia, deliberazione n. 47/2019/PAR). 
    Le amministrazioni partecipanti dovranno, infatti,  assolvere  il
gravoso compito di motivare in termini di  razionalita',  convenienza
economica e  sostenibilita'  finanziaria,  l'eventuale  decisione  di
accollarsi l'onere dei debiti  di  una  societa'  in  liquidazione  o
fallita  la  quale,  per  definizione,  non  puo'  assicurare  alcuna
prospettiva  di  una  piu'  efficiente  prosecuzione   dell'attivita'
sociale di pertinenza. 
    La Corte dei conti ha,  per  esempio,  escluso  che  il  concreto
interesse pubblico all'operazione possa essere rinvenuto  nella  mera
esigenza di soddisfare i creditori sociali  (Corte  dei  conti,  Sez.
Reg. Liguria, delibera n. 84/2018)  e,  ancora,  non  ha  considerato
meritevole  la  prospettata  necessita'  di  assolvere  gli   impegni
finanziari  di  una  partecipata,  allo  scopo  di  riacquisire  beni
immobili dati a garanzia dal Comune, a  fronte  di  un  finanziamento
ottenuto dalla partecipata (Corte dei conti, Sez. Reg.  Puglia,  del.
n. 164/2014). 
    Da ultimo, la Corte (cfr. Sez.  regionale  di  controllo  per  la
Lombardia, del. 64/2021/PAR), ha evidenziato come l'ente pubblico che
intenda assorbire  a  carico  del  proprio  bilancio  i  debiti  o  i
risultati negativi della gestione  di  un  organismo  partecipato  e'
tenuto a dimostrare lo specifico  interesse  pubblico  perseguito  in
relazione ai propri scopi istituzionali, evidenziando in  particolare
le ragioni economico-giuridiche  dell'operazione.  E  la  motivazione
degli eventuali interventi decisi in tal senso dovra' essere  oggetto
di valutazione  secondo  i  parametri  della  legalita'  finanziaria,
ovvero anche in  rapporto  ai  canoni  di  efficienza,  efficacia  ed
economicita' su cui l'azione amministrativa si regge (articoli 1 e  3
della legge 7 agosto 1990, n. 241 e art. 97 della Costituzione). 
    L'applicazione  del  principio  di  sana   gestione   finanziaria
giustificherebbe l'assunzione di debiti altrui solo in presenza di un
prevalente interesse pubblico, adeguatamente motivato alla luce degli
scopi  istituzionali,  rappresentando  altrimenti  un  ingiustificato
favor  verso i creditori del soggetto partecipato incapiente (Sezioni
regionali di controllo Lombardia, deliberazioni  n.  98/2013/PAR,  n.
410/2016/PRSE,   n.   296/2019/PAR;   Liguria,    deliberazione    n.
71/2015/PAR; Toscana, deliberazione n. 84/2018/PAR). 
    Si tratta, quindi, di opzione che va, pertanto, opportunamente  e
sufficientemente  motivata.   In   particolare,   il   principio   di
economicita' richiede che l'ente dia conto delle ragioni di vantaggio
e di utilita' che la giustificano (in questo senso  Corte  dei  conti
Veneto, deliberazione n. 434/2012). 
    Ne  consegue  che  il  c.d.  divieto  di  soccorso   finanziario,
introdotto allo scopo di perseguire obiettivi di maggiore  efficienza
delle societa' pubbliche,  tenuto  conto  dei  principi  nazionali  e
comunitari in termini  di  economicita'  e  di  concorrenza,  «appare
espressivo  di  un  vero  e  proprio  principio  di  ordine  pubblico
economico,  fondato  su  esigenze  di  economicita'  e   razionalita'
nell'utilizzo delle risorse pubbliche e di tutela della concorrenza e
del mercato. Tale principio s'impone alle  amministrazioni  pubbliche
prescindendo, a tutela dell'effettivita' del  precetto,  dalle  forme
giuridiche prescelte per la partecipazione in organismi  privati  che
finirebbero, altrimenti, col prestarsi a facile elusione  del  chiaro
dettato normativo» (Sezione regionale di controllo per la  Lombardia,
deliberazione n. 296/2019/PAR). 
    Nel caso di specie non  si  ravvisa  alcuno  specifico  interesse
pubblico perseguibile con l'intervento finanziario disposto dall'art.
4 legge regionale Molise n. 8/22, atteso che la  norma  si  limita  a
prevedere uno stanziamento utile  al  soddisfo  dei  creditori  della
gestione liquidatoria e alla riduzione  del  numero  degli  organismi
partecipati. 
    Al riguardo si evidenzia che in relazione alle partecipate  poste
in liquidazione, la Corte dei conti, nelle pronunce sopra citate,  ha
sottolineato la sussistenza  di  un  divieto  assoluto  di  «soccorso
finanziario» verso le medesime, in quanto  destinate  a  rimanere  in
vita senza alcuna prospettiva di continuita'  dell'attivita',  ma  al
solo fine di provvedere al  soddisfacimento  dei  creditori  sociali,
previa realizzazione delle attivita' sociali  ed  alla  distribuzione
dell'eventuale residuo attivo tra i soci. 
    Alla  luce  di  tutto  quanto  sopra,   tenuto   conto   che   la
strumentalita'  rispetto  ad  interessi  primari,   riconducibili   a
fondamentali principi di rango costituzionale, rende  il  divieto  di
soccorso finanziario  un  principio  di  ordine  pubblico  economico,
precettivo e vincolante, di stretta e  generale  applicazione  (Corte
dei conti, Sezione controllo Piemonte, deliberazione n.  119/2021/PAR
e Veneto,  deliberazione  n.  18/2021/PAR),  la  disposizione  recata
dall'art. 4  della  legge  regionale  in  esame  e'  censurabile  per
violazione dell'art. 117, comma 3, della Costituzione, nella  materia
di legislazione concorrente del coordinamento della finanza pubblica,
e  del  principio  di  buon  andamento  di  cui  all'art.  97   della
Costituzione, nella parte in cui  pone  a  carico  della  Regione  il
debito della procedura di  liquidazione  della  societa'  partecipata
Sviluppo della Montagna Molisana S.p.a. 
2) Art. 7, commi 5-14: illegittimita'  per  violazione  dell'art.  81
Cost. per difetto di indicazione di copertura finanziaria. 
    L' art. 7 («Modifiche di leggi regionali») della legge  regionale
n. 8/2022 cosi' dispone ai commi da 5 a 14: 
        «5. La Regione, nel rispetto degli indirizzi generali per  le
attivita' di formazione di protezione civile, di cui all'art.  8  del
decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1,  (Codice  della  protezione
civile) promuove, organizza e indirizza la formazione e la diffusione
della cultura di protezione civile in tutto il  territorio  regionale
con l'aggiornamento continuo dei personale tecnico  e  amministrativo
impegnato istituzionalmente  nel  settore  della  protezione  civile,
degli   amministratori   locali,   nonche'   dei   volontari    delle
organizzazioni  iscritte  nell'Elenco  territoriale   regionale   del
volontariato di protezione civile. 
        6. Per le finalita' di cui al comma 5, e'  istituita,  presso
il Consiglio regionale, la  Scuola  regionale  di  protezione  civile
(SRPC). 
        7. La Scuola regionale di protezione  civile  svolge  le  sue
attivita'  formative  presso  la  sede  del  Servizio  regionale   di
protezione civile di Campochiaro e  presso  i  locali  del  Consiglio
regionale. 
        8. La Scuola regionale di protezione  civile  si  avvale  del
supporto di  un  Comitato  tecnico  scientifico  composto  da  cinque
esperti che hanno maturato conoscenze e professionalita' nel  settore
della protezione civile. 
        9. Il Consiglio regionale nomina i  componenti  del  Comitato
tecnico scientifico. Il Comitato tecnico scientifico  elegge  al  suo
interno il presidente. 
        10.  I  componenti  del  Comitato  tecnico  scientifico   non
percepiscono alcun compenso. 
        11. Al fine di favorire  l'interazione  con  il  settore  del
volontariato  e  con  gli  operatori  impegnati  nel  settore   della
protezione civile, il Presidente  del  Consiglio  regionale  promuove
incontri e riunioni per raccogliere le istanze formative  provenienti
dai soggetti di cui al comma 5 e, delle stesse, riferisce al Comitato
tecnico scientifico di cui al comma 8. 
        12.  Il  Comitato  tecnico  scientifico   contribuisce   alla
definizione degli obiettivi formativi e delle attivita' svolte  dalla
Scuola regionale di protezione civile. 
        13.  La  Scuola  regionale  di  protezione  civile  svolge  i
seguenti compiti: 
          a)  promuove  e  organizza,  anche   mediante   l'eventuale
coinvolgimento,  previa  intesa  e  a  titolo  gratuito,  del   corpo
nazionale dei vigili del fuoco o anche delle  strutture  operative  e
dei soggetti concorrenti di cui all'art. 13 del  decreto  legislativo
n. 1/2018, percorsi formativi per la  preparazione,  l'aggiornamento,
l'addestramento, la  formazione  specialistica  nelle  materie  della
protezione civile e dell'emergenza; 
          b) promuove  la  diffusione  della  cultura  di  protezione
civile, la sensibilizzazione e  l'educazione  civica  in  materia  di
protezione civile, portando a conoscenza della  collettivita',  degli
enti pubblici e privati e dei tecnici  interessati,  i  comportamenti
necessari per mitigare i rischi,  affrontare  i  medesimi,  porre  in
essere misure di autoprotezione e ridurne gli effetti dannosi. 
        14. I compiti della Scuola regionale di protezione  civile  e
del  Comitato  tecnico  scientifico  sono  specificati  con  delibera
dell'Ufficio di Presidenza  del  Consiglio  regionale  entro  novanta
giorni dall'entrata in vigore della presente legge». 
    Le disposizioni in esame, riguardanti  l'istituzione,  presso  il
Consiglio regionale, della  Scuola  regionale  di  protezione  civile
(SRPC), comportano nuovi e maggiori oneri non quantificati, a  fronte
dei quali non e' indicata la correlata fonte di finanziamento. 
    In assenza di indicazioni  nel  testo  normativo  e  non  essendo
pervenuti i chiarimenti richiesti alla  regione  circa  la  copertura
finanziaria della norma, l'articolo si appalesa illegittimo in quanto
si pone in violazione dell'art. 81, terzo comma, della  Costituzione,
trattandosi  di  una  norma  suscettibile  di  comportare  oneri  non
quantificati e privi di copertura finanziaria. 
    Ai sensi del  citato  art.  81,  comma,  3  Cost.  infatti,  ogni
disposizione legislativa che importi  nuovi  o  maggiori  oneri  deve
indicare i mezzi per farvi fronte; «il principio in esame, in  quanto
presidio degli equilibri di finanza pubblica, "opera direttamente,  a
prescindere dall'esistenza di norme interposte, sostanziandosi in una
vera e propria clausola  generale  in  grado  di  colpire  tutti  gli
enunciati normativi causa di effetti  perturbanti  la  sana  gestione
finanziaria e contabile. Pertanto, il sindacato di  costituzionalita'
sulle  modalita'  di  copertura  finanziaria  delle  spese  coinvolge
direttamente il precetto costituzionale, a  prescindere  dalle  varie
declinazioni dello stesso, nel volgere del tempo»  (sentenza  n.  244
del 2020). 
    Ai sensi dell'art. 19 della legge n. 196 del 2009 «le leggi  e  i
provvedimenti che comportano  oneri,  anche  sotto  forma  di  minori
entrate, a carico dei bilanci delle amministrazioni pubbliche  devono
contenere la  previsione  dell'onere  stesso  e  l'indicazione  della
copertura  finanziaria  riferita  ai  relativi  bilanci,  annuali   e
pluriennali». 
    La predetta disposizione,  «specificativa,  in  particolare,  del
precetto  di  cui  all'art.  81,  terzo  comma,  della  Costituzione,
prescrive,   anche   nei   confronti   delle   Regioni,   la   previa
quantificazione della spesa  o  dell'onere  quale  presupposto  della
copertura finanziaria, "per l'evidente ragione che  non  puo'  essere
assoggettata a copertura un'entita' indefinita"»  (v.,  ex  plurimis,
sentenze n. 235 del 2020, n. 147 del 2018, n. 181 del 2013). 
    Tale quantificazione deve rispettare la fondamentale esigenza  di
chiarezza e solidita' di bilancio cui l'art. 81 Cost. si ispira  e  a
cui il legislatore regionale non puo' sottrarsi, ragion  per  cui  la
copertura di nuove  spese  deve  essere  credibile,  sufficientemente
sicura, non arbitraria o irrazionale e in equilibrato rapporto con la
spesa che si intende effettuare in esercizi futuri. 
    La giurisprudenza della Corte ha peraltro precisato che le citate
disposizioni  statali  sono  meramente  specificative  del  principio
dell'equilibrio di bilancio, sicche'  questo  opera  direttamente,  a
prescindere da norme interposte (sentenze n. 244 del 2020 e n. 26 del
2013 e, da ultimo, sentenza n. 124/2022). 
3) Art. 7, comma 18: illegittimita' per violazione dell'art. 3  della
Costituzione e del principio di ragionevolezza; dell'art. 117,  comma
secondo,  lettera  s),  Cost.,  in  quanto  norma   incidente   sulla
pianificazione  paesaggistica,   con   invasione   della   competenza
legislativa esclusiva dello Stato, attuata dagli articoli 135, 143  e
145 del decreto legislativo n. 42/2004 e successive modificazioni  ed
integrazioni - Codice dei beni culturali e  del  paesaggio  -  (norme
interposte); dell'art. 9 della Costituzione. 
    L'art. 7 («Modifiche di leggi regionali») della  legge  regionale
n. 8/2022 cosi' dispone al comma 18: 
        «Nelle fasce di rispetto di tutte le zone e di tutte le  aree
di piano,  in  presenza  di  opere  gia'  realizzate  e  ubicate  tra
l'elemento da tutelare e l'intervento da realizzare, quest'ultimo  e'
ammissibile previa V. A. per il tematismo che ha prodotto  la  fascia
di rispetto, purche' lo stesso intervento non ecceda,  in  proiezione
ortogonale, le dimensioni delle opere preesistenti o sia compreso  in
un'area  circoscritta  nel  raggio  di  mt.  50  dal  baricentro   di
insediamenti consolidati preesistenti». 
    Si precisa preliminarmente che, tenuto  conto  della  non  chiara
formulazione della disposizione con l'impossibilita'  di  attribuirle
un preciso  significato,  veniva  chiesto  alla  Regione  di  fornire
chiarimenti  sul  significato  da  attribuire  a  talune  espressioni
contenute nella norma, tenuto conto del fatto che l'imprecisione  del
testo e la totale assenza di riferimenti normativi nell'ambito  dello
stesso la rendevano non intellegibile. 
    In particolare, veniva rappresentato che: 
        «[...] dal  tenore  della  previsione  non  appare  possibile
ricavare a quale tipologia di "piano" si faccia riferimento, ne' cosa
debba intendersi per "opere gia' realizzate e ubicate tra  l'elemento
da tutelare e l'intervento da realizzare ".  Non  risulta,  altresi',
chiarito il significato da attribuire  al  termine  "tematismo",  ne'
tantomeno se "VA." sia utilizzato come acronimo della valutazione  di
impatto ambientale o della valutazione  ambientale  strategica  o  di
entrambe». 
    In riscontro  a  tali  osservazioni,  nell'ambito  delle  proprie
controdeduzioni, la regione rappresentava che: 
        «[...] a chiarimento di quanto proposto con l'emendamento  di
cui all'art. 7, comma 18 della legge in esame, si  evidenzia  che  le
novita' legislative si riferiscono al Piano  paesistico  regionale  e
che le opere ritenute ammissibili sono quelle che vanno a  collocarsi
in territori gia' "contaminati" da fabbricati, in presenza  di  opere
gia'  realizzate.  Nello  specifico,  le  opere  di  cui  si  intende
consentire la realizzazione sono quelle che, seppur previste nelle cd
fasce di rispetto", sono progettate in maniera tale che la percezione
visiva e di impatto delle  stesse  siano  mitigate  dalla  proiezione
ortogonale del manufatto:  ove,  cioe',  tra  l'elemento  oggetto  di
tutela e il nuovo fabbricato vi siano gia'  dei  manufatti  allineati
sulla medesima proiezione e che comunque l'area oggetto di intervento
ospiti gia' degli insediamenti consolidati. In ogni caso,  e'  sempre
fatta salva la Valutazione Ambientale riferita al  vincolo  esistente
sul lotto, che ha originato l'applicazione della fascia di rispetto». 
    Tanto premesso, anche in  ordine  agli  elementi  di  chiarimento
pervenuti, l'articolo in esame  presenta  profili  di  illegittimita'
costituzionale. 
    In particolare emerge come l'art. 7, comma 18, de quo,  introduca
nell'ordinamento una disposizione dal significato non  intellegibile,
in aperto contrasto con il canone della ragionevolezza,  imposto  dal
rispetto dell'art. 3 della Costituzione. 
    Invero, pur avendo la regione  fornito  taluni  chiarimenti,  gli
stessi non appaiono idonei a superare  le  incertezze  interpretative
derivanti dalla norma, nell'ambito della quale si registra l'utilizzo
di espressioni vaghe e  suscettibili  di  varie  interpretazioni,  in
aperto contrasto con il canone della ragionevolezza. 
    La disposizione definisce il proprio ambito di  applicazione  con
riferimento alle «fasce di rispetto di tutte le zone e  di  tutte  le
aree  di  piano»,  senza  chiarire  di  che  piani  si   tratti   (se
territoriali, urbanistici o di settore) e a quali «fasce di rispetto»
si sia inteso fare riferimento. 
    Come noto, infatti, le fasce di rispetto sono poste a  tutela  di
beni della piu' varia natura, essendo previste, ad esempio, a  tutela
degli ambiti cimiteriali, come anche delle  strade,  oppure  di  beni
sottoposti a vincoli di diversa  tipologia.  Ovviamente,  la  diversa
natura delle fasce di rispetto comporta  anche  una  differenziazione
del  relativo  regime,  che  e'  posto  a  presidio  degli  specifici
interessi che ne hanno giustificato l'imposizione. 
    Con riguardo a tali, non meglio precisate, «fasce  di  rispetto»,
previste da  altrettanto  imprecisati  «piani»,  la  disposizione  fa
riferimento   all'ammissibilita'   di   indeterminati   «interventi»,
subordinandoli a una condizione del tutto incomprensibile,  ossia  la
«previa V.A. per il tematismo che ha prodotto la fascia di  rispetto,
purche' lo stesso intervento non ecceda, in proiezione ortogonale, le
dimensioni  delle  opere  preesistenti  o  sia  compreso  in  un'area
circoscritta nel raggio di mt.  50  dal  baricentro  di  insediamenti
consolidati preesistenti». 
    Come sopra accennato, non risulta possibile comprendere  cosa  si
intenda  il  legislatore  regionale  per   «V.A.»   (se   valutazione
ambientale o altro; e, ove fosse il primo il senso dell'acronimo, non
si comprende si sta parlando di «valutazione di impatto  ambientale»,
di «valutazione ambientale strategica», o  di  altro  ancora)  e  per
«tematismo che ha prodotto la fascia di rispetto». 
    Ancora piu' oscuro, poi, e' il riferimento  alla  condizione  che
«lo stesso  intervento  non  ecceda,  in  proiezione  ortogonale,  le
dimensioni  delle  opere  preesistenti  o  sia  compreso  in  un'area
circoscritta nel raggio di mt.  50  dal  baricentro  di  insediamenti
consolidati preesistenti». 
    Per  quanto  sopra,  la  previsione  normativa  non  puo'  essere
compresa e, conseguentemente, applicata dai consociati. 
    Nel caso in esame, non ricorre neppure «la possibilita' obiettiva
di piu' interpretazioni diverse, in un certo senso equivalenti  l'una
all'altra,  e  tutte  ugualmente   plausibili   secondo   il   canone
dell'interpretazione  costituzionalmente   orientata   (...)»   (cfr.
ordinanza  n.  197  del  29  giugno  2018  del  CGA  per  la  Regione
Siciliana), bensi' l'assoluta inconoscibilita' del  testo  normativo,
il quale risulta percio' manifestamente irragionevole e,  quindi,  in
contrasto  con  il  fondamentale  canone  di  cui  all'art.  3  della
Costituzione. 
    Com'e' noto, dall'art. 3 della Costituzione si desume  un  canone
di razionalita' della legge rintracciato nell'esigenza di conformita'
dell'ordinamento a valori di giustizia e di equita' ed a  criteri  di
coerenza logica, teleologica e storico-cronologica,  che  costituisce
un presidio contro l'eventuale manifesta irrazionalita'  o  iniquita'
delle conseguenze della stessa (ex multis, sentenze n. 87  del  2012,
n. 421 del 1991, n. 46 del 1993, n. 81 del 1992). 
    Il legislatore regionale si e' posto, pertanto, al di  fuori  del
perimetro tracciato dai principi  costituzionali,  che  impongono  la
coerenza logica,  teleologica  e  storico-cronologica,  delle  leggi,
anche di quelle regionali. 
    Per tali motivi, l'art. 7, comma  18  della  legge  regionale  in
oggetto e' da ritenersi illegittimo per violazione dell'art. 3  della
Costituzione. 
    La disposizione in esame si  pone,  altresi',  in  contrasto  con
l'art. 117, comma secondo, lettera s), Cost.,  poiche'  incide  sulla
pianificazione  paesaggistica,   con   invasione   della   competenza
legislativa esclusiva dello Stato, attuata dagli articoli 135, 143  e
145 del decreto legislativo n. 42/2004 e successive modificazioni  ed
integrazioni - Codice dei beni culturali  e  del  paesaggio  -  norme
interposte -. 
    Dalle  spiegazioni  offerte  dalla  regione  e  sopra  riportate,
anch'esse decisamente non chiare,  sembra  infatti  emergere  che  il
legislatore regionale abbia voluto  consentire  la  realizzazione  di
opere (imprecisate) all'interno delle fasce di  rispetto  individuate
dal  Piano  paesistico  regionale,  fatta   salva   la   «Valutazione
Ambientale riferita al vincolo esistente sul lotto, che ha  originato
l'applicazione della fascia di rispetto», e purche' tali opere  siano
«progettate in maniera tale che la percezione  visiva  e  di  impatto
delle  stesse  siano  mitigate  dalla   proiezione   ortogonale   del
manufatto». 
    L'obiettivo della norma (ferma restando, va ribadito,  la  scarsa
intellegibilita'   della   disposizione)   sembrerebbe   quello    di
consentire, nei casi  confusamente  descritti,  la  realizzazione  di
trasformazioni  edificatorie  non  consentite  dal  Piano  paesistico
regionale. 
    Gli interventi di trasformazione  urbanistica  ed  edilizia  sono
dunque collocati al di fuori del necessario  quadro  di  riferimento,
che  dovrebbe  essere   costituito   dalle   previsioni   del   piano
paesaggistico, ai sensi degli articoli 135, 143 e 145 del  Codice  di
settore. 
    Soltanto a quest'ultimo strumento spetta infatti  di  individuare
la tipologia delle trasformazioni compatibili e  di  quelle  vietate,
nonche' le condizioni delle eventuali trasformazioni. 
    Al contrario, la disposizione in esame appare volta a  introdurre
nell'ordinamento regionale una disposizione derogatoria  in  tema  di
pianificazione   paesaggistica,   che   agevola   la   trasformazione
edificatoria del territorio, con il  conseguente  grave  abbassamento
del livello della tutela del paesaggio, in violazione anche dell'art.
9 della Costituzione, che sancisce  la  rilevanza  della  tutela  del
paesaggio quale interesse primario e assoluto (sentenza  n.  367  del
2007). 
    Il   legislatore   nazionale,   nell'esercizio   della   potesta'
legislativa esclusiva in materia, ha assegnato al piano paesaggistico
una   posizione   di   assoluta   preminenza   nel   contesto   della
pianificazione territoriale. 
    Gli articoli 143, comma 9, e 145, comma 3, del Codice di  settore
sanciscono infatti l'inderogabilita' delle  previsioni  del  predetto
strumento da  parte  di  piani,  programmi  e  progetti  nazionali  o
regionali di sviluppo economico  e  la  loro  cogenza  rispetto  agli
strumenti  urbanistici,  nonche'  l'immediata  prevalenza  del  piano
paesaggistico su ogni altro atto della pianificazione territoriale  e
urbanistica (cfr., ex multis, sentenza n. 180 del 2008). 
    Come la Corte ha chiarito di  recente  «l'art.  145  del  decreto
legislativo  n.  42  del  2004,  dedicato  al  "coordinamento   della
pianificazione paesaggistico con altri strumenti di  pianificazione",
nel  precisare,  al  comma  3,  che   le   disposizioni   dei   piani
paesaggistici sono comunque prevalenti su quelle contenute negli atti
di pianificazione ad incidenza territoriale previsti dalle  normative
di settore, esprime il cosiddetto principio di prevalenza delle prime
sulle  seconde,  che  «deve  essere  declinato  nel  senso   che   al
legislatore  regionale  e'  impedito  (...)  adottare  normative  che
deroghino o contrastino con norme di tutela paesaggistica che pongono
obblighi o divieti, ossia con previsioni di tutela in senso  stretto»
(sentenza n. 141 del 2021; nello stesso senso,  sentenza  n.  74  del
2021)» (sentenza n. 261 del 2021). 
    In applicazione dei suddetti principi,  la  Corte  ha  dichiarato
l'illegittimita' costituzionale di una disposizione legislativa della
Regione  Campania  che  prevedeva  la  deroga   allo   strumento   di
pianificazione territoriale con valenza paesaggistica  vigente  nella
predetta Regione. In particolare, la Corte ha rimarcato che: 
        «le disposizioni censurate, nel consentire di derogare al PUT
nella parte in  cui  esso  non  prevede  limiti  di  inedificabilita'
assoluta, contravvengono al principio di  prevalenza  gerarchica  del
piano paesaggistico su tutti gli altri  strumenti  di  pianificazione
territoriale e urbanistica, ponendosi, cosi',  in  contrasto  con  il
parametro interposto evocato dal remittente. Il  legislatore  campano
ha infatti assegnato la definizione del  relativo  regime  all'ordine
della disciplina urbanistica, finendo in tal modo per  degradare  "la
tutela paesaggistico da valore unitario prevalente  a  mera  esigenza
urbanistica" (sentenza n. 11 del 2016) e percio',  per  compromettere
quell'impronta  unitaria  della  pianificazione  urbanistica  che  la
normativa  statale  ha  invece  assunto  a  valore   imprescindibile,
"ponendola al riparo dalla pluralita' e dalla parcellizzazione  degli
interventi delle amministrazioni locali" (sentenza n. 74  del  2020)»
(cosi' ancora la sentenza n. 261 del 2021). 
    Alla luce di tutto quanto sopra, l'art. 7, comma 18  della  legge
regionale in oggetto e' lesivo dell'art. 3  della  Costituzione,  per
manifesta violazione del principio  di  ragionevolezza  della  legge;
dell'art. 117, comma secondo, lettera s), Cost., poiche' incide sulla
pianificazione  paesaggistica,   con   invasione   della   competenza
legislativa esclusiva dello Stato, attuata dagli articoli 135, 143  e
145 del decreto legislativo 42/2004  e  successive  modificazioni  ed
integrazioni Codice dei beni culturali e del paesaggio;  dell'art.  9
della Costituzione, in quanto agevola la trasformazione  edificatoria
del territorio con il  conseguente  grave  abbassamento  del  livello
della tutela del paesaggio. 
4) Art. 11: illegittimita' per violazione dell'art. 81, terzo  comma,
Cost. (per mancata copertura finanziaria anche in relazione  all'art.
17, legge n. 196/2009 - norma  interposta  -);  dell'art.  97,  primo
comma,  Cost.  (per  violazione  del  principio  dell'equilibrio   di
bilancio delle pubbliche  amministrazioni);  dell'art.  117,  secondo
comma, lettera e)  (armonizzazione  dei  bilanci  pubblici  anche  in
relazione all'art.  38,  decreto  legislativo  n.  118/2011  -  norma
interposta-) e lettera l) (ordinamento civile); dell'art. 97,  quarto
comma, Cost. (per violazione del principio del concorso pubblico  per
l'accesso all'impiego)  nonche'  dell'art.  119,  primo  comma  Cost.
(principi di coordinamento della finanza pubblica). 
    L'art.  11  («Personale  del  servizio  regionale  di  protezione
civile») della legge regionale n. 8/2022 cosi' dispone: 
        «In virtu' dell'alta specializzazione, viene  autorizzata  la
Giunta regionale  a  procedere  alla  stabilizzazione  del  personale
attualmente in servizio presso il Centro funzionale e presso la  Sala
operativa  del  servizio  regionale  di  protezione  civile,   ovvero
all'avvio  di  ogni  procedura  utile   alla   valorizzazione   della
professionalita' specifica maturata dal suddetto personale». 
    Va  preliminarmente  ricordato  come  l'art.   20   del   decreto
legislativo n. 75/2017 preveda per le  amministrazioni  pubbliche  la
possibilita'  di  stabilizzare  il  personale  non  dirigenziale   in
possesso dei requisiti previsti di cui alle lettere a), b) e c) dello
stesso art. 20, comma 1, in  coerenza  con  il  piano  triennale  dei
fabbisogni, con l'indicazione della relativa  copertura  finanziaria,
nonche' garantendo l'adeguato accesso dall'esterno. 
    L'art. 33, commi 1, 1-bis, e  2  del  decreto-legge  n.  34/2019,
convertito in legge n.  58/2019,  ha  introdotto  per  le  regioni  a
statuto ordinario, le province e le citta' metropolitane ed i comuni,
una nuova disciplina in materia di facolta' assunzionali basata sulla
sostenibilita'  finanziaria  delle  stesse,   in   sostituzione   del
precedente criterio fondato sul turn over, consentendo  una  maggiore
flessibilita' per il reclutamento di personale.  In  tale  modificato
assetto normativo, le nuove assunzioni  a  tempo  indeterminato  sono
correlate alla sostenibilita' finanziaria della spesa di personale in
relazione  a  specifici  valori  soglia  (differenziati  per   fascia
demografica), del rapporto tra la  spesa  complessiva  per  tutto  il
personale (senza alcuna differenziazione tra le diverse modalita'  di
reclutamento e la diversa natura del rapporto:  concorso,  mobilita',
tempo indeterminato, tempo determinato, ecc.) al  lordo  degli  oneri
riflessi a carico  dell'amministrazione  e  la  media  delle  entrate
correnti relative agli ultimi tre rendiconti  approvati,  considerate
al netto del  fondo  crediti  di  dubbia  esigibilita'  stanziato  in
bilancio di previsione. 
    L'art. 11 della legge regionale in esame non indica il numero  di
unita' di personale potenzialmente interessate dall'  intervento,  il
loro inquadramento economico e giuridico, la  modalita'  con  cui  si
intende procedere al  reclutamento,  nonche'  l'ambito  normativo  di
riferimento nel rispetto del quale  la  prevista  stabilizzazione  di
personale verrebbe operata. 
    Nell'articolato, poi, non  si  rinviene  alcuna  disposizione  di
carattere  finanziario  recante  la   quantificazione   degli   oneri
assunzionali conseguenti alla previsione  in  esame  e  l'indicazione
della relativa copertura finanziaria. 
    Sul punto, occorre ricordare che le spese di personale,  che  per
loro natura assumono caratteristica di strutturalita', necessitano di
una  copertura  finanziaria  che  ne   assicuri   la   sostenibilita'
finanziaria nel tempo senza determinare criticita' negli equilibri di
bilancio degli enti. 
    Al riguardo, va evidenziato che l'art.  81,  terzo  comma,  Cost.
prevede che «Ogni legge che importi nuovi o maggiori  oneri  provvede
ai mezzi per farvi fronte». 
    Oltre a cio', l'art. 97,  primo  comma,  Cost.  dispone  che  «Le
pubbliche amministrazioni, in coerenza con l'ordinamento  dell'Unione
europea, assicurano l'equilibrio dei bilanci e la sostenibilita'  del
debito pubblico». 
    In aggiunta, l'art. 119, prima  comma,  Cost.  prescrive  che  «I
Comuni, le Province, le  Citta'  metropolitane  e  le  Regioni  hanno
autonomia  finanziaria  di  entrata  e   di   spesa,   nel   rispetto
dell'equilibrio dei relativi  bilanci,  e  concorrono  ad  assicurare
l'osservanza   dei   vincoli   economici   e   finanziari   derivanti
dall'ordinamento dell'Unione europea». 
    Inoltre l'art. 17 della legge n. 196 del 2009, al comma 1, elenca
in modo tassativo  le  modalita'  con  cui  assicurare  la  copertura
finanziaria delle leggi che comportano nuove o maggiori spese,  ossia
l'utilizzo degli accantonamenti iscritti nei fondi speciali destinati
alla  copertura  finanziaria  di  provvedimenti  legislativi  che  si
prevede siano approvati nel corso degli esercizi finanziari  compresi
nel bilancio pluriennale, la riduzione di  precedenti  autorizzazioni
legislative di spesa, le  modificazioni  legislative  che  comportino
nuove o maggiori entrate. 
    Il successivo comma 3 stabilisce  che  le  norme  che  comportino
conseguenze finanziarie devono  essere  corredate  da  una  relazione
tecnica che dia contezza della quantificazione delle entrate e  degli
oneri  recati  da  ciascuna  disposizione,  nonche'  delle   relative
coperture. 
    Infine,  il  comma  7  precisa  che  «...  per  le   disposizioni
legislative in  materia  pensionistica  e  di  pubblico  impiego,  la
relazione  di  cui  al  comma  3  contiene  un  quadro  analitico  di
proiezioni  finanziarie,  almeno  decennali,  riferite  all'andamento
delle variabili collegate ai soggetti beneficiari e  al  comparto  di
riferimento...». 
    Infine, a completamento del quadro normativo in subiecta  materia
delineato, si segnala che il decreto legislativo n. 118  del  2011  -
recante  «Disposizioni  in  materia  di  armonizzazione  dei  sistemi
contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali
e dei loro organismi, a norma degli articoli 1  e  2  della  legge  5
maggio 2009, n. 42», all'art. 38 - posto  a  disciplinare,  ai  sensi
dell'art. 117, secondo comma, lettera e) Cost., l'armonizzazione  dei
sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle regioni - dispone: 
        «1. Le  leggi  regionali  che  prevedono  spese  a  carattere
continuativo quantificano l'onere annuale previsto per ciascuno degli
esercizi compresi nel bilancio di previsione  e  indicano  l'onere  a
regime ovvero, nel caso in cui non si tratti di  spese  obbligatorie,
possono rinviare le quantificazioni dell'onere annuo  alla  legge  di
bilancio. 
        2. Le  leggi  regionali  che  dispongono  spese  a  carattere
pluriennale indicano l'ammontare complessivo della spesa, nonche'  la
quota eventualmente a carico del bilancio in corso e  degli  esercizi
successivi.  La  legge  di  stabilita'  regionale  puo'   annualmente
rimodulare le quote previste per ciascuno degli anni considerati  nel
bilancio di previsione e per  gli  esercizi  successivi,  nei  limiti
dell'autorizzazione complessiva di spesa». 
    Cio' posto, va rilevato che tutti gli adempimenti e gli  elementi
sopra richiamati non risultano essere  stati  predisposti  a  corredo
della norma de qua. 
    Difatti, la norma in esame, nell'autorizzare  la  stabilizzazione
del personale attualmente in servizio presso il Centro  funzionale  e
presso la Sala operativa del servizio regionale di protezione civile,
omette di indicare la relativa copertura  finanziaria  prescritta  ai
sensi  della  normativa  statale   summenzionata.   Conseguentemente,
l'omissione - come sopra qualificata - si pone in contrasto  con  gli
articoli 81, 97, 117, secondo comma, lettera e)  -  in  virtu'  della
violazione della normativa interposta di cui all'art. 38 del  decreto
legislativo n. 118 del 2011 - e 119 Cost. 
    Sul punto, come da  consolidato  orientamento  della  Corte,  dal
punto di vista della copertura  finanziaria  e  dell'omissione  della
previsione degli oneri, e'  ormai  chiarito  che  «[...]  la  mancata
considerazione degli oneri vale a rendere la legge costituzionalmente
illegittima  per  mancanza  di  copertura  non  soltanto  per   spese
obbligatorie, ma anche se si tratta di  oneri  solo  "ipotetici",  in
quanto l'art. 81 Cost. "impone che, ogniqualvolta  si  introduca  una
previsione legislativa  che  possa,  anche  solo  in  via  ipotetica,
determinare nuove spese, occorr[e] sempre indicare i mezzi per  farvi
fronte"...» (ex multis, sentenze n. 155 del 2022, n. 163 del  2020  e
n. 307 del 2013). 
    Pertanto  «[...]  devono  essere  dichiarate   costituzionalmente
illegittime quelle leggi in cui "l'individuazione degli interventi  e
la  relativa  copertura  finanziaria,   e'   stata   effettuata   dal
legislatore regionale in modo generico  e  risulta  priva  di  quella
chiarezza finanziaria minima richiesta dalla costante  giurisprudenza
di questa Corte  in  riferimento  all'art.  81  Cost."»  (ex  multis,
sentenze n. 155 del 2022 e n. 227 del 2019). 
    Infine, in ordine all'equilibrio finanziario, e' stato piu' volte
ribadito che questo «presuppone che ogni intervento  programmato  sia
sorretto dalla previa individuazione delle  pertinenti  risorse:  nel
sindacato di costituzionalita' copertura  finanziaria  ed  equilibrio
integrano "una clausola generale in grado di operare pure in  assenza
di  norme  interposte  quando  l'antinomia   [con   le   disposizioni
impugnate] coinvolga direttamente il precetto  costituzionale"  [...]
(sentenza n. 184 del 2016)» (sentenze n. 155 del 2022 e  n.  274  del
2017). 
    Sotto altro profilo, come  sopra  accennato,  dalla  formulazione
della  disposizione  in  esame   non   e'   dato   desumere   se   le
stabilizzazioni  di  cui  trattasi  avverranno  in  accordo  con   la
normativa statale sul punto, con quella riguardante la programmazione
delle assunzioni, oltreche' del principio del concorso pubblico,  con
conseguente violazione dell'art. 97 della Costituzione. 
    In tema di stabilizzazione del personale  c.d.  precario  va  poi
ricordato come la Corte abbia piu' volte qualificato le norme statali
in materia come principi fondamentali di coordinamento della  finanza
pubblica, poiche' si ispirano alla finalita' del  contenimento  della
spesa pubblica nello specifico settore del  personale  (ex  plurimis,
sentenze n. 310, n. 108, n. 69 e n. 68 del 2011; n. 51 del  2012;  n.
277/2013; n. 231/2017; n. 194/2020). 
    Piu' nello specifico, la Corte «ha riconosciuto come principi  di
coordinamento della finanza  pubblica  le  disposizioni  statali  che
stabiliscono limiti e vincoli al  reclutamento  del  personale  delle
amministrazioni pubbliche ovvero relative  alla  stabilizzazione  del
personale precario, in quanto incidono  sul  rilevante  aggregato  di
finanza pubblica costituito dalla spesa per il  personale»  (sentenze
n. 277 e n. 18 del 2013, n. 148 e n. 139 del 2012; n. 251 del 2020). 
    La disposizione regionale  in  questione  e'  altresi'  violativa
delle  prerogative  statali  siccome   riconducibile   alla   materia
dell'ordinamento civile, di  competenza  esclusiva  dello  Stato,  ai
sensi dell'art. 117, comma 2, lettera l) Cost.  posto  che  la  norma
regionale incide sulla regolamentazione  del  rapporto  precario  (in
particolare, sugli aspetti connessi alla sua durata) e determina,  al
contempo, la costituzione di altro rapporto giuridico (il rapporto di
lavoro a tempo indeterminato, destinato a sorgere proprio per effetto
della stabilizzazione). 
    In tale prospettiva codesta Corte ha avuto modo di  chiarire  che
la disciplina della fase costitutiva del contratto di  lavoro,  cosi'
come  quella  del  rapporto  sorto  per  effetto  dello  stesso,   si
realizzano mediante  la  stipulazione  di  un  contratto  di  diritto
privato  e,  pertanto,  appartengono  alla  materia  dell'ordinamento
civile (ex multis sentenze n. 324 del 2010 e n. 69 del 2011). 
    Alla luce di tutto quanto sopra e  per  i  motivi  ivi  indicati,
l'articolo  in  esame  e'  pertanto  da  ritenersi  illegittimo   per
violazione  dell'art.  81,  terzo  comma   (copertura   finanziaria),
dell'art. 97, primo comma,  (principio  dell'equilibrio  di  bilancio
delle  pubbliche  amministrazioni),  dell'art.  117,  secondo  comma,
lettera  e)  (armonizzazione  dei  bilanci  pubblici)  e  lettera  l)
(ordinamento civile), dell'art. 97, quarto comma  della  Costituzione
(principio della  necessita'  del  pubblico  concorso  per  l'accesso
all'impiego  pubblico)  nonche'  dell'art.  119,  primo  comma  della
Costituzione (principi di coordinamento della finanza pubblica). 

(1) Ai sensi dell'art. 14  decreto  legislativo  n.  175/2016  «Crisi
    d'impresa di societa' a partecipazione pubblica». 1. Le  societa'
    a partecipazione pubblica sono  soggette  alle  disposizioni  sul
    fallimento e sul concordato preventivo, nonche', ove ne ricorrano
    i  presupposti,  a   quelle   in   materia   di   amministrazione
    straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza di  cui
    al decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, e al  decreto-legge
    23 dicembre 2003, n. 347, convertito,  con  modificazioni,  dalla
    legge 18 febbraio 2004, n. 39. 2. Qualora  emergano,  nell'ambito
    dei programmi di valutazione del rischio di cui all'art. 6, comma
    2,  uno  o  piu'  indicatori   di   crisi   aziendale,   l'organo
    amministrativo della societa' a controllo pubblico  adotta  senza
    indugio  i  provvedimenti  necessari   al   fine   di   prevenire
    l'aggravamento  della  crisi,  di  correggerne  gli  effetti   ed
    eliminarne le cause, attraverso un idoneo piano  di  risanamento.
    3. Quando si determini la  situazione  di  cui  al  comma  2,  la
    mancata adozione di provvedimenti adeguati, da parte  dell'organo
    amministrativo,  costituisce   grave   irregolarita'   ai   sensi
    dell'art.  2409   del   codice   civile.   4.   Non   costituisce
    provvedimento adeguato, ai sensi dei commi 1 e 2,  la  previsione
    di un ripianamento delle perdite da parte dell'amministrazione  o
    delle  amministrazioni  pubbliche  socie,  anche  se  attuato  in
    concomitanza a un aumento  di  capitale  o  ad  un  trasferimento
    straordinario di partecipazioni o al rilascio di  garanzie  o  in
    qualsiasi altra forma giuridica, a meno che tale  intervento  sia
    accompagnato da un piano di ristrutturazione aziendale, dal quale
    risulti comprovata la  sussistenza  di  concrete  prospettive  di
    recupero  dell'equilibrio  economico  delle   attivita'   svolte,
    approvato ai sensi del comma 2, anche in deroga al comma 5. 5. Le
    amministrazioni di cui  all'art.  1,  comma  3,  della  legge  31
    dicembre 2009, n. 196, non possono, salvo quanto  previsto  dagli
    articoli 2447 e 2482-ter del codice civile, sottoscrivere aumenti
    di capitale, effettuare trasferimenti straordinari,  aperture  di
    credito,  ne'  rilasciare  garanzie  a  favore   delle   societa'
    partecipate,  con  esclusione  delle  societa'  quotate  e  degli
    istituti di credito, che abbiano  registrato,  per  tre  esercizi
    consecutivi, perdite di esercizio ovvero che  abbiano  utilizzato
    riserve  disponibili  per  il  ripianamento  di   perdite   anche
    infrannuali.  Sono  in  ogni  caso  consentiti  i   trasferimenti
    straordinari alle societa' di cui al primo periodo, a  fronte  di
    convenzioni, contratti di servizio o di programma  relativi  allo
    svolgimento  di  servizi  di  pubblico  interesse   ovvero   alla
    realizzazione di investimenti, purche' le misure  indicate  siano
    contemplate in un piano di risanamento, approvato  dall'Autorita'
    di regolazione di settore ove esistente e comunicato  alla  Corte
    dei conti con le modalita' di cui all'art. 5,  che  contempli  il
    raggiungimento dell'equilibrio finanziario  entro  tre  anni.  Al
    fine di salvaguardare la continuita' nella prestazione di servizi
    di  pubblico  interesse,  a  fronte  di  gravi  pericoli  per  la
    sicurezza pubblica, l'ordine pubblico e la sanita', su  richiesta
    della amministrazione interessata, con decreto del Presidente del
    Consiglio  dei  ministri,  adottato  su  proposta  del   Ministro
    dell'economia e delle finanze, di concerto con gli altri Ministri
    competenti e soggetto a  registrazione  della  Corte  dei  conti,
    possono essere autorizzati gli interventi di cui al primo periodo
    del  presente  comma.  6.  Nei  cinque   anni   successivi   alla
    dichiarazione di fallimento di una societa' a controllo  pubblico
    titolare di affidamenti  diretti,  le  pubbliche  amministrazioni
    controllanti non possono costituire nuove societa', ne' acquisire
    o  mantenere  partecipazioni  in  societa',  qualora  le   stesse
    gestiscano i medesimi servizi di quella dichiarata fallita. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Si chiede che l'ecc.ma Corte voglia dichiarare costituzionalmente
illegittimi,  e  conseguentemente  annullare,  per  i  motivi   sopra
specificati, gli articoli 4, 7, commi 5-14, 7, comma 18, e  11  della
legge della Regione Molise n. 8 del 24 maggio  2022,  pubblicata  nel
Bollettino Ufficiale della Regione Molise n. 26 del 25  maggio  2022,
recante «Legge di stabilita' regionale anno 2022». 
    Con l'originale notificato del ricorso di depositera'  l'estratto
della delibera del Consiglio dei ministri 21 luglio 2022. 
        Roma, 25 luglio 2022 
 
          Il Vice Avvocato generale dello Stato: De Bellis 
 
 
                   L'Avvocato dello Stato: Peluso