N. 221 SENTENZA 13 settembre - 27 ottobre 2022

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Energia - Impianti alimentati da  fonti  rinnovabili  -  Norme  della
  Regione  Lazio  -  Individuazione  delle  aree   non   idonee   per
  l'installazione  di  impianti  fotovoltaici  -  Assegnazione  della
  competenza ai Comuni - Sospensione, nelle more, per otto  mesi  del
  rilascio delle nuove autorizzazioni di impianti - Violazione  della
  competenza statale  nella  materia  concorrente  della  produzione,
  trasporto e distribuzione nazionale dell'energia  -  Illegittimita'
  costituzionale. 
Energia - Impianti alimentati da  fonti  rinnovabili  -  Norme  della
  Regione  Lazio  -  Individuazione  delle  aree   non   idonee   per
  l'installazione  di  impianti  fotovoltaici  -  Assegnazione  della
  competenza ai Comuni - Sospensione, nelle more, per otto  mesi  del
  rilascio  delle  nuove  autorizzazioni  di   impianti   -   Novella
  sostanzialmente   riproduttiva   della   normativa   modificata   -
  Violazione della competenza statale nella materia concorrente della
  produzione, trasporto  e  distribuzione  nazionale  dell'energia  -
  Illegittimita' costituzionale. 
Ambiente - Aree protette, parchi e riserve  naturali  -  Norme  della
  Regione Lazio - Modifica  in  riduzione  della  perimetrazione  del
  Parco regionale dell'Appia Antica, in  assenza  del  coinvolgimento
  degli enti locali interessati - Ricorso del  Governo  -  Violazione
  della competenza legislativa esclusiva statale in materia di tutela
  dell'ambiente e dell'ecosistema - Illegittimita' costituzionale. 
Paesaggio - Norme della Regione Lazio -  Attivita'  consentite  nelle
  zone agricole, come indicate da legge regionale cui rinvia il piano
  territoriale  paesistico  regionale  (PTPR)  -  Ricomprensione,   a
  seguito di novella legislativa, delle attivita' multimprenditoriali
  integrate e complementari con le attivita' aziendali - Ricorso  del
  Governo - Lamentata violazione dei limiti contenuti nel  PTPR,  con
  conseguente violazione  della  potesta'  legislativa  esclusiva  in
  materia  di  tutela  del  paesaggio  e  del  principio   di   leale
  collaborazione - Non fondatezza delle questioni. 
Energia - Impianti alimentati da  fonti  rinnovabili  -  Norme  della
  Regione  Lazio  -  Individuazione  delle  aree   non   idonee   per
  l'installazione  di  impianti  fotovoltaici  -  Assegnazione  della
  competenza ai Comuni - Potere sostitutivo della Regione, in caso di
  inerzia - Istituzione  del  Gruppo  tecnico  interdisciplinare  per
  l'individuazione delle aree idonee  e  non  idonee  -  Ricorso  del
  Governo - Lamentata violazione dei  principi  fondamentali  statali
  nella   materia   concorrente   della   produzione,   trasporto   e
  distribuzione  nazionale  dell'energia  -  Inammissibilita'   delle
  questioni. 
- Legge della Regione Lazio 11 agosto 2021, n. 14, art. 64, comma  1,
  lettera a), sostitutivo del comma 2 dell'art. 54 della legge  della
  Regione Lazio 22 dicembre 1999, n. 38; art. 75,  comma  1,  lettera
  b), numeri 2), 3), 4) e 5), nella parte in cui  introduce  i  commi
  5-bis, 5-quater e  5-quinquies  dell'art.  3.1  della  legge  della
  Regione Lazio 16 dicembre 2011, n. 16, e lettera c); art. 81; legge
  della Regione Lazio 30 dicembre 2021, n. 20, art. 6. 
- Costituzione, artt. 9, 41, 97 e 117, commi secondo, lettere  e)  ed
  s) e terzo; direttiva 2009/28/CE, art.  13;  direttiva  2001/77/CE;
  direttiva 2018/2001/UE, art. 15; regolamento (UE) n. 2018/1999. 
(GU n.44 del 2-11-2022 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Silvana SCIARRA; 
Giudici :Daria de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,  Franco  MODUGNO,  Giulio
  PROSPERETTI, Giovanni  AMOROSO,  Luca  ANTONINI,  Stefano  PETITTI,
  Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA,  Maria  Rosaria  SAN  GIORGIO,
  Filippo PATRONI GRIFFI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 64,  comma
1, lettera a), 75, comma 1, lettera b), numeri 2), 3),  4)  e  5),  e
lettera c), e 81 della legge della Regione Lazio 11 agosto  2021,  n.
14 (Disposizioni collegate alla legge di stabilita' regionale 2021  e
modifiche di leggi  regionali),  e  dell'art.  6  della  legge  della
Regione Lazio 30 dicembre 2021, n. 20 (Legge di stabilita'  regionale
2022), promossi dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorsi
notificati l'11 ottobre 2021 e il 28  febbraio  2022,  depositati  in
cancelleria  il  19  ottobre  2021  e  il  4  marzo  2022,  iscritti,
rispettivamente, al n. 64 del registro ricorsi 2021 e al  n.  24  del
registro ricorsi 2022 e pubblicati  nella  Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica, prima serie speciale, n. 47,  dell'anno  2021  e  n.  15,
dell'anno 2022. 
    Visti gli atti  di  costituzione  della  Regione  Lazio,  nonche'
l'atto di intervento di Enel Green Power Italia srl; 
    udito nell'udienza pubblica del  13  settembre  2022  il  Giudice
relatore Filippo Patroni Griffi; 
    uditi l'avvocato dello Stato Gianna Galluzzo  per  il  Presidente
del Consiglio dei ministri e l'avvocato Elisa Caprio per  la  Regione
Lazio; 
    deliberato nella camera di consiglio del 13 settembre 2022. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con il primo dei ricorsi
indicati in epigrafe (reg. ric. n. 64 del 2021) ha promosso questioni
di legittimita' costituzionale degli artt. 64, comma 1,  lettera  a);
75, comma 1, lettera b), numeri 2), 3), 4) e 5), e lettera c),  e  81
della legge della Regione Lazio 11 agosto 2021, n.  14  (Disposizioni
collegate alla legge di stabilita'  regionale  2021  e  modifiche  di
leggi regionali), in riferimento a plurimi parametri costituzionali e
interposti. 
    1.1.- L'impugnato art. 64, comma 1, lettera a),  modifica  l'art.
54 della legge della Regione Lazio 22 dicembre 1999, n. 38 (Norme sul
governo del territorio), recante la disciplina  delle  trasformazioni
urbanistiche in zona agricola, sostituendone il comma 2. 
    Il ricorrente rileva che  la  sostituzione  determina  per  larga
parte una diversa articolazione del medesimo contenuto normativo, cui
si aggiunge  la  precisazione  concernente  la  possibilita'  che  la
«produzione delle energie rinnovabili» avvenga «anche  attraverso  la
realizzazione di impianti di trattamento degli scarti  delle  colture
agricole e dei liquami prodotti dagli  impianti  di  allevamento  del
bestiame» (art. 54, comma  2,  lettera  b),  numero  6).  Secondo  il
Presidente del Consiglio dei ministri, con la  novella  in  esame  il
legislatore regionale non e' intervenuto  sulla  disciplina  relativa
alla tipizzazione delle attivita' astrattamente previste  nelle  zone
agricole,  come  tali  classificate   dagli   strumenti   urbanistici
comunali, ma ha inciso «surrettiziamente sulla  disciplina  contenuta
nel Piano territoriale paesistico regionale in tema di  attivita'  in
concreto  consentite  nelle  aziende  agricole  ricadenti  in  ambiti
soggetti a vincolo paesaggistico». 
    A tale riguardo, l'Avvocatura dello Stato richiama l'art. 52  del
piano  territoriale  paesistico  regionale  (PTPR)  -  approvato  con
deliberazione del Consiglio della Regione Lazio 21 aprile 2021, n.  5
- il cui comma 1 prevede che nell'ambito di aziende agricole in  aree
vincolate «e' consentita la realizzazione di  manufatti  strettamente
funzionali e dimensionati alle  attivita'  agricole».  Il  successivo
comma 4 stabilisce, poi, che, previa  approvazione  di  un  piano  di
utilizzazione aziendale (PUA), e' altresi'  consentito  l'inserimento
di funzioni e attivita' compatibili ai  sensi  del  citato  art.  54,
comma 2, lettera b), della legge reg. Lazio n. 38 del  1999.  Orbene,
al tempo dell'approvazione del PTPR  -  dunque  prima  della  novella
apportata dalla disposizione impugnata con l'odierno ricorso  -  tale
disposizione faceva riferimento, afferma  il  ricorrente,  alle  sole
«attivita' di trasformazione e vendita diretta dei prodotti derivanti
dall'esercizio delle  attivita'  agricole  tradizionali».  A  seguito
della novella, invece,  tale  rinvio  operato  dal  PTPR  assume  «un
contenuto nettamente piu' ampio, che  esula  dalle  scelte  all'epoca
condivise tra Stato e Regione», perche' riferibile «anche a tutte  le
altre "attivita' multimprenditoriali integrate e complementari con le
attivita' agricole aziendali"». 
    Sarebbe pertanto evidente che la legge  regionale  impugnata  sia
solo apparentemente una formale modifica del citato art. 54,  perche'
invero  diretta  a  modificare  unilateralmente  il  PTPR,   la   cui
revisione, invece, «puo' avvenire  esclusivamente  nel  rispetto  dei
presupposti   e   delle   modalita'    previsti    dall'Accordo    di
copianificazione, sottoscritto congiuntamente con il Ministero  della
Cultura, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Codice di settore». 
    La volonta' regionale di ampliare le attivita' consentite sarebbe
altresi' dimostrata dalla relazione  illustrativa  alla  proposta  di
legge regionale, ove si afferma che la novella  qui  in  esame  viene
disposta per «un necessario coordinamento» con il  PTPR.  Sennonche',
sarebbe evidente che, ove in sede di copianificazione ci fosse  stata
l'intenzione di consentire nelle aziende agricole in  aree  vincolate
anche attivita' diverse da quelle di trasformazione e vendita diretta
dei  prodotti  derivanti  dall'esercizio  delle  attivita'   agricole
tradizionali, il rinvio sarebbe stato non soltanto  alla  lettera  b)
dell'art. 54, comma 2, della legge reg. Lazio  n.  38  del  1999,  ma
all'intero detto comma. 
    Operando  una  modifica  unilaterale  del   piano   paesaggistico
approvato d'intesa con lo Stato, la norma impugnata violerebbe allora
l'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, in  quanto
in contrasto con gli artt. 135, 143 e 145 del decreto legislativo  22
gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e  del  paesaggio,  ai
sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137). 
    Il Presidente del Consiglio dei ministri rileva, infatti, che con
tale decreto legislativo e' stata innovata la disciplina  in  materia
di  pianificazione  paesaggistica,  introducendo  in  particolare  il
principio della pianificazione congiunta (artt. 135, comma 1, e  143,
comma 2), la quale prevede  «per  ciascuna  area  tutelata,  le  c.d.
prescrizioni d'uso (e cioe' i criteri di gestione del vincolo,  volti
a orientare la fase autorizzatoria) e stabilisce la  tipologia  delle
trasformazioni compatibili e di quelle vietate, nonche' le condizioni
delle eventuali trasformazioni». In tal modo, e' stata  assegnata  al
piano  paesaggistico  «una  posizione  di  assoluta  preminenza   nel
contesto della pianificazione  territoriale»,  presidiata  dalla  sua
inderogabilita' da parte di piani, programmi e progetti  nazionali  o
regionali di sviluppo economico,  dalla  sua  cogenza  rispetto  agli
strumenti urbanistici nonche' dalla sua prevalenza su ogni altro atto
della   pianificazione   territoriale   e   urbanistica,   come    la
giurisprudenza di questa Corte  avrebbe  piu'  volte  rilevato  (sono
richiamate le sentenze n. 86 del 2019, n. 272 del 2009,  n.  180  del
2008 e n. 182 del 2006).  La  norma  regionale  impugnata,  pertanto,
sarebbe  in  contrasto  con  tale  normativa  statale,   perche'   ha
indirettamente   modificato,   in   via   unilaterale,    il    piano
paesaggistico. 
    Oltre alla violazione dell'art. 117, secondo comma,  lettera  s),
Cost., il ricorrente lamenta  anche  quella  dell'art.  9  Cost.,  in
quanto sarebbe stato  determinato  un  abbassamento  del  livello  di
tutela del paesaggio, che ha il rango di valore primario  e  assoluto
(e' richiamata la sentenza di questa Corte n. 367 del 2007),  nonche'
quella del principio di leale collaborazione, il  quale  impone  alle
parti di rispettare gli impegni assunti in  accordi  ufficiali  (sono
citate le sentenze di questa Corte n. 240 del 2020 e n. 31 del 2006). 
    1.2.- L'impugnato art. 75, comma 1, lettera b), numeri 2), 3), 4)
e 5), e lettera c), modifica l'art. 3.1  della  legge  della  Regione
Lazio 16 dicembre 2011, n. 16 (Norme in materia ambientale e di fonti
rinnovabili), con disposizioni che pero' sarebbero in contrasto con i
principi fondamentali dettati dal legislatore statale in  materia  di
«produzione, trasporto e distribuzione nazionale  dell'energia»,  che
non tollerano eccezioni sul territorio nazionale  (e'  richiamata  la
sentenza di questa Corte  n.  69  del  2018)  e  nel  cui  ambito  va
ricondotta  la  disciplina  degli  impianti  di  energia   da   fonti
rinnovabili, regolata dal decreto legislativo 29  dicembre  2003,  n.
387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa  alla  promozione
dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili  nel
mercato interno dell'elettricita') (e' citata la sentenza  di  questa
Corte n. 189 del 2014). 
    1.2.1.- L'art. 75, comma 1, lettera b), numeri 2), 3), 4)  e  5),
in particolare, modifica l'art. 3.1 della predetta  legge  regionale,
dettando una serie di norme in materia di individuazione  delle  aree
non idonee all'installazione di impianti  fotovoltaici,  fissando  in
particolare al 30 giugno 2022 il termine  entro  il  quale  i  comuni
devono individuare dette aree. 
    Il ricorrente riferisce di essere consapevole che  questa  Corte,
con la sentenza n.  141  del  2021,  ha  dichiarato  non  fondata  la
questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  10,  comma  11,
della legge della Regione Lazio 27 febbraio 2020, n. 1 (Misure per lo
sviluppo  economico,  l'attrattivita'   degli   investimenti   e   la
semplificazione),   che   ha   sancito   la    competenza    comunale
all'individuazione delle predette aree, ma ritiene che  la  questione
andrebbe riesaminata alla luce del  mutamento  del  quadro  normativo
interposto. 
    Il tema delle aree  idonee  e  non  idonee  all'installazione  di
impianti a fonti rinnovabili, infatti, e' stato affrontato  dall'art.
5, comma 1, lettere a) e b),  della  legge  22  aprile  2021,  n.  53
(Delega al Governo per  il  recepimento  delle  direttive  europee  e
l'attuazione di altri atti dell'Unione europea - Legge di delegazione
europea 2019-2020), in attuazione del quale il Governo, il  5  agosto
2021, ha adottato il relativo schema di decreto legislativo,  il  cui
art. 20 detta la disciplina per l'individuazione di superfici e  aree
idonee per l'installazione di impianti a fonti rinnovabili. Riportato
il testo delle disposizioni evocate, il Presidente del Consiglio  dei
ministri afferma che, nelle more della definitiva approvazione  dello
schema di decreto legislativo,  in  virtu'  del  principio  di  leale
collaborazione la Regione Lazio dovrebbe scongiurare  «l'introduzione
di  discipline  anticipatorie  degli   effetti   attuativi,   nonche'
derogatorie,   implicanti,   medio   tempore,   potenziali    effetti
distorsivi». 
    1.2.2.- L'art. 75, comma 1, lettera c), prevede poi l'inserimento
nella legge reg. Lazio n. 16 del 2011 dell'art. 3.1.1, che istituisce
il gruppo tecnico interdisciplinare per l'individuazione  delle  aree
idonee e non idonee FER (fonti energetiche rinnovabili). 
    Riportata per esteso la  disposizione  impugnata,  il  ricorrente
rammenta che il piano nazionale integrato per l'energia  e  il  clima
(PNIEC) - inviato alla Commissione europea  dal  Governo  italiano  a
fine 2019 in attuazione del regolamento (UE) 2018/1999 del Parlamento
europeo e del Consiglio,  dell'11  dicembre  2018,  sulla  governance
dell'Unione dell'energia e dell'azione per il clima che  modifica  le
direttive (CE) n. 663/2009 e (CE) n. 715/2009 del Parlamento  europeo
e  del  Consiglio,  le  direttive  94/22/CE,  98/70/CE,   2009/31/CE,
2009/73/CE,  2010/31/UE,  2012/27/UE  e  2013/30/UE  del   Parlamento
europeo e del Consiglio, le direttive  del  Consiglio  2009/119/CE  e
(UE) 2015/652 e che  abroga  il  regolamento  (UE)  n.  525/2013  del
Parlamento europeo e del Consiglio -  demanda  alle  regioni,  «sulla
base di criteri previamente stabiliti e  condivisi,  l'individuazione
delle aree idonee e non idonee per la localizzazione  di  impianti  a
fonte rinnovabile». L'obiettivo della  individuazione  concertata  e'
«quello  di  favorire  lo  sviluppo  coordinato  di  impianti,   rete
elettrica e sistemi di accumulo». 
    La richiamata legge n. 53 del  2021,  a  tal  fine,  coinvolge  i
ministeri di riferimento nello stabilire i criteri e attribuisce  «la
titolarita' del  processo  programmatorio  alle  Regioni  e  Province
autonome». Lo schema di decreto legislativo, all'art. 20 e  in  linea
con la legge di delega, attribuisce  alle  regioni  e  alle  province
autonome il compito di individuare le aree idonee. 
    Ne  conseguirebbe  che  la  disposizione  in  esame  sarebbe   in
contrasto «per i motivi dianzi  rassegnati»  con  l'art.  117,  commi
primo, secondo, lettere e) e s), e terzo, Cost.  «in  riferimento  ai
citati parametri statali ed eurounitari dianzi citati». 
    1.2.3.- L'art. 75, comma 1, lettera b), numero 5),  e'  impugnato
altresi' nella parte in  cui  introduce  i  nuovi  commi  5-quater  e
5-quinquies dell'art. 3.1 della legge reg. Lazio n. 16 del 2011. Sono
disposizioni attraverso le quali  il  legislatore  regionale  dispone
«una sospensione dei procedimenti autorizzativi per la costruzione ed
esercizio di impianti alimentati da fonti  rinnovabili  ivi  indicati
(c.d. "moratorie") per otto mesi a decorrere dalla data di entrata in
vigore della legge regionale in esame». 
    L'art. 12, comma 4, del  d.lgs.  n.  387  del  2003  prevede  che
l'autorizzazione alla costruzione  e  all'esercizio  di  impianti  di
produzione di energia elettrica alimentati da  fonti  rinnovabili  e'
rilasciata nell'ambito di un procedimento unico cui partecipano tutte
le Amministrazioni interessate e che deve concludersi  entro  novanta
giorni,  al  netto  dei  tempi  previsti  per  il  provvedimento   di
valutazione di impatto ambientale di  cui  all'art.  26  del  decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia  ambientale):  si
tratta di un termine che  la  giurisprudenza  costituzionale  avrebbe
qualificato quale principio fondamentale nella  materia  «produzione,
trasporto e distribuzione nazionale dell'energia». 
    Le norme impugnate, stabilendo invece la sospensione del rilascio
delle autorizzazioni, si porrebbero pertanto in  contrasto  con  tale
principio, come questa Corte  avrebbe  riconosciuto  in  relazione  a
norma analoga nella sentenza n. 364 del 2006 e  in  base  a  principi
recentemente ribaditi nella sentenza n. 177 del 2021. 
    Il richiamato principio fondamentale, d'altro canto, attua l'art.
13 della direttiva  n.  2009/28/CE,  del  Parlamento  europeo  e  del
Consiglio, del 23 aprile 2009, sulla promozione dell'uso dell'energia
da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle
direttive 2001/77/CE e 2003/30/C,  poi  ripreso  dall'art.  15  della
direttiva n. 2018/2001/UE, dell'11 dicembre  2018,  sulla  promozione
dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili  (rifusione),  sicche'  le
norme impugnate contrasterebbero anche con l'art. 117,  primo  comma,
Cost. 
    Infine, le norme regionali in esame sarebbero lesive anche  degli
artt. 41 e 97 Cost., perche' la sospensione del potere  autorizzativo
in relazione ad attivita'  promossa  e  incentivata  dall'ordinamento
nazionale ed europeo «costituirebbe un grave ostacolo  all'iniziativa
economica  nel   campo   della   produzione   energetica   da   fonti
rinnovabili», come  questa  Corte  avrebbe  gia'  riconosciuto  nella
sentenza n. 177 del 2018. 
    1.3.-   L'impugnato   art.   81   dispone   la   modifica   della
perimetrazione del parco regionale dell'Appia Antica,  riducendone  i
confini. 
    Secondo il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  la  norma
regionale sarebbe in palese contrasto con  gli  artt.  22,  comma  1,
lettere a) e c), e 23 della legge 6  dicembre  1991,  n.  394  (Legge
quadro sulle aree protette), in quanto non sarebbe  stato  rispettato
quanto ivi previsto con riferimento alla  partecipazione  degli  enti
locali nella variazione dei confini del parco. 
    Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  lamenta,  poi,  la
violazione dell'art. 6 del d.lgs. n. 152  del  2006,  che  impone  la
valutazione ambientale strategica (VAS) per quei  piani  che  possono
avere  «impatti  significativi  sull'ambiente»   e   sul   patrimonio
culturale. A parere del ricorrente - in  linea  con  quanto  previsto
dalla direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo  e  del  Consiglio,
del 27 giugno 2001,  concernente  la  valutazione  degli  effetti  di
determinati piani e  programmi  sull'ambiente,  dalla  giurisprudenza
della Corte di giustizia dell'Unione europea,  secondo  la  quale  le
disposizioni di tale direttiva devono essere  interpretate  in  senso
ampio (e' richiamata la sentenza 22 marzo 2012,  in  causa  C-567/10,
Inter-Environnement Bruxelles ASBL e altri, paragrafi da 24 a 43),  e
dal documento della Commissione europea «Attuazione  della  direttiva
2001/42/CE concernente la valutazione degli  effetti  di  determinati
piani e programmi sull'ambiente» - la VAS deve «essere  prevista  per
tutte quelle decisioni che determinano effetti sulle modalita' di uso
di una determinata area, provocandone  un  sostanziale  cambiamento».
Nel caso di  specie,  tra  l'altro,  la  riperimetrazione  «interessa
"piccole aree a livello  locale"»  e  si  traduce  in  una  «modifica
minore» al piano  previgente,  sicche'  dovrebbe  essere  l'autorita'
competente a valutare se la riperimetrazione possa  produrre  impatti
significativi   sull'ambiente,   derivandone   l'«assoggettamento   a
verifica di assoggettabilita' a VAS» o, in assenza  dei  presupposti,
l'esonero da tale verifica. 
    Al contempo,  e  «in  maniera  conseguenziale»,  la  disposizione
censurata violerebbe altresi' l'art. 6, paragrafo 3, della  direttiva
92/43/CEE  del  Consiglio,  del  21  maggio   1992,   relativa   alla
conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della  flora  e
della fauna selvatiche, come recepito dall'art.  6  del  decreto  del
Presidente della  Repubblica  12  marzo  2003,  n.  120  (Regolamento
recante modifiche ed integrazioni al  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 8 settembre 1997, n.  357,  concernente  attuazione  della
direttiva  92/43/CEE  relativa  alla  conservazione   degli   habitat
naturali  e  seminaturali,  nonche'  della  flora   e   della   fauna
selvatiche),  il  quale  imporrebbe  la  sottoposizione  di  piani  e
programmi alla valutazione di incidenza ambientale  (VINCA).  A  tale
riguardo, il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  richiama  la
sentenza n. 38 del 2015 di questa Corte, la quale ha affermato che la
disciplina  in  tema  di  VINCA  e'  espressione   della   competenza
legislativa  esclusiva  in  materia  di   «tutela   dell'ambiente   e
dell'ecosistema» e condiziona, pertanto, la legislazione regionale. 
    D'altra parte - continua il ricorrente - la legge  della  Regione
Lazio 6 ottobre 1997, n.  29  (Norme  in  materia  di  aree  naturali
protette regionali), non prevede che la modifica della perimetrazione
di  un  parco  naturale  regionale  possa  effettuarsi   con   legge,
prevedendo al  contrario  che  il  relativo  piano,  che  include  la
perimetrazione definitiva dell'area naturale protetta, sia aggiornato
almeno ogni dieci  anni,  secondo  un  procedimento  -  espressamente
richiamato - che coinvolge l'ente di gestione, la  Giunta  regionale,
gli enti locali interessati e il Consiglio regionale (art. 26,  comma
5-bis). 
    Risulterebbe chiaro, pertanto, che  la  riperimetrazione  avrebbe
dovuto seguire o l'iter previsto dalla legge  n.  394  del  1991  per
l'istituzione di un parco, ovvero quello previsto  dalla  legge  reg.
Lazio n. 29 del 1997 per l'aggiornamento del piano  del  parco,  come
questa Corte avrebbe riconosciuto nella sentenza n. 134 del 2020. 
    Il ricorrente prende atto della circostanza per cui  la  modifica
del perimetro del parco e' stata preceduta dalle prescritte procedure
di consultazione e partecipazione pubblica di cui all'art. 22,  comma
1, lettera a), della legge n. 394 del 1991,  «nondimeno,  la  lettera
della norma stessa non rende chiaro siffatto aspetto istruttorio». 
    Richiamando la sentenza n. 276 del 2020  di  questa  Corte  -  la
quale avrebbe affermato che in caso di riduzione del parco  la  legge
deve   dettare   misure   di   salvaguardia   che   possano    essere
successivamente  tradotte  nel  piano  del   parco,   pena   la   sua
illegittimita'  -  la  difesa   del   ricorrente   afferma   che   la
riperimetrazione di un parco per sottrazione di una determinata  area
puo' avvenire soltanto attraverso l'approvazione di un  aggiornamento
al piano del parco. 
    Il Presidente del Consiglio dei ministri conclude, pertanto,  per
la  illegittimita'  costituzionale   dell'impugnato   art.   81   per
violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in quanto
contrastante   con   gli   standard   di   tutela   dell'ambiente   e
dell'ecosistema posti dal legislatore statale. 
    2.- Con atto depositato l'8 novembre 2021, la Regione Lazio si e'
costituita in giudizio,  chiedendo  che  il  ricorso  sia  dichiarato
inammissibile o comunque non fondato. 
    2.1.-  La  difesa  della  resistente  muove  dalla  questione  di
legittimita' costituzionale avente per oggetto l'art.  64,  comma  1,
lettera a), della legge reg. Lazio n. 14 del 2021, in relazione  alla
quale reputa  necessario  procedere  al  corretto  inquadramento  del
procedimento di formazione e approvazione del PTPR,  che  mostrerebbe
la non fondatezza della censura. 
    Le norme del PTPR, infatti, sono l'esito di un lavoro istruttorio
condotto per mezzo di un tavolo congiunto tra il Ministero per i beni
e le attivita' culturali e per il  turismo  -  oggi  Ministero  della
cultura - e la Regione Lazio, che ha trovato  formalizzazione  in  un
documento, allegato  all'atto  di  costituzione,  sottoscritto  dalle
parti in data 18  dicembre  2019.  Con  questo  documento,  e'  stato
condiviso e formalizzato  il  contenuto  normativo  del  PTPR,  parte
integrante e sostanziale di detto documento,  cui  e'  allegato,  «al
fine del raggiungimento dell'accordo previsto dagli artt. 143  e  156
del d.lgs. 42/2004». Con successiva nota  del  3  febbraio  2020,  il
Ministero ha trasmesso il  medesimo  testo  del  PTPR,  invitando  il
Presidente   della   Regione   Lazio   a   sottoporre    lo    stesso
all'approvazione del Consiglio regionale, avvenuta, senza modifiche o
integrazioni, con deliberazione n. 5 del 21 aprile  2021.  A  seguito
dell'accordo istituzionale del 27  maggio  2021  tra  Ministro  della
cultura e Presidente della Regione Lazio, il PTPR e' stato pubblicato
sul Bollettino Ufficiale della Regione Lazio 10 giugno 2021,  n.  56,
supplemento n. 2. Il PTPR  -  conclude  sul  punto  la  difesa  della
resistente - e' stato dunque elaborato congiuntamente tra  Regione  e
Ministero nel 2019. 
    2.1.1.- Cio' premesso, la Regione Lazio osserva  che  l'art.  52,
comma 4, del PTPR  consente  l'inserimento,  nelle  aziende  agricole
ricadenti in aree vincolate  paesaggisticamente,  delle  funzioni  ed
attivita' con queste  compatibili  elencate  all'art.  54,  comma  2,
lettera b), della legge reg. Lazio n. 38 del 1999. Si  tratta  di  un
rinvio fisso o recettizio, in quanto il PTPR e' frutto dell'attivita'
di copianificazione, sicche' «e' da escludere che  la  Regione  possa
unilateralmente modificare le norme del PTPR incidendo sul  contenuto
delle disposizioni regionali cui queste fanno rinvio». 
    Orbene, quando e' stato sottoscritto il documento di condivisione
istituzionale del PTPR nel dicembre 2019 - ovvero,  quando  e'  stato
formalizzato il testo del PTPR,  rimasto  inalterato  sino  alla  sua
approvazione nel 2021 - l'art. 54, comma 2, della legge reg. Lazio n.
38 del 1999, introdotto dall'art. 20 della legge della Regione  Lazio
10 agosto 2016,  n.  12  (Disposizioni  per  la  semplificazione,  la
competitivita'  e  lo  sviluppo  della  Regione)  e  poi   modificato
dall'art. 10 della legge della Regione Lazio 18  luglio  2017,  n.  7
(Disposizioni  per  la  rigenerazione  urbana  e  per   il   recupero
edilizio), aveva una formulazione in base alla quale  la  lettera  b)
comprendeva «tutte  le  attivita'  compatibili  con  la  destinazione
agricola (definite anche  "integrate  e  complementari")»:  ed  e'  a
queste norme che deve intendersi il rinvio operato dal PTPR,  perche'
si tratta delle norme vigenti  al  momento  della  sua  concertazione
istituzionale.   Diversamente,   le   successive   modifiche    della
disposizione cui il PTPR rinvia avrebbero  l'effetto,  inammissibile,
di modificare il contenuto di quest'ultimo. 
    Con l'art. 6, comma 1, lettera a), della legge reg.  Lazio  n.  1
del 2020, il citato art. 54, comma 2, e' stato oggetto di  una  prima
riformulazione - che rispondeva ad «esigenze di  razionalizzazione  e
riorganizzazione» della legge reg. Lazio n. 38 del 1999  -  all'esito
della quale la lettera b) faceva riferimento alle sole  attivita'  di
«trasformazione   e   vendita   diretta   dei   prodotti    derivanti
dall'esercizio delle attivita' agricole  tradizionali».  Trattasi  di
modifica che, sull'art. 52, comma 4, del  PTPR,  avrebbe  effetti  in
senso restrittivo, perche' nelle zone  agricole  vincolate  sarebbero
consentite non tutte le attivita'  compatibili  con  la  destinazione
agricola, ma soltanto quelle di cui alla riformulazione: trattandosi,
tuttavia, di  modifica  successiva  alla  condivisione  istituzionale
delle  norme  del  PTPR,  essa  e'  espressiva  della  sola  volonta'
regionale e non puo' dunque incidere su quest'ultimo. 
    Sennonche', entrato in vigore nel 2021 il PTPR, «si e' verificato
che gli operatori davano applicazione» a quest'ultimo  in  base  alla
formulazione dell'art. 54, comma 2,  lettera  b),  della  legge  reg.
Lazio n. 38 del 1999 come disposta con la legge reg. Lazio n.  1  del
2020. Il legislatore regionale, pertanto, con la norma  impugnata  ha
inteso  tornare  alla   formulazione   vigente   al   momento   della
condivisione  del  PTPR  con  il  Ministero,  al  fine   di   evitare
un'applicazione di quest'ultimo non conforme alla  volonta'  espressa
dalle parti istituzionali. Ne consegue che con l'art.  64,  comma  1,
lettera a), della legge reg. Lazio n.  14  del  2021  il  legislatore
regionale   «in   alcun   modo   ha   voluto    surrettiziamente    e
unilateralmente» incidere sul PTPR, ma ne ha invece voluto «garantire
il rispetto sostanziale», «tornando sostanzialmente alla formulazione
originaria»:  di  qui,  secondo  la  resistente,  l'infondatezza  del
ricorso, giacche' lo Stato pretenderebbe di applicare  una  normativa
non esistente al momento dell'accordo tra Regione Lazio  e  Ministero
della cultura sul testo del PTPR. 
    Del resto - aggiunge in conclusione la difesa della Regione Lazio
- anche  l'accordo  istituzionale  tra  Presidente  della  Regione  e
Ministro della cultura del 27 maggio 2021, agli artt. 1, comma  4,  e
2, comma 1, espressamente si riferisce al testo del PTPR sottoscritto
nel dicembre 2019, di modo che  non  puo'  dubitarsi  che  «i  rinvii
recettizi in esso contenuti devono intendersi alle discipline in quel
momento vigenti, rimanendo in tal modo irrilevanti tutte le modifiche
successivamente intervenute» e  che,  pertanto,  la  Regione  non  ha
violato con la  norma  impugnata  i  principi  di  rango  statale  di
copianificazione e di leale collaborazione. 
    2.2.- Con riferimento all'impugnazione  dell'art.  75,  comma  1,
lettera b), numeri 2), 3), 4) e 5), e lettera c),  la  Regione  Lazio
rileva, innanzitutto, che lo schema di  decreto  legislativo  evocato
dal ricorrente, non essendo ancora  stato  approvato,  «non  potrebbe
costituire presupposto per una eventuale pronuncia di  illegittimita'
della norma regionale». 
    2.2.1.- Per quel che riguarda la  censura  rivolta  all'art.  75,
comma 1, lettera b), in base  alla  quale  il  legislatore  regionale
avrebbe dovuto tener conto almeno della normativa dettata dalla legge
delega n. 53 del 2021, la difesa della resistente rappresenta che  le
norme impugnate hanno «come scopo quello di precisare  la  tempistica
per l'individuazione delle aree  non  idonee  da  parte  dei  comuni,
nonche' le attivita' di supporto ai comuni stessi e  l'esercizio  del
potere sostitutivo regionale in caso di inerzia». Tale normativa  non
precluderebbe  certo   alla   Regione   «un   successivo   intervento
legislativo di attuazione  del  decreto  legislativo  di  recepimento
della Direttiva UE 2018/2001», non appena  questo  sara'  entrato  in
vigore. 
    2.2.2.- Per quel che concerne, invece,  l'impugnazione  dell'art.
75, comma 1, lettera c), la Regione Lazio, descrittone  il  contenuto
normativo e richiamato quello della normativa interposta evocata  dal
ricorrente, osserva  che  quella  regionale  e'  dichiaratamente  una
«disciplina di natura transitoria», in attesa del  recepimento  della
richiamata direttiva per opera del legislatore  delegato,  cui  sara'
data  «piena  attuazione»  provvedendo  ad  adeguare   la   normativa
regionale. 
    2.3.- Non fondate sarebbero anche le censure  aventi  ad  oggetto
l'art. 75, comma 1, lettera b), nella parte in  cui,  al  numero  5),
introduce i commi 5-quater e 5-quinquies dell'art.  3.1  della  legge
reg. Lazio n. 16 del 2011. 
    La difesa della resistente afferma che le disposizioni introdotte
dal legislatore regionale devono essere interpretate «letteralmente».
Cio'  dovrebbe   portare   a   concludere,   con   riferimento   alle
installazioni  di  fotovoltaico  posizionato  a   terra   di   grandi
dimensioni, che non sono stati sospesi i termini di  conclusione  dei
procedimenti, «bensi' soltanto le installazioni». Per quanto attiene,
invece, alle  nuove  autorizzazioni  di  impianti  di  produzione  di
energia eolica, la disposta sospensione di otto mesi «non costituisce
altro  che  un  termine  massimo»,  non  essendo  dunque  esclusa  la
possibilita' che i comuni  individuino  le  aree  non  idonee  in  un
termine  inferiore;  inoltre,  la  sospensione  dovrebbe   intendersi
«riferita alle sole nuove domande di autorizzazione e  non  a  quelle
gia' presentate». Tutto  cio'  varrebbe  a  escludere  la  violazione
dell'art. 12, comma 4, del d.lgs. n. 387 del 2003. 
    Le norme impugnate, inoltre, sarebbero proporzionate - in  quanto
limitate nel tempo - e  necessarie  -  in  quanto  volte  a  tutelare
l'ambiente - sicche' non potrebbero dirsi in contrasto con l'art.  13
della direttiva n. 2009/28/CE. 
    Neppure, infine, potrebbero dirsi violati gli artt. 41 e 97 Cost.
Nella sentenza n.  177  del  2018  questa  Corte  ha  si'  dichiarato
costituzionalmente illegittima una simile legge regionale campana, ma
perche' essa disponeva una sospensione dei termini  per  il  rilascio
delle  autorizzazioni  «in  via  generale».  La  normativa  regionale
impugnata, invece,  prevederebbe  una  sospensione  «puntuale  e  ben
delimitata», finalizzata a contemperare  l'interesse  a  una  massima
diffusione degli impianti da fonti di energia rinnovabili con  quelli
ambientali. 
    2.4.- La Regione Lazio,  infine,  reputa  non  fondate  anche  le
censure che il ricorrente rivolge all'art. 81 della  impugnata  legge
regionale. 
    Premesso che, a parere  della  difesa  della  resistente,  questa
Corte con la sentenza n. 276 del 2020 avrebbe  gia'  riconosciuto  la
piena legittimita' della «modalita' di  modifica  del  perimetro  del
Parco  con  legge  e  [del]la   procedura   seguita»,   si   afferma,
innanzitutto, che con la norma impugnata «si e' sostanzialmente posto
fine ad un errore di graficizzazione», in quanto si e' esclusa  dalla
perimetrazione del parco «un'area di esigue dimensioni,  relativa  ad
un contesto territoriale ormai completamente urbanizzato, coincidente
con un lotto edificato», il quale e'  stato  «ricompreso  all'interno
del perimetro per mero errore in quanto, nella  fase  di  ampliamento
dell'area protetta, ci si e' avvalsi di  una  base  cartografica  non
aggiornata», come  risulterebbe  dalla  documentazione  allegata;  si
tratta di un edificio  presente  erroneamente  all'interno  dell'area
protetta sin dal 2002, quando e' stato istituito il piano del parco. 
    In merito alla procedura adottata, la difesa regionale afferma di
avere piu' volte sostenuto che la modifica del perimetro  dei  parchi
regionali puo' avvenire - come avrebbe confermato anche  la  sentenza
n. 276 del 2020 di questa Corte - con  legge  regionale,  purche'  si
rispetti quanto previsto dall'art. 22 della legge n.  394  del  1991.
Se,  dunque,  l'ampliamento  o  anche  la  «rettifica-riduzione»  del
perimetro di un parco regionale puo' avvenire  con  legge,  non  puo'
aversi allora la violazione dell'art. 6 del d.lgs. n. 152  del  2006,
nonche' delle direttive 2001/42/CE  e  92/43/CE  e  dell'art.  6  del
d.P.R. n. 120 del 2003, poiche' e' solo il piano regionale delle aree
protette di cui all'art. 7 della legge reg. Lazio n. 29 del 1997  che
dovrebbe essere sottoposto a VAS, valutazione di  impatto  ambientale
(VIA) e VINCA. 
    D'altra parte, osserva la Regione Lazio, la VAS ha  lo  scopo  di
«rendere compatibile  l'attivita'  antropica  con  le  condizioni  di
sviluppo  sostenibile  e  integrare  le  scelte   di   pianificazione
discrezionali, tipiche dei piani e dei programmi», mentre nel caso di
specie «non si e' trattato di una attivita' pianificatoria, in  grado
di  dispiegare  i  propri  effetti  sul   bene   ambiente,   mancando
l'interazione tra tale attivita' e le componenti ambientali». A  tale
proposito, viene richiamato anche un passo della sentenza n. 276  del
2020 di questa Corte, li' dove si e' affermato che «l'art. 12,  comma
4, della legge n. 394 del 1991 [...] prevede la VAS per il piano  del
parco». 
    Per quel che riguarda la mancata partecipazione degli enti locali
alla procedura di  variazione  del  perimetro,  la  difesa  regionale
osserva che  la  disposta  riduzione  e'  stata  «ritenuta  opportuna
dall'Ente gestore dell'area naturale protetta, che nulla ha avuto  da
riscontrare in merito, cosi' come non risulta vi  siano  stati  altri
enti contrari»; del  resto,  il  loro  coinvolgimento  sarebbe  stato
ultroneo,  a  fronte  di  un  mero  «ripristino   di   una   corretta
graficizzazione e correzione di un errore materiale». 
    3.- In data 1° dicembre 2021,  l'Associazione  Verdi  Ambiente  e
Societa' - A.P.S.  onlus  ha  depositato  una  opinione  scritta,  in
qualita' di amicus curiae, la quale e' stata ammessa con decreto  del
Presidente di questa Corte del 30 giugno 2022. 
    Nell'opinione si sostiene la illegittimita' costituzionale  della
disciplina regionale impugnata,  proponendo  alcune  osservazioni  in
particolare sulla nozione di «attivita' multimprenditoriali»  di  cui
all'impugnato art. 64, che  possono  essere  svolte,  secondo  quanto
stabilito dall'art. 3, comma 1-bis, della legge della Regione Lazio 2
novembre 2006, n. 14 (Norme  in  materia  di  diversificazione  delle
attivita' agricole),  da  «soggetti  definiti  "soggetti  connessi"».
Secondo l'Associazione, con l'intervento legislativo la Regione Lazio
avrebbe esteso agli imprenditori commerciali, in qualita' di soggetti
connessi con il soggetto agricolo, «la possibilita' di esercitare  in
area agricola tutta una  serie  di  attivita'»,  per  alcuni  aspetti
sovrapponibili a quelle che l'art. 2135  del  codice  civile  riserva
invece all'imprenditore agricolo. 
    4.- In data 13 dicembre 2021, ha spiegato atto di  intervento  in
giudizio Enel  Green  Power  Italia  srl,  societa'  che  sviluppa  e
gestisce attivita' di generazione di energia da fonti rinnovabili, la
quale assume di «rivestire un  ruolo  fondamentale  nel  processo  di
transizione energetica, essendo uno tra i  principali  operatori  nel
settore delle rinnovabili a livello nazionale». 
    Secondo l'interveniente, «[l]'indebita limitazione allo  sviluppo
delle energie rinnovabili perpetrata dalla legge regionale  impugnata
[...] incide direttamente sull'attivita' istituzionale della societa'
interveniente», dal che la legittimazione all'intervento in giudizio.
L'orientamento  di  questa  Corte  a  escludere  l'ammissibilita'  di
interventi in giudizio da parte di soggetti terzi e privi di potesta'
legislativa, infatti, meriterebbe  un  ripensamento  in  ragione  del
rinvio dell'art. 23 delle Norme integrative  per  i  giudizi  davanti
alla Corte costituzionale all'art. 4, comma 3, delle medesime  norme,
che   renderebbe   possibile   e   anzi   doverosa   l'ammissibilita'
dell'intervento per coloro che abbiano una posizione  qualificata  in
termini di interesse. In  caso  contrario,  costoro  subirebbero  una
ingiustificata  disparita'  di  trattamento  rispetto  a   chi   puo'
depositare un'opinione scritta in qualita' di amici curiae;  inoltre,
verrebbe negato il diritto a un giudice e a un giudizio effettivo. 
    Nel merito, Enel Green Power Italia  srl  afferma,  innanzitutto,
che la sentenza n. 141 del 2021 di questa Corte non inciderebbe sulle
censure avanzate nel presente giudizio. Ricostruito, poi,  il  quadro
normativo e la giurisprudenza di questa Corte  in  materia,  conclude
chiedendo che sia accolto il ricorso del Presidente del Consiglio dei
ministri. 
    5.- Il Presidente del Consiglio dei ministri  ha  depositato  una
memoria  il  23  agosto  2022,  con  la  quale   ha   insistito   per
l'accoglimento del ricorso. 
    5.1.- Con riferimento all'impugnazione  dell'art.  64,  comma  1,
lettera a), della legge reg.  Lazio  n.  14  del  2021,  l'Avvocatura
generale dello Stato  ritiene  che  la  ricostruzione  offerta  dalla
Regione Lazio sia «artificiosa, oltreche' smentita dai fatti». 
    Ampiamente ripercorse le vicende  che  negli  ultimi  anni  hanno
interessato il PTPR della Regione Lazio, il ricorrente rileva che  il
testo di  quest'ultimo  -  oggetto  delle  verifiche  effettuate  dal
Ministero della cultura sul  PTPR  approvato  con  deliberazione  del
Consiglio regionale n. 5 del  2021,  a  seguito  delle  quali  si  e'
concluso l'accordo tra Ministero della cultura  e  Regione  Lazio  in
data 27 maggio 2021 - presentava un  rinvio  all'art.  54,  comma  2,
lettera b), della legge reg. Lazio n. 38 del 1999  il  quale  a  quel
tempo,  ossia  antecedentemente  alle   modifiche   apportate   dalla
disposizione impugnata,  si  riferiva  soltanto  alle  «attivita'  di
trasformazione   e   vendita   diretta   dei    prodotti    derivanti
dall'esercizio delle attivita' agricole tradizionali». 
    In proposito, il Presidente del  Consiglio  dei  ministri  reputa
utile ricordare che questa Corte, con la sentenza n. 141 del 2021, ha
ritenuto non fondata una  questione  di  legittimita'  costituzionale
proposta avverso l'art. 6, comma 1,  lettera  b),  della  legge  reg.
Lazio n. 1 del 2020, che aveva sostituito l'art. 54, comma  2,  della
legge reg. Lazio n. 38 del 1999: e cio' perche' si e' ritenuto che la
produzione di energie rinnovabili quale attivita' multimprenditoriale
in zona agricola, consentita dalla modifica  normativa,  dovesse  pur
sempre essere subordinata al rispetto della normativa in  materia  di
autorizzazione paesaggistica e delle prescrizioni del PTPR. 
    La disposizione impugnata, che fa assumere al rinvio operato  dal
PTPR all'art. 54, comma 2, lettera b), della legge reg. Lazio  n.  38
del 1999 un «contenuto nettamente piu' ampio, che esula dalle  scelte
condivise tra Stato e Regione», ha invece l'effetto  di  operare  una
modifica unilaterale del piano. 
    5.2.- Con riferimento all'impugnazione  dell'art.  75,  comma  1,
lettera b), numeri 2), 3), 4) e 5), e lettera c), il  Presidente  del
Consiglio dei ministri, richiamate le ragioni di censura, rileva  che
«il quadro  normativo  interposto  si  e'  venuto  a  delineare»  con
l'entrata in vigore del decreto legislativo 8 novembre 2021, n.  199,
recante «Attuazione della direttiva  (UE)  2018/2001  del  Parlamento
europeo e del Consiglio,  dell'11  dicembre  2018,  sulla  promozione
dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili».  Emergerebbe  allora  in
maniera  netta  «la  chiara  volonta'  del  legislatore  statale   di
delineare una disciplina uniforme per l'installazione degli  impianti
a fonte rinnovabile, al fine  precipuo  di  scongiurare  applicazione
difformi a livello locale», sicche' gli argomenti della Regione Lazio
adoperati in sede di costituzione in giudizio non sarebbero idonei  a
superare i contestati profili di illegittimita' costituzionale. 
    5.3.- Per quel che concerne l'impugnazione dell'art. 75, comma 1,
lettera b), numero 5), il ricorrente  rileva  che  le  considerazioni
svolte dalla resistente non sarebbero in grado di superare i dubbi di
illegittimita' costituzionale, atteso che la  disposizione  determina
un  arresto  dei   procedimenti   autorizzativi   oltre   che   delle
installazioni degli impianti a fonte rinnovabile, il tutto  impedendo
che la ponderazione degli interessi avvenga «nel fisiologico contesto
procedimentale unico». Il contrasto  con  l'art.  12,  comma  4,  del
d.lgs.  n.  387  del  2003  -  che  questa  Corte  ha   ripetutamente
qualificato  principio  fondamentale   nella   materia   «produzione,
trasporto e distribuzione nazionale dell'energia» - sarebbe  pertanto
evidente.  Ulteriormente  richiamati  gli  argomenti  gia'  spesi  in
proposito nel ricorso, l'Avvocatura generale  dello  Stato  ribadisce
che  la  normativa  regionale  e'  difforme  rispetto  al  «paradigma
normativo di riferimento, confermato (de iure condito) alla  luce  di
quanto al riguardo stabilito dal recente decreto legislativo  n.  199
del 2021 (ex art. 20, comma 6)». 
    6.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con il  secondo  ricorso
indicato in  epigrafe  (reg.  ric.  n.  24  del  2022),  ha  promosso
questioni di legittimita'  costituzionale  dell'art.  6  della  legge
della Regione Lazio 30 dicembre 2021,  n.  20  (Legge  di  stabilita'
regionale 2022), in riferimento agli artt. 41, 97 e 117, commi primo,
secondo, lettere e) e s), e terzo, Cost. 
    6.1.- Con tale articolo, il legislatore regionale  ha  nuovamente
modificato l'art.  3.1  della  legge  reg.  Lazio  n.  16  del  2011,
sostituendo il comma  5-quater  introdotto  dall'art.  75,  comma  1,
lettera b), numero 5), della legge reg. Lazio n. 14  del  2021,  gia'
oggetto del ricorso iscritto al n. 64 reg. ric. 2021: alla luce della
novella, sono prorogati  i  procedimenti  autorizzatori  in  atto  al
momento dell'entrata in vigore della norma impugnata,  il  cui  esito
positivo  e'  subordinato  «all'inclusione  degli  impianti  per   la
produzione di energia da fonti rinnovabili in siti diversi da  quelli
dichiarati inidonei da parte dei comuni interessati»; contestualmente
e' stata disposta una moratoria in attesa di tale individuazione. 
    A parere del ricorrente, l'impugnato art. 6 e' in  contrasto  con
il d.lgs.  n.  387  del  2003,  che  disciplina  inderogabilmente  la
promozione  di  energia  elettrica  prodotta  da  fonti   energetiche
rinnovabili (e' richiamata la sentenza n.  189  del  2014  di  questa
Corte).   Determinando   una   sospensione   del    rilascio    delle
autorizzazioni,   infatti,   «produce   l'effetto   di   un   arresto
procedimentale che contravviene al  principio  fondamentale»  di  cui
all'art. 12, comma 4, del d.lgs. n. 387 del 2003,  il  quale  risulta
ispirato «alle regole della semplificazione  amministrativa  e  della
celerita'  garantendo,  in  modo  uniforme   sull'intero   territorio
nazionale, la conclusione entro un termine definito del  procedimento
autorizzativo»  (e'  citata  la  sentenza  n.  364  del  2006  ed  e'
richiamata la sentenza n. 177 del 2021). 
    Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  rileva,  poi,  che
l'evocata norma interposta e' attuativa dell'art. 13 della  direttiva
2009/28/CE, poi ripreso dall'art. 15  della  direttiva  2018/2001/UE,
sicche' la disposizione regionale impugnata e' altresi' in  contrasto
con l'art. 117, primo comma, Cost. 
    L'art. 6 della legge reg. Lazio n. 20 del  2021  sarebbe  lesiva,
secondo il ricorrente, anche degli artt. 41 e 97  Cost.,  perche'  la
sospensione  del  potere  autorizzativo  in  relazione  ad  attivita'
promossa  e  incentivata  dall'ordinamento   nazionale   ed   europeo
«costituirebbe un grave ostacolo all'iniziativa economica  nel  campo
della produzione energetica da fonti rinnovabili», come questa  Corte
avrebbe  gia'  riconosciuto  nella  sentenza  n.  177  del  2018  (e'
richiamata anche la sentenza n. 69 del 2018). 
    La norma regionale, infine, sarebbe altresi' in contrasto  con  i
principi espressi dal d.lgs. n. 199 del 2021, adottato anche per dare
attuazione alle misure del piano nazionale di ripresa e resilienza in
materia di energia  da  fonti  rinnovabili,  conformemente  al  piano
nazionale integrato per l'energia e il clima (PNIEC). In particolare,
la disposizione censurata - li' dove prevede la competenza comunale a
individuare le aree idonee o non  idonee  per  l'installazione  degli
impianti  fotovoltaici  a  terra  e  la  moratoria  dei  procedimenti
autorizzatori in corso - sarebbe  incompatibile  con  quanto  dettato
dall'art. 20 del citato decreto legislativo.  D'altronde,  nel  senso
dell'esclusiva competenza delle regioni a  definire  le  aree  idonee
questa Corte si sarebbe gia' pronunciata con la sentenza n.  106  del
2020. 
    7.- Con atto depositato il 7 aprile 2022, la Regione Lazio si  e'
costituita in giudizio,  chiedendo  che  il  ricorso  sia  dichiarato
inammissibile o comunque non fondato. 
    7.1.- La difesa della Regione rileva che  la  nuova  formulazione
del citato comma 5-quater «interessa esclusivamente le autorizzazioni
non ancora rilasciate alla data di  entrata  in  vigore  della  legge
regionale 14/2021». La sospensione disposta e' volta a bilanciare  la
diffusione  degli  impianti  di  produzione  di   energia   elettrica
alimentati da fonti rinnovabili con la  tutela  del  paesaggio  e  il
consumo del suolo agricolo ed e' fissata nel termine massimo di  otto
mesi dalla data di entrata in vigore della legge reg. Lazio n. 14 del
2021, che scade (e' scaduto) il 13 aprile 2022. 
    La resistente  rappresenta,  poi,  che  con  deliberazione  della
Giunta della  Regione  Lazio  16  novembre  2021  n.  782,  e'  stato
istituito il gruppo tecnico interdisciplinare chiamato a individuare,
ai sensi dell'art. 3.1.1 della legge reg. Lazio n. 16  del  2011,  le
aree idonee e non idonee  alla  installazione  di  fonti  energetiche
rinnovabili. Detto gruppo ha redatto un documento che «ha l'obiettivo
di individuare un quadro definito di riferimento delle aree  ove  non
e' consentito intraprendere procedimenti volti alla realizzazione  di
impianti alimentati da FER». 
    Secondo  la  Regione  Lazio,  «i  due   principali   profili   di
illegittimita'»   costituzionale   dovrebbero   considerarsi   dunque
superati, in quanto  gli  effetti  della  sospensione  scadono  (sono
scaduti)   il   13   aprile   2022   e   la    competenza    comunale
all'individuazione delle aree non idonee e' stata  ora  attribuita  a
una struttura regionale. La resistente afferma, infine, che  «[s]ara'
cura  dei  competenti  Organi  regionali  provvedere   quanto   prima
all'adeguamento della suddetta norma legislativa». 
    8.- Il Presidente del Consiglio dei ministri  ha  depositato  una
memoria  il  5  luglio  2022,  con  la   quale   ha   insistito   per
l'accoglimento del ricorso. 
    8.1.-  Richiamata  la  giurisprudenza   costituzionale   che   ha
riconosciuto la natura di  principio  fondamentale  all'art.  12  del
d.lgs. n. 387 del 2003, il ricorrente osserva che l'odierna questione
di legittimita' costituzionale sarebbe analoga  a  quella  decisa  da
questa Corte con le sentenze n. 177  e  n.  14  del  2018:  la  norma
impugnata sarebbe dunque costituzionalmente illegittima per contrasto
tanto con l'art. 117, terzo comma,  Cost.,  quanto  con  l'art.  117,
primo comma, Cost.,  in  ragione  della  violazione  della  normativa
comunitaria, gia' richiamata nel ricorso,  alla  quale  la  normativa
statale interposta darebbe attuazione. 
    L'impugnato art. 6, poi, altererebbe «il quadro delle  competenze
amministrative definito dai principi  statali,  che  vedono,  quindi,
vanificati gli obiettivi di semplificazione  e  di  razionalizzazione
perseguiti per il tramite dell'autorizzazione unica». Dovrebbe essere
l'atto di  pianificazione,  come  riconosciuto  dalla  giurisprudenza
amministrativa, a individuare  «le  incompatibilita'  di  determinate
aree, in relazione al tipo e  alle  dimensioni  degli  impianti».  La
norma regionale, invece, affida ai comuni  «il  compito  di  definire
autonomamente le aree non  idonee»,  in  tal  modo  contrastando  con
l'art. 20 del d.lgs. n. 199 del 2021. 
    8.2.- Ribaditi gli argomenti che dimostrerebbero  la  violazione,
altresi', degli artt. 41 e  97  Cost.,  l'Avvocatura  generale  dello
Stato esclude che gli argomenti addotti dalla Regione Lazio nell'atto
di costituzione valgano a far cessare la materia del contendere. 
    Innanzitutto, deve rilevarsi che  la  norma  impugnata  ha  avuto
effetti per un lungo periodo di tempo e la resistente non «ha offerto
elementi di prova per dimostrare che la disposizione non abbia  avuto
alcun impatto concreto»: di qui,  l'interesse  ad  una  pronuncia  di
accoglimento. 
    Neppure fa superare i rilievi d'illegittimita' costituzionale  il
documento redatto dal gruppo tecnico interdisciplinare, per mezzo del
quale sarebbe  superata  la  competenza  comunale  all'individuazione
delle aree idonee  e  non  idonee.  Al  di  la'  del  fatto  che  «le
risultanze dell'istruttoria svolta non sono state ancora recepite  in
un  apposito  strumento  normativo»,  che  sarebbe   necessario   per
eliminare  le  incertezze  circa  l'applicazione  della  disposizione
impugnata, il ricorrente precisa  che  non  ricorrono  le  condizioni
richieste dalla giurisprudenza costituzionale  per  la  dichiarazione
della cessata materia del contendere. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con il ricorso  iscritto
al n. 64 reg. ric. 2021 ha impugnato gli artt. 64, comma  1,  lettera
a); 75, comma 1, lettera b), numeri 2), 3), 4) e 5), e lettera c),  e
81 della legge reg. Lazio n. 14 del 2021, deducendo la violazione  di
plurimi parametri costituzionali  e  interposti.  Con  il  successivo
ricorso, iscritto al n. 24 reg. ric.  2022,  ha  impugnato  l'art.  6
della legge della reg. Lazio n. 20 del 2021, deducendo la  violazione
degli artt. 41, 97 e 117, commi primo, secondo, lettere e)  e  s),  e
terzo, Cost. 
    2.- L'art. 6, impugnato con il ricorso iscritto  al  n.  24  reg.
ric. 2022, ha modificato l'art. 3.1 della legge della reg.  Lazio  n.
16 del 2011, sostituendo il comma 5-quater che era  stato  introdotto
dall'art. 75, comma 1, lettera b), numero 5), della legge reg.  Lazio
n. 14 del 2021, gia' impugnato con il primo dei ricorsi in esame. 
    In ragione della parziale connessione tra i giudizi, essi  devono
dunque essere riuniti e decisi con un'unica pronuncia. 
    3.- In via preliminare, va dichiarato inammissibile l'intervento,
nel giudizio introdotto con il ricorso iscritto al n.  64  reg.  ric.
2021, di Enel Green Power  Italia  srl,  in  quanto  il  giudizio  di
legittimita' costituzionale in via principale, come questa  Corte  ha
reiteratamente affermato,  «si  svolge  esclusivamente  tra  soggetti
titolari di  potesta'  legislativa  e  non  ammette  l'intervento  di
soggetti che ne siano privi,  fermi  restando  per  costoro,  ove  ne
ricorrono i presupposti, gli altri mezzi  di  tutela  giurisdizionale
eventualmente esperibili» (tra le piu' recenti, sentenze n. 121 e  n.
46 del 2022; ordinanza n. 134 del 2022). 
    Nell'atto di intervento, il soggetto privato  sostiene  che  tale
orientamento dovrebbe essere rimeditato alla luce delle  nuove  Norme
integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale,  poiche'
altrimenti coloro che abbiano una posizione qualificata in termini di
interesse subirebbero  un'ingiustificata  disparita'  di  trattamento
rispetto a chi puo' depositare un'opinione  scritta  in  qualita'  di
amicus curiae. Questa  Corte  ha  gia'  ritenuto  errata  una  simile
argomentazione, rilevando che la ratio dell'intervento  nel  giudizio
costituzionale e' «radicalmente diversa da quella sottesa al deposito
di  opinioni  in  qualita'  di  amici  curiae,   tant'e'   che   solo
l'interveniente puo' chiedere di  prendere  visione  e  trarre  copia
degli atti  processuali»  (sentenza  n.  121  del  2022),  e  che  la
possibilita' di depositare opiniones e' volta ad offrire  elementi  e
argomenti utili alla conoscenza del caso  e  alla  valutazione  delle
questioni proposte, «che arricchiscono il  giudizio  a  beneficio  di
tutti, compresi coloro che vantano interessi correlati all'esito  del
processo costituzionale» (ancora sentenza n. 121 del 2022). 
    4.- Ancora in via preliminare, deve darsi  atto  che  la  Regione
Lazio, nel costituirsi in giudizio, ha chiesto che entrambi i ricorsi
siano dichiarato inammissibili o, altrimenti, non fondati. 
    Le eccezioni  d'inammissibilita'  vanno  tuttavia  disattese:  si
tratta, invero, di mere clausole  di  stile,  giacche'  nelle  difese
nulla e' argomentato in punto di ammissibilita' dei ricorsi. 
    5.- Nel merito, converra'  esaminare  dapprima  le  questioni  di
legittimita' costituzionale  promosse  nei  confronti  dell'art.  64,
comma 1, lettera a), della legge reg. Lazio n. 14 del 2021, il  quale
modifica l'art. 54 della legge reg. Lazio n. 38 del 1999, recante  la
disciplina  delle  trasformazioni  urbanistiche  in  zona   agricola,
sostituendone il comma 2. 
    Secondo il ricorrente, con la novella il legislatore regionale ha
inciso  «surrettiziamente  sulla  disciplina  contenuta   nel   Piano
territoriale paesistico regionale in tema di  attivita'  in  concreto
consentite nelle aziende agricole  ricadenti  in  ambiti  soggetti  a
vincolo paesaggistico». L'art. 52 del piano  territoriale  paesistico
regionale (PTPR) prevede infatti, al  comma  1,  che  nell'ambito  di
aziende agricole in aree vincolate «e' consentita la realizzazione di
manufatti, strettamente  funzionali  e  dimensionati  alle  attivita'
agricole» e, al successivo comma 4, che, previa  approvazione  di  un
piano  di  utilizzazione  aziendale  (PUA),  e'  altresi'  consentito
l'inserimento di funzioni e attivita' compatibili ai sensi del citato
art. 54, comma 2, lettera b), della legge reg. Lazio n. 38 del  1999.
Secondo il ricorrente, al tempo dell'approvazione del PTPR  -  dunque
prima dell'adozione della disposizione impugnata -  l'ora  richiamata
normativa  regionale  faceva  riferimento  alle  sole  «attivita'  di
trasformazione   e   vendita   diretta   dei    prodotti    derivanti
dall'esercizio delle attivita' agricole tradizionali», mentre oggi il
piano paesaggistico, merce' il rinvio operato, assume  «un  contenuto
nettamente piu' ampio, che esula dalle scelte all'epoca condivise tra
Stato  e  Regione»,  perche'  riferibile  anche  a  tutte  le   altre
«"attivita' multimprenditoriali  integrate  e  complementari  con  le
attivita' agricole aziendali"». 
    Ne conseguirebbe l'illegittimita' costituzionale del citato  art.
64, nella parte impugnata, in quanto la modifica unilaterale del PTPR
-  la  cui  revisione,  invece,  «puo'  avvenire  esclusivamente  nel
rispetto dei presupposti e delle modalita' previsti  dall'Accordo  di
copianificazione, sottoscritto congiuntamente con il Ministero  della
Cultura, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Codice di  settore»
- violerebbe l'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in  quanto
in contrasto con gli artt. 135, 143 e 145  cod.  beni  culturali.  Le
norme  interposte,  infatti,  declinerebbero   il   principio   della
pianificazione congiunta e assegnerebbero al piano paesaggistico «una
posizione di assoluta preminenza nel  contesto  della  pianificazione
territoriale», presidiata  dalla  sua  inderogabilita'  da  parte  di
piani,  programmi  e  progetti  nazionali  o  regionali  di  sviluppo
economico, dalla sua  cogenza  rispetto  agli  strumenti  urbanistici
nonche' dalla sua prevalenza su ogni altro atto della  pianificazione
territoriale e urbanistica, come la giurisprudenza  di  questa  Corte
avrebbe piu'  volte  rilevato.  La  norma  regionale  impugnata,  che
avrebbe modificato, in via unilaterale, il PTPR della Regione  Lazio,
dovrebbe dunque reputarsi costituzionalmente illegittima. 
    Il Presidente del Consiglio dei ministri  ritiene,  inoltre,  che
sarebbero violati anche l'art.  9  Cost.,  in  quanto  sarebbe  stato
determinato un abbassamento del  livello  di  tutela  del  paesaggio,
nonche' il principio di leale collaborazione, il  quale  impone  alle
parti di rispettare gli impegni assunti in accordi ufficiali. 
    5.1.-  Le  questioni  di  legittimita'  costituzionale  non  sono
fondate. 
    Questa Corte ha di recente ribadito, proprio in riferimento  alla
procedura di approvazione  del  PTPR  precedentemente  seguita  dalla
Regione Lazio, che l'art. 135 cod. beni culturali pone, in  relazione
a  specifici  beni  paesaggistici,  «un   obbligo   inderogabile   di
elaborazione congiunta del piano paesaggistico» (sentenza n. 240  del
2020), il quale e' «un riflesso della necessaria  "impronta  unitaria
della pianificazione paesaggistica" (sentenza n. 64 del 2015), e mira
a "garantire, attraverso la partecipazione degli organi  ministeriali
ai  procedimenti  in  materia,   l'effettiva   ed   uniforme   tutela
dell'ambiente" (sentenza n. 210 del 2016)» (ancora  sentenza  n.  240
del  2020).  La  pianificazione  paesaggistica  e',  dunque,  «valore
imprescindibile e pertanto non derogabile dal legislatore  regionale,
in  quanto  espressione  di  un  intervento  teso  a  stabilire   una
metodologia uniforme di tutela, conservazione  e  trasformazione  del
territorio» (cosi', da ultimo, sentenza n. 192 del  2022),  al  punto
che il piano paesaggistico regionale ha immediata prevalenza su tutti
gli altri strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica  (ex
multis, sentenze n. 192, n. 45 e n. 24 del 2022, n. 261, n. 141 e  n.
74 del 2021). 
    Da questi principi  consegue  che,  di  norma,  quando  un  piano
paesaggistico effettui un rinvio ad altra  disposizione  di  legge  -
come nel caso di specie - detto rinvio deve  considerarsi  fisso:  la
necessaria  elaborazione  congiunta  del  PTPR,  infatti,  impone  di
ritenere che  le  parti,  nel  momento  in  cui  concordano  di  fare
riferimento  a  una  o  piu'  disposizioni  vigenti,  abbiano  voluto
incorporare nel piano le norme espresse  dalla  legislazione  oggetto
del  rinvio.  Ne  consegue  che  gli   eventuali   interventi   sulla
legislazione cui il PTPR rinvia non sono  in  grado  di  determinarne
un'unilaterale modifica - come, d'altra parte, riconosciuto nel  caso
in esame anche dalla resistente Regione Lazio - e  non  hanno  dunque
alcuna efficacia su quest'ultimo, il cui  contenuto  normativo  resta
quello  frutto  della  elaborazione   congiunta.   Va,   del   resto,
considerato che la normativa regionale oggetto di rinvio concerne non
soltanto aree paesaggisticamente rilevanti:  l'art.  54  della  legge
reg. Lazio n. 38 del 1999, infatti, reca la disciplina riguardante le
trasformazioni urbanistiche in zona  agricola  -  in  qualsiasi  zona
agricola - mentre l'art. 52 del PTPR e'  volto  a  individuare  quali
manufatti e quali attivita' siano realizzabili nelle aziende agricole
che si trovino in aree vincolate ed e' nell'indicare  tali  attivita'
che effettua il rinvio al solo comma 2, lettera b), del  citato  art.
54. 
    5.1.1.- Ai fini dell'individuazione della norma  incorporata  nel
PTPR, dunque, deve farsi riferimento alla disposizione  vigente  alla
data della conclusione del procedimento di copianificazione. 
    Secondo  quanto  disposto  dall'art.  143,  comma  2,  cod.  beni
culturali, le regioni e lo Stato stipulano intese per la  definizione
delle modalita' di elaborazione congiunta del piano paesaggistico, il
quale, una volta  definito,  «e'  oggetto  di  apposito  accordo  fra
pubbliche amministrazioni, ai sensi dell'articolo 15  della  legge  7
agosto 1990, n. 241». E' solamente con detto accordo,  pertanto,  che
puo' dirsi concluso il procedimento di  pianificazione  paesaggistica
necessariamente congiunta tra regione e Stato e,  conseguentemente  e
in linea di principio, per individuare la norma incorporata nel piano
deve farsi riferimento alla disposizione, oggetto di rinvio per opera
del PTPR, vigente alla data della stipula dell'accordo tra  pubbliche
amministrazioni. 
    Cio' detto in linea di principio, va tuttavia osservato che,  nel
caso di specie, e' lo stesso accordo ai sensi dell'art. 143 cod. beni
culturali che impone di ritenere  -  come  sostenuto  in  atti  dalla
Regione Lazio - che la norma incorporata  nel  PTPR  non  sia  quella
dettata dalla formulazione dell'art. 54, comma 2, lettera  b),  della
legge reg. Lazio n. 38 del 1999 vigente il 27 maggio 2021, data della
sottoscrizione dell'accordo, ma  quella  dettata  dalla  formulazione
della medesima disposizione vigente il 18 dicembre 2019, allorche' fu
sottoscritto tra le parti il documento di condivisione dei  contenuti
del PTPR della Regione Lazio ai fini della  stipula  dell'accordo  di
cui al codice dei beni culturali. 
    L'art.  1,  comma  4,  dell'accordo  del  maggio  2021,  infatti,
stabilisce che esso  accordo  «recepisce  e  fa  proprio»  l'allegato
documento di condivisione del dicembre 2019, cosi' come il successivo
art. 2, comma 1, lettera d), ancor piu' chiaramente afferma  che  «le
norme del  PTPR  sono  costituite  dal  testo  normativo  di  cui  al
Documento di condivisione di cui all'articolo 1, comma 4,  denominato
"02.01 - Norme PTPR - Accordo Regione/MiBACT"». Risulta chiara allora
l'intentio delle parti, nel caso di specie, di approvare un testo  il
cui contenuto era gia' stato previamente definito, sicche' il  rinvio
operato dall'art. 52 del PTPR - essendo stato concordato il testo  di
detto articolo in occasione della stipula del richiamato documento di
condivisione - deve intendersi riferito all'art. 54, comma 2, lettera
b), della legge reg. Lazio n. 38 del 1999, nella formulazione vigente
il 18 dicembre 2019. 
    D'altro canto, che nella vicenda  in  esame  la  definizione  del
testo del PTPR sia avvenuta nel dicembre 2019, e che  quel  testo  le
parti abbiano inteso approvare con  l'accordo  del  maggio  2021,  e'
suffragato da ulteriori elementi in punto di fatto: a) nel  documento
di condivisione si  da'  atto  che  il  lavoro  condotto  dal  tavolo
congiunto ha portato «alla stesura di un testo  normativo  denominato
"02.01 - Norme PTPR - Testo proposto per  l'accordo  Regione/MibACT"»
il quale, allegato al documento «di  cui  forma  parte  integrante  e
sostanziale, [...] costituisce il testo completo delle norme del PTPR
proposte per la stipula dell'accordo tra il Ministero per i Beni e le
Attivita' culturali e per il Turismo e la Regione Lazio» ai sensi del
codice dei beni culturali; b) in una successiva  nota  del  ministero
del 3 febbraio 2020, ribadito che l'esame dei contenuti del  PTPR  si
e' concluso «con la stesura di un testo normativo denominato "02.01 -
Norme PTPR  -  Testo  proposto  per  l'accordo  Regione/MibACT"»,  si
comunica  alla  Regione  Lazio  che  «l'approvazione  da  parte   del
Consiglio Regionale  del  testo  normativo  del  PTPR  allegato  alla
presente senza ulteriori modifiche ed integrazioni» potra' assicurare
la stipula dell'accordo tra pubbliche amministrazioni e la  «positiva
conclusione» dell'iter  di  approvazione  del  PTPR;  c)  infine,  il
Consiglio  regionale  del  Lazio,  all'atto  di  approvare  il  piano
paesaggistico a seguito della sottoscrizione dell'accordo ex art. 143
cod. beni culturali, ha  espressamente  richiamato  quale  testo  del
PTPR, nelle premesse della  deliberazione  consiliare  n.  5  del  21
aprile 2021, quello «denominato "02.01 - Norme PTPR - Testo  proposto
per l'accordo Regione/MibACT" [...] il quale assicura il rispetto del
lavoro istruttorio congiunto svolto con il Ministero». 
    5.1.2.-   Conclusivamente,   le   questioni    di    legittimita'
costituzionale aventi a oggetto l'art. 64, comma 1, lettera a), della
legge reg. Lazio n. 14 del 2021 sono tutte non  fondate,  in  ragione
dell'erroneo  presupposto  interpretativo  dal  quale   muovono:   la
disposizione censurata non ha determinato alcuna unilaterale modifica
dell'art. 52 del PTPR della  Regione  Lazio,  poiche'  non  ha  alcun
effetto sul rinvio operato da detto art. 52  all'art.  54,  comma  2,
lettera b), della legge reg. Lazio n. 38 del 1999, che e'  un  rinvio
fisso  e,  dunque,  deve  intendersi  alle   norme   espresse   dalla
formulazione di quest'ultima disposizione vigente alla  data  del  18
dicembre 2019. 
    6.-   Un   secondo   gruppo   di   questioni   di    legittimita'
costituzionale, introdotto con il ricorso iscritto al n. 64 reg. ric.
2021, ha ad oggetto l'art. 75, comma 1, lettera b), numeri 2), 3), 4)
e 5),  e  lettera  c),  della  legge  reg.  Lazio  n.  14  del  2021.
L'impugnazione del numero 5) deve intendersi alla sola parte  in  cui
inserisce i commi 5-bis e 5-ter all'art. 3.1 della legge  reg.  Lazio
n. 16 del 2011. 
    Il Presidente del Consiglio dei ministri riferisce  che,  con  il
citato art. 75, comma 1, lettera b), numeri  2),  3),  4)  e  5),  il
legislatore regionale ha modificato la richiamata legge reg. Lazio n.
16 del 2011, dettando una serie di norme in materia di individuazione
delle aree non idonee  all'installazione  di  impianti  fotovoltaici,
attribuendo tale compito ai comuni. Secondo il ricorrente,  le  norme
impugnate sarebbero in contrasto con i principi fondamentali  dettati
dal legislatore  statale  in  materia  di  «produzione,  trasporto  e
distribuzione nazionale dell'energia». 
    La difesa dello Stato sostiene, in particolare, che il tema delle
aree idonee e  non  idonee  all'installazione  di  impianti  a  fonti
rinnovabili sarebbe stato affrontato dall'art. 5, comma 1, lettere a)
e b), della legge n. 53 del 2021, a seguito del quale il Governo,  il
5 agosto 2021, ha adottato il relativo schema di decreto legislativo,
il cui art. 20 detta la disciplina per l'individuazione di  superfici
e aree idonee per l'installazione di impianti  a  fonti  rinnovabili.
Riportato il testo delle  disposizioni  evocate,  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri  afferma  che,  nelle  more  della  definitiva
approvazione dello schema di decreto  legislativo,  il  principio  di
leale collaborazione impedisce alle regioni di introdurre «discipline
anticipatorie   degli   effetti   attuativi,   nonche'   derogatorie,
implicanti, medio tempore, potenziali effetti distorsivi». 
    Per quel che  concerne  l'impugnazione  dell'art.  75,  comma  1,
lettera c), il Presidente del  Consiglio  dei  ministri  rileva  che,
prevedendo l'inserimento nella  legge  reg.  Lazio  n.  16  del  2011
dell'art.   3.1.1,   il   quale   istituisce   il   gruppo    tecnico
interdisciplinare per l'individuazione delle aree idonee e non idonee
FER, il legislatore  regionale  avrebbe  violato  l'art.  117,  commi
primo, secondo, lettere e) e s), e terzo, Cost. 
    Il ricorrente, riportata per esteso  la  disposizione  impugnata,
osserva che il piano nazionale per l'energia e il clima demanda  alle
regioni, «sulla base di criteri previamente  stabiliti  e  condivisi,
l'individuazione delle aree idonee e non idonee per la localizzazione
di impianti a fonte rinnovabile». La richiamata legge n. 53 del  2021
coinvolge i ministeri di riferimento  nello  stabilire  i  criteri  e
attribuisce «la titolarita' del processo programmatorio alle  Regioni
e Province autonome». Lo schema di decreto legislativo, all'art. 20 e
in linea con la legge di delega,  attribuisce  alle  regioni  e  alle
province autonome il compito di individuare le aree idonee. 
    Ne  conseguirebbe  che  la  disposizione  in  esame  sarebbe   in
contrasto  «per  i  motivi  dianzi  rassegnati»   con   i   parametri
costituzionali e interposti evocati. 
    6.1.- Le promosse questioni di legittimita'  costituzionale  sono
inammissibili. 
    Questa  Corte  ha  da  tempo  e   costantemente   affermato   che
«l'esigenza di un'adeguata motivazione a fondamento  della  richiesta
declaratoria di illegittimita'  costituzionale  si  pone  in  termini
perfino piu'  pregnanti  nei  giudizi  proposti  in  via  principale,
rispetto a quelli instaurati in via incidentale» (da ultimo, sentenza
n. 123 del 2022). Il ricorrente, pertanto, «"ha non solo  l'onere  di
individuare le disposizioni impugnate e  i  parametri  costituzionali
dei quali lamenta la violazione,  ma  anche  quello  di  allegare,  a
sostegno delle questioni  proposte,  una  motivazione  non  meramente
assertiva.  Il  ricorso  deve  cioe'  contenere  l'indicazione  delle
ragioni per le quali vi sarebbe il contrasto con i parametri  evocati
e una, sia pur sintetica, argomentazione a  supporto  delle  censure"
(cosi', di recente, sentenza n. 95 del 2021)» (sentenza  n.  119  del
2022). 
    6.1.1.-  L'odierno  ricorrente,  con  riguardo  alle  censure  in
riferimento all'art. 117, commi primo e secondo,  lettere  e)  e  s),
Cost. si e' limitato  a  dedurre  la  violazione  di  tali  parametri
costituzionali, senza alcuna autonoma  motivazione  che  illustri  le
supposte ragioni di contrasto, sicche' mancano  gli  elementi,  anche
minimi,  per  esaminare  nel  merito   le   promosse   questioni   di
legittimita' costituzionale (da ultimo, sentenza n. 23 del 2022). 
    6.1.2.- Non soddisfano i  requisiti  per  essere  scrutinate  nel
merito neppure le questioni di legittimita'  costituzionale  promosse
in riferimento all'art. 117, terzo  comma,  Cost.,  sub  «produzione,
trasporto e distribuzione nazionale dell'energia». 
    Il Presidente del  Consiglio  dei  ministri,  in  relazione  alle
questioni ora in esame, non richiama affatto la disciplina recata dal
d.lgs. n. 387 del 2003, ne' quella dettata dalle linee guida emanate,
sulla base dell'art. 12 di detto decreto legislativo, con decreto del
Ministro dello sviluppo economico del 10 settembre 2010 (Linee  guida
per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili):
discipline, queste, che la costante giurisprudenza costituzionale  ha
riconosciuto recare principi fondamentali nella materia de qua e  che
sono pienamente operanti nelle more della compiuta  attuazione  della
nuova disciplina statale di cui alla legge di delega n. 53 del 2021 e
al relativo d.lgs. n. 199 del 2021, emanato peraltro  successivamente
tanto alla legge regionale impugnata quanto al deposito  dell'odierno
ricorso (sentenza n. 216 del 2022). 
    Il ricorrente lamenta esclusivamente  il  contrasto  delle  norme
regionali con l'art. 5, comma 1, lettere a) e b), dell'ora richiamata
legge n. 53 del 2021 e con l'art. 20, comma 4, del relativo schema di
decreto legislativo. A tacer del fatto che quest'ultimo atto  non  e'
idoneo, in quanto mero schema di decreto legislativo, ad assurgere  a
norma  interposta,  in  punto  d'inammissibilita'  e'  dirimente   la
circostanza che  non  e'  stato  assolto  l'«onere  argomentativo  di
chiarire il meccanismo attraverso il quale la disciplina dettata  dal
legislatore regionale si pone in contrasto con  le  norme  evocate  a
parametro» (sentenza n. 119 del 2022). Il  Presidente  del  Consiglio
dei ministri, infatti, non ha affiancato all'allegazione delle  norme
oggetto  e  delle  norme  parametro  un'adeguata  argomentazione  che
individui con chiarezza e completezza le ragioni di contrasto tra  la
disciplina regionale e le norme  statali,  tali  da  giustificare  la
richiesta declaratoria di illegittimita' costituzionale  (ex  multis,
sentenze n. 123 e n. 119 del 2022, n. 171, n. 170 e n. 95  del  2021,
n. 144 del 2020 e n. 286 del 2019): cio' che,  nel  caso  di  specie,
sarebbe stato particolarmente necessario, in ragione del fatto che le
norme interposte  evocate  sono  principi  e  criteri  direttivi  per
l'esercizio di una delega legislativa da parte del Governo. 
    La dichiarazione d'inammissibilita'  delle  odierne  censure  non
esonera di per se' la Regione Lazio, ove ne ricorrano i  presupposti,
dall'adeguare la normativa  regionale  alla  sopravvenuta  disciplina
statale dettata, in attuazione  della  richiamata  legge  di  delega,
dall'art. 20 del d.lgs. n. 199 del 2021. Del resto, della  necessita'
di una «piena attuazione» di tale normativa statale  si  e'  mostrata
consapevole la stessa Regione  Lazio  nell'atto  di  costituzione  in
giudizio. 
    7.- Un terzo gruppo di questioni di  legittimita'  costituzionale
e' introdotto da entrambi i  ricorsi  in  esame,  i  quali  censurano
l'art. 75, comma 1, lettera b), numero 5), della legge reg. Lazio  n.
14 del 2021, nella parte in cui introduce i nuovi  commi  5-quater  e
5-quinquies dell'art. 3.1 della legge reg. Lazio n. 16  del  2011,  e
l'art. 6 della legge reg. Lazio n. 20 del 2021, il quale  sostituisce
il richiamato comma 5-quater. Come si  e'  gia'  rilevato,  le  norme
oggetto del primo ricorso sono state modificate da norme regionali  a
loro volta impugnate dal secondo, il che e' sufficiente  a  escludere
la  ricorrenza  delle  condizioni  per   dichiarare,   in   relazione
all'impugnazione proposta con il ricorso iscritto al n. 64 reg.  ric.
2021, la cessata materia del contendere. 
    Per quel che  concerne  le  questioni  promosse  con  il  ricorso
iscritto al n. 64 reg. ric. 2021, il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri rileva che, con  le  disposizioni  regionali  impugnate,  e'
stata disposta «una sospensione dei procedimenti autorizzativi per la
costruzione ed esercizio di impianti alimentati da fonti  rinnovabili
ivi indicati (c.d. "moratorie") per otto mesi a decorrere dalla  data
di entrata in vigore della legge regionale in esame». Tali  norme  si
porrebbero in contrasto con quanto stabilito dall'art. 12,  comma  4,
del decreto legislativo  n.  387  del  2003,  il  quale  dispone  che
l'autorizzazione alla costruzione  e  all'esercizio  di  impianti  di
produzione di energia elettrica alimentati da  fonti  rinnovabili  e'
rilasciata nell'ambito di un procedimento unico cui partecipano tutte
le amministrazioni interessate e che deve concludersi  entro  novanta
giorni: e', questo, un termine che questa Corte ha  gia'  qualificato
come principio fondamentale nella materia  «produzione,  trasporto  e
distribuzione nazionale dell'energia» e che preclude alle regioni  di
sospendere il rilascio delle autorizzazioni. 
    Oltre alla violazione  dell'art.  117,  terzo  comma,  Cost.,  il
ricorrente lamenta quella dell'art. 117, primo comma, Cost. - perche'
il richiamato  principio  fondamentale  darebbe  attuazione  altresi'
all'art. 13 della direttiva n. 2009/28/CE, ripreso dall'art. 15 della
direttiva n. 2018/2001/UE - nonche' degli  artt.  41  e  97  Cost.  -
perche' la sospensione  del  potere  autorizzativo  in  relazione  ad
attivita'  promossa  e  incentivata  dall'ordinamento  nazionale   ed
europeo «costituirebbe un grave ostacolo all'iniziativa economica nel
campo della produzione energetica da fonti rinnovabili». 
    Le questioni promosse con il ricorso iscritto al n. 24 reg.  ric.
2022 sono sostanzialmente analoghe  a  quelle  appena  esaminate.  Il
Presidente del Consiglio dei ministri, infatti, rileva  che,  con  la
novella di cui all'impugnato art. 6, da un lato, e' stata  introdotta
una procedura autorizzatoria ai fini dell'installazione  di  impianti
di  fonti  rinnovabili,  il  cui  esito   positivo   e'   subordinato
all'inclusione di tali impianti in siti diversi da quelli individuati
come inidonei da parte dei  comuni  interessati,  e,  dall'altro,  e'
stata prevista  la  sospensione  delle  installazioni  fino  a  detta
individuazione, per un termine comunque non  superiore  a  otto  mesi
dall'entrata in vigore della legge reg. Lazio n. 14 del  2021.  Cosi'
disponendo, il legislatore regionale avrebbe prodotto  «l'effetto  di
un arresto procedimentale che contravviene al principio fondamentale»
di cui all'art. 12, comma 4, del d.lgs. n. 387  del  2003,  il  quale
risulta ispirato - secondo quanto gia' affermato  dalla  sentenza  n.
364 del 2006 di questa Corte -  «alle  regole  della  semplificazione
amministrativa e della celerita' garantendo,  in  modo  uniforme  sul
territorio nazionale, la conclusione entro un  termine  definito  del
procedimento autorizzativo». L'art. 117, terzo comma,  Cost.  sarebbe
violato anche sotto un ulteriore profilo: la disposizione  impugnata,
infatti, nel prevedere  la  competenza  comunale  nell'individuazione
delle aree idonee e  non  idonee  e  la  moratoria  dei  procedimenti
autorizzatori in corso, contrasterebbe  altresi'  con  la  disciplina
dettata dall'art. 20 del d.lgs. n. 199 del 2021. 
    Il ricorrente, infine, reputa violati anche gli artt.  41,  97  e
117, primo comma, Cost., sulla base di argomenti  identici  a  quelli
proposti con il ricorso iscritto al n. 64 reg. ric. 2021. 
    7.1.- Le questioni promosse in riferimento  all'art.  117,  terzo
comma, Cost., sono fondate. 
    Questa  Corte,  come  si  e'  gia'  accennato,  ha  ripetutamente
affermato che l'art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003  -  nel  prevedere
che l'autorizzazione alla costruzione e all'esercizio di impianti  di
produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili  sia  rilasciata
nell'ambito di  un  procedimento  unico,  cui  partecipano  tutte  le
amministrazioni  interessate,  che  deve  concludersi  entro  novanta
giorni - esprime un principio fondamentale in materia di «produzione,
trasporto  e   distribuzione   nazionale   dell'energia».   Esso   e'
«funzionale al raggiungimento degli obiettivi di  massima  diffusione
delle fonti energetiche rinnovabili sancito dalla normativa  europea»
(sentenza n. 46 del 2021) ed e'  volto  a  bilanciare  l'esigenza  di
potenziare le fonti rinnovabili con quella di tutelare il  territorio
nella   dimensione   paesaggistica,   storico-culturale    e    della
biodiversita' (sentenza n. 121 del 2022). 
    Le  finalita'  cui  mira  la  normativa  statale,  pertanto,  non
tollerano eccezioni  sull'intero  territorio  nazionale,  sicche'  le
regioni non possono sospendere le procedure  di  autorizzazione,  ne'
subordinarle a vincoli o  condizioni  non  previste  dalla  normativa
statale (ex multis, sentenze n. 77 del 2022, n. 177 del 2021, n.  258
del 2020 e n. 177 del 2018): e' soltanto nella sede del  procedimento
unico delineato dall'art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003, infatti, che
«puo' e deve  avvenire  la  valutazione  sincronica  degli  interessi
pubblici coinvolti e  meritevoli  di  tutela,  a  confronto  sia  con
l'interesse del soggetto privato operatore economico, sia  ancora  (e
non da ultimo) con ulteriori interessi di cui sono  titolari  singoli
cittadini e comunita', e che trovano nei principi  costituzionali  la
loro   previsione   e   tutela.   La   struttura   del   procedimento
amministrativo,  infatti,  rende  possibili   l'emersione   di   tali
interessi, la loro adeguata prospettazione, nonche' la pubblicita'  e
la trasparenza della loro valutazione» (sentenze n. 69 del 2018 e  n.
177 del 2021; in senso analogo, sentenza n. 177  del  2018,  nonche',
piu' in generale, con  riferimento  alle  competenze  primarie  delle
regioni a statuto speciale e delle province autonome, sentenza n. 117
del 2022). 
    Le disposizioni censurate - senza  che  le  diverse  formulazioni
adoperate  dal  legislatore  regionale   rendano   significativamente
differente il loro contenuto normativo  -  determinano,  invece,  una
sospensione dei  procedimenti  autorizzativi  per  la  costruzione  e
l'esercizio  di  impianti  alimentati  da  fonti  rinnovabili,  cosi'
ponendosi in evidente contrasto con la richiamata normativa  statale.
Non assume alcun rilievo la circostanza, sulla quale ha insistito  in
atti  la  Regione  Lazio,  che  tale  sospensione  sia  temporalmente
circoscritta, anche con la fissazione di un termine massimo  di  otto
mesi, il quale peraltro, al di la' d'ogni altra considerazione, e' di
gran lunga superiore a quello, di novanta giorni, che l'art.  12  del
d.lgs. n. 387 del 2003 prescrive per la conclusione del  procedimento
unico ivi previsto. 
    7.1.2.- Devono dunque essere dichiarate fondate,  per  violazione
dell'art. 117, terzo  comma,  Cost.,  le  questioni  di  legittimita'
costituzionale aventi per oggetto l'art. 75,  comma  1,  lettera  b),
numero 5), della legge reg. Lazio n. 14 del 2021, nella parte in  cui
introduce i nuovi commi 5-quater e 5-quinquies dell'art.  3.1.  della
legge reg. Lazio n. 16 del 2011, e l'art. 6 della legge reg. Lazio n.
20 del 2021, nella parte  in  cui  sostituisce  il  richiamato  comma
5-quater, restando assorbite  le  ulteriori  questioni  promosse  nei
confronti delle medesime disposizioni. 
    8.-  Rimangono  da  scrutinare  le  questioni   di   legittimita'
costituzionale promosse dal Presidente del  Consiglio  dei  ministri,
con il ricorso iscritto al n. 64 reg. ric. 2021,  avverso  l'art.  81
della legge reg. Lazio n. 14 del 2021, per violazione dell'art.  117,
secondo comma, lettera s), Cost. La disposizione impugnata prevede la
modifica della perimetrazione del parco regionale dell'Appia  Antica,
riducendone i confini. 
    Secondo il ricorrente,  la  norma  regionale  sarebbe  in  palese
contrasto con gli artt. 22, comma 1, lettere a)  e  c),  e  23  della
legge n. 394 del 1991, poiche' non sarebbe  stato  rispettato  quanto
ivi previsto con riferimento alla partecipazione  degli  enti  locali
nella variazione dei confini del parco. 
    Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  lamenta,  poi,  la
violazione dell'art. 6 del d.lgs. n. 152 del 2006, che impone la  VAS
per quei piani che «possono avere impatti significativi sull'ambiente
e  sul  patrimonio   culturale».   Al   contempo,   e   «in   maniera
conseguenziale», la disposizione censurata violerebbe altresi' l'art.
6, paragrafo 3, della  direttiva  92/43/CEE  del  Consiglio,  del  21
maggio 1992, relativa alla conservazione  degli  habitat  naturali  e
seminaturali e della flora e della fauna selvatiche -  come  recepito
dall'art. 6 del d.P.R. n. 120 del  2003  -  il  quale  imporrebbe  la
sottoposizione di piani e programmi alla VINCA. 
    Il ricorrente prende atto della circostanza, rappresentata  dalla
Regione, per cui  la  modifica  del  perimetro  del  parco  e'  stata
preceduta   dalle   prescritte   procedure   di    consultazione    e
partecipazione pubblica di cui all'art.  22,  comma  1,  lettera  a),
della legge n. 394 del 1991, ma osserva che, «nondimeno,  la  lettera
della norma stessa non rende chiaro  siffatto  aspetto  istruttorio».
Inoltre,  a  parere  dell'Avvocatura   generale   dello   Stato,   la
riperimetrazione di un parco per sottrazione di una determinata  area
potrebbe  avvenire   soltanto   attraverso   l'approvazione   di   un
aggiornamento al piano del parco. 
    8.1.- Anche per questa parte, il ricorso e' fondato. 
    Questa Corte ha gia' riconosciuto che «"la modifica del perimetro
dei parchi regionali puo'  avvenire  sia  con  legge  regionale,  nel
rispetto del procedimento regolato dall'art. 22 della legge  [n.  394
del 1991], sia in sede di adozione o modifica del  piano  del  parco"
(sentenza  n.  276  del  2020).  L'ipotesi   della   modifica   della
perimetrazione  dell'area  protetta  regionale   non   e',   infatti,
espressamente prevista dalla legge quadro, che ha dettato soltanto il
procedimento da seguire per la  sua  istituzione.  Nel  silenzio  del
legislatore statale, deve ritenersi  che  riacquisti  il  suo  spazio
l'autonomia regionale, purche' siano ovviamente rispettati i principi
stabiliti dalla legge quadro del 1991. Ne consegue che - per quel che
riguarda  la  perimetrazione  definitiva,  la  quale   segue   quella
provvisoria fatta al momento dell'istituzione dell'area protetta - e'
"implicito nel sistema legislativo statale che  [essa]  possa  essere
affidata dalla legge regionale ad una fase procedimentale successiva,
ed in particolare al piano del parco" (sentenza n. 134 del 2020).  Di
converso, per quel  che  riguarda  la  riperimetrazione  -  la  quale
presuppone un'area protetta gia' esistente a tutti  gli  effetti  (e,
dunque,  non   solo   provvisoriamente   ma   anche   definitivamente
delimitata) - essa puo' essere affidata tanto a modifiche  del  piano
per il parco, quanto alla legge regionale, nel quale ultimo caso deve
"osservare il medesimo procedimento seguito dal legislatore  ai  fini
della perimetrazione provvisoria dei confini, ai sensi  dell'art.  22
della legge quadro,  compresa  la  interlocuzione  con  le  autonomie
locali" (ancora sentenza n. 134  del  2020)»  (sentenza  n.  115  del
2022). 
    Ne discende che e' destituita di fondamento l'affermazione  della
difesa dello Stato secondo cui la riperimetrazione per sottrazione di
una determinata area puo' avvenire soltanto attraverso l'approvazione
di un aggiornamento al piano del parco,  potendo  invece  la  Regione
decidere di procedervi mediante l'approvazione d'una legge regionale.
In tal caso, tuttavia, l'art. 22, comma 1, lettera  a),  della  legge
quadro n. 394 del 1991 impone che  sia  garantita  la  partecipazione
delle province, delle comunita' montane e dei comuni al  procedimento
di riperimetrazione, la quale «si  presenta  del  tutto  assimilabile
alla istituzione di una nuova area protetta»  (sentenza  n.  115  del
2022): e detta partecipazione si realizza, per espressa  disposizione
della richiamata normativa  statale,  attraverso  conferenze  per  la
redazione del documento di indirizzo indicato dal medesimo art. 22. 
    Nell'adottare, con la disposizione oggetto  di  impugnazione,  la
riperimetrazione del parco regionale dell'Appia Antica,  non  risulta
che la Regione Lazio abbia rispettato quanto dettato dalla richiamata
normativa statale. L'art. 81 della legge regionale n.  14  del  2021,
infatti, e' frutto  di  un  emendamento  presentato  direttamente  in
Consiglio regionale nella seduta n.  97.7  del  4  agosto  2021:  dal
relativo resoconto non e' dato trarre  alcuna  indicazione  non  solo
dell'adozione del documento di indirizzo, cosi' come  previsto  dalla
norma evocata a integrazione del parametro costituzionale, ma neppure
della partecipazione degli enti locali interessati al procedimento di
riperimetrazione. 
    Nell'atto di costituzione in giudizio, la  Regione  Lazio  si  e'
limitata a riferire  che  la  riduzione,  che  sarebbe  funzionale  a
sottrarre al  parco  regionale  un'area  ricompresa  all'interno  del
perimetro per mero errore, e'  stata  «ritenuta  opportuna  dall'Ente
gestore  dell'area  naturale  protetta,  che  nulla   ha   avuto   da
riscontrare in merito, cosi' come non risulta vi  siano  stati  altri
enti contrari». Sennonche', al di  la'  d'ogni  altra  considerazione
sulla possibilita' che la consultazione del  solo  Ente  parco  possa
validamente  surrogare  la  partecipazione  degli  enti   locali   al
procedimento  legislativo  di  riperimetrazione,  neppure  di  questa
consultazione la Regione Lazio ha prodotto alcuna documentazione. 
    La disposizione regionale  impugnata,  dunque,  deve  dichiararsi
costituzionalmente illegittima per violazione dell'art. 117,  secondo
comma, lettera s), Cost., in quanto «il mancato coinvolgimento  degli
enti  locali,  attraverso  la  formazione  del   documento   indicato
dall'art. 22 della legge quadro,  costituisce  un  vizio  della  fase
procedimentale»  (sentenza   n.   134   del   2020)   che   determina
l'illegittimita' costituzionale della relativa legge. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riuniti i giudizi, 
    1) dichiara inammissibile l'intervento di Enel Green Power Italia
srl, nel giudizio relativo al ricorso iscritto al  n.  64  reg.  ric.
2021; 
    2) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art.  75,  comma
1, lettera b), numero 5), della legge della Regione Lazio  11  agosto
2021,  n.  14  (Disposizioni  collegate  alla  legge  di   stabilita'
regionale 2021 e modifiche di leggi regionali), nella  parte  in  cui
introduce i commi 5-quater e 5-quinquies dell'art.  3.1  della  legge
della Regione Lazio  16  dicembre  2011,  n.  16  (Norme  in  materia
ambientale e di fonti rinnovabili); 
    3) dichiara l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  6  della
legge  della  Regione  Lazio  30  dicembre  2021,  n.  20  (Legge  di
stabilita' regionale 2022); 
    4) dichiara l'illegittimita' costituzionale  dell'art.  81  della
legge reg. Lazio n. 14 del 2021; 
    5)  dichiara   inammissibili   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 75, comma 1, lettera b), numeri 2), 3), 4) e
5) - quest'ultimo nella parte in cui introduce i commi 5-bis e  5-ter
dell'art. 3.1 della legge reg. Lazio n. 16 del 2011 - e  lettera  c),
della legge reg. Lazio n.  14  del  2021,  promosse,  in  riferimento
all'art. 117, commi primo, secondo, lettere e) e s), e  terzo,  della
Costituzione, dal Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  con  il
ricorso iscritto al n. 64 reg. ric. 2021; 
    6)  dichiara   non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 64, comma 1, lettera a),  della  legge  reg.
Lazio n. 14 del 2021, promosse, in riferimento agli artt.  9  e  117,
secondo comma, lettera s),  Cost.,  nonche'  al  principio  di  leale
collaborazione, dal Presidente del Consiglio  dei  ministri,  con  il
ricorso iscritto al n. 64 reg. ric. 2021. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta il 13 settembre 2022. 
 
                                F.to: 
                     Silvana SCIARRA, Presidente 
                  Filippo PATRONI GRIFFI, Redattore 
             Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria 
 
    Depositata in Cancelleria il 27 ottobre 2022. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA