N. 27 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 novembre 2022
Ordinanza del 23 novembre 2022 del Tribunale di Lucca nel procedimento civile promosso da L.F. P.M. contro Comune di Massarosa. Impiego pubblico - Trattamento economico - Abrogazione dei diritti di rogito del segretario comunale e provinciale - Previsione che, anche in combinato disposto con l'art. 10, comma 1, del decreto-legge n. 90 del 2014, come convertito, limita l'attribuzione di una quota di tali diritti, spettanti all'ente locale, ai segretari comunali che non abbiano qualifica dirigenziale o che prestino servizio in enti locali privi di personale con qualifica dirigenziale, anziche' prevederla per tutti i segretari comunali e provinciali. - Decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 (Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari), convertito, con modificazioni, nella legge 11 agosto 2014, n. 114, art. 10, comma 2-bis, anche in combinato disposto con il comma 1 del medesimo articolo.(GU n.11 del 15-3-2023 )
IL TRIBUNALE ORDINARIO DI LUCCA Sezione Lavoro Nella causa civile iscritta al N.R.G. 1093/2020 promossa da P.M.L.F., ricorrente; contro Comune Massarosa, resistente. Il Giudice dott.ssa Alfonsina Manfredini, a scioglimento della riserva assunta all'udienza del 9 novembre 2022, premesso che: la ricorrente ha opposto censure all'art. 10, comma 2-bis del decreto-legge n. 90 del 2014 (recante «Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari», convertito, con modificazioni, in legge 11 agosto 2014, n. 114), anche in combinato disposto con il comma 1, nella parte in cui prevede che i diritti di segreteria (di rogito) possano essere erogati solo ai segretari privi di qualifica dirigenziale o in servizio in enti locali privi di dipendenti con qualifica dirigenziale; ella ritiene che tale norma sia in contrasto e in violazione dei principi di cui all'art. 3 della Costituzione, tanto sotto il profilo dell'uguaglianza, quanto sotto il profilo della ragionevolezza, agli articoli 36 e 97 della Costituzione, nonche' dei principi di certezza del diritto e di legittimo affidamento, anche in considerazione di quanto stabilito dall'art. 37 CCNL dei segretari, e, infine, per violazione dell'art. 77 della Costituzione; con provvedimento del 15 luglio 2021 questo giudice, ritenendo non manifestamente infondate le censure sollevate dalla difesa della ricorrente, aveva disposto la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale affinche', ove ne ravvisasse i presupposti, dichiarasse l'illegittimita' costituzionale dell'art. 10 comma 2-bis, anche in combinato disposto con il comma 1 del medesimo articolo, del decreto-legge n. 90 del 2014 convertito con modificazioni in legge n. 114/2014; la Consulta ha dichiarato inammissibili le questioni di illegittimita' costituzionale dell'art. 10, comma 2-bis del decreto-legge 24 giugno 2014 n. 90 (Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari) convertito con modificazioni nella legge 11 agosto 2014, 114 sollevate anche in combinato disposto con il comma 1 dello stesso art. 10 in riferimento agli art. 3, 36, 77 e 97 della Costituzione; la pronuncia di inammissibilita' consegue alla valutazione fatta dalla Corte per cui il Giudice a quo, pur riferendo che la ricorrente ha svolto le funzioni di segretario comunale di prima fascia con qualifica dirigenziale e abilitazione a prestare servizio presso gli enti territoriali di classe 1A e 1B ) presso il Comune di Massarosa «non ha chiarito se tale Comune avesse, o meno, dirigenti nel proprio organico.». La Corte costituzionale osserva ancora che «il giudice rimettente tace del tutto su un ulteriore aspetto decisivo ai fini dell'apprezzamento del requisito della rilevanza. Egli infatti, omette di precisare se la ricorrente abbia, o meno, beneficiato dell'istituto dell'allineamento stipendiale (noto anche, nel linguaggio comune con il termine "galleggiamento", in base al quale la retribuzione di posizione del segretario e' innalzata fino a quella stabilita dalla contrattazione collettiva per la funzione dirigenziale piu' elevata nell'ente». Ritenuto che tale pronuncia di inammissibilita' della Corte non precluda una nuova trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, integrandosi l'ordinanza di remissione con i dati ritenuti carenti. Tanto premesso, ha pronunciato la seguente ordinanza. Rilevato che: la ricorrente, segretaria comunale con qualifica dirigenziale (fascia «A»), ha prestato la propria attivita' dal 2 gennaio 2016 al 3 novembre 2019, nel Comune di Massarosa, Comune che in tale periodo aveva - come peraltro oggi ha - dirigenti. In tale periodo, la dott.ssa L.F. ha rogitato per il Comune di Massarosa un certo numero di atti, come risulta da lettera dello stesso Comune, e ha quindi chiesto la corresponsione dei relativi diritti. Il Comune di Massarosa nella medesima lettera in cui quantificava i diritti, ha risposto di non poter dar seguito alla richiesta, in virtu' del disposto dell'art. 10 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, come convertito in legge 11 agosto 2014, n. 114, pur evidenziando (con lettera 20 novembre 2020 (depositata in atti) che l'ammontare complessivo dei diritti di rogito percepiti dal Comune di Massarosa per l'attivita' prestata dalla dott.ssa L.F. e' pari a euro 30.731,66. La disposizione richiamata dal Comune a fondamento del proprio diniego esclude, in effetti, che i diritti di rogito possano essere corrisposti ai segretari con qualifica dirigenziale (fascia «A» o «B») che operano in Comuni con dirigenti e la dott.ssa L.F. e', in effetti, un segretario di fascia «A» che operava, nel periodo considerato, nel Comune di Massarosa, il quale aveva - come ha - dirigenti. Pertanto, la ricorrente presentava istanza di rimettere alla Corte questione di legittimita' costituzionale della norma richiamata; la ricorrente, in particolare, ha opposto censure all'art. 10, comma 2-bis del decreto-legge n. 90 del 2014 (recante «Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari», convertito, con modificazioni, in legge 11 agosto 2014, n. 114), anche in combinato disposto con il comma 1, nella parte in cui prevede che i diritti di segreteria (di rogito) possano essere erogati solo ai segretari privi di qualifica dirigenziale o in servizio in enti locali privi di dipendenti con qualifica dirigenziale; ella ritiene che tale norma sia in contrasto e in violazione dei principi di cui all'art. 3 della Costituzione, tanto il profilo dell'uguaglianza, quanto sotto il profilo della ragionevolezza, agli articoli 36 e 97 della Costituzione, nonche' dei principi di certezza del diritto e di legittimo affidamento, anche in considerazione di quanto stabilito dall'art. 37 CCNL dei segretari, e, infine, per violazione dell'art. 77 della Costituzione. Cio' posto, questo Giudice ritiene di accogliere la richiesta, avanzata dai difensori della ricorrente avvocati Andrea Pertici e Domenico Iaria, di rimettere la questione al vaglio della Consulta, osservando che non appare condivisibile la posizione del Comune di Massarosa che ha chiesto, in via incidentale, di rigettare l'istanza della controparte per il ricorso alla Corte costituzionale, ritenendola manifestamente infondata per quanto detto dal Giudice delle leggi nella sentenza del 7 aprile 2016, n. 75, in cui la Corte, esprimendosi sulla non illegittimita' costituzionale dell'art. 11 della legge regionale della Regione Autonoma del Trentino-Alto Adige n. 11 del 2014, ha ricondotto alla «sfera di legittimita' costituzionale» l'art. 10, decreto-legge n. 90 del 2014, individuando la platea dei beneficiari dei diritti di rogito, limitatamente ai segretari di fascia «C», privi di qualifica dirigenziale, e a quelli che, pur rivestendo qualifica dirigenziale, prestano l'attivita' di rogito presso enti privi di dipendenti con qualifica dirigenziale. Ad avviso di questo giudicante, infatti, la legittimita' costituzionale, o meno, della disposizione citata non era oggetto del thema decidendum sottoposto dal Giudice rimettente al vaglio della Consulta. Sulla rilevanza quella questione di legittimita' costituzionale. Rilevato che: nel periodo di tempo tra il 2 gennaio 2016 e il 3 novembre 2019 P.M.L.F. ha svolto le funzioni di segretario comunale di prima fascia (con qualifica dirigenziale e abilitazione a prestare servizio presso gli enti territoriali di classe 1^A e 1^B) presso il Comune di Massarosa (Lu), che si precisa, anche alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 181/2022, avere avuto all'epoca dei fatti - come continua ad avere - dirigenti nel proprio organico, e, nell'esercizio delle sue funzioni, ha rogato un significativo numero di atti, per i quali l'Amministrazione comunale ha incassato la somma complessiva di euro 30.731,66 (euro 9.565,61 per l'anno 2016, euro 5.169,52 per il 2017, euro 6.713,44 per il 2018, euro 2.238,09 per il 2019) e, tuttavia, la ricorrente non ha ricevuto alcun diritto di rogito da parte dell'ente locale e, nonostante le sue espresse sollecitazioni, il Comune di Massarosa ha negato di poter dare seguito alla richiesta in forza di quanto previsto dall'art. 10, decreto-legge n. 90 del 2014; P.M.L.F., mediante ricorso ex art. 414 c.p.c., presentato dinanzi al Tribunale di Lucca in funzione del Giudice del lavoro, ha incardinato il presente giudizio R.G. n. 1093/2020 nei confronti del Comune di Massarosa, nella persona del sindaco pro tempore ..., al fine di vedersi riconosciuti dall'ente i diritti di rogito per l'attivita' prestata in qualita' di segretario comunale; i difensori della ricorrente contestano la legittimita' costituzionale del decreto-legge n. 90 del 2014, convertito, con modificazioni, in legge n. 114 del 2014, relativamente all'art. 10, comma 2-bis, anche in combinato disposto con il comma 1, nella parte in cui tale norma limita l'attribuzione di una quota dei diritti di rogito spettanti all'ente locale ai segretari comunali che non abbiano qualifica dirigenziale o che prestino servizio in enti locali privi di personale con qualifica dirigenziale, anziche' prevederla per tutti i segretari comunali e provinciali. Essi ritengono tale norma violativa dei principi di uguaglianza e di ragionevolezza di cui all'art. 3 della Costituzione, ovvero di quelli espressi agli articoli 36, 77, 97 della Costituzione, nonche' dei principi di certezza del diritto e di legittimo affidamento, anche in considerazione di quanto previsto dall'art. 37 CCNL dei segretari. Ritenuto che: l'art. 10, comma 2-bis, decreto-legge n. 90 del 2014, cosi' come formulato, appare disconoscere il valore dell'attivita' di rogito degli atti del segretario comunale, in qualita' di pubblico ufficiale, potendo giungere a negare qualunque specifico compenso per la stessa, quando - come nel caso di specie - ricorra il caso di un segretario con qualifica dirigenziale, che opera in un Comune con dirigenti; lo stesso crea significative discriminazioni prive di ragionevolezza e financo rimesse alla casualita' (non essendoci regole che ancorino la presenza di dirigenti all'interno degli enti locali a fattori oggettivi) e non sempre prevedibili, e disincentiva dal rogare gli atti, incidendo negativamente sull'efficienza della pubblica amministrazione; il contenuto dell'art 10 suddetto, in parte qua, appare disomogeneo rispetto al contenuto del decreto-legge n. 90 del 2014 e privo di ragioni idonee a giustificare il ricorso al decreto-legge, manifestamente carente di un caso straordinario di necessita' e di urgenza; il caso all'esame di questo giudice e' tale per cui la norma in oggetto si appalesa dirimente, poiche' impedisce, cosi' come formulata, di accogliere le pretese avanzate dalla ricorrente, essendo ella segretaria di fascia «A» che operava in un Comune con dirigenti, come pacificamente inteso anche dal resistente che non ha riconosciuto le pretese della ricorrente proprio in forza del disposto della norma in esame; il giudizio di merito non possa essere definito a prescindere dalla risoluzione della sollevata questione di legittimita' costituzionale in merito all'art. 10, comma 2-bis, decreto-legge n. 90 del 114, il quale limita la corresponsione dei diritti di rogito ai casi in cui vi sia un difetto della qualifica dirigenziale del segretario comunale o provinciale (cosa che non si verifica nel caso della dott.ssa L.F., che e' segretario di fascia «A») e in cui non vi siano dipendenti con qualifica di dirigente nell'organico dell'ente locale (cosa che non si verifica nel caso di specie, perche' il Comune di Massarosa aveva - come ha - dirigenti nel proprio organico); conclusivamente debba ritenersi sussistere nel presente procedimento la concreta rilevanza della questione di legittimita' costituzionale della disposizione legislativa di cui all'art. 10, comma 2-bis, decreto-legge n. 90 del 114, convertito, con modificazioni, in legge n. 114 del 2014. Sulla non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale. Ritenuto che non sia possibile offrire un'interpretazione costituzionalmente conforme della norma in esame, in quanto il suo tenore letterale, chiaro e specifico, non lascia margini per addivenire a un'interpretazione difforme - costituzionalmente orientata - della norma stessa. Rilevato che: la questione attiene, primariamente, alla necessita' di ripristinare la parita' di trattamento sotto il profilo del riconoscimento dei diritti di rogito tra i segretari comunali e provinciali c.d. di prima fascia e quelli di fascia inferiore e tra quelli operanti in enti locali privi di personale con qualifiche dirigenziali e quelli prestanti la propria attivita' presso un'Amministrazione comunale o provinciale avente nel proprio organico dipendenti con qualifica dirigenziale; la competenza dei segretari comunali e provinciali a rogare gli atti dell'ente locale risale al regio decreto 3 marzo 1934, n. 383: in particolare, dall'art. 89 emergeva il carattere autonomo dell'attivita' di rogito esercitata dai segretari rispetto alle altre competenze degli stessi in servizio presso l'ente, e la conseguente attribuzione di un autonomo - e ragionevole - compenso; la Sezione V del Consiglio di Stato con la sentenza del 12 novembre 2015, n. 5183, ha affermato che «i diritti di rogito hanno una funzione di remunerazione di una particolare attivita' alla quale e' correlata una responsabilita' di ordine speciale e sorgono con l'effettiva estrinsecazione della funzione di rogante la quale, ancorche' di carattere obbligatorio, eccede l'ambito delle attribuzioni di lavoro normalmente riconducibili al pubblico impiego», non apparendo ragionevole dedurre l'omnicomprensivita' del trattamento; l'esercizio di detta competenza, sin dall'origine e a tutt'oggi (se pur con riguardo ad alcuni segretari comunali), si e' posta come autonoma e del tutto peculiare rispetto alle altre funzioni che il segretario esercita alle dipendenze dell'ente locale, rappresentando l'eventuale alternativa al ricorso a un notaio, ovvero implicando - detta funzione - anche diverse e specifiche responsabilita', eccedenti l'ambito delle attribuzioni riconducibili al segretario in base al rapporto di pubblico impiego; Ritenuto che: cosi' formulato, la limitazione contenuta nell'art. 10, comma 2-bis, decreto-legge n. 90 del 2014, ove riconosce ai segretari una quota dei diritti di segreteria, seppure entro complessivamente il quinto dello stipendio, ma a condizione che l'attivita' di rogito degli atti agli enti locali sia prestata da segretari privi della qualifica dirigenziale o, comunque, operanti in Comuni privi di dirigenti, risulta confliggere con il diritto di detti segretari comunali a ricevere una retribuzione per le proprie prestazioni, commisurata alla quantita' e alla qualita' del lavoro, secondo quanto sancito dall'art. 36 della Costituzione; in tal modo i segretari comunali, a cui per effetto della suddetta norma non viene riconosciuto alcun diritto di rogito, vedono di fatto neutralizzata l'attivita' di rogito che e' invece attivita' specifica e ultronea rispetto a quella ordinariamente prestata dai segretari; la proporzionalita' e la sufficienza della retribuzione e' normalmente verificata avuto riguardo al CCNL che, nella specie, prevede la corresponsione dei diritti di segreteria (il cui ammontare e' poi determinato dalla legge) e l'eliminazione del diritto a percepire i diritti di segreteria per gli atti rogati ad avviso di questo giudice, viola i principi di certezza del diritto e legittimo affidamento, nella misura in cui, in virtu' dell'art. 37 del CCNL dei segretari, l'intera categoria dei segretari comunali e provinciali fa affidamento su tale voce stipendiale; la norma in esame risulta in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, tanto in relazione al profilo dell'uguaglianza, quanto per quello della ragionevolezza, poiche' idonea a creare, tra i segretari comunali e provinciali, allorquando svolgano la medesima funzione, trattamenti differenziati senza che cio' possa essere giustificato in base ad alcuna ratio, non comprendendosi il motivo per cui un segretario comunale o provinciale sia costretto a vedersi riconosciuti i diritti di segreteria soltanto quando appartenga a una fascia inferiore o svolga la sua attivita' in un ente privo di dirigenti; come argomentato dalla difesa della ricorrente, in maniera efficiente e condivisibile, non appare che la presente disparita' di trattamento discendente dalla norma censurata possa essere giustificata dalla presunta funzione «perequativa» di differenti trattamenti retributivi, ossia rispetto alle posizioni con retribuzione inferiore, ne' appare questa la ratio della corresponsione dei diritti di segreteria, considerando che non potrebbe assegnarsi una funzione «perequativa» a una voce di per se' variabile e, comunque, potenzialmente assente, qualora la presente attivita' venisse a mancare o a ridursi; sia condivisibile l'argomentazione di parte ricorrente circa l'erroneita' dei presupposti dell'asserita funzione perequativa e, in particolare, sull'applicazione dell'istituto del c.d. «galleggiamento», osservandosi che tale principio non opera automaticamente, essendovi casi in cui non opera, pur in presenza di dirigenti, come precisamente avveniva nel Comune di Massarosa, rispetto alla dott.ssa L.F., dalle cui buste paga prodotte (nel fascicolo e allegate alla memoria autorizzata del 25 ottobre 2022), risulta l'assenza di qualunque allineamento stipendiale o indennita' di maggiorazione, essendovi, d'altronde, casi in cui si applica a tutti i segretari, anche di fascia inferiore c.d. «C»; inoltre la connessione della corresponsione dei diritti di rogito con il «galleggiamento» non appare ragionevole da piu' punti di vista. Basti pensare che un segretario comunale puo' prestare le proprie attivita' anche in piu' Comuni, cosicche' l'allineamento stipendiale puo' intervenire per la presenza di dirigenti anche in uno solo dei Comuni presso i quali il segretario presta servizio e, in tale situazione, in forza della norma in oggetto, il segretario non riceve i diritti di rogito nel Comune ove sono presenti i dirigenti, che consente, pero', il «galleggiamento», ma, nonostante la sua retribuzione abbia «galleggiato» con la posizione economica dirigenziale piu' elevata e, non ravvisandosi alcuna esigenza perequativa», riceve comunque i diritti di rogito negli altri Comuni privi di dirigenti nei quali presta servizio (la stessa dott.ssa L.F., pur non godendo di un allineamento stipendiale, percepiva i diritti di rogito nel Comune di Seravezza e non in quello di Massarosa, pur con la medesima qualifica e posizione stipendiale e svolgendo la medesima attivita'). Pertanto, un segretario potrebbe finire per avere una retribuzione equiparata in tutte le voci contrattuali al dirigente e, al contempo, percepire anche i diritti di rogito, maturati per l'espletamento della funzione rogatoria nei Comuni convenzionati privi di dirigenti; per converso, un segretario comunale o provinciale di analoga fascia professionale, dipendente in uno o piu' Comuni con dirigenti, sicuramente non riceve i diritti di rogito, anche se non beneficia del «galleggiamento». Si aggiunga che, poiche' anche i segretari comunali di fascia «C» possono avere l'allineamento stipendiale e al contempo percepiscono sempre i diritti di rogito, la norma impugnata per come strutturata potrebbe vanificare la stessa progressione in carriera (che avviene attraverso il corso concorso) con ulteriore lesione dell'art. 97 della Costituzione; dunque la norma non assolve una funzione «perequativa», bensi' e' tale da determinare un'irragionevole disparita' di trattamento fra i segretari comunali e provinciali, quindi un'irragionevole difformita' in grado di inficiare la progressione in carriera dei lavoratori pubblici, cosi' violando i principi di cui all'art. 97 della Costituzione; la norma censurata si palesa disomogenea rispetto al contenuto del decreto-legge n. 90 del 2014 diretto a intervenire in tema di «Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari», mancando una situazione di necessita' e di urgenza tale da giustificare l'utilizzo da parte del legislatore della decretazione di urgenza per introdurre - in sede di conversione - la norma in esame. Ritenuto, conclusivamente e in presenza dei presupposti della rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione, che sia necessario sollevare la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 10, comma 2-bis, decreto-legge n. 90 del 2014, convertito, con modificazioni in legge n. 114 del 2014.
P.Q.M. Ritenuta la rilevanza nel presente giudizio e la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 10, comma 2-bis del decreto-legge n. 90 del 2014 convertito con modificazioni in legge n. 114/2014 per violazione degli articoli 3, sia sotto il profilo dell'uguaglianza che della ragionevolezza, 36, 97 e 77 della Costituzione nei termini che seguono: nella parte in cui tale norma, anche in combinato disposto con il comma 1, limita l'attribuzione di una quota dei diritti di rogito spettanti all'ente locale ai segretari comunali che non abbiano qualifica dirigenziale o che prestino servizio in enti locali privi di personale con qualifica dirigenziale, anziche' prevederla per tutti i segretari comunali e provinciali; sospende il presente procedimento; dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale affinche' ove ne ravvisi i presupposti, voglia dichiarare, nei termini sopra indicati, l'illegittimita' costituzionale dell'art. 10 comma 2-bis, anche in combinato disposto con il comma 1 del medesimo articolo, del decreto-legge n. 90 del 2014 convertito con modificazioni in legge n. 114/2014 per violazione degli articoli 3, sia sotto il profilo dell'uguaglianza che della ragionevolezza, 36, 97 e 77 della Costituzione; dispone che la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento; manda la cancelleria per gli adempimenti di sua competenza. Lucca, 23 novembre 2022 Il giudice: Manfredini