N. 140 ORDINANZA (Atto di promovimento) 1 agosto 2022

Ordinanza del 1º agosto 2022 della  Corte  d'appello  di  Napoli  nel
procedimento civile promosso da Harouna Traore contro Ministero della
giustizia. 
 
Processo civile - Equa riparazione per violazione  della  ragionevole
  durata del processo - Controversie  in  materia  di  riconoscimento
  della   protezione   internazionale   -   Termine   ragionevole   -
  Individuazione del  termine  ragionevole  del  processo  nella  non
  eccedenza della durata di tre anni in primo grado, di due  anni  in
  secondo  grado,  di  un  anno  nel  giudizio  di   legittimita'   -
  Applicazione  del  termine  triennale   anche   alla   durata   dei
  procedimenti di primo grado  in  materia  di  riconoscimento  della
  protezione internazionale ex art. 35-bis del d.lgs. n. 25 del 2008. 
- Legge 24 marzo 2001, n. 89 (Previsione di equa riparazione in  caso
  di violazione del  termine  ragionevole  del  processo  e  modifica
  dell'articolo 375 del codice di procedura civile),  art.  2,  comma
  2-bis. 
(GU n.48 del 30-11-2022 )
 
                      CORTE DI APPELLO DI NAPOLI 
                       settima sezione civile 
 
    Nella persona del consigliere designato, dott. Michele  Magliulo,
nel procedimento iscritto al n. 1215/2022 V.G., in  materia  di  equa
riparazione, ex legge n. 89/2001, vertente tra Traore  Harouna  (c.f.
TRW HRN 99C01 Z329P), rappresentato e difeso dall'avv.  De  Vincentis
Gianluca, ricorrente e il Ministero della giustizia  in  persona  del
Ministro pro tempore, resistente; 
    Letto il ricorso presentato in  data  23  maggio  2022 da  Traore
Harouna con il qual viene richiesto l'indennizzo per  l'irragionevole
durata del processo di seguito indicato; 
 
                               Osserva 
 
    Il ricorrente sig. Traore Harouna  ha  chiesto  l'indennizzo  per
l'irragionevole durata del processo civile svoltosi  in  primo  grado
dinanzi al Tribunale di Napoli - sezione specializzata in materia  di
immigrazione da lui introdotto con ricorso ex  art.  35-bis,  decreto
legislativo n. 25/2008, depositato in data 3 ottobre 2008, che  aveva
ad  oggetto  l'impugnazione   della   decisione   della   Commissione
territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di
Caserta notificata il 19 settembre 2018, che aveva negato al predetto
la   cd.   protezione   internazionale   e    nazionale.    All'esito
dell'istruttoria  svolta,  il  procedimento  e'  stato  definito  con
decreto n. 4279/2022 dell'11 maggio 2022 che ha  accolto  la  domanda
subordinata, riconoscendo al sig. Traore il diritto  alla  protezione
sussidiaria, ex art. 14, lettera c), decreto legislativo n. 251/2007. 
    Il ricorso e' certamente ammissibile ex art. 4, legge n. 89/2011,
in quanto e' stato depositato il 22 maggio 2022, quindi, pochi giorni
dopo il decreto suddetto, nel pieno rispetto del  termine  semestrale
previsto per la proposizione del ricorso ex legge Pinto. 
    Parte ricorrente ha dedotto che il giudizio presupposto e' durato
tre anni e sette mesi, e che il termine  di  durata  ragionevole  dei
procedimenti, come quello in  questione,  dovrebbe  identificarsi  in
quattro  mesi,  ossia  nel  termine  fissato  per  la  decisione  del
Tribunale dall'art. 35-bis, comma  13,  decreto  legislativo  del  28
gennaio 2008, n. 25, modificato dal decreto-legge 17  febbraio  2017,
n. 13, convertito in legge 13 aprile 2017, n. 46, da considerarsi lex
specialis rispetto al termine fissato, in via generale, in  tre  anni
per il primo grado di giudizio dall'art. 2,  comma  2-bis,  legge  n.
89/2001. 
    La tesi sostenuta dal ricorrente non risulta condivisibile. 
    L'art. 2, comma 2-bis, legge Pinto, stabilisce che «si  considera
rispettato il termine ragionevole di cui al comma 1  se  il  processo
non eccede la durata di tre anni in primo grado, due in secondo grado
e un anno nel giudizio di legittimita'». Tali disposizioni sono state
introdotte  dall'art.  55,  comma  1,  lettera  a),  numero  2),  del
decreto-legge n. 83 del 2012, al  fine  di  adottare  una  disciplina
legale uniforme dei termini entro  cui  il  giudizio  deve  reputarsi
rispettoso del  principio  della  ragionevole  durata  del  processo,
enunciato dall'art. 111, secondo comma della Costituzione e dall'art.
6, paragrafo 1, della CEDU. 
    Ad avviso di  questo  giudice,  il  superamento  del  termine  di
quattro  mesi  per  la  decisione  previsto  dalla  normativa   sopra
richiamata, che ha pacificamente natura ordinatoria,  non  rileva  di
per se' ai fini dell'equo indennizzo, perche' non puo' ritenersi  che
tale  termine,  avente  finalita'  meramente   acceleratoria,   possa
considerarsi   sostitutivo   e   derogatorio   di   quello   previsto
specificamente dalla legge in materia di  equa  riparazione.  Vi  e',
cioe', un'obiettiva  indipendenza  dei  due  termini  rispettivamente
previsti dall'ordinamento per la decisione del procedimento de quo  e
per la ragionevole durata del processo, di guisa che  il  superamento
del primo di essi e' insufficiente ai  fini  del  riconoscimento  del
diritto all'equo indennizzo di cui alla legge  n.  89  del  2001.  Un
ragionamento analogo a quello appena svolto e' pacificamente  seguito
per il termine di durata ragionevole  dei  procedimenti  della  legge
Pinto, fissato notoriamente in un anno nonostante che l'art. 3, comma
4, preveda che il giudizio debba essere deciso  entro  trenta  giorni
dal deposito del ricorso e l'art. 5-ter, comma 5, che la  definizione
del giudizio di opposizione debba avvenire  entro  quattro  mesi  dal
deposito del ricorso. 
    L'unico termine  decisivo  resta  quello  stabilito  dalla  legge
Pinto, non potendosi dubitare che l'art. 2, comma  2-ter  citato,  si
applichi   anche   al   procedimento   in   materia   di   protezione
internazionale perche' esso si estende «ad ogni  procedimento  civile
per cui  non  sia  disposto  diversamente  e  non  solo  al  giudizio
ordinario di cognizione; tanto e'  vero  che,  per  alcune  procedure
speciali, come quella esecutiva, e quella concorsuale,  la  legge  ha
previsto termini diversi e specifici» (cosi' Corte costituzionale  n.
36 del 19 febbraio 2016). 
    Cio'  posto,  vanno,  per  converso,   considerati:   la   natura
personalissima  dei  diritti  umani  coinvolti  (riconosciuti   dalle
convenzioni  internazionali  e  dalla  Costituzione   italiana),   la
peculiarita' del procedimento connotato dalla semplicita' delle forme
e da  esigenze  di  snellezza  e  sommarieta'  delle  indagini  (cosi
Cassazione 10 settembre 2020, n. 18787),  la  stessa  previsione  del
termine di quattro mesi per la decisione del  giudice  (peraltro  non
reclamabile), nonche' l'indicazione  contenuta  nel  comma  15  dello
stesso art. 35-bis secondo cui la «controversia e' trattata  in  ogni
grado in via di urgenza»;  rilievi  dai  quali  si  desume,  in  modo
univoco e convergente, che la tutela  in  materia  di  riconoscimento
della protezione internazionale debba essere  certamente  soddisfatta
con particolare rapidita' e celerita'. 
    Alla stregua di tali considerazioni, non  vi  e'  dubbio  che  la
speciale delicatezza e la notevole rilevanza  della  materia  oggetto
dei procedimenti in esame, inerente il  godimento  di  diritti  umani
fondamentali, esigono, nei giudici, un'accentuata  diligenza  ed  una
specifica loro efficienza anche sul piano temporale, con  conseguente
riduzione del parametro di ragionevole durata del processo. Non puo',
percio', ritenersi che,  anche  rispetto  a  tale  procedimento,  sia
adeguato  e  rispettoso  dei  principi  costituzionali   il   termine
triennale  di  durata  ragionevole  previsto  in  via  generale   con
riferimento ai procedimenti civili. 
    Ricapitolando, l'art. 2, comma  2-bis  della  legge  n.  89/2001,
imponendo  di  considerare  ragionevole  la  durata   triennale   del
procedimento di primo grado in materia di protezione  internazionale,
finisce per equiparare e trattare  in  modo  uniforme  procedure  del
tutto  diverse  sotto  l'aspetto  della   congruita'   della   durata
ragionevole dei giudizi, posto che la individuazione di  tale  durata
ex art. 111, secondo comma della Costituzione  non  puo'  prescindere
dalle caratteristiche e dalla natura del procedimento. In tal  senso,
va altresi' ricordato che, in sede  di  interpretazione  dell'art.  6
della  Convenzione  europea  sui  diritti  dell'uomo,  la  Corte   di
Strasburgo ha sempre tenuto conto, in particolare, della complessita'
della causa e della rilevanza della «posta in gioco»  al  fine  della
determinazione  del  termine  ragionevole,  e,  tra  gli  esempi   di
categorie  di  cause  che,  per  loro  natura,  esigono   particolare
diligenza e sollecitudine sono fatte rientrare le cause in materia di
stato civile e di capacita' personale  (cfr.  Corte  europea  diritti
dell'uomo, sez. I, 5 dicembre 2019, n. 35516). 
    Ne consegue che l'art. 2, comma 2-bis citato, nella parte in  cui
si  applica  anche  ai  procedimenti   in   materia   di   protezione
internazionale, appare contrastante sia con  l'art.  3,  primo  comma
della Costituzione, sia con gli articoli 111, secondo comma,  e  117,
primo  comma,  della  Costituzione,  per  violazione  degli  obblighi
internazionali derivanti dall'art. 6 della Convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali  che
stabilisce l'analogo principio del «termine ragionevole». 
    Ne' il giudice potrebbe interpretare l'art. 2,  comma  2-bis,  in
senso conforme alla Costituzione, derogando alla suddetta  previsione
normativa e sostituendo al termine triennale un termine inferiore  da
lui  individuato,  ad  esempio,  in  via  analogica,  quello  annuale
previsto per le procedure di  legge  Pinto,  cosi'  come  deciso  nel
precedente della Corte di appello di Napoli allegato dal  ricorrente.
Al riguardo, deve condividersi l'opinione secondo la  quale  i  commi
2-bis e 2-ter dell'art. 2, nell'affermare che il termine ivi indicato
«Si considera rispettato», sono univoci  e  non  possono  che  essere
intesi nel senso  che  tale  termine  debba  essere  ritenuto  sempre
ragionevole, perche' considerato  dal  legislatore  insensibile  alla
natura del procedimento ed all'eventuale accertamento della  maggiore
semplicita' dello stesso. Cio' trova conferma nel  fatto  che  questa
affermazione si inserisce  nell'ambito  di  un  intervento  normativo
diretto   a   sottrarre   alla   discrezionalita'   giudiziaria    la
determinazione della congruita' del termine, per affidarla invece  ad
una previsione legale di carattere  generale.  In  tal  senso  si  e'
correttamente  osservato  che  «di  fronte  all'esplicita  previsione
normativa, che  non  prevede  durate  diversificate  in  ragione  del
diverso grado di complessita' dei giudizi, ogni  argomento  contrario
e' recessivo» (cfr. Cassazione 6 dicembre 2021, n. 38471). Anche  nei
lavori  preparatori  al  decreto-legge  n.  83/2012,  in  particolare
all'art. 55, si legge che l'osservanza  dei  termini  di  durata  dei
singoli gradi di giudizio, introdotti dall'art. 2, comma  2-bis,  «fa
si'  che  sia  rispettato  il  termine  ragionevole  di  durata   del
procedimento e, quindi, non permette alcuna domanda di indennizzo». 
    Significativo, del resto, e'  che  l'individuazione  del  termine
annuale di durata ragionevole del processo della cd. legge Pinto  non
e' il frutto di una  operazione  interpretativa  dell'art.  2,  comma
2-bis, della stessa legge, ma e' conseguente al necessario intervento
demolitorio della Corte  costituzionale  che,  con  sentenza  del  19
febbraio 2016, n. 36, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo  -
per violazione degli articoli 111 e 117, comma 1, della  Costituzione
- il citato art. 2, comma 2-bis, nella parte in cui si  applica  alla
durata del processo di primo grado previsto dalla  legge  n.  89  del
2001. Va, ancora, evidenziato che,  nella  pronunzia  suindicata,  la
Corte,  sulla  base  di  argomentazioni  identiche  a  quelle   sopra
illustrate,  ha  rigettato  l'eccezione   sollevata   dall'Avvocatura
generale dello Stato secondo cui  sarebbe  stato  possibile  adottare
un'interpretazione  costituzionalmente  conforme  delle  disposizioni
impugnate, ed ha,  quindi,  disatteso  la  tesi  che  il  legislatore
avrebbe introdotto solo «un parametro cui il giudice  deve  attenersi
senza esserne vincolato in termini assoluti»,  potendone  prescindere
alla luce della natura del procedimento. 
    In conclusione, il carattere  vincolante  ed  inderogabile  della
previsione normativa in tema di durata ragionevole  del  procedimento
esclude    la    possibilita'    di    adottare    un'interpretazione
costituzionalmente orientata della  norma  in  esame,  obbligando  il
giudice a sollevare la relativa questione di costituzionalita'. 
    Non si ritiene, poi, compito del giudice a quo indicare quale sia
il termine piu' adeguato al caso di specie, come pure non puo' essere
di ostacolo alla denuncia di illegittimita' costituzionale il rilievo
che, una volta rimossa la norma  incostituzionale,  l'intervento  del
legislatore possa ritardare o mancare del tutto, potendo l'interprete
sopperire  a  tale  lacuna  utilizzando  i  principi  espressi  dalla
giurisprudenza della Corte europea  dei  diritti  dell'uomo  e  della
Corte  di  cassazione  antecedente  alla   novella   introdotta   dal
decreto-legge n. 83/2012. 
    Evidente,  infine,  e'   la   rilevanza   della   questione   nel
procedimento in esame, dal momento che l'individuazione della  durata
ragionevole del processo presupposto,  contenuta  nelle  disposizioni
della cui legittimita' costituzionale si dubita,  influisce  in  modo
determinante   sulla   misura   dell'indennizzo   richiesto   e,   di
conseguenza, sulla decisione richiesta dal ricorrente. 
 
                               P. Q. M. 
 
    La Corte di appello di Napoli, settima sezione civile; 
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 2-bis della  legge  24
marzo 2001, n. 89, nella parte in cui si applica  anche  alla  durata
dei procedimenti di primo grado in materia  di  riconoscimento  della
protezione internazionale, ex art.  35-bis,  decreto  legislativo  n.
25/2008. 
    Dispone  l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale e sospende il giudizio in corso. 
    Ordina che, a cura della cancelleria, la presente  ordinanza  sia
notificata alle parti in causa, nonche' al Presidente  del  Consiglio
dei ministri e comunicata ai Presidente della Camera dei  deputati  e
del Senato della Repubblica. 
        Napoli 30 luglio 2022. 
 
                  Il consigliere delegato: Magliulo