N. 227 ORDINANZA 8 - 10 novembre 2022
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Ordinamento penitenziario - Benefici penitenziari - Condannato all'ergastolo per delitti di contesto mafioso - Ammissione alla liberazione condizionale in assenza della collaborazione con la giustizia - Esclusione (c.d. ergastolo ostativo) - Denunciata irragionevolezza e violazione del principio della finalita' rieducativa della pena - Giudizio proveniente dall'udienza del 10 maggio 2022, rinviato, con sospensione del giudizio a quo, per consentire l'intervento del legislatore - Sopravvenuta modifica della norma censurata - Restituzione degli atti al giudice rimettente. - Legge 26 luglio 1975, n. 354, artt. 4-bis, comma 1, e 58-ter. - Costituzione, artt. 3, 27e 117, primo comma.(GU n.46 del 16-11-2022 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Silvana SCIARRA;
Giudici :Daria de PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco MODUGNO, Augusto
Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco
VIGANO', Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela
NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI,
Marco D'ALBERTI,
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 4-bis,
comma 1, e 58-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme
sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure
privative e limitative della liberta'), nonche' dell'art. 2 del
decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152 (Provvedimenti urgenti in tema
di lotta alla criminalita' organizzata e di trasparenza e buon
andamento dell'attivita' amministrativa), convertito, con
modificazioni, nella legge 12 luglio 1991, n. 203, promosso dalla
Corte di cassazione, prima sezione penale, nel procedimento penale a
carico di S.F. P., con ordinanza del 3 giugno 2020, iscritta al n.
100 del registro ordinanze 2020 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 34, prima serie speciale, dell'anno 2020.
Visti l'atto di costituzione di S.F. P., nonche' l'atto di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica dell'8 novembre 2022 il Giudice
relatore Nicolo' Zanon;
uditi l'avvocato Giovanna Beatrice Araniti per S.F. P. e
l'avvocato dello Stato Ettore Figliolia per il Presidente del
Consiglio dei ministri;
deliberato nella camera di consiglio dell'8 novembre 2022.
Ritenuto che, con ordinanza del 3 giugno 2020, depositata il 18
giugno 2020 (r.o. n. 100 del 2020), la Corte di cassazione, prima
sezione penale, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 27, terzo
comma, e 117, primo comma, della Costituzione, questioni di
legittimita' costituzionale degli artt. 4-bis, comma 1, e 58-ter
della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento
penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative
della liberta'), nonche' dell'art. 2 del decreto-legge 13 maggio
1991, n. 152 (Provvedimenti urgenti in tema di lotta alla
criminalita' organizzata e di trasparenza e buon andamento
dell'attivita' amministrativa), convertito, con modificazioni, nella
legge 12 luglio 1991, n. 203, nella parte in cui escludono che possa
essere ammesso alla liberazione condizionale il condannato
all'ergastolo, per delitti commessi avvalendosi delle condizioni di
cui all'art. 416-bis del codice penale, ovvero al fine di agevolare
l'attivita' delle associazioni in esso previste, che non abbia
collaborato con la giustizia;
che la Corte rimettente e' investita del ricorso per cassazione
proposto, contro un'ordinanza del Tribunale di sorveglianza
dell'Aquila, da persona irrevocabilmente condannata alla pena
dell'ergastolo con sentenza della Corte di assise di Palermo del 24
giugno 2005, confermata dalla locale Corte di assise di appello
(decisione irrevocabile dal 9 febbraio 2007), per un delitto di
omicidio volontario aggravato ex art. 7 del d.l. n. 152 del 1991,
come convertito;
che il condannato si e' rivolto al Tribunale di sorveglianza per
ottenere un provvedimento di liberazione condizionale;
che la richiesta, tuttavia, e' stata dichiarata inammissibile,
anche perche' la pena in corso di esecuzione e' stata inflitta per un
reato commesso avvalendosi delle condizioni previste dall'art.
416-bis cod. pen., ovvero al fine di agevolare l'attivita' della
associazione in esso prevista (associazione di tipo mafioso) e i
benefici penitenziari e la stessa liberazione condizionale possono
essere accordati solo se il condannato abbia prestato collaborazione
con la giustizia ai sensi dell'art. 58-ter ordin. penit., o si sia
trovato nella impossibilita' di collaborare efficacemente,
circostanze non sussistenti nella specie;
che, avendo il ricorrente gia' scontato oltre ventisei anni di
reclusione (anche grazie a provvedimenti di liberazione anticipata),
e risultando elementi sintomatici del suo possibile ravvedimento, il
rimettente sostiene la rilevanza delle questioni di legittimita'
costituzionale, volte a temperare il valore preclusivo assoluto della
mancata collaborazione;
che la Corte di cassazione, prima sezione penale, in punto di non
manifesta infondatezza delle questioni sollevate, osserva - nel solco
della giurisprudenza costituzionale e della Corte europea dei diritti
dell'uomo - che solo la residua possibilita' per i condannati alla
pena perpetua di ottenere il beneficio della liberazione
condizionale, anche attraverso il computo dei periodi di liberazione
anticipata, avrebbe finora trattenuto la disciplina dell'ergastolo
nell'alveo della compatibilita' costituzionale e convenzionale;
che, nel ragionamento del rimettente, assume rilievo centrale la
sentenza n. 253 del 2019, con la quale questa Corte avrebbe
riconosciuto che la disciplina allora vigente istituiva una
presunzione assoluta di perdurante pericolosita' nel caso di mancata
collaborazione, di conseguenza affermando l'illegittimita'
costituzionale del connesso divieto di accordare permessi premio in
caso di reato "ostativo", ritenendo necessario che il giudice,
superando la soglia di ammissibilita' rappresentata dalla preclusione
concernente i non collaboratori, possa valutare ed eventualmente
valorizzare situazioni di sicuro ravvedimento del condannato;
che a maggior ragione tale necessita' si manifesterebbe quando la
rilevante durata del percorso carcerario, il tempo trascorso dal
fatto e la prolungata sperimentazione del trattamento rendono elevata
la probabilita' di seri e profondi mutamenti della personalita' del
detenuto;
che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, e' intervenuto nel
giudizio, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o
comunque non fondata, in quanto la disciplina censurata sarebbe
giustificata dalla rilevante gravita' dei reati cui e' connessa la
pena dell'ergastolo, discrezionalmente stabilita dal legislatore e
comunque proporzionata alla rilevanza dei beni giuridici compromessi;
che in particolare, a giudizio dell'interveniente, non sarebbe
affatto arbitraria la presunzione che, nel contesto mafioso,
l'atteggiamento non collaborativo sia dovuto alla volonta' di non
recidere i rapporti con l'ambiente di provenienza;
che, nelle more del giudizio incidentale, sono state depositate
da gruppi ed organizzazioni, nel ruolo dichiarato di amici curiae,
varie memorie scritte, ammesse con decreto presidenziale del 15
febbraio 2021, ai sensi dell'art. 4-ter, comma 3, delle Norme
integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;
che la parte ricorrente nel giudizio principale ha depositato una
memoria di costituzione nel giudizio incidentale di legittimita'
costituzionale, assumendo che, nella specie, il ravvedimento del
condannato, nonostante sia sempre mancata una scelta di
collaborazione, sarebbe pienamente provato, cosi' come
sussisterebbero le ulteriori condizioni per l'accesso alla
liberazione condizionale;
che la parte insiste affinche' sia dichiarata l'illegittimita'
costituzionale delle norme censurate dal giudice rimettente,
riprendendo diffusamente le motivazioni alla base della sentenza n.
253 del 2019, al fine di argomentare contro la presunzione assoluta
di pericolosita' sociale insita nella normativa censurata;
che, all'esito dell'udienza pubblica del 23 marzo 2021, questa
Corte ha pronunciato l'ordinanza n. 97 del 2021, con la quale ha, in
primo luogo, evidenziato il ruolo dell'istituto della liberazione
condizionale, quale garanzia di compatibilita' della pena
dell'ergastolo di cui all'art. 22 cod. pen. con il principio di
risocializzazione presidiato dall'art. 27 Cost., ribadendo che la
liberazione condizionale e' l'unico istituto che, in virtu' della sua
esistenza nell'ordinamento, rende non contrastante con il principio
rieducativo, e dunque con la Costituzione, la pena dell'ergastolo;
che, in tale pronuncia, si e' sottolineato come la disciplina
"ostativa" contenuta nell'art. 4-bis, comma 1, ordin. penit., da una
parte elevi la utile collaborazione a presupposto indefettibile per
l'accesso (anche) alla liberazione condizionale, dall'altra sancisca,
a carico del detenuto non collaborante, una presunzione assoluta di
perdurante pericolosita' (dovuta, in tesi, alla mancata rescissione
dei suoi collegamenti con la criminalita' organizzata), non
superabile da altro se non dalla collaborazione stessa, che lo
esclude in radice dall'accesso ai benefici penitenziari e, appunto,
fra questi, alla liberazione condizionale;
che, pertanto, ha proseguito l'ordinanza n. 97 del 2021, alcune
delle rationes decidendi poste a base della gia' citata sentenza n.
253 del 2019 sono utili per scrutinare anche le questioni all'odierno
esame;
che la medesima ordinanza ha, quindi, ribadito che la presunzione
di pericolosita' gravante sul condannato all'ergastolo per reati di
contesto mafioso che non collabora con la giustizia non e', di per
se', in tensione con i parametri costituzionali evocati dal
rimettente, perche' non e' affatto irragionevole presumere che costui
mantenga vivi i legami con l'organizzazione criminale di originaria
appartenenza;
che, tuttavia, la collaborazione non puo' essere considerata
l'unica strada a disposizione del condannato a pena perpetua per
accedere alla valutazione da cui dipende, decisivamente, la sua
restituzione alla liberta', perche' e' sempre necessario - come gia'
statuito con la sentenza n. 253 del 2019 per la concessione dei
permessi premio - che la presunzione in esame diventi relativa e
possa essere vinta da prova contraria, valutabile dal tribunale di
sorveglianza;
che, in ogni caso, in relazione a condannati per reati di
affiliazione a una associazione mafiosa (e per reati a questa
collegati), la valutazione in concreto di accadimenti idonei a
superare la presunzione dell'attualita' di collegamenti con la
criminalita' organizzata - da parte di tutte le autorita' coinvolte,
e in primo luogo ad opera del magistrato di sorveglianza - deve
rispondere a criteri di particolare rigore, proporzionati alla forza
del vincolo imposto dal sodalizio criminale del quale si esige
l'abbandono definitivo;
che, in particolare, la presunzione di pericolosita' sociale del
condannato all'ergastolo che non collabora, per quanto non debba piu'
essere assoluta, puo' risultare superabile non certo in virtu' della
sola regolare condotta carceraria o della mera partecipazione al
percorso rieducativo, e nemmeno in ragione di una soltanto dichiarata
dissociazione;
che, prosegue l'ordinanza n. 97 del 2021, per l'accesso alla
liberazione condizionale di un ergastolano (non collaborante) per
delitti collegati alla criminalita' organizzata, e per la connessa
valutazione del suo sicuro ravvedimento, e' necessaria l'acquisizione
di altri, congrui e specifici elementi, tali da escludere, sia
l'attualita' di suoi collegamenti con la criminalita' organizzata,
sia il rischio del loro futuro ripristino;
che questa Corte, dopo aver illustrato le ragioni di
incompatibilita' con la Costituzione attualmente esibite dalla
normativa censurata, ha tuttavia sottolineato che un proprio
intervento meramente "demolitorio" avrebbe potuto mettere a rischio
il complessivo equilibrio della disciplina in esame, e, soprattutto,
le esigenze di prevenzione generale e di sicurezza collettiva che
essa persegue per contrastare il pervasivo e radicato fenomeno della
criminalita' mafiosa;
che, dunque, facendo leva sui propri poteri di gestione del
processo costituzionale, questa Corte ha quindi disposto il rinvio
del giudizio in corso e ha fissato una nuova discussione delle
questioni di legittimita' costituzionale in esame all'udienza del 10
maggio 2022, dando al Parlamento un congruo tempo per affrontare la
materia;
che all'invito rivolto al Parlamento da questa Corte ha fatto
seguito l'approvazione, in data 31 marzo 2022, di un disegno di legge
da parte della Camera dei deputati, contenente una complessiva
normativa di riforma della disciplina oggetto del presente scrutinio;
che tale disegno di legge e' stato trasmesso al Senato della
Repubblica in data 1° aprile 2022, dove ha assunto il numero AS 2574
(Modifiche alla legge 26 luglio 1975, n. 354, al decreto-legge 13
maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12
luglio 1991, n. 203, e alla legge 13 settembre 1982, n. 646, in
materia di divieto di concessione dei benefici penitenziari nei
confronti dei detenuti o internati che non collaborano con la
giustizia);
che, con istanze di differimento depositate in data 4 e 5 maggio
2022, e dunque pochi giorni prima dell'udienza del 10 maggio 2022,
l'Avvocatura generale dello Stato ha richiesto un ulteriore rinvio,
evidenziando lo stato avanzato dei lavori parlamentari di
approvazione del complessivo disegno di legge riformatore della
normativa sub iudice;
che, con istanza depositata in data 6 maggio 2022, S.F. P. ha
invece presentato «richiesta motivata di rigetto dell'istanza di
differimento dell'udienza da parte dell'Avvocatura dello Stato»;
che, all'esito dell'udienza del 10 maggio 2022, udite le parti,
questa Corte, con ordinanza n. 122 del 2022, ha accolto l'istanza di
ulteriore differimento, disponendo un rinvio all'udienza dell'8
novembre 2022, dando atto dei lavori parlamentari in precedenza
illustrati;
che, dopo il nuovo rinvio dell'udienza di discussione, l'iter del
procedimento legislativo non si e' completato, anche per lo
scioglimento anticipato delle Camere, disposto dal Presidente della
Repubblica con decreto firmato il 21 luglio 2022.
Considerato che, come emerge dalle premesse in fatto innanzi
illustrate, le questioni sollevate riguardano, specificamente, la
legittimita' costituzionale della disciplina relativa al cosiddetto
ergastolo ostativo;
che la Corte di cassazione rimettente censura non solo la
disciplina "ostativa" contenuta nell'art. 4-bis, comma 1, ordin.
penit., ma (oltre alla previsione del successivo art. 58-ter) anche,
in particolare, il contenuto dell'art. 2 del d.l. n. 152 del 1991,
come convertito, in base al cui comma 1 il regime restrittivo per
l'accesso ai benefici penitenziari, previsto all'art. 4-bis ordin.
penit., si estende anche alla disciplina della liberazione
condizionale;
che, quindi, e' sottoposta a scrutinio di legittimita'
costituzionale la normativa che non consente al condannato
all'ergastolo per delitti di "contesto" mafioso, che non collabori
utilmente con la giustizia e che abbia gia' scontato ventisei anni di
carcere (anche grazie a provvedimenti di liberazione anticipata), di
essere ammesso al beneficio della liberazione condizionale, in forza
di una presunzione assoluta di mancata rescissione dei suoi legami
con la criminalita' organizzata, non superabile se non per effetto
della collaborazione stessa;
che la Camera dei deputati ha approvato, in data 31 marzo 2022,
il disegno di legge ricordato in precedenza;
che, tuttavia, tale disegno di legge non e' stato approvato anche
dal Senato della Repubblica;
che in data 21 luglio 2022 il Presidente della Repubblica ha
disposto lo scioglimento anticipato delle Camere, nonche' la
convocazione dei comizi per le elezioni della Camera dei deputati e
del Senato della Repubblica per il giorno 25 settembre 2022;
che la prima riunione delle nuove Camere ha avuto luogo il giorno
13 ottobre 2022;
che il Governo, ricevuta la fiducia dalle Camere, con il
decreto-legge 31 ottobre 2022, n. 162 (Misure urgenti in materia di
divieto di concessione dei benefici penitenziari nei confronti dei
detenuti o internati che non collaborano con la giustizia, nonche' in
materia di entrata in vigore del decreto legislativo 10 ottobre 2022,
n. 150, di obblighi di vaccinazione anti SARS-COV-2 e di prevenzione
e contrasto dei raduni illegali), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
ed entrato in vigore in pari data, ha apportato modifiche alla
disciplina prevista dall'art. 4-bis ordin. penit., ravvisando i
presupposti di straordinaria necessita' e urgenza previsti dall'art.
77 Cost. nei «moniti rivolti dalla Corte costituzionale al
legislatore per l'adozione di una nuova regolamentazione
dell'istituto al fine di ricondurlo a conformita' con la
Costituzione», nonche' nella «imminenza della data dell'8 novembre
2022, fissata dalla Corte costituzionale per adottare la propria
decisione in assenza di un intervento del legislatore»;
che il d.l. n. 162 del 2022 incide sulle disposizioni oggetto del
presente giudizio, riproducendo - salvo limitate modifiche - il testo
del ricordato disegno di legge approvato dalla Camera dei deputati
nel corso della precedente legislatura;
che, per quanto qui rilevante, il provvedimento d'urgenza prevede
all'art. 1, comma 1, lettera a), numero 2), l'integrale sostituzione
del comma 1-bis dell'art. 4-bis ordin. penit., e l'aggiunta di due
nuovi commi (1-bis.1 e 1-bis.2);
che la nuova disciplina trasforma da assoluta in relativa la
presunzione di pericolosita' ostativa alla concessione dei benefici e
delle misure alternative in favore dei detenuti non collaboranti, che
vengono ora ammessi alla possibilita' di farne istanza, sebbene in
presenza di stringenti e concomitanti condizioni, diversificate a
seconda dei reati che vengono in rilievo;
che la disciplina della collaborazione impossibile o irrilevante
- pur ancora applicabile, in forza della previsione di cui all'art.
3, comma 2, del d. l. n. 162 del 2022 ai condannati e agli internati
che, prima della data di entrata in vigore del decreto-legge, abbiano
commesso delitti previsti dal comma 1 dell'art. 4-bis ordin. penit. -
viene sostituita dalla nuova regolamentazione dell'accesso ai
benefici penitenziari e alle misure alternative alla detenzione,
applicabile a tutti i detenuti ed internati che non collaborano con
la giustizia;
che, quanto ai detenuti e agli internati per delitti di contesto
mafioso e, in generale, di tipo associativo, i benefici possono
essere loro concessi purche' dimostrino l'adempimento delle
obbligazioni civili e degli obblighi di riparazione pecuniaria
conseguenti alla condanna o «l'assoluta impossibilita' di tale
adempimento», nonche' alleghino elementi specifici - diversi e
ulteriori rispetto alla regolare condotta carceraria, alla
partecipazione del detenuto al percorso rieducativo e alla mera
dichiarazione di dissociazione dall'organizzazione criminale di
eventuale appartenenza - che consentano di escludere l'attualita' di
collegamenti con la criminalita' organizzata, terroristica o eversiva
e con il contesto nel quale il reato e' stato commesso, nonche' il
pericolo di ripristino di tali collegamenti, anche indiretti o
tramite terzi, tenuto conto delle circostanze personali e ambientali,
delle ragioni eventualmente dedotte a sostegno della mancata
collaborazione, della revisione critica della condotta criminosa e di
ogni altra informazione disponibile, nonche', ancora, la sussistenza
di iniziative dell'interessato a favore delle vittime, sia nelle
forme risarcitorie che in quelle della giustizia riparativa;
che ai detenuti per i restanti reati indicati dal comma 1
dell'art. 4-bis ordin. penit. si richiede il rispetto delle medesime
condizioni, depurate, tuttavia, da indicazioni non coerenti con la
natura dei reati che vengono in rilievo, sicche' la richiesta
allegazione deve avere ad oggetto elementi idonei ad escludere
l'attualita' dei collegamenti, anche indiretti o tramite terzi, con
il contesto nel quale il reato e' stato commesso (non anche il
pericolo di ripristino dei collegamenti con tale contesto);
che l'art. 1, comma 1, lettera a), numero 3), prevede
l'ampliamento delle fonti di conoscenza cui la magistratura di
sorveglianza deve ricorrere e la modifica del relativo procedimento,
nonche' l'onere in capo al detenuto di fornire elementi di prova
contraria in caso di indizi, emergenti dall'istruttoria, dell'attuale
sussistenza di collegamenti con la criminalita' organizzata,
terroristica o eversiva o con il contesto nel quale il reato e' stato
commesso, ovvero del pericolo di loro ripristino;
che l'art. 2 del d.l. n. 162 del 2022 prevede l'innalzamento
della durata del periodo di pena da espiare (per quanto qui
rilevante, «almeno trenta anni di pena, quando vi e' stata condanna
all'ergastolo», in luogo dei precedenti ventisei) per l'accesso alla
liberazione condizionale del detenuto per reati ostativi non
collaborante, nonche' l'allungamento della durata della liberta'
vigilata (dieci anni, anziche' cinque) in caso di condanna
all'ergastolo;
che, quindi, si e' in presenza di una modifica complessiva della
disciplina interessata dalle questioni di legittimita' costituzionale
in esame e, per quel che qui particolarmente interessa, di una
trasformazione da assoluta in relativa della presunzione di
pericolosita' del condannato all'ergastolo per reati ostativi non
collaborante, cui e' concessa - sia pur in presenza degli stringenti
requisiti ricordati - la possibilita' di domandare la liberazione
condizionale e, cosi', di vedere vagliata nel merito la propria
istanza;
che tale modifica - sebbene operata da un decreto-legge ancora in
corso di conversione - incide immediatamente sul nucleo essenziale
delle questioni sollevate dall'ordinanza di rimessione;
che la giurisprudenza costituzionale - quando le modifiche
apportate incidono cosi' «profondamente sull'ordito logico che sta
alla base delle censure prospettate» (ordinanze n. 97 del 2022 e n.
60 del 2021), oppure intaccano il meccanismo contestato dal
rimettente (ordinanza n. 55 del 2020) - e' costante nel ricavarne la
necessita' di restituire gli atti al giudice a quo, spettando a
quest'ultimo, sia verificare l'influenza della normativa sopravvenuta
sulla rilevanza delle questioni sollevate (ordinanza n. 243 del
2021), sia procedere alla rivalutazione della loro non manifesta
infondatezza, tenendo conto delle intervenute modifiche normative
(ordinanze n. 97 del 2022, n. 60 del 2021 e n. 185 del 2020);
che spetta, pertanto, al giudice rimettente valutare la portata
applicativa dello ius superveniens nel giudizio a quo, anche
all'esito del procedimento di conversione del decreto-legge.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
ordina la restituzione degli atti al giudice rimettente.
Cosi' deciso in Roma, nella sede dalla Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'8 novembre 2022.
F.to:
Silvana SCIARRA, Presidente
Nicolo' ZANON, Redattore
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria il 10 novembre 2022.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA