N. 19 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 gennaio 2023
Ordinanza del 30 gennaio 2023 della Corte dei conti - Sezione giurisdizionale per il Lazio sul ricorso proposto da Ernesto Stajano contro Istituto nazionale della previdenza sociale - INPS . Amministrazione pubblica - Pensioni - Attribuzione al personale trasferito ex lege, dalla Scuola superiore dell'economia e delle finanze (SSEF) alla Scuola nazionale dell'amministrazione (SNA), dello stato giuridico di professore universitario - Rideterminazione del relativo trattamento economico demandata a una fonte regolamentare - Mancata previsione della neutralizzazione, ai fini del trattamento previdenziale, della minore retribuzione spettante al personale trasferito o di un altro meccanismo di tutela del trattamento pensionistico dovuto al predetto personale. - Decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 (Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari), convertito, con modificazioni, nella legge 11 agosto 2014, n. 114, art. 21, comma 4.(GU n.9 del 1-3-2023 )
LA CORTE DEI CONTI Sezione giurisdizionale per la Regione Lazio In composizione monocratica nella persona del cons. Benedetta Cossu, in funzione di giudice unico delle pensioni, ha pronunciato la seguente ordinanza; Nel giudizio iscritto al n. 79212 del registro di segreteria proposto da Ernesto Stajano, nato il 7 settembre 1953 (STJRST53P07F839C), rappresentato e difeso, sia congiuntamente che disgiuntamente, giusta procura rilasciata su foglio separato allegato al ricorso, dagli avvocati Maria Paola Gentili (mariapaola.gentili@pec-ordineavvocatiancona.it) e Davide Losi (pec: davidelosi@pec.ordineavvocatisiena.it), elettivamente domiciliato presso lo studio di questi ultimi, in Roma, via Boncompagni n. 16; Contro INPS, in persona del legale rappresentante p.t., con sede in Roma via Ciro il Grande n. 21, rappresentato e difeso, come da procura generale alle liti, dall'avvocato Andrea Botta (avv.andrea.botta@postacert.gov.inps.it), elettivamente domiciliato in Roma, via C. Beccaria n. 29; Visto l'atto introduttivo del giudizio; Visti gli altri atti e documenti di causa; Uditi, all'udienza del 15 dicembre 2022, celebrata con l'assistenza del segretario d'udienza, Federica Sperapani, gli avvocati Maria Paola Gentili per il ricorrente (presente in aula) e Andrea Botta per l'INPS. Fatto Con ricorso depositato l'11 novembre 2021 il ricorrente, titolare di pensione di anzianita' liquidata con il sistema retributivo a decorrere dal 31 dicembre 2016, ha convenuto in giudizio l'INPS al fine di sentir accogliere le seguenti conclusioni: 1) in via principale, accertare e dichiarare il diritto del ricorrente al ricalcolo ed alla riliquidazione del trattamento pensionistico in godimento liquidatogli con decorrenza dal 31 dicembre 2016, neutralizzando, ai fini della determinazione della retribuzione pensionabile da prendere in considerazione per il calcolo della quota retributiva della pensione, le minori retribuzioni percepite dallo stesso nel corso dell'ultimo anno di lavoro subordinato (quello dal 1° gennaio 2016 al 30 dicembre 2016), ovvero quelle relativi al periodo, maggiore o minore, che dovesse essere ritenuto di giustizia; 2) sempre in via principale, accertare e dichiarare, in ogni caso, che l'INPS e' tenuto a rideterminare le voci di calcolo della pensione di cui e' titolare l'odierno ricorrente, ad oggi erroneamente considerate in misura inferiore rispetto al dovuto, ed a ricalcolare integralmente il trattamento pensionistico spettante; 3) per l'effetto, condannare l'INPS a dette riliquidazioni, corrispondendo al ricorrente tutte le relative differenze sui ratei di pensione, a partire dalla data di decorrenza della stessa, maggiorati da interessi legali; 4) in via subordinata, pronunciare ordinanza di sospensione del procedimento e di remissione degli atti alla Corte costituzionale ex art. 23 della legge n. 87/1953 con cui, previo accertamento dei requisiti di rilevanza e non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale in questa sede sollevata, venga sottoposta alla Corte costituzionale la suddetta questione di legittimita' costituzionale, in relazione agli articoli 2, 3, comma 1, e 38, commi 1 e 2 della Costituzione, dell'art. 21, decreto-legge n. 90/2014, convertito in legge n. 114/2014, nella parte in cui non ha previsto che la rideterminazione del trattamento economico dei docenti ordinari a esaurimento della SNA non avesse effetti sulle modalita' di calcolo della media pensionabile utile ai fini del calcolo della quota retributiva della pensione degli interessati; 5) con vittoria di spese, competenze ed onorari del presente giudizio. A fondamento della domanda il ricorrente ha dedotto: di aver maturato i periodi di anzianita' contributiva, accreditati nella Gestione dipendenti pubblici dell'INPS, per l'attivita' di magistrato ordinario svolta dal 1° giugno 1979 al 2001 e di professore ordinario, svolta dal 2001 al 2014, presso la Scuola superiore dell'economia e delle finanze (Scuola o SEEF), e dal 2014 al 2016, presso la Scuola nazionale dell'amministrazione (SNA); di aver maturato periodi di anzianita' contributiva anche in dipendenza del riscatto del corso di laurea e del servizio militare, risultando, pertanto, iscritto all'INPS - Gestione dipendenti pubblici dal 1° novembre 1971; di essersi avvalso, all'atto di assunzione in servizio presso la SSEF, dell'opzione di cui all'art. 3, comma 3 del decreto ministeriale 28 settembre 2000, n. 301, che consente la conservazione del diritto alla percezione del trattamento economico relativo alla qualifica di magistrato; di essere stato trasferito ex lege nei ruoli della Scuola nazionale dell'amministrazione (SNA), come docente stabile e di ruolo con impegno a tempo definito, a seguito della soppressione della SSEF disposta con l'art. 21 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, in legge 11 agosto 2014, n. 114; di aver ingiustamente subito, in applicazione dell'art. 21, comma 4 del decreto-legge citato (che ha attribuito ai docenti ordinari e ricercatori dei ruoli ad esaurimento della SSEF lo stato giuridico dei professori o dei ricercatori universitari) e dell'art. 2 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 25 novembre 2015, n. 202 (recante il trattamento economico dei docenti a tempo pieno e a tempo indeterminato della SNA), la decurtazione della retribuzione, passata da euro 263.131,06 lordi annui nel 2015 ad euro 130.090,43 lordi annui nel 2016; di aver maturato il requisito contributivo ventennale previsto ratione temporis (decreto legislativo n. 503/1992 e legge n. 335/1995) ai fini dell'accesso a pensione gia' al 31 dicembre 1994; di aver presentato il 19 giugno 2014 domanda di collocamento in quiescenza, avvalendosi della disposizione di cui all'art. 2, comma 11, lettera a), decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, in legge 7 agosto 2012, n. 135, che prevede, in favore del personale in soprannumero rispetto alle riduzioni organiche previste dal citato decreto-legge, la perdurante applicazione della disciplina pensionistica previgente rispetto all'art. 24 del decreto-legge n. 201/2011 (cd. Riforma Fornero); di aver presentato una nuova domanda di collocamento in quiescenza il 30 ottobre 2015, ottenendo un riscontro negativo il 26 novembre 2015 da parte del presidente della SNA; di aver ottenuto il riconoscimento del diritto al trattamento di quiescenza, ai sensi dell'art. 2, comma 11 del decreto-legge n. 95/2012, con sentenza del TAR Lazio n. 301/2017 che ha accertato la maturazione del requisito dell'anzianita' contributiva al 31 dicembre 2015, mentre l'INPS ha fatto decorrere il trattamento pensionistico solo dal 31 dicembre 2016; di aver riscontrato nel provvedimento di liquidazione della pensione, conosciuto solo il 20 luglio 2021, oltre alla mancata neutralizzazione ai fini pensionistici delle minori retribuzioni percepite nel 2016, errori di calcolo negli importi della «retribuzione pensionabile alla cessazione» e della «retribuzione media» indicati a pagina 4 del provvedimento di liquidazione che appaiono riferiti ad un'altra persona; di aver presentato all'INPS un formale atto di diffida a provvedere volto alla riliquidazione ed al ricalcolo del trattamento pensionistico; con memoria del 7 dicembre 2022 si e' costituito in giudizio l'INPS, rilevando l'inapplicabilita' del principio espresso dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 264/1994 in quanto riferito ad una norma (art. 3, legge n. 297/1982) applicabile solo nell'assicurazione generale obbligatoria e richiamando la disciplina prevista dall'art. 1, comma 13, legge n. 335/1995, oltre che quella transitoria di cui al decreto legislativo n. 503/1992; all'odierna udienza la difesa del ricorrente ha eccepito la tardivita' della costituzione dell'INPS ed ha insistito nell'accoglimento del ricorso. In relazione al profilo della cd. neutralizzazione della retribuzione percepita nell'ultimo anno di lavoro (2016), ha evidenziato che il principio espresso nella sentenza della Corte costituzionale n. 264/1994 e' un principio di carattere generale applicabile anche alle pensioni dei dipendenti pubblici. La difesa dell'INPS ha evidenziato di non avere informazioni dalla sede territoriale sugli errori lamentati dal ricorrente nel provvedimento di liquidazione della pensione ed ha ribadito l'inapplicabilita' del principio espresso dalla sentenza della Corte costituzionale a gestioni diverse dall'AGO. Diritto 1. Preliminarmente questo giudice unico evidenzia che il petitum oggetto del presente giudizio e' costituito dalla riliquidazione del trattamento pensionistico del ricorrente (ex magistrato ordinario e professore a tempo indeterminato della SNA), mentre la causa petendi riguarda sia la richiesta di neutralizzazione della retribuzione percepita nell'ultimo anno di lavoro (2016) presso la SNA, sia la correzione di errori (valorizzazione di periodi contributivi riferiti ad un altro assicurato) contenuti nel provvedimento di liquidazione della pensione. 2. In particolare, la pretesa di escludere dal computo della base pensionabile la retribuzione percepita nel 2016 presso la SNA, in quanto inferiore a quella percepita negli anni precedenti, si fonda sull'applicazione analogica del principio della cd. neutralizzazione dei periodi contributivi successivi alla soglia minima di anzianita' contributiva prevista per legge, ove comportanti un trattamento pensionistico deteriore. La neutralizzazione, ai fini del calcolo della pensione, di minori retribuzioni percepite durante l'ultimo quinquennio lavorativo, precedente la data di maturazione del diritto a pensione costituisce, secondo le prospettazioni del ricorrente, un principio affermato piu' volte dalla Corte costituzionale, in particolare nella sentenza n. 264/1994 in relazione all'art. 3, comma 8, legge n. 297/1982, che l'INPS avrebbe dovuto applicare nel liquidare il suo trattamento pensionistico. Nel caso di specie sussisterebbero tutti i requisiti richiesti dalla Corte costituzionale per l'applicazione del predetto principio, costituiti dalla percezione della minore retribuzione nell'ultimo quinquennio di contribuzione, dall'effetto deflattivo sul trattamento pensionistico, dalla non necessarieta' del periodo di retribuzione di cui si chiede la neutralizzazione ai fini del requisito dell'anzianita' contributiva minima. 3. Dagli atti di causa si ricava che la pensione anticipata (ex anzianita') del ricorrente e' stata liquidata con il sistema interamente retributivo a decorrere dal 31 dicembre 2016 e che, avendo maturato al 31 dicembre 1995 un'anzianita' contributiva maggiore di 18 anni di servizio (ai periodi di servizio presso il Ministero della giustizia vanno aggiunti il riscatto della laurea e il servizio militare come risulta dal quadro I- Servizio utile ai fini del diritto del provvedimento di liquidazione della pensione depositato in atti), l'importo della pensione e' la risultante della quota «A» e della quota «B». Viceversa, nessuna quota di pensione e' stata computata secondo il sistema di calcolo contributivo per le anzianita' successive al 1° dicembre 2012, essendosi il ricorrente avvalso della clausola di salvaguardia prevista dall'art. 21, comma 3, decreto-legge n. 201/2011. La quota «A» e' stata computata, in applicazione degli articoli 13, lettera a), decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503 e 43 decreto del Presidente della Repubblica n. 1092/1973, in relazione alla retribuzione spettante all'atto del collocamento a riposo ed all'anzianita' maturata al 31 dicembre 1992. La quota «B», relativa all'anzianita' di servizio maturata dal 1993 sino alla cessazione, e' stata calcolata, in applicazione degli articoli 7, comma 2, e 13, lettera b), decreto legislativo n. 503/1992, sulla base della retribuzione riferita agli ultimi dieci anni di contribuzione antecedenti la decorrenza della pensione. Dagli atti di causa, come gia' indicato nelle premesse in fatto, si ricava, altresi', che il ricorrente, avvalendosi della disposizione contenuta nell'art. 2, comma 11, lettera a) decreto-legge n. 95/2012, ha presentato due domande di collocamento in quiescenza (la prima il 19 giugno 2014, la seconda il 26 novembre 2015), entrambe respinte dalla SNA, per poi ottenere dal Tribunale amministrativo regionale Lazio, con sentenza n. 301/2017 l'annullamento dei provvedimenti di rigetto delle predette domande e l'accertamento del diritto al prepensionamento. 4. Cio' premesso, questo Giudice unico solleva questione di legittimita' costituzionale, per violazione degli articoli 2, 3, comma 1, 36, comma 1 e 38, comma 2, Cost., dell'art. 21, comma 4, decreto-legge n. 90/2014 nella parte in cui, nell'attribuire al personale trasferito ex lege dalla SSEF alla SNA lo stato giuridico di professore universitario e nel demandare alla fonte regolamentare la determinazione del trattamento economico, non ha previsto la neutralizzazione, ai fini del trattamento previdenziale, della minore retribuzione spettante al personale trasferito o un altro meccanismo di tutela del trattamento pensionistico spettanti al predetto personale. 4.1. La disposizione sopra richiamata prevede che «I docenti ordinari e i ricercatori dei ruoli ad esaurimento della Scuola Superiore dell'economia e delle finanze, di cui all'art. 4-septies, comma 4, del decreto-legge 3 giugno 2008, n. 97, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2008, n. 129, sono trasferiti alla Scuola nazionale dell'amministrazione e agli stessi e' applicato lo stato giuridico dei professori o dei ricercatori universitari. Il trattamento economico e' rideterminato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, al fine di renderlo omogeneo a quello degli altri docenti della Scuola nazionale dell'Amministrazione, che viene determinato dallo stesso decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sulla base del trattamento economico spettante, rispettivamente ai professori o ai ricercatori universitari a tempo pieno con corrispondente anzianita'. [....]». In attuazione della predetta disposizione, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 25 novembre 2015, n. 202, all'art. 2, ha stabilito che «ai docenti a tempo pieno scelti tra dirigenti di amministrazioni pubbliche, magistrati ordinari, amministrativi e contabili, avvocati dello Stato e consiglieri parlamentari, nonche' ai docenti a tempo indeterminato, si applica il trattamento economico annuo lordo dei professori universitari di prima fascia a tempo pieno, come fissato dall'art. 3, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 15 dicembre 2011, n. 232, e successive modificazioni.» 4.2. Con sentenza 21 novembre 2019, n. 241 la Corte costituzionale si e' gia' pronunciata su diverse questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 21, comma 4, decreto-legge cit. sollevate dal Consiglio di Stato, giudicandole in parte inammissibili ed in parte infondate. In particolare, la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile le censure prospettate dal giudice a quo rispetto agli articoli 3, 36 e 38 Cost. in relazione al trattamento previdenziale spettante ai docenti della SNA, evidenziando che «tutte le ordinanze di rimessione si limitano a sostenere che la disposizione non prevederebbe, in riferimento a "docenti aventi qualifiche e provenienze diverse nell'ambito del piu' generale rapporto di lavoro con le pubbliche amministrazioni", che sia loro conservato il trattamento previdenziale attualmente previsto [...], consentendo invece, attraverso il richiamo allo status giuridico ed economico del professore universitario l'applicazione "agli stessi" del trattamento previdenziale di quest'ultimo». Ha, altresi' aggiunto che «[ ... ] le ordinanze di rimessione non ricostruiscono in alcun modo il quadro normativo che, nell'ambito del sistema previdenziale, condurrebbe alla produzione degli effetti lamentati i quali risultano, in tal modo, apoditticamente ipotizzati ma non dimostrati. Sarebbe stato anche necessario, al fine di prospettare correttamente la violazione dei parametri costituzionali evocati, operare una valutazione specifica delle singole posizioni delle parti in giudizio, in ipotesi diverse l'una dall'altra e tra loro potenzialmente variabili, ad esempio, quanto al regime di riferimento - contributivo, retributivo o misto - per il calcolo del trattamento previdenziale, o quanto alla decorrenza del relativo diritto, oppure, ancora, in ordine alla natura delle somme spettanti al termine del rapporto di lavoro (trattamento di fine servizio o trattamento di fine rapporto).» (parte in diritto, punto, n. 10). La pronuncia di inammissibilita' per le ragioni soprariportate consente, pertanto, di poter sottoporre alle valutazioni della Corte costituzionale la prospettata questione di legittimita' costituzionale. 5. Non ritiene questo Giudice unico che il dubbio di legittimita' costituzionale possa essere superato mediante un'interpretazione adeguatrice o secundum constitutionem per le seguenti considerazioni. In primo luogo i principi espressi nelle sentenze della Corte costituzionale (n. 264/1994 per i lavoratori subordinati; n. 173/2018 per i lavoratori autonomi; n. 224/2022 per i lavoratori marittimi) che hanno dichiarato l'illegittimita' costituzionale di norme nella parte in cui non prevedevano la neutralizzazione delle ultime retribuzioni di minor importo si riferiscono a disposizioni applicabili in un sistema pensionistico (AGO) diverso da quello nel quale e' accreditata la contribuzione del ricorrente (Gestione Stato). Ne deriva, pertanto, che non e' consentita l'applicazione analogica dei principi espressi dalla Corte costituzionale in tema di neutralizzazione di periodi di anzianita' contributiva in un sistema previdenziale diverso da quello nel quale i predetti principi sono stati espressi. In secondo luogo, il sistema di calcolo da utilizzare per la liquidazione e, l'eventuale riliquidazione in caso di accoglimento del ricorso, della pensione del ricorrente e' quello retributivo, avendo maturato al 31 dicembre 1992 un'anzianita' contributiva maggiore di 18 anni. Nel predetto sistema di calcolo, secondo la disciplina contenuta negli articoli 7 e 13 decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, 1, comma 13 legge n. 335/1995 e art. 43 decreto del Presidente della Repubblica n. 1092/1973, sia nella determinazione della quota A e B di pensione si prende come base di calcolo l'ultima retribuzione percepita; non e' pertanto possibile prendere come base di calcolo una retribuzione pensionabile riferita ad un anno precedente (2015) rispetto alla data di cessazione dell'attivita' lavorativa, avvenuta, nel caso di specie, nel 2016. 6. In ordine ai presupposti previsti dall'art. 23, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 la questione di legittimita' costituzionale che viene sollevata e' rilevante in quanto il giudizio, seppur limitatamente alla prima causa petendi sopra indicata, non puo' essere definito indipendentemente dalla sua risoluzione. La questione di legittimita' costituzionale, oltre che rilevante, e' anche non manifestamente infondata. Ritiene questo Giudice unico che, pur essendo rimessa alla discrezionalita' del legislatore l'individuazione del periodo di riferimento da prendere in considerazione per la retribuzione pensionabile, la disposizione contenuta nell'art. 21, comma 4, decreto-legge n. 90/2014 sia contraria ai principi di legittimo affidamento in materia previdenziale di cui all'art. 2 Cost., di razionalita' di cui all'art. 3 della Costituzione, oltre che degli articoli 36, comma primo e 38, secondo comma, Cost, che, rispettivamente, prevedono il principio di proporzionalita' tra trattamento pensionistico e quantita' e qualita' di lavoro prestato durante il servizio attivo (art. 36, comma primo) e il principio di adeguatezza delle prestazioni previdenziali (art. 38, secondo comma Cost). Il legislatore, con la predetta disposizione, nell'estendere lo stato giuridico ed economico dei professori e ricercatori universitari ai docenti ordinari ad esaurimento della SSFE, trasferiti ex lege alla SNA, e nel demandare alla fonte regolamentare la rideterminazione del trattamento economico, non ha valutato gli effetti della predetta modifica sul trattamento di quiescenza del personale che, in quanto proveniente da altri settori del pubblico impiego, aveva un diverso e piu' elevato trattamento economico.
P.Q.M. La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Lazio, in composizione monocratica di Giudice unico delle pensioni, non definitivamente pronunciando sul giudizio RG. n. 79212 proposto da Ernesto Stajano contro l'INPS: dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 21, comma 4, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, in legge 11 agosto 2014, n. 114 per contrasto con gli articoli 2, 3, comma 1, 36, comma 1 e 38, comma 2 della Costituzione per le motivazioni espresse in parte motiva; dispone la sospensione del giudizio in corso sino alla comunicazione della decisione da parte della Corte costituzionale; dispone la trasmissione degli atti del presente giudizio alla Corte costituzionale per la pronuncia sulla questione di legittimita' costituzionale di cui in premessa; dispone che, a cura della Segreteria della Sezione, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati. Cosi' deciso in Roma, all'esito della Camera di consiglio del 15 dicembre 2022. Il Giudice: Cossu