N. 135 ORDINANZA (Atto di promovimento) 22 agosto 2022
Ordinanza del 22 agosto 2022 del Tribunale di Genova nel procedimento civile promosso da P.P.B. contro Ordine interprovinciale dei chimici e dei fisici della Liguria . Salute (Tutela della) - Profilassi internazionale - Vaccinazioni anti SARS-CoV-2 - Previsione di obblighi vaccinali per gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario (nel caso di specie: chimico, iscritto all'Albo dell'Ordine dei chimici e dei fisici) - Previsione che l'atto di accertamento dell'inadempimento dell'obbligo vaccinale determina l'immediata sospensione dall'esercizio delle professioni sanitarie ed e' annotato nel relativo Albo professionale - Omessa preventiva valutazione rispetto alle concrete tipologie di svolgimento della professione. - Decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44 (Misure urgenti per il contenimento dell'epidemia da COVID-19, in materia di vaccinazioni anti SARS-CoV-2, di giustizia e di concorsi pubblici), convertito, con modificazioni, nella legge 28 maggio 2021, n. 76, art. 4, come sostituito dall'art. 1, comma 1, lettera b), del decreto-legge 26 novembre 2021, n. 172 (Misure urgenti per il contenimento dell'epidemia da COVID-19 e per lo svolgimento in sicurezza delle attivita' economiche e sociali), convertito, con modificazioni, nella legge 21 gennaio 2022, n. 3, e modificato dall'art. 8, comma 1, del decreto-legge 24 marzo 2022, n. 24 (Disposizioni urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza, e altre disposizioni in materia sanitaria), convertito, con modificazioni, nella legge 19 maggio 2022, n. 52.(GU n.47 del 23-11-2022 )
TRIBUNALE DI GENOVA Prima Sezione n. R.G. 4380/2022 Il giudice, dott.ssa Ada Lucca, sciogliendo la riserva che precede, ha pronunciato la presente ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale nel procedimento cautelare, promosso ai sensi dell'art. 700 del codice di procedura civile con ricorso depositato dal dott. P... P... B... nei confronti dell'Ordine interprovinciale dei chimici e dei fisici della Liguria. La vicenda processuale Con ricorso per provvedimenti urgenti ai sensi dell'art. 700 del codice di procedura civile, depositato in data 23 maggio 2022, il dott. P... P... B... chiedeva a questo Tribunale di sospendere il provvedimento, del ..., con il quale il consiglio direttivo dell'Ordine aveva accertato il suo inadempimento all'obbligo vaccinale COVID-2019, determinandone la sospensione dall'esercizio della professione di chimico. Chiedeva che fosse tutelato il suo diritto all'esercizio della professione, in quanto, non esercitando alcun tipo di attivita' lavorativa che prevedesse contatti col pubblico, ma dirigendo un laboratorio di analisi anti-inquinamento, erroneamente l'Ordine dei chimici aveva ritenuto a lui applicabile l'obbligo vaccinale; chiedeva - in subordine - che, qualora il provvedimento avesse correttamente applicato la legge e cio' fosse stato ritenuto necessario, venisse sollevata dinanzi alla Corte costituzionale la questione di legittimita' dell'art. 4 del decreto-legge n. 172/2021 come modificato dalla legge n. 3 del 21 gennaio 2022, per violazione degli articoli 3, 4, 23 e 32 della Costituzione, nella parte in cui dispone la sospensione dall'esercizio della professione, o quanto meno senza alcuna verifica della tipologia di attivita' lavorativa concretamente esercitata. Cio' premesso allegava, relativamente al presupposto del fumus boni iuris, che: a seguito della riforma delle professioni sanitarie attuata con la legge n. 3 del 2018, l'attivita' di chimico e fisico rientra formalmente nelle categorie delle professioni sanitarie; l'Ordine dei chimici ha ritenuto che tutti i propri iscritti siano soggetti agli obblighi vaccinali anti COVID-19 stabiliti col decreto-legge n. 172/2021, senza considerare che il ricorrente non svolge nei fatti una «attivita' sanitaria», ne' frequenta o accede a strutture e luoghi dove venga esercitata la cura delle persone e neppure attivita' o funzioni accessorie e/o di supporto ai predetti campi di impiego; il ricorrente aveva, con comunicazione inviata alla ASL competente del ..., evidenziato l'inesistenza, per questi motivi, dei presupposti dell'obbligo vaccinale, ma tale comunicazione e' stata ignorata dal consiglio dell'Ordine; il consiglio avrebbe dovuto applicare l'obbligo soltanto ai casi in cui questo fosse necessario per la finalita' di evitare che «una determinata attivita' o mansione, per la peculiare natura del suo oggetto (cura e assistenza) possa essere di contatto con l'utenza o comportare, in altra forma, il rischio di diffusione del contagio» (nota del Ministero della sanita' del 25 ottobre 2021 di chiarimento alla Federazione); con evidente disparita' di trattamento, inoltre, l'Ordine aveva ritenuto che non fossero sottoposti all'obbligo gli iscritti all'Ordine che esercitano la sola attivita' di docente, dando in questo caso preminenza alla attivita' concretamente svolta rispetto alla mera iscrizione nell'albo; in subordine, nel caso questo Tribunale ritenesse legittima l'interpretazione seguita dal consiglio dell'Ordine, sarebbe rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale della norma che impone l'obbligo vaccinale anche ai chimici, senza alcuna valutazione dell'attivita' materialmente svolta, in violazione degli articoli 3, 4, 23 e 32 della Costituzione. Chiedeva, pertanto, che fosse sospesa l'efficacia della sospensione dall'albo, consentendogli di svolgere la propria attivita' professionale. Quanto al periculum in mora, il ricorrente rappresentava i gravi ed evidenti danni che derivano dalla sospensione dall'esercizio della professione, ora vigente fino al 31 dicembre 2022. Con ordinanza emessa inaudita altera parte, in data 23 maggio 2022 questo Tribunale disponeva la sospensione della delibera dell'Ordine interprovinciale dei chimici e dei fisici della Liguria in data ... nei confronti del dott. P... P... B.... Costituendosi nel procedimento cautelare, l'Ordine interprovinciale dei chimici e fisici della Liguria chiedeva la reiezione del ricorso in quanto la sospensione sarebbe stata correttamente disposta, in diretta applicazione della normativa di cui all'art. 4 decreto-legge n. 44/2021. La norma, infatti, non consentirebbe alcuna valutazione della tipologia di attivita' svolta dli esercenti la professione di chimico. L'Ordine non contestava, infatti, che il dott. P... B... svolgesse soltanto attivita' di direttore tecnico di un laboratorio di una societa' specializzata in campionamenti ed analisi chimiche in campo ambientale, senza alcun coinvolgimento in attivita' di cura delle persone. Evidenziava, tuttavia, la correttezza del procedimento seguito e del suo esito, in quanto: l'Ordine aveva invitato il ricorrente, con nota del 1° febbraio 2022, a produrre, ai sensi dell'art. 4 del decreto-legge n. 44/2021, la documentazione comprovante l'effettuazione della vaccinazione o la documentazione relativa alla esenzione medica dall'obbligo; il dott. P... B... aveva presentato un foglio di prenotazione della somministrazione vaccinale per il giorno ...; in data ..., il ricorrente aveva comunicato di non essersi potuto sottoporre al ciclo vaccinale a causa della mancata risposta da parte della ... alla richiesta di tutte le informazioni necessarie per il rilascio del c.d. consenso informato; in data ..., con delibera n. ..., l'Ordine dichiarava la sospensione del dott. P... B... dalla professione sanitaria di chimico, in doverosa applicazione di quanto previsto dalla citata norma; in data ..., il dott. P... B... chiedeva all'Ordine di disporre la cessazione temporanea della sospensione dall'esercizio della professione dichiarando di aver contratto l'infezione Sars-COv.2 in data ... e di esserne guarito il ..., allegando conferente documentazione; la sospensione della sospensione, in applicazione dell'art. 4 del decreto-legge n. 44/2021 come novellato dal decreto-legge 24 del 24 marzo 2022, veniva disposta fino al termine del ... . Quanto al merito della sospensione, riteneva il resistente che la professione di chimico dovesse essere considerata professione sanitaria ai sensi dell'art. 4 della legge n. 3/2018 e che, pertanto, la stessa rientrasse, ai sensi dell'art. 4 del decreto-legge n. 44/2021, nel novero delle professioni per le quali sussiste l'obbligo vaccinale quale requisito essenziale per l'esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative dei soggetti obbligati. Nella odierna ed ultima formulazione, la norma avrebbe onerato l'Ordine professionali di verificare in maniera automatizzata, mediante accesso alla piattaforma nazionale DGC, il possesso di tale requisito in capo agli iscritti esercenti la professione sanitaria. In mancanza, avrebbe imposto l'adozione di un atto di accertamento di natura dichiarativa e non disciplinare, tale da determinare l'immediata sospensione dall'esercizio delle professioni sanitarie, con annotazione nel relativo albo professionale. Nessuna discrezionalita' veniva attribuita all'Ordine. Quanto al caso dei docenti, accennato dal ricorrente, l'Ordine evidenziava che l'attivita' di docenza non costituisce neppure esercizio della professione di chimico o fisico. Conseguentemente, per gli iscritti all'Ordine che non esercitano l'attivita' di chimico (come i docenti) non ricorre il presupposto dell'esercizio di una professione sanitaria. Come e' stato spiegato dalla difesa della parte resistente, a differenza di altri albi professionali, e' possibile l'iscrizione all'albo dei chimici senza l'esercizio della professione di chimico: l'obbligo di vaccinazione, invece, e' imposto soltanto a chi svolge effettivamente una professione sanitaria ossia svolge un'attivita' riconducibile ad una professione che, come quella dei chimici, e' definita «sanitaria» dalla legge, e non per il solo fatto di essere iscritti all'albo. Riguardo alla questione di costituzionalita', invece, l'Ordine si rimetteva al prudente apprezzamento del giudice. All'udienza le parti illustravano le rispettive posizioni. Il ricorrente insisteva anche per l'eventuale escussione dei testi e, quanto alla cd. sospensione della sospensione, a causa dell'essersi il ricorrente ammalato di COVID-19, faceva presente che la temporanea sospensione della sospensione (a causa di immunita' temporanea acquisita a seguito della intervenuta infezione dal virus) sarebbe terminata ..., rendendo comunque attuale il periculum in mora. La parte resistente in udienza dichiarava pacifica la circostanza che il dott. P... B... svolgesse la sua attivita' di chimico nel laboratorio indicato e con le modalita' indicate in ricorso. Il giudice, quindi, non disponeva l'escussione di persone informate sulle modalita' di svolgimento dell'attivita' lavorativa e si riservava sul ricorso. Norma oggetto - Parametri costituzionali Questo Tribunale ritiene non manifestamente infondata la questione di costituzionalita'. L'art. 4 del decreto-legge n. 44/2021 impone l'obbligo vaccinale a tutti gli esercenti una professione sanitaria. Stabilisce che l'adempimento di tale obbligo costituisca requisito per l'esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative dei soggetti obbligati. Mentre nella versione originaria dell'art. 4, comma 6, decreto-legge n. 44/2021 si prevedeva che la conseguenza dell'accertamento della violazione dell'obbligo fosse la sospensione dal diritto di svolgere «prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da Sars-Cov-2», nella disposizione attuale si prevede: «1. Fino al 31 dicembre 2022, al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell'erogazione delle prestazioni di cura e assistenza, in attuazione del piano di cui all'art. 1, comma 457, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario di cui all'art. 1, comma 2, della legge 1° febbraio 2006, n. 43, per la prevenzione dell'infezione da SARS-CoV-2 sono obbligati a sottoporsi a vaccinazione gratuita, comprensiva, a far data dal 15 dicembre 2021, della somministrazione della dose di richiamo successiva al ciclo vaccinale primario, nel rispetto delle indicazioni e dei termini previsti con circolare del Ministero della salute. La vaccinazione costituisce requisito essenziale per l'esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative dei soggetti obbligati. La vaccinazione e' somministrata altresi' nel rispetto delle indicazioni fornite dalle regioni e dalle Province autonome di Trento e di Bolzano in conformita' alle previsioni contenute nel piano di cui al primo periodo. (Omissis) 3. Gli Ordini degli esercenti le professioni sanitarie, per il tramite delle rispettive Federazioni nazionali, che a tal fine operano in qualita' di responsabili del trattamento dei dati personali, avvalendosi della Piattaforma nazionale digital green certificate (Piattaforma nazionale-DGC) eseguono immediatamente la verifica automatizzata del possesso delle certificazioni verdi COVID-19 comprovanti lo stato di avvenuta vaccinazione anti SARS-CoV-2, secondo le modalita' definite con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all'art. 9, comma 10, del decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 giugno 2021, n. 87. Qualora dalla Piattaforma nazionale-DGC non risulti l'effettuazione della vaccinazione anti SARS-CoV-2, anche con riferimento alla dose di richiamo successiva al ciclo vaccinale primario, nelle modalita' stabilite nella circolare di cui al comma 1, l'Ordine professionale territorialmente competente invita l'interessato a produrre, entro cinque giorni dalla ricezione dell'invito, la documentazione comprovante l'effettuazione della vaccinazione oppure l'attestazione relativa all'omissione o al differimento della stessa ai sensi del comma 2, ovvero la presentazione della richiesta di vaccinazione, da eseguirsi entro un termine non superiore a venti giorni dalla ricezione dell'invito, ovvero la documentazione comprovante l'insussistenza dei presupposti per l'obbligo vaccinale di cui al comma 1, nonche' a specificare l'eventuale datore di lavoro e l'indirizzo di posta elettronica certificata di quest'ultimo. In caso di presentazione di documentazione attestante la richiesta di vaccinazione, l'Ordine invita l'interessato a trasmettere immediatamente e comunque non oltre tre giorni dalla somministrazione, la certificazione attestante l'adempimento dell'obbligo vaccinale. 4. Decorsi i termini di cui al comma 3, qualora l'Ordine professionale accerti il mancato adempimento dell'obbligo vaccinale, anche con riguardo alla dose di richiamo, ne da' comunicazione alla Federazione nazionale competente, all'interessato, all'azienda sanitaria locale competente, limitatamente alla professione di farmacista, e, per il personale che abbia un rapporto di lavoro dipendente, anche al datore di lavoro, ove noto. L'inosservanza degli obblighi di comunicazione di cui al primo periodo da parte degli Ordini professionali verso le Federazioni nazionali rileva ai fini e per gli effetti dell'art. 4 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 13 settembre 1946, n. 233, ratificato dalla legge 17 aprile 1956, n. 561. L'atto di accertamento dell'inadempimento dell'obbligo vaccinale e' adottato da parte dell'Ordine professionale territorialmente competente, all'esito delle verifiche di cui al comma 3, ha natura dichiarativa e non disciplinare, determina l'immediata sospensione dall'esercizio delle professioni sanitarie ed e' annotato nel relativo albo professionale. 5. La sospensione di cui al comma 4 e' efficace fino alla comunicazione da parte dell'interessato all'Ordine professionale territorialmente competente e, per il personale che abbia un rapporto di lavoro dipendente, anche al datore di lavoro, del completamento del ciclo vaccinale primario e, per i professionisti che hanno completato il ciclo vaccinale primario, della somministrazione della dose di richiamo e comunque non oltre il 31 dicembre 2022. Per il periodo di sospensione non sono dovuti la retribuzione ne' altro compenso o emolumento, comunque denominato. Il datore di lavoro verifica l'ottemperanza alla sospensione disposta ai sensi del comma 4 e, in caso di omessa verifica, si applicano le sanzioni di cui all'art. 4-ter, comma 6. In caso di intervenuta guarigione l'Ordine professionale territorialmente competente, su istanza dell'interessato, dispone la cessazione temporanea della sospensione, sino alla scadenza del termine in cui la vaccinazione e' differita in base alle indicazioni contenute nelle circolari del Ministero della salute. La sospensione riprende efficacia automaticamente qualora l'interessato ometta di inviare all'Ordine professionale il certificato di vaccinazione entro e non oltre tre giorni dalla scadenza del predetto termine di differimento. 6. Per gli esercenti le professioni sanitarie che si iscrivono per la prima volta agli albi degli Ordini professionali territoriali l'adempimento dell'obbligo vaccinale e' requisito ai fini dell'iscrizione fino al 31 dicembre 2022. A tal fine la verifica dell'adempimento dell'obbligo vaccinale avviene con la presentazione della certificazione verde COVID-19. (Omissis) 10. Per la verifica dell'adempimento dell'obbligo vaccinale da parte degli operatori di interesse sanitario di cui al comma 1, si applicano le disposizioni di cui all'art. 4-ter, commi 2, 3 e 6». La conseguenza e', quindi, che tutti gli esercenti una professione sanitaria sono obbligati alla vaccinazione, a prescindere dalla tipologia di attivita' esercitata: in caso di mancata ottemperanza, l'Ordine che accerti il mancato adempimento dell'obbligo deve adottare un «atto di accertamento dell'inadempimento dell'obbligo vaccinale». Esso, come previsto dal comma 4, «e' adottato da parte dell'Ordine professionale territorialmente competente, all'esito delle verifiche di cui al comma 3, ha natura dichiarativa e non disciplinare, determina l'immediata sospensione dall'esercizio delle professioni sanitarie ed e' annotato nel relativo albo professionale.» La «sospensione», come precisato da tale norma, costituisce quindi un effetto di legge dell'accertamento del l'inadempimento dell'obbligo, opera ex lege, ed equivale all'accertamento di un requisito soggettivo necessario per l'esercizio della professione. In particolare, per il ricorrente, che svolge la professione di chimico in un laboratorio di analisi antiinquinamento, nessun collegamento neppure remoto con l'attivita' di cura delle persone e' astrattamente ipotizzabile. La professione di chimico e di fisico viene equiparata a quella sanitaria per il solo dato formale che tali professioni sono state dichiarate «professioni sanitarie» dalla legge n. 3/2018 (legge Lorenzin), nell'ambito del riordinamento degli ordini professionali. Puo' ravvisarsi, quindi, contrasto con la Costituzione laddove, senza alcuna ragione specifica ed esclusivamente a seguito di questa nominalistica nomenclatura, alle professioni «sanitarie» come quella dei chimici e dei fisici si dovesse - a differenza di altre professioni - applicare l'obbligo vaccinale e, soprattutto, la conseguente sospensione dall'albo. Cio' pare in contrasto con l'art. 3 della Costituzione e viola il diritto allo svolgimento della propria attivita' professionale (art. 4 della Costituzione), che costituisce anche esplicazione della propria personalita' (art. 2 della Costituzione); attesa la natura dell'obbligo imposto, e' anche ravvisabile contrasto con il diritto all'autodeterminazione in ambito sanitario (art. 32 della Costituzione): il contrasto con l'art. 3 della Costituzione e' particolarmente evidente laddove si consideri che mentre, normalmente, al mancato adempimento dell'obbligo vaccinale per le persone ultracinquantenni il legislatore fa conseguire una sanzione amministrativa di modica entita', per queste professioni (chimici e fisici) nominalmente «sanitarie», ma prive di alcuna funzione di cura di persone ammalate e fragili, la conseguenza viene ad essere la radicale preclusione di qualunque tipo di attivita' professionale e, quindi, lavorativa, senza alcuna ragione. Rilevanza La questione e' rilevante nella decisione cautelare di questo giudice in quanto: 1) Sussiste la giurisdizione ordinaria. 2) La sospensione del ricorrente non e' derivata da errori dell'ordine professionale, ma da una corretta applicazione della norma. 1) Giurisdizione ordinaria Nessuna contestazione e' stata sollevata in merito alla sussistenza della giurisdizione da parte dell'Ordine resistente. Si tratta, tuttavia, di questione che deve comunque essere esaminata di ufficio, perche' sulla medesima si sono registrate e tuttora intervengono pronunce contrastanti. Recenti ed autorevoli decisioni hanno ritenuto che la sospensione di cui si tratta comporti l'esercizio di poteri autoritativi e, quindi, la ricorrenza di interessi legittimi. In realta', si tratta di pronunce per lo piu' anteriori alla modifica della disposizione intervenuta a fine 2021, con la quale il legislatore ha chiarito in modo evidente che l'Ordine professionale non ha alcuna discrezionalita': lo stesso non deve verificare, neppure con discrezionalita' di tipo tecnico, se l'attivita' svolta o l'attivita' da interdire comporti il contatto con persone fragili. La mancanza di vaccinazione anti-COVID-19 viene, in sostanza, equiparata alla mancanza della laurea o di altro requisito di accesso alla professione: se l'Ordine ne accerta la mancanza e se nella tempistica di legge il professionista non vi pone rimedio adempiendo all'obbligo, l'Ordine deve emettere un mero «atto di accertamento» e da questo atto deriva la sospensione dall'albo. Nessuna possibilita' di valutazione rimane, ne' circa l'esistenza dei presupposti, ne' circa le conseguenze dell'intervenuta verifica che, pertanto, equivale ad un accertamento della mancanza dei requisiti di accesso alla professione o di svolgimento della stessa. Alcune pronunce, evidenziando il fatto che la normativa cosi' introdotta corrisponde ad interessi pubblici particolarmente sentiti perche' correlati all'emergenza sanitaria, hanno ritenuto che le ragioni pubblicistiche comportassero la sussistenza di un mero interesse legittimo in capo all'iscritto all'Ordine. Ritiene questo giudice che la natura pubblicistica della normativa in materia di requisiti di accesso alla professione non sia mai stata messa in dubbio dalla giurisprudenza della SC, ma che - come meglio si vedra' infra - questo non abbia mai comportato la negazione di un vero e proprio diritto soggettivo in capo al soggetto che intende svolgere una professione. Sono, infatti, numerosi i casi in cui una normativa di natura pubblicistica (volta a regolare i rapporti tra Stato e cittadino) conferisce un vero e proprio diritto soggettivo: si pensi alla materia elettorale, alle garanzie in ambito processual-penalistico o in ambito tributario. Nel caso della normativa emergenziale e' evidente che il legislatore abbia perseguito interessi di tipo pubblicistico, ma le scelte dello stesso legislatore si pongono evidentemente sul piano politico e non conferiscono per il loro perseguimento alcun potere alla Pubblica amministrazione. Cio' che, infatti, dovrebbe essere dirimente e' se ad una pubblica amministrazione venga conferito un potere vero e proprio oppure no: se la pubblica amministrazione si limita ad accertare la mancanza di un requisito (ad esempio, la laurea richiesta o il superamento di un esame di stato) non esercita alcuna potesta'. Alla stessa stregua e' oggi considerato, nei casi in esame, l'obbligo vaccinale. Ancora, altre pronunce hanno dato rilevanza alla tipologia di doglianze sollevate, ravvisando la giurisdizione del G.A. quando il ricorrente lamentasse le modalita' attraverso le quali l'ordine professionale fosse arrivato all'atto di «sospensione». In realta', a ben leggere queste pronunce, e' abbastanza evidente che si tratta di riedizioni della superata teoria della prospettazione: e', invece, un dato assodato che il riparto di giurisdizione non possa fondarsi sulla tipologia di doglianze sollevate o, in altre parole, su come e' impostato il ricorso. Un riferimento al nostro caso puo' aiutare: anche nel ricorso qui in esame il ricorrente si lamenta del fatto che l'Ordine avrebbe dovuto esercitare una certa discrezionalita', come avrebbe fatto consentendo lo svolgimento della professione di insegnante. Questa doglianza, tuttavia, non fa sorgere un inesistente potere discrezionale in capo all'Ordine, ne' puo' fondare la giurisdizione del G.A., perche' altrimenti il riparto di giurisdizione dipenderebbe da come sia impostato il ricorso. Quello che conta e' la posizione soggettiva in capo al privato che affermi di avere i requisiti soggettivi per continuare ad esercitare la propria attivita' professionale: e' come se ad un soggetto venisse contestato dall'Ordine di non essersi laureato, o di non aver superato l'esame di abilitazione o di non avere gli eventuali requisiti morali richiesti per l'iscrizione ad un ordine. Viene in gioco l'interesse pubblico al fatto che determinate professioni vengano svolte soltanto da persone in possesso di alcuni requisiti: a fronte di questo innegabile interesse pubblico sta - tuttavia - il diritto soggettivo del singolo allo svolgimento della propria attivita' professionale, per cui la legge demanda agli ordini professionali l'accertamento dei requisiti secondo binari prestabiliti. Ritiene questo giudice che questi principi si debbano evincere dagli orientamenti consolidati in materia, cui si deve far riferimento: sezioni unite, ordinanza n. 6821 del 15 marzo 2017 (Rv. 643281 - 01): «La controversia relativa alla richiesta di iscrizione ad albi professionali va devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario, attenendo a posizioni di diritto soggettivo dell'interessato, quale esplicazione della liberta' assicurata dall'art. 4 della Costituzione ad ogni cittadino di scelta del lavoro, senza che possa configurarsi alcuna discrezionalita', in capo all'Ordine, nella valutazione circa la corrispondenza della richiesta di iscrizione all'interesse pubblico, dovendo quello limitarsi all'accertamento del possesso, da parte dell'istante, dei requisiti previsti dalla legge, nella cui ricorrenza l'iscrizione va disposta. (Fattispecie relativa a ricorso, erroneamente proposto innanzi al G.A., avverso l'annullamento, disposto d'ufficio, dell'iscrizione all'albo degli psicologi di un soggetto dotato della qualifica di "psycotherapist")». sezioni unite, sentenza n. 213 del 09 aprile 1999 (Rv. 525075 - 01): «Ne' potrebbe essere altrimenti, perche' lo svolgimento di una qualunque attivita' professionale e' espressione della generale situazione di liberta' assicurata dall'ordinamento italiano ad ogni cittadino (art. 4 della Costituzione), in ordine alla scelta del lavoro. Puo' accadere che in un dato momento storico, certe attivita', prima liberamente esercitabili, sembrino bisognose di una regolamentazione nell'interesse generale e vengano percio' consentite soltanto a chi dimostri di essere capace e degne di esercitarle. Ma qualunque diritto, appunto perche' tale e non puro arbitrio o irrilevante possibilita' di agire, richiede di essere ancorato a determinati presupposti e circoscritto entro certi limita; l'importante e' che ove ricorrano i presupposti e siano osservati i limiti esso possa pienamente esercitarsi (Cassazione n. 2994 del 1991, cit. in motivazione)». sezioni unite, sentenza n. 22886 del 07 dicembre 2004 (Rv. 578278 - 01): «In tema di ordinamento della professione di ragioniere, l'art. 28 del decreto del Presidente della Repubblica 27 ottobre 1953, n. 1068, nel devolvere espressamente al Tribunale ordinario la cognizione dei reclami contro le deliberazioni del consiglio nazionale in materia di iscrizione nell'albo e di cancellazione, comprende tra le deliberazioni finali impugnabili dinanzi al giudice ordinario quelle aventi ad oggetto il trasferimento dell'iscritto da un albo ad un altro, atteso che il trasferimento investe entrambi i profili dell'iscrizione (presso un collegio o presso uno diverso) e della cancellazione (dall'albo originario), ed altresi' in coerenza con la natura delle situazioni giuridiche soggettive implicate dai provvedimenti in questione e con i principi generali che governano il riparto di giurisdizione, venendo in rilievo posizioni di diritto soggettivo perfetto, sottratte a discrezionalita' amministrativa e costituzionalmente protette». sezione 3, sentenza n. 14760 del 27 giugno 2006 (Rv. 590866 - 01): «Secondo un interpretazione costituzionalmente orientata al rispetto dei principi di cui all'art. 24 della Costituzione, la tutela giurisdizionale delle ragioni di colui che, iscritto all'albo degli psicologi, abbia chiesto, a norma dell'art. 35 della legge n. 56 del 1989, l'autorizzazione all'esercizio dell'attivita' di psicoterapeuta - autorizzazione subordinata all'esistenza di requisiti legislativamente predeterminati, in riferimento ai quali l'ordine professionale non ha alcun potere discrezionale -, spetta al giudice ordinario, istituzionalmente competente per tutte le controversie su diritti soggettivi, il quale e' chiamato a provvedere con pienezza di poteri e quindi anche con una pronuncia di condanna a concedere l'autorizzazione. La valutazione in ordine alla sussistenza del carattere «professionale» dell'attivita' di cui si tratta costituisce un accertamento di merito, incensurabile in Cassazione, ove immune da vizi logici. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di accoglimento dell'istanza dell'interessato, che aveva escluso l'applicabilita' di una delibera restrittiva dell'Ordine successiva alla data in cui era stata presentata la domanda e aveva ritenuto congrua l'attivita' professionale psicoterapeutica svolta per sei anni presso una Usl)». sezioni unite, sentenza n. 5502 del 18 marzo 2004 (Rv. 571289 - 01): «In tema di ordini professionali, nel caso di rigetto, da parte della commissione esaminatrice, della domanda di ammissione alla sessione speciale dell'esame di Stato per titoli per l'iscrizione all'albo degli psicologi, prevista dall'art. 33 della legge 18 febbraio 1989, n. 56, la tutela giurisdizionale delle ragioni del soggetto non ammesso spetta al giudice ordinario, essendo l'indicata tutela attinente a posizioni di diritto soggettivo dell'interessato, non essendo configurabile alcuna discrezionalita' dell'amministrazione in ordine all'accertamento dei requisiti e delle condizioni di ammissione al descritto concorso (Fattispecie relativa a conflitto negativo di giurisdizione tra Tribunale ordinario e Tribunale amministrativo regionale)». sezioni unite, sentenza n. 14 del 23 gennaio 2001 (Rv. 543407 - 01): «Le controversie promosse contro la Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei ragionieri e periti commerciali per conseguire l'iscrizione o la cancellazione dagli elenchi appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario, poiche' la pretesa fatta valere in giudizio, ricollegandosi ad un rapporto assicurativo integralmente regolato dalla legge anche riguardo ai presupposti per la sua costituzione e la sua estinzione, senza alcun margine di discrezionalita' per l'ente assicuratore, si basa su posizioni di diritto soggettivo inerenti al trattamento previdenziale e non suscettibili di affievolirsi per effetto dei provvedimenti emessi dall'ente, i quali sono sindacabili dal predetto giudice sia pure con i limiti stabiliti dagli articoli 4 e 5 della legge n. 2248 del 1865 all. E.». Nello stesso senso, si sono pronunciati recentemente per la giurisdizione ordinaria relativamente alla specifica materia della sospensione derivante dal mancato adempimento dell'obbligo vaccinale: Tribunale amministrativo regionale del Lazio, Roma, sezione II, sentenza n. 4247 dell'11 aprile 2022 (ud. 6 aprile 2022) in cui si legge: «Alcun potere autoritativo idoneo a disporre della situazione giuridica del privato incidendola unilateralmente e', quindi, riconoscibile in capo all'amministrazione di appartenenza, non potendo essa ne' obbligare il personale a sottoporsi al trattamento sanitario di cui si discorre (gia' obbligato ex lege), ne' adottare specifici provvedimenti di esonero o differimento, ne', tanto meno, incidere sulle conseguenze a valle del mancato assolvimento (anch'esse strettamente predeterminate dalla legge), avendo il legislatore assegnato ad essa il solo compito di verificare che vi sia un certificato del medico di base che riconosca i presupposti per il differimento o l'esonero dal "vaccino". Con riferimento all'"obbligo vaccinale", il legislatore ha, dunque, conformato negativamente la sfera giuridica del dipendente, ponendo a carico dello stesso una situazione passiva senza attribuire alcun potere conformativo al datore di lavoro, che non puo', infatti, modificare o, comunque, incidere sulla titolarita' di tale obbligo. L'atto di accertamento dell'inadempimento non integra, dunque, un provvedimento o un atto costituente esercizio di potere, invero, risolvendosi nella mera verifica dell'effettiva situazione di fatto e diritto sottostante al fine di escludere l'effetto sospensivo ovvero, in alternativa, il differimento o l'insussistenza dell'"obbligo vaccinale". La sospensione dal servizio cosi' come della retribuzione e', dunque, prevista direttamente dalla legge e non e', dunque, intermediata da alcun provvedimento irrogativo, come confermato dall'aver il legislatore stabilito in via automatica la cessazione della misura cautelare nel caso di ottemperanza dell'"obbligo vaccinale", senza la necessita' dell'adozione di un contrarius actus anche solo in termini di revoca. Ne', d'altronde, si tratta di una sanzione bensi' di una conseguenza (descritta dal legislatore come necessaria) legata ad una assunta inidoneita' del personale allo svolgimento della prestazione lavorativa. Per tutte considerazioni fin qui svolte, la contestazione dell'atto in epigrafe non si risolve nell'impugnativa di un provvedimento amministrativo costituente esercizio di potere ma di un atto di mero accertamento che involge, dunque, questioni che, in assenza di poteri autoritativi ed in stretta attuazione del dettato normativo primario, afferiscono a diritti soggettivi non attinti dall'esercizio di potesta' d'imperio (in tal senso, tribunale amministrativo regionale Veneto, sezione III, sentenza n. 1548/2021 e n. 290/2022).». T.R.G.A. Trentino-Alto Adige, Trento, sezione unica, n. 64 del 21 marzo 2022: «Posto che la previsione della sospensione, quale conseguenza dell'inadempimento dell'obbligo vaccinale previsto dall'art. 4 del decreto-legge n. 44 del 2021 per la prevenzione dell'infezione da SARS-CoV-2, non e' stata strutturata dal legislatore in termini di sanzione, ma esclusivamente in termini di inidoneita' temporanea alla prestazione lavorativa, categoria tipicamente riconducibile alle fattispecie tanto del lavoro privato che del pubblico impiego, la controversia relativa all'impugnazione del provvedimento sospensione emesso per l'inosservanza del suddetto obbligo vaccinale attiene ad un diritto soggettivo e, come tale, e' devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario». Tribunale amministrativo regionale della Valle d'Aosta, Aosta, sezione unica, n. 72 del 20 dicembre 2021: «Il sanitario che rifiuta di sottoporsi alla vaccinazione deve essere adibito a mansioni anche inferiori che non comportino il contatto con il pubblico o altrimenti il pericolo di diffusione dell'infezione SARS-CoV-2. Ove cio' non sia possibile lo stesso deve essere sospeso dal lavoro senza retribuzione. Tale previsione opera evidentemente nei confronti dei sanitari dipendenti del settore pubblico e privato. Per essi il giudice del provvedimento, sia esso di trasferimento comportante o meno demansionamento ovvero di sospensione, e' il giudice ordinario, sussistendo il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo». Tribunale amministrativo regionale del Veneto, Venezia, sezione III, sentenza n. 139 del 20 gennaio 2022 (ud. 12 gennaio 2022): «In questo senso, quindi, pur avendo l'obbligo vaccinale la sua genesi in una finalita' spiccatamente di interesse pubblico, l'intera disciplina approntata dal legislatore con l'art. 4 in esame, si rivolge al lato strettamente "privatistico - lavorativo" dell'idoneita' dell'operatore sanitario, in quanto lavoratore, sia esso autonomo o subordinato, di svolgere l'attivita' S. La vaccinazione, cioe', viene ad essere declinata, dai commi 2 e seguenti, quale requisito imprescindibile per svolgere l'attivita' professionale, che deve sussistere inizialmente, ai fini dell'iscrizione nell'albo e deve permanere nel tempo pena la sospensione della professione, conseguenza quest'ultima ex lege, non intermediata dall'esercizio di un potere autoritativo dell'amministrazione S. In questo modo, il legislatore ha sostanzialmente introdotto una fattispecie ex lege di inidoneita' del "lavoratore della sanita'" incidendo, quindi, a monte e senza l'intermediazione dell'esercizio di potere da parte di alcuna pubblica amminsitrazione, sullo "statuto lavorativo" del sanitario conformando alla tutela dell'interesse pubblico il diritto allo svolgimento dell'attivita' lavorativa. Non solo, ma e' lo stesso legislatore che, conformata negativamente la sfera giuridica del sanitario con l'obbligo vaccinale, operando un bilanciamento tra i contrapposti interessi, ha previsto al comma 2 gli unici casi nei quali e' possibile differire o omettere il vaccino senza incorrere nell'inadempimento all'obbligo (Omissis). Risulta evidente, quindi, l'intento del legislatore nel disciplinare un'ipotesi di sospensione obbligatoria preventivamente determinata ex lege: "sottrarre" il potere discrezionale di sospensione al datore di lavoro e agli ordini professionali di riferimento, senza, al contempo attribuire ad alcun altro soggetto, ne' pubblico, ne' privato, tale potere, in modo da rendere certa, effettiva e uguale per tutti, l'impossibilita' per il sanitario non vaccinato di svolgere l'attivita', essendo inidoneo, sia pure temporaneamente, allo svolgimento dell'attivita' lavorativa. (Omissis) Come emerge chiaramente dal dettato normativo, il legislatore ha conformato "a monte" (con l'obbligo vaccinale) e "a valle" (con la sospensione), la sfera giuridica del sanitario-lavoratore/professionista, al contempo incidendo sulla sfera decisionale tanto dei datori di lavoro (parzialmente) quanto degli ordini professionali: per altro verso, per garantire il necessario raccordo tra gli "ordinari" "strumenti" previsti dall'ordinamento per la verifica delle idoneita' lavorative nell'ambito del lavoro subordinato privato e nel pubblico impiego (attraverso i c.d. medici del lavoro) e lo svolgimento del c.d. piano vaccinale, ha inteso, attribuire all'amministrazione S. (l'Azienda S. locale di residenza dei sanitari) il doppio compito, materiale, da un lato, di attuazione dell'obbligo vaccinale, e, dall'altro, quello esclusivamente ricognitivo dell'inadempimento all'obbligo medesimo, e, quindi, dell'inidoneita' allo svolgimento dell'attivita' lavorativa. (Omissis) Alle Aziende sanitarie, quindi, non e' riconosciuto alcun potere autoritativo, sia esso vincolato o discrezionale, idoneo a disporre della situazione giuridica del privato incidendola unilateralmente. Parimenti, l'Azienda S. non puo' nemmeno incidere sulle conseguenze a valle, in parte strettamente predeterminate dalla legge (la sospensione) senza che vi sia un puntuale atto impositivo, in parte demandate, significativamente, ad altro soggetto (il datore di lavoro). Anche il ruolo degli Ordini e' meramente ausiliario e informativo (Omissis). La sospensione non e' disposta dagli ordini, cosi' come non e' disposta dall'amministrazione S., ma e' una conseguenza dell'inadempimento meramente "fotografato" da quest'ultima mediante l'atto di accertamento, che gli Ordini si limitano a comunicare al professionista, cioe' e' un mero obbligo informativo, previa presa d'atto e senza alcuna valutazione di merito, riportando l'annotazione relativa all'albo. L'atto dell'amministrazione S., quindi, non ha alcun effetto dispositivo: l'impiego nel testo dell'art. 4 del verbo "determina", associato all'accertamento, non va inteso nel senso che la sospensione sia un effetto dell'atto medesimo, ma nel senso che essa e' la conseguenza dell'inadempimento e, quindi, dell'inidoneita' temporanea all'esercizio della prestazione - che preesiste, ma viene - certificata dall'atto di accertamento, cosi' come il medico del lavoro certifica l'inidoneita' allo svolgimento della prestazione lavorativa da parte del singolo lavoratore. Ne consegue, che rispetto all'atto di accertamento dell'Azienda S. la situazione giuridica del sanitario non e' qualificabile in termini di interesse legittimo, ma di diritto soggettivo». Tribunale amministrativo regionale della Liguria, sezione I, n. 983, n. 984, n. 985, n. 986, n. 987 e n. 991 del 2021: «Al riguardo, va premesso che tutte le possibili contestazioni sollevabili dal sanitario in relazione all'applicazione della suddetta norma, anche quando concernono il profilo piu' "a monte" dell'asserita incostituzionalita' dell'obbligo vaccinale per la ritenuta lesione di uno o piu' diritti costituzionalmente tutelati - in particolare il diritto alla salute - coinvolgono una fattispecie che, come detto, concerne precipuamente il profilo relativo al diritto allo svolgimento della prestazione lavorativa in quanto finalizzata a garantire che il lavoratore sanitario soddisfi una determinata condizione di idoneita' lavorativa. In ogni caso, elemento comune a tutte le ipotesi di contestazione che possono discendere dall'attuazione della disposizione in esame, e' il fatto che, come detto, rispetto alle situazioni giuridiche che il sanitario assume o puo' assumere essere lese, all'Azienda sanitaria non e' stato attribuito alcun potere pubblico autoritativo o comunque dispositivo delle situazioni giuridiche medesime, di modo da poter giustificare la giurisdizione del giudice amministrativo. Ne consegue, che rispetto all'atto di accertamento dell'Azienda sanitaria la situazione giuridica del sanitario non e' qualificabile in termini di interesse legittimo, ma di diritto soggettivo.» Tribunale amministrativo regionale della Toscana, sede di Firenze, 12 luglio 2022, nonche' nn. 200 e 201 del 17 febbraio 2022 e nn. 294 e 296 del 7 marzo 2021: «L'Ordine professionale, nel rapporto de quo, si pone su un piano paritetico essendo lo stesso integralmente disciplinato dalla legge. Nella fattispecie l'Ordine ha il solo compito di verificare la sussistenza dei requisiti indicati dalla legge per l'esercizio della professione sanitaria in relazione all'obbligo vaccinale che incombe sugli operatori ad essa adibiti; ogni valutazione di pubblico interesse in proposito e' gia' stata compiuta dal legislatore subordinando detta professione (in aggiunta ai requisiti gia' esistenti) all'obbligo di vaccinazione contro il COVID-19. Ne segue che nella controversia viene in rilievo la (asserita) lesione di un diritto soggettivo, sulla quale non puo' che affermarsi la giurisdizione ordinaria». Queste considerazioni valgono con riferimento alla disciplina di cui all'art. 4 del decreto-legge n. 44/2021 sia nella versione originaria, sia nella versione conseguente alle modifiche introdotte dal decreto-legge n. 172/2021, che ha semplificato il procedimento affidando agli Ordini degli esercenti le professioni sanitarie le competenze relative all'accertamento dell'osservanza dell'obbligo vaccinale e, in caso negativo, alla sospensione dall'esercizio dell'attivita' professionale (competenze che in precedenza erano in parte attribuite alle aziende sanitarie locali). In particolare, anche con riferimento al nuovo testo dell'art. 4 citato vale l'affermazione che dalla lettura della norma si evince «l'insussistenza di qualsiasi potere autoritativo in capo alle amministrazioni coinvolte nel procedimento». La norma in questione aggiunge «un requisito essenziale per l'esercizio della professione sanitaria, la cui mancanza ineluttabilmente comporta la sospensione dal suo svolgimento... non crea alcun potere amministrativo in capo alle amministrazioni le quali, a norma delle disposizioni soprariferite, devono solo «accertare» l'adempimento o il mancato adempimento, da parte dell'operatore sanitario, all'obbligo di vaccinazione. Si tratta di un'attivita' meramente accertativa e adempitiva di obblighi di legge da cui esula ogni potere discrezionale ed ogni potesta' autoritativa, al cui esito venga incisa la posizione giuridica del destinatario. Quest'ultima viene piuttosto direttamente incisa dalla legge, la quale regola direttamente il rapporto giuridico determinando le conseguenze che derivano dal verificarsi dall'inadempimento all'obbligo vaccinale. Dalla fattispecie e' quindi assente ogni potesta' pubblicistica delle amministrazioni le quali, si ripete, sono chiamate unicamente ad accertare l'avvenuta vaccinazione dell'operatore sanitario ovvero l'inadempimento al relativo obbligo. Lo schema regolante il rapporto e' quindi quello della norma che pone un (nuovo) presupposto per l'esercizio della professione sanitaria, incidendo direttamente il diritto soggettivo dell'operatore ad espletare le relative mansioni. La norma disciplina direttamente il fatto producendo da se' i conseguenti effetti giuridici senza l'intermediazione di un potere amministrativo, secondo lo schema «norma-fatto-effetto». Il criterio generale di riparto della giurisdizione e' fondato sulla natura della situazione giuridica dedotta in giudizio. Il giudice amministrativo puo' essere adito solo laddove la posizione giuridica azionata sia qualificabile nei termini dell'interesse legittimo salvi i casi, specificamente previsti dalla legge, di giurisdizione esclusiva amministrativa nei quali la fattispecie in esame non rientra, poiche' non si controverte in tema di concessioni di pubblici servizi, ne' di provvedimenti adottati dalla pubblica amministrazione o dal gestore di un pubblico servizio in un procedimento amministrativo poiche' gli atti impugnati hanno carattere meramente accertativo e non conformano il rapporto di diritto pubblico in cui i ricorrenti sono coinvolti, ne' di affidamento di un pubblico servizio (art. 133, comma 1, lettera c], codice di procedura amministrativa). L'interesse legittimo sussiste (solo) a fronte dell'esercizio di un «potere amministrativo» da parte di un ente pubblico (o soggetto equiparato) e si caratterizza per il fatto che non garantisce al suo titolare il raggiungimento del bene della vita ad esso connesso, ma solo la legalita' dell'azione amministrativa, sulla quale incombe il compito di realizzare un determinato assetto di interessi che potra' comprendere il bene della vita suddetto, ma potra' anche escluderlo in ragione dell'esistenza di interessi pubblici prevalenti, o comunque bilanciarlo con questi ultimi. La giurisdizione di legittimita' (ma anche quella esclusiva) presuppongono che l'agire dell'amministrazione sia caratterizzato da un collegamento con un potere pubblico dalla stessa esercitato. Tanto e' stato affermato dalla giurisprudenza costituzionale (Corte costituzionale 6 luglio 2004, n. 204, 11 maggio 2006, n. 191) e il principio e' stato recepito in sede legislativa poiche' l'art. 7, comma 1, del codice di procedura amministrativa indica, quale criterio di corretta individuazione delle controversie che ricadono nella giurisdizione generale amministrativa, l'esercizio o il mancato esercizio di un potere amministrativo che si manifesta attraverso provvedimenti, atti o omissioni. Ogni qual volta invece l'ordinamento, pur approntando una disciplina orientata alla tutela di uno o piu' interessi pubblici, non attribuisce concretamente all'amministrazione un potere volto a conformare la sfera giuridica del privato, non puo' configurarsi nemmeno correlativamente la giurisdizione del giudice amministrativo» (Tribunale amministrativo regionale del Veneto III, 20 dicembre 2021, n. 1548). 2. L'Ordine professionale non pare aver commesso errori nell'applicazione della normativa vigente. La norma, infatti, come gia' ampiamente evidenziato sopra, non conferisce all'Ordine alcun potere discrezionale. Una volta accertato che un soggetto esercente la professione «sanitaria» di chimico o fisico non ha rispettato l'obbligo vaccinale, percorso il procedimento indicato, l'Ordine e' tenuto a dichiarare l'inadempimento e questo composta che quel soggetto e' sospeso ex lege dall'albo. Il ricorrente ha evidenziato che in altre occasioni l'Ordine avrebbe esentato dall'obbligo alcuni soggetti, come i docenti iscritti nell'albo dei chimici e dei fisici. In realta', in primo luogo e' evidente che, se l'Ordine non ha poteri discrezionali, sarebbe illegittimo il provvedimento di esonero. In ogni caso, come ha chiarito la difesa dell'Ordine, la norma impone l'obbligo a tutti quelli che esercitino la professione. A differenza di altri ordini professionali, all'albo dei chimici possono essere anche iscritte persone che non esercitino la professione di chimico ma l'attivita' di insegnamento: tali debbono, secondo l'Ordine, essere considerati i professori universitari e gli altri docenti che, pur iscritti all'albo, non svolgono - quindi - professione di chimico. Non svolgendo tale professione, non rientrano nella disposizione normativa che si applica agli «esercenti una professione sanitaria». Neppure questo precedente, quindi, puo' portare a conclusioni diverse da quelle che la lettera della norma, nella sua versione novellata, ora impone: la norma non lascia alcun ambito di apprezzamento in fatto circa la tipologia di attivita' in concreto svolta dal chimico o fisico. Il testo precedente alla novella, invece, al comma 6, prevedeva che l'atto di accertamento comportasse la sospensione dal diritto «di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da Sars-Cov-2»: poteva quindi residuare uno spazio interpretativo all'Ordine professionale, spazio che oggi e' precluso con ogni evidenza. Tale automatismo e' enfatizzato dalla norma che ha espressamente previsto che non si tratta di sanzione disciplinare e che l'effetto e' automatico, come e' stato ampiamente visto nella disamina relativa al riparto di giurisdizione in materia. Questo comporta che l'ordine professionale non pare aver errato nell'applicazione della norma, ma la sua applicazione porterebbe necessariamente alla sospensione ex lege per mancanza di requisiti (ora) imposti per l'esercizio della professione. La questione di costituzionalita' costituisce quindi un passaggio necessario della decisione cautelare. Non manifesta infondatezza Per le professioni di medico o di operatore sanitario, il legislatore ha ritenuto di imporre l'obbligo vaccinale, in considerazione della relazione di cura a favore di persone ammalate e quindi, normalmente, in condizione di fragilita'. Non rileva nel presente procedimento la questione se tale obbligo sia giustificato ai sensi dell'art. 32 della Costituzione, ossia se i vaccini di cui si tratta siano davvero in grado di impedire il contagio o se i medesimi comportino rischi per la salute inconciliabili con i limiti che l'art. 32 stesso impone ai trattamenti sanitari imposti. Questo stesso giudice, con ordinanza del 20 dicembre 2021 ha dichiarato manifestamente infondata la questione di costituzionalita' fondata su tali doglianze, ritenendo che - in fatto - i ricorrenti non avessero provato le gravi affermazioni circa l'inutilita' o dannosita' dei vaccini COVID-19. La questioni qui proposta e' radicalmente diversa. Il ricorrente non discute dell'efficacia dei vaccini, ne' della loro utilita' dal punto di vista epidemiologico. Discute della scelta del legislatore di sacrificare il suo diritto allo svolgimento della professione per imporre la vaccinazione anche agli iscritti nell'albo dei chimici e dei fisici: si tratterebbe di un'operazione fondata soltanto su una nomenclatura («professioni sanitarie») che e' soltanto evocativa di un rapporto di cura, senza che a cio' corrisponda necessariamente alcuna sostanza. La questione non pare manifestamente infondata. Lo scopo della normativa, infatti, e' quello - strettamente connesso alla pandemia COVID-19 - di garantire che lo svolgimento delle cure mediche non sia occasione per la diffusione del contagio del virus in danno di persone fragili come gli ammalati. Si tratta di finalita' espressamente indicata dal legislatore che all'art. 4, comma 4, richiama espressamente il «fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell'erogazione delle prestazioni di cura e assistenza». Rileva quindi la questione se sia ragionevole oppure sia contrario al principio di eguaglianza imporre un obbligo vaccinale a tutti gli esercenti le professioni sanitarie «latamente intese», ossia a tutti quelli che, secondo la legge Lorenzin oggi sono qualificati come esercenti professioni sanitarie, e non soltanto agli operatori sanitari (o al piu', come prevede la legge, a quelli che svolgano la loro attivita' in luoghi di cura). I soggetti che svolgono professioni «sanitarie» solo nominalmente tali, come i fisici, i chimici che qui rilevano, non sono «operatori sanitari» perche' non svolgono relazioni di cura con i pazienti, ne' sono diversi da altri professionisti che sono esenti dall'obbligo, come gli avvocati, i notai, gli operatori commerciali, gli insegnanti, etc. Ne' questo obbligo e' limitato ai casi in cui questi professionisti operino in luoghi di cura. Sembra che l'unica motivazione di un obbligo cosi' esteso sia stata piuttosto la possibilita' di utilizzare lo strumento dell'iscrizione all'albo/sospensione dallo stesso e l'attivita' degli ordini professionali come strumento per perseguire una finalita' di prevenzione sanitaria, senza alcun collegamento, tuttavia, con concrete esigenze di tutela delle persone fragili o altri motivi che possano giustificare l'imposizione. Soltanto tali esigenze potrebbero indurre ad un trattamento sanitario imposto con conseguenze cosi' severe come la sospensione dall'esercizio professionale. La violazione dell'art. 3 della Carta costituzionale appare, inoltre, correlata con la violazione dell'art. 32 della Costituzione, perche' a tali esercenti delle professioni sanitarie che non sono operatori sanitari ne' operano nei luoghi di cura viene imposto un trattamento sanitario contro la loro volonta', al di fuori delle condizioni indicate dalla Corte costituzionale. Pare anche emergere la violazione dell'art. 4 della Costituzione e dell'art. 2 Costituzione in quanto tali soggetti vengono limitati nel proprio diritto al lavoro (e dello sviluppo della propria personalita'): non solo per l'aspetto di diritto personale a poter contribuire con la propria attivita' professionale allo sviluppo della societa', ma anche per gli aspetti piu' concreti ed economici, essendo queste persone, nel caso che per qualsiasi ragione non intendano vaccinarsi, private della possibilita' di trarre reddito e mantenere se' stessi e la propria famiglia con la propria attivita' professionale. Si tratta di conseguenze che, seppur dichiarate come non «sanzionatorie», sono di sicura afflittivita': basti pensare che nel nostro ordinamento la sospensione da un'attivita' professionale puo' essere disposta dal giudice penale nei soli casi dell'art. 289 del codice di procedura civile e con piu' definiti limiti temporali, mentre la situazione dei soggetti sospesi rischia di perdurare, di proroga in proroga, senza limite temporale. Altri caratteri di eccessiva afflittivita' si possono rilevare nel fatto che la perdita dei requisiti soggettivi avviene automaticamente e che la sospensione debba essere disposta dalla pubblica amministrazione senza alcuna discrezionalita' e senza alcuna valutazione della situazione personale del soggetto. La durata della «sospensione» ossia il periodo in cui il soggetto non e' piu' abilitato alla professione e' molto lungo, poiche' dura da oltre sei mesi/un anno ed e' suscettibile di mere proroghe legali. Sicuramente una situazione assai piu' afflittiva ed incerta rispetto a quella in cui si trova una persona sottoposta a procedimento penale con l'applicazione misure interdittive. Evidente e' la disparita' di trattamento rispetto ai soggetti - ad esempio per gli ultra cinquantenni non iscritti all'albo dei chimici e dei fisici - che vedono sanzionare il medesimo comportamento con la sola comminazione di una sanzione amministrativa pecuniaria di minima entita'. Appare quindi non manifestamente infondata a questo Tribunale la questione di legittimita' costituzionale della norma in esame. Essa potrebbe portare alla dichiarazione di incostituzionalita' dell'obbligo vaccinale tout court per gli esercenti di una professione sanitaria non comportante una relazione di cura/lo svolgimento di attivita' in luoghi di cura o, comunque, per gli esercenti la professione di chimico e fisico, per cui deve essere sottoposta al giudice delle leggi.
P. Q. M. Visti gli articoli 134 della Costituzione, 23 e seguenti della legge n. 87/1953. Conferma il decreto 23 maggio 2022 fino alla decisione del ricorso. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4 del decreto-legge n. 44/2021 e successive modifiche (decreto-legge 26 novembre 2021, n. 172, decreto-legge 24 marzo 2022, n. 24), nella parte in cui impone l'obbligo vaccinale - pena la sospensione dall'albo - indistintamente a tutti gli esercenti le professioni sanitarie diversi dagli operatori sanitari, ed in particolare agli iscritti nell'albo dei chimici e dei fisici, o comunque lo impone senza alcuna verifica rispetto alle concrete tipologie di svolgimento della professione con riferimento agli articoli 2, 3, 4, 32 della Costituzione. Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Sospende il procedimento cautelare sino all'esito del giudizio incidentale di legittimita' costituzionale. Manda la cancelleria per la notificazione della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' per la comunicazione ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Genova, 19 agosto 2022 Il giudice: Lucca