N. 51 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 28 luglio 2022
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 28 luglio 2022 (del Presidente del Consiglio dei ministri). Bilancio e contabilita' pubblica - Partecipazioni pubbliche - Norme della Regione Molise - Legge di stabilita' regionale anno 2022 - Autorizzazione dello stanziamento di euro 100.000,00 per il completamento della procedura di scioglimento della societa' Sviluppo della Montagna molisana spa. Bilancio e contabilita' pubblica - Copertura finanziaria - Norme della Regione Molise - Legge di stabilita' regionale anno 2022 - Disposizioni inerenti all'istituzione, presso il Consiglio regionale, della Scuola regionale di protezione civile. Paesaggio - Pianificazione - Norme della Regione Molise - Legge di stabilita' regionale anno 2022 - Previsione che ammette, a determinate condizioni, interventi edilizi nelle fasce di rispetto di tutte le zone e di tutte le aree di piano, in presenza di opere gia' realizzate e ubicate tra l'elemento da tutelare e l'intervento da realizzare. Impiego pubblico - Impiego regionale - Norme della Regione Molise - Legge di stabilita' regionale anno 2022 - Previsione che autorizza la Giunta regionale a procedere alla stabilizzazione del personale attualmente in servizio presso il Centro funzionale e presso la Sala operativa del servizio regionale di protezione civile, ovvero ad avviare ogni procedura utile per la valorizzazione della professionalita' specifica maturata da detto personale. - Legge della Regione Molise 24 maggio 2022, n. 8 (Legge di stabilita' regionale anno 2022), artt. 4; 7, commi da 5 a 14; 7, comma 18; e 11.(GU n.39 del 28-9-2022 )
Ricorso ex art. 127 della Costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici e' legalmente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12; Contro la Regione Molise, in persona del Presidente della giunta regionale pro tempore; Per la declaratoria di illegittimita' costituzionale degli articoli 4, 7 commi 5-14, 7 comma 18 e 11 della legge della Regione Molise n. 8 del 24 maggio 2022, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Molise n. 26 del 25 maggio 2022, recante «Legge di stabilita' regionale anno 2022» come da delibera del Consiglio dei ministri del 21 luglio 2022. In data 25 maggio 2022 e' stata pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Molise n. 26 la legge regionale n. 8 del 24 maggio 2022, recante «Legge di stabilita' regionale anno 2022». Il provvedimento in esame, agli articoli 4, 7, commi 5-14, 7, comma 18, e 11 si pone in contrasto con diverse disposizioni costituzionali. Pertanto, con il presente atto, il Presidente del Consiglio dei ministri impugna la citata legge regionale n. 8/2022 ai sensi dell'art. 127 Cost. affinche' ne sia dichiarata la illegittimita' costituzionale, sulla base dei seguenti Motivi 1) Art. 4: illegittimita' per violazione degli articoli 117, comma 3 in materia di legislazione concorrente del coordinamento della finanza pubblica, in relazione all'art. 14, comma 5, del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, recante «Testo unico in materia di societa' a partecipazione pubblica» (TUSP - norma interposta -), e 97 della Costituzione. L'art. 4 («Scioglimento della societa' Sviluppo della Montagna molisana Spa») della legge regionale n. 8/2022 cosi' dispone: «Per il completamento della procedura di scioglimento della societa' Sviluppo della Montagna molisana Spa di cui all'art. 5, comma 4, della legge regionale 4 maggio 2021, n. 2 (Legge di stabilita' regionale anno 2021), e' autorizzato lo stanziamento di euro 100.000,00, alla missione 14, programma 1, titolo I del bilancio pluriennale di previsione 2022-2024 - esercizio 2022». La norma in argomento si appalesa costituzionalmente illegittima in quanto lesiva della competenza statale prevista dall'art. 117, comma 3, della Costituzione, nella materia di legislazione concorrente del coordinamento della finanza pubblica, e del principio di buon andamento di cui all'art. 97 della Costituzione, nella parte in cui pone a carico della Regione il debito derivante dalla procedura di liquidatoria di societa' partecipata. Preliminarmente occorre rilevare come l'art. 2325 del codice civile, nell'ambito della disciplina dettata dal Libro quinto, titolo V, Capo V (Societa' per azioni), stabilisca, al comma 1, che «nella societa' per azioni per le obbligazioni sociali risponde soltanto la societa' con il suo patrimonio» e che la scelta della pubblica amministrazione di acquisire partecipazioni in societa' private implichi il suo assoggettamento alle regole proprie della forma giuridica prescelta (in questo senso si e' espressa la Corte di cassazione con la sentenza n. 26806/2009) e, in primo luogo, a quelle dell'autonomia patrimoniale e della limitazione di responsabilita'. Nel caso in esame, la Regione Molise, con propria legge regionale, ponendosi in contrasto con il principio dell'autonomia patrimoniale perfetta recato dal cennato art. 2325 c.c., secondo il quale, come detto, delle obbligazioni contratte nell'esercizio dell'attivita' della societa' risponde solo quest'ultima con il suo patrimonio sociale, dispone, in sostanza, che delle obbligazioni sorte in capo alla procedura di liquidazione della societa' Sviluppo della Montagna Molisana S.p.a. risponda il socio Regione Molise. La decisione della Regione di rispondere per la societa' partecipata attraverso un sostanziale accollo dei debiti della procedura si pone pertanto in contrasto con il principio della sana gestione finanziaria espresso dall'art. 14, comma 5, del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, recante «Testo unico in materia di societa' a partecipazione pubblica» (TUSP) (1) , violando cosi' l'articolo 117, comma 3, della Costituzione, nella materia di legislazione concorrente del coordinamento della finanza pubblica, nonche' il principio di buon andamento di cui all'art. 97 della Costituzione. Come piu' volte evidenziato dalla Giustizia contabile (da ultimo Corte dei conti Campania Sez. contr. delib., 9 maggio 2022, n. 24 ma vedansi anche Sezione regionale di controllo Toscana, deliberazione n. 84/2018, Lazio, deliberazione n. 1/2019/PAR; Puglia, deliberazione n. 47/2019/PAR; Lombardia, deliberazione n. 296/2019, Marche, deliberazione n. 123/2019/PAR), l'art. 14, comma 5, del T.U.S.P. sancisce il cosiddetto «divieto del soccorso finanziario» da parte di un soggetto pubblico rispetto ai suoi organismi partecipati e impone l'abbandono della logica del «salvataggio a tutti i costi» di strutture e organismi partecipati che versano in situazione di dissesto. Sulla base di tale principio, sono stati dichiarati inammissibili «interventi tampone», con dispendio di disponibilita' finanziarie a fondo perduto, erogate senza un programma industriale o una prospettiva che realizzi l'economicita' o l'efficienza della gestione nel medio e lungo periodo. La ratio di tale norma e' stata individuata nell'esigenza di porre «un freno alla prassi, ormai consolidata, seguita dagli enti pubblici e in particolare dagli enti locali, di procedere a ricapitalizzazioni e ad altri trasferimenti straordinari per coprire le perdite strutturali (tali da minacciare la continuita' aziendale); prassi che, come noto, da un lato finisce per impattare negativamente sui bilanci pubblici compromettendone la sana gestione finanziaria; dall'altro si contrappone alle disposizioni dei trattati (art. 106 TFUE, gia' art. 86 TCE), le quali vietano che soggetti che operano nel mercato comune possano beneficiare di diritti speciali o esclusivi, o comunque di privilegi in grado di alterare la concorrenza nel mercato, in un'ottica macroeconomica» (Sezione regionale di controllo Abruzzo, deliberazione n. 279/2015). In tale contesto, l'art. 14, comma 5, del TUSP ha fissato «un generale divieto di disporre, a qualsiasi titolo, erogazioni finanziarie "a fondo perduto" in favore di societa' in grave situazione deficitaria, relegando l'ammissibilita' di trasferimenti straordinari ad ipotesi derogatoria e residuale, percorribile con finalita' di risanamento aziendale e per il solo perseguimento di esigenze pubblicistiche di conclamato rilievo, in quanto sottendenti prestazioni di servizi di interesse generale ovvero la realizzazione di programmi di investimenti affidati e regolati convenzionalmente, secondo prospettive di continuita'» (Sezione regionale di controllo Lazio, deliberazione n. 66/2018/PAR). Secondo la magistratura contabile nei casi di societa' in liquidazione vige un divieto assoluto di «soccorso finanziario». Tali societa', infatti, restano in vita senza la possibilita' di intraprendere nuove operazioni rientranti nell'oggetto sociale, al solo fine di provvedere al soddisfacimento dei creditori sociali, previa realizzazione delle attivita' sociali ed alla distribuzione dell'eventuale residuo attivo tra i soci. Tenuto conto della particolare fase della vita sociale che la liquidazione rappresenta, infatti, l'apporto finanziario richiesto al socio e' in re ipsa destituito delle finalita' proprie di duraturo riequilibrio strutturale, venendo piuttosto a tradursi sul piano sostanziale in un accollo delle passivita' societarie, con rinuncia implicita al beneficio della ordinaria limitazione di responsabilita' connessa alla separazione patrimoniale, al solo e circoscritto fine di consentire il fisiologico espletamento della fase di chiusura. In definitiva, anche se non realizzano il presupposto formale del divieto di soccorso finanziario, consistente nelle reiterate perdite di esercizio, le societa' in liquidazione ne realizzano il presupposto sostanziale, concernente la mancanza di una concreta prospettiva di risanamento, condizione indispensabile per la fruizione di risorse pubbliche, tanto piu' se straordinarie. Ove si decidesse di effettuare dei trasferimenti diretti a colmare l'incapienza del patrimonio societario rispetto al complesso delle pretese creditorie, si porrebbe in essere un'operazione economica equivalente ad un accollo dei debiti della societa', in relazione alla quale non sussiste alcun obbligo a suo carico e, anzi, si giungerebbe al paradosso di sconfessare la scelta originaria di operare per mezzo di una societa' di capitali piuttosto che in forma diretta. Tale orientamento e' stato piu' volte confermato dalla magistratura contabile (Corte dei conti - Sezione regionale di controllo per il Lazio, deliberazione n. 1/2019/PAR; deliberazione n. 66/2018/PAR; Sezione delle autonomie, deliberazione n. 27/2016/FRG; Sezione regionale di controllo per la Liguria, deliberazione n. 84/208/PAR; Sezione regionale di controllo per la Lombardia, deliberazioni n. 84/2018/PAR, n. 42/2014/PAR e n. 260/2015/PRSE; Sezione regionale di controllo per il Piemonte, deliberazione n. 3/2018/PAR, cit.; Sezione regionale di controllo per la Liguria, deliberazione n. 71/2015/PAR; Sezione regionale di controllo per l'Abruzzo, deliberazione n. 279/2015/PAR.) che ha piu' volte ribadito il principio secondo cui «il divieto di soccorso finanziario opera anche per le societa' poste in liquidazione, le quali, proprio perche' rimangono in vita senza la possibilita' di intraprendere nuove operazioni rientranti nell'oggetto sociale, ma al solo fine di risolvere i rapporti finanziari e patrimoniali pendenti, compresi quelli relativi alla ripartizione proporzionale tra i soci dell'eventuale patrimonio netto risultante all'esito della procedura, non possono, per definizione, prospettare alcuna possibilita' di recupero o risanamento». Nella medesima prospettiva, e' stato affermato che un intervento volto ad assumere debiti della partecipata in liquidazione dovra' essere supportato da una congrua e analitica motivazione in ordine alle sottostanti ragioni di razionalita', convenienza economica e sostenibilita' finanziaria che lo possano eventualmente ed esaustivamente giustificare (Corte dei conti - Sezione regionale di controllo per la Puglia, deliberazione n. 47/2019/PAR). Le amministrazioni partecipanti dovranno, infatti, assolvere il gravoso compito di motivare in termini di razionalita', convenienza economica e sostenibilita' finanziaria, l'eventuale decisione di accollarsi l'onere dei debiti di una societa' in liquidazione o fallita la quale, per definizione, non puo' assicurare alcuna prospettiva di una piu' efficiente prosecuzione dell'attivita' sociale di pertinenza. La Corte dei conti ha, per esempio, escluso che il concreto interesse pubblico all'operazione possa essere rinvenuto nella mera esigenza di soddisfare i creditori sociali (Corte dei conti, Sez. Reg. Liguria, delibera n. 84/2018) e, ancora, non ha considerato meritevole la prospettata necessita' di assolvere gli impegni finanziari di una partecipata, allo scopo di riacquisire beni immobili dati a garanzia dal Comune, a fronte di un finanziamento ottenuto dalla partecipata (Corte dei conti, Sez. Reg. Puglia, del. n. 164/2014). Da ultimo, la Corte (cfr. Sez. regionale di controllo per la Lombardia, del. 64/2021/PAR), ha evidenziato come l'ente pubblico che intenda assorbire a carico del proprio bilancio i debiti o i risultati negativi della gestione di un organismo partecipato e' tenuto a dimostrare lo specifico interesse pubblico perseguito in relazione ai propri scopi istituzionali, evidenziando in particolare le ragioni economico-giuridiche dell'operazione. E la motivazione degli eventuali interventi decisi in tal senso dovra' essere oggetto di valutazione secondo i parametri della legalita' finanziaria, ovvero anche in rapporto ai canoni di efficienza, efficacia ed economicita' su cui l'azione amministrativa si regge (articoli 1 e 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e art. 97 della Costituzione). L'applicazione del principio di sana gestione finanziaria giustificherebbe l'assunzione di debiti altrui solo in presenza di un prevalente interesse pubblico, adeguatamente motivato alla luce degli scopi istituzionali, rappresentando altrimenti un ingiustificato favor verso i creditori del soggetto partecipato incapiente (Sezioni regionali di controllo Lombardia, deliberazioni n. 98/2013/PAR, n. 410/2016/PRSE, n. 296/2019/PAR; Liguria, deliberazione n. 71/2015/PAR; Toscana, deliberazione n. 84/2018/PAR). Si tratta, quindi, di opzione che va, pertanto, opportunamente e sufficientemente motivata. In particolare, il principio di economicita' richiede che l'ente dia conto delle ragioni di vantaggio e di utilita' che la giustificano (in questo senso Corte dei conti Veneto, deliberazione n. 434/2012). Ne consegue che il c.d. divieto di soccorso finanziario, introdotto allo scopo di perseguire obiettivi di maggiore efficienza delle societa' pubbliche, tenuto conto dei principi nazionali e comunitari in termini di economicita' e di concorrenza, «appare espressivo di un vero e proprio principio di ordine pubblico economico, fondato su esigenze di economicita' e razionalita' nell'utilizzo delle risorse pubbliche e di tutela della concorrenza e del mercato. Tale principio s'impone alle amministrazioni pubbliche prescindendo, a tutela dell'effettivita' del precetto, dalle forme giuridiche prescelte per la partecipazione in organismi privati che finirebbero, altrimenti, col prestarsi a facile elusione del chiaro dettato normativo» (Sezione regionale di controllo per la Lombardia, deliberazione n. 296/2019/PAR). Nel caso di specie non si ravvisa alcuno specifico interesse pubblico perseguibile con l'intervento finanziario disposto dall'art. 4 legge regionale Molise n. 8/22, atteso che la norma si limita a prevedere uno stanziamento utile al soddisfo dei creditori della gestione liquidatoria e alla riduzione del numero degli organismi partecipati. Al riguardo si evidenzia che in relazione alle partecipate poste in liquidazione, la Corte dei conti, nelle pronunce sopra citate, ha sottolineato la sussistenza di un divieto assoluto di «soccorso finanziario» verso le medesime, in quanto destinate a rimanere in vita senza alcuna prospettiva di continuita' dell'attivita', ma al solo fine di provvedere al soddisfacimento dei creditori sociali, previa realizzazione delle attivita' sociali ed alla distribuzione dell'eventuale residuo attivo tra i soci. Alla luce di tutto quanto sopra, tenuto conto che la strumentalita' rispetto ad interessi primari, riconducibili a fondamentali principi di rango costituzionale, rende il divieto di soccorso finanziario un principio di ordine pubblico economico, precettivo e vincolante, di stretta e generale applicazione (Corte dei conti, Sezione controllo Piemonte, deliberazione n. 119/2021/PAR e Veneto, deliberazione n. 18/2021/PAR), la disposizione recata dall'art. 4 della legge regionale in esame e' censurabile per violazione dell'art. 117, comma 3, della Costituzione, nella materia di legislazione concorrente del coordinamento della finanza pubblica, e del principio di buon andamento di cui all'art. 97 della Costituzione, nella parte in cui pone a carico della Regione il debito della procedura di liquidazione della societa' partecipata Sviluppo della Montagna Molisana S.p.a. 2) Art. 7, commi 5-14: illegittimita' per violazione dell'art. 81 Cost. per difetto di indicazione di copertura finanziaria. L' art. 7 («Modifiche di leggi regionali») della legge regionale n. 8/2022 cosi' dispone ai commi da 5 a 14: «5. La Regione, nel rispetto degli indirizzi generali per le attivita' di formazione di protezione civile, di cui all'art. 8 del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1, (Codice della protezione civile) promuove, organizza e indirizza la formazione e la diffusione della cultura di protezione civile in tutto il territorio regionale con l'aggiornamento continuo dei personale tecnico e amministrativo impegnato istituzionalmente nel settore della protezione civile, degli amministratori locali, nonche' dei volontari delle organizzazioni iscritte nell'Elenco territoriale regionale del volontariato di protezione civile. 6. Per le finalita' di cui al comma 5, e' istituita, presso il Consiglio regionale, la Scuola regionale di protezione civile (SRPC). 7. La Scuola regionale di protezione civile svolge le sue attivita' formative presso la sede del Servizio regionale di protezione civile di Campochiaro e presso i locali del Consiglio regionale. 8. La Scuola regionale di protezione civile si avvale del supporto di un Comitato tecnico scientifico composto da cinque esperti che hanno maturato conoscenze e professionalita' nel settore della protezione civile. 9. Il Consiglio regionale nomina i componenti del Comitato tecnico scientifico. Il Comitato tecnico scientifico elegge al suo interno il presidente. 10. I componenti del Comitato tecnico scientifico non percepiscono alcun compenso. 11. Al fine di favorire l'interazione con il settore del volontariato e con gli operatori impegnati nel settore della protezione civile, il Presidente del Consiglio regionale promuove incontri e riunioni per raccogliere le istanze formative provenienti dai soggetti di cui al comma 5 e, delle stesse, riferisce al Comitato tecnico scientifico di cui al comma 8. 12. Il Comitato tecnico scientifico contribuisce alla definizione degli obiettivi formativi e delle attivita' svolte dalla Scuola regionale di protezione civile. 13. La Scuola regionale di protezione civile svolge i seguenti compiti: a) promuove e organizza, anche mediante l'eventuale coinvolgimento, previa intesa e a titolo gratuito, del corpo nazionale dei vigili del fuoco o anche delle strutture operative e dei soggetti concorrenti di cui all'art. 13 del decreto legislativo n. 1/2018, percorsi formativi per la preparazione, l'aggiornamento, l'addestramento, la formazione specialistica nelle materie della protezione civile e dell'emergenza; b) promuove la diffusione della cultura di protezione civile, la sensibilizzazione e l'educazione civica in materia di protezione civile, portando a conoscenza della collettivita', degli enti pubblici e privati e dei tecnici interessati, i comportamenti necessari per mitigare i rischi, affrontare i medesimi, porre in essere misure di autoprotezione e ridurne gli effetti dannosi. 14. I compiti della Scuola regionale di protezione civile e del Comitato tecnico scientifico sono specificati con delibera dell'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale entro novanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge». Le disposizioni in esame, riguardanti l'istituzione, presso il Consiglio regionale, della Scuola regionale di protezione civile (SRPC), comportano nuovi e maggiori oneri non quantificati, a fronte dei quali non e' indicata la correlata fonte di finanziamento. In assenza di indicazioni nel testo normativo e non essendo pervenuti i chiarimenti richiesti alla regione circa la copertura finanziaria della norma, l'articolo si appalesa illegittimo in quanto si pone in violazione dell'art. 81, terzo comma, della Costituzione, trattandosi di una norma suscettibile di comportare oneri non quantificati e privi di copertura finanziaria. Ai sensi del citato art. 81, comma, 3 Cost. infatti, ogni disposizione legislativa che importi nuovi o maggiori oneri deve indicare i mezzi per farvi fronte; «il principio in esame, in quanto presidio degli equilibri di finanza pubblica, "opera direttamente, a prescindere dall'esistenza di norme interposte, sostanziandosi in una vera e propria clausola generale in grado di colpire tutti gli enunciati normativi causa di effetti perturbanti la sana gestione finanziaria e contabile. Pertanto, il sindacato di costituzionalita' sulle modalita' di copertura finanziaria delle spese coinvolge direttamente il precetto costituzionale, a prescindere dalle varie declinazioni dello stesso, nel volgere del tempo» (sentenza n. 244 del 2020). Ai sensi dell'art. 19 della legge n. 196 del 2009 «le leggi e i provvedimenti che comportano oneri, anche sotto forma di minori entrate, a carico dei bilanci delle amministrazioni pubbliche devono contenere la previsione dell'onere stesso e l'indicazione della copertura finanziaria riferita ai relativi bilanci, annuali e pluriennali». La predetta disposizione, «specificativa, in particolare, del precetto di cui all'art. 81, terzo comma, della Costituzione, prescrive, anche nei confronti delle Regioni, la previa quantificazione della spesa o dell'onere quale presupposto della copertura finanziaria, "per l'evidente ragione che non puo' essere assoggettata a copertura un'entita' indefinita"» (v., ex plurimis, sentenze n. 235 del 2020, n. 147 del 2018, n. 181 del 2013). Tale quantificazione deve rispettare la fondamentale esigenza di chiarezza e solidita' di bilancio cui l'art. 81 Cost. si ispira e a cui il legislatore regionale non puo' sottrarsi, ragion per cui la copertura di nuove spese deve essere credibile, sufficientemente sicura, non arbitraria o irrazionale e in equilibrato rapporto con la spesa che si intende effettuare in esercizi futuri. La giurisprudenza della Corte ha peraltro precisato che le citate disposizioni statali sono meramente specificative del principio dell'equilibrio di bilancio, sicche' questo opera direttamente, a prescindere da norme interposte (sentenze n. 244 del 2020 e n. 26 del 2013 e, da ultimo, sentenza n. 124/2022). 3) Art. 7, comma 18: illegittimita' per violazione dell'art. 3 della Costituzione e del principio di ragionevolezza; dell'art. 117, comma secondo, lettera s), Cost., in quanto norma incidente sulla pianificazione paesaggistica, con invasione della competenza legislativa esclusiva dello Stato, attuata dagli articoli 135, 143 e 145 del decreto legislativo n. 42/2004 e successive modificazioni ed integrazioni - Codice dei beni culturali e del paesaggio - (norme interposte); dell'art. 9 della Costituzione. L'art. 7 («Modifiche di leggi regionali») della legge regionale n. 8/2022 cosi' dispone al comma 18: «Nelle fasce di rispetto di tutte le zone e di tutte le aree di piano, in presenza di opere gia' realizzate e ubicate tra l'elemento da tutelare e l'intervento da realizzare, quest'ultimo e' ammissibile previa V. A. per il tematismo che ha prodotto la fascia di rispetto, purche' lo stesso intervento non ecceda, in proiezione ortogonale, le dimensioni delle opere preesistenti o sia compreso in un'area circoscritta nel raggio di mt. 50 dal baricentro di insediamenti consolidati preesistenti». Si precisa preliminarmente che, tenuto conto della non chiara formulazione della disposizione con l'impossibilita' di attribuirle un preciso significato, veniva chiesto alla Regione di fornire chiarimenti sul significato da attribuire a talune espressioni contenute nella norma, tenuto conto del fatto che l'imprecisione del testo e la totale assenza di riferimenti normativi nell'ambito dello stesso la rendevano non intellegibile. In particolare, veniva rappresentato che: «[...] dal tenore della previsione non appare possibile ricavare a quale tipologia di "piano" si faccia riferimento, ne' cosa debba intendersi per "opere gia' realizzate e ubicate tra l'elemento da tutelare e l'intervento da realizzare ". Non risulta, altresi', chiarito il significato da attribuire al termine "tematismo", ne' tantomeno se "VA." sia utilizzato come acronimo della valutazione di impatto ambientale o della valutazione ambientale strategica o di entrambe». In riscontro a tali osservazioni, nell'ambito delle proprie controdeduzioni, la regione rappresentava che: «[...] a chiarimento di quanto proposto con l'emendamento di cui all'art. 7, comma 18 della legge in esame, si evidenzia che le novita' legislative si riferiscono al Piano paesistico regionale e che le opere ritenute ammissibili sono quelle che vanno a collocarsi in territori gia' "contaminati" da fabbricati, in presenza di opere gia' realizzate. Nello specifico, le opere di cui si intende consentire la realizzazione sono quelle che, seppur previste nelle cd fasce di rispetto", sono progettate in maniera tale che la percezione visiva e di impatto delle stesse siano mitigate dalla proiezione ortogonale del manufatto: ove, cioe', tra l'elemento oggetto di tutela e il nuovo fabbricato vi siano gia' dei manufatti allineati sulla medesima proiezione e che comunque l'area oggetto di intervento ospiti gia' degli insediamenti consolidati. In ogni caso, e' sempre fatta salva la Valutazione Ambientale riferita al vincolo esistente sul lotto, che ha originato l'applicazione della fascia di rispetto». Tanto premesso, anche in ordine agli elementi di chiarimento pervenuti, l'articolo in esame presenta profili di illegittimita' costituzionale. In particolare emerge come l'art. 7, comma 18, de quo, introduca nell'ordinamento una disposizione dal significato non intellegibile, in aperto contrasto con il canone della ragionevolezza, imposto dal rispetto dell'art. 3 della Costituzione. Invero, pur avendo la regione fornito taluni chiarimenti, gli stessi non appaiono idonei a superare le incertezze interpretative derivanti dalla norma, nell'ambito della quale si registra l'utilizzo di espressioni vaghe e suscettibili di varie interpretazioni, in aperto contrasto con il canone della ragionevolezza. La disposizione definisce il proprio ambito di applicazione con riferimento alle «fasce di rispetto di tutte le zone e di tutte le aree di piano», senza chiarire di che piani si tratti (se territoriali, urbanistici o di settore) e a quali «fasce di rispetto» si sia inteso fare riferimento. Come noto, infatti, le fasce di rispetto sono poste a tutela di beni della piu' varia natura, essendo previste, ad esempio, a tutela degli ambiti cimiteriali, come anche delle strade, oppure di beni sottoposti a vincoli di diversa tipologia. Ovviamente, la diversa natura delle fasce di rispetto comporta anche una differenziazione del relativo regime, che e' posto a presidio degli specifici interessi che ne hanno giustificato l'imposizione. Con riguardo a tali, non meglio precisate, «fasce di rispetto», previste da altrettanto imprecisati «piani», la disposizione fa riferimento all'ammissibilita' di indeterminati «interventi», subordinandoli a una condizione del tutto incomprensibile, ossia la «previa V.A. per il tematismo che ha prodotto la fascia di rispetto, purche' lo stesso intervento non ecceda, in proiezione ortogonale, le dimensioni delle opere preesistenti o sia compreso in un'area circoscritta nel raggio di mt. 50 dal baricentro di insediamenti consolidati preesistenti». Come sopra accennato, non risulta possibile comprendere cosa si intenda il legislatore regionale per «V.A.» (se valutazione ambientale o altro; e, ove fosse il primo il senso dell'acronimo, non si comprende si sta parlando di «valutazione di impatto ambientale», di «valutazione ambientale strategica», o di altro ancora) e per «tematismo che ha prodotto la fascia di rispetto». Ancora piu' oscuro, poi, e' il riferimento alla condizione che «lo stesso intervento non ecceda, in proiezione ortogonale, le dimensioni delle opere preesistenti o sia compreso in un'area circoscritta nel raggio di mt. 50 dal baricentro di insediamenti consolidati preesistenti». Per quanto sopra, la previsione normativa non puo' essere compresa e, conseguentemente, applicata dai consociati. Nel caso in esame, non ricorre neppure «la possibilita' obiettiva di piu' interpretazioni diverse, in un certo senso equivalenti l'una all'altra, e tutte ugualmente plausibili secondo il canone dell'interpretazione costituzionalmente orientata (...)» (cfr. ordinanza n. 197 del 29 giugno 2018 del CGA per la Regione Siciliana), bensi' l'assoluta inconoscibilita' del testo normativo, il quale risulta percio' manifestamente irragionevole e, quindi, in contrasto con il fondamentale canone di cui all'art. 3 della Costituzione. Com'e' noto, dall'art. 3 della Costituzione si desume un canone di razionalita' della legge rintracciato nell'esigenza di conformita' dell'ordinamento a valori di giustizia e di equita' ed a criteri di coerenza logica, teleologica e storico-cronologica, che costituisce un presidio contro l'eventuale manifesta irrazionalita' o iniquita' delle conseguenze della stessa (ex multis, sentenze n. 87 del 2012, n. 421 del 1991, n. 46 del 1993, n. 81 del 1992). Il legislatore regionale si e' posto, pertanto, al di fuori del perimetro tracciato dai principi costituzionali, che impongono la coerenza logica, teleologica e storico-cronologica, delle leggi, anche di quelle regionali. Per tali motivi, l'art. 7, comma 18 della legge regionale in oggetto e' da ritenersi illegittimo per violazione dell'art. 3 della Costituzione. La disposizione in esame si pone, altresi', in contrasto con l'art. 117, comma secondo, lettera s), Cost., poiche' incide sulla pianificazione paesaggistica, con invasione della competenza legislativa esclusiva dello Stato, attuata dagli articoli 135, 143 e 145 del decreto legislativo n. 42/2004 e successive modificazioni ed integrazioni - Codice dei beni culturali e del paesaggio - norme interposte -. Dalle spiegazioni offerte dalla regione e sopra riportate, anch'esse decisamente non chiare, sembra infatti emergere che il legislatore regionale abbia voluto consentire la realizzazione di opere (imprecisate) all'interno delle fasce di rispetto individuate dal Piano paesistico regionale, fatta salva la «Valutazione Ambientale riferita al vincolo esistente sul lotto, che ha originato l'applicazione della fascia di rispetto», e purche' tali opere siano «progettate in maniera tale che la percezione visiva e di impatto delle stesse siano mitigate dalla proiezione ortogonale del manufatto». L'obiettivo della norma (ferma restando, va ribadito, la scarsa intellegibilita' della disposizione) sembrerebbe quello di consentire, nei casi confusamente descritti, la realizzazione di trasformazioni edificatorie non consentite dal Piano paesistico regionale. Gli interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia sono dunque collocati al di fuori del necessario quadro di riferimento, che dovrebbe essere costituito dalle previsioni del piano paesaggistico, ai sensi degli articoli 135, 143 e 145 del Codice di settore. Soltanto a quest'ultimo strumento spetta infatti di individuare la tipologia delle trasformazioni compatibili e di quelle vietate, nonche' le condizioni delle eventuali trasformazioni. Al contrario, la disposizione in esame appare volta a introdurre nell'ordinamento regionale una disposizione derogatoria in tema di pianificazione paesaggistica, che agevola la trasformazione edificatoria del territorio, con il conseguente grave abbassamento del livello della tutela del paesaggio, in violazione anche dell'art. 9 della Costituzione, che sancisce la rilevanza della tutela del paesaggio quale interesse primario e assoluto (sentenza n. 367 del 2007). Il legislatore nazionale, nell'esercizio della potesta' legislativa esclusiva in materia, ha assegnato al piano paesaggistico una posizione di assoluta preminenza nel contesto della pianificazione territoriale. Gli articoli 143, comma 9, e 145, comma 3, del Codice di settore sanciscono infatti l'inderogabilita' delle previsioni del predetto strumento da parte di piani, programmi e progetti nazionali o regionali di sviluppo economico e la loro cogenza rispetto agli strumenti urbanistici, nonche' l'immediata prevalenza del piano paesaggistico su ogni altro atto della pianificazione territoriale e urbanistica (cfr., ex multis, sentenza n. 180 del 2008). Come la Corte ha chiarito di recente «l'art. 145 del decreto legislativo n. 42 del 2004, dedicato al "coordinamento della pianificazione paesaggistico con altri strumenti di pianificazione", nel precisare, al comma 3, che le disposizioni dei piani paesaggistici sono comunque prevalenti su quelle contenute negli atti di pianificazione ad incidenza territoriale previsti dalle normative di settore, esprime il cosiddetto principio di prevalenza delle prime sulle seconde, che «deve essere declinato nel senso che al legislatore regionale e' impedito (...) adottare normative che deroghino o contrastino con norme di tutela paesaggistica che pongono obblighi o divieti, ossia con previsioni di tutela in senso stretto» (sentenza n. 141 del 2021; nello stesso senso, sentenza n. 74 del 2021)» (sentenza n. 261 del 2021). In applicazione dei suddetti principi, la Corte ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale di una disposizione legislativa della Regione Campania che prevedeva la deroga allo strumento di pianificazione territoriale con valenza paesaggistica vigente nella predetta Regione. In particolare, la Corte ha rimarcato che: «le disposizioni censurate, nel consentire di derogare al PUT nella parte in cui esso non prevede limiti di inedificabilita' assoluta, contravvengono al principio di prevalenza gerarchica del piano paesaggistico su tutti gli altri strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica, ponendosi, cosi', in contrasto con il parametro interposto evocato dal remittente. Il legislatore campano ha infatti assegnato la definizione del relativo regime all'ordine della disciplina urbanistica, finendo in tal modo per degradare "la tutela paesaggistico da valore unitario prevalente a mera esigenza urbanistica" (sentenza n. 11 del 2016) e percio', per compromettere quell'impronta unitaria della pianificazione urbanistica che la normativa statale ha invece assunto a valore imprescindibile, "ponendola al riparo dalla pluralita' e dalla parcellizzazione degli interventi delle amministrazioni locali" (sentenza n. 74 del 2020)» (cosi' ancora la sentenza n. 261 del 2021). Alla luce di tutto quanto sopra, l'art. 7, comma 18 della legge regionale in oggetto e' lesivo dell'art. 3 della Costituzione, per manifesta violazione del principio di ragionevolezza della legge; dell'art. 117, comma secondo, lettera s), Cost., poiche' incide sulla pianificazione paesaggistica, con invasione della competenza legislativa esclusiva dello Stato, attuata dagli articoli 135, 143 e 145 del decreto legislativo 42/2004 e successive modificazioni ed integrazioni Codice dei beni culturali e del paesaggio; dell'art. 9 della Costituzione, in quanto agevola la trasformazione edificatoria del territorio con il conseguente grave abbassamento del livello della tutela del paesaggio. 4) Art. 11: illegittimita' per violazione dell'art. 81, terzo comma, Cost. (per mancata copertura finanziaria anche in relazione all'art. 17, legge n. 196/2009 - norma interposta -); dell'art. 97, primo comma, Cost. (per violazione del principio dell'equilibrio di bilancio delle pubbliche amministrazioni); dell'art. 117, secondo comma, lettera e) (armonizzazione dei bilanci pubblici anche in relazione all'art. 38, decreto legislativo n. 118/2011 - norma interposta-) e lettera l) (ordinamento civile); dell'art. 97, quarto comma, Cost. (per violazione del principio del concorso pubblico per l'accesso all'impiego) nonche' dell'art. 119, primo comma Cost. (principi di coordinamento della finanza pubblica). L'art. 11 («Personale del servizio regionale di protezione civile») della legge regionale n. 8/2022 cosi' dispone: «In virtu' dell'alta specializzazione, viene autorizzata la Giunta regionale a procedere alla stabilizzazione del personale attualmente in servizio presso il Centro funzionale e presso la Sala operativa del servizio regionale di protezione civile, ovvero all'avvio di ogni procedura utile alla valorizzazione della professionalita' specifica maturata dal suddetto personale». Va preliminarmente ricordato come l'art. 20 del decreto legislativo n. 75/2017 preveda per le amministrazioni pubbliche la possibilita' di stabilizzare il personale non dirigenziale in possesso dei requisiti previsti di cui alle lettere a), b) e c) dello stesso art. 20, comma 1, in coerenza con il piano triennale dei fabbisogni, con l'indicazione della relativa copertura finanziaria, nonche' garantendo l'adeguato accesso dall'esterno. L'art. 33, commi 1, 1-bis, e 2 del decreto-legge n. 34/2019, convertito in legge n. 58/2019, ha introdotto per le regioni a statuto ordinario, le province e le citta' metropolitane ed i comuni, una nuova disciplina in materia di facolta' assunzionali basata sulla sostenibilita' finanziaria delle stesse, in sostituzione del precedente criterio fondato sul turn over, consentendo una maggiore flessibilita' per il reclutamento di personale. In tale modificato assetto normativo, le nuove assunzioni a tempo indeterminato sono correlate alla sostenibilita' finanziaria della spesa di personale in relazione a specifici valori soglia (differenziati per fascia demografica), del rapporto tra la spesa complessiva per tutto il personale (senza alcuna differenziazione tra le diverse modalita' di reclutamento e la diversa natura del rapporto: concorso, mobilita', tempo indeterminato, tempo determinato, ecc.) al lordo degli oneri riflessi a carico dell'amministrazione e la media delle entrate correnti relative agli ultimi tre rendiconti approvati, considerate al netto del fondo crediti di dubbia esigibilita' stanziato in bilancio di previsione. L'art. 11 della legge regionale in esame non indica il numero di unita' di personale potenzialmente interessate dall' intervento, il loro inquadramento economico e giuridico, la modalita' con cui si intende procedere al reclutamento, nonche' l'ambito normativo di riferimento nel rispetto del quale la prevista stabilizzazione di personale verrebbe operata. Nell'articolato, poi, non si rinviene alcuna disposizione di carattere finanziario recante la quantificazione degli oneri assunzionali conseguenti alla previsione in esame e l'indicazione della relativa copertura finanziaria. Sul punto, occorre ricordare che le spese di personale, che per loro natura assumono caratteristica di strutturalita', necessitano di una copertura finanziaria che ne assicuri la sostenibilita' finanziaria nel tempo senza determinare criticita' negli equilibri di bilancio degli enti. Al riguardo, va evidenziato che l'art. 81, terzo comma, Cost. prevede che «Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte». Oltre a cio', l'art. 97, primo comma, Cost. dispone che «Le pubbliche amministrazioni, in coerenza con l'ordinamento dell'Unione europea, assicurano l'equilibrio dei bilanci e la sostenibilita' del debito pubblico». In aggiunta, l'art. 119, prima comma, Cost. prescrive che «I Comuni, le Province, le Citta' metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa, nel rispetto dell'equilibrio dei relativi bilanci, e concorrono ad assicurare l'osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea». Inoltre l'art. 17 della legge n. 196 del 2009, al comma 1, elenca in modo tassativo le modalita' con cui assicurare la copertura finanziaria delle leggi che comportano nuove o maggiori spese, ossia l'utilizzo degli accantonamenti iscritti nei fondi speciali destinati alla copertura finanziaria di provvedimenti legislativi che si prevede siano approvati nel corso degli esercizi finanziari compresi nel bilancio pluriennale, la riduzione di precedenti autorizzazioni legislative di spesa, le modificazioni legislative che comportino nuove o maggiori entrate. Il successivo comma 3 stabilisce che le norme che comportino conseguenze finanziarie devono essere corredate da una relazione tecnica che dia contezza della quantificazione delle entrate e degli oneri recati da ciascuna disposizione, nonche' delle relative coperture. Infine, il comma 7 precisa che «... per le disposizioni legislative in materia pensionistica e di pubblico impiego, la relazione di cui al comma 3 contiene un quadro analitico di proiezioni finanziarie, almeno decennali, riferite all'andamento delle variabili collegate ai soggetti beneficiari e al comparto di riferimento...». Infine, a completamento del quadro normativo in subiecta materia delineato, si segnala che il decreto legislativo n. 118 del 2011 - recante «Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42», all'art. 38 - posto a disciplinare, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera e) Cost., l'armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle regioni - dispone: «1. Le leggi regionali che prevedono spese a carattere continuativo quantificano l'onere annuale previsto per ciascuno degli esercizi compresi nel bilancio di previsione e indicano l'onere a regime ovvero, nel caso in cui non si tratti di spese obbligatorie, possono rinviare le quantificazioni dell'onere annuo alla legge di bilancio. 2. Le leggi regionali che dispongono spese a carattere pluriennale indicano l'ammontare complessivo della spesa, nonche' la quota eventualmente a carico del bilancio in corso e degli esercizi successivi. La legge di stabilita' regionale puo' annualmente rimodulare le quote previste per ciascuno degli anni considerati nel bilancio di previsione e per gli esercizi successivi, nei limiti dell'autorizzazione complessiva di spesa». Cio' posto, va rilevato che tutti gli adempimenti e gli elementi sopra richiamati non risultano essere stati predisposti a corredo della norma de qua. Difatti, la norma in esame, nell'autorizzare la stabilizzazione del personale attualmente in servizio presso il Centro funzionale e presso la Sala operativa del servizio regionale di protezione civile, omette di indicare la relativa copertura finanziaria prescritta ai sensi della normativa statale summenzionata. Conseguentemente, l'omissione - come sopra qualificata - si pone in contrasto con gli articoli 81, 97, 117, secondo comma, lettera e) - in virtu' della violazione della normativa interposta di cui all'art. 38 del decreto legislativo n. 118 del 2011 - e 119 Cost. Sul punto, come da consolidato orientamento della Corte, dal punto di vista della copertura finanziaria e dell'omissione della previsione degli oneri, e' ormai chiarito che «[...] la mancata considerazione degli oneri vale a rendere la legge costituzionalmente illegittima per mancanza di copertura non soltanto per spese obbligatorie, ma anche se si tratta di oneri solo "ipotetici", in quanto l'art. 81 Cost. "impone che, ogniqualvolta si introduca una previsione legislativa che possa, anche solo in via ipotetica, determinare nuove spese, occorr[e] sempre indicare i mezzi per farvi fronte"...» (ex multis, sentenze n. 155 del 2022, n. 163 del 2020 e n. 307 del 2013). Pertanto «[...] devono essere dichiarate costituzionalmente illegittime quelle leggi in cui "l'individuazione degli interventi e la relativa copertura finanziaria, e' stata effettuata dal legislatore regionale in modo generico e risulta priva di quella chiarezza finanziaria minima richiesta dalla costante giurisprudenza di questa Corte in riferimento all'art. 81 Cost."» (ex multis, sentenze n. 155 del 2022 e n. 227 del 2019). Infine, in ordine all'equilibrio finanziario, e' stato piu' volte ribadito che questo «presuppone che ogni intervento programmato sia sorretto dalla previa individuazione delle pertinenti risorse: nel sindacato di costituzionalita' copertura finanziaria ed equilibrio integrano "una clausola generale in grado di operare pure in assenza di norme interposte quando l'antinomia [con le disposizioni impugnate] coinvolga direttamente il precetto costituzionale" [...] (sentenza n. 184 del 2016)» (sentenze n. 155 del 2022 e n. 274 del 2017). Sotto altro profilo, come sopra accennato, dalla formulazione della disposizione in esame non e' dato desumere se le stabilizzazioni di cui trattasi avverranno in accordo con la normativa statale sul punto, con quella riguardante la programmazione delle assunzioni, oltreche' del principio del concorso pubblico, con conseguente violazione dell'art. 97 della Costituzione. In tema di stabilizzazione del personale c.d. precario va poi ricordato come la Corte abbia piu' volte qualificato le norme statali in materia come principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, poiche' si ispirano alla finalita' del contenimento della spesa pubblica nello specifico settore del personale (ex plurimis, sentenze n. 310, n. 108, n. 69 e n. 68 del 2011; n. 51 del 2012; n. 277/2013; n. 231/2017; n. 194/2020). Piu' nello specifico, la Corte «ha riconosciuto come principi di coordinamento della finanza pubblica le disposizioni statali che stabiliscono limiti e vincoli al reclutamento del personale delle amministrazioni pubbliche ovvero relative alla stabilizzazione del personale precario, in quanto incidono sul rilevante aggregato di finanza pubblica costituito dalla spesa per il personale» (sentenze n. 277 e n. 18 del 2013, n. 148 e n. 139 del 2012; n. 251 del 2020). La disposizione regionale in questione e' altresi' violativa delle prerogative statali siccome riconducibile alla materia dell'ordinamento civile, di competenza esclusiva dello Stato, ai sensi dell'art. 117, comma 2, lettera l) Cost. posto che la norma regionale incide sulla regolamentazione del rapporto precario (in particolare, sugli aspetti connessi alla sua durata) e determina, al contempo, la costituzione di altro rapporto giuridico (il rapporto di lavoro a tempo indeterminato, destinato a sorgere proprio per effetto della stabilizzazione). In tale prospettiva codesta Corte ha avuto modo di chiarire che la disciplina della fase costitutiva del contratto di lavoro, cosi' come quella del rapporto sorto per effetto dello stesso, si realizzano mediante la stipulazione di un contratto di diritto privato e, pertanto, appartengono alla materia dell'ordinamento civile (ex multis sentenze n. 324 del 2010 e n. 69 del 2011). Alla luce di tutto quanto sopra e per i motivi ivi indicati, l'articolo in esame e' pertanto da ritenersi illegittimo per violazione dell'art. 81, terzo comma (copertura finanziaria), dell'art. 97, primo comma, (principio dell'equilibrio di bilancio delle pubbliche amministrazioni), dell'art. 117, secondo comma, lettera e) (armonizzazione dei bilanci pubblici) e lettera l) (ordinamento civile), dell'art. 97, quarto comma della Costituzione (principio della necessita' del pubblico concorso per l'accesso all'impiego pubblico) nonche' dell'art. 119, primo comma della Costituzione (principi di coordinamento della finanza pubblica). (1) Ai sensi dell'art. 14 decreto legislativo n. 175/2016 «Crisi d'impresa di societa' a partecipazione pubblica». 1. Le societa' a partecipazione pubblica sono soggette alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo, nonche', ove ne ricorrano i presupposti, a quelle in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza di cui al decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, e al decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39. 2. Qualora emergano, nell'ambito dei programmi di valutazione del rischio di cui all'art. 6, comma 2, uno o piu' indicatori di crisi aziendale, l'organo amministrativo della societa' a controllo pubblico adotta senza indugio i provvedimenti necessari al fine di prevenire l'aggravamento della crisi, di correggerne gli effetti ed eliminarne le cause, attraverso un idoneo piano di risanamento. 3. Quando si determini la situazione di cui al comma 2, la mancata adozione di provvedimenti adeguati, da parte dell'organo amministrativo, costituisce grave irregolarita' ai sensi dell'art. 2409 del codice civile. 4. Non costituisce provvedimento adeguato, ai sensi dei commi 1 e 2, la previsione di un ripianamento delle perdite da parte dell'amministrazione o delle amministrazioni pubbliche socie, anche se attuato in concomitanza a un aumento di capitale o ad un trasferimento straordinario di partecipazioni o al rilascio di garanzie o in qualsiasi altra forma giuridica, a meno che tale intervento sia accompagnato da un piano di ristrutturazione aziendale, dal quale risulti comprovata la sussistenza di concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico delle attivita' svolte, approvato ai sensi del comma 2, anche in deroga al comma 5. 5. Le amministrazioni di cui all'art. 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, non possono, salvo quanto previsto dagli articoli 2447 e 2482-ter del codice civile, sottoscrivere aumenti di capitale, effettuare trasferimenti straordinari, aperture di credito, ne' rilasciare garanzie a favore delle societa' partecipate, con esclusione delle societa' quotate e degli istituti di credito, che abbiano registrato, per tre esercizi consecutivi, perdite di esercizio ovvero che abbiano utilizzato riserve disponibili per il ripianamento di perdite anche infrannuali. Sono in ogni caso consentiti i trasferimenti straordinari alle societa' di cui al primo periodo, a fronte di convenzioni, contratti di servizio o di programma relativi allo svolgimento di servizi di pubblico interesse ovvero alla realizzazione di investimenti, purche' le misure indicate siano contemplate in un piano di risanamento, approvato dall'Autorita' di regolazione di settore ove esistente e comunicato alla Corte dei conti con le modalita' di cui all'art. 5, che contempli il raggiungimento dell'equilibrio finanziario entro tre anni. Al fine di salvaguardare la continuita' nella prestazione di servizi di pubblico interesse, a fronte di gravi pericoli per la sicurezza pubblica, l'ordine pubblico e la sanita', su richiesta della amministrazione interessata, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con gli altri Ministri competenti e soggetto a registrazione della Corte dei conti, possono essere autorizzati gli interventi di cui al primo periodo del presente comma. 6. Nei cinque anni successivi alla dichiarazione di fallimento di una societa' a controllo pubblico titolare di affidamenti diretti, le pubbliche amministrazioni controllanti non possono costituire nuove societa', ne' acquisire o mantenere partecipazioni in societa', qualora le stesse gestiscano i medesimi servizi di quella dichiarata fallita.
P.Q.M. Si chiede che l'ecc.ma Corte voglia dichiarare costituzionalmente illegittimi, e conseguentemente annullare, per i motivi sopra specificati, gli articoli 4, 7, commi 5-14, 7, comma 18, e 11 della legge della Regione Molise n. 8 del 24 maggio 2022, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Molise n. 26 del 25 maggio 2022, recante «Legge di stabilita' regionale anno 2022». Con l'originale notificato del ricorso di depositera' l'estratto della delibera del Consiglio dei ministri 21 luglio 2022. Roma, 25 luglio 2022 Il Vice Avvocato generale dello Stato: De Bellis L'Avvocato dello Stato: Peluso