N. 148 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 novembre 2022

Ordinanza  dell'11  novembre  2022  del  Tribunale   di   Siena   nel
procedimento penale a carico di M.G.. 
 
Legge - Procedimento legislativo  -  Fase  di  entrata  in  vigore  -
  Modifica dell'entrata in vigore  del  d.lgs.  n.  150  del  2022  -
  Previsione che il d.lgs. n. 150 del 2022  entra  in  vigore  il  30
  dicembre 2022 - Denunciato effetto preclusivo dell'applicazione,  a
  decorrere  dal  1°  novembre  2022,  delle  modifiche   mitigatrici
  disposte dall'art. 2, comma 1, lettere e) e n), del d.lgs.  n.  150
  del 2022. 
- Decreto-legge 31 ottobre 2022, n. 162 (Misure urgenti in materia di
  divieto di concessione dei benefici penitenziari nei confronti  dei
  detenuti o internati che non collaborano con la giustizia,  nonche'
  in materia di entrata in vigore del decreto legislativo 10  ottobre
  2022, n. 150, di obblighi di  vaccinazione  anti  SARS-COV-2  e  di
  prevenzione e contrasto dei raduni illegali), art. 6. 
(GU n.50 del 14-12-2022 )
 
                   IL TRIBUNALE ORDINARIO DI SIENA 
 
                           sezione penale 
 
                     in composizione monocratica 
 
    In persona del giudice Simone Spina, all'udienza dell'11 novembre
2022, ha pronunciato la seguente ordinanza ai sensi degli  artt-  134
Cost., 1 L. cost. 9 febbraio 1948 n. 1 e 23 L. 11 marzo 1953 n. 87  -
resa nell'ambito del procedimento penale  di  I°  grado  iscritto  ai
numeri di registro in epigrafe indicati nei confronti di M. G. , nato
il ., ivi residente,  in  .  ,  ove  ha  dichiarato  di  domiciliare;
assistito e difeso, d'ufficio, dall'avv. Paolo Lorenzini, del Foro di
Siena; imputato 
    In ordine ai seguenti fatti-reato: 
        a) del resto di cui  all'art.  610  cod.  pen.,  perche'  con
violenza   consistita   nell'arrestare   all'improvviso   la   marcia
dell'autovettura   da   lui   condotta   costringeva.,   alla   guida
dell'autovettura targata . che lo seguiva, ad interrompere la propria
corsa. 
    In ., il . 
        b) del reato di cui all'art. 635 comma 1 cod.  pen.,  perche'
dopo aver posto in essere la condotta di cui  al  capo  che  procede,
raggiungeva. e, proferendo le seguenti minacce:«cosa  pensi  di  fare
con questa macchina di merda che ti ritrovi; non sai chi sono  io  e'
che  posso  farti;  ho  il  cognato  maresciallo  e   ti   ammazzo!»,
danneggiava l'autovettura targata .,  condotta  dallo  stesso  .,  in
particolare sferrando un pugno  sulla  portiera  anteriore  sinistra,
ammaccandola. 
    In ., il . 
    Esaminati gli atti del procedimento penale iscritto ai numeri  di
registro in epigrafe indicati. 
    Udito il Pubblico Ministero, che ha concluso per la  declaratoria
di penale responsabilita' dell'imputato in ordine ad entrambi i reati
allo stesso ascritti e ha  conseguentemente  chiesto  condannarsi  il
medesimo alla pena di sei mesi di reclusione. 
    Udito  il  difensore  dell'imputato,  che  ha  chiesto,  in   via
principale,  sollevarsi  questione  di  legittimita'   costituzionale
dell'articolo 6  del  decreto-legge  31  ottobre  2022,  n.  162,  in
riferimento agli artt. 3  e  117  Cost.,  e  in  via  subordinata  ha
concluso  per  l'assoluzione  dell'imputato  dalle  accuse  nei  suoi
confronti  elevate,  perche'  il  fatto  non  sussiste  o,   in   via
alternativa, per non avere commesso il fatto. 
    Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto di  seguito
piu' approfonditamente esposto. 
 
                               Osserva 
 
1.Sullo svolgimento del processo. 
    1.1.- Con decreto depositato in data 20 gennaio 2020, il Pubblico
Ministero  ha  esercitato  l'azione  penale  nei  confronti  di  .  ,
articolando l'accusa in due distinti capi di imputazione: al capo  a)
della rubrica e' stato contestato il delitto di violenza privata,  ai
sensi dell'articolo 6n del codice penale, mentre al capo b) quello di
danneggiamento, ai sensi dell'articolo 610, primo comma,  del  codice
penale. 
    1.2.- Il giudizio dibattimentale,  svoltosi  in  una  prima  fase
davanti ad  altra  giudice  professionale,  a  seguito  della  mutata
posizione tabellare di quest'ultima e' poi  proseguito  innanzi  allo
scrivente, che all'udienza del 18 ottobre 2022  ha  sentito  numerosi
testimoni ammessi d'ufficio ai sensi dell'articolo 507 del codice  di
procedura penale e ha quindi disposto, infine, un rinvio del processo
all'udienza dell'8 novembre 2022. 
    1.3.-  All'udienza  del  giorno  8  novembre  2022,  il  Pubblico
Ministero ha prodotto dichiarazione di remissione di querela da parte
di . , persona offesa di  entrambi  i  reati  per  cui  e'  processo,
ricevuta a verbale in data 9 novembre 2019 da  ufficiali  di  polizia
giudiziaria. L'imputato, con dichiarazione  raccolta  a  verbale,  ha
quindi espressamente accettato  tale  remissione  di  querela  ed  il
giudice ha dichiarato  utilizzabili  tutti  gli  atti  legittimamente
acquisiti  nel  corso  del  giudizio,  disponendo  un   rinvio,   per
discussione, ad altra udienza. 
    1.4.- Alla successiva udienza del giorno  11  novembre  2022,  su
invito del giudice, le Parti hanno quindi  rassegnato  le  rispettive
conclusioni, il cui contenuto  e'  stato  piu'  sopra  sinteticamente
riportato. Il giudice ha poi dichiarato chiuso il dibattimento, si e'
ritirato  in  camera  di  consiglio  e,  all'esito,  ha  disposto  la
sospensione del processo e l'immediata trasmissione  degli  atti  del
presente giudizio alla Corte costituzionale. 
2. Sulla rilevanza della questione di legittimita' costituzionale. 
    2.1.- Deve innanzitutto rilevarsi che, nell'ambito  del  presente
procedimento,  doverosamente  in  data  20  gennaio  2020  e'   stata
esercitata l'azione penale, da parte del Pubblico Ministero,  seppure
in atti fosse documentata l'espressa volonta' della  persona  offesa,
risalente al 9 novembre 2019, di non persistere nella  sua  richiesta
di punizione, originariamente avanzata  con  querela  del  17  luglio
2019. Ne' per il delitto di cui all'art. 610 del codice  penale,  ne'
per quello di cui all'art. 635, primo comma, del  codice  penale,  la
procedibilita' dell'azione penale risulta(va) infatti condizionata da
una previa richiesta di punizione da parte della persona offesa. 
    2.2- A  fronte  di  un  tale  quadro  normativo,  ricavabile  dal
coordinato  disposto  degli  articoli  50  capoverso  del  codice  di
procedura penale ("Quando non e' necessaria  la  querela...  l'azione
penale e' esercitata di ufficio"),  nonche'  610  e  635  del  codice
penale,  si  deve  tuttavia  registrare  l'intervenuta  emanazione  e
successiva pubblicazione, nella Gazzetta  Ufficiale  n.  243  del  17
ottobre 2022,  del  d.lgs.  10  ottobre  2022,  n.  150,  intitolato:
"Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega  al
Governo per l'efficienza del processo penale, nonche' in  materia  di
giustizia riparativa e disposizioni per  la  celere  definizione  dei
procedimenti giudiziari". 
    Gli articoli 2 e 3 di  tale  decreto,  peraltro,  hanno  previsto
l'ampliamento del novero  dei  reati  procedibili  a  querela,  cosi'
radicalmente mutando il regime  di  procedibilita'  di  otto  delitti
(quelli previsti dagli artt. 582, 590-bis, 605, 610, 614, 624, 634  e
635 cod. pen.) e due contravvenzioni (quelle previste dagli artt. 659
e 660 cod. pen.). 
    2.3.-  Il  citato  decreto  legislativo  e'  stato   emanato   in
attuazione della legge. 27 settembre 2021, n. 134,  pubblicata  nella
Gazzetta Ufficiale n. 237 del 4 ottobre 2021  e  recante  "Delega  al
Governo per l'efficienza del processo penale  nonche'  in  materia di
giustizia riparativa e disposizioni per  la  celere  definizione  dei
procedimenti giudiziari". 
    L'iter complessivo di formazione del decreto  si  e'  aperto  con
l'approvazione preliminare da parte del Consiglio dei Ministri, nella
seduta del 4 agosto  2022,  del  relativo  schema,  cui  hanno  fatto
seguito i distinti pareri favorevoli su di esso espressi da parte del
Senato della Repubblica (in data 13 settembre 2022)  e  della  Camera
dei Deputati (in data 15 settembre 2022). 
    All'esito dei pareri resi dalle competenti  commissioni  dei  due
rami del  Parlamento  e'  poi  seguita  la  definitiva  approvazione,
deliberata dal Consiglio dei Ministri nella seduta del  28  settembre
2022, del testo finale  del  decreto,  rimasto  immutato  rispetto  a
quello su cui le predette commissioni avevano espresso  i  rispettivi
pareti favorevoli 
    Da ultimo, in data 10  ottobre  2022,  ha  fatto  quindi  seguito
l'emanazione da parte del Presidente della Repubblica e,  infine,  la
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale n. 243 del  17  ottobre  2022.
Non essendo stato stabilito, nel corpo del  decreto  legislativo,  un
termine di vacatio legis diverso da quello previsto dall'articolo 73,
terzo comma, della Costituzione,  l'entrata  in  vigore  del  decreto
sarebbe dovuta discendere per effetto  diretto  del  citato  disposto
costituzionale, ossia in data  1°  novembre  2022,  decorsi  quindici
giorni dalla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. 
    2.4.- Il testo  si  compone  di  novantanove  articoli,  che  nel
complesso incidono, mediante novelle ai codici penale e di  procedura
ed alle principali leggi  complementari,  tanto  sul  diritto  penale
sostanziale (v. ad esempio gli artt. da 1 a 3), quanto e  soprattutto
sul diritto processual-penale (v. agli artt. da 4 a 40), introducendo
anche una disciplina organica della giustizia riparativa (agli  artt.
da  42  a  67)  ed  altresi'  riformando  la  disciplina  delle  pene
pecuniarie e delle pene sostitutive di quelle detentive brevi. 
    2.5.- Particolare rilievo, nell'ambito del presente procedimento,
assumono le lettere e) ed n) dell'articolo 2, primo comma, del citato
d.lgs., le quali dispongono che "all'articolo 610,  dopo  il  secondo
comma, e' aggiunto il seguente: «Il delitto  e'  punibile  a  querela
della persona offesa. Si procede tuttavia d'ufficio se  il  fatto  e'
commesso  nei  confronti di  persona  incapace,  per   eta'   o   per
infermita', ovvero se  ricorre  la  circostanza  di  cui  al  secondo
comma.»" e, rispettivamente, che "all'articolo 635,  dopo  il  quarto
comma, e' aggiunto il seguente: «Nei casi previsti dal primo comma il
delitto e' punibile  a  querela  della  persona  offesa.  Si  procede
tuttavia d'ufficio se il fatto e' commesso in occasione  del  delitto
previsto dall'articolo 331 ovvero se la persona offesa  e'  incapace,
per eta' o per infermita'.»". 
    2.6.-  Si  tratta  di  disposizioni  che  costituiscono   diretta
attuazione dei principi e criteri di delega fissati dall'articolo  1,
comma 15, della legge 27 settembre 2021, n. 134, a mente del quale: 
    "Nell'esercizio della  delega  di  cui  al  comma  1,  i  decreti
legislativi recanti  modifiche  al  codice  penale  e  al  codice  di
procedura penale in materia di condizioni di procedibilita',  per  le
parti di seguito indicate, sono adottati nel  rispetto  dei  seguenti
principi e criteri direttivi: a) [...]; b) prevedere l'estensione del
regime di procedibilita' a querela di  parte  a  ulteriori  specifici
reati contro la persona o contro il patrimonio nell'ambito di  quelli
puniti con pena edittale detentiva non superiore  nel  minimo  a  due
anni; prevedere che ai fini della determinazione della pena detentiva
non si tenga conto delle circostanze, facendo salva la procedibilita'
d'ufficio quando la persona  offesa  sia  incapace  per  eta'  o  per
infermita'...". 
    2.7.- Il legislatore delegante prima, e il  legislatore  delegato
poi,   hanno   quindi   l'uno   prestabilito   e   l'altro   statuito
definitivamente, in un'ottica di deflazione in concreto degli  affari
penali, un mutamento nel regime di  procedibilita',  tra  gli  altri,
anche dei delitti di violenza privata (ex art. 610 cod.  pen.)  e  di
danneggiamento (ex art. 635, co. 1, cod. pen.). 
    Rispetto a tali delitti, in  tal  modo,  si  e'  condizionata  la
procedibilita' dell'azione penale ad una concreta  manifestazione  di
volonta'  da  parte  del  soggetto   offeso,   riservando   cosi'   a
quest'ultimo il potere di decidere circa l'opportunita' di una tutela
penale dei beni offesi dai predetti reati. 
    2.8.-  Al  contempo,  sempre  con   riferimento   ai   reati   di
danneggiamento e violenza privata, si e' pero'  cosi'  conseguito  un
altro,  importante  effetto:  quello  di  ampliare  il  novero  delle
fattispecie   estintive   della   punibilita'   ad   essi   relative,
ricomprendendovi anche la remissione di querela, ossia  quell'atto  o
contegno espressivo  della  volonta'  della  persona  offesa  di  non
persistere piu' nella sua originaria richiesta di punizione del reo. 
    2.9.- Mutamenti normativi siffatti, che prevedono  l'introduzione
della piu' favorevole perseguibilita' a querela in luogo  della  gia'
prevista procedibilita' d'ufficio, come noto rappresentano il terreno
elettivo di applicazione del principio di retroattivita' della  norma
penale piu' favorevole al. reo, inscritto  nell'articolo  2,  secondo
comma, del codice penale; disposizione, quest'ultima, che  ad  avviso
della Suprema Corte opera infatti "non soltanto alfine di individuare
la norma di diritto sostanziale  applicabile  al  caso  concreto,  ma
anche in ordine al regime  della  procedibilita'  che  inerisce  alla
fattispecie, dato  che  e'  inscindibilmente  legata  al  fatto  come
qualificato dal diritto" (cosi', Cass. pen. Sez. 2, Sentenza n. 21700
del 17/04/2019, . , Rv. 276651, punto 3 del considerato in diritto). 
    Su questa  stessa  linea,  in  ragione  dell'incidenza  che  puo'
dispiegare anche sulla punibilita', oltre che  sulla  procedibilita',
si e' invero  riconosciuta  all'istituto  della  querela  una  natura
mista,  sostanziale  e  processuale,   con   l'effetto   che   "nella
successione delle leggi... deve applicarsi il  disposto  dell'art.  2
comma cod. pen., secondo il quale se la legge del  tempo  in  cui  fu
commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella  le
cui disposizioni  sono  piu'  favorevoli  al  reo",  con  l'ulteriore
precisazione per cui "l'intervenuta remissione della querela comporta
l'obbligo di dichiarare la non procedibilita' ai sensi dell'art.: 129
cod. proc. pen." (cosi', sempre Cass. pen. 21700/2019, ivi). 
    2.10.- Decorrendo a far data dal 1° novembre  2022  l'entrata  in
vigore  dei  citati,  piu'   favorevoli   mutamenti   in   punto   di
procedibilita' dell'azione penale, nonche' alla luce  di  quanto  sin
qui esposto, e' allora chiaro come il presente giudizio non possa che
concludersi con una sentenza di non doversi  procedere,  adottata  ai
sensi dell'articolo 531 del codice di  procedura  penale,  a  seguito
dell'intervenuta estinzione di entrambi i reati di  danneggiamento  e
violenza privata ascritti all'imputato. 
    Per essi, infatti,  non  ricorre  alcuna  delle  ipotesi  in  cui
l'azione  penale  permane  procedibile  d'ufficio:  nessuno  dei  due
delitti risulta  infatti  essere  stato  commesso  nei  confronti  di
"persona incapace, per eta' o per infermita'"; quanto  alla  violenza
privata, poi, non e' stata elevata alcuna delle circostanze  previste
dall'articolo 339 del codice penale; mentre per quel che riguarda  il
danneggiamento, il fatto non  e'  stato  commesso  in  occasione  del
delitto di interruzione di un pubblico servizio  (ex  art.  331  cod.
pen.), ne' si verte in una delle ipotesi di  danneggiamento  di  beni
pubblici o, comunque, di interesse o utilita'  pubblica,  di  cui  al
secondo comma dell'articolo 635 del codice penale. 
    D'altra parte, l'espressa remissione di querela operata in data 9
novembre 2019 dalla persona offesa non puo' che ritenersi  pienamente
efficace, in ragione dell'intervenuta accettazione  della  stessa  da
parte dell'imputato, con dichiarazione ricevuta e raccolta a  verbale
all'udienza del giorno 8 novembre 2022. 
    2.11.-  Su  tale  complessivo  quadro  normativo  e',   tuttavia,
intervenuto il decreto-legge 31  ottobre  2022,  n.  162,  pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale n. 255 del 31 ottobre 2022, recante  "Misure
urgenti  in  materia  di  divieto   di   concessione   dei   benefici
penitenziari  nei  confronti  dei  detenuti  o  internati   che   non
collaborano con la giustizia, nonche' in materia di entrata in vigore
del decreto legislativo 10 ottobre  2022,  n.  150,  di  obblighi  dl
vaccinazione anzi SARS-COV-2 e di prevenzione e contrasto dei  raduni
illegali'. 
    Siffatto provvedimento provvisorio con forza di legge, in  virtu'
di quanto espressamente previsto  al  suo  articolo  9,  e'  peraltro
entrato in  vigore  il  giorno  stesso  della  sua  pubblicazione  in
Gazzetta Ufficiale, avvenuta in data 31 ottobre 2022. 
    2.12.- In forza dell'articolo 6 del  citato  decreto-legge  viene
interpolato nel corpo del d.lgs. 10 ottobre 2022,  n.  150  un  nuovo
articolo, rubricato "Art 99-bis (Entrata in vigore)" e composto da un
comma unico: "«1. Il presente decreto entra in vigore il 30  dicembre
2022.»". 
    Pertanto, proprio per  effetto  dell'istituzione  di  tale  nuovo
termine di entrata in vigore del d.lgs. 10 ottobre 2022,  n  150,  in
seno al presente processo non puo'  allora  dispiegarsi  la  concreta
efficacia operativa dei piu'  favorevoli  mutamenti,  nel  regime  di
procedibilita'  relativo  ai  reati  per  cui  si  procede,  disposti
all'articolo 2, primo comma, lettere e) ed n) del citato  d.lgs.  150
del 2022. 
    Di talche', pur essendo maturate per entrambi i  delitti  oggetto
di giudizio le  relative  fattispecie  estintive  della  punibilita',
costituite dall'intervenuta remissione  di  querela  da  parte  della
persona  offesa,   resta   precluso   al   Tribunale   l'accertamento
dell'estinzione  di  siffatti  reati,  in  ragione  della  perdurante
procedibilita' d'ufficio dell'azione penale per gli stessi  prevista,
quale conseguenza della mancata entrata in vigore al 1° novembre 2022
del disposto di cui all'articolo 2, primo comma, lettere e) ed n) del
d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150. 
    2.13.-  D'altra  parte,  a  fronte  dell'obbligo   di   immediata
declaratoria di improcedibilita' ove si riconosca  l'integrazione  di
una causa d'estinzione di un reato, che discende  dall'articolo  129,
primo comma, del codice di procedura penale, non risulta in  concreto
percorribile l'alternativa strada di una  pronuncia  assolutoria  nel
merito, da adottare ai  sensi  del  secondo  comma  dell'articolo  da
ultimo citato. 
    Sul punto, si deve anzitutto richiamare il consolidato  principio
di legittimita', integralmente condiviso dal Tribunale,  secondo  cui
il giudice, in presenza di una causa  di  estinzione  del  reato,  e'
legittimato  a  pronunciare   sentenza   di   assoluzione   a   norma
dell'articolo 129, secondo comma,  del  codice  di  procedura  penale
soltanto nell'ipotesi in  cui  le  circostanze  idonee  ad  escludere
l'esistenza  del  fatto,  la  commissione  del  medesimo   da   parte
dell'imputato ovvero la sua rilevanza penale emergano dagli  atti  in
modo  assolutamente  incontrovertibile  e  incontestabile,  tanto  da
rendere la valutazione allo stesso devoluta piu' simile  al  concetto
di  "constatazione"  e  percezione  "ictu  oculi  che  a  quello   di
"apprezzamento"; con l'effetto che tale esito e' sempre incompatibile
con qualsivoglia necessita' di accertamento, vaglio o approfondimento
delle risultanze istruttorie (v., sul  punto,  Cass.  pen.,  Sez.  U,
sentenza n. 35490 del 28/05/2009, . , Rv. 244274,  nonche'  tutta  la
giurisprudenza successiva, sempre conforme a tale indirizzo). 
    Cio' posto, pur essendosi ormai chiuso il dibattimento,  si  deve
in  concreto  rilevare  come  il  complessivo  materiale   probatorio
acquisito nel corso dell'istruttoria non consenta in  alcun  modo  di
pervenire ad una pronuncia assolutoria  a  norma  dell'articolo  129,
secondo comma, del codice di proceduta penale, dagli atti non essendo
emersa alcuna circostanza chiara, evidente, manifesta  ed  obiettiva,
in grado di escludere in radice l'esistenza dei fatti contestati o la
loro rilevanza penale ovvero la non commissione degli stessi da parte
dell'imputato. 
    2.14.- Le considerazioni e i  rilievi  innanzi  esposti,  allora,
depongono tutti nel senso di escludere che il presente giudizio possa
essere definito indipendentemente dalla risoluzione  della  questione
di legittimita' costituzionale dell'articolo 6 del  decreto-legge  31
ottobre 2022, n. 162. 
    2.15.- D'altro canto, a sostegno della fondatezza della questione
di legittimita' costituzionale che qui si propone, esistono  plurimi,
distinti e articolati argomenti. 
    2.15.1.-  Tali  argomenti,   piu'   in   particolare,   attengono
innanzitutto  all'invalidita'  formale  del  denunciato  articolo  6,
correlata  alla  violazione  di  distinte  norme  costituzionali:  in
particolare, dell'articolo 73, terzo comma, della  Costituzione,  che
preclude ad una legge o ad un atto ad essa equiparato di  interferire
nel procedimento di formazione di un'altra legge o di altro  atto  ad
essa  equiparato,  con  particolare   riferimento   alla   fase   cd.
d'integrazione dell'efficacia  (v.  infra,  paragrafo  3);  ma  anche
dell'articolo 77, secondo comma, della Costituzione,  che  disciplina
l'esercizio del potere legislativo adottato da parte del  Governo  in
via d'urgenza,  circoscrivendone  e  limitandone  l'impiego  al  solo
verificarsi di casi straordinari  di  necessita'  e  di  urgenza  (v.
infra, paragrafo 4). 
    2.15.2.- Ulteriori argomenti, infine,  attengono  all'invalidita'
sostanziale della disposizione qui censurata, legata al contrasto con
il coordinato disposto degli articoli 3 e  117,  primo  comma,  della
Costituzione,  quest'ultimo  in  relazione  all'articolo   7,   primo
paragrafo, della CEDU e  all'articolo  15,  primo  comma,  del  Patto
internazionale  sui  diritti  civili  e  politici,  che  preclude  al
legislatore di disporre, in assenza di  sufficienti  giustificazioni,
la perdurante  efficacia  in  malem  partem  di  trattamenti  penali,
rispetto ai quali  risulta  gia'  acquisita  una  mutata  valutazione
legislativa in  senso  piu'  favorevole  al  reo,  con  l'effetto  di
concretamente  impedire  il  riverberarsi   di   siffatte   modifiche
mifigatrici anche a vantaggio di coloro che hanno posto in essere  la
condotta in un momento anteriore (v. infra, paragrafo 5). 
3. Sul contrasto con l'articolo 73, terzo comma, della Costituzione. 
    3.1.-  Prevede  l'articolo   73,   terzo   comma,   della   Carta
Costituzionale che l'entrata in vigore di ogni legge avvenga, in  via
ordinaria, al quindicesimo giorno dalla data della sua  pubblicazione
("Le leggi... entrano in vigore  il  quindicesimo  giorno  successivo
alla loro pubblicazione..."). Nell'ipotesi in cui  s'intenda  operare
una deroga a  tale  ordinario  termine,  cd.  di  vacatio  legis,  il
predetto  articolo  stabilisce  tuttavia,  in   maniera   chiara   ed
esplicita, che "termini  diversi'  possano  essere  stabili  soltanto
"dalle leggi stesse" ("... salvo che le leggi stesse stabiliscano  un
termine diverso"). 
    La citata disposizione costituzionale, come precisato  anche  dal
Giudice costituzionale, disciplina pertanto "il momento della entrata
in vigore delle leggi, e piu' precisamente la vacatio legis,  ponendo
la regola del termine di quindici giorni dalla loro  pubblicazione  e
mettendo la possibilita' di eccezioni" (Corte cost., sentenza  n.  71
del 1957). 
    3.2- Cio' posto, si ritiene che la Carta  fondamentale.,  con  la
norma in esame, abbia istituito uno stretto e inscindibile legame tra
una legge (o altro atto ad esso equiparato) ed il relativo termine di
entrata in vigore, tanto da escludere la  possibilita'  che  un  atto
normativo possa incidere sui termini  di  vacatio  legis  riguardanti
altri e diversi atti normativi. 
    3.3.-  Al  periodo  di  vacatio  legis,  come  noto,  e'   invero
ricollegata la finalita' di assicurare Ia conoscibilita' della  legge
da parte della collettivita'. Ma, in disparte  tale  finalita',  allo
scadere del termine di vacatio legis e'  ancorato  -  cosa  ben  piu'
rilevante - un effetto proprio e tipico di ogni atto normativo  e  da
questo  non  dissociabile:  l'inizio  della  sua   efficacia,   ossia
dell'attitudine ad "innovare"  l'ordinamento  giuridico,  istituendo,
modificando o estinguendo obblighi, divieti, poteri  o  facolta';  un
profilo, quest'ultimo, cui risulta invero  correlato,  dal  lato  dei
destinatari, siano essi  organi  pubblici  o  privati  cittadini,  il
dovere di sua osservanza ed applicazione (v. art. 54 Cost.). 
    3.4.- L'attivazione del dovere di osservanza ed  applicazione  e'
tuttavia    collegato    ad    un    ulteriore    profilo:     quello
dell'applicabilita' della legge, ben potendo esistere  leggi  vigenti
(e dunque: efficaci)  ma  non  ancora  applicabili,  per  effetto  di
disposizioni transitorie che, nel tempo, ne delimitano o  dilazionano
l'applicabilita'. 
    3.5.- Da questo punto di vista, appaiono allora chiare le ragioni
sottese alla disciplina in esame. Il profilo  dell'efficacia  di  una
legge, ossia del momento a partire dal quale essa potra'  iniziare  a
produrre  i  suoi  effetti  giuridici,  trova  infatti  una  compiuta
regolamentazione  nella  Carta  Costituzionale,   nell'ambito   della
previsione  di  cui  all'art.  73,  terzo  comma,  Cost.,   volta   a
disciplinare la fase conclusiva  del  procedimento  legislativo  (cd.
integrativa  dell'efficacia),  che  comprende  la  promulgazione,  Ia
pubblicazione e l'entrata in vigore dell'atto. 
    Nell'ambito di tale disciplina procedimentale, ove per la vacatio
legis e' fissata la regola del termine quindicinale, la  Costituzione
-  come  visto  -  "autorizza  il   legislatore,   nel   suo   potere
discrezionale, a disporre diversamente da quel termine" (Corte  cost,
sentenza n. 170 del  1983).  Ma  un  siffatto  potere  discrezionale,
consistente nella possibilita' di stabilire un termine di entrata  in
vigore diverso  da  quello  fissato  in  via  ordinaria  dalla  Carta
fondamentale,  puo'   essere   legittimamente   esercitato   soltanto
nell'ambito del medesimo procedimento di formazione della  legge  cui
tale termine deve riferirsi. 
    3.6.-  D'altra  parte,  sussistono  evidenti   similitudini   tra
promulgazione e vacatio legis come una legge, anche  se  approvata  a
maggioranza assoluta dalle Camere,  non  puo'  infatti  stabilire  un
diverso termine di promulgazione che riguardi un'altra legge (v. art.
73 cpv. Cost.), cosi' una legge non puo' stabilire  o  modificare  il
termine di entrata in vigore di un'altra legge. Al riguardo, soccorre
infatti l'evidente simmetria tra quanto  disposto  al  secondo  comma
della  citata  disposizione  ("...  se  le   Camere   ne   dichiarano
l'urgenza... la legge e' promulgata nel termine da essa  stabilito.")
e quanto disposto al comma successivo ("... Le  leggi...  entrano  in
vigore il quindicesimo  giorno  successivo  alla  loro  pubblicatone,
salvo che le leggi stesse stabiliscano un termine diverso."). 
    3.7.-  L'art.  73,  terzo  comma,  della  Costituzione,   dunque,
disponendo che "le leggi... entrano in vigore il quindicesimo  giorno
successivo  alla  loro  pubblicazione,  salvo  che  le  leggi  stesse
stabiliscano  un   termine   diverso",   attribuisce   carattere   di
modificabilita' al  termine  relativo  all'entrata  in  vigore  delle
leggi.  Una  modificabilita'  analoga,  benche'   non   perfettamente
identica, a quella prevista  per  il  termine  di  promulgazione  dal
secondo comma della citata disposizione costituzionale,  poiche'  non
essendo la variazione del termine di  pubblicazione  condizionata  al
requisito   della   dichiarazione   d'urgenza   della   legge,   tale
modificabilita' e' piena e non limitata  alle  sole  riduzioni,  come
invece avviene per la promulgazione. 
    Ma al di  la'  di  tale  limitata  differenza,  cio'  che  invece
accomuna  la  modiflcabilita'  del  termine  di  pubblicazione   alla
modificabilita' del termine di  entrata  in  vigore  delle  leggi  e'
l'ambito in cui i relativi poteri possono  legittimamente  svolgersi:
circoscritto alla sola legge  formata  nel  procedimento  in  cui  le
modifiche ai predetti termini vengono adottate. 
    3.8.- Il  Costituente  ha  invero  racchiuso,  nell'ambito  della
citata disposizione, l'intera disciplina procedimentale relativa alla
fase cd. integrativa dell'efficacia: che si apre con la promulgazione
di un testo di legge gia' approvato da parte delle due  Camere  e  si
perfeziona con l'entrata in vigore della legge medesima.  E  cio'  ha
fatto prevedendo termini  e  scandendo  tempistiche  ("...  entro  un
mese... subito dopo... entro  il  quindicesimo  giorno..."),  nonche'
ammettendo  al  contempo  la  possibilita'  di  limitate  deroghe,  a
determinate condizioni ivi puntualmente descritte e stabilite. 
    L'uso dell'espressione "salvo che le leggi stesse stabiliscano un
termine  diverso"   da   parte   dell'art.   73   Cost.,   in   luogo
dell'impersonale formula "salvo che sia altrimenti disposto" (propria
dell'art.  10  disp.  prel.  cod.  civ.  e,   quindi,   astrattamente
replicabile in identici termini), marca e segna, infatti,  la  mutata
finalita' perseguita dal Costituente con l'elevazione a disciplina di
rango costituzionale della fase di entrata in vigore delle leggi: che
consiste nel porre la "regola del termine di  quindici  giorni  dalla
loro pubblicazione e ammette[re] la possibilita' di eccezioni' (Corte
cost., sentenza n.  71  del  1957),  non  limitandosi  pero'  ad  una
generica  indicazione  della  astratta  fonte  abilitata  ad  operare
siffatte deroghe (intervento, questo, che sarebbe stato  di  per  se'
solo  superfluo),  ma  significativamente   aggiungendo   l'aggettivo
"stesse",  cosi'  da  riservare  soltanto  alla  medesima  legge   la
possibilita' di operare deroghe con riferimento al proprio termine di
vacatio legis e, quindi, alla propria suscettibilita' e capacita'  di
produrre effetti giuridici. 
    3.9.- In definitiva, appartenendo la fase di entrata in vigore di
una legge al procedimento legislativo, avente  disciplina  e  rilievo
costituzionale, non possono allora che confliggere con l'articolo 73,
terzo  comma,  della  Costituzione  interventi  normativi  terzi   ed
esterni, volti ad incidere sulla fase integrativa  dell'efficacia  di
una  legge,  per  contrasto  con  la  disciplina   costituzionalmente
prevista in materia e  riassumibile  nella  seguente  alternativa:  o
trova  applicazione  il  termine  quindicinale  disposto  dal  citato
articolo, oppure "la Carta costituzionale autorizza  il  legislatore,
nel  suo  potere  discrezionale,  a  disporre  diversamente  da  quel
termine" (Corte cost, sentenza n. 170 del 1983), ma soltanto ad opera
"della legge stessa" e, quindi, nell'ambito del medesimo procedimento
legislativo diretto a formare l'atto il cui  termine  di  entrata  in
vigore si vuole differenziare da quello ordinario. 
    3.10.- Ne' puo' ammettersi che un atto normativo equiparato  alla
legge  ordinaria  e  adottato  dal  Governo  stabilisca,  su   previa
delegazione delle Camere o in virtu' di  auto-assunzione  provvisoria
di potesta' legislativa, un diverso termine di entrata in  vigore  di
una legge ovvero di un altro e diverso atto normativo equiparato alla
legge ordinaria e gia' adottato dal Governo. 
    A sostegno  di  una  simile  conclusione  interpretativa,  milita
infatti il rilievo per cui - in  un  sistema  costituzionale  ove  la
regola risiede nell'esercizio collettivo della  funzione  legislativa
ad opera delle due Camere (v. art. 70 Cost) e l'eccezione  e'  invece
rappresentata dalla possibilita' per  il  Governo  di  adottare  atti
equiparati alla legge ordinaria (v. art. 77 Cost.) - quel che non  e'
consentito al Parlamento, a fortiori non sara' permesso al Governo. 
    D'altra parte, la piena equiparazione e  fungibilita'  tra  Iegge
ordinaria e atti aventi forza di legge e'  stata  in  piu'  occasioni
affermata  dalla  stessa  Corte  costituzionale,   che   ha   infatti
riconosciuto la "parificazione alle leggi formali degli  atti  aventi
forza di legge'", riconoscendo come questi  ultimi  siano  pienamente
abilitati "a incidere validamente, al pari delle leggi, nelle materie
a queste riservate" (cosi' Corte cost., sentenza  n.  184  del  1974,
punto 5 del considerato in  diritto;  ma  v.  altresi'  Corte  cost.,
sentenza n. 330 del 1996). 
    3.11.- Peraltro, giova  sul  punto  precisare  che  altra  e'  la
categoria delle cd. disposizioni transitorie, altro e' il concetto di
"entrata  in   vigore   di   una   legge":   esclusivamente   legato,
quest'ultimo,  al  periodo  di   vacatio   legis   ed   espressamente
disciplinato dall'art. 73, terzo  comma,  della  Costituzione,  quale
specifica fase dell'iter di formazione di un atto legislativo. 
    Le  cd.  disposizioni  transitorie,  piu'  in   particolare,   si
risolvono  in  norme  mediante  le  quali  e'  possibile  operare  il
differimento  dell'applicabilita'  di  una   o   piu'   disposizioni,
appartenenti  alla  medesima  o  a  diversa  legge,  ad  un   momento
successivo a quello  della  sua  entrata  in  vigore.  Esse,  quindi,
implicano e presuppongono sempre l'entrata in vigore della  legge,  o
dell'atto alla stessa equiparato, su cui sono chiamate a spiegare  la
propria incidenza, senza che cio' implichi, da  parte  delle  stesse,
alcuna   modifica   al   relativo   procedimento   di    integrazione
dell'efficacia. 
    Siffatte   disposizioni,   allora,   si   limitano   soltanto   a
circoscrivere nel tempo, in forza  della  loro  propria  ed  autonoma
vigenza, la concreta applicabilita' di disposizioni,  anch'esse  gia'
per  l'appunto  vigenti,  della  legge  ovvero  dell'atto   ad   essa
equiparato che hanno ad oggetto. 
    Ne discende, pertanto, la radicale diversita' - quanto a  natura,
struttura e funzione - delle cd.  disposizioni  transitorie  rispetto
alla  categoria  della   vigenza,   che   rappresenta   un   segmento
procedimentale all'interno del pii ampio,  ma  pur  sempre  unitario,
procedimento di formazione degli atti legislativi, la cui  disciplina
- come visto - gode di integrale e piena copertura costituzionale. 
    3.12.- Per meglio chiarire le differenze tra le citate categorie,
puo' essere utile richiamare, a titolo  esemplificativo,  la  vicenda
intertemporale che ha riguardato il decreto legislativo  29  dicembre
2017,  n.  216  (Disposizioni  in  materia  di   intercettazioni   di
conversazioni    o     comunicazioni,     in     attuazione     della
delega di cui all'articolo 1, commi 82, 83 e 84, lettere a), b),  c),
d) ed e), della legge 23 giugno 2017, n. 103),  emanato  in  data  29
dicembre 2017 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale  dell'11  gennaio
2018. 
    Non essendo previsto,  in  esso,  un  termine  di  vacatio  legis
diverso da quello disciplinato in via ordinaria dall'art.  73,  terzo
comma, della Costituzione, tale decreto e' dunque entrato  in  vigore
il  26  gennaio  2018,  ossia  decorsi  quindici  giorni  dalla   sua
pubblicazione,   per   diretto   effetto    del    citato    disposto
costituzionale. Da questa data, dunque, puo' correttamente  assumersi
come perfezionata la fase integrativa dell'efficacia di tale atto  e,
cosi', definitivamente completato il suo procedimento di formazione. 
    3.13.- Ferma, quindi, l'entrata in vigore del d.lgs.  216/2017  a
far data dal 26 gennaio 2018, si sono tuttavia susseguiti, nel tempo,
diversi e distinti atti legislativi recanti  specifiche  disposizioni
transitorie, con cui e' stata differita  nel  tempo  l'applicabilita'
dell'intera   disciplina,   in   materia   di   intercettazioni    di
conversazioni o comunicazioni, in esso prevista agli articoli  2,  3,
4, 5 e 7: si tratta, piu' in particolare, del decreto-legge 25 luglio
2018, n. 91, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, del  decreto-legge
14 giugno 2019, n. 53, del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 161  e,
da ultimo, del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28. 
    3.14.- La vicenda sin qui esposta rende piena evidenza, ad avviso
del Tribunale, della diversita' tra cd.  disposizioni  transitorie  -
nella specie costituite da quelle via via  previste  con  i  numerosi
atti legislativi, alcuni dei quali adottati anche in  via  d'urgenza,
poc'anzi menzionati - e fase finale di formazione del citato  decreto
delegato, costituita dalla sua entrata in vigore: perfezionatasi,  in
assenza di espresse disposizioni stabilite nel corpo normativa  dello
stesso d.lgs. 216/2017, per  effetto  diretto  del  disposto  di  cui
all'art. 73, comma terzo, della Costituzione, ossia decorsi  quindici
giorni dalla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. 
    Siffatta vicenda, in altri termini,  si  presta  ad  offrire  una
chiara esemplificazione della differenza tra  profilo  dell'efficacia
di una legge, che si ricollega esclusivamente al decorso del  periodo
di  vacatio  legis e profilo  della  sua  applicabilita',  che   puo'
temporalmente coincidere con il  momento  in  cui  la  legge  diviene
vigente, oppure puo' da quest'ultimo discostarsi, per effetto di  una
o piu' disposizioni transitorie, presenti nella stessa o in  altra  e
diversa legge, 
    3.15.- Cio' premesso,  appare  allora  palese  il  contrasto  con
l'art. 73, terzo comma, della Costituzione da parte  dell'articolo  6
del  decreto-legge  31  ottobre   2022,   a   162.   Come,   infatti,
plasticamente  emerge  sin  dal  titolo  del  decreto-legge  ("Misure
sergenti in materia di... entrata in vigore del  decreto  legislativo
10 ottobre 2022, a 150") e  dalla  stessa  rubrica  dell'articolo  da
ultimo  citato,  tale  disposizione  prevede  non  gia'   un'autonoma
disciplina transitoria o intertemporale, relativa all'intero  decreto
delegato ovvero ad  una  o  piu'  disposizioni  di  quest'ultimo,  ma
piuttosto un chiaro ed esplicita intervento di "modifica dell'entrata
in vigore del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150" (cosi'  la
rubrica). 
    Lo stesso testo dell'articolo 6, d'altra parte, non lascia  adito
ad  alcun   dubbio   di   sorta,   essendo   espressamente   previsto
l'inserimento, nel corpo  del  d.lgs.  150  del  2022,  del  seguente
articolo: "Art. 99-bis (Entrata in vigore). - 1. Il presente  decreto
entra in vigore i130 dicembre 2022.»". 
    3.16.- Non sara' sfuggito, peraltro, come in aggiunta alla chiara
lettera della legge vi sia un ulteriore indice  che  conforta  quanto
qui   sostenuto,   dato   dall'interpretazione   sistematica    della
disposizione oggetto di censura e, piu' in particolare,  dal  rilievo
della sedes in  cui,  entro  l'articolato  del  d.lgs.  150/2022,  il
novello articolo 99-bis viene inserito:  dopo  l'ultimo  articolo  di
tale complesso normativo, ossia nel luogo destinato  abitualmente  ad
accogliere  le  disposizioni  istituenti  deroghe   alla   previsione
costituzionale  dettata  dall'articolo   73,   terzo   comma,   della
Costituzione, in punto di entrata in vigore. 
    3.17.-  Ma  vi  e'  di  piu'.   Ad   escludere   ogni   possibile
interpretazione, quale  mera  disposizione  transitoria  "travestita"
sotto altro nome, dell'articolo in esame soccorrono proprio le stesse
relazioni, illustrativa e tecnica, al disegno di legge di conversione
del decreto-legge n. 162 del 31 ottobre 2022, presentato dal  Governo
al Senato della Repubblica (Atto Senato  n.  274),  annunciato  nella
seduta n. 5 del 3 novembre  2022  ed  assegnato  alla 2ª  Commissione
permanente (Giustizia), in sede referente, in data 10 novembre  2022.
Tali relazioni, infatti, confermano entrambe, in maniera  inequivoca,
la  volonta'  del  Governo  di  intervenire  proprio   sull'iter   di
integrazione  dell'efficacia,  costituzionalmente   presidiato,   del
d.lgs.  150/2022,  mediante  auto-assunzione  provvisoria  e  in  via
d'urgenza di potesta' legislativa. 
    Tanto si ricava, con estrema  agilita',  sia  nella  parte  della
relazione  tecnica  ove  puo'  leggersi  che  "con  l'articolo  6  si
interviene sull'entrata in  vigore  del  decreto  n.  150  del  2022,
stabilendone con l'inserimento dell'art. 99-bis, il  differimento  al
30   dicembre   2022",   riferendosi   all'iter    di    integrazione
dell'efficacia del ridetto  d.lgs.  come  "viziat[o]  dall'impellenza
determinata dall'immediatezza dell'entrata in vigore  fissata  al  1°
novembre 2022"; sia - e soprattutto -  nella  parte  della  relazione
illustrativa ove, sotto la chiara rubrica "Differimento  dell'entrata
in vigore della riforma penale", si afferma  esplicitamente  che  "la
scelta di un rinvio dell'entrata in  vigore,  piuttosto  che  di  una
applicabilita'  o  efficacia  delle  disposizioni  e'  imposta  dalla
necessita di assicurare la corretta e certa operativita' anche  delle
disposizioni transitorie contenute nel titolo VI del  citato  decreto
legislativo, che assumono proprio nell'entrata in vigore del  decreto
il punto di riferimento per l'applicazione differenziata di vecchi  e
nuovi istituti". 
    3.18.- Ed e' proprio da quest'ultimo  frammento  della  relazione
illustrativa che, con  scarse  possibilita'  di  fraintendimento,  si
ritraggono  le  maggiori  conferme  circa  il  senso   e   lo   scopo
dell'intervento  normativo  in  questione:  che  coincidono  con   la
dichiarata  volonta',  da   parte   del   Governo,   di   interferire
direttamente sulla fase finale del  procedimento  di  formazione  del
d.lgs.  150/2022,  relativa  alla  sua  integrazione  dell'efficacia,
mediante la previsione di un diverso termine  di  entrata  in  vigore
dello stesso, con  forme  e  modalita'  che  si  pongono,  pero',  in
stridente contrasto con il disposto di  cui  all'articolo  73,  terzo
comma, della Costituzione. 
    3.19.- Conclusivamente, dall'esame del titolo  del  decreto-legge
adottato in data 31 ottobre 2022, nonche' della rubrica dell'articolo
6 in esso contenuto, in uno con i testi  di  tale  articolo  e  delle
relazioni illustrativa e tecnica che ne accompagnano  il  disegno  di
legge  di  conversione  in  legge,  si'  ricava   che   il   Governo,
auto-assumendo - e cosi' esercitando - potesta'  legislativa  in  via
d'urgenza, abbia interferito nella  fase  finale  di  formazione  del
decreto legislativo 10  ottobre  2022,  n.  150,  relativa  alla  sua
entrata in vigore, in  tal  modo  contravvenendo  a  quanto  previsto
dall'articolo 73, terzo comma, della Costituzione. 
4.  Sul  contrasto  con   l'articolo   77,   secondo   comma,   della
Costituzione. 
    4.1.- Oltre al sopra esposto contrasto con l'articolo  73,  terzo
comma, della Costituzione, vi e' poi un ulteriore  vizio  formale  di
cui, ad avviso del Tribunale, e' affetta la disposizione qui  oggetto
di censura, che consiste nella  manifesta  violazione  dell'art.  77,
secondo comma, della Costituzione. 
    Si tratta, piu' in particolare,  della  palese  carenza  di  quei
presupposti di straordinaria necessita' e  urgenza  che,  secondo  il
Giudice  delle  leggi,  delimitano   "l'ambito   della   possibilita'
applicative costituzionalmente previste" della decretazione d'urgenza
(cosi'. Corte cost., sentenza n. 29  del  1995,  in  un  noto  obiter
dictum" al punto 2 del considerato in diritto); ambito, quindi, fuori
dal quale non puo' legittimamente procedersi, da parte  del  Governo,
all'adozione di provvedimenti provvisori con forza di legge. 
    4.2.- L'esercizio del potere di decretazione d'urgenza, da  parte
del Governo, e' infatti circoscritto e presidiato, nel nostro sistema
costituzionale, dai "ristretti limiti tracciati dal secondo  e  terzo
comma dell'art. 77 Costa, concepiti dal legislatore  costituente  per
interventi specifici e puntuali; resi necessari  e  improcrastinabill
dall'insorgere di «casi  straordinari  di  necessita'  e  d'urgenza)"
(Corte cost., sentenza n. 220 del 2013, punto 12.1 del considerato in
diritto). 
    La  preesistenza  di  una  situazione  di  fatto  comportante  la
necessita' e urgenza di provvedere, mediante lo strumento eccezionale
della decretazione d'urgenza, costituisce  allora  "un  requisito  di
valida costituzionale dell'adozione del predetto atto,  di  modo  che
l'eventuale evidente mancanza di  quel  presupposto  configura...  un
vizio di legittimita' costituzionale del decreto legge' (cosi' sempre
Corte cost., sentenza n. 29 del 1995, ivi). 
    4.3.- Ne' la decretazione d'urgenza puo' essere  intesa,  per  il
Governo,  quale  surrogato  dell'iniziativa  legislativa   ordinaria,
ovvero quale impropria tecnica di co-legislazione e co-decisione  tra
Governo  e  Parlamento.  L'unica   configurazione   dello   strumento
decretizio coerente con Ia Carta Costituzionale, e quindi compatibile
con la complessiva  forma  di  governo  dalla  stessa  disegnata,  e'
infatti quella che ne limita la competenza - individuandone con  cio'
i requisiti di validita' formale - alla sola necessita' di provvedere
a fronte di vicende straordinarie, ossia non prevedibili ex ante. 
    Cio' che e' straordinario, infatti, per definizione  non  e'  mai
prevedibile  ex  ante,  mentre  quel  che  e'  prevedibile  ex  ante,
all'inverso, non e' mai straordinario,  rappresentando  piuttosto  la
precondizione affinche' il decis ore politico proceda ad  adottare  -
nel tempo, per tempo  e  secondo  iter  prestabiliti,  programmati  e
pianificati- una o piu' misure normative che come tali, essendone  ex
ante  prevedibile  la  relativa  "necessita'",  non  possono   allora
ricadere  nell'alveo  dei  "casi  straordinari  di  necessita'  e  di
urgenza" di cui all'articolo 77, secondo comma, della Costituzione. 
    4.4.- Quel che e' prevedibile ex ante, in altri termini,  puo'  e
quindi deve rientrare non gia' nei ristretti e  angusti  tempi  della
decretazione urgente, ma in ben piu' ampi e dilatati spazi,  tali  da
consentire una meditata ponderazione di tutti gli interessi in gioco.
Spazi che, ove si vetta in  materia  penale,  la  Carta  fondamentale
affida e riserva  al  Parlamento,  cui  spetta  "il  monopolio  della
competenza penale", quale "organo [...] che vede riunito,  attraverso
i suoi rappresentanti, tutto il popolo sovrano" (cosi'  Corte  cost.,
sentenza n. 487 del  1989,  punto  3  del  considerato  in  diritto),
nonche' "massima espressione della rappresentanza politica" e sede in
cui la meditata ponderazione si concreta  nel  "preventivo  confronto
dialettico tra tutte le forze politiche, incluse quelle di minoranza,
e, sia pure indirettamente, con  la  pubblica  opinione"  (in  questi
termini,  Corte  cost.,  sentenza  n.  230  del  2012,  punto  7  del
considerato in diritto). 
    4.5.- E' ben vero  -  secondo  quanto  riconosciuto  dal  Giudice
costituzionale - che "non si puo' affermare, in linea  di  principio,
che i  decreti-legge  non  possano  toccare  fattispecie  e  sanzioni
penali, pena l'introduzione di un ulteriore limite "al contenuto  dei
decreti-legge, non previsto dall'art. 77 della Costituzione e che non
puo' essere desunto dal principio di  riserva  di  legge  in  materia
penale (art. 25 della Costituzione)" (cosi' Corte cost., sentenza  n.
330 del 1996, punto 3.1. del considerato in diritto). Ma e' del  pari
vero che, sempre seguendo le  indicazioni  della  Consulta,  siffatta
riserva di legge in materia penale, in astratto  osservata  anche  da
atti  aventi  forza  di  lei  e,  richiede   comunque   un   rispetto
espressamente qualificato  dalla  Consulta  come  "rigoroso  ...  dei
presupposti costituzionali ad  essi  inerenti"  (cosi'  sempre  Corte
cost., sentenza n. 330 del 1996, ivi). 
    4.6.-   Soltanto   la   necessita'   di   "provvedere    rispetto
all'imprevedibile", in definitiva, rappresenta il legittimo ambito in
cui il decreto-legge, in virtu' della sua  natura  provvedimentale  e
secondo quanto richiesto dall'art. 77 cpv. Cost., e' dunque abilitato
ad operare, pena la trasformazione della  decretazione  d'urgenza  in
decretazione governativa tout court, libera nei presupposti  e  nelle
condizioni legittimanti, con conseguente indebita  intromissione  del
Governo  in  un  ambito,  qual  e'  la  funzione  legislativa,  dalla
Costituzione  devoluto  e  riservato,  in  via  esclusiva,  al   solo
Parlamento. 
    4.7.- Collegato alla  sua  natura  provvedimentale  e',  poi,  il
requisito    dell'omogeneita'    del    decreto-legge,    che    deve
necessariamente  sussistere   "sin   dalla   sua   origine,   poiche'
l'inserimento di norme eterogenee quanto all'oggetto o alla finalita'
del decreto spezza il  legame  logico-giuridico  tra  la  valutazione
fatta dal Governo dell'urgenza del  provvedere  ed  `i  provvedimenti
provvisori confina  di  legge';  di  cui  alla  norma  costituzionale
citata» (cosi' Corte cost., sentenza n. 8 del 2022,  punto  6.1.  del
considerato in diritto). 
    4.8.- 11 riscontro del vizio da evidente mancanza dei presupposti
costituzionali di straordinaria necessita' e urgenza  passa,  allora,
innanzitutto da una verifica cicca  il  difetto  di  omogeneita'  del
decreto-legge. 
    L'inserimento .di norme eterogenee  in  un  unico  decreto-legge,
infatti,  lascia  intendere  che  quest'ultimo,  ben  piu'   che   un
necessitato mezzo adoperato per far fronte ad imprevedibili e percio'
straordinarie  situazioni  di  necessita'  e   urgenza,   rappresenti
piuttosto uno  strumento  utilizzato  dal  Governo  per  disciplinare
situazioni prevedibili e -  in  ipotesi  -  financo  gia'  ampiamente
previste, mediante misure normative la cui adozione, per il  grado  e
livello dalle  stesse  ricoperto  nella  gerarchia  delle  fonti,  e'
demandata  e  attribuita,  da  parte  della  Costituzione,  al   solo
Parlamento. 
    4.9.-  Verificata  la  presenza  di   norme   eterogenee   quanto
all'oggetto o alla finalita' del decreto, occorrera' ancora  valutare
se il  decreto-legge  e,  "ancorche'  articolato  e  dffirenziato  al
proprio interno, appa[ia] fornito di  una  sua  intrinseca  coerenzd'
(cosi' Corte cost., sentenza  n.  244  del  2016,  punto  3.2.2.  del
considerato in diritto), .itraibile "o dal punto di vista oggettivo e
materiale, o dal punto di  vista  funzionale  e  finalistico"  (cosi'
sempre Corte cost., sentenza n. 8 del 2022, ivi). 
    In presenza di decreti-legge cd. omnibus o ad oggetto  plurimo  -
che contengono,  cioe',  disposizioni  vertenti  su  piu'  oggetti  o
materie e che sono quindi  destinati  a  regolare  ambiti  e  settori
diversi - l'urgente necessita' del provvedere, piu'  in  particolare,
potra'  ricavarsi  "o  dalla  natura   unitaria   delle   fattispecie
disciplinate, ovvero  dall'intento  di  fronteggiare  una  situazione
straordinaria  complessa  e  variegata,   che   richiede   interventi
oggettivamente eterogenei, in quanto afferenti a materie diverse,  ma
indirizzati tutti all'unico scopo di approntare urgentemente rimedi a
tale situazione" (cosi' ancora Corte cost., sentenza n. 8  del  2022,
ivi). 
    4.10.-  Secondo  l'orientamento   del   Giudice   costituzionale,
peraltro,  lo   scrutinio   di   conformita'   a   Costituzione   del
decreto-legge,   in   tali   casi,    si    concentra    e    risiede
nell'individuazione  della   matrice   unitaria   del   provvedimento
decretizio, corrispondente all'unitaria finalizzazione delle norme in
esso raccolte e,  quindi,  alla  complessiva  ragione  giustificativa
dello stesso ovvero  alla  "ratio  dominante  l'intervento  normativo
d'urgenza" (cosi' sempre Corte cost., sentenza n. 8 del 2022, ivi). 
    Il difetto di una matrice unitaria, in  grado  di  raccordare  le
eterogenee norme contenute all'interno di un medesimo  decreto-legge,
rappresenta  allora  l'inequivoco  segno  dell'evidente  carenza  dei
presupposti di straordinaria necessita' e urgenza di  ciascuna  delle
norme raccolte nel medesimo; ove sia  invece  rinvenibile  una  ratio
dominante l'intervento normativo d'urgenza, potra' dirsi adottata  in
evidente  carenza  dei  presupposti  di  straordinaria  necessita'  e
urgenza quella disposizione che risulti incongrua  e  non  pertinente
con la ratio giustificativa dell'intero decreto-legge, tanto da farla
apparire  "come  'totalmente  estranea'»  o  addirittura   «intrusa»,
analogamente a quanto avviene con riguardo alle norme aggiunte  dalla
legge di conversione" (cosi' Corte cost., sentenza n. 213  del  2021,
punto 9.1. del considerato in diritto). 
    4.11.-  In  ipotesi  di   decreto-legge   ad   oggetto   plurimo,
conclusivamente, si pongono in contrasto con l'articolo  77,  secondo
comma, della Costituzione - e devono pertanto ritenersi illegittime -
le disposizioni che si collocano ai di fuori del ristretto  perimetro
che circoscrive l'urgente necessita' del provvedere, definito in base
alla  ragione  giustificativa  dell'intero   decreto   e   alla   sua
complessiva ratio ed unitaria finalita'. 
    4.12.- II potere di normazione primaria, in definitiva, trova una
puntuale  e  precisa  ripartizione  tra  organo  Esecutivo  e  organo
Legislativo  in  base  alla  regola   dell'urgente   necessita'   del
provvedere,  scolpita  dall'articolo   77,   secondo   comma,   della
Costituzione;  ove  si   scavalchi   e   oltrepassi   tale   precetto
fondamentale  si  produce  e  determina,  pertanto,  un'inammissibile
alterazione  della   forma   di   governo   disegnata   dalla   Carta
costituzionale. 
    4.13.- Da ultimo, vertendo  la  questione  qui  proposta  su  una
disposizione incidente nella materia  penale  (producendo,  peraltro,
effetti ultrattivi in malam partem: sul punto, v.  piu'  diffusamente
paragrafo 5), e' utile precisare come la "verifica sull'esercizio  da
parte del Governo della funzione legislativa" 
    - sia esso avvenuto su delegazione delle  Camere  oppure  in  via
d'urgenza, come nel caso di specie 
    - costituisce un fondamentale "strumento di garanzia del rispetto
del principio della riserva  di  legge  in  materia  penale,  sancito
dall'art. 25, secondo comma, Cost.' (cosi' Corte cost., sentenza n. 5
del 2014, punto 5.2. del considerato in  diritto),  siffatta  riserva
venendo si' "osservata anche da  atti  aventi  forza  di  legge",  ma
"purche' nel rigoroso rispetto dei presupposti costituzionali ad essi
inermi?' (cosi' Corte cost., sentenza n. 330 del 1996, punto 3.1. del
considerato in diritto). 
    4.14.-  Tanto   premesso,   non   puo'   allora   che   ritenersi
manifestamente carente,  nel  disposto  di  cui  all'articolo  6  del
decreto-legge 162 del 2022, quell'urgente  necessita'  di  provvedere
che, unica  e  sola,  puo'  legittimare  l'esercizio  della  funzione
legislativa da parte del Governo,  in  deroga  all'ordinario  disegno
costituzionale, che la  vuole  riservata  e  attribuita  soltanto  al
Parlamento. A riprova di cio',  infatti,  emergono  tanto  la  palese
eterogeneita' delle norme raccolte nel decreto-legge 31 ottobre 2022,
n. 162,  quanto  -  e  soprattutto  -  l'assoluta  impossibilita'  di
individuare  una   complessiva   ratio   ed   un'unitaria   finalita'
dell'intero provvedimento decretizio, che sia in grado di abbracciare
tutte le eterogenee  norme  in  esso  raccolte,  tra  le  stesse  non
ravvisandosi   alcuna   coerenza,   ne'   dal    punto    di    vista
oggettivo-materiale, ne' dal punto di vista finalistico-funzionale. 
    4.15.- Si deve, in proposito, rilevare come il  detreto-legge  31
ottobre 2022, n. 162 abbia in effetti accorpato, al proprio  interno,
una  pluralita'  di  norme  tra  loro   ictu   oculi   manifestamente
eterogenee, anzitutto dal punto di vista oggettivo-materiale. 
    4.15.1.- Il provvedimento in esame, infatti,  nell'arco  di  soli
sette articoli interviene con  quattro  distinti  interventi  in  due
ambiti e settori  tra  loro  affatto  distanti  ossia  nelle  materie
"ordinamento penale" (v. articoli 1, 2, 3, 4, 5 e  6)  e  "profilassi
internazionale/ tutela della salute/protezione civile"  (v.  articolo
7),  per  riprendere  la  tipologia  classificatoria  operata   dalla
Costituzione all'articolo  117,  secondo  comma,  lettere  l)  e  q),
nonche' terzo comma (ricadendo, peraltro, le misure adottate per  far
fronte ad un'emergenza sanitaria in materia connotata dall'avocazione
in  sussidiarieta'  allo   Stato   di   funzioni   amministrative   e
legislative, attesi i preminenti aspetti di profilassi internazionale
alle stesse ricollegati; cosi' Tar Calabria, sentenza n.  841  del  9
maggio 2020, punto 18.2). 
    4.15.2- Quanto al profilo oggettivo-materiale, pertanto,  non  vi
e' dubbio alcuno che l'intervento  normativo  in  questione  non  sia
affatto riconducibile ad  una  matrice  unitaria:  altro  e'  infatti
intervenire  in  materia  di  profilassi  sanitaria,   di   emergenza
pandemica  e  di  tutela  della  salute  pubblica,  altro  e'  invece
provvedere  in  materia  penale,  incidendo  cosi'  sui  fondamentali
diritti di liberta' delle persone. 
    4.16.- D'altra parte, nel citato  decreto-legge  si  possono  poi
riscontrare,  in  maniera  piuttosto  agevole,  direttrici  e   linee
d'intervento non soltanto tra loro eterogenee,  ma  per  certi  versi
financo opposte e divergenti (v. piu'  in  particolare  infra,  punto
4.19. del presente paragrafo), cosi'  ulteriormente  approfondendosi,
anche da punto  di  vista  teleologico  finalistico,  la  gia'  ampia
distanza riscontrabile dal punto di vista oggettivo-materiale tra  le
varie norme inscritte nei citato provvedimento. 
    4.16.1.  -  Da  un  lato,  infatti,  vi  sono  articoli  che  non
introducono nuove discipline, ma si limitano piuttosto a disporre  la
cessazione degli effetti di disposizioni appartenenti a diversi  atti
legislativi gia' vigenti oppure ad impedire l'entrata in vigore di un
atto legislativo gia'  formato,  ma  tuttavia  ancora  in  attesa  di
completare il relativo iter d'integrazione dell'efficacia. 
    Appartengono a questa prima categoria, per un  verso,  le  misure
disposte  con  l'articolo  7  del  citato  decreto,  che  determinano
l'anticipata cessazione degli effetti di alcune di misure in  materia
di  profilassi  sanitaria  (quali  l'obbligo  di  vaccinazione   anti
SARS-CoV-2 per gli esercenti professioni sanitarie), introdotte il 1°
aprile 2021 con la finalita'  di  garantite  adeguate  condizioni  di
sicurezza nell'erogazione delle  prestazioni  di  cura  e  assistenza
dagli svolte da parte degli esercenti medesimi e degli  operatori  di
interesse sanitario che svolgano la loro  attivita'  nelle  strutture
pubbliche, private o in studi  professionali;  per  altro  verso,  la
misura disposta con l'articolo 6 qui  censurato,  che  stabilisce  un
(nuovo)  termine   di   entrata   in   vigore   di   una   complessa,
particolarmente ampia, articolata ed organica riforma della giustizia
penale, qual e' quella inscritta nel d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150. 
    4.16.2.-  Dall'altro  lato,  invece,   vi   sono   articoli   che
introducono  nuove   discipline,   anche   piuttosto   articolate   e
dettagliate. 
    Appartengono a  questa  seconda  categoria,  per  un  verso,  gli
articoli da 1 a 4 del citato  decreto,  con  cui  si  predispone  una
dettagliata disciplina in materia di reati cd.  ostativi,  allargando
il perimetro dell'ostativita' (v. l'articolo 4, lettera a, numero  1)
e al contempo definendo i presupposti per  l'ammissione  ai  benefici
penitenziari  esterni   (dal   permesso   premio   alla   liberazione
condizionale),  in  assenza  di  collaborazione;  per  altra   verso,
l'articolo  5,  con  il  quale  si  estende  l'area  del   penalmente
rilevante, mediante l'istituzione di una nuova figura di  reato  che,
sotto minaccia di reclusione da tre a sei anni, proibisce le riunioni
organizzate ("raduni'),  cui  partecipi  un  numero  di  persone  non
inferiore a cinquanta, connotate da condotte di invasione o  ingresso
in  terreni  ed  edifici  pubblici  o  privati  e  alle  quali  siano
ricollegati,   disgiuntamente,   rischi   per   l'ordine    pubblico,
l'incolumita' pubblica o la salute pubblica  (aspetto,  quest'ultimo,
cui  peraltro  si  appunta  quel  maggior  disvalore  tradotto  nella
previsione di un minimo edittale di pena  pari  al  triplo,  rispetto
alla vicina ipotesi di cui all'articolo 633 del codice penale,  e  di
un  massimo  pari  al  doppio);   e   con   il   quale   si   prevede
l'applicabilita' della misura della sorveglianza speciale di pubblica
sicurezza nei confronti di quanti siano indiziati della nuova  figura
di reato. 
    4.17.- Sotto altro aspetto, e' facile rilevare, ancora, come  nel
citato decreto si fronteggino misure tipologicamente  assai  distanti
le une rispetto alle altre: tre dei quattro interventi  normativi  in
esso  previsti  -  quali  l'introduzione  di  un  nuovo  delitto,  la
disciplina dei benefici penitenziari in materia di ergastolo ostativo
e l'anticipata cessazione dell'obbligo vaccinale  per  gli  esercenti
professioni  sanitarie  -  sono   infatti   di   natura   apertamente
strutturale e/o definitiva; mentre il quatto ed ultimo  intervento  -
l'introduzione di un (nuovo) termine  per  l'entrata  in  vigore  del
d.lgs. 10 ottobre  2022,  n.  150  -  assume  natura  dichiaratamente
temporanea. 
    4.18.-  Ma  la  palese  eterogeneita'  delle  norme  incluse  nel
decreto-legge in esame si coglie, soprattutto,  dal  punto  di  vista
finalistico-funzionale, in nessun  caso  potendosi  sostenere  che  i
quattro interventi normativi sopra gia' enumerati siano riconducibili
ad un'unica "traiettoria finalistica portante"  (cosi'  Corte  cost.,
sentenza n. 8 del 2022, punto 6.2. del considerato in  diritto),  ne'
che gli stessi possano ritenersi in rapporto, tra loro, di congruenza
funzionale. 
    In altri termini, nel citato provvedimento provvisorio con  forza
di legge non e' dato rinvenire alcuna unitaria  finalizzazione  delle
eterogenee norme in esso raccolte, ne' puo' individuarsi una  vera  e
propria omogeneita' di scopo, cosi' risultandone l'adozione, da parte
del Governo, costituzionalmente illegittima. 
    4.18.1- I quattro indicati  interventi  normativi,  innanzitutto,
non  appaiono  infatti  tra  loro  legati  dall'unitario  intento  di
fronteggiare  un'unica  situazione  straordinariamente  complessa   e
variegata,  ne'  possono  dirsi  indirizzati   all'unico   scopo   di
approntare urgentemente rimedi per far fronte  a  siffatta,  unitaria
situazione.  Di  contro,  proprio  dall'esame   del   preambolo   del
decreto-legge, nonche' delle  relazioni  tecnica  e  illustrativa  di
accompagnamento al relativo d.d.l. di conversione in legge,  si  trae
la convinzione che siffatti interventi  siano  privi,  tra  loro,  di
qualsiasi legame finalistico e teleologico, tanto da essere ognuno di
essi assistito da  una  propria,  autonoma  e  sempre  diversa  ratio
giustificativa,  ciascuna  delle  quali  non  appare  in  alcun  modo
conciliabile o compatibile con le altre. 
    4.18.2.- Gia' il preambolo del citato decreto-legge fornisce,  in
questo senso, chiare  ed  esplicite  indicazioni,  la'  dove  prevede
diverse e tra loro concettualmente distinte  ragioni  giustificative,
ciascuna  indicata  come  fondamento   dell'urgente   necessita'   di
provvedere rispetto ai quattro, gia' citati, interventi normativi con
esso disposti. 
    In relazione all'intervento in materia di ergastolo  ostativo,  e
di connessa disciplina dei benefici penitenziari esterni, si  evocano
infatti i "moniti rivolti dalla Corte costituzionale  al  legislatore
per l'adozione di una nuova regolamentazione dell'istituto alfine  di
ricondurla  a  conformita'  con  la  Costituzione"  e,   soprattutto,
"l'imminenza della data dell'8 novembre  2022,  fissata  dalla  Corte
costituzionale per adottare la propria  decisione  in  assenza  di un
intervento del legislatore". 
    Circa il differimento dell'entrata in vigore  dell'intero  d.lgs.
10 ottobre 2022 n. 150, si invoca invece la necessita' di "consentire
una piu' razionale programmazione degli interventi  organizzativi  di
supporto alla riforma". 
    A fronte dell'intervento volto ad ampliare l'area del  penalmente
proibito, mediante l'introduzione di una  nuova  figura  di  delitto,
peraltro affiancata da una misura di prevenzione speciale, si  adduce
poi la necessita' di "preven[ire] e contrast[are] [i]l  fenomeno  dei
raduni dai quali possa derivare un pericolo per l'ordine  pubblico  o
la pubblica incolumita' o la salute pubblica". 
    Da  ultimo,  riguardo  l'intervento  in  materia  di   anticipata
cessazione degli effetti di alcune misure in  materia  di  profilassi
sanitaria, quali l'obbligo di vaccinazione anti  SARS-CoV-2  per  gli
esercenti professioni sanitarie, si avanzano le necessita'.  di  "far
fronte alla  preoccupante  carenza  degli  esercenti  le  professioni
sanitarie...  mediante   il   reintegro   del   personale   sanitario
nell'esercizio delle relative funzioni" e, ad un tempo, di "riavviare
un  progressivo  ritorno  alla  normalita'  nell'attuale  fase   post
pandemica" 
    4.18.3.- Le  ragioni  giustificative  di  ciascuno  dei  predetti
interventi, rese ben evidenti da parte  del  legislatore  governativo
nel preambolo del decreto-legge, sono  all'evidenza  tra  loro  tutte
distanti, dal punto di vista finalistico e funzionale. 
    Con esse, infatti, si spazia dalla necessita' di  reintegrare  il
personale  medico  nelle  strutture  ospedaliere,  all'obiettivo   di
prevenire e reprimere le  riunioni  organizzate  ("raduni')  ritenute
pericolose per l'ordine pubblico, la pubblica incolumita' o la salute
pubblica, perseguito tramite l'introduzione di un'apposita figura  di
reato, in uno con la prevista applicazione di misure di  prevenzione,
per coloro che di tale reato siano  indiziati;  dalla  necessita'  di
approntare interventi organizzativi di supporto  alla  riforma  della
giustizia    penale,    a     quella     di     impedire     pronunce
d'incostituzionalita', gia' peraltro accertata da parte  della  Corte
costituzionale  con  l'ordinanza  n.  97  del  2021,  in  materia  di
ergastolo ostativo. 
    4.18.4.- Ne' l'utilizzazione dello strumento decretizio, come  in
piu' occasioni confermato dallo stesso Giudice  costituzionale,  puo'
essere certo sostenuta "dall'apodittica  enunciazione  dell'esistenza
delle ragioni di necessita' e  di  urgenza"  nel  relativo  preambolo
(cosi' Corte cost., sentenza n. 171 del 2007, punto 6 del considerato
in diritto) ovvero  dalla  mera  ed  "apodittica  enunciazione  della
sussistenza dei richiamati presupposti" (cosi' Corte Cost.,  sentenza
n. 128 del 2008, punto 8.2 del considerato in  diritto),  cosi'  come
essa non puo'  parimenti  "esaurirsi  nella  eventuale  constatazione
della ragionevolezza della disciplina" (cosi' Corte  cost.,  sentenza
n. 128 del 2008, ivi). 
    Di talche', sotto tale profilo, Le  predette,  singole  e  sempre
diverse ragioni giustificative, evocate in relazione  ad  ognuno  dei
quattro interventi normativi piu' volte enumerati, non sono di per se
stesse in grado di fondare,  ciascuna  con  riferimento  al  relativo
intervento, la legittimita' costituzionale degli  stessi,  stante  la
carente assenza di un'unitaria matrice che tutti li leghi e raccolga,
onde cosi' comprovate l'effettiva sussistenza dell'urgente necessita'
di provvedere mediante decreto-legge. 
    4.18.5.- E' chiaro, allora, come gia' nella stessa mens legis non
si riscontri affatto quella reductio ad unum  di  una  pluralita'  di
distinti  interventi,  intesi  come  nel  loro  complesso   volti   a
fronteggiare  un'unica  situazione  connotata  dal  carattere   della
straordinarieta'  e,  per  tale  motivo,  in  grado  di   legittimare
l'urgente necessita', da parte del Governo, di provvedere mediante un
atto  equiparato  alla  legge,  in   deroga   all'ordinario   disegno
costituzionale. 
    Non v'e' infatti nessun collegamento funzionale, neppure labile o
remoto, tra una misura qual e' quella che dispone, per gli  esercenti
professioni  sanitarie,  l'anticipata  cessazione   dell'obbligo   di
vaccinazione anti SARS-CoV-2 e un'altra che statuisce il differimento
dell'entrata in vigore di un'articolata  ed  organica  riforma  della
giustizia penale; cosi'  come  non  v'e'  nessun  apprezzabile  nesso
finalistico tra una misura  volta  ad  istituire  un  nuovo  reato  e
un'altra diretta ad introdurre una disciplina in materia di  benefici
penitenziari concedibili a persone ristrette o  internate  per  reati
cd. ostativi, se non quello rappresentato dalla  comune  appartenenza
di tali interventi all'identica materia "penal-punitiva",  come  tale
tuttavia assolutamente inidonea ad  istituire  quella  finalistica  e
funzionale reductio ad unum, di cui si e' piu' volte trattato. 
    4.18.6.- La lettura delle relazioni tecnica  e  illustrativa  che
accompagnano il d.d.l. di conversione in  legge  del  d.l.  162/2022,
d'altro canto, conferma e conforta in via integrale  quanto  sin  qui
esposto ed argomentato, in punto di eterogenea frammentarieta'  delle
rationes    fondanti    i    singoli    interventi,    normativi    e
all'impossibilita' di ricondurli ad unita'. 
    La ratio dell'intervento in materia  di  ergastolo  ostativo,  ad
esempio, viene individuata dal Governo nella necessita' di "adempiere
al monito della Corte costituzionale".  Un  monito  che  tuttavia  la
Corte  costituzionale,  per  ben  due  volte,   aveva   espressamente
riservato e rivolto al solo "Parlamento": dapprima con l'ordinanza n.
97 del 2021, con cui sono stati disposti "il rinvio del  giudizio  in
corso" e la fissazione di "una nuova discussione delle  questioni  di
legittimita' costituzionale in esame all'udienza del 10 maggio  2022,
dando al Parlamento un congruo tempo per affrontare la  materia"  (v.
punto 11 del considerato in diritto); poi con l'ordinanza n. 122  del
2022, con cui e' stato disposto "un ulteriore rinvio dell'udienza per
consentire al Parlamento di completare  i  propri  lavori',  relativi
all'iter del disegno di legge C. 1951-A, in materia  di  "divieto  di
concessione dei benefici penitenziari nei confronti  dei  detenuti  o
internati che non collaborano con la giustizia", a quella data (il 13
maggio 2022) all'esame della 2ª  Commissione  permanente  del  Senato
(Giustizia), a seguito della gia' intervenuta approvazione  da  parte
della Camera dei Deputati. Decorso inutilmente il  periodo  di  tempo
assegnato  al  Parlamento  dal  Giudice  delle  leggi,  pari  a   ben
cinquecentosessantaquattro  giorni,  il  Governo  e'  stato  tuttavia
dell'avviso, pur a fronte  delle  chiare  indicazioni  fornite  dalla
Consulta, di ritenere che "solo un intervento  di  urgenza  p[otesse]
cui  consentire  di  adempiere  al  monito   della   Corte",   atteso
l'imminente approssimarsi dell'udienza pubblica dell'8 novembre 2022,
in cui  la  Corte  costituzionale  avrebbe  dato  seguito  alla  gia'
accertata incostituzionalita' dell'ergastolo ostativo  (v.  ordinanza
n. 97 del 2021), in quella sede procedendo a rimuovere  concretamente
dall'ordinamento quel che con esso era gia' stato  dichiarato  essere
non compatibile. 
    All'introduzione della nuova  figura  di  reato  "in  materia  di
occupazioni abusive e organizzazione di raduni  illegali"  e'  invece
ricollegata la diversa finalita' di "introdurre alcune misure volte a
rafforzare il sistema di prevenzione e  contrasto  del  fenomeno  dei
grandi  raduni  musicali,  organizzati  clandestinamente  (Cd.   rave
party)". 
    L'urgente necessita' di  "garantire  l'effettivita'  del  diritto
alla salute sancito dall'articolo 32  della  Costituzione",  mediante
"il reintegro del personale sanitario nell'esercizio  delle  relative
funzioni' e in tal modo "contrastare la grave  carenza  di  personale
sanitario  che  si  registra  sul  territorio"  e'  invece   l'ancora
differente giustificazione che il Governo evoca a base  della  scelta
di anticipare, per gli esercenti professioni sanitarie, la cessazione
dell'obbligo di vaccinazione anzi SARS-CoV-2. 
    Il "differimento dell'entrata in vigore della riforma penale"  di
cui al d.lgs. 150/2022 trova, da ultimo, la sua ratio giustificativa,
ulteriormente distinta e  diversa  dalle  altre,  nella  "riscontrata
necessita' di approntare misure attuatine  adeguate  a  garantire  un
ottimale impatto della riforma sull'organizzazione degli uffici" 
    4.18.7.- Anche l'epigrafe del decreto-legge, d'altra  parte,  la'
dove reca l'intestazione "Misure urgenti in  materia  di  divieto  di
concessione dei benefici penitenziari nei confronti  da'  detenuti  o
internati che non collaborano con la giustizia, nonche' in materia di
entrata in vigore del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, di
obblighi di vaccinazione anti SARS-COV-2 e di prevenzione e contrasto
dei raduni illegali', contribuisce poi a  restituire,  plasticamente,
il quadro di tale frammentata  pluralita'  di,  interventi,  che  non
trovano alcuno scopo in grado di accomunarli tutti,  ne'  una  comune
natio che li possa avere ispirati. 
    Sotto il profilo teleologico-funzionale, non e' infatti possibile
conciliare un intervento volto a far cessare anticipatamente, per gli
esercenti sanitari, l'obbligo di vaccinazione  arti  SARS-CoV-2,  con
uno diretto invece a proibire e reprimere, sotto minaccia penale,  le
riunioni organizzate ("raduni") partecipate da un rilevante numero di
persone e giudicate pericolose per l'ordine pubblico o  la  sicurezza
pubblica; l'uno, infatti, e'  dichiaratamente  volto  a  tutelare  il
diritto alla salute e, piu' in generale,  deve  essere  coerentemente
inscritto all'interno della piu' ampia e vasta area di  interventi  -
per vero tuttavia assenti nel testo del decreto-legge 162/2022  -  in
materia di  gestione  e  fronteggiamento  di  un'emergenza  sanitaria
connessa a malattie infettive e diffusive; l'altro, invece, nulla  ha
a  che  vedere  con  la  gestione  dell'emergenza  sanitaria  ma  e',
piuttosto, espressione e frutto di autonome valutazioni in materia di
politica criminale, come tali irriducibili ad unita'  funzionale  con
la materia degli obblighi vaccinali. 
    4.19.- A partire dal testo del provvedimento e  dall'esame  delle
relazioni tecnica e illustrativa che ne  accompagnano  il  d.d.l.  di
conversione in legge, ad avviso del Tribunale  e'  inoltre  possibile
cogliere una netta cesura e divergenza tra interventi che ampliano ed
estendono la sfera giuridica di alcune classi di persone,  quali  gli
esercenti professioni sanitarie,  eliminando  obblighi  sugli  stessi
gia'  gravanti  (v.  obbligo  di  effettuare  la  vaccinazione   anti
SARS-CoV-2), ed  interventi  che  invece  piu'  o  meno  direttamente
comprimono e restringono  la  sfera  giuridica  di  altre  classi  di
persone, introducendo  nuovi  divieti  e  proibizioni  (quali  quelli
implicati dalla nuova fattispecie di cui  all'articolo  434-bis  cod.
pen.), ovvero precludendo l'espansione di una sfera  gia'  ristretta,
pur se gia' prevista, quale effetto di altre disposizioni  normative,
di cui si inibisce infatti l'entrata in vigore. 
    4.20.- E', quest'ultimo, proprio  il  caso  dell'articolo  6  qui
oggetto di censura, che stabilendo  un  (nuovo)  termine  di  entrata
all'intero d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150,  impedisce  alle  numerose
norme penali piu' favorevoli in esso contenute di  spiegare  la  loro
efficacia in mitius sin dal 1° novembre 2022. 
    In proposito, non pare  peraltro  potersi  assumere  come  evento
straordinario, come tale imprevedibile, l'entrata  in  vigore  al  1°
novembre 2022 del d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 150. 
    4.21.- Ne' e' d'altro canto possibile includere, nell'alveo delle
possibilita' applicative della decretazione  d'urgenza,  fatti  quali
gli intervenuti mutamenti nella  composizione  personale  dell'organo
Esecutivo o nell'indirizzo politico  espresso  da  quest'ultimo,  che
come tali esulano del tutto dal requisito dell'urgente necessita' del
provvedere,  dovendo  lo  strumento  decretizio  restare  pur  sempre
ancorato alla sola urgente necessita' di fronteggiare una  situazione
imprevedibile e, come tale, straordinaria. 
    Da questo punto di vista, e' forse utile rammentare come  il  pur
"largo margine di elasticita'" che - secondo il costante orientamento
del Giudice costituzionale (v. sentenze n. 8 del 2022, 5 del 2018, n.
93 del 2011  e  n.  171  del  2007)  -  connota  l'espressione  usata
dall'articolo 77 della Costituzione "per indicare i presupposti della
decretazione d'urgenza, onde consentire al Governo di  apprezzare  la
loro esistenza con riguardo a una pluralita'  di  situazioni  per  le
quali non sono configurabili rigidi parametri'  (cosi'  Corte  cost.,
sentenza n. 8 del 2022, punto 6.1 del considerato in  diritto),  deve
pur sempre e comunque  ruotare  intorno  alla  "straordinarieta'  del
caso", cui infatti si ricollega "la necessita' di dettare con urgenza
una  disciplina  in  proposito",  che  "puo'  essere  dovuta  ad  una
pluralita' di situazioni  (eventi  naturali,  comportamenti  umani  e
anche atti e provvedimenti di  pubblici  poteri)  in  relazione  alle
quali non sono configurabili  rigidi  parametri,  valevoli  per  ogni
ipotesi' (cosi'. Corte cost., sentenza n. 171 del 2007, punto  4  del
considerato in diritto). 
    Cio' posto, e'  allora  chiaro  come  il  pur  largo  margine  di
elasticita' riconosciuto al Governo  nell'individuare  le  situazioni
che impongono, in funzione della straordinarieta' del caso  che  alle
stesse  si  lega,  l'urgente  necessita'  di  provvedere,  non  possa
dilatarsi  a  tal  punto  da  farvi  rientrare  eventuali   mutamenti
nell'indirizzo politico espresso dall' organo Esecutivo  (su  cui  v.
art. 95 Cost.), pena  un'inammissibile  alterazione  della  forma  di
governo disegnata  dalla  Carta  costituzionale,  che  attribuisce  e
riserva esclusivamente al Parlamento la funzione legislativa. 
    4.22.-  Conclusivamente,  l'esame  del  testo  del  decreto-legge
adottato in data 31 ottobre 2022,  nonche'  degli  articoli  in  esso
contenuti, in uno con le relazioni  illustrativa  e  tecnica  che  ne
accompagnano il disegno di legge di conversione in legge, conforta  e
conferma la presenza di norme a tal punto tra loro eterogenee, quanto
ad oggetto e finalita', da non potersi  ricavare  una  finalizzazione
unitaria delle stesse, ne' una complessiva ratio che  giustifichi  Ia
valutazione fatta dal  Governo  dell'urgenza  del  provvedere,  cosi'
risultando violata Ia previsione  di  cui  all'articolo  77,  secondo
comma, della Costituzione. 
5. Sul contrasto con  gli  articoli  3  e  117,  primo  commi,  della
Costituzione. 
    5.1.- La disposizione normativa qui  censurata,  da  ultimo,  non
appare neppure in grado  di  superare  il  vaglio  di  ragionevolezza
intrinseca  imposto   dall'articolo   3   della   Costituzione,   non
rinvenendosi  alcuna   sufficiente   ragione   giustificativa   nella
necessita' di  stabilire,  peraltro  in  via  d'urgenza,  un  (nuovo)
termine di vacatio legis relativo all'intero d.lgs. 10  ottobre  2022
n.  150,  che  tra  i  suoi  effetti  annoveri  quello  di   impedire
l'applicazione, sin  dal  1°  novembre  2022,  delle  modifiche  piu'
favorevoli al reo previste dal decreto da ultimo citato, in tal  modo
consentendo  un'ultrattiva  applicazione  in   malem   partem   della
precedente disciplina. 
    5.2.- Sotto tale profilo, deve evidenziarsi che il  principio  di
non ultrattivita' delle norme  penali  piu'  s  favorevoli,  pur  non
avendo la stessa tutela  costituzionale  accordata  al  principio  di
irretroattivita' delle  norme  incriminatrici  meno  severe,  non  e'
affatto privo di copertura costituzionale. Esso,  infatti,  non  puo'
che  mutuare  le  basi  e  i  fondamenti  costituzionali  propri  del
principio di retroattivita' delle norme penali piu'  favorevoli,  del
quale rappresenta un diretto  corollario,  in  ragione  dell'evidente
specularita' dell'uno rispetto all'altro. 
    5.3.- Il principio di retroattivita' della lex mitior in  materia
penale - sancito dai commi secondo, terzo e  quarto  dell'articolo  2
del codice penale - non e' d'altra parte riconducibile "alla sfera di
tutela dell'art. 25 della Costituzione" (in questo senso, da  ultimo,
v. Corte cost., sentenza n. 198 del 2022, punto 7 del considerato  in
diritto). Tuttavia, la  regola  dell'applicazione  retroattiva  delle
disposizioni penali piu' favorevoli  al  reo  "non  e'  priva  di  un
fondamento  costituzionale"  (in  questi  termini,  v.  Corte  cost.,
sentenza 215 del 2008, punto  7  del  considerato  in  diritto),  pur
avendo  -  come   detto   -   un   "rango   diverso   dal   principio
d'irretroattivita' della norma incriminatrice, di  cui  all'art.  25,
secondo comma, della Costituzione" (ibidem). 
    5.4.-  Tale  fondamento,  come  noto,  ha  origine  eminentemente
sovranazionale e, nel  nostro  ordinamento,  trova  ingresso  per  il
tramite dell'articolo 117, primo comma, della Costituzione. 
    5.4.1.- Tra le norme veicolate mediante il citato articolo 117 vi
sono,  innanzitutto,  l'articolo   15,   primo   comma,   del   Patto
internazionale relativo ai diritti civili e politici  (v.  sul  punto
Corte cost., sentenze a 238 del 2020, n. 63 del 2019  e  n.  236  del
2011) e l'articolo 7,  primo  paragrafo,  della  Convenzione  per  la
salvaguardia dei diritti  dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali
(CEDU), cosi' come  interpretato  dalla  giurisprudenza  della  Corte
europea dei diritti dell'uomo (Grand Chamber, case of  . v. Italy, n.
10249/03, §§ 108-109; decision . et autres c. Italie, 27 aprile 2010;
affaire . et autres c. Italie, 7 juin 2011, § 80; case of Mihai  Toma
v.  Romania,  n.  1051/06,  55  26-31;  affaire  Gouarre'  Patte   v.
Andorre, n. 33427/10,  §§  28-36;  care  of  Rubali  v.  Ukraine,  n.
8927/11, §§ 37-40). 
    5.4.2.-  Accanto  a  tali  norme  internazionali,  vi  e'  infine
l'articolo 49, paragrafo 1, terza  frase,  della  Carta  dei  Diritti
Fondamentali dell'Unione Europea ("... non puo' essere  inflitta  una
pena piu' grave di quella applicabile al momento in cui il  reato  e'
stato commesso. Se, successivamente alla commissione  del  reato,  la
legge prevede l'applicazione di una pena piu' liete occorre applicare
quest'ultima..."), che peraltro assume rilievo non  soltanto  ex  art
117, primo comma, Cost., ma anche ai  sensi  dell'articolo  11  della
Costituzione. 
    Non ricadendo, tuttavia, la disciplina qui censurata  nell'ambito
di  applicazione  del  diritto  dell'Unione  europea  -   "cio'   che
condiziona  in  via  generale,   ai   sensi   dell'art.   51   CDFUE,
l'operativita' dei diritti riconosciuti dalla Carta, e di  consguenza
la stessa possibilita' di invocarli quali  parametri  interposti  nel
giudizio incidentale di  legittimita'  costituzionale"  (cosi'  Corte
cost, sentenza n. 28  del  2022,  punto  4.2.3.  del  considerato  in
diritto)  -  tale  articolo  della  Carta  dei  Diritti  Fondamentali
dell'Unione  Europea   non   appare   invocatile,   quale   parametro
interposto,    nell'ambito    della     presente     questione     di
costituzionalita', seppur lo  stesso  contribuisca,  quale  strumento
ermeneutico,  a  restituire  l'articolata  e  complessiva  dimensione
sovranazionale del principio di  retroattivita'  delle  norme  penali
piu' favorevoli. 
    5.5.- Dal complesso delle norme sin qui  evocate  si'  ricava  la
comune ratio sottesa al principio  di  retroattivita'  favorevole  in
materia penale, ben elucidata dalla Consulta nella  pronuncia  n.  63
del 2019 e costituita dal "diritto dell'autore  del  reato  a  essere
giudicato, e se del caso punito, in  base  all'apprezzamento  attuale
dell'ordinamento relativo al disvalore del fatto da  lui  realizzato,
anziche' in base all'apprezzamento sotteso alla legge  in  vigore  al
momento  della  sua  commissione"  (punto  6.1  del  considerato   in
diritto). In forza di tale principio, in altri termini, "le modifiche
mitigatrici  della  legge  penale,  disposte   dal   legislatore   in
dipendenza di una mutata valutazione del disvalore del fatto  tipico,
devono riverberarsi anche a vantaggio di coloro che  hanno  posto  in
essere la condotta in un  momento  anteriore,  salvo  che,  in  senso
opposto, ricorra  una  sufficiente  ragione  giustificativa"  (v.  in
questo senso Corte cost. sentenza n. 210 del 2013; ma v. altresi'  le
sentenze n. 394 e n. 393 del 2006, n. 80 del 1995, n. 74 del 1980,  n
6 del 1978 e n. 164 del 1974). 
    5.6.- Il principio di  retroattivita'  delle  norme  penali  piu'
favorevoli trova, in definitiva, un solido e  complessivo  ancoraggio
nel coordinato disposto degli articoli 3 e 117,  primo  comma,  della
Costituzione, quest'ultimo in relazione all'articolo 15, primo comma,
del Patto internazionale  relativo  ai  diritti  civili  e  politici,
nonche' all'articolo 7, primo paragrafo,  della  Convenzione  per  la
salvaguardia dei diritti  dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali
(CEDU). 
    5.7.-  Deroghe  a  tale  principio,   ad   avviso   del   Giudice
costituzionale (ma anche del Giudice convenzionale: v. case of  Ruban
v. Ukraine, n. 8927/11, §§ 45-46), sono ben possibili,  ma  "solo  se
superano un vaglio positivo di ragionevolezza,  in  quanto  mirino  a
tutelare interessi di analogo rilievo rispetto a quelli... relativi a
esigenze dell'intera collettivita' connesse a valori  costituzionali'
(Corte cost., sentenza n. 72 del 2008, punto 12  del  considerato  in
diritto). 
    5.8.- E' peraltro  facile  convenire  che  il  principio  di  non
ultrattivita' delle norme penali piu'  sfavorevoli  abbia  Io  stesso
rango e la stessa base costituzionale del principio di retroattivita'
favorevole di cui si e' sin qui trattato,  in  ragione  dell'evidente
specularita'  dell'uno  rispetto   all'altro.   Pertanto,   dovendosi
riconoscere la piena rilevanza costituzionale anche al  principio  di
non ultrattivita' delle  norme  penali  sfavorevoli,  occorre  allora
vagliare   la   ragionevolezza   intrinseca   dell'articolo   6   del
decreto-legge 162/2022, nella parte in cui,  stabilendo  un  unico  e
indifferenziato termine per l'entrata in vigore dell'intero d.lgs. 10
ottobre 2022, n. 150, inibisce l'applicazione,  a  decorrere  dal  1°
novembre  2022,  delle  disposizioni  in  esso  previste  come   piu'
favorevoli al reo, tra le quali - per quel  che  qui  in  particolare
rileva - l'art. 2, primo comma, lettere e) ed n). 
    A tal fine,  appare  utile  delineare,  in  premessa,  lo  schema
logico-argomentativo del giudizio cd. di  ragionevolezza  intrinseca,
da condursi ai sensi dell'articolo 3 della Costituzione. 
    5.9.-  Il  giudizio   di   ragionevolezza   intrinseca   di   una
disposizione, come chiarito dalla  Consulta,  si  svolge  "attraverso
ponderazioni relative alla proporzionalita' dei mezzi  prescelti  dal
legislatore nella sua insindacabile  discrezionalita'  rispetto  alle
esigenze  obiettive  da  soddisfare  o  alle  finalita'  che  intende
perseguire,  tenuto  conto  delle  circostanze  e  delle   imitazioni
concretamente sussistenti", (Corte cost, sentenza n. 1130  del  1988,
punto 2 del  considerato  in  diritto).  Il  Giudice  costituzionale,
sempre sul punto, ha inoltre avuto modo di chiarire  che  la  "regola
della  ragionevole  proporzionalita'  e  della  necessarieta'   della
limitazione  di  un  diritto  inviolabile  dell'uomo  in  riferimento
all'adempimento di un dovere costituzionale inderogabile [...] impone
che il legislatore, nel suo discrezionale  bilanciamento  dei  valori
costituzionali,  possa  restringere  il  contenuto  di   un   diritto
inviolabile dell'uomo soltanto nei limiti strettamente necessari alla
protezione   dell'interesse   pubblico    sottostante    al    dovere
costituzionale contrapposto" (Corte cost., sentenza n. 467 del  1991,
punto 5 del considerato in diritto). 
    5.10.-Alla luce  di  siffatte  coordinate  giurisprudenziali,  e'
dunque possibile strutturare e articolare il vaglio di ragionevolezza
in  tre  distinti   sotto-giudizi,   l'uno   logicamente   successivo
all'altro, essendo il primo implicato dal secondo ed il secondo a sua
volta implicato  dal  terzo:  1)  il  giudizio  di  idoneita'  di  un
intervento normativa; 2) il successivo giudizio di necessita' di tale
intervento; 3) il giudizio,  ultimo,  di  proporzionalita'  in  senso
stretto dello stesso. 
    Da questo punto di  vista,  di  un  intervento  normativa  potra'
allora predicarsi l'intrinseca irragionevolezza in quanto lo stesso o
risulti di per se' non idoneo allo scopo perseguito, oppure si riveli
come  non  necessario  rispetto  a  siffatto  scopo,  pur  risultando
comunque   in   astratto   idoneo   a   perseguirlo;    da    ultimo,
l'irragionevolezza potra' altresi' affermarsi anche in riferimento ad
un intervento idoneo e necessario, ove tuttavia lo stesso non  superi
il vaglio di cd. stretta proporzionalita'. 
    5.11.- II controllo di idoneita', piu' in particolare, impone  di
valutare  e  verificare  che  l'intervento  normativo  adottato   sia
effettivamente in grado di realizzare gli  obiettivi  perseguiti  dal
legislatore. 
    Il successivo giudizio di necessita', altrimenti noto come regola
"del mezzo piu' mite", impone  poi  di  verificare  che  l'intervento
adottato,  in  quanto  limitativo  di  un  altro  diritto,  valore  o
interesse  costituzionalmente  presidiato,  sia  il   meno   invasivo
possibile tra quelli in  astratto  praticabili.  Lo  stesso,  quindi,
presuppone sempre che  l'obiettivo  dichiarato  dal  legislatore  sia
perseguibile tramite diverse misure; e si risolve, in definitiva, nel
verificare che,  tra  le  varie  misure  tutte  egualmente  idonee  a
conseguire il fine dichiarato, sia stata adottata quella che  imponga
il minor  sacrificio  possibile  ai  concorrenti  diritti,  valori  o
interessi, di  pari  rango  e  dignita',  coinvolti  nell'intervento.
L'ultimo vaglio da operare, cd. di proporzionalita' in senso stretto,
consiste invece in un vero e proprio giudizio  di  bilanciamento  tra
beni-interessi contrapposti,  dovendosi  valutare  se  il  sacrificio
imposto ad un diritto, valore o interesse fondamentale, ad  opera  di
un intervento normativo che persegue un concorrente obiettivo di pari
rango e rilievo, sia equilibrato rispetto al grado  di  soddisfazione
di quest'ultimo. In altre parole, in quest'ultimo tipo di valutazione
occorre verificare se al sacrificio imposto ad un diritto,  valore  o
interesse  fondamentale  corrisponda  effettivamente  un   grado   di
soddisfazione dell'obiettivo perseguito, da  parte  del  legislatore,
mediante l'intervento adottato. 
    5.12.-  Nel  giudicare  della  ragionevolezza  intrinseca  di  un
intervento  normativo,  in   sintesi,   occorre   dapprima   valutare
l'idoneita' dei mezzo prescelto  rispetto  allo  scopo  dichiarato  e
perseguito; si deve, poi, verificare che  tale  mezzo  sia  "il  piu'
mite" tra quelli egualmente idonei al  raggiungimento  dell'obiettivo
prefissato; da ultimo, dovra' operarsi una la valutazione del  "peso"
che l'obiettivo perseguito ha nel caso concreto, saggiando  il  grado
di sua realizzazione e, in definitiva, procedendo ad una verifica  in
termini di bilanciamento tra sacrificio imposto al bene  o  interesse
inciso  e  obiettivo  perseguito  con   l'intervento   normativo   in
questione. 
    5.13.-  Seguendo  lo  schema  argomentativo  poc'anzi  tracciato,
diviene allora facile rilevare come l'intervento normativa  racchiuso
nell'articolo 6 del decreto-legge n. 162/2022,  benche'  in  astratto
idoneo a perseguire lo scopo voluto dal legislatore governativo,  non
superi indenne il sotto-giudizio di necessita', in quanto  l'adottata
misura, costituita da un indiscriminato e generalizzato  differimento
della  vigenza  di  un  intero  corpus  normativo,  non  puo'   certo
annoverarsi  tra  quelle  meno  invasive  e  dannose  possibile   nei
confronti dei concorrenti diritti  e  valori  coinvolti,  in  ragione
dell'esistenza di altre opzioni  in  grado  di  raggiungere  il  fine
perseguito e, al contempo, di garantire il minor sacrificio possibile
dei predetti diritti e valori. 
    Tra siffatti valori e diritti - come sopra gia' visto, di rango e
rilievo costituzionale - vi e' quello, in capo all'autore del  reato,
ad "essere giudicato, e se del caso punito, in base all'apprezzamento
attuale dell'ordinamento relativo  al  disvalore  del  fatto  da  lui
realizzato, anziche' in base all'apprezzamento sotteso alla legge  in
vigore al momento della sua commissione" (cosi' Corte cost., sentenza
n. 63 del 2019, punto 6.1 del considerato in diritto). Esso consiste,
in altri termini, nel principio  di  non  ultrattivita'  delle  norme
penali piu' sfavorevoli, quale valore speculare, in  materia  penale,
al principio di retroattivita' in mitius. 
    5.14.- Per altro verso, lo scopo perseguito con  l'intervento  in
questione, corrispondente alla sua dichiarata ratio,  e'  agevolmente
ricavabile dalla stessa relazione illustrativa al disegno di legge di
conversione del decreto-legge n. 162 del 2022, ove puo' leggersi  che
lo stesso "si giustifica per la riscontrata necessita' di  approntare
misure attuative adeguate  a  garantire  un  ottimale  impatto  della
riforma sull'organizzazione degli uffici". 
    A cio' si aggiunga, poi, quanto espressamente  evidenziato  nella
relazione tecnica al citato d.d.l. di conversione: "la necessita' del
differimento dell'entrata in vigore del decreto legislativo indicato,
recante attuazione dell'intera processo penale nelle sue diverse fasi
prevista dalla legge delega 27 settembre  2021  n.  134,  corrisponde
all'esigenza di consentire a livello organizzativo di  approntare  le
migliori soluzioni applicative alle mutate discipline e nel  contempo
favorire  l'individuazione...  di  prassi  e   linee   interpretative
condivise indispensabile per il positivo impatto della riforma". 
    5.15.- Da una parte si ha quindi il diritto dei singoli, di rango
e rilievo costituzionale (ex artt. 3 e 117 Cost.: v. la  gia'  citata
Corte Cost., n. 63 del 2019), ad essere giudicati, in un procedimento
penale,   in   base   agli    apprezzamenti    attualmente    operati
dall'ordinamento circa il mutato disvalore  del  fatto  a  suo  tempo
realizzato e non  gia'  in  base  a  precedenti  e  piu'  sfavorevoli
apprezzamenti, allo stato superati. 
    Dall'altra si ha invece  il  bene-interesse  dell'efficienza  del
processo e dell'amministrazione della giustizia, di  rango  parimenti
costituzionale, in quanto "enucleabile  dai  principi  costituzionali
che regolano l'esercizio della finzione giurisdizionale" (cosi' Corte
cost., sentenza n.  353  del  1996,  punto  3.2  del  considerato  in
diritto) e di certo  rispondente  a  quella  "esigenz[a]  dell'intera
collettivita' conness[a]  a  valori  costituzionali"  di  cui  vi  e'
menzione nella pronuncia n 72 del 2008 della Corte costituzionale (v.
punto 12 del considerato in diritto). 
    5.16.- Cio' posto, si osserva che la statuizione  di  un  (nuovo)
termine di entrata in vigore del d.lgs. 150/2022 costituisce,  almeno
in  astratto,  una  misura  effettivamente  in  grado  di  realizzare
l'obiettivo perseguito  dal  legislatore  governativo,  rappresentato
dalla  necessita'   di   predisporre   quelle   misure,   di   natura
organizzativo-gestionale,  necessarie  affinche'  i  singoli   Uffici
giudiziari  possano  far  fronte  a  talune  innovazioni   normative,
riguardanti determinati segmenti o fasi processuali, che implicano  e
presuppongono  previ   adeguamenti   strutturali   e   tecnici,   con
riferimento a talune tipologie di servizi amministrativi. 
    Da questo punto di vista, e' infatti facile rilevare che in tanto
e'  possibile  implementare  e   introdurre   misure   di   carattere
tecnico-organizzativo, in quanto siano al contempo  previsti  congrui
tempi per l'adozione delle stesse, cosi' da non provocare disfunzioni
o financo paralisi del servizio giustizia,  con  conseguente  lesione
del     bene-interesse     dell'efficienza     del     processo     e
dell'amministrazione della giustizia. 
    5.17.- Ma tali  lesioni  al  bene-interesse  dell'amministrazione
della giustizia e dell'efficienza del processo sono invero correlate,
all'evidenza, soltanto  a  quelle  modifiche  normative  che  abbiano
impatti  sul  servizio  giustizia,  inteso  quale  organizzazione  di
servizi e processi lavorativi, di persone e risorse materiali, e  non
gia'   sull'attivita'    giudiziaria,    intesa    quale    attivita'
interpretativo-applicativa di norme operata  nell'ambito  di  singoli
procedimenti e giudizi. 
    Menomazioni a siffatto bene-interesse,  di  contro,  non  possono
essere invece ipotizzate nei casi in cui le modifiche  normative  non
abbiano concreti impatti sull'organizzazione del servizio  giustizia,
ma si limitino piuttosto  ad  incidere  sul  piano  -  non  empirico,
fenomenico o materiale -  dell'esistenza  giuridica  dei  reati,  dei
presupposti  delle  pene  e,  in  definitiva,  del   diritto   penale
sostanziale. In tali ipotesi, infatti,  l'incidenza  delle  modifiche
normative adottate non  potra'  che  ricadere  sulla  sola  attivita'
interpretativo-applicativa delle leggi, quotidianamente operata dagli
organi giudiziari nell'ambito di giudizi, processi o procedimenti. 
    5.18.- Di talche',  se  l'obiettivo  dichiarato  dal  legislatore
governativo  e'  rappresentato  dalla  necessita'   di   adottare   e
predisporre misure di natura tecnico-organizzativa o  gestionale,  un
intervento che si proponga di perseguire siffatto scopo dovra' allora
avere ad oggetto non gia' un'intera e complessiva riforma, specie ove
questa  sia  organica  e  di  sistema,  ma  soltanto  le   parti   di
quest'ultima che concretamente richiedano la previa adozione di  tali
misure. 
    Di contro, tutto quel che di piu' viene precluso  e  inibito,  in
termini di impossibilita' per  gli  organi  giudiziari  di  applicare
nuove discipline normative sostanziali, esula e cosi' fuoriesce dallo
scopo di  preservare  il  bene-interesse  dell'amministrazione  della
giustizia  e  dell'efficienza  del  processo,   in   siffatta   parte
palesandosi pertanto la misura come non necessaria. 
    5.19.- Ove, peraltro, ad essere precluse ed inibite  siano,  come
nella materia penale, modifiche normative  cui  sarebbero  conseguiti
trattamenti  piu'  favorevoli  per  gli   imputati,   la   (maggiore)
invasivita' di tale misura  e'  allora  resa  ancor  piu'  chiara  ed
evidente dalla diretta collisione con valori e  diritti  di  rango  e
rilievo costituzionale (ex artt. 3 e 117 Cost.), tra cui - come visto
- deve  annoverarsi  quello  ad  essere  giudicati,  in  seno  ad  un
procedimento  penale,  in  base  agli  attuali  e   piu'   favorevoli
apprezzamenti dell'ordinamento  circa  il  mutato  disvalore  di.  un
fatto, prima punito piu' gravemente ovvero in misura deteriore. 
    Un intervento che  producesse  tali  esorbitanti  effetti  e,  al
contempo, limitasse diritti e valori  costituzionalmente  presidiati,
non puo' allora ritenersi il "meno invasivo possibile" tra quelli  in
astratto  praticabili,  ben  potendosi,  piuttosto,  operare   rinvii
selettivi di soltanto alcune delle parti di una complessa e  organica
riforma, lasciando che quest'ultima dispieghi i propri effetti  nelle
altre parti che dispongono modifiche sostanziali in  mitius,  la  cui
applicazione    non    implica    certo    misure    di     carattere
tecnico-organizzativo, richiedendo piuttosto che si svolga, da  parte
degli     organi     giurisdizionali,      l'ordinaria      attivita'
interpretativo-applicativa, da  versare  in  una  concreta  decisione
giudiziaria. 
    5.19.-  La  misura  normativa  disposta  con  l'articolo  6   del
decreto-legge 31 ottobre 2022, n. 162 esorbita,  in  definitiva,  dai
confini segnati dalla ragionevolezza intrinseca,  in  quanto  produce
effetti ulteriori rispetto a quelli necessari a perseguire  lo  scopo
dichiarato dal legislatore governativo e, in  tale  parte,  invade  e
comprime la  portata  di  un  principio-valore  di  rango  e  rilievo
costituzionale, qual e' quello del  divieto  di  ultrattivita'  delle
norme penali piu' sfavorevoli al reo. 
    5.20.- Alla luce di tali argomenti,  appare  allora  evidente  il
contrasto di siffatto  articolo  con  il  coordinato  disposto  degli
articoli 3 e 117, primo comma, della  Costituzione,  quest'ultimo  in
relazione sia all'articolo 7  CEDU  che  all'articolo  15  del  Patto
internazionale sui diritti civili e politici, nella misura in  cui  -
per quel che qui in particolare rileva - inibisce l'applicabilita', a
decorrere dal 1° novembre 2022, delle modifiche mitigatrici  previste
dall'articolo 2, primo comma, lettere e) ed n) del d.lgs. 10  ottobre
2022, n. 150, che dispongono mutamenti nel regime  di  procedibilita'
per taluni reati, prevedendone la  perseguibilita'  esclusivamente  a
querela della persona offesa,  cosi'  impedendo  la  possibilita'  di
riconoscere il perfezionamento di gia' maturate fattispecie estintive
della punibilita', quali l'intervenuta remissione di querela da parte
della medesima persona offesa  e  la  successiva  accettazione  della
stessa da parte dell'imputato. 
6. Sul tentativo di interpretazione conforme a Costituzione. 
    6.1.-  Ne'   appare   concretamente   esperibile   un   tentativo
ermeneutico volto a ricercare, della disposizione qui  censurata,  un
significato compatibile con il principio di non  ultrattivita'  delle
norme penali piu' sfavorevoli al reo, cosi'  da  poterne  elidere  in
radice i rilevati profili di attrito. 
    Da questo punto di vista, piu' in  particolare,  non  si  ritiene
utilmente praticabile la via interpretativa percorsa  da  un  recente
orientamento di legittimita', volto ad estendere l'applicabilita'  in
giudizio dello ius novum piu' favorevole  al  reo,  gia'  durante  il
periodo di vacatio legis (si tratta di Cass. pen., Sez. 1,  n.  39977
del 14/05/2019, . , Rv. 276949, in tema di nuovi  limiti  scriminanti
di cui agli arti 52 e 55 cod. pen. introdotti dall'art.  1 l.  n.  36
del 2019; nonche' Cass. pen., Sez. 1, n. 53602 del  18/05/2017,  .  ,
Rv. 271639, in tema di depenalizzazione  del  reato  di  ingiuria  ex
d.lgs.lgs.co. 1, lett. e, digs. n. 7 del 2016). 
    Alla percorribilita' di  tale  via  ermeneutica,  ad  avviso  deI
Tribunale, ostano infatti due distinte classi di argomenti,  ciascuna
delle quali peraltro idonea, di per se' sola, ad escludere in  radice
la    possibilita'    di    procedere    ad    una    interpretazione
costituzionalmente orientata dell'articolo  6  del  decreto-legge  31
ottobre 2022, n. 162. 
    6.2.- La prima  classe  di  argomenti  ruota  intorno  a  temi  e
questioni gia' esposte nel terzo paragrafo della presente  ordinanza:
quali l'insuscettibilita', per una legge non in vigore, di spiegare i
propri effetti innovativi, estintivi o modificativi  nell'ordinamento
giuridico, in quanto atto normativa non  efficace  e,  dunque,  privo
dell'attitudine ad "innovate"  l'ordinamento  giuridico  che  gli  e'
propria. Inefficacia cui, dal lato  dei  naturali  destinatari  delle
norme, siano essi privati cittadini od organi  pubblici,  si  associa
peraltro la mancata attivazione, in capo agli stessi, della  doverosa
osservanza e applicazione di tali norme, che trova il proprio diretto
fondamento nell'articolo 54 della Costituzione. 
    6.2.1.- La stessa Corte costituzionale, d'altra parte, ha in piu'
occasioni ancorato la concreta efficacia di una legge o di un atto ad
essa equiparato soltanto allo spirare  del  suo  termine  di  vacatio
legis. 
    Il riferimento corre,  innanzitutto,  all'ordinanza  n.  255  del
1985, con cui la. Consulta ha  fatto  dipendere  la  declaratoria  di
inammissibilita' della questione alla  stessa  proposta  proprio  dal
mancato decorso della "vacatio legis di  centoventi  giorni  disposta
dall'art. 5, secondo comma,  della  legge  1984,ma,  della  legge  27
lugfio 1984, n. 397", rilevando come l'ordinanza del giudice  a  quo,
nel caso di specie, fosse stata emessa "prima che entrasse in  vigore
 e fosse quindi applocabile". 
    Sulla stessa linea, poi, si collocano le pronunce n 134 del  2002
(in particolare, il punto. 4.3. del considerato in diritto» e n.  187
del 1984, la'  dove  il  Giudice  costituzionale  ha  avuto  cura  di
distinguere "tra l'efficacia del resto normativo... e la usa  entrata
in vigore, che rimane determinata a  seguito  della  normale  vacatio
dalla  pubblicazione  nella  Gazzetta  Ufficiale  (art.   73,   terzo
comma Cost. e 10 preleggi)" (cosi, il  punto  5  del  considerato  in
diritto). 
    Rispetto allo specifico tema qui evocato,  infine,  di  peculiare
rilievo appare la pronuncia n.  74  del  1975,  ove  lo  spirare  del
termine di entrata in vigore delle leggi viene elevato  ad  "elemento
essenziale ed imprescindibile per la loro efficacia che,  per  quanto
si riferisce alla  norma  penale,  non  puo'  mai  essere  anticipata
rispetto al momento della vigenza" (cosi il punto 3  del  considerato
in diritto). 
    6:2.2.- Da questo punto di vista, in definitiva, nessun  fenomeno
di successione di leggi penali nel  tempo  puo'  mai  predicarsi  con
riferimento a norme  non  entrate  in  vigore  e,  dunque,  prive  di
qualsivoglia efficacia. 
    6.2.3.- A  cio'  si  aggiunga,  inoltre,  che  la  questione  qui
proposta verte su una  disposizione  collocata  in  un  decreto-legge
ancora convertibile e allo stato  non  convertito  e,  quindi  su  un
provedimento per definizione provvisorio e  con  efficacia  parimenti
precaria,  come   agevolmente   si   ritrae   dalla   piena   lettura
dell'articolo 77, commi secondo ("...  provvedimenti  provvisori  con
forza di  legge...")  e  terzo  ("I  decreti  perdono  efficacia  sin
dall'inizio, se non sono convertiti in legge  entro  sessanta  giorni
dalla loro pubbliccazione") della Costituzione. 
    Sotto tale profilo, allora, non puo' non registrarsi  un'evidente
analogia con il caso della norma penale piu' favorevole  disposta  da
un decreto-legge poi non  convertito,  per  il  quale  vale  il  noto
principio scolpito dalla Corte costituzionale nella  sentenza  n.  51
del 1985, secondo cui "la norma contenuta in  un  `decreto-legge  non
convertito' non ha... attitudine, alla stregua  del  terzo  e  ultimo
comma dell'art. 77 Cost., ad inserirsi in un fenomeno  'successorio',
quale quello descritto e regolato dai commi secondo  e  terzo  [oggi:
secondo  e  quarto]  dell'art.  2  c.p.."  (cosi'  il  punto  3   del
considerato in diritto). 
    6.2.4.-  Diversamente  opinando,  peraltro,  si  porrebbero   non
irrilevanti  problemi  in  punto  di  certezza  del  diritto   e   di
eguaglianza di tutti i cittadini  di  fronte  alla  legge,  "principi
d'indubbio interesse generale e  di  rilievo  costituzionale"  (cosi'
Corte cost.,  sentenza  n.  15  del  2012,  punti  3.2.  e  3.3.  del
considerato in diritto), ben potendo  accadere  che  soltanto  alcuni
organi giudiziari, diversamente da altri,  applichino  lo  ius  novum
piu' favorevole al reo gia' durante il periodo di vacatio legis. 
    6.3.-  Ove   non   si   ritenessero   tuttavia   sufficienti   le
considerazioni sin qui svolte, v' e' comunque una seconda  classe  di
argomenti che impedisce di utilmente percorrere, in questa  sede,  la
via tracciata dal sopra richiamato orientamento di  legittimita'.  Si
tratta di rilevare, in breve, la radicale differenza tra il  caso  di
specie e quelli esaminati dalla. Suprema Corte  di  Cassazione  nelle
citate pronunce n. 53602/2017 e n. 39977/2019: il primo  di  semplice
modificazione in  mitius,  gli  altri  di  vera  e  propria  abolitio
criminis. 
    6.3.1.-   Il   percorso   argomentativo   svolto   dal    giudice
nomofilattico nella sentenza n.  53602/2017  si  riferisce,  piu'  in
particolare, soltanto all'ipotesi in cui "la nuova norma consista  in
una abolitio criminis" ed e' essenzialmente basato sulla funzione  di
garanzia associata al principio di irretroattivita' delle lezi penali
piu' sfavorevoli, che gode infatti della tutela  rafforzata  prevista
dall'articolo 25 della Costituzione e in virtu' del quale  "non  puo'
farsi discendere anche un  perdurante  dovere  del  giudice  di  fare
applicazione e dare esecuzione alla norma penale oramai abrogata  per
effetto di  una  successiva  disposizione  legislativa  gia'  valida"
(cosi' il punto  2  del  considerata  in  diritto),  qual  e'  quella
disposta da una legge  gia'  pubblicata  ma  non  ancora  entrata  in
vigore. 
    6.3.2.- Diverso e' invece il caso di specie, in cui a  venire  in
gioco non e' certo la rafforzata tutela  prevista,  dall'articolo  25
della Costituzione, per il solo principio di  irretroattivita'  delle
leggi penali piu' sfavorevoli, ma piuttosto la sfera di  applicazione
del  principio  di  non  ultrattivita'  delle   norme   penali   piu'
sfavorevoli,  che  del  principio   di   retroattivita'   in   mitius
costituisce il corollario diretto e speculare. 
    Sulla scorta delle considerazioni svolte  nel  precedente  quinto
paragrafo, e' allora facile rilevare come altro  sia  applicare  gia'
durante il periodo di vacatio legis lo ius novum piu'  favorevole  al
reo,  in  ipotesi  di  abolitio  criminis,  facendosi  cosi'  diretta
applicazione di una regola, qual e' quella espressa dall'articolo  25
della Costituzione, che  in  effetti  corrisponde  ad  un  "principio
supremo dell'ordinamento posto a  presidio  dei  diritti  inviolabili
dell'individuo, per la parte in cui esige che le norme  penali  [...]
non abbiano in nessun caso portata retroattiva." (cosi' Corte  cost.,
ordinanza n. 24 del 2017, punto 2 del considerato  in  diritto);  ben
altro e' invece applicare, gia' durante il periodo di vacatio  legis,
lo ius novum piu' favorevole al reo in ipotesi in cui -  qual  e'  il
caso di specie - non  vi  sia  stata  alcuna  abolitio  criminis,  ma
soltanto una "successione" (ove  tale  fenomeno  si  ritenga  davvero
instauratile;  cio'  che,  come  detto,  non  si   ritiene   comunque
possibile) di una legge penale piu' favorevole  al  reo  rispetto  ad
altra piu' deteriore,  ma  vigente  al  momento  di  commissione  del
fatto-reato. 
    6.3.3.- Appare  dunque  dirimente,  ai  fini  che  qui  rilevano,
individuare gli effetti dello ius novum  intermedio  piu'  favorevole
intervenuto  nel  periodo  di  vacatio  legis,   avendosi   cura   di
distinguere l'ipotesi in cui tale ius novum consista in una  abolitio
criminis, cum o sine abrogatione, da tutte le altre. 
    Nel primo caso, infatti, viene  in  gioco  un  principio  supremo
dell'ordinamento, qual e'  quello  espresso  dall'articolo  25  della
Costituzione, al cui confronto potrebbe anche ammettersi, in ipotesi,
la cedevolezza dei principi di certezza del diritto e di  eguaglianza
di tutti i cittadini di fronte alla legge, di cui e'  espressione  il
termine di vacatio legis, procedendosi ad opera  del  giudice  penale
all'immediata applicazione in favor della norma non ancora in  vigore
e cosi' pervenendosi alla definizione del giudizio con una  pronuncia
assolutoria, da adottare a mezzo formula "perche'  il  fatto  non  e'
piu' previsto dalla legge come reato". 
    Nel secondo caso, di contro, a venire in gioco  e'  in-  vece  un
principio bilanciatile, come tale privo di quella  rafforzata  tutela
propria del solo principio di  irretroattivita'  delle  leggi  penali
piu' sfavorevoli, e di cui il giudice penale non puo' quindi  operare
una diretta e  immediata  applicazione,  in  ragione  del  potenziale
conflitto con altri principi, quali quelli della certezza del diritto
e dell'eguaglianza  di  tutti  i  cittadini  di  fronte  alla  legge,
"d'indubbio interesse generale e  di  rilevo  costituzionale"  (cosi'
Corte cost.,  sentenza  n.  15  del  2012,  punti  3.2.  e  3.3.  del
considerato  in  diritto);  principi  che  potrebbero,  in  concreto,
risultare prevalenti rispetto al principio  di  retroattivita'  della
lex mitior, con l'effetto di dovere necessariamente investire.  della
relativa questione il Giudice costituzionale. 
    6.3.4.-  Siffatta  ricostruzione,  da  ultimo,  non  si  pone  in
contrasto neppure con la successiva  pronuncia  n.  39977/2019  della
Suprema Corte, che  concerne  infatti  un'ipotesi  di  abolitio  sine
abrogatione,  riferita  ai  nuovi  limiti  scriminanti  di  cui  agli
articoli 52 e 55 del codice penale, introdotti dall'articolo 1  della
legge 26 aprile 2019, n. 36. 
7. Sulla questione di costituzionalita' in sintesi. 
    7.1.-Alla luce delle ragioni sopra elucidate, che giustificano la
rilevanza  e  la  non  manifesta  infondatezza  della  questione   di
costituzionalita' qui proposta, deve pertanto disporsi la sospensione
del presente giudizio  e  l'immediata  trasmissione  degli  atti alla
Corte  costituzionale,  affinche'  si  pronunci  sulla   legittimita'
costituzionale dell'articolo 6 del decreto-legge 31 ottobre 2022,  n.
162, per contrasto con gli. articoli 73, terzo comma, e  77,  secondo
comma, nonche' con il coordinato disposto degli  articoli  3  e  117,
primo  comma,  della  Costituzione,  quest'ultimo  in  relazione  sia
all'articolo  7,  primo   paragrafo,   della   Convenzione   per   la
salvaguardia dei diritti  dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali
(CEDU), firmata  a  Roma  il  4  novembre  1950,  ratificata  e  resa
esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, sia all'articolo 15, primo
comma, del  Patto  internazionale  sui  diritti  civili  e  politici,
adottato a New York il 16 dicembre 1966,  entrato  in  vigore  il  23
marzo 1976, ratificato e reso esecutivo con legge 25 ottobre 1977, n.
881. 
    7.2.- Si tratta di una questione articolata su  piani  e  livelli
distinti,  ma  tuttavia  legati  tra   loro   da   un   rapporto   di
pregiudizialita' logica. 
    7.3.- La norma che si ricava dal denunciato articolo, infatti, in
via preliminare contrasta con la previsione dell'articolo 77, secondo
comma, della Costituzione, per essere stato adottato il decreto-legge
31 ottobre  2022,  n.  162  in  palese  difetto  dei  presupposti  di
straordinaria necessita' e urgenza che legittimano  ed  abilitano  il
Governo  ad  esercitare  funzioni  legislative,  desunto  e  ricavato
dall'assenza di un'unitaria finalizzazione delle eterogenee norme  in
esso raccolte e, quindi, di una complessiva ratio giustificativa  del
medesimo. 
    7.4.- Segue poi, in ordine logico, il  menzionato  contrasto  con
l'articolo 73, terzo comma, della Costituzione, nella parte  in  cui,
prevedendosi un (nuovo) termine di entrata in vigore  del  d.lgs.  10
ottobre 2022 n. 150, si  interferisce  su  una  disciplina  di  rango
costituzionale qual e' quella relativa alla formazione delle leggi  e
degli atti ad esse equiparati, costituita in particolare  dalla  fase
cd.  integrativa  dell'efficacia  di  tali  atti,  benche'  la  norma
interferente sia concretamente inidonea ad operare valide  deroghe  a
disposizioni della Costituzione, essendo contenuta in un atto  avente
rango e valore di legge. 
    7.5.- Da ultimo, l'articolo 6  del  decreto-legge  162  del  2022
contrasta, altresi', con il coordinato disposto degli  articoli  3  e
117, primo comma della Costituzione, quest'ultimo  in  relazione  sia
all'articolo 7, primo paragrafo, CEDU,  sia  all'articolo  15,  primo
comma, del Patto internazionale sui diritti civili e politici,  nella
parte in cui, stabilendo un  (nuovo)  termine  di  vacatio  legis  al
d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 150, impedisce di  applicare,  a  decorrere
dal 1° novembre 2022, le modifiche mitigatrici disposte  all'art.  2,
primo comma, lettere e) ed n) del citato d.lgs., precludendo cosi' il
riconoscimento  di  gia'  maturate   fattispecie   estintive   (della
punibilita', in evidente assenza di sufficienti ragioni  che  possano
giustificare il diverso  e  piu'  deteriore  trattamento  penale  che
consegue alla vigenza della censurata disposizione. 
 
                          Per Questi Motivi 
 
                   Il Tribunale ordinario di Siena 
 
    Visti gli art. 134 Cost., nonche' 1 l. cost. 9 febbraio 1948,  n.
1 e 23 l. 11 marzo 1953, n. 87, 
 
                              Dichiara 
 
    rilevante e non manifestamente infondata, nei termini di  cui  in
motivazione,   la   questione    di    legittimita'    costituzionale
dell'articolo 6 del decreto-legge 31 ottobre  2022,  n.  162  (Misure
utenti in materia di divieto di concessione dei benefici penitenziari
nei confronti dei detenuti o internati che  non  collaborano  con  la
giustizia, nonche'  in  materia  di  entrata  in  vigore del  decreto
legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, di obblighi di vaccinazione anti
SARS-COV-2 e di prevenzione e  contrasto  dei  raduni  illegali),  in
riferimento agli articoli 73,  terzo  comma,  e  77,  secondo  comma,
nonche' al coordinato disposto degli articoli 3 e 117,  primo  comma,
della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'articolo  7,  primo
paragrafo,  della  Convenzione  per  la  salvaguardia   dei   diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU), firmata a Roma  il  4
novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4  agosto  1955,
n. 848, e all'articolo 15, primo comma, del Patto internazionale  sui
diritti civili e politici, adottato a New York il 16  dicembre  1966,
entrato in vigore il 23 marzo 1976, ratificato e reso  esecutivo  con
legge 25 ottobre 1977, n. 881. 
 
                              Sospende 
 
    il presente giudizio sino alla decisione sulla proposta questione
di legittimita' costituzionale. 
 
                               Ordina 
 
    l'immediata trasmissione alla Corte costituzionale della presente
ordinanza, insieme con gli atti del giudizio e  con  la  prova  delle
notificazioni e comunicazioni di seguito disposte. 
 
                               Dispone 
 
    che,  a  cura  della  Cancelleria,  la  presente  ordinanza   sia
notificata all'imputato e alla Presidenza del Consiglio dei Ministri,
nonche' comunicata alle Presidenze della Camera dei  deputati  e  del
Senato della Repubblica. 
    Cosi'  deciso  in  Siena,  all'udienza  pubblica  del  giorno  11
novembre 2022. 
 
                         Il Giudice: Spina