N. 39 ORDINANZA 23 febbraio - 9 marzo 2023

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Straniero - Immigrazione - Violazione  delle  misure  alternative  al
  trattenimento in un centro  di  permanenza  per  i  rimpatri  (CPT)
  disposte dal questore (nel caso di  specie:  obbligo  di  firma)  -
  Previsione di una  multa  da  3.000  a  18.000  euro  -  Denunciata
  violazione del principio di uguaglianza e  del  diritto  di  difesa
  nonche' dei principi di proporzionalita' e gradualita' della pena -
  Manifesta infondatezza delle questioni. 
- Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 1-bis. 
- Costituzione, artt. 3 e 24. 
(GU n.11 del 15-3-2023 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Silvana SCIARRA; 
Giudici :Daria de PRETIS,  Nicolo'  ZANON,  Franco  MODUGNO,  Augusto
  Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,  Giovanni  AMOROSO,  Francesco
  VIGANO', Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo  BUSCEMA,  Emanuela
  NAVARRETTA, Maria Rosaria  SAN  GIORGIO,  Filippo  PATRONI  GRIFFI,
  Marco D'ALBERTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  14,  comma
1-bis, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n.  286  (Testo  unico
delle disposizioni  concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e
norme sulla condizione dello straniero), promosso dal Giudice di pace
di Livorno nel  procedimento  penale  a  carico  di  J.M.  D.V.,  con
ordinanza del 14 febbraio  2022,  iscritta  al  n.  41  del  registro
ordinanze 2022 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 17, prima serie speciale, dell'anno 2022. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 22 febbraio 2023  il  Giudice
relatore Francesco Vigano'; 
    deliberato nella camera di consiglio del 23 febbraio 2023. 
    Ritenuto che il Giudice di pace di Livorno ha sollevato questioni
di legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 1-bis, del decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo  unico  delle  disposizioni
concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla  condizione
dello  straniero),  in  riferimento  agli  artt.   3   e   24   della
Costituzione, nella parte in cui prevede la multa da 3.000  a  18.000
euro «anziche' prevedere l'ammenda e nella misura inferiore, ritenuta
congrua alla violazione suddetta»; 
    che il rimettente deve giudicare della responsabilita' penale  di
un imputato al quale il pubblico ministero contesta il delitto di cui
all'art.  14,  comma  1-bis,  t.u.  immigrazione,  per  aver  violato
l'obbligo di firma impostogli dal Questore di Livorno nelle more  del
procedimento  di  allontanamento   dal   territorio   nazionale,   in
conseguenza di un previo provvedimento prefettizio di espulsione; 
    che, osserva il giudice a quo, la  sanzione  pecuniaria  prevista
dalla disposizione censurata e', nel massimo, piu' elevata di  quella
prevista dal comma 5-ter del medesimo art. 14 t.u. immigrazione,  che
- nell'ipotesi di espulsione disposta ai sensi dell'art. 13, comma 5,
t.u. immigrazione - spazia da un minimo di  6.000  a  un  massimo  di
15.000 euro, pur essendo tale delitto piu' grave di  quello  previsto
dal comma 1-bis, oggetto dei dubbi di legittimita' costituzionale; 
    che, d'altra parte,  la  disposizione  censurata  configura  come
delitto una condotta costituita dalla mera inosservanza di un  ordine
dell'autorita',  la  quale  costituisce   ordinariamente   una   mera
contravvenzione  ai  sensi   dell'art.   650   del   codice   penale,
suscettibile peraltro di estinzione per effetto di oblazione ex  art.
162-bis cod. pen.; 
    che  cio'  darebbe  luogo  a  una  violazione  del  principio  di
uguaglianza e del diritto di  difesa,  oltre  che  dei  «principi  di
proporzionalita' e di gradualita' della  pena,  in  violazione  anche
della Dir. 2008/115/CE»; 
    che e' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, sostenendo anzitutto l'inammissibilita' delle questioni; 
    che infatti, secondo l'interveniente, il giudice  a  quo  avrebbe
omesso di fornire un'interpretazione conforme alla Costituzione della
disposizione censurata,  a  fronte  dell'inesistenza  di  un  diritto
vivente «contra Constitutionem»; 
    che, nel merito, le questioni sarebbero  comunque  manifestamente
infondate; 
    che la configurazione della violazione come delitto  risulterebbe
del tutto coerente con l'intero impianto sanzionatorio in materia  di
immigrazione clandestina, volto ad apprestare una  tutela  rafforzata
del bene giuridico rappresentato dal controllo e gestione dei  flussi
migratori; 
    che tale considerazione  svuoterebbe  di  fondamento  la  censura
relativa alla pretesa violazione dell'art. 24 Cost., imperniata sulla
impossibilita' per l'imputato  di  ottenere  l'estinzione  del  reato
mediante l'oblazione di cui all'art. 162-bis cod. pen.; 
    che  nemmeno  sussisterebbe  una  irragionevole   disparita'   di
trattamento rispetto alla previsione sanzionatoria  di  cui  all'art.
14, comma 5-ter, t.u. immigrazione, che peraltro  prevede  un  minimo
edittale significativamente piu' elevato di quello contemplato  dalla
disposizione censurata, e che comunque  non  sanzionerebbe  un  fatto
piu' grave di quello previsto dal comma 1-bis; 
    che, in ogni caso, dovrebbe escludersi che  la  cornice  edittale
sottoposta all'attenzione di  questa  Corte  vincoli  il  giudice  ad
irrogare pene manifestamente sproporzionate per eccesso rispetto alla
gravita' dei fatti da essa sanzionati. 
    Considerato che il rimettente censura, in sostanza, da un lato la
manifesta eccessivita' della sanzione  comminata  dalla  disposizione
censurata in rapporto a quella prevista in due tertia comparationis -
l'art. 14, comma 5-ter, t.u. immigrazione e l'art. 650 cod.  pen.  -,
con conseguente violazione dell'art. 3 Cost.; e  dall'altro  denuncia
la mancata possibilita' di accesso  dell'imputato  all'oblazione  con
effetto estintivo del reato, che discende  dalla  configurazione  del
reato come delitto e non come  contravvenzione,  assumendo  che  cio'
determini la violazione, altresi', dell'art. 24 Cost.; 
    che non e' fondata  l'eccezione  dell'Avvocatura  generale  dello
Stato, secondo cui  il  rimettente  avrebbe  omesso  di  esperire  un
tentativo  di  interpretazione  costituzionalmente   conforme   della
disposizione censurata, dal momento che le sue doglianze sono rivolte
contro una cornice edittale  stabilita  dal  legislatore  in  termini
precisi,  non   suscettibili   di   dar   adito   ad   alcun   dubbio
interpretativo,  e  che  lo  stesso  rimettente  considera  pero'  in
contrasto con i parametri costituzionali evocati; 
    che,  nel  merito,  le  censure  formulate  dal  rimettente  sono
tuttavia manifestamente infondate; 
    che,  anzitutto,  l'allegata  violazione  dell'art.  3  Cost.  e'
motivata unicamente - salvo un cursorio riferimento  alla  disciplina
della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e  del  Consiglio,
del 16 dicembre 2008, recante norme e  procedure  comuni  applicabili
negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi  terzi  il  cui
soggiorno e' irregolare, che  resta  pero'  privo  di  ogni  sviluppo
argomentativo e non sfocia in un'autonoma questione  di  legittimita'
costituzionale in riferimento agli artt. 11 e 117, primo comma, Cost.
- sotto il profilo  della  irragionevole  disparita'  di  trattamento
rispetto ai due tertia comparationis sopra indicati; 
    che, secondo il rimettente, il primo di tali tertia - l'art.  14,
comma  5-ter,  t.u.  immigrazione  -  prevederebbe   un   trattamento
sanzionatorio meno gravoso di  quello  stabilito  dalla  disposizione
censurata, pur essendo piu' grave la condotta da esso punita; 
    che, pero', l'art. 14, comma  5-ter,  t.u.  immigrazione  commina
effettivamente una sanzione meno elevata nel  massimo  (15.000  euro)
rispetto a quella contemplata nella  disposizione  censurata  (18.000
euro), ma stabilisce - al contempo - una sanzione  piu'  gravosa  nel
minimo (6.000 euro) rispetto a quella di  3.000  euro,  prevista  dal
comma 1-bis; 
    che,  pertanto,  un  eventuale   accoglimento   della   questione
sollevata con  riferimento  al  primo  tertium  -  accoglimento  che,
peraltro, il rimettente neppure prospetta nelle proprie conclusioni -
condurrebbe all'assurdo risultato di vincolarlo, nel giudizio a  quo,
all'irrogazione di una pena pari  al  doppio  a  quella  minima  oggi
prevista dalla disposizione censurata, con  conseguente  aggravamento
del vizio di manifesta sproporzionalita' prospettato; 
    che, quanto all'art. 650 cod. pen., questa Corte  ha  piu'  volte
escluso  che  esso  possa  costituire  idoneo  tertium  comparationis
rispetto alle disposizioni  del  testo  unico  sull'immigrazione  che
sanzionino violazioni  commesse  dallo  straniero  sottoposto  a  una
procedura di espulsione, in ragione della particolare  rilevanza  per
l'ordinamento del bene giuridico da esse tutelato - il controllo e la
gestione dei flussi migratori - rispetto  al  generico  interesse  al
rispetto degli ordini dell'autorita' tutelato dall'art. 650 cod. pen.
(sentenza n. 22 del 2007; ordinanze n. 52 del 2008, n. 354 e  n.  167
del 2007); 
    che, d'altra parte,  lo  stesso  rimettente  vorrebbe  sostituire
all'attuale trattamento  sanzionatorio  previsto  dalla  disposizione
censurata non gia' l'intera cornice contemplata  dall'art.  650  cod.
pen. (l'arresto fino a tre mesi o l'ammenda fino a 206 euro),  bensi'
unicamente il segmento relativo  alla  pena  pecuniaria,  manipolando
cosi' arbitrariamente  la  stessa  scelta  sanzionatoria  legislativa
compiuta in  relazione  al  tertium  comparationis:  con  conseguente
auspicata creazione,  ad  opera  di  questa  Corte,  di  una  cornice
edittale del tutto  nuova,  non  riconducibile  ad  alcuna  soluzione
"costituzionalmente adeguata"  preesistente  nell'ordinamento  (come,
invece, e' accaduto, ex multis, nelle sentenze n.  95  e  n.  28  del
2022, n. 63 del 2021, n. 252 e n. 224 del 2020, n. 99  e  n.  40  del
2019, n. 222 del 2018); 
    che,  alla  luce   di   tali   considerazioni,   deve   ritenersi
manifestamente infondata la censura di  irragionevole  disparita'  di
trattamento rispetto a entrambi i tertia comparationis indicati; 
    che dall'evidenziata eterogeneita' della contravvenzione  di  cui
all'art. 650 cod. pen. discende, altresi', la manifesta  infondatezza
della censura formulata con riferimento all'art. 24 Cost.,  basata  a
sua  volta  unicamente  sull'asserita  irragionevole  disparita'   di
trattamento dell'imputato del delitto in esame rispetto  a  colui  al
quale sia contestata la contravvenzione ex art. 650 cod. pen., che ha
la possibilita' di ottenere una declaratoria di estinzione del  reato
previa oblazione, ai sensi dell'art. 162-bis cod. pen. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 11, comma 1, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla
Corte costituzionale. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara   la   manifesta   infondatezza   delle   questioni   di
legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma  1-bis,  del  decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo  unico  delle  disposizioni
concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla  condizione
dello straniero), sollevate, in riferimento agli artt. 3 e  24  della
Costituzione, dal Giudice di pace di Livorno con l'ordinanza indicata
in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 23 febbraio 2023. 
 
                                F.to: 
                     Silvana SCIARRA, Presidente 
                    Francesco VIGANO', Redattore 
             Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria 
 
    Depositata in Cancelleria il 9 marzo 2023. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA