N. 227 ORDINANZA 8 - 10 novembre 2022

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Ordinamento  penitenziario  -  Benefici  penitenziari  -   Condannato
  all'ergastolo per delitti di contesto  mafioso  -  Ammissione  alla
  liberazione condizionale in assenza  della  collaborazione  con  la
  giustizia -  Esclusione  (c.d.  ergastolo  ostativo)  -  Denunciata
  irragionevolezza  e  violazione  del  principio   della   finalita'
  rieducativa della pena - Giudizio proveniente dall'udienza  del  10
  maggio 2022, rinviato, con sospensione  del  giudizio  a  quo,  per
  consentire l'intervento del  legislatore  -  Sopravvenuta  modifica
  della  norma  censurata  -  Restituzione  degli  atti  al   giudice
  rimettente. 
- Legge 26 luglio 1975, n. 354, artt. 4-bis, comma 1, e 58-ter. 
- Costituzione, artt. 3, 27e 117, primo comma. 
(GU n.46 del 16-11-2022 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Silvana SCIARRA; 
Giudici :Daria de PRETIS,  Nicolo'  ZANON,  Franco  MODUGNO,  Augusto
  Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,  Giovanni  AMOROSO,  Francesco
  VIGANO', Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo  BUSCEMA,  Emanuela
  NAVARRETTA, Maria Rosaria  SAN  GIORGIO,  Filippo  PATRONI  GRIFFI,
  Marco D'ALBERTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale  degli  artt.  4-bis,
comma 1,  e  58-ter  della  legge  26  luglio  1975,  n.  354  (Norme
sull'ordinamento  penitenziario  e  sulla  esecuzione  delle   misure
privative e limitative  della  liberta'),  nonche'  dell'art.  2  del
decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152 (Provvedimenti urgenti  in  tema
di lotta alla  criminalita'  organizzata  e  di  trasparenza  e  buon
andamento    dell'attivita'    amministrativa),    convertito,    con
modificazioni, nella legge 12 luglio 1991,  n.  203,  promosso  dalla
Corte di cassazione, prima sezione penale, nel procedimento penale  a
carico di S.F. P., con ordinanza del 3 giugno 2020,  iscritta  al  n.
100 del registro ordinanze 2020 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 34, prima serie speciale, dell'anno 2020. 
    Visti l'atto di  costituzione  di  S.F.  P.,  nonche'  l'atto  di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito nell'udienza  pubblica  dell'8  novembre  2022  il  Giudice
relatore Nicolo' Zanon; 
    uditi  l'avvocato  Giovanna  Beatrice  Araniti  per  S.F.  P.   e
l'avvocato  dello  Stato  Ettore  Figliolia  per  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri; 
    deliberato nella camera di consiglio dell'8 novembre 2022. 
    Ritenuto che, con ordinanza del 3 giugno 2020, depositata  il  18
giugno 2020 (r.o. n. 100 del 2020), la  Corte  di  cassazione,  prima
sezione penale, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 27,  terzo
comma,  e 117,  primo  comma,  della   Costituzione,   questioni   di
legittimita' costituzionale degli artt.  4-bis,  comma  1,  e  58-ter
della  legge  26  luglio  1975,  n.   354   (Norme   sull'ordinamento
penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e  limitative
della liberta'), nonche' dell'art.  2  del  decreto-legge  13  maggio
1991,  n.  152  (Provvedimenti  urgenti  in  tema   di   lotta   alla
criminalita'  organizzata  e  di   trasparenza   e   buon   andamento
dell'attivita' amministrativa), convertito, con modificazioni,  nella
legge 12 luglio 1991, n. 203, nella parte in cui escludono che  possa
essere  ammesso   alla   liberazione   condizionale   il   condannato
all'ergastolo, per delitti commessi avvalendosi delle  condizioni  di
cui all'art. 416-bis del codice penale, ovvero al fine  di  agevolare
l'attivita' delle  associazioni  in  esso  previste,  che  non  abbia
collaborato con la giustizia; 
    che la Corte rimettente e' investita del ricorso  per  cassazione
proposto,  contro  un'ordinanza   del   Tribunale   di   sorveglianza
dell'Aquila,  da  persona  irrevocabilmente  condannata   alla   pena
dell'ergastolo con sentenza della Corte di assise di Palermo  del  24
giugno 2005, confermata dalla  locale  Corte  di  assise  di  appello
(decisione irrevocabile dal 9  febbraio  2007),  per  un  delitto  di
omicidio volontario aggravato ex art. 7 del d.l.  n.  152  del  1991,
come convertito; 
    che il condannato si e' rivolto al Tribunale di sorveglianza  per
ottenere un provvedimento di liberazione condizionale; 
    che la richiesta, tuttavia, e'  stata  dichiarata  inammissibile,
anche perche' la pena in corso di esecuzione e' stata inflitta per un
reato  commesso  avvalendosi  delle  condizioni  previste   dall'art.
416-bis cod. pen., ovvero al  fine  di  agevolare  l'attivita'  della
associazione in esso prevista (associazione  di  tipo  mafioso)  e  i
benefici penitenziari e la stessa  liberazione  condizionale  possono
essere accordati solo se il condannato abbia prestato  collaborazione
con la giustizia ai sensi dell'art. 58-ter ordin. penit.,  o  si  sia
trovato   nella   impossibilita'   di   collaborare    efficacemente,
circostanze non sussistenti nella specie; 
    che, avendo il ricorrente gia' scontato oltre  ventisei  anni  di
reclusione (anche grazie a provvedimenti di liberazione  anticipata),
e risultando elementi sintomatici del suo possibile ravvedimento,  il
rimettente sostiene la  rilevanza  delle  questioni  di  legittimita'
costituzionale, volte a temperare il valore preclusivo assoluto della
mancata collaborazione; 
    che la Corte di cassazione, prima sezione penale, in punto di non
manifesta infondatezza delle questioni sollevate, osserva - nel solco
della giurisprudenza costituzionale e della Corte europea dei diritti
dell'uomo - che solo la residua possibilita' per  i  condannati  alla
pena  perpetua   di   ottenere   il   beneficio   della   liberazione
condizionale, anche attraverso il computo dei periodi di  liberazione
anticipata, avrebbe finora trattenuto  la  disciplina  dell'ergastolo
nell'alveo della compatibilita' costituzionale e convenzionale; 
    che, nel ragionamento del rimettente, assume rilievo centrale  la
sentenza n.  253  del  2019,  con  la  quale  questa  Corte   avrebbe
riconosciuto  che  la  disciplina  allora   vigente   istituiva   una
presunzione assoluta di perdurante pericolosita' nel caso di  mancata
collaborazione,   di    conseguenza    affermando    l'illegittimita'
costituzionale del connesso divieto di accordare permessi  premio  in
caso di  reato  "ostativo",  ritenendo  necessario  che  il  giudice,
superando la soglia di ammissibilita' rappresentata dalla preclusione
concernente i non  collaboratori,  possa  valutare  ed  eventualmente
valorizzare situazioni di sicuro ravvedimento del condannato; 
    che a maggior ragione tale necessita' si manifesterebbe quando la
rilevante durata del percorso  carcerario,  il  tempo  trascorso  dal
fatto e la prolungata sperimentazione del trattamento rendono elevata
la probabilita' di seri e profondi mutamenti della  personalita'  del
detenuto; 
    che il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  e'  intervenuto  nel
giudizio, chiedendo che la questione sia dichiarata  inammissibile  o
comunque non fondata,  in  quanto  la  disciplina  censurata  sarebbe
giustificata dalla rilevante gravita' dei reati cui  e'  connessa  la
pena dell'ergastolo, discrezionalmente stabilita  dal  legislatore  e
comunque proporzionata alla rilevanza dei beni giuridici compromessi; 
    che in particolare, a giudizio  dell'interveniente,  non  sarebbe
affatto  arbitraria  la  presunzione  che,  nel   contesto   mafioso,
l'atteggiamento non collaborativo sia dovuto  alla  volonta'  di  non
recidere i rapporti con l'ambiente di provenienza; 
    che, nelle more del giudizio incidentale, sono  state  depositate
da gruppi ed organizzazioni, nel ruolo dichiarato  di  amici  curiae,
varie memorie scritte,  ammesse  con  decreto  presidenziale  del  15
febbraio 2021,  ai  sensi  dell'art.  4-ter,  comma  3,  delle  Norme
integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale; 
    che la parte ricorrente nel giudizio principale ha depositato una
memoria di costituzione  nel  giudizio  incidentale  di  legittimita'
costituzionale, assumendo che,  nella  specie,  il  ravvedimento  del
condannato,   nonostante   sia   sempre   mancata   una   scelta   di
collaborazione,    sarebbe    pienamente    provato,    cosi'    come
sussisterebbero  le   ulteriori   condizioni   per   l'accesso   alla
liberazione condizionale; 
    che la parte insiste affinche'  sia  dichiarata  l'illegittimita'
costituzionale  delle  norme  censurate   dal   giudice   rimettente,
riprendendo diffusamente le motivazioni alla base  della sentenza  n.
253 del 2019, al fine di argomentare contro la  presunzione  assoluta
di pericolosita' sociale insita nella normativa censurata; 
    che, all'esito dell'udienza pubblica del 23  marzo  2021,  questa
Corte ha pronunciato l'ordinanza n. 97 del 2021, con la quale ha,  in
primo luogo, evidenziato il  ruolo  dell'istituto  della  liberazione
condizionale,   quale   garanzia   di   compatibilita'   della   pena
dell'ergastolo di cui all'art. 22  cod.  pen.  con  il  principio  di
risocializzazione presidiato dall'art. 27  Cost.,  ribadendo  che  la
liberazione condizionale e' l'unico istituto che, in virtu' della sua
esistenza nell'ordinamento, rende non contrastante con  il  principio
rieducativo, e dunque con la Costituzione, la pena dell'ergastolo; 
    che, in tale pronuncia, si e'  sottolineato  come  la  disciplina
"ostativa" contenuta nell'art. 4-bis, comma 1, ordin. penit., da  una
parte elevi la utile collaborazione a presupposto  indefettibile  per
l'accesso (anche) alla liberazione condizionale, dall'altra sancisca,
a carico del detenuto non collaborante, una presunzione  assoluta  di
perdurante pericolosita' (dovuta, in tesi, alla  mancata  rescissione
dei  suoi  collegamenti  con  la   criminalita'   organizzata),   non
superabile da altro  se  non  dalla  collaborazione  stessa,  che  lo
esclude in radice dall'accesso ai benefici penitenziari  e,  appunto,
fra questi, alla liberazione condizionale; 
    che, pertanto, ha proseguito l'ordinanza n. 97 del  2021,  alcune
delle rationes decidendi poste a base della gia' citata  sentenza  n.
253 del 2019 sono utili per scrutinare anche le questioni all'odierno
esame; 
    che la medesima ordinanza ha, quindi, ribadito che la presunzione
di pericolosita' gravante sul condannato all'ergastolo per  reati  di
contesto mafioso che non collabora con la giustizia non  e',  di  per
se',  in  tensione  con  i  parametri  costituzionali   evocati   dal
rimettente, perche' non e' affatto irragionevole presumere che costui
mantenga vivi i legami con l'organizzazione criminale  di  originaria
appartenenza; 
    che, tuttavia, la  collaborazione  non  puo'  essere  considerata
l'unica strada a disposizione del  condannato  a  pena  perpetua  per
accedere alla valutazione  da  cui  dipende,  decisivamente,  la  sua
restituzione alla liberta', perche' e' sempre necessario - come  gia'
statuito con la sentenza n. 253  del  2019  per  la  concessione  dei
permessi premio - che la presunzione  in  esame  diventi  relativa  e
possa essere vinta da prova contraria, valutabile  dal  tribunale  di
sorveglianza; 
    che, in ogni  caso,  in  relazione  a  condannati  per  reati  di
affiliazione a  una  associazione  mafiosa  (e  per  reati  a  questa
collegati), la  valutazione  in  concreto  di  accadimenti  idonei  a
superare  la  presunzione  dell'attualita'  di  collegamenti  con  la
criminalita' organizzata - da parte di tutte le autorita'  coinvolte,
e in primo luogo ad opera  del  magistrato  di  sorveglianza  -  deve
rispondere a criteri di particolare rigore, proporzionati alla  forza
del vincolo imposto  dal  sodalizio  criminale  del  quale  si  esige
l'abbandono definitivo; 
    che, in particolare, la presunzione di pericolosita' sociale  del
condannato all'ergastolo che non collabora, per quanto non debba piu'
essere assoluta, puo' risultare superabile non certo in virtu'  della
sola regolare condotta carceraria  o  della  mera  partecipazione  al
percorso rieducativo, e nemmeno in ragione di una soltanto dichiarata
dissociazione; 
    che, prosegue l'ordinanza n. 97  del  2021,  per  l'accesso  alla
liberazione condizionale di un  ergastolano  (non  collaborante)  per
delitti collegati alla criminalita' organizzata, e  per  la  connessa
valutazione del suo sicuro ravvedimento, e' necessaria l'acquisizione
di altri, congrui  e  specifici  elementi,  tali  da  escludere,  sia
l'attualita' di suoi collegamenti con  la  criminalita'  organizzata,
sia il rischio del loro futuro ripristino; 
    che  questa  Corte,  dopo   aver   illustrato   le   ragioni   di
incompatibilita'  con  la  Costituzione  attualmente  esibite   dalla
normativa  censurata,  ha  tuttavia  sottolineato  che   un   proprio
intervento meramente "demolitorio" avrebbe potuto mettere  a  rischio
il complessivo equilibrio della disciplina in esame, e,  soprattutto,
le esigenze di prevenzione generale e  di  sicurezza  collettiva  che
essa persegue per contrastare il pervasivo e radicato fenomeno  della
criminalita' mafiosa; 
    che, dunque, facendo leva  sui  propri  poteri  di  gestione  del
processo costituzionale, questa Corte ha quindi  disposto  il  rinvio
del giudizio in corso  e  ha  fissato  una  nuova  discussione  delle
questioni di legittimita' costituzionale in esame all'udienza del  10
maggio 2022, dando al Parlamento un congruo tempo per  affrontare  la
materia; 
    che all'invito rivolto al Parlamento da  questa  Corte  ha  fatto
seguito l'approvazione, in data 31 marzo 2022, di un disegno di legge
da parte  della  Camera  dei  deputati,  contenente  una  complessiva
normativa di riforma della disciplina oggetto del presente scrutinio; 
    che tale disegno di legge e'  stato  trasmesso  al  Senato  della
Repubblica in data 1° aprile 2022, dove ha assunto il numero AS  2574
(Modifiche alla legge 26 luglio 1975, n.  354,  al  decreto-legge  13
maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni,  dalla  legge  12
luglio 1991, n. 203, e alla legge  13  settembre  1982,  n.  646,  in
materia di divieto  di  concessione  dei  benefici  penitenziari  nei
confronti dei  detenuti  o  internati  che  non  collaborano  con  la
giustizia); 
    che, con istanze di differimento depositate in data 4 e 5  maggio
2022, e dunque pochi giorni prima dell'udienza del  10  maggio  2022,
l'Avvocatura generale dello Stato ha richiesto un  ulteriore  rinvio,
evidenziando  lo  stato   avanzato   dei   lavori   parlamentari   di
approvazione del  complessivo  disegno  di  legge  riformatore  della
normativa sub iudice; 
    che, con istanza depositata in data 6 maggio  2022,  S.F.  P.  ha
invece presentato «richiesta  motivata  di  rigetto  dell'istanza  di
differimento dell'udienza da parte dell'Avvocatura dello Stato»; 
    che, all'esito dell'udienza del 10 maggio 2022, udite  le  parti,
questa Corte, con ordinanza n. 122 del 2022, ha accolto l'istanza  di
ulteriore  differimento,  disponendo  un  rinvio  all'udienza  dell'8
novembre 2022, dando  atto  dei  lavori  parlamentari  in  precedenza
illustrati; 
    che, dopo il nuovo rinvio dell'udienza di discussione, l'iter del
procedimento  legislativo  non  si  e'  completato,  anche   per   lo
scioglimento anticipato delle Camere, disposto dal  Presidente  della
Repubblica con decreto firmato il 21 luglio 2022. 
    Considerato che, come emerge  dalle  premesse  in  fatto  innanzi
illustrate, le questioni  sollevate  riguardano,  specificamente,  la
legittimita' costituzionale della disciplina relativa  al  cosiddetto
ergastolo ostativo; 
    che la  Corte  di  cassazione  rimettente  censura  non  solo  la
disciplina "ostativa" contenuta  nell'art.  4-bis,  comma  1,  ordin.
penit., ma (oltre alla previsione del successivo art. 58-ter)  anche,
in particolare, il contenuto dell'art. 2 del d.l. n.  152  del  1991,
come convertito, in base al cui comma 1  il  regime  restrittivo  per
l'accesso ai benefici penitenziari, previsto  all'art.  4-bis  ordin.
penit.,  si  estende  anche   alla   disciplina   della   liberazione
condizionale; 
    che,  quindi,  e'  sottoposta   a   scrutinio   di   legittimita'
costituzionale  la  normativa  che   non   consente   al   condannato
all'ergastolo per delitti di "contesto" mafioso,  che  non  collabori
utilmente con la giustizia e che abbia gia' scontato ventisei anni di
carcere (anche grazie a provvedimenti di liberazione anticipata),  di
essere ammesso al beneficio della liberazione condizionale, in  forza
di una presunzione assoluta di mancata rescissione  dei  suoi  legami
con la criminalita' organizzata, non superabile se  non  per  effetto
della collaborazione stessa; 
    che la Camera dei deputati ha approvato, in data 31  marzo  2022,
il disegno di legge ricordato in precedenza; 
    che, tuttavia, tale disegno di legge non e' stato approvato anche
dal Senato della Repubblica; 
    che in data 21 luglio 2022  il  Presidente  della  Repubblica  ha
disposto  lo  scioglimento  anticipato  delle  Camere,   nonche'   la
convocazione dei comizi per le elezioni della Camera dei  deputati  e
del Senato della Repubblica per il giorno 25 settembre 2022; 
    che la prima riunione delle nuove Camere ha avuto luogo il giorno
13 ottobre 2022; 
    che  il  Governo,  ricevuta  la  fiducia  dalle  Camere,  con  il
decreto-legge 31 ottobre 2022, n. 162 (Misure urgenti in  materia  di
divieto di concessione dei benefici penitenziari  nei  confronti  dei
detenuti o internati che non collaborano con la giustizia, nonche' in
materia di entrata in vigore del decreto legislativo 10 ottobre 2022,
n. 150, di obblighi di vaccinazione anti SARS-COV-2 e di  prevenzione
e contrasto dei raduni illegali), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
ed entrato in vigore  in  pari  data,  ha  apportato  modifiche  alla
disciplina prevista  dall'art.  4-bis  ordin.  penit.,  ravvisando  i
presupposti di straordinaria necessita' e urgenza previsti  dall'art.
77  Cost.  nei  «moniti  rivolti  dalla   Corte   costituzionale   al
legislatore   per   l'adozione   di   una   nuova    regolamentazione
dell'istituto  al  fine  di   ricondurlo   a   conformita'   con   la
Costituzione», nonche' nella «imminenza della  data  dell'8  novembre
2022, fissata dalla Corte  costituzionale  per  adottare  la  propria
decisione in assenza di un intervento del legislatore»; 
    che il d.l. n. 162 del 2022 incide sulle disposizioni oggetto del
presente giudizio, riproducendo - salvo limitate modifiche - il testo
del ricordato disegno di legge approvato dalla  Camera  dei  deputati
nel corso della precedente legislatura; 
    che, per quanto qui rilevante, il provvedimento d'urgenza prevede
all'art. 1, comma 1, lettera a), numero 2), l'integrale  sostituzione
del comma 1-bis dell'art. 4-bis ordin. penit., e  l'aggiunta  di  due
nuovi commi (1-bis.1 e 1-bis.2); 
    che la nuova disciplina trasforma  da  assoluta  in  relativa  la
presunzione di pericolosita' ostativa alla concessione dei benefici e
delle misure alternative in favore dei detenuti non collaboranti, che
vengono ora ammessi alla possibilita' di farne  istanza,  sebbene  in
presenza di stringenti e  concomitanti  condizioni,  diversificate  a
seconda dei reati che vengono in rilievo; 
    che la disciplina della collaborazione impossibile o  irrilevante
- pur ancora applicabile, in forza della previsione di  cui  all'art.
3, comma 2, del d. l. n. 162 del 2022 ai condannati e agli  internati
che, prima della data di entrata in vigore del decreto-legge, abbiano
commesso delitti previsti dal comma 1 dell'art. 4-bis ordin. penit. -
viene  sostituita  dalla  nuova  regolamentazione   dell'accesso   ai
benefici penitenziari e  alle  misure  alternative  alla  detenzione,
applicabile a tutti i detenuti ed internati che non  collaborano  con
la giustizia; 
    che, quanto ai detenuti e agli internati per delitti di  contesto
mafioso e, in generale,  di  tipo  associativo,  i  benefici  possono
essere  loro  concessi   purche'   dimostrino   l'adempimento   delle
obbligazioni  civili  e  degli  obblighi  di  riparazione  pecuniaria
conseguenti  alla  condanna  o  «l'assoluta  impossibilita'  di  tale
adempimento»,  nonche'  alleghino  elementi  specifici  -  diversi  e
ulteriori  rispetto   alla   regolare   condotta   carceraria,   alla
partecipazione del detenuto  al  percorso  rieducativo  e  alla  mera
dichiarazione  di  dissociazione  dall'organizzazione  criminale   di
eventuale appartenenza - che consentano di escludere l'attualita'  di
collegamenti con la criminalita' organizzata, terroristica o eversiva
e con il contesto nel quale il reato e' stato  commesso,  nonche'  il
pericolo di  ripristino  di  tali  collegamenti,  anche  indiretti  o
tramite terzi, tenuto conto delle circostanze personali e ambientali,
delle  ragioni  eventualmente  dedotte  a  sostegno   della   mancata
collaborazione, della revisione critica della condotta criminosa e di
ogni altra informazione disponibile, nonche', ancora, la  sussistenza
di iniziative dell'interessato a  favore  delle  vittime,  sia  nelle
forme risarcitorie che in quelle della giustizia riparativa; 
    che ai detenuti  per  i  restanti  reati  indicati  dal  comma  1
dell'art. 4-bis ordin. penit. si richiede il rispetto delle  medesime
condizioni, depurate, tuttavia, da indicazioni non  coerenti  con  la
natura dei  reati  che  vengono  in  rilievo,  sicche'  la  richiesta
allegazione deve  avere  ad  oggetto  elementi  idonei  ad  escludere
l'attualita' dei collegamenti, anche indiretti o tramite  terzi,  con
il contesto nel quale il  reato  e'  stato  commesso  (non  anche  il
pericolo di ripristino dei collegamenti con tale contesto); 
    che  l'art.  1,  comma  1,  lettera  a),   numero   3),   prevede
l'ampliamento delle  fonti  di  conoscenza  cui  la  magistratura  di
sorveglianza deve ricorrere e la modifica del relativo  procedimento,
nonche' l'onere in capo al detenuto  di  fornire  elementi  di  prova
contraria in caso di indizi, emergenti dall'istruttoria, dell'attuale
sussistenza  di  collegamenti  con   la   criminalita'   organizzata,
terroristica o eversiva o con il contesto nel quale il reato e' stato
commesso, ovvero del pericolo di loro ripristino; 
    che l'art. 2 del d.l. n.  162  del  2022  prevede  l'innalzamento
della  durata  del  periodo  di  pena  da  espiare  (per  quanto  qui
rilevante, «almeno trenta anni di pena, quando vi e'  stata  condanna
all'ergastolo», in luogo dei precedenti ventisei) per l'accesso  alla
liberazione  condizionale  del  detenuto  per  reati   ostativi   non
collaborante, nonche'  l'allungamento  della  durata  della  liberta'
vigilata  (dieci  anni,  anziche'  cinque)  in   caso   di   condanna
all'ergastolo; 
    che, quindi, si e' in presenza di una modifica complessiva  della
disciplina interessata dalle questioni di legittimita' costituzionale
in esame e, per  quel  che  qui  particolarmente  interessa,  di  una
trasformazione  da  assoluta  in  relativa   della   presunzione   di
pericolosita' del condannato all'ergastolo  per  reati  ostativi  non
collaborante, cui e' concessa - sia pur in presenza degli  stringenti
requisiti ricordati - la possibilita'  di  domandare  la  liberazione
condizionale e, cosi', di  vedere  vagliata  nel  merito  la  propria
istanza; 
    che tale modifica - sebbene operata da un decreto-legge ancora in
corso di conversione - incide immediatamente  sul  nucleo  essenziale
delle questioni sollevate dall'ordinanza di rimessione; 
    che  la  giurisprudenza  costituzionale  -  quando  le  modifiche
apportate incidono cosi' «profondamente sull'ordito  logico  che  sta
alla base delle censure prospettate» (ordinanze n. 97 del 2022  e  n.
60  del  2021),  oppure  intaccano  il  meccanismo   contestato   dal
rimettente (ordinanza n. 55 del 2020) - e' costante nel ricavarne  la
necessita' di restituire gli atti  al  giudice  a  quo,  spettando  a
quest'ultimo, sia verificare l'influenza della normativa sopravvenuta
sulla rilevanza delle  questioni  sollevate  (ordinanza  n.  243  del
2021), sia procedere alla  rivalutazione  della  loro  non  manifesta
infondatezza, tenendo conto  delle  intervenute  modifiche  normative
(ordinanze n. 97 del 2022, n. 60 del 2021 e n. 185 del 2020); 
    che spetta, pertanto, al giudice rimettente valutare  la  portata
applicativa  dello  ius  superveniens  nel  giudizio  a  quo,   anche
all'esito del procedimento di conversione del decreto-legge. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    ordina la restituzione degli atti al giudice rimettente. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  dalla  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'8 novembre 2022. 
 
                                F.to: 
                     Silvana SCIARRA, Presidente 
                      Nicolo' ZANON, Redattore 
             Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria 
 
    Depositata in Cancelleria il 10 novembre 2022. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA