N. 209 SENTENZA 12 settembre - 13 ottobre 2022

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Tributi  -  Imposta  municipale  propria  (IMU)   -   Esenzione   per
  l'abitazione principale - Definizione di  "abitazione  principale",
  ai fini dell'agevolazione - Possibilita' di considerare tale,  come
  avviene per le c.d. coppie di  fatto,  anche  l'abitazione  in  cui
  dimori abitualmente e risieda anagraficamente il  solo  possessore,
  mentre il resto del nucleo famigliare risieda e dimori  in  diverso
  comune - Esclusione - Violazione dei principi  di  uguaglianza,  di
  sostegno alla famiglia e di capacita' contributiva - Illegittimita'
  costituzionale in parte qua. 
Tributi  -  Imposta  municipale  propria  (IMU)   -   Esenzione   per
  l'abitazione principale -  Estensione  dell'agevolazione  anche  ai
  casi in cui  il  solo  possessore  dimori  abitualmente  e  risieda
  anagraficamente  nell'abitazione,  mentre  il  resto   del   nucleo
  famigliare  risieda  e  dimori  altrove,  nello  stesso  comune   -
  Esclusione - Illegittimita' costituzionale consequenziale. 
Tributi  -  Imposta  municipale  propria  (IMU)   -   Esenzione   per
  l'abitazione principale - "Nuova IMU" - Definizione di  "abitazione
  principale" - Necessaria contestuale residenza anagrafica e  dimora
  abituale del possessore e del  nucleo  familiare  -  Illegittimita'
  costituzionale consequenziale in parte qua. 
Tributi  -  Imposta  municipale  propria  (IMU)   -   Esenzione   per
  l'abitazione principale  -  "Nuova  IMU"  -  Nucleo  familiare  con
  componenti  che  abbiano  stabilito  dimora  abituale  e  residenza
  anagrafica in  immobili  diversi  situati  nello  stesso  comune  -
  Applicabilita'  della  detta  esenzione  ad  un  solo  immobile   -
  Illegittimita' costituzionale consequenziale. 
Tributi  -  Imposta  municipale  propria  (IMU)   -   Esenzione   per
  l'abitazione principale  -  Nucleo  familiare  con  componenti  che
  abbiano  stabilito  dimora  abituale  e  residenza  anagrafica   in
  immobili diversi  situati  nello  stesso  comune  -  Applicabilita'
  dell'esenzione ad un  solo  immobile,  scelto  dai  componenti  del
  nucleo - Illegittimita' costituzionale consequenziale. 
- Decreto-legge  6   dicembre   2011,   n.   201,   convertito,   con
  modificazioni,  nella  legge  22  dicembre  2011,  n.   214,   come
  modificato dall'art. 1, comma  707,  lettera  b),  della  legge  27
  dicembre 2013, n. 147, art. 13, comma 2, quarto e  quinto  periodo;
  legge 27 dicembre 2019, n. 160, art.  1,  comma  741,  lettera  b),
  primo  e  secondo  periodo,  quest'ultimo  anche  come   modificato
  dall'art. 5-decies, comma 1, del decreto-legge 21 ottobre 2021,  n.
  146, convertito, con modificazioni, nella legge 17  dicembre  2021,
  n. 215. 
- Costituzione, artt. 1, 3, 4, 29, 31, 35, 47 e 53. 
(GU n.42 del 19-10-2022 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Silvana SCIARRA; 
Giudici :Daria de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,  Franco  MODUGNO,  Giulio
  PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco  VIGANO',  Luca  ANTONINI,
  Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria
  SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 13, comma 2,
quarto e quinto periodo, del decreto-legge 6 dicembre  2011,  n.  201
(Disposizioni urgenti per la crescita, l'equita' e il  consolidamento
dei conti pubblici), convertito, con modificazioni,  nella  legge  22
dicembre 2011, n.  214,  come  modificato  dall'art.  1,  comma  707,
lettera  b),  della  legge  27  dicembre  2013,   n.   147,   recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato (Legge di stabilita'  2014)»,  promossi  complessivamente
dalla Commissione tributaria provinciale di Napoli con ordinanza  del
22 novembre 2021 e dalla Corte costituzionale con  ordinanza  del  12
aprile 2022, iscritte, rispettivamente, ai numeri 3 e 50 del registro
ordinanze  2022  e  pubblicate   nella   Gazzetta   Ufficiale   della
Repubblica, numeri 4 e 19, prima serie speciale, dell'anno 2022. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 12 settembre 2022 il  Giudice
relatore Luca Antonini; 
    deliberato nella camera di consiglio del 12 settembre 2022. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 22 novembre 2021,  iscritta  al  n.  3  del
registro ordinanze 2022, la  Commissione  tributaria  provinciale  di
Napoli ha sollevato, in riferimento agli artt. 1, 3, 4, 29,  31,  35,
47 e 53 della Costituzione, questioni di legittimita'  costituzionale
dell'art. 13, comma 2, quinto periodo, del decreto-legge  6  dicembre
2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita,  l'equita'  e  il
consolidamento dei conti pubblici),  convertito,  con  modificazioni,
nella legge 22 dicembre 2011, n. 214, come  modificato  dall'art.  1,
comma 707, lettera b), della legge 27 dicembre 2013, n. 147,  recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato (Legge di stabilita'  2014)»,  nella  parte  in  cui  non
prevede  l'esenzione  dall'imposta  municipale  propria   (IMU)   per
l'abitazione adibita a dimora principale del  nucleo  familiare,  nel
caso in cui uno dei suoi componenti sia residente  anagraficamente  e
dimori in un immobile ubicato in altro comune. 
    1.1.- Il rimettente riferisce che le  questioni  sono  sorte  nel
corso di un giudizio d'impugnativa avverso avvisi di accertamento con
i quali il Comune di Napoli contestava a M. M. il  mancato  pagamento
dell'IMU (anni dal 2015 al 2018) in  relazione  alla  sua  abitazione
principale in Napoli. 
    Piu'  precisamente,  la  CTP  espone  che:  a)  il  contribuente,
«assumendo  di  possedere  i  requisiti   di   legge   e   provandoli
documentalmente», avrebbe rivendicato il  diritto  all'esenzione  sul
presupposto che l'immobile costituisse residenza anagrafica e  dimora
abituale dell'intero nucleo familiare; b) il Comune di Napoli avrebbe
negato tale diritto perche'  il  nucleo  familiare  non  risiederebbe
«interamente»  nel  medesimo  immobile,   atteso   che   il   coniuge
risulterebbe aver trasferito  la  propria  residenza  nel  Comune  di
Scanno. 
    1.2.-   Ad   avviso   del   giudice   a   quo,   alla   spettanza
dell'agevolazione,    come    pure     alla     praticabilita'     di
un'interpretazione   costituzionalmente   orientata,   osterebbe   la
«presenza   di   un   "diritto    vivente"    espresso    dall'organo
istituzionalmente titolare della funzione nomofilattica» (sono citate
Corte di cassazione, sezione  sesta  civile,  ordinanza  19  febbraio
2020, n. 4166; sezione quinta civile, ordinanza 17  giugno  2021,  n.
17408), che, con «un univoco  indirizzo  interpretativo»,  riterrebbe
preclusivo del beneficio «il  solo  fatto  che  un  componente  della
famiglia risieda in altro  Comune»;  cio',  peraltro,  nonostante  la
diversa interpretazione sostenuta dal Ministero dell'economia e delle
finanze (circolare n. 3/DF del 18 maggio 2012) secondo cui,  in  caso
di residenza e dimora di un componente  il  nucleo  familiare  in  un
comune diverso, l'agevolazione sarebbe  dovuta,  poiche'  «il  limite
quantitativo», stabilito dalla norma censurata, sarebbe espressamente
riferito ai soli immobili nel medesimo comune. 
    1.3.-  In  punto  di  rilevanza,  il   rimettente   afferma   che
dall'accoglimento  della  prospettata   questione   di   legittimita'
costituzionale dipenderebbe l'esito della controversia della quale e'
investito. 
    1.4.- Quanto alla non manifesta infondatezza, la CTP ritiene  che
l'art. 13, comma 2, del d.l. n.  201  del  2011,  come  convertito  e
successivamente modificato, cosi' come interpretato  dalla  Corte  di
cassazione, si porrebbe in contrasto con l'art. 3  Cost.,  in  quanto
determinerebbe un'irragionevole,  ingiustificata,  contraddittoria  e
incoerente disparita' di  trattamento  «fondata  su  un  neutro  dato
geografico  [...]  a  parita'  di  situazione  sostanziale»  tra   il
possessore componente di un nucleo familiare residente e dimorante in
due diversi immobili dello stesso  comune  e  quello  il  cui  nucleo
familiare, invece, risieda e dimori in distinti immobili  ubicati  in
comuni diversi. 
    La norma censurata, inoltre, lederebbe: la «parita'  dei  diritti
dei lavoratori costretti  a  lavorare  fuori  dalla  sede  familiare»
(artt. 1, 3, 4 e 35 Cost.); il «diritto alla parita' dei contribuenti
coniugati rispetto a partner di fatto» (artt. 3, 29 e  31  Cost.);  i
principi di capacita' contributiva e progressivita'  dell'imposizione
(art. 53 Cost.); la famiglia quale societa' naturale (art. 29 Cost.);
l'«aspettativa rispetto alle  provvidenze  per  la  formazione  della
famiglia e [l']adempimento dei compiti  relativi»  (art.  31  Cost.);
infine, la tutela del risparmio (art. 47 Cost.). 
    1.5.- Con atto depositato il 15 febbraio 2022, e' intervenuto  in
giudizio il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  chiedendo  che   le
questioni siano dichiarate inammissibili o comunque non fondate. 
    1.6.- In data 15 febbraio 2022, in applicazione dell'art. 6 delle
Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, e'
stata depositata un'opinione scritta a cura dell'associazione  Camera
degli avvocati tributaristi  del  Veneto,  ammessa  con  decreto  del
Presidente del 17 febbraio 2022. 
    2.- Nel corso del giudizio, questa Corte, con ordinanza n. 94 del
12 aprile 2022, iscritta al n. 50 del  registro  ordinanze  2022,  ha
sollevato innanzi a se' questioni di legittimita' costituzionale  del
quarto periodo dell'art. 13, comma 2, del d.l. n. 201 del 2011,  come
convertito e successivamente modificato, in riferimento agli artt. 3,
31 e 53, primo  comma,  Cost.,  nella  parte  in  cui,  ai  fini  del
riconoscimento   della   relativa   agevolazione,   definisce   quale
abitazione principale  quella  in  cui  si  realizza  la  contestuale
sussistenza del duplice requisito della residenza anagrafica e  della
dimora abituale non solo del possessore,  ma  anche  del  suo  nucleo
familiare. 
    Segnatamente, nella suddetta ordinanza questa Corte anzitutto  ha
precisato - dopo aver dichiarato non fondate le relative eccezioni di
inammissibilita' sollevate dalla difesa  statale  -  che  il  petitum
della CTP e' circoscritto a un intervento additivo sul quinto periodo
del citato art. 13, comma 2, al fine di attingere al  riconoscimento,
attualmente precluso dal  diritto  vivente,  dell'esenzione  IMU  per
l'abitazione  principale  del  nucleo   familiare   situata   in   un
determinato comune, anche quando la residenza anagrafica di  uno  dei
suoi componenti sia stata stabilita in un immobile ubicato  in  altro
comune. 
    Quindi, questa Corte ha rilevato  che,  tuttavia,  «le  questioni
sollevate dal giudice a quo in relazione a tale specifica norma  sono
strettamente connesse  alla  piu'  ampia  e  pregiudiziale  questione
derivante dalla regola generale  stabilita  dal  quarto  periodo  del
medesimo art. 13, comma 2, del d.l. n. 201 del 2011, che, ai fini del
riconoscimento   della   suddetta   agevolazione,   definisce   quale
abitazione principale  quella  in  cui  si  realizza  la  contestuale
sussistenza del duplice requisito della residenza anagrafica e  della
dimora abituale non solo del  possessore  ma  anche  del  suo  nucleo
familiare». 
    Infatti, in forza di tale disciplina «la possibilita' di  accesso
all'agevolazione per  ciascun  possessore  dell'immobile  adibito  ad
abitazione  principale  viene  meno   al   verificarsi   della   mera
costituzione del  nucleo  familiare,  nonostante  effettive  esigenze
possano condurre i suoi componenti a  stabilire  residenze  e  dimore
abituali differenti». 
    Pertanto, sarebbe tale previsione a  determinare  un  trattamento
diverso del nucleo familiare rispetto non solo alle  persone  singole
ma anche alle coppie di mero fatto, poiche', sino a che  il  rapporto
non si stabilizzi nel matrimonio o nell'unione civile,  la  struttura
della  norma  consentirebbe  a  ciascuno  dei  partner  di   accedere
all'esenzione IMU per la rispettiva abitazione principale. 
    Da qui la conclusione che «la risoluzione della questione  avente
ad oggetto la  regola  generale  stabilita  dal  quarto  periodo  del
medesimo art. 13, comma 2, del d.l. n. 201 del 2011, nella  parte  in
cui  stabilisce  il  descritto  nesso  tra  il  riconoscimento  della
agevolazione  IMU  per  l'abitazione  principale   e   la   residenza
anagrafica e la dimora abituale del nucleo  familiare,  si  configura
come  logicamente  pregiudiziale  e  strumentale  per   definire   le
questioni sollevate dal giudice a quo (ex multis, ordinanza n. 18 del
2021)». 
    2.1.-  Quanto  alla  non  manifesta   infondatezza,   l'ordinanza
iscritta al n. 50 del reg. ord. 2022 ha ravvisato la  sussistenza  di
un contrasto della indicata regola generale con gli artt. 3, 31 e 53,
primo comma, Cost. 
    In particolare, quanto al primo  dei  suddetti  parametri,  nella
fattispecie in esame questa Corte ha dubitato «dell'esistenza  di  un
ragionevole  motivo  di  differenziazione  tra  la   situazione   dei
possessori degli immobili in quanto  tali  e  quella  dei  possessori
degli stessi in riferimento al nucleo familiare, quando, come  spesso
accade nell'attuale contesto sociale, effettive  esigenze  comportino
la fissazione di differenti residenze anagrafiche e  dimore  abituali
da parte dei relativi componenti del nucleo familiare». 
    Quanto, poi,  al  principio  di  capacita'  contributiva  di  cui
all'art. 53, primo comma, Cost.,  si  e'  parimenti  dubitato  «della
maggiore capacita' contributiva, peraltro in relazione  a  un'imposta
di tipo reale quale l'IMU, del nucleo familiare rispetto alle persone
singole»; cio' anche richiamando la sentenza n. 179 del 1976, con  la
quale questa  Corte  ha  dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale
delle disposizioni  dell'imposta  complementare  e  dell'imposta  sui
redditi sul cumulo dei redditi dei coniugi. 
    Infine,  quanto  all'art.  31  Cost.,  si  e'  osservato  che  la
disciplina in oggetto non agevolerebbe «con misure economiche e altre
provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei  compiti
relativi»,  ma  anzi  comporterebbe  per  i   nuclei   familiari   un
trattamento deteriore rispetto a quello delle persone singole  e  dei
conviventi di mero fatto. 
    2.2.- Di conseguenza, questa Corte ha disposto la sospensione del
giudizio sollevato dalla CTP con l'ordinanza iscritta  al  n.  3  del
reg. ord. 2022. 
    2.3.- Nel giudizio introdotto dall'ordinanza iscritta  al  n.  50
del reg. ord. n. 2022,  in  data  3  maggio  2022  la  Confederazione
italiana della proprieta' edilizia (Confedilizia) ha  depositato,  in
qualita' di amicus curiae, un'opinione scritta - ammessa con  decreto
del  Presidente  del  16  giugno  2022  -  argomentando  a   sostegno
dell'accoglimento delle questioni di legittimita' costituzionale. 
    In particolare, ad  avviso  dell'associazione,  nella  disciplina
dell'IMU il sintagma «nucleo familiare»  mancherebbe  di  un  preciso
significato, cosi' da  costituire  un  elemento  di  irragionevolezza
nell'ordinamento   tributario.   Sarebbero,   pertanto,   del   tutto
replicabili le motivazioni  poste  a  fondamento  della  gia'  citata
sentenza n. 179 del 1976 che - seppure in tema di imposizione diretta
- ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale di quelle norme  che,
in violazione degli artt. 3, 31 e 53 Cost., irragionevolmente avevano
riservato ai «coniugi conviventi un trattamento fiscale piu'  oneroso
rispetto a quello previsto per conviventi non uniti in matrimonio». 
    Inoltre,   secondo   la   Confedilizia,   lungi   dall'introdurre
ragionevolmente un  «nuovo  soggetto  passivo»  -  quale  cambiamento
sistemico sulla scorta delle esperienze straniere - il riferimento al
nucleo familiare  sarebbe  stato  introdotto  in  funzione  di  «mere
esigenze  contabili»,  tralasciando  del  tutto   la   considerazione
dell'evidente evoluzione sociale e delle esigenze  di  mobilita'  nel
mondo del lavoro, cio' che renderebbe sterile qualsiasi tentativo  di
giustificare la  disposizione  censurata  con  finalita'  antielusive
(anche in ragione del potere di vigilanza e  controllo  demandato  ai
comuni impositori). 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con ordinanza del 22 novembre 2021,  iscritta  al  n.  3  del
registro ordinanze 2022, la  Commissione  tributaria  provinciale  di
Napoli ha sollevato, in riferimento agli artt. 1, 3, 4, 29,  31,  35,
47 e 53 Cost., questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 13,
comma 2, quinto periodo, del d.l. n. 201 del 2011,  convertito  nella
legge n. 214 del  2011,  come  modificato  dall'art.  1,  comma  707,
lettera b), della legge n. 147 del  2013,  nella  parte  in  cui  non
prevede  l'esenzione  dall'imposta  municipale  propria   (IMU)   per
l'abitazione adibita a dimora principale del  nucleo  familiare,  nel
caso in cui uno dei suoi componenti sia residente  anagraficamente  e
dimori in un immobile ubicato in altro comune. 
    Ad avviso del giudice rimettente, la norma censurata, cosi'  come
interpretata dalla Corte di cassazione, violerebbe l'art. 3 Cost., in
quanto     determinerebbe      un'irragionevole,      ingiustificata,
contraddittoria e incoerente disparita' di trattamento «fondata su un
neutro dato geografico [...] a parita' di situazione sostanziale» tra
il possessore componente di un nucleo familiare residente e dimorante
in due diversi immobili dello stesso comune e quello  il  cui  nucleo
familiare, invece, risieda e dimori in distinti immobili  ubicati  in
comuni diversi. 
    Essa inoltre lederebbe: la «parita' dei  diritti  dei  lavoratori
costretti a lavorare fuori dalla sede familiare» (artt. 1, 3, 4 e  35
Cost.); il «diritto alla parita' dei contribuenti coniugati  rispetto
a partner di fatto» (artt. 3, 29 e 31 Cost.); i principi di capacita'
contributiva e progressivita' dell'imposizione (art.  53  Cost.);  la
famiglia quale societa'  naturale  (art.  29  Cost.);  l'«aspettativa
rispetto  alla  provvidenze  per  la  formazione  della  famiglia   e
[l']adempimento dei compiti relativi» (art.  31  Cost.);  infine,  la
tutela del risparmio (art. 47 Cost.). 
    2.- Nel corso del citato giudizio, questa Corte, con ordinanza n.
94 del 12 aprile 2022, iscritta al n. 50 del registro ordinanze 2022,
ha  sollevato  innanzi   a   se'   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale del quarto periodo dell'art. 13, comma 2, del d.l.  n.
201 del  2011,  come  convertito  e  successivamente  modificato,  in
riferimento agli artt. 3, 31 e 53, primo comma, Cost., nella parte in
cui,  ai  fini  del  riconoscimento  della   relativa   agevolazione,
definisce quale abitazione principale quella in cui  si  realizza  la
contestuale  sussistenza  del  duplice  requisito   della   residenza
anagrafica e della dimora abituale non solo del possessore, ma  anche
del suo nucleo familiare.  Cio'  nel  presupposto  che  le  questioni
sollevate dalla CTP di Napoli sono «strettamente connesse  alla  piu'
ampia e pregiudiziale  questione  derivante  dalla  regola  generale»
stabilita appunto dal censurato quarto periodo. 
    Segnatamente,  la  norma  censurata,  facendo  venire   meno   la
possibilita'  di  accesso  all'agevolazione  per  ciascun  possessore
dell'immobile adibito ad abitazione principale «al verificarsi  della
mera costituzione del nucleo familiare, nonostante effettive esigenze
possano condurre i suoi componenti a  stabilire  residenze  e  dimore
abituali  differenti»,  irragionevolmente   ne   discriminerebbe   il
trattamento rispetto non solo alle persone  singole,  ma  anche  alle
coppie di mero fatto. 
    La disciplina contrasterebbe poi con il  principio  di  capacita'
contributiva di cui all'art. 53, primo comma, Cost.,  posto  che  non
sarebbe riscontrabile una «maggiore capacita' contributiva,  peraltro
in relazione a un'imposta di  tipo  reale  quale  l'IMU,  del  nucleo
familiare rispetto alle persone singole». 
    Il citato art. 13, comma 2, quarto  periodo,  lederebbe,  infine,
l'art. 31 Cost., in quanto non agevolerebbe «con misure economiche  e
altre provvidenze la formazione della famiglia  e  l'adempimento  dei
compiti relativi», ma anzi comporterebbe per i  nuclei  familiari  un
trattamento deteriore rispetto a quello delle persone singole  e  dei
conviventi di mero fatto. 
    3.- Preliminarmente, i giudizi promossi dalla CTP di  Napoli  con
ordinanza iscritta al n. 3 del reg. ord. 2022 e da questa  Corte  con
ordinanza iscritta al n. 50 del reg. ord. 2022 possono essere riuniti
e decisi con unica sentenza, poiche' hanno ad oggetto  questioni  fra
loro connesse, anche in considerazione dello stretto rapporto tra  le
previsioni coinvolte, riguardanti, rispettivamente, i periodi  quinto
e quarto del medesimo art. 13, comma 2, del d.l.  n.  201  del  2011,
come convertito e successivamente modificato. 
    3.1.- Il carattere pregiudiziale delle questioni di  legittimita'
costituzionale sollevate da questa Corte rispetto alla  decisione  di
quelle sollevate dalla CTP di Napoli ne impone la previa trattazione. 
    4.- Le questioni sollevate da questa Corte con ordinanza iscritta
al n. 50 del reg. ord. 2022 sono fondate. 
    Nel  nostro  ordinamento  costituzionale  non   possono   trovare
cittadinanza misure fiscali strutturate in modo da penalizzare coloro
che, cosi' formalizzando il proprio rapporto, decidono di  unirsi  in
matrimonio o di costituire una unione civile. 
    Tale e' invece proprio l'effetto prodotto  dal  censurato  quarto
periodo  dell'art.  13,  comma  2,  perche',   in   conseguenza   del
riferimento al nucleo familiare ivi contenuto, sino a che non avviene
la  costituzione  di  tale  nucleo,  la  norma  consente  a   ciascun
possessore di  immobile  che  vi  risieda  anagraficamente  e  dimori
abitualmente,   di   fruire    pacificamente    dell'esenzione    IMU
sull'abitazione principale, anche  se  unito  in  una  convivenza  di
fatto: i partner in tal caso avranno diritto a una doppia  esenzione,
perche' ciascuno di questi potra' considerare il rispettivo  immobile
come abitazione familiare. 
    La scelta di accettare che  il  proprio  rapporto  affettivo  sia
regolato dalla disciplina legale del matrimonio o dell'unione  civile
determina,  invece,  l'effetto  di  precludere  la  possibilita'   di
mantenere la doppia esenzione anche quando effettive  esigenze,  come
possono essere in particolare quelle lavorative, impongano la  scelta
di residenze anagrafiche e dimore abituali differenti. 
    Soprattutto, poi, nel diritto vivente, il suddetto riferimento al
nucleo familiare e' interpretato nel senso di precludere  addirittura
ogni  esenzione  ai  coniugi  che  abbiano  stabilito  la   residenza
anagrafica in due abitazioni site in comuni diversi;  secondo  questa
interpretazione, in tal caso,  infatti,  nessuno  dei  loro  immobili
potra'  essere  considerato  abitazione  principale   e   beneficiare
dell'esenzione. 
    Per comprendere come si sia giunti a  tale  esito,  criticato  in
dottrina, e' opportuno ricostruire l'evoluzione del quadro  normativo
che ha caratterizzato il beneficio in  questione  (che,  nelle  varie
fasi della sua esistenza giuridica, ha assunto anche il carattere  di
semplice  agevolazione,  oltre  quello,  piu'  recente,  di  completa
esenzione dall'IMU). 
    5.-  Il  riferimento  al  nucleo  familiare  non   era   presente
nell'originaria  disciplina  dell'IMU  (istituita  dall'art.  8   del
decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23,  recante  «Disposizioni  in
materia di  federalismo  Fiscale  Municipale»),  che  subordinava  il
riconoscimento  dell'esenzione  per  l'abitazione   principale   alla
sussistenza del solo requisito della  residenza  anagrafica  e  della
dimora  abituale  del  possessore  dell'immobile:  a  questi   veniva
riconosciuto il diritto all'esenzione in termini oggettivi, del tutto
a prescindere dal  suo  status  soggettivo  di  coniugato.  Cio'  che
rilevava, ai fini della identificazione della abitazione  principale,
era,  infatti,  che  egli  si  trovasse  a   risiedere   e   dimorare
abitualmente in un determinato immobile. 
    Il  riferimento  al  nucleo  familiare  nemmeno  figurava   nella
successiva  formulazione,   con   la   quale   «e'   stata   disposta
l'anticipazione dell'introduzione dell'IMU al 2012» (sentenza n.  262
del 2020), ovvero l'art. 13, comma 2, del d.l. n. 201 del 2011,  come
convertito,  dove  l'agevolazione   -   consistente   non   piu'   in
un'esenzione, ma in una riduzione dell'aliquota -  era  riconosciuta,
anche in questo caso, per l'immobile nel quale «il possessore  dimora
abitualmente e risiede anagraficamente». 
    Pertanto, sino a quel momento, se due persone unite in matrimonio
avevano residenze e dimore abituali differenti, a  ciascuna  spettava
l'agevolazione per l'abitazione principale. 
    5.1.- Solo con l'art. 4, comma 5, lettera a), del decreto-legge 2
marzo 2012, n. 16 (Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni
tributarie, di efficientamento e  potenziamento  delle  procedure  di
accertamento), convertito, con modificazioni, nella legge  26  aprile
2012, n. 44, che e' intervenuto su diversi aspetti  della  disciplina
dell'IMU,  e'  stata  modificata   la   definizione   di   abitazione
principale, introducendo, in particolare, il  riferimento  al  nucleo
familiare   ai   fini   di   individuare   l'immobile    destinatario
dell'agevolazione. 
    Segnatamente, il comma 2 dell'art. 13 del d.l. n. 201  del  2011,
come convertito,  e'  stato  cosi'  modificato  e  integrato:  «[p]er
abitazione principale si intende l'immobile, iscritto  o  iscrivibile
nel catasto edilizio urbano come unica unita' immobiliare, nel  quale
il possessore e il  suo  nucleo  familiare  dimorano  abitualmente  e
risiedono anagraficamente. Nel caso in cui i  componenti  del  nucleo
familiare  abbiano  stabilito  la  dimora  abituale  e  la  residenza
anagrafica in immobili diversi situati nel  territorio  comunale,  le
agevolazioni per l'abitazione principale e per le relative pertinenze
in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile». 
    Tale disciplina e' stata poi confermata dalla legge  n.  147  del
2013  che  ha  reintrodotto  la  completa  esenzione  dell'abitazione
principale dal 1° gennaio  2014  per  tutte  le  categorie  catastali
abitative, tranne quelle cosiddette di lusso (A/1, A/8 e A/9), ed  e'
stata quindi ribadita nel comma 741, lettera b),  dell'art.  1  della
legge 27 dicembre 2019, n. 160 (Bilancio di  previsione  dello  Stato
per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale  per  il  triennio
2020-2022) all'interno della disciplina della cosiddetta "nuova IMU",
divenuta sostanzialmente comprensiva anche del  tributo  sui  servizi
indivisibili (TASI). 
    5.2.- La nuova formulazione introdotta con  il  d.l.  n.  16  del
2012, come  convertito,  e'  stata  interpretata  in  senso  vieppiu'
restrittivo  dalla  giurisprudenza  di  legittimita',  applicando  il
criterio «di stretta interpretazione delle norme agevolative (tra  le
molte, in tema di ICI, piu' di recente, cfr. Cass. sez. 5, 11 ottobre
2017, n. 23833; Cass. sez. 6-5,  ord.  3  febbraio  2017,  n.  3011),
condiviso anche dalla  Corte  costituzionale  (cfr.  Corte  Cost.  20
novembre 2017, n. 242)» (Corte di cassazione, sezione  sesta  civile,
ordinanza 24 settembre 2020, n. 20130). 
    La Corte di cassazione, infatti, in una prima fase, disattendendo
una  diversa  interpretazione  inizialmente  proposta  dal  Ministero
dell'economia e delle finanze con  la  circolare  n.  3/DF  del  2012
(diretta a riconoscere, nel silenzio della norma,  il  beneficio  per
ciascuno  degli  immobili,  ubicati  in  comuni  diversi,  adibiti  a
residenza e dimora), ha ritenuto che l'agevolazione spettasse per  un
solo immobile per nucleo familiare, non solo  nel  caso  di  immobili
siti nel medesimo comune, come  del  resto  espressamente  recita  il
suddetto comma 2 dell'art. 13, ma anche in caso di  immobili  situati
in  comuni  diversi  (situazione  non  espressamente  regolata  dalla
disposizione in oggetto); cio' a meno che non fosse fornita la  prova
della rottura dell'unita' familiare. Infatti solo «la  frattura»  del
rapporto  di  convivenza  comporta  «una  disgregazione  del   nucleo
familiare e, conseguentemente,  l'abitazione  principale  non  potra'
essere piu' identificata con  la  casa  coniugale  (vedi  da  ultimo:
Cass., Sez. 5, n. 15439/2019)» (Corte  di  cassazione,  ordinanza  n.
17408 del 2021). 
    La giurisprudenza di legittimita' ha poi  compiuto  un  ulteriore
passaggio ed e' giunta a negare  ogni  agevolazione  ai  coniugi  che
risiedono in comuni diversi,  facendo  leva  sulla  necessita'  della
coabitazione abituale  dell'intero  nucleo  familiare  nel  luogo  di
residenza anagrafica  della  casa  coniugale  (Corte  di  cassazione,
sezione sesta civile, ordinanze 19 febbraio 2020, n. 4170 e  n.  4166
del 2020, poi confermate dall'ordinanza n. 17408 del  2021).  Dunque,
«nel caso in cui due  coniugi  non  separati  legalmente  abbiano  la
propria abitazione in due differenti immobili,  il  nucleo  familiare
(inteso come unita' distinta ed autonoma  rispetto  ai  suoi  singoli
componenti) resta unico, ed  unica,  pertanto,  potra'  essere  anche
l'abitazione principale ad esso riferibile, con la conseguenza che il
contribuente, il quale dimori in un immobile di cui sia  proprietario
(o  titolare  di  altro  diritto  reale),  non  avra'  alcun  diritto
all'agevolazione  se  tale  immobile  non  costituisca  anche  dimora
abituale dei suoi familiari,  non  realizzandosi  in  quel  luogo  il
presupposto della "abitazione principale" del suo  nucleo  familiare»
(Corte di cassazione, sezione  sesta  civile,  ordinanza  17  gennaio
2022, n. 1199). 
    In altri termini, si e' ritenuto che per fruire del beneficio  in
riferimento a una determinata unita' immobiliare sia  necessario  che
«tanto il possessore quanto il  suo  nucleo  familiare  non  solo  vi
dimorino stabilmente, ma vi risiedano anche  anagraficamente»  (Corte
di cassazione, ordinanza n. 4166 del 2020; ribadita in  ordinanze  n.
17408 del 2021 e n. 4170  del  2020):  l'esenzione  e'  stata  quindi
subordinata  alla  contestuale  residenza  e  dimora   unitaria   del
contribuente e del suo nucleo familiare. 
    Il diritto vivente e' pertanto  giunto  alla  conclusione,  prima
anticipata, di negarne ogni riconoscimento nel  caso  contrario,  «in
cui i componenti del nucleo familiare hanno stabilito la residenza in
due distinti Comuni perche' quello  che  consente  di  usufruire  del
beneficio fiscale  e'  la  sussistenza  del  doppio  requisito  della
comunanza della residenza e della dimora abituale di tutto il  nucleo
familiare nell'immobile per il quale si chiede l'agevolazione» (Corte
di cassazione, sezione sesta civile, ordinanza 25 novembre  2021,  n.
36676). 
    5.3.- E' in reazione  a  tale  approdo  della  giurisprudenza  di
legittimita', giunto quindi a negare ogni  esenzione  sull'abitazione
principale se un componente del nucleo familiare risiede in un comune
diverso da quello del possessore dell'immobile, che il legislatore e'
intervenuto con  l'art.  5-decies,  comma  1,  del  decreto-legge  21
ottobre 2021, n. 146 (Misure urgenti in materia economica e  fiscale,
a tutela del lavoro e per esigenze  indifferibili),  convertito,  con
modificazioni, nella legge 17 dicembre 2021,  n.  215.  La  relazione
illustrativa  all'emendamento  governativo  che  ha  introdotto  tale
disposizione espressamente precisa, infatti, l'intenzione di superare
gli ultimi orientamenti della Corte di  cassazione  (sono  citate  le
ordinanze della Corte di cassazione n. 4170 e n. 4166 del 2020). 
    L'art. 1, comma 741, lettera b), della legge n. 160 del  2019  e'
stato pertanto  integrato  prevedendo  che:  «[n]el  caso  in  cui  i
componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora  abituale
e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel  territorio
comunale o  in  comuni  diversi,  le  agevolazioni  per  l'abitazione
principale e per  le  relative  pertinenze  in  relazione  al  nucleo
familiare si applicano per un solo immobile,  scelto  dai  componenti
del nucleo familiare». 
    6.- La ricostruzione dell'evoluzione normativa mette in evidenza,
in sintesi, come si sia  realizzato,  nella  struttura  della  misura
fiscale  in  oggetto,  il  passaggio  dalla  considerazione  di   una
situazione meramente oggettiva (la residenza e la dimora abituale del
possessore  dell'immobile,  prescindendo  dalla  circostanza  che  si
trattasse  di  soggetti  singoli,  coabitanti,  coniugati   o   uniti
civilmente) al rilievo dato a un elemento  soggettivo  (la  relazione
del possessore dell'immobile con il proprio nucleo familiare). 
    La  descrizione   dello   sviluppo   giurisprudenziale   ha   poi
evidenziato come l'introduzione di questo elemento soggettivo si  sia
risolta,  infine,  nell'esito  di  una  radicale  penalizzazione  dei
possessori di immobili che hanno costituito un  nucleo  familiare,  i
quali, se residenti in comuni diversi, si sono  visti  escludere  dal
regime agevolativo entrambi gli immobili che invece  sarebbero  stati
candidati a fruirne  con  la  originaria  formulazione  prevista  nel
d.lgs. n. 23 del 2011. 
    A tale esito il diritto vivente sembra essere  pervenuto  per  un
duplice motivo. 
    Da un lato l'assenza, nella disciplina dell'IMU, di una specifica
definizione di «nucleo familiare», a fronte  di  diversi  riferimenti
presenti  -  a  vario   titolo   e   oltre   quelli   civilistici   -
nell'ordinamento. Si pensi, ad esempio, a quello  stabilito  ai  fini
dell'indicatore  della  situazione   economica   equivalente   (ISEE)
dall'art.  3  del  d.P.C.m.  5  dicembre  2013,   n.   159,   recante
«Regolamento   concernente   la   revisione   delle   modalita'    di
determinazione  e  i  campi  di  applicazione  dell'indicatore  della
situazione economica equivalente (ISEE)», oppure a quello,  stabilito
pero' esclusivamente  con  riguardo  all'imposta  sul  reddito  delle
persone fisiche (IRPEF) dall'art. 5, comma 5, del d.P.R. 22  dicembre
1986,  n.  917  (Approvazione  del  testo  unico  delle  imposte  sui
redditi).  Dall'altro  la   dichiarata   esigenza   di   interpretare
restrittivamente le agevolazioni tributarie;  esigenza  che  peraltro
non appare contestabile in riferimento a un'agevolazione del tipo  di
quella in esame (si veda al riguardo il punto successivo). 
    Cio' che, nell'insieme, conferma  come  l'effettiva  origine  dei
problemi applicativi determinati dagli approdi del diritto vivente si
ponga, in realta', a monte, ovvero nel censurato quarto  periodo  del
comma 2, dell'art. 13 del d.l. n. 201 del 2011, come convertito,  che
ha  introdotto  nella  fattispecie  generale   dell'agevolazione   il
riferimento al nucleo familiare, piuttosto che nel quinto periodo del
medesimo comma censurato dalla CTP  di  Napoli,  che  ne  disciplina,
invece, solo una specifica ipotesi. 
    E' per  tale  motivo  che  questa  Corte  ha  ritenuto,  dato  il
«rapporto di presupposizione» tra le questioni (ordinanza n.  94  del
2022), di sollevare dinanzi a  se  stessa  quella  sulla  disciplina,
appunto, a monte. 
    7.-  Cio'  precisato,  e'  fondata  la  questione  sollevata  con
riferimento all'art. 3 Cost. 
    Va, in primo luogo, chiarito che l'agevolazione  in  oggetto  non
rientra tra quelle strutturali, essendo senza dubbio inquadrabile tra
quelle in senso proprio (sentenza n. 120 del 2020). Inoltre, se da un
lato, essa si puo' ritenere rivolta  a  perseguire  la  finalita'  di
favorire  «l'accesso   del   risparmio   popolare   alla   proprieta'
dell'abitazione» (art. 47, secondo comma, Cost.),  dall'altro  esenta
le abitazioni principali dei residenti dalla piu' importante  imposta
municipale (l'IMU), determinando un effetto poco lineare rispetto  ai
principi che giustificano l'autonomia fiscale locale: se  gran  parte
dei residenti e' esentata dall'imposta, questa finira' per  risultare
a carico di chi non vota nel comune che stabilisce l'imposta. 
    In difetto di una  chiara  causa  costituzionale  l'esenzione  in
oggetto  e'  pertanto  riconducibile  a  una  scelta   rimessa   alla
discrezionalita'  del  legislatore;  cio'  che  evoca  per   costante
giurisprudenza   un   sindacato   particolarmente   rigoroso    sulla
sussistenza di una eadem ratio (sentenza n. 120 del 2020). 
    8.- Nella questione che questa Corte si e' autorimessa, tuttavia,
viene direttamente in rilievo il contrasto della norma censurata  con
i principi costituzionali di cui agli artt. 3, 31 e 53 Cost.  e  solo
indirettamente il tema dell'estensione di un'agevolazione a  soggetti
esclusi. 
    In  altri  termini,  nonostante  una  eadem  ratio  sia  comunque
identificabile nelle varie situazioni in comparazione - perche' se la
logica dell'esenzione dall'IMU e' quella  di  riferire  il  beneficio
fiscale  all'abitazione  in  cui  il  possessore   dell'immobile   ha
stabilito la residenza  e  la  dimora  abituale,  dovrebbe  risultare
irrilevante, al realizzarsi di  quella  duplice  condizione,  il  suo
essere coniugato, separato o divorziato,  componente  di  una  unione
civile, convivente o singolo -,  la  questione  non  e'  direttamente
rivolta a estendere l'esenzione, quanto piuttosto a  rimuovere  degli
elementi di contrasto con i suddetti principi  costituzionali  quando
tali status in sostanza vengono, attraverso il riferimento al  nucleo
familiare, invece assunti per negare il diritto al beneficio. 
    9.- In un contesto come quello attuale,  infatti,  caratterizzato
dall'aumento della mobilita' nel mercato del lavoro,  dallo  sviluppo
dei sistemi di trasporto e tecnologici, dall'evoluzione dei  costumi,
e' sempre meno rara l'ipotesi  che  persone  unite  in  matrimonio  o
unione   civile   concordino   di   vivere   in    luoghi    diversi,
ricongiungendosi  periodicamente,  ad  esempio  nel  fine  settimana,
rimanendo nell'ambito di una comunione materiale e spirituale. 
    In  tal  caso,  ai   fini   del   riconoscimento   dell'esenzione
dell'abitazione principale, non ritenere sufficiente la residenza e -
si noti bene - la dimora abituale in un determinato  immobile  (cioe'
un dato  facilmente  accertabile,  come  si  precisera'  di  seguito,
attraverso i dovuti controlli) determina una evidente discriminazione
rispetto a chi, in quanto singolo o  convivente  di  fatto,  si  vede
riconosciuto il suddetto beneficio al semplice sussistere del  doppio
contestuale  requisito  della  residenza  e  della  dimora   abituale
nell'immobile di cui sia possessore. 
    Non vi e' ragionevole motivo per  discriminare  tali  situazioni:
non puo', infatti, essere evocato l'obbligo di coabitazione stabilito
per i coniugi dall'art. 143 del codice civile, dal  momento  che  una
determinazione consensuale o una giusta causa non  impediscono  loro,
indiscussa l'affectio coniugalis, di  stabilire  residenze  disgiunte
(ex plurimis, Corte di cassazione, sezione sesta civile, ordinanza 28
gennaio 2021, n. 1785). Ne' a tale possibilita' si oppongono le norme
sulla "residenza familiare"  dei  coniugi  (art.  144  cod.  civ.)  o
"comune" degli uniti civilmente (art. 1, comma  12,  della  legge  20
maggio 2016, n. 76, recante «Regolamentazione delle unioni civili tra
persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze»). 
    Inoltre, il secondo comma dell'art. 45  cod.  civ.,  contemplando
l'ipotesi di residenze disgiunte,  conferma  la  possibilita'  per  i
genitori di avere una propria residenza personale. 
    Nella norma  censurata,  invece,  attraverso  il  riferimento  al
nucleo familiare, tale ipotesi finisce per determinare il venir  meno
del beneficio,  deteriorando  cosi',  in  senso  discriminatorio,  la
logica che consente al singolo o ai conviventi di fatto di godere pro
capite delle esenzioni per i rispettivi immobili dove si realizza  il
requisito della dimora e della residenza abituale. 
    D'altra parte, a difesa della  struttura  della  norma  censurata
nemmeno  puo'  essere  invocata  una   giustificazione   in   termini
antielusivi, motivata sul rischio  che  le  cosiddette  seconde  case
vengano iscritte come abitazioni principali. 
    In disparte che tale rischio esiste anche  per  i  conviventi  di
fatto, va precisato che i comuni dispongono di efficaci strumenti per
controllare la veridicita' delle dichiarazioni, tra cui,  in  base  a
quanto previsto dall'art. 2, comma  10,  lettera  c),  punto  2,  del
d.lgs. n.  23  del  2011,  anche  l'accesso  ai  dati  relativi  alla
somministrazione di energia elettrica, di servizi idrici  e  del  gas
relativi agli immobili ubicati nel proprio territorio;  elementi  dai
quali si puo' riscontrare l'esistenza o meno di una dimora abituale. 
    In conclusione,  la  norma  censurata,  disciplinando  situazioni
omogenee «in modo ingiustificatamente diverso» (ex plurimis, sentenza
n. 165 del 2020), si dimostra quindi in contrasto con il principio di
eguaglianza di cui all'art. 3 Cost. nella parte in cui  introduce  il
riferimento al nucleo familiare nel definire l'abitazione principale. 
    10.- Altresi' fondata e' la censura riferita all'art. 31 Cost. 
    Va premesso che, come hanno rilevato numerosi  studi  dottrinali,
il sistema fiscale italiano  si  dimostra  avaro  nel  sostegno  alle
famiglie. E cio' nonostante la generosita' con  cui  la  Costituzione
italiana ne riconosce il valore, come leva in grado  di  accompagnare
lo  sviluppo  sociale,  economico  e  civile,   dedicando   ben   tre
disposizioni a tutela della famiglia, con un'attenzione che raramente
si ritrova in altri ordinamenti. 
    In tale contesto l'art. 31  Cost.,  statuisce:  «[l]a  Repubblica
agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della
famiglia  e  l'adempimento  dei  compiti  relativi,  con  particolare
riguardo alle famiglie numerose». 
    In questo modo tale norma suggerisce ma non  impone  trattamenti,
anche fiscali, a favore della famiglia; li  giustifica,  quindi,  ove
introdotti dal legislatore; senz'altro si oppone,  in  ogni  caso,  a
quelli che si risolvono in una penalizzazione della famiglia. 
    Di qui la violazione anche dell'art.  31  Cost.  da  parte  della
norma censurata in  quanto  ricollega  l'abitazione  principale  alla
contestuale residenza anagrafica e dimora abituale del  possessore  e
del nucleo familiare, secondo una logica che, come si  e'  visto,  ha
condotto il diritto vivente a riconoscere  il  diritto  all'esenzione
IMU (o alla doppia esenzione) solo in caso di «frattura del  rapporto
di convivenza tra i coniugi» e conseguente «disgregazione del  nucleo
familiare». 
    11.- Fondata, infine, e' anche la censura  relativa  all'art.  53
Cost. 
    Avendo  come  presupposto  il  possesso,  la  proprieta'   o   la
titolarita' di altro diritto reale  in  relazione  a  beni  immobili,
l'IMU riveste la natura di imposta reale  e  non  ricade  nell'ambito
delle imposte di tipo personale, quali quelle sul reddito. 
    Appare  pertanto  con  cio'  coerente  il  fatto  che  nella  sua
articolazione  normativa  rilevino  elementi  come  la   natura,   la
destinazione o lo  stato  dell'immobile,  ma  non  le  relazioni  del
soggetto con il nucleo familiare e, dunque, lo status  personale  del
contribuente. 
    Cio' salvo, in via di eccezione, una ragionevole giustificazione,
che nel caso pero' non sussiste: qualora,  infatti,  l'organizzazione
della convivenza imponga ai coniugi o ai  componenti  di  una  unione
civile l'effettiva dimora abituale  e  residenza  anagrafica  in  due
immobili distinti, viene ovviamente  meno  la  maggiore  economia  di
scala  che  la  residenza  comune  potrebbe  determinare,  ovvero  la
convivenza in un unico immobile, fattispecie che per tabulas nel caso
in considerazione non si verifica. 
    Sotto tale profilo, le ragioni  che  spingono  ad  accogliere  la
censura  formulata  in  relazione  all'art.   53   Cost.   rafforzano
l'illegittimita'  costituzionale  in  riferimento  anche  all'art.  3
Cost.; infatti «ogni diversificazione del regime tributario, per aree
economiche o per tipologia di contribuenti, deve essere supportata da
adeguate giustificazioni, in assenza delle quali la  differenziazione
degenera in arbitraria discriminazione» (sentenza n. 10 del 2015). 
    12.-   Conclusivamente    deve    dichiararsi    l'illegittimita'
costituzionale del quarto periodo del comma 2 dell'art. 13  del  d.l.
n. 201 del 2011, come convertito e successivamente  modificato  dalla
legge n.  147  del  2013,  nella  parte  in  cui  stabilisce:  «[p]er
abitazione principale si intende l'immobile, iscritto  o  iscrivibile
nel catasto edilizio urbano come unica unita' immobiliare, nel  quale
il possessore e il  suo  nucleo  familiare  dimorano  abitualmente  e
risiedono  anagraficamente»,  anziche'  disporre:  «[p]er  abitazione
principale si intende l'immobile, iscritto o iscrivibile nel  catasto
edilizio  urbano  come  unica  unita'  immobiliare,  nel   quale   il
possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente». 
    13.- L'illegittimita' costituzionale del censurato quarto periodo
del comma 2 dell'art. 13, nei termini descritti,  determina,  in  via
consequenziale, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo  1953,  n.
87  (Norme  sulla  costituzione  e  sul  funzionamento  della   Corte
costituzionale), quella di ulteriori norme. 
    13.1.-  Innanzitutto  comporta  l'illegittimita'   costituzionale
consequenziale del quinto periodo del medesimo comma 2  dell'art.  13
del  d.l.  n.  201  del  2011,  come  convertito  e   successivamente
modificato, che stabilisce: «[n]el  caso  in  cui  i  componenti  del
nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la  residenza
anagrafica in immobili diversi situati nel  territorio  comunale,  le
agevolazioni per l'abitazione principale e per le relative pertinenze
in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile». 
    Tale disposizione, infatti, risulta incompatibile  con  la  ratio
della decisione di questa Corte sul quarto periodo del medesimo comma
2,   poiche'   lascerebbe   in   essere   le   descritte   violazioni
costituzionali all'interno dello stesso  comune,  dove,  in  caso  di
residenze e dimore abituali disgiunte, una coppia di  fatto  godrebbe
di un doppio  beneficio,  che  risulterebbe  invece  precluso,  senza
apprezzabile motivo, a quella unita in matrimonio o unione civile. 
    E' ben vero che la necessita' di residenza disgiunta  all'interno
del medesimo comune rappresenta una ipotesi del tutto eccezionale  (e
che come tale dovra' essere oggetto di accurati e specifici controlli
da parte delle amministrazioni comunali), ma, da un lato, date sia le
grandi dimensioni di alcuni  comuni  italiani,  sia  la  complessita'
delle situazioni della vita, essa non puo' essere esclusa  a  priori;
dall'altro, mantenere in vita la norma determinerebbe un  accesso  al
beneficio del tutto casuale, in ipotesi favorendo i nuclei  familiari
che magari per poche decine di metri hanno stabilito una residenza al
di fuori del confine  comunale  e  discriminando  quelli  che  invece
l'hanno stabilita all'interno dello stesso. 
    13.2.- L'illegittimita' costituzionale in via  consequenziale  va
dichiarata  anche  con  riguardo  alla  lettera  b)  del  comma  741,
dell'art. 1 della legge n. 160 del  2019,  dove,  in  relazione  alla
cosiddetta "nuova IMU", e'  stato  identicamente  ribadito  che  «per
abitazione principale si intende l'immobile, iscritto  o  iscrivibile
nel catasto edilizio urbano come unica unita' immobiliare, nel  quale
il possessore e  i  componenti  del  suo  nucleo  familiare  dimorano
abitualmente  e  risiedono  anagraficamente.  Nel  caso  in   cui   i
componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora  abituale
e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel  territorio
comunale, le  agevolazioni  per  l'abitazione  principale  e  per  le
relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per
un solo immobile». 
    Con  riferimento  al  primo  periodo  di  tale  disposizione   la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale in via  consequenziale
va dichiarata  nella  parte  in  cui  stabilisce:  «[p]er  abitazione
principale si intende l'immobile, iscritto o iscrivibile nel  catasto
edilizio  urbano  come  unica  unita'  immobiliare,  nel   quale   il
possessore  e  i  componenti  del  suo  nucleo   familiare   dimorano
abitualmente e risiedono anagraficamente», anziche' disporre:  «[p]er
abitazione principale si intende l'immobile, iscritto  o  iscrivibile
nel catasto edilizio urbano come unica unita' immobiliare, nel  quale
il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente». 
    Con riferimento al secondo periodo essa investe, invece, l'intera
disposizione. 
    13.3.-   Deve,   infine,   essere   dichiarata   l'illegittimita'
costituzionale in via consequenziale anche  dell'ultima  formulazione
del medesimo comma 741, lettera b), secondo periodo, all'esito  delle
modifiche apportate con l'art. 5-decies, comma 1, del d.l. n. 146 del
2021, come convertito, che dispone:  «per  abitazione  principale  si
intende l'immobile,  iscritto  o  iscrivibile  nel  catasto  edilizio
urbano come unica unita' immobiliare, nel quale  il  possessore  e  i
componenti del suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono
anagraficamente. Nel caso in cui i componenti  del  nucleo  familiare
abbiano stabilito la dimora abituale e  la  residenza  anagrafica  in
immobili diversi situati nel territorio comunale o in comuni diversi,
le  agevolazioni  per  l'abitazione  principale  e  per  le  relative
pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un  solo
immobile, scelto dai componenti del nucleo familiare». 
    Rispetto a tale disciplina risultano replicabili le  motivazioni,
sopra esposte, che hanno condotto  all'accoglimento  delle  questioni
che questa Corte si e' autorimessa. 
    Infatti,    consentendo    alla    scelta    dei     contribuenti
l'individuazione  dell'unico  immobile  da   esentare,   la   novella
disancora,   ancora   una   volta,   la   spettanza   del   beneficio
dall'effettivita' del luogo di dimora  abituale,  negando  cosi'  una
doppia esenzione per ciascuno degli immobili nei quali i coniugi o  i
componenti di una unione civile abbiano avuto  l'esigenza,  in  forza
delle necessita' della vita, di stabilirla, assieme, ovviamente, alla
residenza anagrafica. 
    14.- Da ultimo questa Corte, ritiene opportuno  chiarire  che  le
dichiarazioni  di  illegittimita'  costituzionale   ora   pronunciate
valgono a rimuovere i vulnera agli artt. 3, 31 e 53 Cost.  imputabili
all'attuale  disciplina  dell'esenzione   IMU   con   riguardo   alle
abitazioni  principali,  ma  non  determinano,  in  alcun  modo,  una
situazione in cui le cosiddette "seconde case" delle coppie unite  in
matrimonio o in  unione  civile  ne  possano  usufruire.  Ove  queste
abbiano la stessa dimora abituale (e quindi  principale)  l'esenzione
spetta una sola volta. 
    Da questo punto di vista il venir meno di  automatismi,  ritenuti
incompatibili con i suddetti parametri, responsabilizza i comuni e le
altre  autorita'  preposte  ad  effettuare  adeguati   controlli   al
riguardo; controlli che, come si e' visto,  la  legislazione  vigente
consente in termini senz'altro efficaci. 
    15.- L'accoglimento delle questioni riferite  al  quarto  periodo
dell'art. 13, comma 2, del d.l. n. 201 del 2011,  come  convertito  e
successivamente modificato,  e  la  dichiarazione  di  illegittimita'
costituzionale in via consequenziale del  successivo  quinto  periodo
del medesimo comma, determinano l'inammissibilita'  per  sopravvenuta
carenza di oggetto delle questioni sollevate con l'ordinanza iscritta
al r.o. n. 3 del 2022 dalla CTP di Napoli (ex  multis,  ordinanze  n.
102 del 2022, n. 206 e n. 93 del 2021, n. 125 e n. 105 del  2020,  n.
71 del 2017). 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riuniti i giudizi, 
    1) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art.  13,  comma
2,  quarto  periodo,  del  decreto-legge  6  dicembre  2011,  n.  201
(Disposizioni urgenti per la crescita, l'equita' e il  consolidamento
dei conti pubblici), convertito, con modificazioni,  nella  legge  22
dicembre 2011, n.  214,  come  modificato  dall'art.  1,  comma  707,
lettera  b),  della  legge  27  dicembre  2013,   n.   147,   recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello  Stato  (Legge  di  stabilita'  2014)»,  nella  parte  in   cui
stabilisce:  «[p]er  abitazione  principale  si  intende  l'immobile,
iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica  unita'
immobiliare, nel quale  il  possessore  e  il  suo  nucleo  familiare
dimorano  abitualmente   e   risiedono   anagraficamente»,   anziche'
disporre:  «[p]er  abitazione  principale  si   intende   l'immobile,
iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica  unita'
immobiliare, nel quale il possessore dimora  abitualmente  e  risiede
anagraficamente»; 
    2) dichiara, in via consequenziale, ai sensi dell'art.  27  della
legge  11  marzo  1953,  n.  87  (Norme  sulla  costituzione  e   sul
funzionamento   della   Corte    costituzionale),    l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 13, comma 2, quinto periodo, del d.l. n. 201
del 2011, come convertito, e successivamente modificato dall'art.  1,
comma 707, lettera b), della legge n. 147 del 2013; 
    3) dichiara, in via consequenziale, ai sensi dell'art.  27  della
legge n. 87 del 1953, l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  1,
comma 741, lettera b), primo periodo, della legge 27  dicembre  2019,
n. 160 (Bilancio di previsione dello  Stato  per  l'anno  finanziario
2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022),  nella  parte
in cui stabilisce: «per abitazione principale si intende  l'immobile,
iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica  unita'
immobiliare, nel quale il possessore e i componenti  del  suo  nucleo
familiare  dimorano  abitualmente   e   risiedono   anagraficamente»,
anziche' disporre: «per abitazione principale si intende  l'immobile,
iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica  unita'
immobiliare, nel quale il possessore dimora  abitualmente  e  risiede
anagraficamente»; 
    4) dichiara, in via consequenziale, ai sensi dell'art.  27  della
legge n. 87 del 1953, l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  1,
comma 741, lettera b), secondo periodo, della legge n. 160 del 2019; 
    5) dichiara, in via consequenziale, ai sensi dell'art.  27  della
legge n. 87 del 1953, l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  1,
comma 741, lettera b), secondo periodo, della legge n. 160 del  2019,
come successivamente modificato  dall'art.  5-decies,  comma  1,  del
decreto-legge 21 ottobre 2021, n.  146  (Misure  urgenti  in  materia
economica  e  fiscale,  a  tutela   del   lavoro   e   per   esigenze
indifferibili),  convertito,  con  modificazioni,  nella   legge   17
dicembre 2021, n. 215; 
    6) dichiara l'inammissibilita' delle  questioni  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 13, comma 2, quinto periodo, del d.l. n. 201
del 2011, come convertito e successivamente modificato  dall'art.  1,
comma 707, lettera b), della legge n. 147  del  2013,  sollevate,  in
riferimento  agli  artt.  1,  3,  4,  29,  31,  35,  47  e  53  della
Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Napoli  con
l'ordinanza in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 12 settembre 2022. 
 
                                F.to: 
                     Silvana SCIARRA, Presidente 
                      Luca ANTONINI, Redattore 
             Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria 
 
    Depositata in Cancelleria il 13 ottobre 2022. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA