N. 62 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 3 ottobre 2022

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 3 ottobre  2022  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Impiego pubblico - Stabilizzazione  di  personale  precario  -  Norme
  della Regione Molise - Assunzioni a tempo indeterminato e procedure
  selettive - Previsione che, a  tal  fine,  gli  enti  del  Servizio
  sanitario regionale procedono preliminarmente, entro il 31 dicembre
  2022, a una ricognizione dei fabbisogni del  personale,  anche  nel
  periodo pandemico - Applicazione del  CCNL  dell'ambito  sanitario,
  aggiornando, anche in deroga, il piano triennale del fabbisogno del
  personale - Applicazione delle previsioni di legge sulle  procedure
  di reclutamento anche al personale  contrattualizzato  a  qualunque
  titolo del ruolo sanitario, tecnico ed amministrativo,  selezionato
  attraverso prove selettive per titoli e/o colloquio,  e  che  abbia
  maturato o che maturera', alla data del 31 dicembre 2022, i 18 mesi
  previsti dalla legge n. 234 del 2021. 
- Legge della Regione Molise 4 agosto 2022,  n.  13  (Stabilizzazione
  del personale sanitario precario,  in  attuazione  della  legge  30
  dicembre 2021, n. 234), intero testo. 
(GU n.42 del 19-10-2022 )
    Ricorso  ai  sensi  dell'art.  127  della  Costituzione  per   il
Presidente del Consiglio  dei  ministri  (c.f.  n.  80188230587),  in
persona del Presidente del  Consiglio  pro-tempore,  rappresentato  e
difeso in virtu' di legge dall'Avvocatura generale dello Stato  (fax:
06/96514000; pec: ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it), presso  i  cui
uffici e' legalmente domiciliato in Roma, alla via dei Portoghesi  n.
12; 
    Contro la Regione Molise (c.f. n. 00169440708),  in  persona  del
Presidente  pro-tempore  della  Giunta   regionale,   con   sede   in
Campobasso, alla via Genova n. 11, e con domicilio digitale presso il
seguente  indirizzo  di  posta  elettronica  certificata  tratto  dal
registro  «IPA»:  regionemolise@cert.regione.molise.it   -   per   la
declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale  della  legge  della
Regione Molise 4  agosto  2022,  n.  13,  pubblicata  nel  Bollettino
Ufficiale Regionale n. 41 del 5 agosto 2022, giusta deliberazione del
Consiglio dei ministri assunta nella seduta del giorno  28  settembre
2022. 
    Premesse di fatto sul Bollettino Ufficiale della  Regione  Molise
n. 41 del 5 agosto 2022 e' stata pubblicata la legge regionale n.  13
del  4  agosto  2022,  intitolata  «Stabilizzazione   del   personale
sanitario precario, in attuazione della legge 30  dicembre  2021,  n.
234». 
    In particolare, l'art. 1 di tale  legge  dispone  che:  «Ai  fini
dell'attuazione dell'art. 1, comma 268, lettera b) e c), della  legge
30 dicembre 2021 n. 234  (Bilancio  di  previsione  dello  Stato  per
l'anno finanziario  2022  e  bilancio  pluriennale  per  il  triennio
2022-2024)  e  successive  modificazioni,  gli  enti   del   Servizio
sanitario regionale procedono preliminarmente, entro il  31  dicembre
2022, ad una ricognizione dei fabbisogni  del  personale,  anche  nel
periodo  pandemico,  ed  applicano  il  CCNL-  dell'ambito  sanitario
aggiornando, anche in deroga, il piano triennale del  fabbisogno  del
personale, applicando le  previsioni  di  legge  anche  al  personale
contrattualizzato a qualunque titolo del ruolo sanitario, tecnico  ed
amministrativo, selezionato attraverso prove selettive per titoli  e/
o colloquio, e che abbia maturato o che maturera' alla  data  del  31
dicembre 2022 i diciotto mesi previsti dalla legge n. 234/2021». 
    Ebbene, le suddette prescrizioni  si  pongono  in  contrasto  con
diversi  parametri   costituzionali,   eccedendo   dalle   competenze
legislative attribuite dalla Costituzione alle Regioni  ed  invadendo
quelle riservate allo Stato. 
    Segnatamente, esse si pongono in contrasto: 
      a) con l'art. 117, comma 2, lettera l) della Costituzione,  che
riserva allo Stato la potesta' legislativa esclusiva  in  materia  di
«ordinamento civile»; 
      b) con l'art. 117, comma 3, della Costituzione, nella parte  in
cui attribuisce allo Stato la competenza legislativa  concernente  la
determinazione dei principi fondamentali in materia di «coordinamento
della  finanza  pubblica»,  anche  in  relazione  al  «principio   di
copertura finanziatici delle leggi di spesa di cui all'art. 81, comma
3, della Costituzione; nonche', e) con l'art.  120,  comma  2,  della
Costituzione, laddove riconosce allo Stato il potere  di  sostituirsi
agli organi delle Regioni, quando lo richiedano la tutela dell'unita'
giuridica o economica della Repubblica e in particolare la tutela dei
livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti  civili  e
sociali, che devono essere garantiti in modo  uniforme  su  tutto  il
territorio nazionale. 
    Pertanto, la legge indicata in epigrafe viene  impugnata  con  il
presente ricorso ex art. 127 della  Costituzione,  affinche'  ne  sia
dichiarata l'illegittimita' costituzionale e ne  sia  pronunciato  il
conseguente annullamento per i seguenti 
 
                          Motivi di diritto 
 
    Al fine di illustrare le censure  indicate  in  premessa,  appare
necessario ricostruire  - sia  pure  sinteticamente -  la  disciplina
prevista dal legislatore statale per consentire  il  superamento  del
precariato  nell'ambito  degli  gli  enti  del   Servizio   sanitario
nazionale. 
    Nella materia de qua, lo Stato  e'  infatti  intervenuto  con  la
legge 30 dicembre 2021, n. 234, recante il  «Bilancio  di  previsione
dello Stato per l'anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il
triennio 2022-2024» e, nello specifico,  con  l'art.  1,  comma  268,
lettere b) e c). 
    La menzionata disposizione  statale  prevede  che,  «al  fine  di
rafforzare strutturalmente i servizi sanitari regionali anche per  il
recupero delle liste d'attesa e di consentire la valorizzazione della
professionalita' acquisita dal personale  che  ha  prestato  servizio
anche  durante  l'emergenza  da  COVID-19»,  gli  enti  del  Servizio
sanitario nazionale - nei limiti di spesa  consentiti  dall'art.  11,
comma 1, del decreto-legge 30 aprile 2019,  n.  35,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge  25  giugno  2019,  n.  60,  e  successive
modifiche ed integrazioni - possono: 
      1) assumere a tempo indeterminato, «in coerenza  con  il  piano
triennale dei fabbisogni, il personale del «ruolo  sanitario»  e  del
«ruolo sociosanitario», che sia stato reclutato a «tempo determinato»
mediante procedure concorsuali e che abbiano maturato «al  30  giugno
2022» almeno diciotto mesi di servizio (anche non  continuativi),  di
cui almeno sei nel periodo intercorrente tra il 31 gennaio 2020 e  il
30 giugno 2022 (lettera b); 
      2)  avviare -  «in  coerenza  con  il   piano   triennale   dei
fabbisogno» - procedure selettive per il reclutamento  del  personale
da impiegare nell'assolvimento delle  funzioni  relative  ai  servizi
appaltati   all'esterno   e    successivamente    «reinternalizzati»,
prevedendo la valorizzazione, anche attraverso una riserva  di  posti
non superiore al 50 per cento di quelli  disponibili,  del  personale
impiegato in mansioni  «sanitarie»  e  «socio-sanitarie»,  che  abbia
garantito assistenza ai pazienti in tutto il periodo compreso tra  il
31 gennaio 2020 e il 31 dicembre  2021  e  con  almeno  tre  anni  di
servizio (lettera c). 
    Ebbene, il legislatore regionale - pur dichiarando formalmente di
attuare le misure di stabilizzazione del personale precario  previste
dalla citata legislazione statale - ha sostanzialmente introdotto una
disciplina innovativa, in  evidente  contrasto  con  quella  adottata
dallo Stato. 
    Difatti, l'art. 1 della legge regionale impugnata prevede che gli
enti del Servizio sanitario regionale possono attuare le procedure di
reclutamento previste dall'art. 1, comma 268, lettere b) e c),  della
legge 30 dicembre 2021, n. 234, anche in deroga  al  piano  triennale
dei fabbisogni di  personale;  inoltre,  esso  dispone  espressamente
l'applicazione delle menzionate  disposizioni  statali  al  personale
contrattualizzato a qualunque titolo (non solo) del ruolo  sanitario,
(ma anche di quello) tecnico-amministrativo, incidendo  altresi'  sui
requisiti  concernenti  l'anzianita'  di  servizio   necessaria   per
accedere alle misure in esame. 
    Nel dettaglio, la norma censurata si pone in contrasto con quanto
previsto dal legislatore statale nell'art. 1, comma 268, lettera  b),
in quanto: 
      1) non prevede che le assunzioni a  tempo  indeterminato  siano
disposte dagli enti del Servizio sanitario regionale «in coerenza con
il piano triennale dei fabbisogni», anzi introduce  espressamente  la
possibilita' di derogare alle sue previsioni; 
      2)  estende  l'ambito   di   applicazione   della   misura   di
stabilizzazione  in  esame,  prevedendo  che  essa  si  applichi   al
personale contrattualizzato «a qualunque titolo»  e  non  soltanto  a
quello assunto mediante un contratto di lavoro a  tempo  determinato,
come espressamente previsto dal legislatore statale; 
      3) consente l'assunzione a tempo  indeterminato  non  solo  del
personale appartenente al  ruolo  sanitario  e  sociosanitario,  come
disposto dall'art. 1, comma 268, lettera b), della legge n.  234  del
2021,    ma    anche    di    quello    appartenente     al     ruolo
tecnico-amministrativo; 
      4) infine, incide sul  requisito  dell'anzianita'  di  servizio
necessaria per accedere alla misura di stabilizzazione,  prescrivendo
che tale requisito debba essere posseduto dal  personale  interessato
non alla data del 30 giugno 2022, come  previsto  dalla  legislazione
nazionale, ma a quella successiva del 31 dicembre 2022, senza neppure
precisare che almeno sei mesi di servizio debbano essere maturati nel
periodo intercorrente tra il 31 gennaio 2020 e il 30 giugno 2022. 
    La norma impugnata dichiara altresi' di  attuare  la  lettera  c)
dell'art. 1, comma 268, della legge n. 234 del 2021,  ma -  anche  in
questo caso - il legislatore regionale ha introdotto  una  disciplina
contrastante con quella nazionale, prevedendo la possibilita' per gli
enti in questione di avviare procedure selettive: 
      1) in deroga al piano triennale dei fabbisogni; 
      2) per il reclutamento, oltre che del personale appartenente al
ruolo sanitario e sociosanitario, anche  di  quello  appartenente  al
ruolo tecnico-amministrativo; e 
      3) senza richiamare - in ordine alla riserva di posti  prevista
dalla disposizione statale - i requisiti sull'anzianita' di  servizio
dalla stessa indicati. 
    Ricostruito in questi termini  il  contenuto  delle  disposizioni
regionali  censurate  ed  il  contesto  normativo  in  cui  esse   si
inseriscono,   appare   evidente   la   violazione   dei    parametri
costituzionali indicati in premessa. 
    Difatti, la  norma  regionale  impugnata  - nella  parte  in  cui
disciplina la stabilizzazione del personale  precario,  derogando  ai
criteri previsti dall'art. 1, comma 268, lettera b), della  legge  30
dicembre 2021, n. 234 - si pone anzitutto  in  contrasto  con  l'art.
117, comma 2, della Costituzione, che riserva in via  esclusiva  allo
Stato  l'esercizio  della  potesta'   legislativa   in   materia   di
«ordinamento civile». 
    Al riguardo, si evidenzia come codesta Ecc.ma Corte si  sia  gia'
pronunciata su una normativa similare  della  Regione  Siciliana  che
prevedeva la stabilizzazione del  personale  precario,  dichiarandone
l'illegittimita'   per   la   violazione   del   suddetto   parametro
costituzionale. 
    In particolare, nella sentenza n. 194 del 2020, si  e'  affermato
che «nel delineare i confini tra cio' che e' ascrivibile alla materia
«ordinamento civile»  e  cio'  che,  invece,  e'  riconducibile  alla
competenza legislativa residuale regionale, [...] sono da  ricondurre
alla  prima  «gli  interventi  legislativi  che  ...  dettano  misure
relative a rapporti lavorativi gia' in essere (ex multis, sentenze n.
251 e 186 del 2016 e n. 180 del 2015)» (sentenza n. 32  del  2017)  e
rientrano,  invece  nella  seconda,  «i   profili   pubblicistico   -
organizzativi dell'impiego pubblico regionale» (sentenze n.  241  del
2018 e n. 149 del 2012; nello stesso senso, sentenze n. 191 del  2017
e n. 63 del 2012)». 
    Nella medesima sentenza, si e' quindi escluso che  ricorresse  la
competenza  legislativa  esclusiva  dello   Stato   in   materia   di
«ordinamento civile» soltanto nei casi  in  cui  la  norma  impugnata
esaurisca i propri effetti «nella  fase  anteriore  all'instaurazione
del contratto di lavoro» e incida «in modo diretto sul  comportamento
delle amministrazioni nell'organizzazione delle proprie risorse umane
e solo in via riflessa ed eventualmente sulle posizioni soggettive». 
    Pertanto,  si  e'  chiarito  che  «deve  ritenersi  integrata  la
violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera 1), Cost., quando la
disciplina regionale,  consentendo  la  trasformazione  di  contratti
precari di lavoratori in rapporti di lavoro  a  tempo  indeterminato,
incide sulla regolamentazione del rapporto precario gia' in  atto  e,
in particolare, sugli aspetti connessi alla durata  del  rapporto,  e
determina, al contempo, la costituzione di altro rapporto  giuridico,
ovvero il rapporto di  lavoro  a  tempo  indeterminato,  destinato  a
sorgere proprio per effetto della stabilizzazione» (enfasi aggiunte). 
    In estrema sintesi, da tali principi, si desume la regola per  la
quale e' preclusa l'introduzione nell'ordinamento regionale  di  ogni
forma  di  stabilizzazione  del  personale  precario,  che  non   sia
sussumibile entro le previsioni gia' recate a livello  nazionale  dal
legislatore  statale.  Ebbene,  nel  caso  di  specie,  si  e'   gia'
ampiamente illustrato come la procedura di stabilizzazione introdotta
dalla Regione  Molise  si  discosti  sensibilmente  dalle  previsioni
statali contenute nell'art. 1, comma 268, lettere b), della legge  30
dicembre 2021, n. 234; 
    pertanto, analogamente al caso  gia'  deciso  da  codesta  Ecc.ma
Corte,  anche  nella  presente  fattispecie  ricorre  una  violazione
dell'art. 117, comma 2, lett. 1), della Costituzione. 
    In secondo luogo,  la  norma  impugnata  -  nella  parte  in  cui
disciplina la stabilizzazione del personale precario e l'espletamento
di procedure selettive per il reclutamento di dipendenti da destinare
ai «servizi reinternalizzati», in deroga ai requisiti previsti  dalle
lettere b) e c) dell'art. 1, comma 268, della citata legge statale  -
si pone  altresi'  in  contrasto  con  l'art.  117,  comma  3,  della
Costituzione,  laddove  riserva  allo  Stato  la  determinazione  dei
principi fondamentali in  materia  di  «coordinamento  della  finanza
pubblica». 
    Ed invero, codesta Ecc.ma Corte ha gia' da tempo rilevato come le
disposizioni  statali  che   stabiliscono   limiti   e   vincoli   al
reclutamento del personale nelle amministrazioni  pubbliche,  nonche'
quelle  relative  alla  stabilizzazione   del   personale   precario,
costituiscano «principi  di  coordinamento  della  finanza  pubblica»
(cfr., explurimis, sentenza n. 1 del 2018). 
    Si tratta, infatti, di disposizioni che  incidono  sul  rilevante
aggregato  di  finanza  pubblica  costituito  dalla  «spesa  per   il
personale», ponendo obiettivi di contenimento di detta spesa che,  in
quanto tali, si impongono anche al legislatore regionale. 
    A  quest'ultimo,  dunque,  resta  preclusa  la  possibilita'   di
adottare una normativa di dettaglio  che -  contrastando  con  quella
statale - possa pregiudicare il raggiungimento dei suddetti obiettivi
stabiliti dal legislatore nazionale (cfr. sentenza n. 251 del 2020). 
    Ebbene, come sopra illustrato, la legge impugnata  non  solo  non
prevede il puntuale rispetto delle pertinenti  disposizioni  statali,
ma introduce espressamente delle deroghe che - ampliando le  facolta'
assunzionali degli enti del Servizio sanitario  regionale -  incidono
negativamente sul menzionato aggregato di finanza pubblica. 
    Il  legislatore  statale,  in  effetti,   nel   disciplinare   la
stabilizzazione del personale sanitario  «precario»  (art.  1,  comma
268, lettera b)  e  l'avvio  di  nuove  procedure  selettive  per  il
reclutamento  dei   dipendenti   da   destinare   ai   cd.   «servizi
reinternalizzato (art. 1, comma 268, lettera c), ha anche  introdotto
dei vincoli e dei limiti stringenti, ai quali la Regione  Molise  non
si e' attenuta, laddove ha previsto la possibilita' per gli  enti  in
esame: 
      a) di derogare al piano triennale dei fabbisogni; 
      b)  di  reclutare  anche  personale   appartenente   al   ruolo
tecnico-amministrativo; 
      c)  di  computare  i  requisiti  concernenti  l'anzianita'   di
servizio previsti dalla legislazione statale con  modalita'  tali  da
ampliare il novero dei beneficiari delle procedure  di  reclutamento.
Inoltre,  sotto  il  profilo  strettamente  finanziario,   la   legge
regionale impugnata non richiama  ne'  i  limiti  di  spesa  previsti
dall'art. 11, comma 1, del  decreto-legge  30  aprile  2019,  n.  35,
convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 2019, n.  60,  e
s.m.i., la cui  osservanza  e' -  invece -  espressamente  richiamata
dall'art. 1, comma 268, primo periodo, della legge n. 234  del  2021,
ne' indica i mezzi finanziari per far fronte alle  nuove  o  maggiori
spese che deriveranno dalle misure in commento. 
    Queste ultime, invero, comportano ex  se  effetti  finanziari  in
termini di spesa per  il  personale  sanitario  impiegato  in  ambito
regionale; sicche',  la  legge  impugnata  avrebbe  dovuto  prevedere
espressamente, ai sensi dell'art. 81, comma 3, della Costituzione,  i
mezzi finanziari per farvi fronte oppure indicare specifici  elementi
dimostrativi della eventuale invarianza  di  spesa  per  il  bilancio
regionale (cfr. sentenza n. 251 del 2020). 
    Di qui, la manifesta violazione - per il tramite delle menzionate
norme  statali  «interposte»  -  dell'art.  117,   comma   3,   della
Costituzione,  nella  parte  in  cui  attribuisce   allo   Stato   la
determinazione dei principi fondamentali in materia di «coordinamento
della  finanza  pubblica»,  anche  in  relazione  al  «principio   di
copertura finanziaria delle leggi di spesa» di cui all'art. 81  comma
3, della Costituzione. 
    Peraltro, nella specie, la violazione  del  menzionato  parametro
costituzionale di cui  all'art.  117,  comma  3,  della  Costituzione
deriva anche dalla circostanza che la Regione Molise ha stipulato, in
data 27 marzo 2007, un accordo con il Ministro della salute e con  il
Ministro  dell'economia  e   delle   finanze,   avente   ad   oggetto
l'approvazione  del  Piano  di  rientro  dai  disavanzi  del  settore
sanitario, recepito con la delibera della giunta regionale n. 362 del
30 marzo 2007. 
    Il suddetto Piano di rientro  non  si  e'  concluso  nei  termini
previsti e, pertanto, la Regione Molise e' ancora vincolata alla  sua
osservanza, nonche' all'adozione delle misure previste nei  programmi
operativi che si sono succeduti nel corso del tempo sino all'adozione
del «quadro  economico  programmatico  complessivo  per  il  triennio
2022-2024». 
    In particolare,  il  punto  2.9  del  Piano  di  rientro  prevede
espressamente tra gli «Obiettivi specifici' l'introduzione di «Misure
di contenimento della spesa per  personale»:  tale  impegno,  assunto
dall'Ente regionale, viene descritto a pagina 82, nel paragrafo  3.1,
del medesimo Piano, dove si legge che «Con  tali  misure  la  Regione
intende razionalizzare la spesa  per  il  personale  dell'ASReM,  con
l'obiettivo di diminuirne e contenerne l'importo, attivare sistemi di
controllo e di monitoraggio  della  stessa  spesa,  accompagnando  le
misure di riorganizzazione aziendale, senza pregiudicare l'erogazione
delle  prestazioni  (LEA)  e  la  qualita'  delle   stesse»   (enfasi
aggiunte). 
    L'obiettivo di riduzione della spesa pubblica  per  il  personale
viene poi dettagliato in tabelle esplicative, dove  si  indicano  gli
«abbattimenti di pesa» attesi, ed e'  ulteriormente  specificato  nei
vari Programmi operativi che si sono succeduti nel corso  del  tempo,
nei quali la Regione Molise ha sempre rinnovato il proprio impegno  a
ridurre e contenere l'aggregato di spesa pubblica in esame. 
    Pertanto, la legge regionale  censurata -  nella  misura  in  cui
pregiudica il raggiungimento di tale obiettivo - si pone in contrasto
anche con quanto espressamente previsto dall'art. 2, commi 80  e  95,
della legge 23 dicembre 2019, n. 191,  secondo  cui  «gli  interventi
individuati  dal  piano  sono  vincolanti  per  la  Regione,  che  e'
obbligata a rimuovere i provvedimenti, anche  legislativi,  e  a  non
adottarne di nuovi che siano di ostacolo alla  piena  attuazione  del
piano di rientro». 
    Come chiarito da codesta  Ecc.ma  Corte,  l'anzidetta  disciplina
statale costituisce «espressione di un principio fondamentale diretto
al contenimento della spesa pubblica sanitaria e, dunque, espressione
di un correlato principio di coordinamento  della  finanza  pubblica»
(cfr. sentenza n. 91 del 2012). 
    Tali norme, in effetti, hanno «reso vincolanti per le Regioni che
li abbiano sottoscritti, gli interventi individuati negli accordi  di
cui all'art. 1, comma 180, della  legge  30  dicembre  2004,  n.  311
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato. legge finanziatici 2005), finalizzati  a  realizzare  il
contenimento della spesa sanitaria ed  a  ripianare  i  debiti  anche
mediante la previsione di speciali contributi finanziari dello Stato»
(cfr. sentenza n. 79 del 2013). 
    Dunque, la  norma  impugnata -  prevedendo  nuove  assunzioni  di
personale con il relativo incremento degli oneri finanziari - si pone
in palese contrasto con gli obiettivi  di  contenimento  della  spesa
pubblica perseguiti con il Piano di rientro, violando in questo  modo
la menzionata normativa statale di principio e,  per  il  tramite  di
essa, lo stesso  art.  117,  comma  3,  della  Costituzione,  laddove
riserva allo Stato la determinazione  dei  principi  fondamentali  in
materia di «coordinamento della finanza pubblica». 
    Infine, nel caso in cui codesta Ecc.ma Corte ritenesse  la  legge
impugnata  ascrivibile  alla  competenza  legislativa  regionale,  si
osserva  che  essa  dovrebbe   in   ogni   caso   essere   dichiarata
costituzionalmente  illegittima,  in  quanto  interferisce   con   le
attribuzioni del Commissario ad acta per l'attuazione  del  Piano  di
rientro dai disavanzi del settore sanitario, in violazione  dell'art.
120, cometa 2, della Costituzione. 
    Al riguardo, si premette che,  con  decreto  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri del 5 agosto 2021,  il  dott.  Toma  e'  stato
nominato, su proposta del Ministro  dell'economia  e  delle  finanze,
Commissario ad  acta  per  l'attuazione  del  Piano  di  rientro  dai
disavanzi del  servizio  sanitario  nella  Regione  Molise,  a  norma
dell'art. 4, comma 2 del  decreto-legge  1°  ottobre  2007,  n.  159,
convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, della  legge  29
novembre 2007, n. 222, e s.m.i.. 
    Il  decreto  in  esame  attribuisce  espressamente  al   suddetto
Commissario la competenza ad  attuare  le  azioni  e  gli  interventi
concernenti la riqualificazione della  spesa  per  il  personale,  in
coerenza con l'effettivo fabbisogno e in applicazione  della  vigente
normativa in materia. Di conseguenza, la legge regionale  censurata -
nel disciplinare il reclutamento del personale  sanitario  in  ambito
regionale - interferisce con siffatte attribuzioni del Commissario ad
acta e si pone, quindi, in contrasto con l'art. 120, comma  2,  della
Costituzione. 
    Codesta ecc.ma Corte, infatti, ha costantemente affermato che, ai
sensi  della  disposizione  costituzionale  appena  menzionata,   «il
Governo puo' nominare un Commissario ad acta, le cui  funzioni,  come
definite nel mandato conferitogli e come  specificate  dai  programmi
operativi (ex art. 2, comma 88, della legge n.  191  del  2009),  pur
avendo carattere amministrativo e non legislativo  (sentenza  n.  361
del  2010),  devono  restare,  fino   all'esaurimento   dei   compiti
commissariali, al riparo da ogni interferenza degli nani regionali  -
anche  qualora  questi  agissero  per  via  legislativa  -  pena   la
violazione dell'art. 120, secondo comma, Cost.» (cfr.,  ex  plurimis,
sentenza n. 14 del 2017). 
    Si e' altresi'  precisato  che  «L'illegittimita'  costituzionale
della  legge  regionale  sussiste  anche  quando  l'interferenza   e'
meramente potenziale e, dunque, a prescindere dal verificarsi  di  un
contrasto diretto con i poteri del commissario incaricato di  attuare
il piano di rientro» (cfr. sentenza n. 110 del 2014). 
    Il divieto di  interferenza  con  le  funzioni  commissariali  si
traduce,  quindi,  in   un   «effetto   interdittivo   di   qualsiasi
disposizione incompatibile  con  gli  impegni  assunti  ai  fini  del
risanamento economico-finanziario del disavanzo  sanitario  regionale
(sentenza n. 51  del  2013),  potendo  essa  intervenire  in  maniera
disarmonica   rispetto   alle   scelte   commissariali   e,   dunque,
indirettamente  ostacolare   l'unitarieta'   dell'intervento»   (cfr.
sentenza 106/2017). 
    Per questa ragione, l'intervento legislativo oggetto di censura -
nella parte in cui interferisce con le attribuzioni  del  Commissario
ad acta in materia di razionalizzazione della spesa pubblica  per  il
personale sanitario - si pone in evidente contrasto anche con  l'art.
120, comma 2, della Costituzione.  
 
                                P.T.M. 
 
    Il Presidente del Consiglio dei ministri chiede a codesta  Ecc.ma
Corte    di    dichiarare    costituzionalmente    illegittima,     e
conseguentemente annullare, per i motivi sopra indicati e illustrati,
la legge della Regione Molise 4 agosto 2022, n. 13,  pubblicata  nell
B.U.R. 5 agosto 2022, n. 41. 
    Con l'originale notificato del ricorso si depositeranno: 
      1. L'attestazione relativa  alla  approvazione,  da  parte  del
Consiglio dei ministri nella riunione  del  giorno  28.9.2022,  della
determinazione di impugnare la legge della Regione  Molise  4  agosto
2022, n. 13; 
        2. La copia della legge regionale  impugnata  pubblicata  sul
Bollettino Ufficiale della Regione Molise n. 41 del 5 agosto 2022. 
    Con riserva di illustrare e sviluppare in prosieguo i  motivi  di
ricorso anche alla luce delle difese avversarie. 
      Roma, 2 ottobre 2022 
 
                    L'Avvocato dello Stato: Feola