N. 4 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 24 febbraio 2023
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 24 febbraio 2023 (della Regione Toscana). Istruzione - Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di bilancio 2023 - Organizzazione scolastica - Criteri per la definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi e la sua distribuzione tra le Regioni - Definizione dei predetti criteri, su base triennale, con decreto del Ministro dell'istruzione e del merito, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previo accordo in sede di Conferenza unificata, da adottare entro il 31 maggio dell'anno solare precedente l'anno scolastico di riferimento - Previsione che, ai fini dell'accordo, lo schema di decreto e' trasmesso alla Conferenza unificata entro il 15 aprile - Previsione che, decorso inutilmente il termine del 31 maggio, il contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi e la sua distribuzione tra le Regioni sono definiti, sulla base di criteri specificamente individuati, con decreto del Ministro dell'istruzione e del merito, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro il 30 giugno - Previsione che le Regioni, sulla base dei parametri individuati dal predetto decreto, provvedono autonomamente al dimensionamento della rete scolastica entro il 30 novembre di ogni anno e che gli uffici scolastici regionali, sentite le Regioni, provvedono alla ripartizione del contingente dei dirigenti scolastici assegnato - Norma transitoria per l'anno scolastico 2023-2024 e criteri di determinazione del contingente organico per i successivi anni scolastici - Destinazione dei risparmi di spesa in un fondo istituito presso il Ministero dell'istruzione e del merito. - Legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025), art. 1, comma 557, nella parte in cui introduce i commi 5-quater, 5-quinquies e 5-sexies nell'art. 19 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio 2011, n. 111, e comma 558.(GU n.11 del 15-3-2023 )
Ricorso della Regione Toscana (partita IVA 01386030488), in persona del presidente pro tempore della giunta regionale, dott. Eugenio Giani, autorizzato con deliberazione della giunta regionale n. 105 del 13 febbraio 2023, rappresentato e difeso, come da mandato in calce al presente atto, dall'avv. Lucia Bora (codice fiscale n. BROLCU57M59B157V pec: lucia.bora@postacert.toscana.it) dell'avvocatura regionale, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell'avv. Marcello Cecchetti, (codice fiscale CCCMCL65E02HSO1Q) in Roma, piazza Barberini n. 12 (fax 06.4871847; pec: marcello.cecchetti@firenze.pecavvocati.it) contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 557 - nella parte in cui introduce i commi 5-quater, 5-quinquies, 5-sexies nell'art. 19 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 - e del comma 558 della legge 29 dicembre 2022, n. 197, per violazione degli articoli 5, 34, 117, terzo e sesto comma, 118, primo e secondo comma, 119 e 120 della Costituzione. In data 29 dicembre 2022 e' stata pubblicata, nella Gazzetta Ufficiale n. 303 - Supplemento ordinario, la legge n. 197 del 29 dicembre 2022 recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025». In particolare, l'art. 1, comma 557 inserisce i commi 5-quater, 5-quinquies e 5-sexies dopo il comma 5-ter dell'art. 19 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito in legge 15 luglio 2011, n. 111, inerenti la riorganizzazione della rete scolastica. A) Esso dispone: «All'art. 19 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, dopo il comma 5-ter sono inseriti i seguenti: "5-quater. Al fine di dare attuazione alla riorganizzazione del sistema scolastico prevista nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, a decorrere dall'anno scolastico 2024/2025, i criteri per la definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi e la sua distribuzione tra le regioni, tenendo conto del parametro della popolazione scolastica regionale indicato per la riforma 1.3 prevista dalla missione 4, componente 1, del citato Piano nazionale di ripresa e resilienza, nonche' della necessita' di salvaguardare le specificita' delle istituzioni scolastiche situate nei comuni montani, nelle piccole isole e nelle aree geografiche caratterizzate da specificita' linguistiche, anche prevedendo forme di compensazione interregionale, sono definiti, su base triennale con eventuali aggiornamenti annuali, con decreto del Ministro dell'istruzione e del merito, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previo accordo in sede di Conferenza unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, da adottare entro il 31 maggio dell'anno solare precedente all'anno scolastico di riferimento. Ai fini del raggiungimento dell'accordo, lo schema del decreto e' trasmesso dal Ministero dell'istruzione e del merito alla Conferenza unificata entro il 15 aprile. Le regioni, sulla base dei parametri individuati dal decreto di cui al primo periodo, provvedono autonomamente al dimensionamento della rete scolastica entro il 30 novembre di ogni anno, nei limiti del contingente annuale individuato dal medesimo decreto. Con deliberazione motivata della regione puo' essere determinato un differimento temporale di durata non superiore a trenta giorni. Gli uffici scolastici regionali, sentite le regioni, provvedono alla ripartizione del contingente dei dirigenti scolastici assegnato. 5-quinquies. Decorso inutilmente il termine del 31 maggio di cui al primo periodo del comma 5-quater, il contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi e la sua distribuzione tra le regioni sono definiti con decreto del Ministro dell'istruzione e del merito, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro il 30 giugno, sulla base di un coefficiente indicato dal decreto medesimo, non inferiore a 900 e non superiore a 1000, e tenuto conto dei parametri, su base regionale, relativi al numero degli alunni iscritti nelle istituzioni scolastiche statali e dell'organico di diritto dell'anno scolastico di riferimento, integrato dal parametro della densita' degli abitanti per chilometro quadrato, ferma restando la necessita' di salvaguardare le specificita' delle istituzioni scolastiche situate nei comuni montani, nelle piccole isole e nelle aree geografiche caratterizzate da specificita' linguistiche, nonche' da un parametro perequativo, determinato in maniera da garantire a tutte le regioni, nell'anno scolastico 2024/2025, almeno il medesimo numero di istituzioni scolastiche calcolato sulla base del parametro di cui al comma 5 e comunque entro i limiti del contingente complessivo a livello nazionale individuato ai sensi del secondo periodo. Al fine di garantire una riduzione graduale del numero delle istituzioni scolastiche per ciascuno degli anni scolastici considerati si applica, per i primi sette anni scolastici, un correttivo non superiore al 2 per cento anche prevedendo forme di compensazione interregionale. Gli uffici scolastici regionali, sentite le regioni, provvedono alla ripartizione del contingente dei dirigenti scolastici assegnato. 5-sexies. In sede di prima applicazione, per l'anno scolastico 2023/2024, restano ferme le disposizioni dei commi 5, 5-bis e 5-ter del presente articolo, con i parametri indicati all'art. 1, comma 978 della legge 30 dicembre 2020, n. 178, e, per l'anno scolastico 2024/2025, il decreto di cui al comma 5-quater o quello di cui al comma 5-quinquies del presente articolo definisce un contingente organico comunque non superiore a quello determinato mediante l'applicazione dei commi 5 e 5-bis. A decorrere dall'anno scolastico 2025/2026, il decreto di cui, al comma 5-quater o quello di cui al comma 5-quinquies definisce un contingente organico comunque non superiore a quello determinato sulla base dei criteri definiti nell'anno scolastico precedente. Eventuali situazioni di esubero trovano compensazione nell'ambito della definizione del contingente". Il successivo comma 558 del medesimo art. 1 stabilisce che i risparmi conseguiti mediante l'applicazione della disciplina di cui al comma 557 confluiscono, previo accertamento degli stessi, in un fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione e del merito e possono essere destinati ad incrementare il Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche, il fondo unico nazionale per la dirigenza scolastica, il fondo integrativo di istituto, il fondo di cui all'art. 1, comma 202 della legge 13 luglio 2015, n. 107, nonche' al pagamento delle supplenze brevi e saltuarie del personale scolastico. A.1) In sintesi, in base alla normativa dettata dalle impugnate disposizioni, la nuova procedura prevede che, a decorrere dal 2023 (nel procedimento relativo all'anno scolastico 2024/2025), entro il 15 aprile il Ministero dell'istruzione e del merito invii alla Conferenza unificata lo schema di decreto che determina su base triennale (con possibili modifiche annuali) i criteri per la definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi e la sua distribuzione tra le regioni. Questi criteri devono tenere conto della consistenza della popolazione scolastica della singola regione e della necessita' di salvaguardare le specificita' delle istituzioni presenti nei comuni montani, nelle piccole isole e nelle aree geografiche caratterizzate da specificita' linguistiche. Lo schema di decreto e' inoltrato alla Conferenza unificata per l'accordo con la medesima e la successiva adozione del decreto, da parte del Ministero dell'istruzione e del merito di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, entro il 31 maggio dell'anno solare precedente all'anno scolastico di riferimento. Decorso inutilmente il termine del 31 maggio il contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi e la sua distribuzione tra le regioni sono definiti con decreto del Ministro dell'istruzione e del merito, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro il 30 giugno, sulla base di criteri puntualmente stabiliti nel comma 5-quinquies. Ad esito di tale decreto le regioni provvedono al dimensionamento della rete scolastica entro il 30 novembre di ogni anno (il termine puo' essere differito fino a trenta giorni, con deliberazione motivata della regione). Gli Uffici scolastici regionali (articolazioni territoriali del Ministero dell'istruzione e del merito), sentite le regioni, provvedono a ripartire il contingente dei dirigenti scolastici. A.2) La normativa vigente prima della modifica introdotta dall'impugnata disposizione, contenuta nell'art. 19, comma 5 del decreto-legge n. 98/2011 (legge n. 111/2011) - come modificato dall'art. 4, comma 69 della legge n. 183/2011 e, successivamente, dall'art. 12, comma 1, lettera a) del decreto-legge n. 104/2013 (legge n. 128/2013) - prevedeva che, negli anni scolastici 2012/2013 e 2013/2014, alle istituzioni scolastiche autonome costituite con un numero di alunni inferiore a 600 unita', ridotto fino a 400 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificita' linguistiche, non potevano essere assegnati dirigenti scolastici con incarico a tempo indeterminato e le stesse erano conferite in reggenza a dirigenti scolastici con incarico su altre istituzioni scolastiche autonome. Il comma 5-bis dello stesso art. 19 - introdotto dall'art. 4, comma 70 della legge n. 183/2011 e modificato dall'art. 12, comma 1, lettera b) del decreto-legge n. 104/2013 (legge n. 128/2013) - ha disposto che, negli stessi anni scolastici, alle medesime istituzioni scolastiche autonome di cui al comma 5 non poteva essere assegnato in via esclusiva un posto di direttore dei servizi generali ed amministrativi (DSGA) e che, dunque, il posto era assegnato in comune con altre istituzioni scolastiche. Il comma 5-ter dello stesso art. 19 - introdotto dall'art. 12, comma 1, lettera c) del decreto-legge n. 104/2013 (legge n. 128/2013) - ha disposto, per quanto qui interessa, che i criteri per l'individuazione delle istituzioni scolastiche alle quali puo' essere assegnato un dirigente scolastico e un DSGA devono essere definiti con decreto del Ministro (ora) dell'istruzione e del merito, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previo accordo da raggiungere in sede di Conferenza unificata. Fino al termine dell'anno scolastico nel corso del quale tale accordo sara' adottato, continua ad applicarsi la disciplina di cui all'art. 19, commi 5 e 5-bis dello stesso decreto-legge n. 98/2011 (legge n. 111/2011). Successivamente, l'art. 1, comma 978 della legge n. 178/2020 (come poi modificato dalla legge 30 dicembre 2021, n. 234) ha disposto che, per gli anni scolastici 2021/2022 2022/2023 e 2023/2024, il numero minimo di alunni necessario perche' alle istituzioni scolastiche autonome possano essere assegnati dirigenti scolastici con incarico a tempo indeterminato e' ridotto (da 600) a 500 unita', ovvero (da fino a 400) a fino a 300 unita' per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificita' linguistiche. Ha, altresi', confermato che le istituzioni scolastiche che non raggiungono il numero minimo di alunni indicato sono conferite in reggenza a dirigenti scolastici con incarico su altre istituzioni scolastiche autonome e che alle stesse non puo' essere assegnato in via esclusiva un posto di DSGA. Quest'ultimo e' assegnato in comune con altre istituzioni scolastiche con decreto del direttore generale o del dirigente non generale titolare dell'ufficio scolastico regionale competente. Tanto premesso, le impugnate disposizioni sono incostituzionali per i seguenti motivi di Diritto 1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 557 della legge 29 dicembre 2022, n. 197, nella parte in cui introduce il comma 5-quater nell'art. 19 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, per violazione degli articoli 34, 117, terzo comma e 118, primo e secondo comma della Costituzione. 1.a) L'introdotto comma 5-quater in esame individua direttamente i parametri correttivi, rispetto a quello della popolazione scolastica, per la determinazione e ripartizione del contingente dei dirigenti scolastici, senza possibilita' di introduzione di ulteriori parametri sulla base delle scelte delle regioni. Si prevede infatti che si debba tener conto della necessita' di salvaguardare le specificita' delle istituzioni scolastiche situate nei comuni montani, nelle piccole isole e nelle aree geografiche caratterizzate da specificita' linguistiche, non prevedendo la possibilita' per le regioni di integrare o sostituire tali parametri con criteri necessari per rispondere alle specificita' regionali (ad esempio, quello delle aree interne, delle aree urbane o del contesto socioeconomico svantaggiato). Tale mancata previsione va a danno delle comunita' locali insediate in aree ingiustificatamente non inserite nella norma ed esautora le Regioni dalle determinazioni relative al dimensionamento scolastico interno al territorio di competenza, attraverso la previsione che gli uffici scolastici regionali provvedano direttamente alla ripartizione del contingente, che incide sul dimensionamento scolastico, solo «sentendo» le regioni medesime. Questo determina una sicura incidenza negativa sull'effettiva garanzia del diritto all'istruzione, perche' le regioni, in raccordo con gli enti locali, conoscono le specificita' territoriali che necessitano della presenza di istituti scolastici. 1.b) La norma incide in un ambito materiale - l'istruzione - di competenza concorrente. Gli articoli 137 e 138, comma 1, lettera b) del decreto legislativo n. 112/1998 hanno, rispettivamente, confermato l'attribuzione allo Stato delle funzioni concernenti i criteri e i parametri per l'organizzazione della rete scolastica, previo parere della Conferenza unificata, e delegato alle regioni le funzioni amministrative relative alla programmazione della medesima rete, sulla base dei piani provinciali. Subito dopo, il decreto del Presidente della Repubblica n. 233/1998, recante norme per il dimensionamento ottimale delle istituzioni scolastiche, ha disposto, all'art. 2, che l'autonomia amministrativa, organizzativa, didattica, nonche' di ricerca e progettazione educativa, e' riconosciuta alle istituzioni scolastiche che raggiungono le dimensioni idonee a garantire l'equilibrio ottimale fra domanda di istruzione e organizzazione dell'offerta formativa, prevedendo, a tal fine, la definizione dei piani provinciali di dimensionamento. Con la riforma del titolo V della Costituzione, e' stata riconosciuta allo Stato la competenza esclusiva sulla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale e sulle norme generali sull'istruzione, ai sensi dell'art. 117, lettere m) e n) della Costituzione, mentre alle regioni e' stata attribuita la potesta' legislativa concorrente in materia di istruzione. La giurisprudenza della Corte costituzionale ha chiarito che il dimensionamento scolastico e la programmazione della rete scolastica non possono ricondursi alle norme generali sull'istruzione e vanno, invece, ricompresi nella competenza concorrente relativa all'istruzione (sentenze n. 200 del 2009, n. 235 del 2010, n. 92 del 2011). In particolare, la sentenza n. 200 del 2009, dopo aver affermato che il dimensionamento della rete delle istituzioni scolastiche e' un ambito che deve ritenersi di spettanza regionale, rileva: «Sul punto, infatti, questa Corte ha avuto modo di rilevare che, da un lato, l'art. 138, comma 1, lettere a) e b) del decreto legislativo n. 112 del 1998 aveva gia' delegato alle regioni, nei limiti sopra esposti, funzioni amministrative in materia, tra l'altro, di programmazione dell'offerta formativa integrata tra istruzione e formazione professionale, nonche' di programmazione della rete scolastica; dall'altro, l'art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica 18 giugno 1998, n. 233 (Regolamento recante norme per il dimensionamento ottimale delle istituzioni scolastiche e per la determinazione degli organici funzionali dei singoli istituti, a norma dell'art. 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59) aveva disposto che "i piani di dimensionamento delle istituzioni scolastiche (..) sono definiti in conferenze provinciali di organizzazione della rete scolastica, nel rispetto degli indirizzi di programmazione e dei criteri generali, riferiti anche agli ambiti territoriali, preventivamente adottati dalle regioni" (sentenza n. 34 del 2005). Avendo riguardo alle riportate disposizioni legislative, la Corte ha cosi' ritenuto, con la citata sentenza, che "proprio alla luce del fatto che gia' la normativa antecedente alla riforma del titolo V prevedeva la competenza regionale in materia di dimensionamento delle istituzioni scolastiche, e quindi postulava la competenza sulla programmazione scolastica di cui all'art. 138 del decreto legislativo n. 112 del 1998, e' da escludersi che il legislatore costituzionale del 2001 abbia voluto spogliare le regioni di una funzione che era gia' ad esse conferita" sia pure soltanto sul piano meramente amministrativo. In altri termini, la definizione del riparto delle competenze amministrative attuato con il citato decreto legislativo fornisce un tendenziale criterio utilizzabile per la individuazione e interpretazione degli ambiti materiali che la riforma del titolo V ha attribuito alla potesta' legislativa concorrente o residuale delle regioni. Ed in effetti, se si ha riguardo all'obiettivo perseguito dalla disposizione in esame, si deve constatare che la preordinazione dei criteri volti alla attuazione di tale dimensionamento ha una diretta ed immediata incidenza su situazioni strettamente legate alle varie realta' territoriali ed alle connesse esigenze socio-economiche di ciascun territorio, che ben possono e devono essere apprezzate in sede regionale, con la precisazione che non possono venire in rilievo aspetti che ridondino sulla qualita' dell'offerta formativa e, dunque, sulla didattica». Tali stessi principi sono stati confermati nella successiva sentenza n. 147 del 2012, in riferimento all'art. 19, comma 4, del decreto-legge n. 98/2011 (legge n. 111/2011). In particolare, la Corte costituzionale ha rilevato che "e' indubbio che la disposizione in esame incide direttamente sulla rete scolastica e sul dimensionamento degli istituti" ... Il carattere di intervento di dettaglio nel dimensionamento della rete scolastica emerge, con ancor maggiore evidenza, dalla seconda parte del comma 4, relativa alla soglia minima di alunni che gli istituti comprensivi devono raggiungere per ottenere l'autonomia: in tal modo lo Stato stabilisce alcune soglie rigide le quali escludono in toto le regioni da qualsiasi possibilita' di decisione, imponendo un dato numerico preciso sul quale le regioni non possono in alcun modo interloquire». Inoltre, la Corte ha evidenziato che «E' indubbio che competa allo Stato la definizione dei requisiti che connotano l'autonomia scolastica, ma questi riguardano il grado della loro autonomia rispetto alle amministrazioni, statale e regionale, nonche' le modalita' che la regolano, ma certamente non il dimensionamento e la rete scolastica, riservato alle regioni nell'ambito della competenza concorrente». 1.c) L'introdotto comma 5-quater in esame che, come sopra rilevato, individua direttamente i parametri correttivi, rispetto a quello della popolazione scolastica, per la determinazione e ripartizione del contingente dei dirigenti scolastici, viola il principio affermato nella richiamata sentenza costituzionale n. 200 del 2009 secondo il quale la preordinazione dei criteri volti all'attuazione del dimensionamento scolastico ha una diretta ed immediata incidenza su situazioni strettamente legate alle varie realta' territoriali ed alle connesse esigenze socio-economiche di ciascun territorio, che devono essere apprezzate in sede regionale. Inoltre, poiche' la disposizione attiene ad un ambito di competenza concorrente, allo Stato spetta solo la determinazione dei principi fondamentali, mentre la norma in esame non ne costituisce espressione, trattandosi di un intervento di dettaglio che, tramite la ripartizione del contingente scolastico, incide nel dimensionamento della rete scolastica e non prevede, tra i criteri correttivi indicati, anche quello della necessita' di tenere conto delle peculiarita' delle aree indicate dalle regioni. Sussiste pertanto la violazione dell'art. 117, terzo comma della Costituzione, in relazione alla potesta' legislativa concorrente regionale in materia di «istruzione». 1.d) L'omissione, tra i criteri per l'adozione del decreto ministeriale di definizione e riparto del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi, della necessita' di tenere conto delle peculiarita' territoriali indicate dalle regioni, determina anche la violazione dell'art. 34 della Costituzione, sotto il profilo della garanzia del diritto all'istruzione. Come gia' rilevato, sono infatti le regioni, in accordo con gli enti locali, che possono valutare le specificita' territoriali, la cui conoscenza consente un'efficace programmazione della rete scolastica idonea a rispondere ai bisogni delle comunita' locali. Ignorare questo profilo, come avviene nell'impugnata disposizione, significa non garantire un'istruzione effettiva, inclusiva, di qualita', adeguata alle esigenze ed al contesto in cui vivono i bambini, i giovani e gli adulti, in violazione dell'art. 34 della Costituzione. Tale censura e' ammissibile in quanto, secondo l'insegnamento della giurisprudenza costituzionale, e' possibile, per la regione, invocare nel giudizio in via principale un parametro diverso da quelli che regolano il riparto di competenza se la violazione di tale parametro ridondi in lesioni delle sfere di competenza regionale. Questa evenienza, in particolare, si verifica ove «il contrasto con norme costituzionali diverse» da quelle che disciplinano il riparto di competenze «si risolva in una esclusione o limitazione dei poteri regionali» (sentenza n. 50 del 2005, par. 3 del Considerato in diritto). In altre parole, perche' la relativa questione sia da considerare ammissibile, «dalla invocata violazione» di norme extracompetenziali deve «derivare una compressione dei poteri della ricorrente» (cosi' la sentenza n. 383 del 2005, par. 8 del Considerato in diritto). Cio' e' precisamente quanto si verifica in merito alla rilevata violazione dell'art. 34 della Costituzione, che, come sopra evidenziato, si traduce direttamente nella «compressione dei poteri della ricorrente» (cent. n. 383 del 2005), perche' la contestata previsione del comma 5-quater, prevedendo la necessita' di salvaguardare le specificita' delle istituzioni scolastiche situate nei comuni montani, nelle piccole isole e nelle aree geografiche caratterizzate da specificita' linguistiche, non permette di salvaguardare altre specificita' emergenti nel territorio della regione. 1.e) La disposizione introdotta dal comma 5-quater in esame e' incostituzionale anche perche' viola l'art. 118, primo e secondo comma, in quanto viene allocata in capo allo Stato (Ufficio scolastico regionale) la funzione di ripartizione del contingente scolastico, che incide sul dimensionamento scolastico, in assenza di esigenze di carattere unitario e in assenza di un procedimento basato sulla leale collaborazione che garantisca l'effettiva partecipazione della regione, la quale viene invece solo «sentita», in deciso contrasto con lo statuto giuridico della chiamata in sussidiarieta', come elaborato dalla giurisprudenza costituzionale (da ultimo, sentenza n. 6 del 2023). 2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 557 della legge 29 dicembre 2022, n. 197, nella parte in cui introduce il comma 5-quinquies nell'art. 19 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, per violazione degli articoli 5, 117 terzo comma, 118 primo e secondo comma, e 120 della Costituzione. 2.a) Il comma 5-quinquies prevede che, se l'accordo in Conferenza unificata per la definizione del contingente e la relativa distribuzione tra le regioni non sia raggiunto entro il termine del 31 maggio, scatta il potere sostitutivo dello Stato, che procede unilateralmente alla determinazione del contingente e alla sua distribuzione in base a criteri specifici e dettagliati elencati nella medesima disposizione. E' previsto un termine estremamente breve per raggiungere l'accordo (di quarantacinque giorni, dal 15 aprile, data di trasmissione dello schema del decreto, al 31 maggio, data dopo la quale scatta il potere sostitutivo), decorso il quale le Regioni non hanno piu' possibilita' di intervenire e sono esautorate dalle determinazioni relative al dimensionamento scolastico nel loro territorio, attraverso la previsione che gli uffici scolastici regionali vi provvedano direttamente, solo «sentendo» le regioni stesse. La precedente normativa sopra richiamata garantiva la competenza regionale ad approvare il dimensionamento scolastico: lo Stato determinava il contingente dei dirigenti nell'ambito delle sue attribuzioni, in accordo con la Conferenza unificata; fino al raggiungimento di questo accordo continuava ad applicarsi la regola stabilita dall'art. 19, commi 5 e 5-bis del decreto-legge n. 98/2011 (si fa presente che la procedura per il raggiungimento dell'accordo non e' stata avviata dall'amministrazione statale). Cio' determinava che, se l'istituto aveva la consistenza di 600 alunni (ridotta a 400 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificita' linguistiche) aveva diritto ad avere un dirigente scolastico e, in caso di carenza, un reggente. Pertanto con la figura del reggente era assicurata l'operativita' delle istituzioni autonome, come configurate nel dimensionamento approvato a livello regionale. Con la disposizione impugnata, invece, se non si raggiunge l'accordo in Conferenza sui criteri per la definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali ed amministrativi e la relativa distribuzione tra le regioni, provvede direttamente lo Stato ai sensi del comma 5-quinquies in esame. Se tale contingente sara' inferiore al numero delle istituzioni autonome previste nel piano di dimensionamento regionale (come e' certo che avverra', stante la previsione contenuta nel medesimo comma 5-quinquies che richiama la riduzione del numero delle istituzioni scolastiche, con i conseguenti risparmi espressamente menzionati nel successivo comma 558 del medesimo art. 1 della legge n. 197/2022) diventera' obbligatorio per le regioni procedere agli accorpamenti degli istituti per rapportarli al numero dei dirigenti assegnati alla regione, dato che non e' piu' prevista la possibilita' di nominare il reggente. In questa maniera, attraverso la definizione del contingente dei dirigenti scolastici e dei DGSA, per cui e' previsto un potere sostitutivo ministeriale, si incide sul dimensionamento scolastico. Se e' indubbio che lo Stato e' titolare della competenza ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera g) della Costituzione, a determinare la consistenza dei dirigenti scolastici, che sono dipendenti pubblici statali, e' altrettanto indubbio che la soppressione dei posti di dirigenti, senza stabilire un diverso modo di copertura dei posti medesimi privi di dirigente (come e' avvenuto invece sinora con la figura del reggente), va ad incidere in modo significativo sulla condizione della rete scolastica regionale. Infatti, non potendo esistere un istituto autonomo privo di dirigente e non essendo piu' possibile coprire quel posto con un reggente in carenza di dirigenti scolastici, diviene inevitabile eliminare quell'istituto autonomo ed accorparlo con altri, con incidenza sulle attribuzioni delle Regioni relative alla programmazione della rete scolastica ed al dimensionamento scolastico, in violazione delle competenze regionali in materia di istruzione ai sensi dell'art. 117, terzo comma della Costituzione. 2.b) Inoltre, incidendo l'impugnata disposizione in un ambito di competenza concorrente, allo Stato spetta solo la determinazione dei principi fondamentali, mentre la norma in esame non ne e' espressione. In particolare, il carattere di intervento di dettaglio nel dimensionamento della rete scolastica emerge nel comma 5-quinquies in esame il quale, nel prevedere, in mancanza di accordo in Conferenza unificata entro il 31 maggio, la determinazione unilaterale da parte dello Stato del contingente dei dirigenti scolastici e la sua distribuzione tra le regioni, stabilisce, a tale fine, criteri specifici, dettagliati, autoapplicativi che non lasciano alcuno spazio alla possibilita' per le regioni di programmare la rete scolastica e il relativo dimensionamento, dovendo esse solo adeguare la rete medesima per «farla tornare» con il contingente dei dirigenti stabiliti dallo Stato in via unilaterale. Cio' determina un'ulteriore violazione dell'art. 117, terzo comma della Costituzione. 2.c) L'illegittimita' costituzionale del comma 5-quinquies si manifesta inoltre considerando il potere ministeriale sostitutivo previsto in caso di mancato raggiungimento dell'accordo in Conferenza unificata entro il termine del 31 maggio. Come gia' rilevato, i termini per raggiungere detto accordo sono estremamente ridotti (quarantacinque giorni) e quindi si prevede la regolamentazione unilaterale dello Stato in base a criteri specifici, dettagliati stabiliti dal comma medesimo. Questo contrasta con i principi elaborati dalla giurisprudenza costituzionale in relazione alla leale collaborazione e al corretto esercizio del potere sostitutivo, ai sensi degli articoli 5, 117, 118 e 120 della Costituzione Infatti per le considerazioni sopra espresse al punto 2.a), e' certo che nel caso in esame la competenza statale di cui all'art. 117, secondo comma, lettera g) della Costituzione, si interseca in modo rilevante con la competenza concorrente regionale prevista in materia di istruzione dal medesimo art. 117, terzo comma della Costituzione, tanto da determinare la conseguenza che le regioni debbano rivedere i piani di dimensionamento delle istituzioni scolastiche e la programmazione della rete scolastica, in base al numero dei dirigenti scolastici assegnati, secondo quanto previsto nelle norme impugnate per cui: «Gli uffici scolastici regionali, sentite le regioni, provvedono alla ripartizione del contingente dei dirigenti scolastici assegnato». Nei casi in cui una disciplina normativa non sia riconducibile ad un'unica materia, determinandosi invece, come nel caso in esame, un intreccio ed una sovrapposizione tra diverse materie e diversi livelli di competenza, il principio-cardine su cui ha fatto leva la giurisprudenza della Corte costituzionale per risolvere questi frequenti casi di intersezione e sovrapposizione tra competenze statali e competenze regionali e' stato quello della leale collaborazione, «che per la sua elasticita' consente di aver riguardo alle peculiarita' delle singole situazioni» ed impone alla legge statale di predisporre adeguati strumenti di coinvolgimento delle regioni, a salvaguardia delle loro competenze (sentenza n. 50/2005; nello stesso senso, ex plurimis, sentenze n. 44/2014, n. 234/2012, n. 187/2012, n. 88/2009, n. 50/2008, n. 213/2006, n. 133/2006, n. 231/2005, n. 219/2005). E il parametro della leale collaborazione trova attuazione anche attraverso il sistema delle Conferenze Stato-regioni e autonomie locali, all'interno del quale «si sviluppa il confronto tra i due grandi sistemi ordinamentali della Repubblica, in esito al quale si individuano soluzioni concordate di questioni controverse locali» (sentenza n. 31/2006; nello stesso senso, ex multis, sentenza n. 114/2009). La leale collaborazione si persegue con lo strumento dell'intesa con la regione o in Conferenza unificata e, quando questa e' prevista, il legislatore deve disciplinare idonee procedure per consentire reiterate trattative volte a superare le divergenze ed eventuali mancati accordi, per non vanificare la necessaria bilateralita' della relativa procedura (cent. n. 114 del 2017, n. 117 del 2013, n. 39 del 2013, n. 179 del 2012, n. 33 del 2011, n. 121 del 2010, n. 24 del 2007, n. 339 del 2005). In particolare, nella sentenza n. 39 del 2013 viene ricordato come, nei casi in cui sia prescritto un accordo tra Stato e sistema delle autonomie regionali, il suo mancato raggiungimento non legittima, di per se', l'assunzione unilaterale di un provvedimento: in tali casi si tratta infatti di «atti a struttura necessariamente bilaterale», non sostituibili da una determinazione del solo Stato (sentenza n. 383 del 2005). A tal fine devono dunque essere previste procedure di reiterazione delle trattative; in sostanza, quindi, l'assunzione unilaterale dell'atto non puo' essere prevista come «mera conseguenza automatica del mancato raggiungimento dell'intesa», con sacrificio della sfera di competenza costituzionalmente attribuita alla regione e violazione, per l'effetto, del principio di leale collaborazione (sentenza n. 179 del 2012). Ancora, nella sentenza n. 165/2011, e' affermato: «Nella norma censurata e' previsto un potere sostitutivo del Governo in caso di mancato raggiungimento dell'intesa, esercitabile "decorsi trenta giorni dalla convocazione del primo incontro tra il Governo e la regione o la provincia autonoma interessata" ... La previsione dell'intesa, imposta dal principio di leale collaborazione, implica che non sia legittima una norma contenente una "drastica previsione" della decisivita' della volonta' di una sola parte, in caso di dissenso, ma che siano necessarie "idonee procedure per consentire reiterate trattative volte a superare le divergenze" (ex plurimis, sentenze n. 121 del 2010, n. 24 del 2007, n. 339 del 2005). Solo nell'ipotesi di ulteriore esito negativo di tali procedure mirate all'accordo, puo' essere rimessa al Governo una decisione unilaterale (sentenza n. 33 del 2011). La norma impugnata configura una di quelle drastiche previsioni di superamento unilaterale dell'intesa da parte dello Stato, ritenute dalla giurisprudenza di questa Corte come inidonee ad assicurare il rispetto del principio di leale collaborazione». I suddetti principi sono totalmente disattesi nel caso in esame disciplinato dal comma 5-quinquies introdotto dall'art. 1, comma 557, legge n. 197 del 2022. Non e' prevista infatti alcuna articolazione procedurale, che possa consentire un superamento concordato del dissenso. L'intervento unilaterale dello Stato non si presenta quindi come l'ipotesi estrema, che si verifica allorche' l'esperimento di ulteriori procedure bilaterali si sia rivelato inefficace, ma e' previsto come conseguenza automatica del mancato raggiungimento dell'accordo, in relazione al quale, peraltro, e' fissato un termine molto ristretto ed incerto per l'effettivo svolgimento delle attivita' rivolte al fine dell'accordo medesimo (appena quarantacinque giorni dalla trasmissione dello schema del decreto). Invece, stante la rilevata intersezione e sovrapposizione tra le competenze statali e regionali, non e' ammissibile nella fattispecie in esame un secco intervento sostitutivo statale e non puo' prescindersi da un coinvolgimento effettivo e realmente collaborativo delle regioni, tramite la Conferenza unificata, con insufficienza del mero parere previsto dalle norme impugnate acquisito dagli uffici scolastici regionali alla fine del procedimento, quando viene ripartito il contingente dei dirigenti scolastici assegnato. 2.d) Anche nel caso in esame, come per il precedente comma 5-quater, risulta violato l'art. 118, primo e secondo comma, in quanto viene allocata in capo allo Stato (Ufficio scolastico regionale) la funzione di ripartizione del contingente scolastico, che incide sul dimensionamento scolastico, in assenza di esigenze di carattere unitario e in assenza di un procedimento basato sulla leale collaborazione che garantisca l'effettiva partecipazione della Regione, la quale viene invece solo «sentita», in deciso contrasto con lo statuto giuridico della chiamata in sussidiarieta', come elaborato dalla giurisprudenza costituzionale. Per tutti questi motivi sussiste la violazione degli articoli 5, 117, terzo comma, 118, primo e secondo comma e 120 della Costituzione. 3) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 557 della legge 29 dicembre 2022, n. 197, nella parte in cui introduce il comma 5-sexies nell'art. 19 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, per violazione degli articoli 34 e 117, terzo comma della Costituzione. La lesione delle competenze regionali in materia di istruzione trova conferma nel comma 5-sexies, il quale prevede, senza alcun coinvolgimento regionale nel relativo procedimento, la determinazione in progressiva riduzione degli organici scolastici. Riduzione che, come evidenziato ai precedenti punti, determina l'inevitabile necessita' per le regioni di rivedere la propria programmazione della rete scolastica e il dimensionamento degli istituti, in assenza di dirigenti e in assenza di una diversa modalita' di copertura dei posti. Pertanto risulta violato l'art. 117, terzo comma della Costituzione. Ma e' violato anche l'art. 34 della Costituzione, con lesione indiretta delle attribuzioni regionali. Infatti la riduzione in esame e' finalizzata a determinare a regime, senza alcuna limitazione temporale, una contrazione della rete scolastica, prescindendo del tutto dalle esigenze sostanziali di servizio cui la stessa e' destinata, ed in particolare dall'andamento della popolazione scolastica. Cio' determina una compromissione del diritto all'istruzione ove la citata riduzione renda inadeguata la rete rispetto alle esigenze dell'utenza nel caso di crescita della popolazione scolastica. 4) Ulteriore illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 557 della legge 29 dicembre 2022, n. 197, nella parte in cui introduce i commi 5-quater, 5-quinquies e 5-sexies nell'art. 19 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, per violazione degli articoli 117, terzo comma e 119 della Costituzione. Neppure puo' invocarsi, a sostegno della legittimita' dell'intervento legislativo statale in esame, la competenza concorrente in materia di coordinamento della finanza pubblica, ai sensi dell'art. 117, terzo comma e dell'art. 119 della Costituzione, in funzione dell'obiettivo di riduzione della spesa corrente del personale scolastico. Come chiarito dalla Corte costituzionale, «pur perseguendo la disposizione in esame evidenti finalita' di contenimento della spesa pubblica, resta pur sempre il fatto che anche tale titolo consente allo Stato soltanto di dettare principi fondamentali, e non anche norme di dettaglio; e, secondo la giurisprudenza di questa Corte, "norme statali che fissano limiti alla spesa delle regioni e degli enti locali possono qualificarsi principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica alla seguente duplice condizione: in primo luogo, che si limitino a porre obiettivi di riequilibrio della medesima, intesi nel senso di un transitorio contenimento complessivo, anche se non generale, della spesa corrente; in secondo luogo, che non prevedano in modo esaustivo strumenti o modalita' per il perseguimento dei suddetti obiettivi" (sentenza n. 326 del 2010)» (cosi' sentenza n. 147/2012). Sulla base delle considerazioni esposte ai precedenti motivi di ricorso, va rilevato che la disposizione in esame non risponde alle suddette condizioni necessarie per costituire un principio fondamentale in materia di coordinamento della finanza pubblica, con conseguente violazione degli articoli 117, terzo comma e 119, comma della Costituzione. 5) Ulteriore illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 557, della legge 29 dicembre 2022, n. 197, nella parte in cui introduce i commi 5-quater, 5-quinquies e 5-sexies nell'art. 19 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, per violazione degli articoli 117, terzo comma e 118 della Costituzione. Il riferimento al Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e' la chiave adottata dallo Stato per superare i limiti della competenza regionale in materia di dimensionamento della rete scolastica; in una delle riunioni politiche svoltesi tra lo Stato e le regioni l'amministrazione statale ha rilevato che il rispetto degli accordi internazionali consentirebbe di superare quegli aspetti controversi di questa norma relativi alle prerogative costituzionali della regione in materia di dimensionamento della rete scolastica. La missione 4 componente 1 («Potenziamento dell'offerta dei servizi di istruzione: dagli asili nido alle universita'») del Piano nazionale di ripresa e resilienza prevede all'interno della riforma 1.3 («Riforma dell'organizzazione del sistema scolastico»), quanto segue: «La riforma consente di ripensare all'organizzazione del sistema scolastico con l'obiettivo di fornire soluzioni concrete a due tematiche in particolare: la riduzione del numero degli alunni per classe e il dimensionamento della rete scolastica. In tale ottica si pone il superamento dell'identita' tra classe demografica e aula, anche al fine di rivedere il modello di scuola. Cio', consentira' di affrontare situazioni complesse sotto numerosi profili, ad esempio le problematiche scolastiche nelle aree di montagna, nelle aree interne e nelle scuole di vallata». L'allegato alla «Decisione di esecuzione» con cui il Consiglio dell'Unione europea il 13 luglio 2021 ha definitivamente approvato il PNRR dell'Italia, chiarisce poi, con riferimento alla riforma 1.3, che e' necessario prevedere una «revisione delle norme relative alle dimensioni degli edifici scolastici» specificando quanto segue: «Come "parametro efficace" per individuare i plessi accorpati ad altri istituti dovra' essere adottata la popolazione scolastica regionale, anziche' la popolazione del singolo istituto come previsto dalla legislazione vigente». Niente viene indicato nel PNRR in merito alla necessita' di ridurre il numero delle scuole e dei dirigenti scolastici. ne' l'esigenza di una riorganizzazione della rete scolastica postula necessariamente una riduzione del numero delle autonomie scolastiche. Appare evidente che la norma non intende andare nel senso auspicato dal PNRR ma e' volta unicamente a procurare risparmi. 5.a) In ogni caso il richiamo al PNRR e al correlato interesse nazionale non legittima le norme contestate. Non e', infatti, ammissibile invocare un paradigma che non fa piu' parte del nostro diritto costituzionale ormai da piu' di un ventennio, come scolpito nella sentenza n. 303 del 2003 al punto 2.2 del Considerato in diritto ove si legge: «Nel nuovo titolo V l'equazione elementare interesse nazionale = competenza statale, che nella prassi legislativa previgente sorreggeva l'erosione delle funzioni amministrative e delle parallele funzioni legislative delle regioni, e' divenuta priva di ogni valore deontico, giacche' l'interesse nazionale non costituisce piu' un limite, ne' di legittimita', ne' di merito, alla competenza legislativa regionale». Peraltro, va sottolineato che le impugnate disposizioni non hanno affatto ad oggetto interventi finanziati attraverso il PNRR e quest'ultimo, come rilevato, nulla dispone in merito alla necessita' di ridurre il numero delle scuole, ne' l'esigenza di una riorganizzazione della rete scolastica postula necessariamente una riduzione del numero delle autonomie scolastiche. 5.b) In ogni caso, per invocare la strategicita' delle azioni e la correlata necessita' dell'intervento statale, occorre rispettare i requisiti di legittimita' costituzionale della chiamata in sussidiarieta', del tutto inosservati invece nel caso di specie. In primo luogo, l'intervento legislativo contestato e' sproporzionato e irragionevole rispetto all'obiettivo dichiarato di riorganizzare la rete scolastica. Che il rispetto delle attribuzioni regionali sia un fattore che ostacola tale finalita' e' indimostrato e privo di seri elementi di valutazione in merito. Dagli atti parlamentari non risulta la ragione di questa significativa modifica, invasiva delle competenze costituzionali delle regioni. Inoltre, come gia' accennato, lo statuto giuridico della chiamata in sussidiarieta' richiede che sia raggiunta un'intesa con le regioni: sussidiarieta' e adeguatezza non possono dunque venire di per se' poste a fondamento dell'intervento statale, ma devono concretizzarsi in un procedimento che assicuri quanto meno la «possibilita'» di una vera e propria attivita' concertativa tra Stato e regioni. In merito la giurisprudenza costituzionale ha rilevato: «allorche' sia ravvisabile un'esigenza di esercizio unitario a livello statale di determinate funzioni amministrative, lo Stato e' abilitato, oltre che ad accentrare siffatto esercizio ai sensi dell'art. 118 della Costituzione, anche a disciplinarlo per legge, e cio' anche quando quelle stesse funzioni siano riconducibili a materie di legislazione concorrente o residuale. In tal caso, i principi di sussidiarieta' e di adeguatezza, in forza dei quali si verifica l'ascesa della funzione normativa, dal livello regionale a quello statale, convivono con il normale riparto di competenze delineato dal titolo V della Costituzione e possono giustificarne una deroga (ex plurimis, sentenze 71.374 e n. 88 del 2007; n. 303 del 2003). Sempre alla stregua della costante giurisprudenza di questa Corte, tuttavia, affinche' detta deroga possa ritenersi legittima e' necessario - stante la rilevanza dei valori in gioco - per un verso, che la valutazione dell'interesse unitario sottostante all'assunzione di funzioni regionali da parte dello Stato sia proporzionata e rispondente a ragionevolezza alla stregua di uno scrutinio stretto; per altro verso, che siano previste adeguate forme di coinvolgimento delle regioni interessate nello svolgimento delle funzioni allocate in capo agli organi centrali, in modo da contemperare le ragioni dell'esercizio unitario di date competenze e la garanzia delle funzioni costituzionalmente attribuite alle regioni stesse (ex plurimis, sentenze n. 179 e n. 163 del 2012, n. 232 del 2011). Piu' in particolare, la legislazione statale di questo tipo «puo' aspirare a superare il vaglio di legittimita' costituzionale solo in presenza di una disciplina che prefiguri un iter in cui assumano il dovuto risalto le attivita' concertative e di coordinamento orizzontale, ovverosia le intese, che devono essere condotte in base al principio di lealta'» (sentenze n. 278 del 2010, n. 383 del 2005, n. 6 del 2004 e n. 303 del 2003) (sentenza n. 261/2015 e, da ultimo, sentenza n. 6 del 2023). Tali principi non sono rispettati dalle impugnate disposizioni che, come rilevato al precedente punto 2c), superano unilateralmente l'eventuale mancato accordo tra Stato e regioni, con una sostituzione secca dell'amministrazione statale a quella regionale. La denunciata incostituzionalita' trova conferma nel fatto che le norme in esame non esprimono esigenze di carattere unitario alla stregua dei valori da tutelare e non riguardano norme generali sull'istruzione, ne' principi generali della materia; non contengono «le indicazioni delle finalita'» della scuola; non pongono «condizioni minime di uniformita' in materia scolastica», ne' esprimono essenziali interventi volti a garantire l'uguaglianza sostanziale nell'accesso e nella fruizione della cultura, da doversi applicare indistintamente su tutto il territorio nazionale (come, ad esempio, la tipologia e la durata dei corsi di istruzione, le modalita' di passaggio tra i diversi ordini di scuola, la valutazione degli apprendimenti, il riconoscimento dei titoli di studio, i criteri di selezione e di reclutamento del personale). 6) Ulteriore illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 557 della legge 29 dicembre 2022, n. 197, nella parte in cui introduce i commi 5-quater, e 5-quinquies nell'art. 19 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, per violazione degli articoli 117, sesto comma della Costituzione. I commi 5-quater e 5-quinquies introdotti dall'impugnata disposizione prevedono che la ripartizione del contingente scolastico sia effettuata con «decreto» senza specificare se tale atto abbia natura regolamentare o meno. Cio' determina la violazione dell'art. 117, sesto comma della Costituzione, perche' si consente allo Stato l'esercizio di un potere regolamentare in materie diverse da quelle attribuite alla sua potesta' legislativa esclusiva. Ne' puo' replicarsi che il decreto in esame non avrebbe natura regolamentare, dal momento che il medesimo e' destinato a contenere criteri e ripartizione del personale e pertanto, indipendentemente dal nome, costituisce illegittimo esercizio della potesta' regolamentare, eludendo la disposizione costituzionale che regola la distribuzione di tale potere. Il riparto stabilito dall'art. 117, sesto comma, della Costituzione costituisce la traduzione in norma costituzionale del principio - gia' enunciato dalla giurisprudenza della Corte costituzionale nella vigenza del precedente titolo V della Costituzione - secondo il quale nessun tipo di regolamento statale sarebbe legittimato a disciplinare materie di competenza regionale (sentenze n. 376 del 2002, n. 507 del 2000, n. 408 del 1998, n. 333 del 1995 e n. 465 del 1991). 7) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 558 della legge 29 dicembre 2022, n. 197, per violazione degli articoli 117, terzo comma, 118, primo comma e 119 della Costituzione. Il comma 558 stabilisce la destinazione e l'utilizzo dei risparmi derivanti dall'applicazione del comma 557. La disposizione pretermette le regioni dalle scelte riguardanti l'utilizzo del fondo ivi previsto, con grave lesione delle attribuzioni regionali; inoltre non e' previsto che il decreto del Ministro dell'istruzione e del merito, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il quale si provvede al riparto delle risorse esistenti nel fondo istituito dal medesimo comma 558, sia adottato previa intesa acquisita nella sede della Conferenza unificata. Cio' determina la violazione degli articoli 117, terzo comma, 118, primo comma e 119 della Costituzione, nonche' del principio di leale collaborazione. in quanto non e' consentito alla legge statale istituire fondi con vincolo di destinazione riconducibili a materie di competenza regionale (quale e' l'«istruzione»), salvo che non preveda, in ossequio al c.d. «paradigma della sussidiarieta' legislativa», l'intesa nella piu' appropriata sede individuata all'interno del «sistema delle Conferenze» ai fini delle scelte concernenti il trasferimento delle risorse.
P. Q. M. Si conclude affinche' piaccia all'ecc.ma Corte costituzionale dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 557 - nella parte in cui introduce i commi 5-quater, 5-quinquies, 5-sexies nell'art. 19 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 - e del comma 558 della legge 29 dicembre 2022, n. 197, per i motivi indicati nel presente ricorso. Si deposita la deliberazione della giunta regionale n. 105 del 13 febbraio 2023 di autorizzazione alla proposizione del ricorso. Firenze-Roma, 23 febbraio 2023 L'avvocato: Bora