N. 40 SENTENZA 11 gennaio - 10 marzo 2023

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Agricoltura e zootecnia - Indicazioni geografiche e denominazioni  di
  origine -  Strutture  di  controllo  delle  produzioni  agricole  e
  alimentari protette (DOP o IGP) - Inadempienze alle prescrizioni  o
  agli obblighi,  impartiti  dalle  competenti  autorita'  pubbliche,
  comprensivi  delle  disposizioni  del  piano  di  controllo  e  del
  relativo tariffario - Applicazione  della  sanzione  amministrativa
  pecuniaria «di euro  cinquantamila»,  anziche'  «da  un  minimo  di
  diecimila a un massimo  di  cinquantamila  euro»  -  Illegittimita'
  costituzionale in parte qua. 
- Decreto legislativo 19 novembre 2004, n.  297,  art.  4,  comma  1,
  primo periodo. 
- Costituzione, art. 3, in combinato disposto con gli artt. 42 e 117,
  primo  comma;  Protocollo  addizionale  alla  Convenzione  per   la
  salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle  liberta'  fondamentali,
  art. 1. 
(GU n.11 del 15-3-2023 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Silvana SCIARRA; 
Giudici :Daria de PRETIS,  Nicolo'  ZANON,  Franco  MODUGNO,  Augusto
  Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,  Giovanni  AMOROSO,  Francesco
  VIGANO', Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo  BUSCEMA,  Emanuela
  NAVARRETTA, Maria Rosaria  SAN  GIORGIO,  Filippo  PATRONI  GRIFFI,
  Marco D'ALBERTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  4  del
decreto legislativo 19 novembre 2004, n. 297,  recante  «Disposizioni
sanzionatorie in  applicazione  del  regolamento  (CEE)  n.  2081/92,
relativo  alla  protezione  delle  indicazioni  geografiche  e  delle
denominazioni  di  origine  dei  prodotti  agricoli  e   alimentari»,
promosso dalla Corte  di  cassazione,  sezione  seconda  civile,  nel
procedimento vertente tra l'Istituto nord est qualita'  (INEQ)  e  il
Ministero delle  politiche  agricole,  alimentari  e  forestali,  con
ordinanza del 14 marzo 2022, iscritta al n. 43 del registro ordinanze
2022 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  18,
prima serie speciale, dell'anno 2022. 
    Udito nella camera di consiglio dell'11 gennaio 2023  il  Giudice
relatore Franco Modugno; 
    deliberato nella camera di consiglio dell'11 gennaio 2023. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza pervenuta l'8 aprile 2022 (reg. ord. n. 43  del
2022), la Corte di cassazione, sezione seconda civile,  ha  sollevato
questioni di legittimita'  costituzionale  dell'art.  4  del  decreto
legislativo  19  novembre  2004,  n.   297,   recante   «Disposizioni
sanzionatorie in  applicazione  del  regolamento  (CEE)  n.  2081/92,
relativo  alla  protezione  delle  indicazioni  geografiche  e  delle
denominazioni di origine dei  prodotti  agricoli  e  alimentari»,  in
riferimento all'art. 3, in combinato disposto con gli artt. 42 e 117,
primo comma, della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art. 1
del Protocollo  addizionale  alla  Convenzione  europea  dei  diritti
dell'uomo. 
    1.1.- Il  giudice  a  quo  premette  che  all'Istituto  nord  est
qualita' (INEQ), al tempo l'organismo  di  controllo  della  qualita'
delle produzioni di  Prosciutto  di  San  Daniele,  denominazione  di
origine  protetta  (DOP),  e'  stata  applicata,  con   provvedimento
ministeriale,  la  sanzione   amministrativa   pecuniaria   di   euro
cinquantamila, in forza dell'art. 4 censurato, che  prevede:  «[a]lla
struttura di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), numero 1),  che
non adempie  alle  prescrizioni  o  agli  obblighi,  impartiti  dalle
competenti autorita' pubbliche, comprensivi  delle  disposizioni  del
piano  di  controllo  e  del  relativo  tariffario  concernenti   una
denominazione  protetta,  si  applica  la   sanzione   amministrativa
pecuniaria  di  euro  cinquantamila».  L'INEQ  si  e'  opposto   alla
sanzione, dinanzi al competente tribunale, adducendo  l'insussistenza
delle tre violazioni contestate: 1)  avere  omesso  di  rilevare  che
un'azienda   agricola   aveva   rettificato   un'annotazione    sulla
certificazione unitaria di conformita', utilizzando modalita' diverse
da quelle prescritte dal «manuale 1»; 2)  avere  omesso  di  rilevare
l'errore del produttore che mancava  di  registrare  cosce  di  suino
introdotte per la lavorazione, violando regole impartite nel «manuale
2»; 3) non  avere  debitamente  sottoscritto  per  presa  visione  il
registro di un produttore, contravvenendo, ancora, a una  regola  del
«manuale 2». Adduceva, inoltre, il carattere eccessivo della sanzione
fissa. 
    Il  tribunale  ha  rigettato  l'opposizione  e  anche  la   Corte
d'appello di Venezia, adita da INEQ, ha disatteso l'impugnazione.  La
medesima  Corte,  nel  confermare  le  decisioni  sul  merito   della
controversia,   si   e',   inoltre,   pronunciata   sulla   manifesta
infondatezza   dell'eccezione   di   parte    sulla    illegittimita'
costituzionale della norma sanzionatoria, in riferimento  all'art.  3
Cost. 
    Nel ricorso per cassazione, l'INEQ ha  proposto  quattro  motivi.
Nei primi tre, ha denunciato l'erronea applicazione delle regole  dei
manuali sul  controllo  della  qualita',  da  cui  sarebbe  scaturita
l'ingiusta contestazione delle  violazioni;  nel  quarto  motivo,  ha
dedotto l'applicazione di un ragionamento «eccessivamente schematico»
da parte dei  giudici  di  merito,  i  quali  -  sulla  scorta  della
«vincolativita'»  dei  manuali  -  non  si  sarebbero  soffermati   a
discernere quali condotte possano configurare un  inadempimento  alle
prescrizioni e agli obblighi tanto grave da essere punito secondo  la
previsione dell'art. 4 del d.lgs. n. 297  del  2004.  Il  ricorrente,
dunque,  non  insisteva  sulla  non  manifesta   infondatezza   della
questione di legittimita' costituzionale formulata in precedenza;  la
Corte di cassazione ha promosso,  pero',  d'ufficio,  l'incidente  di
legittimita' costituzionale. 
    1.2.- Il Collegio rimettente  osserva  come  la  decisione  delle
questioni  di  legittimita'  costituzionale  sia  pregiudiziale  alla
soluzione della  controversia  dinanzi  a  esso  pendente,  la  quale
concerne proprio la  legittimita'  dell'applicazione  della  sanzione
prevista nel citato art.  4.  Di  qui,  afferma  la  rilevanza  delle
questioni di legittimita' costituzionale sollevate. 
    1.3.-  Queste  ultime  sarebbero,  inoltre,  non   manifestamente
infondate. Questa Corte, infatti, con la sentenza n. 185 del 2021, ha
dichiarato l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  7,  comma  6,
secondo  periodo,  del  decreto-legge  13  settembre  2012,  n.   158
(Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del  Paese  mediante
un piu'  alto  livello  di  tutela  della  salute),  convertito,  con
modificazioni, nella legge 8 novembre 2012, n. 189, che prevedeva una
sanzione amministrativa pari a euro cinquantamila per  l'inosservanza
di  taluni  obblighi  informativi  sui  rischi  connessi   al   gioco
d'azzardo, riscontrando  la  violazione  dell'art.  3,  in  combinato
disposto con gli artt. 42 e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo  in
relazione dell'art. 1  Prot.  addiz.  CEDU.  Tale  pronuncia  avrebbe
affermato con nettezza che una sanzione fissa puo' superare il dubbio
di legittimita' costituzionale solo ove tutte le infrazioni  ad  essa
riconducibili  siano  tanto  gravi  da  non  renderla  manifestamente
sproporzionata:  in  quell'ipotesi,  l'accoglimento  delle  questioni
sarebbe derivato  proprio  dalla  circostanza  che  la  fissita'  del
trattamento sanzionatorio non permetteva di tenere conto del  diverso
disvalore dei singoli illeciti puniti. 
    Il giudice a quo ritiene che l'art. 4 del d.lgs. n. 297 del  2004
presenti  gli   stessi   profili   d'illegittimita'   costituzionale:
l'entita' della  sanzione  sarebbe  di  notevole  rilievo,  «anche  a
volerla rapportare a capacita' economica non modesta», e il ventaglio
delle  condotte  sanzionate  sarebbe  vasto,  punendo  la  previsione
l'inadempimento «alle prescrizioni o agli obblighi,  impartiti  dalle
competenti autorita' pubbliche, comprensivi  delle  disposizioni  del
piano  di  controllo  e  del  relativo  tariffario  concernenti   una
denominazione protetta». 
    Nella fattispecie concreta, sarebbe palese  che  le  inadempienze
contestate avrebbero una diversa gravita': si tratterebbe,  in  primo
luogo, dell'omesso rilievo di un'irregolarita'  formale;  in  secondo
luogo, del mancato controllo sulla registrazione delle cosce di suino
fresche  introdotte  per   la   lavorazione;   in   ultima   istanza,
dell'assenza della sottoscrizione di un registro per  presa  visione.
Stando alla norma censurata, ciascuna di esse potrebbe essere  punita
con la sanzione di euro cinquantamila. Percio', questa Corte  sarebbe
chiamata a rilevare, come ha fatto nella sentenza n.  185  del  2021,
che   «la    reazione    sanzionatoria    [risulta]    manifestamente
sproporzionata per eccesso rispetto al disvalore  concreto  di  fatti
pure ricompresi nella sfera applicativa della norma». 
    1.4.- Non vi sarebbe,  peraltro,  margine  per  l'interpretazione
costituzionalmente  orientata  della  disposizione   censurata.   Non
potrebbero utilizzarsi in  via  analogica  «modelli  [...]  rinvenuti
all'interno del contesto normativo di riferimento». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Corte di cassazione, sezione seconda civile, con ordinanza
(reg. ord. n. 43 del 2022), ha sollevato  questioni  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 4 del d.lgs. n. 297 del 2004, nella parte in
cui prevede che «[a]lla struttura di cui  all'articolo  1,  comma  1,
lettera a), numero 1), che  non  adempie  alle  prescrizioni  o  agli
obblighi, impartiti dalle competenti autorita' pubbliche, comprensivi
delle disposizioni del piano di controllo e del  relativo  tariffario
concernenti  una  denominazione  protetta,  si  applica  la  sanzione
amministrativa pecuniaria di euro cinquantamila». La norma punisce le
inadempienze  delle   strutture   di   controllo   delle   produzioni
agroalimentari registrate con denominazione di origine o  indicazione
geografica protetta (DOP o IGP): il giudice a quo sospetta  che  essa
contrasti con l'art. 3 Cost., in combinato disposto con gli artt.  42
e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione all'art. 1 Prot.
addiz. CEDU, in quanto - prevedendo per un'ampia  gamma  di  condotte
illecite, aventi in concreto diverso disvalore, l'applicazione  della
medesima   sanzione   -   manifesterebbe   un   palese   difetto   di
proporzionalita'. 
    L'ordinanza premette che l'INEQ, all'epoca organismo di controllo
della qualita' delle produzioni del Prosciutto di  San  Daniele  DOP,
contestava  la  sanzione  di  cinquantamila  euro  che   gli   veniva
applicata, con provvedimento ministeriale, in forza del  citato  art.
4. Rigettata l'opposizione e disattesa l'impugnazione della decisione
di primo grado, veniva instaurato il giudizio di cassazione,  durante
il quale sono state sollevate, d'ufficio,  le  odierne  questioni  di
legittimita' costituzionale. L'INEQ, che nelle fasi di  merito  aveva
dedotto l'insussistenza delle  violazioni,  in  seguito  chiedeva  al
giudice di legittimita'  di  rilevare  l'erronea  applicazione  delle
norme sui controlli. Gli era stato, infatti, contestato di: 1)  avere
omesso di rilevare che un'azienda agricola rettificava un'annotazione
sulla certificazione unitaria di conformita',  utilizzando  modalita'
diverse da quelle prescritte dal «manuale 1»;  2)  avere  mancato  di
rilevare che un produttore non aveva registrato il corretto numero di
cosce  di  suino  introdotte  per  la  lavorazione,  violando  regole
impartite nel «manuale 2»; 3) non avere debitamente sottoscritto  per
presa visione il registro di un produttore, contravvenendo  ancora  a
una regola del «manuale 2». I manuali  cui  si  fa  riferimento  sono
quelli per il  controllo  della  qualita',  approvati  dall'autorita'
pubblica competente. 
    1.1.- Le questioni sarebbero rilevanti, visto che  l'oggetto  del
giudizio principale verte sulla  corretta  applicazione  della  norma
censurata:    non    sarebbe,    dunque,    possibile    pronunciarsi
indipendentemente dalla risoluzione  dell'incidente  di  legittimita'
costituzionale. 
    1.2.-  Le  censure   sarebbero,   inoltre,   non   manifestamente
infondate;  la  giurisprudenza  di  questa  Corte  avrebbe,  difatti,
stabilito la necessita' che le sanzioni fisse rispondano al principio
di proporzionalita'. Sussisterebbero, in particolare, gli stessi vizi
rilevati nella sentenza n. 185 del 2021, con cui e' stata  dichiarata
l'illegittimita' costituzionale della norma che puniva l'inosservanza
di taluni obblighi informativi sui rischi connessi al gioco d'azzardo
con sanzione amministrativa pari a euro  cinquantamila,  riscontrando
la violazione dell'art. 3 Cost., in combinato disposto con gli  artt.
42 e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione  dell'art.  1
Prot. addiz. CEDU. 
    2.- Prima di esaminare le questioni,  e'  necessario  individuare
l'origine delle disposizioni in esame  e  il  contesto  normativo  di
riferimento. 
    Anzitutto, il d.lgs. n. 297  del  2004,  che  contiene  la  norma
censurata, e' stato adottato,  in  attuazione  della  delega  di  cui
all'art. 3 della legge 3  febbraio  2003,  n.  14  (Disposizioni  per
l'adempimento di  obblighi  derivanti  dall'appartenenza  dell'Italia
alle Comunita' europee. Legge comunitaria  2002),  per  stabilire  le
sanzioni legate alla  violazione  delle  norme  del  regolamento  del
Consiglio delle Comunita' europee n. 2081/92,  del  14  luglio  1992,
relativo  alla  protezione  delle  indicazioni  geografiche  e  delle
denominazioni d'origine dei  prodotti  agricoli  ed  alimentari,  poi
modificato con il passare del tempo: oggi la disciplina e'  contenuta
nel regolamento (UE)  n.  1151/2012  del  Parlamento  europeo  e  del
Consiglio, del 21 novembre 2012, sui regimi di qualita' dei  prodotti
agricoli e alimentari. 
    2.1.- E', dunque, di matrice europea la regolazione  del  sistema
di registrazione, tutela e valorizzazione dei prodotti  connotati  da
qualita'  peculiari,  la  cui  reputazione  e'  dovuta   all'ambiente
geografico  d'origine,   nonche'   alle   specifiche   modalita'   di
produzione. Secondo la disciplina ora richiamata, la denominazione di
origine, infatti, e' il nome che identifica un prodotto originario di
un luogo, di  una  regione  o,  in  casi  eccezionali,  di  un  Paese
determinati; la cui qualita' o le  cui  caratteristiche  sono  dovute
essenzialmente o esclusivamente ad un particolare ambiente geografico
e ai suoi intrinseci  fattori  naturali  e  umani;  le  cui  fasi  di
produzione  si  svolgono  nella  zona   geografica   delimitata.   E'
istituito,  a  livello  dell'Unione  europea,   un   registro   delle
denominazioni di origine protette e indicazioni geografiche protette:
si intende assicurare ai produttori la giusta  remunerazione  per  la
qualita' degli alimenti, garantire la protezione  uniforme  dei  nomi
quali diritti di proprieta' intellettuale sul territorio dell'Unione,
nonche' fornire ai consumatori informazioni chiare  sui  fattori  che
conferiscono valore aggiunto ai prodotti (artt. 4 e 5 del regolamento
n. 1151/2012/UE); la registrazione  della  denominazione  si  ottiene
secondo le procedure indicate nello stesso  regolamento  (artt.  8  e
seguenti). 
    2.2.- Per utilizzare il nome, si deve osservare  il  disciplinare
di produzione relativo allo specifico prodotto (art. 7).  E,  proprio
al fine di assicurare il corretto  sfruttamento  delle  potenzialita'
evocative legate all'uso di DOP e IGP, oltre che la  stessa  qualita'
di tali prodotti agroalimentari, e' previsto che autorita' pubbliche,
designate dagli Stati membri, effettuino accurati controlli. 
    Viene, in proposito, in rilievo il regolamento (UE)  n.  625/2017
del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo  2017,  relativo
ai controlli ufficiali e alle altre  attivita'  ufficiali  effettuati
per garantire l'applicazione della legislazione sugli alimenti e  sui
mangimi, delle norme sulla salute  e  sul  benessere  degli  animali,
sulla sanita' delle piante nonche' sui prodotti fitosanitari. Esso si
applica alle attivita' di controllo su «l'uso e l'etichettatura delle
denominazioni di  origine  protette,  delle  indicazioni  geografiche
protette e delle specialita' tradizionali garantite» (art.  1,  comma
2, lettera j, del  regolamento  n.  625/2017/UE).  Questa  disciplina
stabilisce che «[i] controlli  ufficiali  ad  opera  delle  autorita'
competenti  sono  eseguiti  secondo   procedure   documentate.   Tali
procedure [...] contengono istruzioni per  il  personale  addetto  ai
controlli  ufficiali.  2.  Le  autorita'  competenti  dispongono   di
procedure di verifica dei controlli» (art. 12). 
    Tali  autorita'   possono   delegare   organismi   privati   allo
svolgimento,  per  loro  conto,  delle  verifiche  sul  rispetto  del
disciplinare e sul corretto uso del nome. Cio' era  contemplato,  sin
nella disciplina originaria, dall'art. 10 del  regolamento  (CEE)  n.
2081/92,  ed  e'  oggi  previsto  dall'art.  28  del  regolamento  n.
625/2017/UE. Perche' sia idoneo a svolgere tali funzioni, l'organismo
deve possedere caratteristiche specifiche,  elencate  nel  successivo
art. 29. Le indicazioni puntuali, ivi contenute, rivelano,  nel  loro
complesso, la necessita' che la struttura di  controllo  disponga  di
risorse umane, infrastrutturali e finanziarie che assicurino  «poteri
sufficienti a svolgere i compiti relativi ai controlli ufficiali  che
gli sono stati  delegati»,  oltre  che  l'esigenza  di  imparzialita'
dell'organismo, il quale assicura l'assenza di conflitti d'interesse. 
    Lo stesso regolamento prevede, inoltre, che «[g]li  Stati  membri
stabiliscono le norme relative alle sanzioni da applicare in caso  di
violazione delle disposizioni del  presente  regolamento  e  adottano
tutte le misure necessarie  ad  assicurare  la  loro  attuazione.  Le
sanzioni devono essere effettive, proporzionate e dissuasive» (cosi',
l'art. 139). Sebbene, dunque,  il  diritto  dell'Unione  europea  non
indichi con esattezza quali misure  gli  Stati  devono  adottare  per
contrastare  le  violazioni  della  disciplina  sulle  produzioni  di
qualita', esso nondimeno richiede di  controllare  i  produttori,  di
vigilare sull'attivita' dei soggetti che certificano la qualita'  dei
prodotti e di prevedere sanzioni nei confronti di tutti gli operatori
del  sistema.  Il  tutto  per  consentire  il  complessivo   corretto
funzionamento del mercato agroalimentare DOP e IGP. 
    2.3.- In Italia la responsabilita'  dei  controlli  in  questione
compete al Ministero dell'agricoltura, della sovranita' alimentare  e
delle foreste. Ai sensi dell'art. 53 della legge 24 aprile  1998,  n.
128 (Disposizioni  per  l'adempimento  di  obblighi  derivanti  dalla
appartenenza dell'Italia alle Comunita'  europee.  Legge  comunitaria
1995-1997), come modificato dall'art.  14  della  legge  21  dicembre
1999, n. 526, recante «Disposizioni  per  l'adempimento  di  obblighi
derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunita'  europee»,  in
particolare, i controlli sulle denominazioni protette sono svolti «da
autorita' di controllo pubbliche designate  e  da  organismi  privati
autorizzati con decreto  del  Ministro  delle  politiche  agricole  e
forestali [...]». Queste deleghe «agli organismi di controllo privati
devono  preventivamente  prevedere  una  valutazione  dei   requisiti
relativi a: a) conformita' alla norma europea EN 45011 del 26  giugno
1989;  b)  disponibilita'  di  personale  qualificato  sul   prodotto
specifico e di mezzi per lo svolgimento dell'attivita' di  controllo;
c) adeguatezza delle relative procedure». 
    Nel domandare l'autorizzazione, l'organismo presenta, dunque,  la
documentazione  attestante  il  possesso  dei   requisiti:   fornisce
informazioni sulla struttura della societa' e sulle procedure di  cui
intende valersi nell'espletamento delle attivita' oggetto  di  delega
(piani  di  controllo,   manuali   di   controllo   della   qualita',
protocolli).  Il  contenuto  di  tali  documenti  forma  oggetto   di
valutazione da parte dell'autorita' pubblica. 
    Il Dipartimento  dell'Ispettorato  centrale  della  tutela  della
qualita' e repressione frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF)  del
Ministero  dell'agricoltura,  della  sovranita'  alimentare  e  delle
foreste  vigila  sulla   regolarita'   dei   controlli,   verificando
l'attivita' svolta dagli organismi autorizzati, e commina le sanzioni
conseguenti la violazione delle procedure, compresa  quella  prevista
nella disposizione censurata. 
    2.4.- Va, adesso, presa in esame la disciplina del d.lgs. n.  297
del 2004. Esso ha individuato le condotte  illecite  dei  produttori,
delle  strutture  di  controllo  e  dei  consorzi  di  tutela   delle
denominazioni d'origine e delle indicazioni geografiche  protette,  e
le sanzioni amministrative correlate. 
    2.4.1.-  Gli  artt.  1  e  2  prevedono  sanzioni  amministrative
pecuniarie, graduabili entro un minimo e un massimo, per i produttori
di DOP  e  IGP  che  facciano  un  uso  commerciale  scorretto  delle
denominazioni protette. Sono, infatti, puniti comportamenti  come  il
mancato assoggettamento al controllo, la violazione della  disciplina
di produzione,  l'imitazione  o  contraffazione  della  denominazione
nella presentazione del prodotto. E', inoltre, prevista  l'inibizione
all'uso  della  denominazione  o   l'inibizione   del   comportamento
sanzionato, la cui  inosservanza  comporta  l'applicabilita'  di  una
sanzione fissa di euro cinquantamila (art. 7). 
    2.4.2.- Gli artt. 4 e 6 stabiliscono le sanzioni applicabili agli
organismi di controllo e ai consorzi di tutela che compiano  condotte
non lecite; si tratta di sanzioni stabilite in misura fissa. 
    La disposizione censurata nel presente giudizio, in  particolare,
prevede che l'inadempimento alle prescrizioni o agli obblighi imposti
ai  suddetti  organismi  comporta   l'applicazione   della   sanzione
amministrativa pecuniaria di euro cinquantamila. Lo  stesso  art.  4,
inoltre, sottopone alla medesima sanzione l'organismo che continui  a
svolgere  attivita'  incompatibili   con   quella   contemplata   dal
provvedimento autorizzatorio,  non  ottemperando  all'intimazione  da
parte del Ministero, fatta  salva  la  facolta'  di  quest'ultimo  di
procedere  alla  sospensione  o  alla   revoca   dell'autorizzazione;
stabilisce,  poi,  per  la  struttura  che,  nell'espletamento  delle
attivita' di controllo, discrimina tra i soggetti da immettere o  tra
quelli  immessi  nel  sistema  di  controllo,  oppure  pone  ostacoli
all'esercizio del diritto  a  detto  accesso,  la  sanzione  di  euro
sessantaduemila. 
    3.- Un sistema parallelo a quello che tutela le DOP  e'  previsto
per le produzioni da agricoltura biologica:  da  ultimo,  regolamento
(UE) n. 848/2018 del Parlamento  europeo  e  del  Consiglio,  del  30
maggio 2018, relativo alla produzione biologica  e  all'etichettatura
dei prodotti biologici e che abroga il regolamento (CE)  n.  834/2007
del Consiglio. I  produttori  BIO,  che  devono  osservare  regole  e
procedure specifiche, vengono controllati dall'autorita'  pubblica  o
dagli  organismi  delegati,  autorizzati  a  tali  fini,   sotto   il
coordinamento  dell'ICQRF.  Si  applica  la  stessa  disciplina   sui
controlli ufficiali di  cui  al  piu'  volte  citato  regolamento  n.
625/2017/UE (art. 1, comma 2, lettera i); sia i produttori,  sia  gli
organismi   di   controllo   sono   destinatari   di   sanzioni   per
l'inadempienza alle regole impartite, secondo quanto  stabilito,  nel
diritto nazionale, dal decreto legislativo 23 febbraio 2018,  n.  20,
recante «Disposizioni di  armonizzazione  e  razionalizzazione  della
normativa  sui  controlli  in  materia  di  produzione   agricola   e
agroalimentare biologica, predisposto ai sensi dell'articolo 5, comma
2, lett. g),  della  legge  28  luglio  2016,  n.  154,  e  ai  sensi
dell'articolo 2 della legge 12 agosto 2016, n. 170». 
    Secondo quanto disposto, in particolare, dall'art. 8  del  d.lgs.
n. 20 del 2018, le strutture di  controllo  che  commettano  illeciti
nello svolgimento delle attivita' delegate sono colpite  da  sanzioni
amministrative pecuniarie ove impediscano l'accesso agli uffici  alle
autorita'  competenti  o  omettano  le  informazioni  e  l'assistenza
necessarie per la verifica; impieghino personale privo dei requisiti;
nell'attivita' di controllo e campionamento  omettano  le  misure  di
adeguata analisi del rischio; impieghino  personale  che  intrattiene
rapporti professionali, economici o di consulenza con  gli  operatori
assoggettati al controllo dell'organismo; accettino la  vigilanza  su
un operatore precedentemente escluso, prima che siano  trascorsi  due
anni dall'emanazione del provvedimento  di  esclusione,  fatta  salva
l'esclusione  di  morosita';  omettano  la  verifica   delle   azioni
correttive poste in essere dagli operatori a seguito di sospensione o
soppressione. Lo stesso articolo prevede che anche i  rappresentanti,
amministratori  e  direttori   della   societa'   possono   ritenersi
responsabili delle suddette condotte. Punisce, inoltre,  tali  figure
con ulteriori sanzioni, piu'  lievi,  ove  pongano  in  essere  altre
tipologie di comportamenti illeciti, ivi elencati. 
    4.- Si puo' ora passare all'esame delle questioni di legittimita'
costituzionale sollevate con l'ordinanza di rimessione, rilevando, in
primo luogo, che il thema decidendum e' circoscritto  al  solo  primo
periodo dell'art. 4, comma 1, del d.lgs. n.  297  del  2004,  cui  si
rivolgono le censure del rimettente. Questa Corte non e' chiamata  ad
occuparsi del secondo periodo di tale comma, ne' del comma 2. 
    5.- Le questioni sono fondate, nei termini che seguono. 
    5.1.- La norma  in  esame  prevede  che  ogni  inadempienza  alle
prescrizioni o agli obblighi  impartiti  dalle  competenti  autorita'
pubbliche agli organismi di controllo delle denominazioni di  origine
e  delle  indicazioni   geografiche   protette,   comprensivi   delle
disposizioni del piano di controllo e  del  relativo  tariffario,  e'
punita con la sanzione amministrativa fissa di euro cinquantamila. 
    La gamma di  condotte  riconducibili  alla  medesima  fattispecie
sanzionatoria e' quanto mai vasta. Va  considerato  che  l'esecuzione
dei controlli e'  regolata,  per  ciascuna  produzione  protetta,  da
«manuali», che contengono indicazioni della natura piu'  diversa:  si
puo'  trattare  di  prescrizioni   la   cui   inosservanza   realizza
un'inadempienza grave (si pensi, esemplificando, all'omessa  verifica
del   difetto   di   corrispondenza,    per    profili    essenziali,
dell'insediamento  produttivo  alle  caratteristiche  strutturali   e
tecniche richieste  per  beneficiare  della  denominazione  protetta)
oppure di regole  la  cui  violazione  risulti,  in  concreto,  avere
rilievo marginale, per la  complessiva  efficacia  dell'attivita'  di
controllo (si pensi  a  un  minimo  ritardo  nell'invio  al  soggetto
controllato di copia del rapporto delle operazioni di controllo). 
    Nel caso oggetto del  giudizio  a  quo,  peraltro,  all'organismo
delegato al controllo delle produzioni del Prosciutto di San  Daniele
DOP e' stata applicata la sanzione  di  cinquantamila  euro  per  tre
violazioni dei «manuali»: violazioni di  tipo  assai  eterogeneo,  ma
punibili con la stessa  sanzione.  Secondo  la  norma  censurata,  in
effetti, anche se fosse stata commessa una sola inadempienza,  magari
poco significativa, l'autorita' avrebbe dovuto applicare la  suddetta
misura. 
    La previsione in esame, in definitiva, equipara le condotte  piu'
gravi e pericolose a quelle di minor rilievo,  stabilendo  per  tutte
una sanzione in misura fissa. Cio' e'  in  aperto  contrasto  con  il
principio di proporzionalita' delle sanzioni. 
    5.2.- Con riferimento alle sanzioni penali, questa Corte ha  gia'
da tempo chiarito come l'individualizzazione  della  pena  -  che  si
ottiene con l'indicazione di una forbice edittale,  che  consenta  al
giudice di determinarla in base alle specificita'  della  fattispecie
concreta - costituisca «naturale attuazione e  sviluppo  di  principi
costituzionali, tanto di ordine  generale  (principio  d'uguaglianza)
quanto attinenti direttamente alla materia penale»  (sentenza  n.  50
del 1980). In via di principio,  percio',  «previsioni  sanzionatorie
rigide non appaiono  in  linea  con  il  "volto  costituzionale"  del
sistema penale», potendo il dubbio di  illegittimita'  costituzionale
essere superato solo «a condizione che, per la  natura  dell'illecito
sanzionato e per la  misura  della  sanzione  prevista,  quest'ultima
appaia ragionevolmente "proporzionata" rispetto all'intera  gamma  di
comportamenti riconducibili allo specifico tipo di  reato»  (sentenze
n. 222 del 2018 e, nello stesso senso, n. 50 del 1980). 
    Tali  affermazioni  valgono  anche   in   materia   di   sanzioni
amministrative: le previsioni sanzionatorie rigide,  «che  colpiscono
in  egual  modo,  e  quindi  equiparano,  fatti  in  qualche   misura
differenti, debb[o]no  rispondere  al  principio  di  ragionevolezza»
(sentenza n. 212 del 2019). Di qui l'esigenza di  verificare  che  la
sanzione non sia manifestamente  sproporzionata  anche  in  relazione
alle condotte meno gravi (sentenze n. 95 del 2022, n. 185 del 2021  e
n. 112 del 2019). 
    Pure  «per  le  sanzioni  amministrative  si  prospetta,  dunque,
l'esigenza  che  non  venga  manifestamente  meno  un   rapporto   di
congruita' tra la sanzione e la  gravita'  dell'illecito  sanzionato»
(sentenza n. 185 del 2021). Cio' discende,  appunto,  dal  dovere  di
assicurare l'attuazione del principio di proporzionalita', il  quale,
in questo ambito, trae il proprio fondamento  nell'art.  3  Cost.  in
combinato disposto con le norme costituzionali che tutelano i diritti
di volta in volta incisi dalla sanzione (sentenze n. 112 e n. 88  del
2019). 
    Laddove il trattamento sanzionatorio previsto dal legislatore «si
riveli  manifestamente  irragionevole  a  causa  della  sua  evidente
sproporzione  rispetto  alla  gravita'  del   fatto»,   dunque,   «un
intervento  correttivo  del  giudice  delle  leggi  e'  possibile   a
condizione che il trattamento  sanzionatorio  medesimo  possa  essere
sostituito  sulla  base  di  "precisi  punti  di  riferimento,   gia'
rinvenibili nel sistema legislativo", intesi  quali  "soluzioni  gia'
esistenti, idonee a eliminare o ridurre la manifesta irragionevolezza
lamentata"» (sentenze n. 222 del 2018, n. 236 del 2016; nello  stesso
senso, sentenza n. 40 del 2019). 
    5.3.- Il giudice a quo - sull'impronta della sentenza n. 185  del
2021 - denuncia il contrasto  della  norma  censurata  con  l'art.  3
Cost.,  in  combinato  disposto  con  gli  artt.  42  e  117   Cost.,
quest'ultimo in relazione all'art. 1  Prot.  addiz.  CEDU,  adducendo
l'irragionevole  incisione  del   patrimonio   delle   strutture   di
controllo. La prospettazione coglie nel segno. 
    E' ben vero, infatti, che la sanzione e' diretta a una  categoria
peculiare e omogenea di soggetti, il cui compito e' proprio quello di
verificare, secondo i protocolli,  il  rispetto  delle  regole  sulle
produzioni agroalimentari DOP o IGP; soggetti che, visti i  requisiti
per  lo  svolgimento  dell'attivita',  devono  presumersi  dotati  di
significative  capacita'  economiche.  E',  altresi',  vero   che   i
controlli sono  concepiti  quale  presidio  di  interessi  di  sicuro
rilievo: la concorrenza leale, il  legittimo  impiego  economico  del
nome   e   la   corretta   informazione   dei   consumatori.   Queste
considerazioni possono giustificare sanzioni di entita'  consistente,
ma non certo l'assoggettamento alla  stessa  sanzione  di  tutti  gli
illeciti a tali imprese imputabili. 
    «[L]a   reazione   sanzionatoria»,   dunque,   puo'    «risultare
manifestamente  sproporzionata  per  eccesso  rispetto  al  disvalore
concreto di fatti  pure  ricompresi  nella  sfera  applicativa  della
norma» (sentenza n. 185 del 2021);  ragione  per  cui  la  previsione
censurata deve essere dichiarata costituzionalmente illegittima. 
    5.4.- La sanzione,  tuttavia,  non  puo',  in  questa  occasione,
essere  eliminata  puramente  e  semplicemente,  per  effetto   della
pronuncia di accoglimento. 
    Questa Corte  ha  precisato  che  una  simile  soluzione  non  e'
praticabile quando «la lacuna di punibilita' che conseguirebbe a  una
pronuncia ablativa, non colmabile tramite l'espansione di  previsioni
sanzionatorie coesistenti, si riveli foriera di "insostenibili  vuoti
di tutela" per gli interessi protetti dalla norma incisa (sentenza n.
222 del 2018): come, ad esempio, quando  ne  derivasse  una  menomata
protezione di  diritti  fondamentali  dell'individuo  o  di  beni  di
particolare rilievo per l'intera collettivita' rispetto a gravi forme
di aggressione, con  eventuale  conseguente  violazione  di  obblighi
costituzionali o sovranazionali» (sentenza n. 185 del 2021). 
    Nel  caso  in  esame,  e'  necessario  preservare  la   capacita'
dell'ordinamento  di  reagire  efficacemente  alla   commissione   di
condotte illecite. Le ragioni di tale conclusione si colgono mettendo
novamente in luce che la normativa del d.lgs. n. 297  del  2004  trae
origine dall'adesione all'Unione  europea  e  costituisce  attuazione
della disciplina sovranazionale. Sia pure con previsione di carattere
generale, e'  richiesto  agli  Stati  membri  di  stabilire  sanzioni
«effettive,  proporzionate  e  dissuasive»  per  le  violazioni   del
regolamento sui  controlli  ufficiali  sulle  produzioni  alimentari,
comprese quelle DOP e IGP (art. 139 del regolamento n.  625/2017/UE).
Risulta, dunque, chiaro che l'ablazione secca della  norma  censurata
lascerebbe le inadempienze sfornite di ogni sanzione,  rischiando  di
minare la stessa credibilita'  del  sistema  italiano  dei  controlli
sulle produzioni  di  qualita',  e  si  presterebbe  a  generare  una
situazione  di  contrasto  con   obblighi   derivanti   dal   diritto
dell'Unione. 
    5.5.-  La  rimozione  del  vulnus  costituzionale  deve,  quindi,
passare attraverso la sostituzione della sanzione censurata con altra
conforme a Costituzione, secondo la regola che  discende  dalla  gia'
evocata e costante giurisprudenza di questa Corte (sentenze n. 40 del
2019, n. 222 del 2018 e n. 236 del 2016). 
    L'ampiezza delle fattispecie punibili impone la previsione di una
misura sanzionatoria graduabile, la cui applicazione sia di volta  in
volta modulata in base alle caratteristiche degli illeciti  commessi.
L'importanza delle funzioni delegate alle strutture di controllo,  da
cui deriva l'esigenza che esse siano svolte scrupolosamente,  impone,
per  altro  verso,  che  la  misura  sia  dotata  di  alta  capacita'
deterrente. 
    5.5.1.- Si deve, percio', ritenere ragionevole che le  violazioni
piu' gravi siano punite con la sanzione pecuniaria  di  cinquantamila
euro, nel rispetto della scelta legislativa originaria, dovendosi, al
contempo, individuare la forbice edittale entro  cui  commisurare  la
sanzione.  Occorre,   dunque,   attingere   a   «precisi   punti   di
riferimento», nel tessuto normativo, per fissare il minimo edittale. 
    La soluzione e' offerta, nella specie, dall'art. 8, comma 1,  del
d.lgs. n. 20  del  2018,  che  punisce  con  sanzione  graduabile  le
violazioni degli  organismi  di  controllo  sui  prodotti  BIO.  Esso
prevede l'applicazione di una sanzione amministrativa  pecuniaria  da
un minimo di diecimila (e sino ad  un  massimo  di  trentamila  euro)
all'organismo di controllo che commetta  illeciti  nello  svolgimento
delle attivita' delegate. 
    Come e' stato gia' messo  in  luce,  il  sistema  di  tutela  dei
prodotti  BIO,  anch'esso  di  matrice  europea,   e'   parallelo   e
complessivamente simile a quello concernente i prodotti  DOP  e  IGP.
Per quanto attiene, in particolare, alla disciplina dei  controlli  -
che viene qui in rilievo - le produzioni biologiche sono assoggettate
dal diritto dell'Unione europea alla medesima regolamentazione  delle
DOP e IGP (art. 1, comma  2,  lettere  i  e  j,  del  regolamento  n.
625/2017/UE). Il citato art. 8, comma 1, del d.lgs. n. 20  del  2018,
ha una ratio assimilabile a quella della norma  censurata  e  mira  a
garantire l'efficacia  dei  controlli  sanzionando  le  irregolarita'
commesse dagli organismi privati a cio' delegati. 
    La  disposizione  assunta  a  riferimento  adotta   una   tecnica
casistica, indicando le condotte illecite per ripartirle,  sul  piano
sanzionatorio, in ragione della loro decrescente gravita'. Rivolge le
sanzioni,  per  un  primo  gruppo  di  illeciti,   all'organismo   di
controllo, come tale, e  ai  suoi  rappresentanti,  amministratori  e
direttori; individua, poi, ulteriori inadempienze imputabili,  pero',
solamente a tali persone fisiche. 
    Tuttavia, la piena omogeneita' finalistica consente  di  assumere
la  disposizione  in  questione  come  «punto  di  riferimento»   per
l'individuazione della soglia minima  della  sanzione  da  applicarsi
alla struttura di controllo di produzioni DOP e IGP. 
    Per le ragioni che  sono  state  esposte,  va  dunque  dichiarata
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 1, del  d.lgs.  n.
297 del 2004, per violazione dell'art. 3 Cost., in combinato disposto
con gli artt. 42 e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione
all'art. 1 Prot. addiz. CEDU, limitatamente al primo  periodo,  nella
parte in cui prevede l'applicazione di  una  sanzione  amministrativa
pecuniaria  «di  euro  cinquantamila»  anziche'  «da  un  minimo   di
diecimila a un massimo di cinquantamila euro». 
    6.-  La  misura  sanzionatoria  indicata  s'intende  naturalmente
modificabile    dal    legislatore,    nell'esercizio    della    sua
discrezionalita', con altra,  purche'  rispettosa  del  principio  di
proporzionalita' (sentenze n. 40 del 2019 e n. 222 del 2018). 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art.  4,  comma  1,
primo periodo, del decreto legislativo  19  novembre  2004,  n.  297,
recante «Disposizioni sanzionatorie in applicazione  del  regolamento
(CEE)  n.  2081/92,  relativo  alla  protezione   delle   indicazioni
geografiche e delle denominazioni di origine dei prodotti agricoli  e
alimentari», nella parte in cui prevede  la  sanzione  amministrativa
pecuniaria  «di  euro  cinquantamila»,  anziche'  «da  un  minimo  di
diecimila a un massimo di cinquantamila euro». 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'11 gennaio 2023. 
 
                                F.to: 
                     Silvana SCIARRA, Presidente 
                      Franco MODUGNO, Redattore 
             Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria 
 
    Depositata in Cancelleria il 10 marzo 2023. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA