N. 248 SENTENZA 19 ottobre - 9 dicembre 2022

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Paesaggio - Pianificazione - Norme della Regione autonoma Sardegna  -
  Possibilita' per i Comuni di rilasciare, a richiesta e  nelle  more
  dell'approvazione  dei   Piani   di   risanamento   urbanistico   e
  dell'adeguamento  del   Piano   urbanistico   comunale   al   Piano
  paesaggistico   regionale,   il    permesso    di    costruire    o
  l'autorizzazione in sanatoria - Condizioni - Ricorso del Governo  -
  Lamentata  violazione  della  competenza  esclusiva  statale  nella
  materia della tutela  dell'ambiente,  dell'ecosistema  e  dei  beni
  culturali, nonche' del principio  di  leale  collaborazione  -  Non
  fondatezza delle questioni. 
Paesaggio - Edilizia e urbanistica -  Norme  della  Regione  autonoma
  Sardegna - Interventi nelle zone umide - Individuazione delle  aree
  e delle tipologie di intervento escluse dal divieto di edificazione
  e di trasformazioni urbanistiche o edilizie - Ricorso del Governo -
  Lamentata  violazione  della  competenza  esclusiva  statale  nella
  materia della tutela  dell'ambiente,  dell'ecosistema  e  dei  beni
  culturali,   nonche'   dei   vincoli   derivanti   dagli   obblighi
  internazionali  e  del  principio   di   leale   collaborazione   -
  Inammissibilita' delle questioni. 
Caccia - Mezzi per l'esercizio dell'attivita' venatoria - Norme della
  Regione autonoma Sardegna - Disciplina dell'utilizzo dei caricatori
  dei fucili ad anima  rigata  -  Ricorso  del  Governo  -  Lamentata
  violazione della competenza esclusiva statale nelle  materie  armi,
  munizioni  ed  esplosivi  e  ordine  e  sicurezza   pubblica,   con
  conseguente eccedenza dalla competenza statutaria - Non  fondatezza
  delle questioni. 
- Legge della Regione Sardegna 22 novembre 2021,  n.  17,  artt.  13,
  commi 60 e 61, e 39, comma 1, lettera b). 
- Costituzione, artt. 3, 5, 9, 117, commi primo  e  secondo,  lettera
  d), h) ed s), e 120; statuto speciale  per  la  Sardegna,  art.  3,
  lettera f); Convenzione europea del paesaggio. 
(GU n.50 del 14-12-2022 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Silvana SCIARRA; 
Giudici :Daria de PRETIS,  Nicolo'  ZANON,  Franco  MODUGNO,  Augusto
  Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,  Giovanni  AMOROSO,  Francesco
  VIGANO', Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo  BUSCEMA,  Emanuela
  NAVARRETTA, Maria Rosaria  SAN  GIORGIO,  Filippo  PATRONI  GRIFFI,
  Marco D'ALBERTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 13, commi
60 e 61, e 39,  comma  1,  lettera  b),  della  legge  della  Regione
Sardegna  22  novembre  2021,  n.  17  (Disposizioni   di   carattere
istituzionale-finanziario  e  in  materia  di  sviluppo  economico  e
sociale), promosso dal Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  con
ricorso notificato il 24 gennaio 2022, depositato in  cancelleria  il
27 gennaio 2022, iscritto al  n.  12  del  registro  ricorsi  2022  e
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  11,  prima
serie speciale, dell'anno 2022. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione autonoma Sardegna; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  18  ottobre  2022  il  Giudice
relatore Franco Modugno; 
    uditi l'avvocato dello Stato Gianna Galluzzo  per  il  Presidente
del Consiglio dei ministri e l'avvocato Mattia Pani  per  la  Regione
autonoma Sardegna; 
    deliberato nella camera di consiglio del 19 ottobre 2022. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso depositato il 27 gennaio 2022, iscritto  al  reg.
ric. n. 12 del  2022,  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha
promosso questioni di legittimita' costituzionale  di  vari  articoli
della  legge  della  Regione  Sardegna  22  novembre  2021,   n.   17
(Disposizioni di carattere istituzionale-finanziario e in materia  di
sviluppo economico e sociale): sono ora  all'esame  di  questa  Corte
quelle concernenti gli artt. 13, commi  60  e  61,  e  39,  comma  1,
lettera b). 
    1.1.-  L'impugnato  art.  13,  commi  60  e  61,  nel  consentire
interventi «di trasformazione del territorio al di fuori del contesto
pianificatorio condiviso con lo Stato»,  non  avrebbe  rispettato  il
principio della  gerarchia  degli  strumenti  di  pianificazione  dei
diversi livelli territoriali. Esso sarebbe  lesivo  della  competenza
statale in materia di tutela del  paesaggio,  di  cui  all'art.  117,
secondo comma, lettera s), della Costituzione, in relazione ad alcuni
articoli del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42  (Codice  dei
beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge
6 luglio  2002,  n.  137);  dell'art.  3,  lettera  f),  della  legge
costituzionale 26 febbraio  1948,  n.  3  (Statuto  speciale  per  la
Sardegna); del principio di leale collaborazione di cui agli artt.  5
e 120 Cost. 
    1.1.1.- In particolare, il comma 60, che aggiunge i commi 8-bis e
8-ter all'art. 37 della legge della Regione Sardegna 11 ottobre 1985,
n.    23    (Norme    regionali    di    controllo     dell'attivita'
urbanistico-edilizia, di risanamento urbanistico e  di  sanatoria  di
insediamenti ed opere abusive, di snellimento ed accelerazione  delle
procedure    espropriative),    prevedendo    che,     nelle     more
dell'approvazione   dei   piani   di   risanamento   urbanistico    e
dell'adeguamento   del   piano   urbanistico   comunale   al    piano
paesaggistico regionale  (da  ora,  anche:  PPR),  i  comuni  possano
rilasciare,  a  fronte  di  specifica  istanza  e  del  rispetto   di
condizioni stabilite nello stesso comma 60, il permesso di  costruire
o l'autorizzazione  in  sanatoria,  inciderebbe  sull'attuazione  del
piano paesaggistico regionale. 
    Sarebbero, infatti, immediatamente violati gli artt. 145, commi 4
e 5, e 143, comma 9, cod. beni culturali, nonche'  l'art.  107  delle
Norme tecniche di attuazione (NTA) del PPR, i quali prevedono tempi e
criteri di  adeguamento  dei  piani  urbanistici  comunali  al  piano
paesaggistico; tempi e criteri che, nella legge regionale,  sarebbero
rideterminati    unilateralmente.    Le    norme    impugnate     non
rispetterebbero, infatti, ne' il codice di settore, che individua  il
termine di due anni, ne' le NTA del  piano  paesaggistico  sardo,  ai
sensi delle quali il medesimo termine e' perfino ridotto a  un  anno.
Esso sarebbe, d'altronde, nella specie ampiamente spirato, atteso che
l'approvazione del piano paesaggistico in parola risale al 2006.  Non
potrebbero sanare il descritto vulnus di legittimita'  costituzionale
le condizioni a cui la stessa  disposizione  impugnata  subordina  la
possibilita' di concedere i titoli edilizi: «a) che sussistano  tutti
gli  altri  presupposti  di  legge;  b)  che  gli   insediamenti   da
assoggettare a risanamento  urbanistico  siano  stati  individuati  e
perimetrati ai sensi dell'articolo 38, comma 1 lettera a); c) che  il
comune, con apposito atto, stabilisca» i costi e le modalita' con cui
gestire tali procedure amministrative. 
    La disposizione regionale violerebbe, inoltre, gli artt. 5 e  120
Cost.  in  quanto,  non   rispettando   le   previsioni   del   piano
paesaggistico concertato e condiviso con lo  Stato,  pregiudicherebbe
il principio di leale collaborazione. 
    1.1.2.- Secondo il  ricorrente,  ulteriore  danno  alla  corretta
attuazione  del  piano  paesaggistico  regionale  deriverebbe   dalle
modifiche che l'art. 13, comma 61, apporta all'art.  28  della  legge
della Regione Sardegna 18 gennaio 2021, n.  1  (Disposizioni  per  il
riuso, la riqualificazione ed il  recupero  del  patrimonio  edilizio
esistente  ed  in  materia  di   governo   del   territorio.   Misure
straordinarie urgenti e modifiche alle leggi regionali n. 8 del 2015,
n. 23 del 1985, n. 24 del 2016 e n. 16 del 2017), sulla tutela  delle
cosiddette zone umide.  L'art.  28,  nella  formulazione  originaria,
veniva, peraltro, gia' impugnato con precedente ricorso. Il  suddetto
comma 61, nelle sue lettere a), b) e c),  sarebbe  costituzionalmente
illegittimo in quanto: a) prevede l'inedificabilita' su quei terreni,
con esclusione delle zone omogenee A, B e D, nonche' le zone C  e  G;
b) consente sugli edifici ivi collocati gli interventi  di  cui  alle
lettere a), b), c), d) ed e) dell'art.  3,  comma  1,  del  d.P.R.  6
giugno  2001,  n.  380,  recante  «Testo  unico  delle   disposizioni
legislative e regolamentari in materia edilizia. (Testo  A)»;  c)  fa
salvi i piani  di  risanamento  urbanistico  gia'  attuati  e  quelli
approvati con convenzione efficace. 
    In  primo  luogo,  la  protezione  delle   zone   umide   -   che
riceverebbero nel piano paesaggistico sardo una tutela anche maggiore
di quella accordata dal codice dei beni culturali e del  paesaggio  -
sarebbe pregiudicata dal  fatto  che  non  si  prevedrebbe  «piu'  la
inedificabilita' delle zone urbanistiche E ed F dei  comuni  che  non
hanno  adeguato  il  proprio  PUC  al   PPR».   In   secondo   luogo,
l'illegittima riduzione dei livelli di tutela deriverebbe  dal  fatto
che la disposizione impugnata consentirebbe, in aggiunta agli  altri,
pure interventi edilizi "di nuova  costruzione",  prima  inibiti.  In
ultima istanza, la salvezza della pianificazione attuativa precedente
- prevista tramite l'introduzione del comma 3-bis dell'art. 28  sopra
citato - «risult[erebbe]  ridurre  la  tutela  riconosciuta  al  bene
paesaggistico tipizzato ed individuato dal PPR come "zona umida",  in
quanto non  sancisce  in  alcun  modo  che  i  richiamati  "piani  di
risanamento urbanistico" [...] debbano essere stati approvati,  quali
"piani attuativi", a seguito dell'avvenuto  adeguamento  del  PUC  al
PPR».  L'impugnato  comma   61   presenterebbe,   nell'opinione   del
ricorrente,  «i  medesimi   profili   di   incostituzionalita'   gia'
evidenziati nell'impugnativa dell'art. 28 (ex 27) di cui al  ricorso»
iscritto al n. 22 reg. ric.  2021.  In  definitiva,  la  disposizione
censurata violerebbe gli artt. 3, 9 e 117, commi primo, in  relazione
alla legge 9 gennaio  2006,  n.  14  (Ratifica  ed  esecuzione  della
Convenzione europea sul paesaggio, fatta  a  Firenze  il  20  ottobre
2000), e secondo, lettera s), in relazione agli artt. 135, 143, 145 e
156 cod. beni culturali, 5  e  120  Cost.,  nonche'  l'art.  3  dello
statuto speciale. 
    1.2.-   Il    ricorso    deduce,    altresi',    l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 39, comma 1, lettera b),  della  legge  reg.
Sardegna n. 17 del 2021, che modifica l'art.  41  della  legge  della
Regione Sardegna 29 luglio 1998, n. 23 (Norme per la protezione della
fauna  selvatica  e  per  l'esercizio  della  caccia  in   Sardegna),
introducendo il comma 1-bis, ai sensi del quale «[i]  caricatori  dei
fucili ad anima  rigata  a  ripetizione  semiautomatica  non  possono
contenere piu' di due  cartucce  durante  l'esercizio  dell'attivita'
venatoria ad eccezione della caccia al cinghiale per la quale possono
contenere fino a cinque cartucce».  La  disposizione  invaderebbe  la
competenza legislativa esclusiva dello Stato su «armi,  munizioni  ed
esplosivi» e «ordine pubblico e  sicurezza»,  di  cui  all'art.  117,
secondo comma,  lettere  d)  e  h),  Cost.  La  previsione  impugnata
sarebbe, inoltre, meramente riproduttiva dell'art. 13 della legge  11
febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna  selvatica
omeoterma e per il prelievo venatorio), dando luogo «ad  un  fenomeno
di gemmazione normativa,  foriero  di  possibili  future  distorsioni
applicative», nell'ipotesi di efficacia della disposizione  regionale
in caso di modifica della normativa nazionale. 
    2.- Con atto depositato in data 4 marzo 2022, la Regione autonoma
Sardegna si e' costituita in giudizio,  deducendo  l'irricevibilita',
l'inammissibilita' e la non fondatezza del ricorso. 
    2.1.- Le questioni sarebbero, innanzitutto, irricevibili  poiche'
promosse tardivamente. Il termine per  la  proposizione  del  ricorso
sarebbe difatti scaduto sabato 22 gennaio 2022; l'Avvocatura generale
lo avrebbe, invece, redatto e notificato in  data  24  gennaio  2022,
sessantadue  giorni  dopo  la  pubblicazione  della  legge  regionale
impugnata nel  Bollettino  Ufficiale  della  Regione  autonoma  della
Sardegna. 
    La difesa regionale sollecita  un  ripensamento  sulla  posizione
espressa da questa Corte nella sentenza n. 24 del 2022, in cui si  e'
stabilito, da un lato, che, ai fini  del  promovimento  del  giudizio
costituzionale,   rileva   la   data   di   notificazione   dell'atto
introduttivo - e non quella della sua redazione - e, dall'altro lato,
che, quando il termine per proporre il  ricorso  ex  art.  127  Cost.
scade il sabato, detto termine e' di  diritto  prorogato  al  lunedi'
successivo, in base all'art. 52, commi 3 e 5, dell'Allegato 1 (codice
del processo amministrativo) al decreto legislativo 2 luglio 2010, n.
104 (Attuazione dell'articolo 44 della legge 18 giugno 2009,  n.  69,
recante  delega   al   governo   per   il   riordino   del   processo
amministrativo), applicabile  ai  giudizi  costituzionali  in  virtu'
dell'art. 22, comma 1, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme  sulla
costituzione e sul  funzionamento  della  Corte  costituzionale).  Il
codice  del  processo  amministrativo  -  si  sostiene   -   potrebbe
disciplinare, in via integrativa, i  procedimenti  dinanzi  a  questa
Corte,  facendo  eccezione,  pero',  per  le  norme  che  contrastino
direttamente con la Costituzione. Nel caso di  specie,  non  dovrebbe
applicarsi l'art. 52 del  suddetto  codice,  altrimenti  si  avrebbe,
quale effetto, che una norma di  rango  ordinario  prevarrebbe  sulla
norma costituzionale di cui all'art. 127, ove, inequivocabilmente, si
fissa il termine per impugnare le leggi in via principale in sessanta
giorni. L'art. 137 Cost. disporrebbe, inoltre, una riserva  di  legge
costituzionale per stabilire le forme e i termini  di  proponibilita'
dei giudizi di legittimita' costituzionale e,  di  conseguenza,  essi
non potrebbero risultare modificati per effetto dell'applicazione  di
una legge ordinaria. Nel caso in cui l'eccezione non venisse accolta,
la Regione chiede, in subordine, che siano valutati i presupposti per
sollevare una questione in  via  incidentale  sul  contrasto  tra  le
regole del processo amministrativo e gli artt. 127 e 137  Cost.,  ove
quelle siano «interpretate nel senso di poter  modificare  con  legge
ordinaria il termine costituzionalmente previsto per il  promovimento
in via principale di una questione di legittimita' costituzionale». 
    2.2.- La difesa regionale deduce, poi,  l'inammissibilita'  e  la
non fondatezza dell'impugnazione dell'art. 13, comma 60, della  legge
reg. Sardegna n. 17 del 2021. 
    Le censure sarebbero generiche, risolvendosi in una  denuncia  di
inosservanza  dell'art.  143  cod.   beni   culturali,   non   meglio
circostanziata; pure il contrasto con gli artt. 5 e 120 Cost. sarebbe
dedotto in  maniera  meramente  assertiva,  poiche'  il  ricorso  non
esplicherebbe come la norma impugnata abbia incidenza  sull'onere  di
pianificazione  congiunta.  Sarebbe,  inoltre,  ricostruito  in  modo
lacunoso  il  quadro   normativo   rilevante,   non   essendo   stato
approfondito il significato del disposto secondo cui le  disposizioni
censurate assicurerebbero in ogni modo la perdurante applicazione  di
«tutti gli altri presupposti di legge». 
    Nel merito, le questioni sarebbero non fondate, dal  momento  che
la Regione sarebbe intervenuta in una materia di propria competenza -
in forza dell'art. 3, lettera f), dello statuto  e  dell'art.  6  del
d.P.R. 22 maggio 1975,  n.  480  (Nuove  norme  di  attuazione  dello
statuto  speciale  della  regione  autonoma  della  Sardegna)  -  per
modificare l'art. 37 della  legge  reg.  Sardegna  n.  23  del  1985,
rubricato  «Contenuto  ed  efficacia   dei   piani   di   risanamento
urbanistico». Per  effetto  della  disposizione  censurata,  difatti,
nelle  more  dell'approvazione  di  tali   piani,   vi   sarebbe   la
possibilita' per i comuni di rilasciare il permesso  di  costruire  o
l'autorizzazione  in   sanatoria,   al   ricorrere   di   determinate
condizioni;  e  tutto  cio'  non  implicherebbe  alcuna  deroga  alla
disciplina  sull'adeguamento   dei   piani   urbanistici   al   piano
paesaggistico, riguardando solamente titoli edilizi e urbanistici. Le
norme censurate consentirebbero il rilascio del  titolo  edilizio  in
sanatoria qualora siano rispettati tutti  gli  altri  presupposti  di
legge: fra essi sarebbe «certamente [...]  da  annoverare  il  parere
dell'autorita' preposta al vincolo paesaggistico, nell'ipotesi che si
ricada in aree vincolate [...]». 
    2.3.- L'impugnazione dell'art. 13, comma  61,  sarebbe  parimente
inammissibile e, comunque sia, non fondata. 
    Nella sentenza n. 308 del 2013 questa Corte avrebbe affermato  la
competenza della Regione autonoma Sardegna a disciplinare  l'edilizia
e  l'urbanistica  anche  con  riferimento  ai   profili   di   tutela
paesistico-ambientale, ma soprattutto avrebbe chiarito che non vi  e'
alcun obbligo di pianificazione congiunta in tema di protezione delle
zone umide definite dall'art. 17, comma 3, lettera g), delle NTA  del
piano  paesaggistico   sardo.   Sulla   legittimita'   costituzionale
dell'art. 28 della legge reg.  Sardegna  n.  1  del  2021,  peraltro,
questa Corte s'e' gia' pronunciata, si sostiene, nel senso della  non
fondatezza,  con  la  sentenza  n.  24  del  2022;  difatti,  non  si
comprenderebbe quale sia il senso  dell'affermazione  dell'Avvocatura
per  cui  «il  comma  61  dell'art.  13  ha  i  medesimi  profili  di
incostituzionalita' ripresi per il sopra citato art. 28 (ex art.  27)
nell'impugnativa di cui al ricorso n. 22/2021». 
    Piu' in particolare, le questioni sarebbero inammissibili perche'
il ricorrente non esporrebbe  argomenti  a  sostegno  delle  censure,
limitandosi a dedurre la generica violazione del piano  paesaggistico
e  del  codice  dei  beni  culturali  e  del  paesaggio,  oltre   che
dell'obbligo di copianificazione (mostrando, cosi', di  ignorare  che
nell'ambito in  parola  detto  obbligo  sarebbe  stato  espressamente
escluso). 
    Le questioni sarebbero, inoltre, non fondate. Con ogni  evidenza,
afferma la Regione, le disposizioni impugnate non inciderebbero sulla
tutela  paesaggistica  delle  zone  umide,  ma  si  limiterebbero   a
disciplinare profili urbanistici ed edilizi, che rientrerebbero nelle
sue competenze. Per quanto  concerne  la  lettera  a)  del  comma  61
dell'art. 13, la  lettura  data  nel  ricorso  sarebbe  completamente
erronea: non sarebbero le zone agricole  e  turistiche  (E  ed  F)  a
divenire edificabili; sarebbe anzi vero l'esatto  contrario,  perche'
esse  rimarrebbero  soggette  al  vincolo  di  inedificabilita'.  Con
riferimento  alla  lettera  b),  la  norma,  che  oggi  consente   di
effettuare   sugli   edifici   esistenti    anche    interventi    di
ristrutturazione che  modifichino  le  sagome  o  le  caratteristiche
planimetriche, non disporrebbe limiti  alle  norme  sulla  protezione
paesaggistica:  non  sarebbero,   difatti,   apposte   deroghe   alla
necessita' di ottenere il rilascio dei titoli autorizzatori necessari
sotto il profilo paesaggistico. Quanto alla lettera  c),  infine,  le
censure mosse dal Governo sarebbero prive di fondamento,  poiche'  la
previsione della salvaguardia degli  effetti  prodotti  da  piani  di
risanamento  gia'  attuati  sarebbe  coerente  con  il  principio  di
irretroattivita' della legge e con il  «principio  del  tempus  regit
actum»,  non   apportando   deroghe   alla   disciplina   del   piano
paesaggistico, ne' in termini diretti ne' indiretti. 
    2.4.- Le censure formulate avverso l'art. 39,  comma  1,  lettera
b), della legge  regionale  impugnata  sarebbero  anch'esse,  per  un
verso, inammissibili e, per altro verso, non fondate. 
    Non potrebbero superare  il  vaglio  di  ammissibilita',  poiche'
l'atto introduttivo, pur avendo citato l'art. 3 dello  statuto  nella
rubrica del  motivo  di  ricorso,  avrebbe  omesso  completamente  di
esaminare le prerogative regionali rilevanti nella specie:  la  norma
rientrerebbe, con ogni evidenza,  nell'ambito  della  competenza  che
l'art. 3, comma 1, lettera i), dello  statuto  riserva  alla  Regione
nella materia «caccia  e  pesca».  Altra  ragione  d'inammissibilita'
risiederebbe  nella  formulazione   di   questioni   ipotetiche:   il
ricorrente ammetterebbe che l'impugnazione risponde  alla  necessita'
di evitare "distorsioni applicative" in caso di futura modifica della
normativa nazionale di riferimento; percio', le  questioni  sarebbero
proposte in termini eventuali  e  incerti.  Mancherebbe,  dunque,  un
interesse attuale e concreto alla rimozione delle norme impugnate. 
    Nel merito, le censure sarebbero  non  fondate,  proprio  perche'
s'e' intervenuto in materia di attivita'  venatoria  -  non  gia'  in
materia di «armi, munizioni ed esplosivi» -  come  peraltro  verrebbe
rilevato nello stesso ricorso, laddove si afferma che la disposizione
indubbiata si affiancherebbe all'art. 13 della legge n. 157 del 1992,
sui «Mezzi per  l'esercizio  dell'attivita'  venatoria».  L'art.  39,
nella parte impugnata, interverrebbe al solo  scopo  di  limitare  lo
spopolamento della fauna selvatica di piccola taglia - «posto che  la
selvaggina che non e' stata colpita con i primi due spari, nel  tempo
occorrente a ricaricare il fucile, puo' certamente riuscire a  finire
fuori bersaglio  immettendosi  nella  macchia»  -  prevedendo  regole
distinte  per  la  caccia  del  cinghiale,   specie   non   protetta,
«particolarmente   abbondante   nelle   colline   soprattutto   della
Sardegna»: si ammetterebbe il caricamento  dell'arma  fino  a  cinque
cartucce, anche in ragione della «stazza dell'animale per bloccare il
quale, abbastanza spesso, e' necessario sparare ben  piu'  delle  due
sole  cartucce  di  base»  e  in  considerazione  del  fatto  che,  a
differenza degli animali di piccola taglia,  non  sarebbero  ad  esso
riferiti precisi limiti numerici di abbattimento. 
    3.- In data  27  settembre  2022,  l'Avvocatura  dello  Stato  ha
depositato una memoria. Precisa che l'eccezione d'irricevibilita' del
ricorso  formulata  dalla  Regione  autonoma  Sardegna  sarebbe   non
fondata: le tesi della controparte, infatti,  «proverebbero  troppo»,
poiche', se in nessun caso fosse possibile  discostarsi  dal  termine
individuato direttamente dalla Costituzione in sessanta  giorni,  non
potrebbe considerarsi festiva  nemmeno  la  domenica,  visto  che  si
ammetterebbe in  tal  caso  la  proroga  della  scadenza  al  lunedi'
(quindi, al sessantunesimo giorno). Non si  tratterebbe,  dunque,  di
deroghe al termine fissato nella Costituzione, bensi' delle modalita'
del suo computo, le quali sarebbero legittimamente rimesse a norme di
rango ordinario. 
    Ribadisce poi la difesa statale che l'art. 13,  comma  60,  della
legge reg. Sardegna n. 17 del 2021 contrasterebbe con gli artt.  143,
comma 9, e 145, commi 4 e 5, cod. beni culturali, nonche' con  l'art.
107 NTA del piano paesaggistico: questa Corte avrebbe gia'  censurato
leggi regionali  aventi  l'effetto  di  disincentivare  i  comuni  ad
avviare  il  procedimento  di  approvazione  di   piani   urbanistici
essenziali anche alla tutela del paesaggio (e' citata la sentenza  n.
108 del 2022). Il successivo art.  13,  comma  61  -  si  insiste  -,
nell'ampliare  le  possibilita'  edificatorie   nelle   zone   umide,
determinerebbe un'illegittima riduzione della protezione assicurata a
tali beni paesaggistici. Con riguardo all'impugnativa  dell'art.  39,
comma 1, lettera b),  infine,  lo  Stato  rammenta  che  l'intervento
regionale invaderebbe la competenza esclusiva su «armi, munizioni  ed
esplosivi», e, comunque sia, creerebbe una «riproduzione  pleonastica
della norma statale» (quella di cui all'art. 13 della  legge  n.  157
del 1992). 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Riservata a  separata  pronuncia  la  decisione  delle  altre
impugnative promosse con il ricorso indicato in epigrafe  (reg.  ric.
n. 12  del  2022),  vanno  esaminate  le  questioni  di  legittimita'
costituzionale degli artt. 13, commi 60 e 61, e 39, comma 1,  lettera
b), della legge reg. Sardegna n. 17 del 2021. 
    Le disposizioni dell'art.  13,  commi  60  e  61,  riguardano  la
materia  edilizia  e  urbanistica.  Ad  avviso  del  Presidente   del
Consiglio  dei   ministri,   esse   consentirebbero   interventi   di
trasformazione del territorio che contrastano con le norme di  tutela
paesaggistica contenute nel d.lgs. n. 42 del 2004, nonche' nel  piano
paesaggistico regionale (PPR), cosi' superando i limiti che l'art. 3,
lettera f), dello  statuto  speciale  impone  per  l'esercizio  della
potesta' legislativa regionale. 
    L'art. 39, comma 1, lettera  b),  invece,  interviene  a  dettare
regole sul caricamento  dei  fucili  per  l'esercizio  dell'attivita'
venatoria:  il  ricorrente  denuncia  l'invasione  della   competenza
statale in materia di «armi, munizioni ed  esplosivi»  e  di  «ordine
pubblico e sicurezza», di cui all'art. 117, lettere d) e  h),  Cost.,
ritenendo che il legislatore regionale non possa  disciplinare  l'uso
delle armi da fuoco. 
    2.- Occorre innanzitutto esaminare l'eccezione di tardivita'  del
ricorso  formulata  dalla  Regione  autonoma  Sardegna,  che  si   e'
costituita in giudizio. Tutte le questioni sarebbero  «irricevibili»,
poiche' il termine per la proposizione del  ricorso  sarebbe  scaduto
sabato 22 gennaio 2022 e l'Avvocatura generale  lo  avrebbe,  invece,
redatto e notificato in data 24 gennaio 2022, sessantadue giorni dopo
la pubblicazione della legge regionale in esame. La difesa  regionale
- pur consapevole che  questa  Corte,  in  precedenti  occasioni,  ha
applicato ai giudizi costituzionali  la  regola  processuale  secondo
cui, se un termine scade nella giornata di sabato, esso e'  prorogato
al primo  giorno  seguente  non  festivo  -  denuncia  la  violazione
dell'art. 127 Cost., che fissa il termine per promuovere il  giudizio
in via principale in sessanta giorni,  e  dell'art.  137  Cost.,  che
dispone una riserva di legge costituzionale sulle forme e  i  termini
di  proponibilita'  dei  giudizi  di   legittimita'   costituzionale,
precludendo la possibilita'  di  modificare  detto  termine  per  via
dell'applicazione di norme processuali di rango ordinario. 
    2.1.- L'eccezione non puo' essere accolta. 
    Questa Corte, infatti, ha gia' preso posizione in un caso analogo
(sentenza  n.  24  del  2022)  e  ha  stabilito  che,  ai  fini   del
promovimento  del  giudizio  in  via  d'azione,  rileva  la  data  di
notificazione dell'atto introduttivo, non quella della sua redazione,
e che il termine  di  sessanta  giorni,  destinato  a  scadere  nella
giornata di sabato, si proroga di diritto al successivo  lunedi',  in
base alle previsioni dell'art. 52, commi 3 e 5,  cod.  proc.  amm.  e
applicabili ai giudizi costituzionali in virtu' dell'art.  22,  comma
1, della legge n. 87 del 1953. Aveva,  peraltro,  gia'  rilevato  che
tale regola si applica ai  giudizi  davanti  a  questa  Corte,  anche
«perche' - essendo espressa dal codice  di  procedura  civile  e  dal
codice del processo amministrativo - costituisce ormai  un  principio
generale dell'ordinamento processuale» (sentenza n. 85 del 2012).  La
sua applicazione, d'altronde, non produce l'effetto di modificare  il
termine stabilito nell'art.  127  Cost.,  incidendo  solamente  sulle
modalita' del suo computo. 
    Per tali  ragioni,  l'eccezione  e'  priva  di  fondamento  e  va
respinta la  richiesta  della  difesa  regionale  di  instaurare  una
questione incidentale sulla compatibilita' della regola in parola con
le norme costituzionali. 
    3.- Passando all'esame  delle  questioni,  giova  rammentare  che
l'art. 3 dello statuto speciale attribuisce al legislatore  regionale
la  potesta'  normativa  primaria  in   materia   di   «edilizia   ed
urbanistica» e di «caccia  e  pesca»,  stabilendo  che  debba  essere
esercitata   in   armonia   con   la   Costituzione,    i    principi
dell'ordinamento   giuridico   della   Repubblica,    gli    obblighi
internazionali e gli interessi nazionali, nonche' nel rispetto  delle
norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica. 
    Come questa Corte ha costantemente  affermato,  l'«insieme  delle
cose, beni materiali, o le loro composizioni, che  presentano  valore
paesaggistico» merita una tutela primaria e assoluta (cosi', sentenza
n. 367 del 2007): le disposizioni del codice dei beni culturali e del
paesaggio  sono  state  adottate  per  garantirne  la   salvaguardia,
nell'esercizio della competenza attribuita allo Stato dall'art.  117,
secondo comma, lettera  s),  Cost.,  si  applicano  uniformemente  e,
cosi', s'impongono al  legislatore  regionale.  Questa  Corte  le  ha
riconosciute   quali   norme   fondamentali   di    grande    riforma
economico-sociale, precisando che hanno la capacita' di  limitare  la
potesta'  legislativa  anche  delle  regioni  ad  autonomia  speciale
(cosi', sentenze n. 101 del 2021, n. 130 del 2020, n. 178 del 2018  e
n. 103 del 2017). 
    Va, d'altro canto, ricordato che la  competenza  del  legislatore
sardo in materia di edilizia e urbanistica  non  comprende  «solo  le
funzioni di tipo strettamente urbanistico, ma anche  quelle  relative
ai beni culturali e ambientali» (sentenza n. 178 del 2018; in  questo
senso  gia'  sentenza  n.  51  del  2006);  e',  percio',  consentito
l'intervento  regionale  nell'ambito  della   tutela   paesaggistica,
secondo quanto stabilito nelle  norme  di  attuazione  dello  statuto
speciale, in specie nell'art. 6 del d.P.R. n. 480  del  1975,  sempre
nel rispetto dei limiti dianzi ricordati. 
    Tra le funzioni relative ai beni paesistici figura il compito  di
redigere e approvare i piani regionali di cui all'art. 143 cod.  beni
culturali. La Regione  autonoma  Sardegna  ha  disciplinato  i  piani
paesistici gia' con la legge regionale 22 dicembre 1989, n. 45 (Norme
per l'uso e la tutela del territorio regionale) e poi  con  la  legge
regionale 25 novembre  2004,  n.  8  (Norme  urgenti  di  provvisoria
salvaguardia per la pianificazione  paesaggistica  e  la  tutela  del
territorio regionale). Con deliberazione  n.  36/7  del  5  settembre
2006, la Giunta regionale ha approvato  il  PPR  relativo  alle  aree
costiere,  adottato  con  successivo  decreto  del  Presidente  della
Regione 7 settembre 2006, n. 82, il quale reca le Norme  tecniche  di
attuazione. A seguito dell'entrata in vigore del decreto  legislativo
26 marzo 2008, n. 63 (Ulteriori disposizioni integrative e correttive
del decreto legislativo 22 gennaio  2004,  n.  42,  in  relazione  al
paesaggio), gli artt. 135 e 143 cod. beni culturali hanno imposto  la
pianificazione congiunta, frutto della collaborazione fra Ministero e
regioni, in relazione alla tutela di alcuni beni paesaggistici;  tale
obbligo di pianificazione congiunta, nelle ipotesi previste dall'art.
135, comma 1, secondo periodo, cod. beni culturali,  interessa  anche
la  Regione  autonoma  Sardegna  (sentenza  n.  308  del  2013).   Il
procedimento di aggiornamento del  piano  paesaggistico  relativo  al
primo ambito omogeneo  e',  peraltro,  ancora  in  fieri  e  si  deve
concludere nel rispetto delle previsioni degli artt. 143 e  156  cod.
beni culturali, in linea con le intese gia' intercorse in questi anni
tra le parti (sentenza n. 257 del 2021). 
    4.- Vanno ora affrontate  le  questioni  riguardanti  l'art.  13,
comma 60, che aggiunge il comma 8-bis all'art. 37  della  legge  reg.
Sardegna n. 23 del 1985, prevedendo che, nelle more dell'approvazione
dei piani di risanamento urbanistico  e  dell'adeguamento  del  piano
urbanistico comunale  al  piano  paesaggistico  regionale,  i  comuni
possano rilasciare, a fronte di specifica istanza e del  rispetto  di
condizioni procedurali ed economiche stabilite nello stesso comma 60,
il permesso di costruire o l'autorizzazione in sanatoria. Secondo  il
ricorrente, tali disposizioni, non  indicando  limiti  temporali  per
l'adeguamento degli strumenti urbanistici al PPR, non rispetterebbero
la gerarchia tra gli strumenti di  pianificazione;  contrasterebbero,
in particolare, con gli artt. 143, comma 9, e 145, commi 4 e 5,  cod.
beni culturali, secondo cui il piano urbanistico comunale va adeguato
a quello paesaggistico regionale entro due anni, e  con  le  NTA  del
piano paesaggistico sardo, ai sensi delle quali il  medesimo  termine
e' ridotto a un  anno.  Sarebbero,  cosi',  violati  i  limiti  posti
dall'art. 3 dello statuto  speciale  e  l'art.  117,  secondo  comma,
lettera s), Cost., nonche' gli artt. 5 e 120 Cost., poiche' la  legge
impugnata rideterminerebbe unilateralmente - e non nel  quadro  della
leale collaborazione - i criteri e i tempi dell'adeguamento. 
    4.1.- La  Regione  deduce  la  genericita'  delle  censure  e  la
lacunosa  ricostruzione  del  quadro  normativo  rilevante,  da   cui
deriverebbe l'inammissibilita' delle questioni. 
    Le eccezioni sono prive di fondamento. 
    L'impugnativa supera il vaglio di ammissibilita',  consentendo  a
questa  Corte  l'individuazione  dei  termini   delle   questioni   e
dell'argomento che, al fondo, supporta le censure. Sebbene il ricorso
non illustri l'evoluzione della legislazione  regionale  in  materia,
gli elementi forniti a questa Corte sono sufficienti a permettere  la
valutazione nel merito (in senso conforme, ex plurimis,  sentenza  n.
179 del 2022). 
    4.2.- Le questioni nel merito non sono fondate. 
    La  possibilita',  oggi  riconosciuta  ai  comuni,  di  concedere
permessi e autorizzazioni in sanatoria, anche ove non abbiano  ancora
adottato un piano di risanamento urbanistico, non ha quale effetto la
deroga ai termini per l'adeguamento dei piani  urbanistici  a  quello
paesaggistico, definiti nel codice dei beni culturali e del paesaggio
e nelle NTA del piano paesaggistico. 
    Lo scopo dell'intervento censurato  e'  quello  di  rimuovere  un
vincolo urbanistico posto  dalla  legislazione  precedente,  che  non
riguarda l'attuazione del PPR. La legge reg. Sardegna n. 23 del  1985
aveva, infatti, previsto che l'autorizzazione  in  sanatoria  potesse
essere concessa solamente a seguito dell'approvazione, da  parte  del
comune, di un piano di risanamento urbanistico: un  piano  attuativo,
che si puo' adottare anche in  variante  allo  strumento  urbanistico
generale, regolato in particolare negli  artt.  32,  37  e  38  della
citata legge regionale.  Essa  prevedeva,  dunque,  che  non  potesse
ottenersi   il   condono   dell'insediamento   edilizio    realizzato
abusivamente, se non dopo che il comune si fosse dotato del piano  di
risanamento. 
    Con le disposizioni impugnate, la legge regionale  ha  modificato
taluni delicati  aspetti  della  disciplina,  rendendo  possibile  il
rilascio dei titoli anche in assenza del piano attuativo in parola ed
eliminando,  cosi',  il  rapporto  di  subordinazione  tra  piano   e
sanatorie edilizie. Tale scelta, tuttavia, non  incide  negativamente
sui tempi di adeguamento degli strumenti urbanistici comunali al PPR,
che  rimangono  fermi.  Questa  Corte  ha  in  precedenti   occasioni
affermato  che,  in  mancanza  di  deroghe  espresse  a  obblighi   o
prescrizioni di tutela paesaggistica, le norme del  codice  dei  beni
culturali e del paesaggio si applicano direttamente  e  integrano  il
tessuto normativo regionale (sentenza n. 101  del  2021).  Esse  sono
infatti «dotate di immediata forza cogente, in difetto  di  esplicite
indicazioni di segno contrario» (sentenza n. 24 del 2022). 
    La circostanza  che  privati  e  imprese  possano  oggi  ottenere
permessi e autorizzazioni in sanatoria «nelle  more  dell'adeguamento
del Piano urbanistico comunale al Piano paesaggistico regionale»  non
influisce, percio', sul dovere di rispettare i termini che  la  legge
stabilisce per l'armonizzazione della  pianificazione  urbanistica  e
paesaggistica. E' peraltro lo stesso art. 13, comma 60, a subordinare
la  possibilita'  di  concedere  i  suddetti  titoli   edilizi   alla
sussistenza di «tutti gli altri presupposti di  legge»;  precisazione
che vale a confortare ulteriormente la conclusione che  la  normativa
impugnata sia compatibile con i parametri evocati. 
    5.- Oggetto di impugnazione e', poi, il contiguo art.  13,  comma
61, della legge reg. Sardegna n. 17 del 2021, che modifica l'art.  28
della  legge  reg.  Sardegna  n.  1  del  2021,  sulla  tutela  delle
cosiddette zone umide. 
    Queste sono aree protette ex lege, in forza  dell'art.  142  cod.
beni culturali, che prevede l'assoggettamento a tutela  paesaggistica
delle zone umide riconosciute in Italia secondo i criteri dettati dal
d.P.R. 13 marzo 1976, n. 448 (Esecuzione della  convenzione  relativa
alle zone umide d'importanza internazionale, soprattutto come habitat
degli uccelli acquatici,  firmata  a  Ramsar  il  2  febbraio  1971):
secondo l'art. 1 della citata convenzione,  si  tratta  di  paludi  e
acquitrini, torbe oppure bacini, naturali o artificiali, permanenti o
temporanei, con acqua  stagnante  o  corrente,  dolce,  salmastra,  o
salata, ivi comprese le distese di acqua marina la  cui  profondita',
durante la bassa marea, non supera i sei metri. 
    Nella Regione autonoma Sardegna, tali aree ricevono protezione in
virtu' dell'art.  17,  lettera  g),  NTA,  che  qualifica  come  beni
paesaggistici, puntualmente individuati nel PPR,  le  zone  umide,  i
laghi  naturali  ed  invasi  artificiali  e  i  territori  contermini
compresi in una fascia della profondita' di 300 metri dalla linea  di
battigia, anche per  i  territori  elevati  sui  laghi.  L'estensione
dell'area  protetta  e',  dunque,  maggiore  che  altrove  (in  tema,
sentenza n. 308 del 2013); essa e' oggetto di conservazione e  tutela
finalizzata al  mantenimento  delle  caratteristiche  degli  elementi
costitutivi e alla salvaguardia dell'integrita' ovvero dello stato di
equilibrio ottimale tra  habitat  naturale  e  attivita'  antropiche;
qualunque trasformazione e' soggetta ad autorizzazione  paesaggistica
(art. 18 NTA). 
    L'art. 13, comma 61, nelle sue lettere a), b) e  c):  a)  prevede
l'inedificabilita'  delle  zone  umide,  con  esclusione  delle  zone
omogenee A, B e D, nonche' delle  zone  C  e  G;  b)  consente  sugli
edifici ivi collocati gli interventi di cui alle lettere a), b),  c),
d) ed e) dell'art. 3, comma 1, del d.P.R. n.  380  del  2001;  c)  fa
salvi i piani  di  risanamento  urbanistico  gia'  attuati  e  quelli
approvati con convenzione efficace. 
    Il ricorrente  ritiene  che  le  norme  censurate,  ampliando  le
possibilita' di trasformazione di terreni su cui  esiste  un  vincolo
paesaggistico, comportino la  riduzione  del  livello  di  protezione
paesaggistica,  con  conseguente  violazione  di  plurimi   parametri
interposti e costituzionali. 
    5.1.- Le questioni sono inammissibili. 
    L'esame del merito e' precluso dalla carenza  di  motivazione  di
talune censure - come eccepito dalla difesa della  Regione  -  e  dai
profili  di  contraddittorieta'  che  caratterizzano  l'illustrazione
delle ragioni dell'impugnativa. 
    5.1.1.- Gli artt. 3, 9 e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in
relazione alla Convenzione europea del paesaggio  (legge  n.  14  del
2006), sono evocati nella sola  rubrica  del  motivo  e  i  parametri
interposti individuati negli artt. 135, 143,  145  e  156  cod.  beni
culturali sono unicamente menzionati nel testo del ricorso,  che  non
contiene «una specifica e congrua indicazione delle  ragioni  per  le
quali vi sarebbe il contrasto con i parametri», carenza  da  cui  non
puo' che discendere l'inammissibilita' delle censure (sentenza n.  42
del 2021; in senso conforme, ex plurimis, sentenze n. 106 del 2020  e
n. 32 del 2017). 
    5.1.2.- Occorre avere presente che l'art.  28  della  legge  reg.
Sardegna n. 1 del 2021 rendeva inedificabili le «zone urbanistiche A,
B, C, D, E ed F dei comuni che non abbiano provveduto ad adeguare  il
piano urbanistico comunale al PPR»; disponeva, inoltre,  che  fossero
possibili  sugli  immobili   ivi   gia'   collocati   interventi   di
manutenzione e ristrutturazione -  e  precisamente:  quelli  indicati
alle lettere a), b), c), d), dell'art.  3  t.u.  edilizia  -  ma  non
quelli di «nuova  costruzione»  (contemplati  alla  lettera  e  dello
stesso art. 3). Con la  legge  regionale  oggi  all'esame  di  questa
Corte, si e' scelto di mantenere il vincolo di inedificabilita'  solo
per le zone E ed F e di consentire sugli insediamenti esistenti anche
interventi di «nuova costruzione». Viene, cosi', modificato l'assetto
urbanistico ed edilizio generale delle zone umide, fermo restando che
ogni trasformazione dell'area vincolata  potra'  realizzarsi  ove  si
ottenga il nullaosta paesaggistico. 
    L'atto introduttivo non indugia sul raffronto tra  le  precedenti
disposizioni e quelle impugnate e, nel denunciare l'ampliamento delle
possibilita' d'intervento edilizio e  la  conseguente  compromissione
della tutela del bene vincolato, si limita a precisare che l'art. 13,
comma 61, e' impugnato poiche' sussisterebbero  «i  medesimi  profili
d'incostituzionalita' gia' evidenziati» nel ricorso n. 22  del  2021,
col quale lo Stato ha censurato l'art. 28 della legge  reg.  Sardegna
n. 1 del 2021 nel testo originario: l'assunto  e'  contraddittorio  e
rende la motivazione perplessa. 
    Le censure  rivolte  all'art.  28  nel  vecchio  testo,  infatti,
riguardavano l'estensione territoriale delle zone umide, mentre  oggi
a  nulla  rileva  l'elemento  dell'ampiezza  delle   aree   protette,
deducendosi l'illegittimita'  costituzionale  della  normativa  sotto
profili del tutto differenti. 
    Le questioni promosse con il citato ricorso  n.  22  sono  state,
peraltro, medio tempore decise con una pronuncia di  non  fondatezza:
questa Corte ha ritenuto che la legge regionale impugnata  garantisse
l'osservanza della zona di rispetto di trecento metri dalla linea  di
battigia, negando rilievo a delimitazioni cartografiche piu'  anguste
(sentenza n. 24 del 2022). 
    L'andamento contraddittorio e perplesso del ricorso  «si  traduce
nell'inidoneita' del medesimo a evidenziare e spiegare il quomodo del
preteso vulnus» (sentenza n. 176 del 2021 e precedenti  ivi  citati),
determinando l'inammissibilita' dell'impugnazione. 
    6.- Vanno infine esaminate le questioni  riguardanti  l'art.  39,
comma 1, lettera b), della legge reg. Sardegna n. 17  del  2021,  che
modifica l'art.  41  della  legge  reg.  Sardegna  n.  23  del  1998,
introducendo il comma 1-bis. Alle  altre  previsioni  sui  mezzi  per
l'esercizio dell'attivita' venatoria, e' aggiunta quella  secondo  la
quale  «i  caricatori  dei  fucili  ad  anima  rigata  a  ripetizione
semiautomatica non possono contenere piu'  di  due  cartucce  durante
l'esercizio dell'attivita' venatoria ad  eccezione  della  caccia  al
cinghiale per la quale possono contenere  fino  a  cinque  cartucce».
Questa disposizione invaderebbe la competenza esclusiva  dello  Stato
su «armi, munizioni ed esplosivi» e «ordine pubblico e sicurezza», di
cui all'art. 117, secondo comma, lettere d) e h), Cost. Dal punto  di
vista contenutistico, le norme censurate non contrasterebbero con  la
legge statale, poiche' ricalcano l'art. 13 della  legge  n.  157  del
1992; tuttavia, solamente lo Stato potrebbe approntare la  disciplina
legislativa in materia di utilizzo di armi da fuoco. 
    6.1.- La  difesa  della  Regione  deduce  l'inammissibilita'  del
motivo di ricorso, in quanto non si sarebbe in alcun modo considerato
che lo  statuto  conferisce  alla  Sardegna  competenza  primaria  in
materia di caccia (art.  3,  lettera  i):  mancando  di  compiere  il
confronto con lo statuto speciale, il ricorrente non potrebbe dedurre
la violazione del riparto delle attribuzioni legislative. 
    L'eccezione non e' fondata. 
    La giurisprudenza costituzionale,  invero,  richiede,  ove  venga
sottoposta a censura di legittimita' costituzionale una  disposizione
di legge di un  soggetto  ad  autonomia  speciale,  che  la  compiuta
definizione   dell'oggetto   del    giudizio    avvenga    attraverso
l'indicazione delle competenze legislative  assegnate  dallo  statuto
speciale (ex plurimis, sentenze n. 25 del 2021, n. 109 del 2018 e  n.
52 del 2017). Ha, pero', chiarito che,  ai  fini  dell'ammissibilita'
delle  questioni,  basta  che,  dal  contesto  del  ricorso,   emerga
l'esclusione  della  possibilita'  di   operare   il   sindacato   di
legittimita' costituzionale in base allo  statuto  speciale,  tramite
una  pur  non  diffusamente  argomentata  evocazione  dei  limiti  di
competenza fissati da quest'ultimo (sentenze n. 130 del 2020, n.  142
del 2015 e n. 288 del 2013). Tali elementi «vanno valutati  anche  in
considerazione della radicalita'  della  prospettazione  operata  dal
Governo» (sentenza n. 153 del 2019; sentenze  n.  43  e  n.  174  del
2020). 
    Nel caso oggi  in  esame,  il  ricorrente  -  pur  non  motivando
ampiamente  sul  punto  -  deduce  l'esorbitanza  delle  disposizioni
censurate  dalle  prerogative  statutarie.  Cio'  e'  sufficiente   a
superare il vaglio di ammissibilita', giacche' la contestazione ha un
carattere di indubbia radicalita': quale che sia  l'ambito  materiale
in esame, i legislatori regionali  non  potrebbero  porre  norme  che
regolino  l'uso  delle  armi  da  fuoco,  degli  esplosivi  e   delle
munizioni. 
    6.2.-  La  difesa  insulare   eccepisce   altresi'   la   carenza
d'interesse  all'impugnazione  e   la   formulazione   di   questioni
«ipotetiche»,  vista  la  conformita'  sostanziale  delle  previsioni
censurate con la legislazione statale pertinente. 
    Tali rilievi sono privi di fondamento. 
    Per  costante  giurisprudenza  di  questa  Corte,  infatti,   «il
giudizio promosso  in  via  principale  e'  giustificato  dalla  mera
pubblicazione di una legge che si ritenga lesiva  della  ripartizione
di competenze, a prescindere dagli effetti che essa  abbia  prodotto»
(sentenza n. 178 del  2018  e  precedenti  ivi  richiamati).  D'altro
canto, l'«utilita' che fonda l'interesse all'impugnazione attiene  al
"corretto inquadramento delle competenze legislative"»  (sentenze  n.
257 e n. 101 del 2021; nello stesso senso, sentenza n. 21 del 2022). 
    6.3.- Rimane quindi da valutare, nel merito,  l'estraneita'  alle
attribuzioni legislative regionali della  materia  attinta  dall'art.
39, comma 1, lettera b), impugnato. 
    La prospettazione  del  ricorrente,  che  riconduce  l'intervento
normativo censurato alle materie di cui all'art. 117, secondo  comma,
lettere d) e h), Cost., e' errata e,  di  conseguenza,  le  questioni
sono  non  fondate  per  inconferenza  dei  parametri  costituzionali
evocati. 
    La legge reg. Sardegna n. 23  del  1998  contiene  la  disciplina
sull'esercizio della caccia in Sardegna. L'art. 41 stabilisce che  il
cacciatore possa usare il «fucile con canna ad anima liscia o a canna
rigata a caricamento singolo manuale o a  ripetizione  semiautomatica
di calibro non inferiore a millimetri 5,6  con  bossolo  a  vuoto  di
altezza non inferiore a millimetri 40 fino a due colpi, a ripetizione
e semiautomatico, con caricatore contenente non piu' di due cartucce,
oltre a quella in canna, di calibro non superiore al 12»  (comma  1);
che  i  «caricatori  dei  fucili  ad  anima  rigata   a   ripetizione
semiautomatica non possono contenere piu'  di  due  cartucce  durante
l'esercizio dell'attivita' venatoria ad  eccezione  della  caccia  al
cinghiale per la quale possono  contenere  fino  a  cinque  cartucce»
(comma 1-bis, censurato); che il titolare della licenza di  porto  di
fucile per uso di  caccia  e'  autorizzato,  per  il  solo  esercizio
venatorio, a portare, oltre alle armi  consentite,  gli  utensili  da
punta e da taglio atti alle esigenze venatorie  (comma  4),  essendo,
comunque sia, «vietate tutte le armi e tutti i mezzi per  l'esercizio
venatorio non esplicitamente ammessi dal[lo stesso] articolo»  (comma
3). 
    Le disposizioni impugnate si  inseriscono,  dunque,  nella  trama
della  legge  regionale  sull'attivita'  venatoria,  stabilendo,   in
accordo con la disciplina statale di settore, che, per la  caccia  al
cinghiale, i caricatori dei fucili  ad  anima  rigata  a  ripetizione
semiautomatica possono contenere fino a cinque cartucce, mentre negli
altri casi  possono  contenerne  fino  a  due.  Dal  punto  di  vista
oggettivo, senza dubbio il legislatore regionale ha  inteso  incidere
l'ambito materiale - di propria competenza ex  art.  3,  lettera  i),
dello statuto speciale - della  caccia.  Anche  dal  punto  di  vista
funzionale, nel ponderare l'interesse dei  cacciatori  a  dotarsi  di
strumenti di caccia efficaci e l'interesse generale  alla  protezione
della fauna selvatica, la disciplina censurata non estende il proprio
ambito  di  operativita'  oltre  aspetti  attinenti   all'uso   degli
strumenti  utili  all'esercizio   dell'attivita'   venatoria,   cosi'
evitando di invadere la competenza generale dello Stato sull'utilizzo
delle armi da fuoco. 
    Da escludersi  e'  pure  il  temuto  riverbero  della  disciplina
censurata  sull'ordine  pubblico.  Il  contenuto   delle   previsioni
regionali e' conforme alle norme statali, in particolare all'art.  13
della legge n. 157 del 1992; non puo' ritenersi,  dunque,  che  venga
alterato il punto di equilibrio fissato  a  livello  statale,  o  che
siano stati creati pericoli per l'ordine e  la  sicurezza,  dovendosi
concludere per la non fondatezza della  questione  anche  sotto  tale
profilo (nello stesso senso, sentenza n. 9 del 2016). 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riservata a separate pronunce la decisione delle altre  questioni
di legittimita' costituzionale promosse con il  ricorso  indicato  in
epigrafe; 
    1)  dichiara   inammissibili   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 13, comma  61,  della  legge  della  Regione
Sardegna  22  novembre  2021,  n.  17  (Disposizioni   di   carattere
istituzionale-finanziario  e  in  materia  di  sviluppo  economico  e
sociale), promosse, in riferimento agli artt. 3, 9, 117, commi primo,
quest'ultimo in relazione alla legge 9 gennaio 2006, n. 14  (Ratifica
ed esecuzione  della  Convenzione  europea  sul  paesaggio,  fatta  a
Firenze il 20 ottobre 2000), e secondo, lettera s), in relazione agli
artt. 135, 143, 145 e 156 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n.
42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo
10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), 5 e  120  della  Costituzione,
nonche' all'art. 3 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n.  3
(Statuto speciale per la Sardegna), dal Presidente del Consiglio  dei
ministri, con il ricorso indicato in epigrafe; 
    2)  dichiara   non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 13, comma 60, della legge reg.  Sardegna  n.
17 del 2021, promosse, in riferimento agli artt. 117, secondo  comma,
lettera s), in relazione agli artt. 143 e 145 del d.lgs.  n.  42  del
2004, 5 e 120  Cost.,  e  all'art.  3  dello  statuto  speciale,  dal
Presidente del Consiglio dei ministri, con  il  ricorso  indicato  in
epigrafe; 
    3)  dichiara   non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 39, comma 1, lettera b),  della  legge  reg.
Sardegna n. 17 del  2021,  promosse,  in  riferimento  all'art.  117,
secondo comma, lettere d) e h), Cost., dal Presidente  del  Consiglio
dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 19 ottobre 2022. 
 
                                F.to: 
                     Silvana SCIARRA, Presidente 
                      Franco MODUGNO, Redattore 
             Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria 
 
    Depositata in Cancelleria il 9 dicembre 2022. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA