N. 76 SENTENZA 7 marzo - 20 aprile 2023

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Sanita'  pubblica  -  Dirigenza  sanitaria  -  Norme  della   Regione
  Siciliana  -  Ampliamento  dei  requisiti  per  l'iscrizione  negli
  elenchi regionali degli idonei alla direzione amministrativa  delle
  aziende sanitarie  -  Ricomprensione  anche  di  coloro  che  hanno
  comprovata  esperienza  nella  qualifica   di   dirigente,   almeno
  settennale, in settori diversi da quello sanitario - Violazione dei
  principi fondamentali in materia  di  tutela  della  salute  e  del
  principio di buon andamento  e  dell'imparzialita'  della  pubblica
  amministrazione - Illegittimita' costituzionale parziale. 
Sanita' pubblica  -  Autorizzazione  e  accreditamento  di  strutture
  sanitarie - Norme  della  Regione  Siciliana  -  Assegnazione,  per
  l'anno 2022, dei trasferimenti extrabudget in favore  dei  soggetti
  convenzionati con il Servizio sanitario regionale - Violazione  dei
  principi fondamentali nella  materia  coordinamento  della  finanza
  pubblica - Illegittimita' costituzionale 
Sanita' pubblica  -  Autorizzazione  e  accreditamento  di  strutture
  sanitarie - Norme della  Regione  Siciliana  -  Modalita',  per  le
  strutture accreditate  eroganti  prestazioni  specialistiche  e  di
  diagnostica  di  laboratorio,  di  raggiungimento  degli   standard
  organizzativi e di personale richiesti  -  Ricorso  del  Governo  -
  Lamentata violazione di principi fondamentali in materia di  tutela
  della salute - Inammissibilita' della questione. 
Bilancio e contabilita' pubblica  -  Copertura  finanziaria  -  Norme
  della Regione Siciliana - Stabilizzazione di personale precario del
  ruolo  sanitario,  tecnico  e  amministrativo   assunto   a   tempo
  determinato - Possibilita' di operare anche in deroga, anziche'  in
  coerenza, con il piano  triennale  di  fabbisogno  di  personale  -
  Violazione  della  competenza  esclusiva  statale  in  materia   di
  coordinamento   della    finanza    pubblica    -    Illegittimita'
  costituzionale in parte qua. 
Bilancio e contabilita' pubblica  -  Copertura  finanziaria  -  Norme
  della Regione Siciliana -  Estensione  delle  disposizioni  recanti
  interventi a favore dei figli delle vittime dei disastri  aerei  di
  Montagna Longa e in Etiopia il 10 marzo 2019 - Rideterminazione del
  limite massimo dell'autorizzazione di spesa per la  stabilizzazione
  del personale ex dipartimento  foreste  -  Ricorso  del  Governo  -
  Lamentata violazione del principio di copertura  finanziaria  delle
  spese - Estinzione del processo. 
- Legge della Regione Siciliana 25 maggio 2022, n. 13, art. 13, comma
  53, 55 e 91, 14, commi 19, 20 e 21, e 15, comma 6. 
- Costituzione, artt. 81, 97, secondo comma, e  117,  commi  secondo,
  lettera l), e terzo; statuto della Regione Siciliana, art. 17. 
(GU n.17 del 26-4-2023 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Silvana SCIARRA; 
Giudici :Daria de PRETIS,  Nicolo'  ZANON,  Franco  MODUGNO,  Augusto
  Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,  Giovanni  AMOROSO,  Francesco
  VIGANO', Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo  BUSCEMA,  Emanuela
  NAVARRETTA, Maria Rosaria  SAN  GIORGIO,  Filippo  PATRONI  GRIFFI,
  Marco D'ALBERTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 13, commi
53, 55 e 91, 14, commi 19, 20 e 21, e 15, comma 6, della legge  della
Regione  Siciliana  25  maggio  2022,  n.  13  (Legge  di  stabilita'
regionale 2022-2024),  promosso  dal  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri con ricorso notificato e depositato  in  cancelleria  il  26
luglio 2022, iscritto al n. 48 del registro ricorsi 2022 e pubblicato
nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  38,  prima   serie
speciale, dell'anno 2022. 
    Visto l'atto di costituzione  della  Regione  Siciliana,  nonche'
l'atto di intervento di G. M., P.M. T., B. R., P. M. e F. B.; 
    udita nell'udienza pubblica del 7 marzo 2023 la Giudice relatrice
Daria de Pretis; 
    udito l'avvocato dello Stato Emanuele Feola per il Presidente del
Consiglio dei ministri; 
    deliberato nella camera di consiglio del 7 marzo 2023. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato e depositato il 26 luglio  2022  (reg.
ric. n. 48 del 2022),  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha
promosso questioni di legittimita' costituzionale  dell'intera  legge
della Regione Siciliana 25 maggio 2022, n. 13  (Legge  di  stabilita'
regionale 2022-2024) e di numerose sue disposizioni, tra le quali gli
artt. 13, commi 53, 55 e 91, 14, commi 19, 20 e 21, e 15, comma 6, in
riferimento complessivamente agli artt. 81, 97, secondo comma, e 117,
commi secondo, lettera l), e terzo, della Costituzione. 
    1.1.- L'art. 13, comma 53, della legge reg. Siciliana n.  13  del
2022 ha sostituito il comma 1-bis dell'art.  122  della  legge  della
Regione Siciliana 26 marzo 2002, n. 2 (Disposizioni programmatiche  e
finanziarie per l'anno 2002), prevedendo che «[g]li elenchi regionali
degli idonei alle cariche di direttore amministrativo sono aggiornati
almeno ogni due anni. Alla selezione sono ammessi i candidati che non
abbiano compiuto sessantacinque anni  di  eta'  in  possesso  di:  a)
diploma di  laurea  di  cui  all'ordinamento  previgente  al  decreto
ministeriale 3 novembre 1999, n. 509 oppure  laurea  specialistica  o
magistrale; b) comprovata esperienza nella  qualifica  di  dirigente,
almeno quinquennale, nel settore  sanitario  o  settennale  in  altri
settori, con autonomia gestionale  e  diretta  responsabilita'  delle
risorse  umane,  tecniche  e  o  finanziarie,  maturata  nel  settore
pubblico o nel settore privato». 
    Il   Presidente   del   Consiglio   dei   ministri   ricostruisce
preliminarmente  il  quadro   normativo   statale   in   materia   di
conferimento  degli  incarichi  di  direttore  amministrativo  e   di
direttore  sanitario,  sottolineando  come  l'art.  3   del   decreto
legislativo 4 agosto 2016, n. 171, recante «Attuazione  della  delega
di cui all'articolo 11, comma 1, lettera p),  della  legge  7  agosto
2015, n. 124, in materia di dirigenza sanitaria» abbia  confermato  -
quanto al conferimento dell'incarico di direttore amministrativo e di
direttore sanitario - i requisiti gia' previsti dagli artt. 3,  comma
7, e 3-bis, comma 9, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502
(Riordino  della   disciplina   in   materia   sanitaria,   a   norma
dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421). 
    In particolare, il comma 7 dell'art. 3 del citato d.lgs.  n.  502
del 1992 prevede che l'incarico  di  direttore  amministrativo  possa
essere conferito a «un laureato in discipline giuridiche o economiche
che, all'atto del conferimento dell'incarico, non abbia  compiuto  il
sessantacinquesimo anno di eta' e che abbia svolto per almeno  cinque
anni una qualificata attivita' di direzione tecnica o  amministrativa
in enti o strutture sanitarie pubbliche o private di media  o  grande
dimensione». 
    La disposizione regionale impugnata, stabilendo che l'incarico di
direttore amministrativo possa essere conferito anche  a  coloro  che
abbiano acquisito l'esperienza professionale  settennale  in  settori
non sanitari,  introdurrebbe  una  deroga  alle  citate  disposizioni
legislative statali, da ritenere principi fondamentali in materia  di
tutela della salute. 
    La difesa statale richiama  al  riguardo  numerose  pronunzie  di
questa Corte - e, in particolare, la sentenza n. 155 del 2022  -  che
avrebbero ricondotto  ai  principi  fondamentali  della  legislazione
statale anche le disposizioni relative  ai  requisiti  per  l'accesso
alla  dirigenza  sanitaria  e  amministrativa,  in  quanto  volti   a
migliorare il rendimento e la qualita' del  servizio  offerto,  oltre
che   l'imparzialita'   e   il    buon    andamento    dell'attivita'
amministrativa. 
    Da quanto detto il ricorrente  deduce  la  violazione  -  per  il
tramite delle citate norme interposte - dell'art. 117,  terzo  comma,
Cost. 
    Il Presidente del Consiglio dei ministri ritiene che sia  violata
anche la competenza  legislativa  esclusiva  statale  in  materia  di
ordinamento civile, in ragione del fatto che il  rapporto  di  lavoro
instaurato con il direttore amministrativo  rientrerebbe  nell'ambito
del  pubblico  impiego  privatizzato.  Pertanto,  la  disciplina  dei
requisiti per l'instaurazione del suddetto rapporto di lavoro sarebbe
riconducibile non solo alla materia della  tutela  della  salute,  ma
anche  a  quella  dell'ordinamento  civile.  Di  qui  la   violazione
dell'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. 
    Infine, la disposizione regionale impugnata, prevedendo requisiti
di  qualificazione  meno  rigorosi  e  selettivi  rispetto  a  quelli
prescritti dall'art. 3, comma 7, del  d.lgs.  n.  502  del  1992,  si
porrebbe  in  contrasto  con  i  principi   di   buon   andamento   e
imparzialita' della pubblica amministrazione, previsti dall'art.  97,
secondo comma, Cost. 
    Da ultimo, la difesa erariale precisa come l'impugnato  comma  53
dell'art.  13  ecceda  dall'ambito   delle   competenze   legislative
riservate alla Regione Siciliana dall'art. 17, primo  comma,  lettera
b),  del  regio  decreto  legislativo  15   maggio   1946,   n.   455
(Approvazione dello  statuto  della  Regione  siciliana),  convertito
nella legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, che, in materia di
«sanita' pubblica», fa comunque salva l'osservanza dei «principi'  ed
interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato». 
    1.2.- L'art. 13, comma 55, della legge reg. Siciliana n.  13  del
2022  stabilisce:  «Le  strutture  pubbliche  e  private  accreditate
eroganti prestazioni specialistiche e di diagnostica  di  laboratorio
possono  raggiungere  gli  standard  organizzativi  e  di   personale
richiesti dall'articolo 29, comma 1,  del  decreto  legge  25  maggio
2021, n. 73, convertito con modificazioni con legge 23  luglio  2021,
n. 106, anche attraverso la costituzione di reti di  impresa  di  cui
all'articolo 3 del decreto legge 10 febbraio 2009,  n.  5  convertito
con modificazioni con legge 9 aprile 2009, n. 33. Per l'anno  2022  i
trasferimenti   extrabudget   in   favore   dei   soggetti    privati
convenzionati con il Servizio sanitario regionale sono calcolati  sul
consolidato dell'anno 2019». 
    Il ricorrente ravvisa nei due periodi della disposizione in esame
due distinti profili di illegittimita' costituzionale. 
    1.2.1.- In primo luogo, e' impugnato l'ultimo periodo  del  comma
55, la' dove prevede la possibilita' di «trasferimenti  extrabudget»,
per violazione dei principi fondamentali in materia di  coordinamento
della finanza pubblica di cui all'art. 117, terzo comma, Cost. 
    Dopo  aver  ricordato  che  tali  principi  vincolano  anche   le
autonomie  speciali,  la  difesa  statale  precisa  che  la  potesta'
legislativa concorrente delle regioni  in  materia  di  tutela  della
salute, inclusa quella della Regione Siciliana ai sensi dell'art.  17
dello statuto di autonomia, incontra limiti nelle norme  statali  che
pongono obiettivi di finanza pubblica e di contenimento della spesa. 
    Nel caso di specie, i  limiti  in  parola  sarebbero  rinvenibili
nell'art. 8-quinquies del d.lgs.  n.  502  del  1992,  il  quale  non
consentirebbe la remunerazione  delle  prestazioni  che  eccedono  il
tetto di spesa. 
    Al  riguardo,   la   difesa   statale   richiama   una   cospicua
giurisprudenza, sia della Corte di cassazione, sia del  Consiglio  di
Stato, secondo cui «tanto la fissazione del tetto massimo annuale  di
spesa sostenibile con il fondo sanitario (per singola  istituzione  o
per gruppi di istituzioni), quanto la determinazione  dei  preventivi
annuali delle prestazioni, risultano rimessi "ad un atto autoritativo
e vincolante di programmazione regionale, e  non  gia'  ad  una  fase
concordata e convenzionale",  dal  momento  che  "tale  attivita'  di
programmazione, tesa a garantire la corretta gestione  delle  risorse
disponibili, assume valenza imprescindibile in quanto  la  fissazione
dei limiti di  spesa  rappresenta  l'adempimento  di  un  preciso  ed
ineludibile  obbligo  che  influisce  sulla  possibilita'  stessa  di
attingere  le  risorse  necessarie   per   la   remunerazione   delle
prestazioni erogate"» (sono citate Corte di cassazione, sezione terza
civile, sentenza 31 ottobre 2019, n.  27997  e  Consiglio  di  Stato,
adunanza plenaria, 12 aprile 2012, n. 3). 
    Inoltre, proprio in ragione della  necessita'  di  rispettare  il
tetto di spesa in materia sanitaria, la giurisprudenza delle  supreme
corti sopra richiamate avrebbe  ritenuto  «giustificata»  la  mancata
previsione di criteri di remunerazione delle prestazioni extrabudget.
Di qui la conclusione che sarebbe  rimessa  alla  libera  valutazione
degli operatori privati la scelta di continuare a operare  in  regime
di  accreditamento  accettando  le  limitazioni  imposte  oppure   di
collocarsi al di fuori del Servizio sanitario nazionale e  quindi  di
continuare a operare privatamente. 
    1.2.2.-  In  secondo  luogo,  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri ha impugnato il primo periodo  del  comma  55  dell'art.  13
della legge reg. Siciliana n. 13 del 2022. 
    Secondo il ricorrente questa norma non  assicurerebbe,  «in  modo
chiaro, la coerenza con le  indicazioni  di  riferimento  al  livello
nazionale», di cui ai «Criteri per la riorganizzazione delle reti  di
offerta di diagnostica di laboratorio», approvati con  l'Accordo,  ai
sensi dell'art. 4 del decreto legislativo  28  agosto  1997,  n.  281
(Definizione  ed  ampliamento  delle  attribuzioni  della  Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato,  le  regioni  e  le  province
autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per  le  materie  ed  i
compiti di interesse comune  delle  regioni,  delle  province  e  dei
comuni, con la Conferenza Stato - citta' ed autonomie locali), tra il
Governo, le regioni e le Province autonome di Trento  e  di  Bolzano,
«in sede di Conferenza permanente per i rapporti  tra  lo  Stato,  le
regioni e le province autonome (Rep. Atti 61/CSR del 23  marzo  2011,
allegato A)». In particolare,  i  citati  criteri  impegnerebbero  le
regioni ad attivare «meccanismi di reale aggregazione  fra  strutture
di laboratorio, volte non tanto alla sopravvivenza delle  stesse,  ma
ad un reale progetto di miglioramento della qualita' complessiva». 
    La  difesa  statale  rinviene  un   profilo   di   illegittimita'
costituzionale nella presunta violazione  dei  principi  fondamentali
stabiliti dal legislatore statale in materia di tutela  della  salute
(art. 117, terzo comma, Cost.), posti  dall'art.  29,  comma  1,  del
decreto-legge  25  maggio  2021,  n.  73  (Misure  urgenti   connesse
all'emergenza da COVID-19, per le imprese, il lavoro, i  giovani,  la
salute e i  servizi  territoriali),  convertito,  con  modificazioni,
nella legge 23 luglio 2021, n. 106. 
    In  particolare,  la   disposizione   regionale   impugnata   non
chiarirebbe se lo standard  relativo  al  numero  minimo  di  200.000
prestazioni da garantire quale requisito  di  accreditamento  per  le
strutture eroganti prestazioni di laboratorio  (previsto  dal  citato
art. 29, comma 1)  sia  da  intendersi  con  riferimento  a  ciascuna
struttura in senso fisico o al complesso delle strutture  interessate
e, quindi, alle stesse in forma aggregata, ne' preciserebbe  se  tale
aggregazione debba essere conforme  ai  criteri  di  cui  all'accordo
sopra citato. 
    1.3.- E' altresi' impugnato il comma 91 dell'art. 13 della  legge
reg. Siciliana n. 13 del 2022, secondo cui «[a]i fini dell'attuazione
dell'articolo 1, comma 268, lettera b), della legge 30 dicembre  2021
n. 234 e successive modificazioni, gli enti  del  Servizio  sanitario
regionale procedono preliminarmente, entro il 31 dicembre 2022, a una
ricognizione  dei  fabbisogni  di  personale,   anche   nel   periodo
pandemico, e applicano i CCNNLL  dell'ambito  sanitario  aggiornando,
anche in deroga, il piano  triennale  del  fabbisogno  di  personale,
applicando   le   previsioni   di   legge    anche    al    personale
contrattualizzato a qualunque titolo del ruolo sanitario, tecnico  ed
amministrativo, selezionato attraverso prove selettive per titoli e/o
colloquio, e che abbia maturato o che  maturera'  alla  data  del  31
dicembre 2022 i 18 mesi previsti dalla legge n. 234/2021». 
    Il ricorrente pone a  raffronto  la  disposizione  impugnata  con
quella contenuta nell'art. 1, comma 268, lettera b), della  legge  30
dicembre 2021, n. 234 (Bilancio di previsione dello Stato per  l'anno
finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il  triennio  2022-2024),
alla cui attuazione la prima e' dichiaratamente rivolta. 
    All'esito di questa comparazione  la  difesa  statale  sottolinea
come il legislatore siciliano, con la disposizione impugnata,  «abbia
invero elaborato criteri propri», tra cui la possibilita' di derogare
al piano triennale dei fabbisogni del personale, di ampliare l'ambito
soggettivo di applicazione anche al personale  del  ruolo  tecnico  e
amministrativo, e di  estendere  al  31  dicembre  2022  la  finestra
temporale utile ai  fini  della  maturazione  dei  diciotto  mesi  di
servizio. 
    Il Presidente del Consiglio dei ministri rileva, inoltre, che  la
procedura di stabilizzazione prevista dalla disposizione impugnata si
differenzia  anche  da  quella  prevista  dall'art.  20  del  decreto
legislativo 25 maggio 2017, n. 75, recante «Modifiche e  integrazioni
al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi degli articoli
16, commi 1, lettera a), e 2, lettere b), c), d) ed e) e 17, comma 1,
lettere a), c), e), f), g), h), l) m), n), o), q), r), s) e z), della
legge 7 agosto 2015, n. 124, in  materia  di  riorganizzazione  delle
amministrazioni pubbliche». 
    La disposizione regionale impugnata avrebbe quindi introdotto una
forma di stabilizzazione «avulsa» dal quadro normativo statale per le
seguenti  ragioni:  prevedrebbe  maggiori  limiti  temporali  per  la
maturazione dei requisiti per partecipare  alle  procedure  selettive
rispetto a  quelli  stabiliti  dal  citato  comma  268,  lettera  b),
dell'art. 1  della  legge  n.  234  del  2021;  includerebbe  tra  il
personale  destinatario  anche  il  personale   contrattualizzato   a
qualunque titolo del ruolo sanitario,  tecnico  e  amministrativo  in
luogo  del  solo  personale  del  ruolo   sanitario   e   del   ruolo
sociosanitario; sarebbe prevista la possibilita'  per  gli  enti  del
servizio sanitario regionale di  stabilizzare  il  personale  di  cui
sopra anche in deroga al piano triennale dei fabbisogni di  personale
e quindi anche  in  deroga  al  limite  di  spesa  di  personale  cui
soggiacciono gli enti del  Servizio  sanitario  nazionale  (art.  11,
comma 1, del decreto-legge 30 aprile 2019,  n.  35,  recante  «Misure
emergenziali per il servizio sanitario della Regione Calabria e altre
misure urgenti in materia sanitaria» convertito,  con  modificazioni,
nella legge 25 giugno 2019, n. 60). 
    La  disciplina  in  esame  sarebbe  riconducibile  alla   materia
dell'ordinamento civile, di competenza  legislativa  esclusiva  dello
Stato (art. 117, secondo comma,  lettera  l,  Cost.),  incidendo,  la
disposizione impugnata, sulla regolamentazione del rapporto  precario
(in  particolare,  sugli  aspetti  connessi  alla   sua   durata)   e
determinando essa, al contempo, la  costituzione  di  altro  rapporto
giuridico (il rapporto di lavoro a tempo indeterminato,  destinato  a
sorgere proprio per effetto della stabilizzazione). 
    Il ricorrente richiama quindi la giurisprudenza di questa  Corte,
secondo cui la disciplina della fase  costitutiva  del  contratto  di
lavoro, cosi' come  quella  del  rapporto  sorto  per  effetto  dello
stesso, rientra nella materia dell'ordinamento civile. 
    Pertanto, l'impugnato comma  91,  non  essendo  coerente  con  il
citato quadro normativo vigente in materia, si porrebbe in  contrasto
con  gli  artt.  81  e  117,  secondo  comma,  lettera   l),   Cost.,
disposizione, quest'ultima, che riserva alla  competenza  legislativa
esclusiva dello Stato la disciplina dei rapporti di  diritto  privato
regolabili dal codice civile. Non rileverebbe  quindi  la  competenza
legislativa  esclusiva  della  Regione  Siciliana   in   materia   di
ordinamento degli uffici e  degli  enti  regionali  (art.  14,  primo
comma, lettera p, dello statuto speciale). 
    La difesa statale aggiunge  che  le  norme  statali  in  tema  di
stabilizzazione del personale  precario  sarebbero  -  in  base  alla
giurisprudenza  di  questa  Corte  -  qualificabili,  altresi',  come
principi  fondamentali  di  coordinamento  della  finanza   pubblica,
poiche' si ispirano  alla  finalita'  del  contenimento  della  spesa
pubblica nello  specifico  settore  del  personale.  In  particolare,
sarebbero tali quelle disposizioni che stabiliscono limiti e  vincoli
al reclutamento del personale delle amministrazioni pubbliche  o  che
disciplinano la stabilizzazione del  personale  precario,  in  quanto
incidenti sul rilevante  aggregato  di  finanza  pubblica  costituito
dalla spesa per il personale. 
    Di conseguenza, sarebbe violato anche l'art.  117,  terzo  comma,
Cost.,  che  riserva  allo  Stato  la  competenza  a  porre  principi
fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica. 
    1.4.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato anche
i commi 19, 20 e 21 dell'art. 14 della legge reg. Siciliana n. 13 del
2022, i quali prevedono l'applicazione degli interventi  di  sostegno
previsti dall'art. 1, comma 1 della legge della Regione  Siciliana  3
maggio 2004, n. 7 (Interventi a favore dei figli  delle  vittime  del
disastro aereo di Montagna Longa e  delle  vittime  superstiti  della
strage di Portella della Ginestra. Misure di solidarieta' a  sostegno
dei  familiari  di  vittime  della   mafia   e   della   criminalita'
organizzata), «anche al disastro aereo verificatosi in Etiopia il  10
marzo 2019». 
    Queste norme sono ritenute in  contrasto  con  l'art.  81,  terzo
comma, Cost., poiche' difetterebbero  di  copertura  finanziaria,  in
quanto il relativo onere a regime sarebbe stato considerato solo  per
l'anno 2022. 
    1.5.- Da ultimo, e' impugnato l'art. 15,  comma  6,  della  legge
reg. Siciliana n. 13 del 2022, con il  quale  e'  stata  disposta  la
rideterminazione   in   311.964,80   euro    del    limite    massimo
dell'autorizzazione  di  spesa  destinata  alla  stabilizzazione  del
personale dell'ex Dipartimento regionale foreste. 
    Questa norma si porrebbe in contrasto con l'art. 81, terzo comma,
Cost., poiche' difetterebbe di copertura finanziaria,  in  quanto  il
relativo maggior onere (pari a 182.543,36  euro)  non  sarebbe  stato
considerato nel  prospetto  riepilogativo  degli  effetti  finanziari
complessivi, allegato alla legge regionale in esame. 
    2.- La Regione Siciliana si e' costituita  in  giudizio  solo  in
riferimento alle questioni promosse nei confronti dell'art. 14, commi
19, 20 e 21, e dell'art. 15, comma 6, della legge reg. Siciliana n 13
del 2022. 
    In particolare, quanto ai commi 19, 20  e  21  dell'art.  14,  la
difesa regionale precisa che con l'art.  19,  comma  1,  della  legge
della Regione Siciliana 10 agosto 2022, n. 16 (Modifiche  alla  legge
regionale 25 maggio 2022, n. 13 e  alla  legge  regionale  25  maggio
2022, n. 14. Variazioni  al  Bilancio  di  previsione  della  Regione
siciliana per il triennio 2022/2024.  Disposizioni  varie)  e'  stato
modificato il prospetto riepilogativo della legge regionale impugnata
introducendo gli oneri per gli anni 2023 e 2024  ed  e'  stata  cosi'
individuata la relativa copertura finanziaria. 
    Quanto invece all'art. 15, comma 6, la resistente da' conto della
sua sopravvenuta abrogazione ad opera dell'art. 13, comma  95,  della
legge reg. Siciliana n. 16 del 2022 e della conseguente ridefinizione
dell'autorizzazione di spesa per gli anni 2022, 2023 e  2024  con  la
relativa copertura. 
    Con riferimento a quest'ultima disposizione impugnata, la  difesa
regionale conclude chiedendo che sia dichiarata la  cessazione  della
materia del contendere. 
    3.- Nel giudizio di legittimita'  costituzionale,  con  specifico
riferimento alle questioni promosse nei confronti dell'art. 13, comma
53, della legge reg. Siciliana n. 13 del 2022, sono intervenuti,  con
un unico atto, G. M., P.M. T., B. R., P. M. e F. B. 
    3.1.- Quanto all'ammissibilita' dell'intervento,  essi  affermano
di essere legittimati ad accedere agli elenchi degli idonei  per  gli
incarichi di direttore amministrativo presso le aziende del  servizio
sanitario regionale ai sensi del  comma  1-bis  dell'art.  122  della
legge reg. Siciliana n. 2 del 2002,  come  sostituito  dall'impugnato
comma 53. Pur essendo  consapevoli  della  giurisprudenza  di  questa
Corte in  merito  all'ammissibilita'  dell'intervento  di  terzi  nel
giudizio  promosso  in  via  principale,  gli   odierni   richiedenti
ritengono che tale orientamento possa essere  rimeditato  anche  alla
stregua della volonta' della stessa  Corte  di  aprirsi  «all'ascolto
della societa' civile». Aggiungono che il  giudizio  di  legittimita'
costituzionale avendo ad oggetto una legge, rispetto alla quale,  per
definizione,  non  vi  sono  terzi,  riguarderebbe  tutti  e  che  la
partecipazione  a  esso  non  potrebbe  non  estendersi  ai  soggetti
direttamente interessati al suo esito. Nel caso di specie,  la  norma
oggetto del giudizio inciderebbe sul loro diritto al lavoro (artt.  4
e 35 Cost.) e sul loro diritto ad accedere ai pubblici uffici  (artt.
51 e 97 Cost.). 
    3.2.- Nel merito, gli intervenienti sostengono che  le  questioni
di legittimita' costituzionale del comma 53 dell'art.  13  -  il  cui
contenuto coinciderebbe con quello di analoghe normative  vigenti  in
altre regioni e mai impugnate - non sono fondate. 
    In ragione dell'esistenza di discipline regionali  dal  contenuto
analogo, la difesa degli intervenienti chiede,  altresi',  che  siano
chiamate in giudizio ex art. 107 del codice di  procedura  civile  la
Regione autonoma Sardegna e la Regione Lombardia,  nonche'  le  altre
regioni che ammettono,  nella  loro  normativa,  l'iscrizione,  negli
elenchi degli idonei all'incarico  di  direttore  amministrativo,  di
soggetti dotati di esperienza amministrativa in  settori  diversi  da
quello sanitario. 
    Infine, gli  intervenienti  chiedono  che  questa  Corte  sollevi
dinanzi  a  se  stessa  questione  di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 3,  comma  7,  del  d.lgs.  n.  502  del  1992,  in  quanto
quest'ultima  norma  determinerebbe  una  irragionevole   limitazione
all'accesso all'incarico di direttore amministrativo,  in  violazione
degli artt. 3, 51 e 97 Cost. 
    4.- Il 26 novembre 2022  l'Avvocatura  generale  dello  Stato  ha
depositato atto di rinuncia parziale al ricorso,  limitatamente,  per
quel che rileva nel presente giudizio, alle  questioni  promosse  nei
confronti degli artt. 14, commi 19, 20 e 21, e  15,  comma  6,  della
legge reg. Siciliana n. 13 del 2022. 
    La Regione Siciliana ha accettato la suddetta  rinuncia  parziale
con atto depositato il 7 dicembre 2022. 
    5.- In prossimita' dell'udienza il Presidente del  Consiglio  dei
ministri e G. M., P.M. T., B. R., P. M.  e  F.  B.  hanno  depositato
memorie nelle quali  insistono  nelle  conclusioni  gia'  rassegnate,
rispettivamente, nel ricorso e nell'atto di intervento. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di
legittimita' costituzionale, tra gli altri, degli artt. 13, commi 53,
55 e 91, 14, commi 19, 20 e 21, e  15,  comma  6,  della  legge  reg.
Siciliana n. 13 del 2022, in riferimento complessivamente agli  artt.
81, 97, secondo comma, e 117, commi secondo,  lettera  l),  e  terzo,
Cost. 
    2.- In via  preliminare,  deve  essere  dichiarato  inammissibile
l'intervento di G. M., P.M. T., B. R., P. M. e F. B. 
    Come costantemente affermato da  questa  Corte,  il  giudizio  di
legittimita'   costituzionale   in   via   principale    si    svolge
esclusivamente tra soggetti titolari di potesta'  legislativa  e  non
ammette l'intervento di soggetti che ne siano privi. 
    Tale orientamento e' stato confermato anche dopo le modifiche del
2020  alle  Norme  integrative  per  i  giudizi  davanti  alla  Corte
costituzionale, in quanto esse, diversamente da quanto dedotto  dagli
odierni  intervenienti,  «non  [hanno  inciso]   sui   requisiti   di
ammissibilita'  degli  interventi  nei  giudizi  in  via  principale»
(cosi', ordinanza letta all'udienza del 25  febbraio  2020,  allegata
alla sentenza n. 56 del 2020, sentenza n. 259 del  2022  e  ordinanza
letta all'udienza del 22 marzo 2022, allegata alla  sentenza  n.  117
del 2022; nello stesso senso, tra le altre, sentenze n. 221 e n.  121
del 2022; ordinanza letta all'udienza dell'8  giugno  2021,  allegata
alla sentenza n. 187 del 2021 e ordinanza n. 134 del 2022). 
    3.- Ancora in via preliminare, occorre  rilevare  che,  con  atto
depositato il 26 novembre  2022,  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri ha dichiarato di rinunciare al  ricorso  limitatamente  agli
artt. 14, commi 19, 20  e  21,  e  15,  comma  6,  della  legge  reg.
Siciliana n. 13 del 2022, in ragione - quanto alla questione relativa
all'art. 14, commi 19, 20 e 21 -  della  sopravvenuta  copertura  dei
relativi oneri finanziari, operata con  l'art.  19,  comma  1,  della
legge reg. Siciliana n. 16  del  2022,  e  -  quanto  alla  questione
relativa all'art. 15, comma 6 - della abrogazione della  disposizione
impugnata e della ridefinizione dell'autorizzazione di spesa per  gli
anni 2022, 2023 e 2024, ad opera, rispettivamente, dei commi 95 e  96
dell'art. 13 della citata legge reg. Siciliana n. 16 del 2022. 
    La  Regione  resistente  ha  accettato  la  rinuncia   con   atto
depositato il 7 dicembre 2022. 
    L'art. 25 delle Norme integrative  per  i  giudizi  davanti  alla
Corte costituzionale prevede che la rinuncia al ricorso, qualora  sia
accettata da tutte le parti  costituite,  estingue  il  processo  (ex
plurimis, sentenze n. 190 e n. 187 del 2022;  ordinanza  n.  133  del
2022). Ne consegue che il processo deve  essere  dichiarato  estinto,
limitatamente alle questioni promosse nei confronti degli  artt.  14,
commi 19, 20 e 21, e 15, comma 6, della legge reg.  Siciliana  n.  13
del 2022. 
    4.- Riservata  a  separate  pronunce  la  decisione  delle  altre
impugnative promosse con il  ricorso  indicato,  vanno  esaminate  le
questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 13, commi 53, 55 e
91, della legge reg. Siciliana n. 13 del 2022. 
    5.- Passando all'esame delle singole censure,  l'art.  13,  comma
53, della legge reg. Siciliana n. 13 del 2022 ha sostituito il  comma
1-bis dell'art. 122  della  legge  reg.  Siciliana  n.  2  del  2002,
modificando  i  requisiti  per  poter  essere  inseriti   nell'elenco
regionale degli idonei alle cariche di direttore amministrativo delle
aziende sanitarie. 
    Le censure del Presidente del Consiglio dei ministri si appuntano
esclusivamente sul requisito della pregressa esperienza. Al riguardo,
il legislatore siciliano ha previsto che alla selezione siano ammessi
i candidati che non abbiano compiuto sessantacinque anni di eta',  in
possesso, oltre che del «diploma di  laurea  di  cui  all'ordinamento
previgente al decreto ministeriale 3 novembre  1999,  n.  509  oppure
laurea  specialistica  o  magistrale»  (lettera  a),  di  «comprovata
esperienza nella qualifica di  dirigente,  almeno  quinquennale,  nel
settore sanitario  o  settennale  in  altri  settori,  con  autonomia
gestionale e diretta responsabilita' delle risorse umane, tecniche  e
o finanziarie, maturata nel settore pubblico o nel  settore  privato»
(lettera b). 
    Il ricorrente ritiene, in particolare, che  l'aver  previsto  che
possano essere inseriti negli elenchi degli  idonei  alla  carica  di
direttore   amministrativo   anche   coloro   che   hanno    maturato
un'esperienza settennale in settori diversi da quello sanitario violi
l'art. 3, comma 7, del d.lgs. n. 502 del 1992 e l'art. 3  del  d.lgs.
n. 171 del 2016, asseritamente recanti  principi  fondamentali  della
materia  «tutela  della  salute»  (art.  117,  terzo  comma,  Cost.),
coincidente con quella statutaria «sanita' pubblica» (art. 17,  primo
comma, lettera b, dello statuto speciale). 
    Il Presidente del Consiglio dei  ministri  lamenta,  inoltre,  la
violazione  della  competenza  legislativa  esclusiva  statale  nella
materia «ordinamento civile», in ragione del fatto che il rapporto di
lavoro  instaurato  con  il  direttore  amministrativo   rientrerebbe
nell'ambito del pubblico impiego privatizzato. Di qui  la  violazione
dell'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. 
    Da ultimo, il ricorrente rileva un contrasto anche con i principi
di buon andamento e  imparzialita'  della  pubblica  amministrazione,
previsti dall'art. 97, secondo comma, Cost., perche' la  disposizione
regionale impugnata prevederebbe  requisiti  di  qualificazione  meno
rigorosi e selettivi rispetto a quelli prescritti dall'art. 3,  comma
7, del d.lgs. n. 502 del 1992,  e,  per  cio'  solo,  violerebbe  gli
anzidetti principi. 
    5.1.-  La  disposizione  impugnata  si  inserisce  in  un  quadro
normativo costituito innanzitutto dall'art. 3 del d.lgs. n.  171  del
2016,  indicato  come  norma  interposta   dal   ricorrente.   Questa
disposizione stabilisce -  quanto  al  conferimento  degli  incarichi
nelle aziende sanitarie locali, nelle  aziende  ospedaliere  e  negli
altri enti del  Servizio  sanitario  nazionale  -  che  il  direttore
generale nomina il direttore amministrativo, il  direttore  sanitario
e, ove previsto dalle  leggi  regionali,  il  direttore  dei  servizi
socio-sanitari, attingendo obbligatoriamente agli  elenchi  regionali
di idonei, anche di altre regioni, appositamente  costituiti,  previo
avviso pubblico e selezione per titoli e colloquio, effettuati da una
commissione nominata dalla regione. 
    La  commissione  in  parola   valuta   i   titoli   formativi   e
professionali, scientifici e di carriera  presentati  dai  candidati,
secondo  specifici  criteri  indicati  nell'avviso  pubblico,  «fermi
restando i requisiti previsti per il direttore  amministrativo  e  il
direttore sanitario dall'articolo 3, comma 7, e dall'articolo  3-bis,
comma 9,  del  decreto  legislativo  30  dicembre  1992,  n.  502,  e
successive modificazioni». 
    L'art. 3 del d.lgs. n. 171  del  2016  mantiene  quindi  fermi  i
requisiti previsti agli artt. 3, comma  7  (anch'esso  indicato  come
norma interposta nell'odierno giudizio), e 3-bis, comma 9, del d.lgs.
n. 502 del 1992. 
    Il citato comma 7 dell'art. 3 stabilisce, tra l'altro, che  «[i]l
direttore amministrativo e' un laureato in  discipline  giuridiche  o
economiche che, all'atto del conferimento  dell'incarico,  non  abbia
compiuto il sessantacinquesimo anno di eta' e che  abbia  svolto  per
almeno cinque anni una qualificata attivita' di direzione  tecnica  o
amministrativa in enti o strutture sanitarie pubbliche o  private  di
media o grande dimensione». 
    Il testo originario del comma 7 dell'art. 3 del d.lgs. n. 502 del
1992 non faceva  alcuna  menzione  dell'ambito  entro  il  quale  era
richiesta  la  pregressa  esperienza  quinquennale,   limitandosi   a
stabilire che  «[i]l  direttore  amministrativo  e'  un  laureato  in
discipline  giuridiche  o  economiche  che  non  abbia  compiuto   il
sessantacinquesimo anno di eta' e che abbia svolto per almeno  cinque
anni una qualificata attivita' di direzione tecnica o  amministrativa
in  enti  o  strutture  pubbliche  o  private  di  media   o   grande
dimensione». 
    L'art. 4, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 7 dicembre
1993, n. 517 (Modificazioni al decreto legislativo 30 dicembre  1992,
n. 502, recante riordino della disciplina  in  materia  sanitaria,  a
norma dell'art. 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421) ha  sostituito
il citato comma 7, stabilendo che «[i]l direttore  amministrativo  e'
un laureato in discipline  giuridiche  o  economiche  che  non  abbia
compiuto il sessantacinquesimo anno di eta' e che  abbia  svolto  per
almeno cinque anni una qualificata attivita' di direzione  tecnica  o
amministrativa in enti o strutture sanitarie pubbliche o  private  di
media o grande dimensione». 
    L'art. 45, comma 1-quater, del decreto-legge 26 ottobre 2019,  n.
124  (Disposizioni  urgenti  in  materia  fiscale  e   per   esigenze
indifferibili),  convertito,  con  modificazioni,  nella   legge   19
dicembre 2019, n. 157, ha poi previsto che,  nel  terzo  periodo  del
comma 7 dell'art. 3, «dopo le parole: "il direttore amministrativo e'
un laureato in discipline giuridiche o economiche che" sono  inserite
le seguenti: ", all'atto del conferimento dell'incarico,"». 
    Dunque, gia' a partire dall'entrata in vigore del d.lgs.  n.  517
del 1993,  il  requisito  della  pregressa  esperienza  quinquennale,
consistente in «una qualificata  attivita'  di  direzione  tecnica  o
amministrativa in enti o strutture sanitarie  pubbliche  o  private»,
risulta presente nell'art. 3, comma 7, del d.lgs. n. 502 del 1992. 
    A fronte di questa disciplina statale si registrano significative
differenze nelle normative di altre regioni, che pero'  non  rilevano
nel  presente  giudizio   attinente   alla   specifica   legislazione
siciliana, ben potendo costituire oggetto di un autonomo sindacato da
parte  di  questa  Corte  in  sede  di   giudizio   di   legittimita'
costituzionale in via incidentale. 
    5.2.- La questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  13,
comma 53, della legge reg. Siciliana n. 13 del  2022  e'  fondata  in
riferimento agli artt. 97, secondo comma, e 117, terzo comma, Cost. 
    5.2.1.- In ragione del  tenore  della  disposizione  impugnata  e
delle specifiche censure  mosse  dal  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, questa Corte  non  ritiene  di  doversi  discostare,  nella
definizione del presente giudizio, da quanto affermato nella sentenza
n. 155 del 2022. 
    Con  il  ricorso  deciso  con  la  pronuncia  appena  citata,  il
Presidente del Consiglio dei ministri aveva, tra  l'altro,  impugnato
l'art. 11 della legge della Regione Siciliana 3 agosto  2021,  n.  22
(Disposizioni urgenti in materia di concessioni demaniali  marittime,
gestione  del  servizio  idrico  integrato  nell'ambito  territoriale
ottimale di Agrigento e  di  personale  di  Sicilia  Digitale  S.p.A.
Disposizioni varie), che aveva aggiunto,  all'art.  122  della  legge
reg. Siciliana n. 2 del 2002, il comma 1-bis, contenente disposizioni
in materia di requisiti per essere inseriti nell'elenco degli  idonei
alla direzione amministrativa delle aziende sanitarie regionali. 
    Dunque, l'art. 11 della legge reg. Siciliana n. 22 del 2021 aveva
introdotto il comma 1-bis nel citato  art.  122,  che  e'  stato  poi
sostituito dal comma 53 dell'art. 13 della legge reg. Siciliana n. 13
del 2022 (oggetto dell'odierna impugnazione). 
    Dalla comparazione tra i due testi si evince che, mentre la norma
regionale dichiarata costituzionalmente illegittima da  questa  Corte
con la sentenza n. 155 del 2022 prevedeva  l'esperienza  quinquennale
anche in settori diversi da quello sanitario, la norma oggi vigente e
oggetto   dell'odierno   giudizio   prevede,   oltre   all'esperienza
quinquennale nel settore sanitario, anche quella settennale in  altri
settori. In altre parole, il legislatore siciliano,  poco  prima  che
venisse depositata la sentenza n. 155  del  2022,  ha  sostituito  il
testo del citato comma 1-bis, innalzando a sette anni l'esperienza in
settori diversi da quello sanitario. 
    E' altresi' utile rilevare che le ragioni di  impugnativa  allora
indicate  dal   Presidente   del   Consiglio   dei   ministri   erano
sostanzialmente  coincidenti  con  quelle   proposte   nel   presente
giudizio. Anche in quel caso, infatti, il ricorrente riteneva che  la
disposizione impugnata, prevedendo requisiti di qualificazione  «meno
rigorosi e selettivi» rispetto a quelli prescritti dall'art. 3, comma
7, del d.lgs. n. 502 del 1992, si ponesse in contrasto con gli  artt.
17, primo comma, lettere b) e c), dello statuto speciale  e  con  gli
artt. 97 e 117, commi secondo, lettera l), e terzo, Cost. 
    Nella sentenza n. 155 del 2022 questa Corte ha  ribadito  che  la
disciplina degli incarichi  della  dirigenza  sanitaria  deve  essere
ricondotta  alla  materia  «tutela  della  salute»  e  alla  relativa
competenza legislativa (sentenze n. 129 del 2012, n. 233 e n. 181 del
2006), la cui ampiezza coincide con quella - parimenti concorrente  -
di cui la Regione  Siciliana  e'  titolare  in  materia  di  «sanita'
pubblica», ai sensi dell'art. 17 dello statuto speciale. 
    Ha poi precisato che «[l]e disposizioni  contenute  nell'art.  3,
comma  7,  del  d.lgs.  n.  502   del   1992   [...]   costituiscono,
indubbiamente, un principio fondamentale della  legislazione  statale
in materia di tutela della salute, vincolante,  come  tale,  rispetto
alla potesta' legislativa regionale in materia di sanita' pubblica  e
una chiara espressione, nel settore sanitario, del principio di  buon
andamento dell'azione amministrativa». 
    Ed ancora, che «"la previsione di un elenco in cui devono  essere
iscritti i soggetti che intendono partecipare alle singole  selezioni
regionali e' da ricondursi all'esigenza di garantire un alto  livello
di  professionalita'  dei  candidati,  i  quali   debbono   possedere
requisiti curriculari unitari" e che  tale  esigenza  deve  ritenersi
"espressione   del   principio   di   buon   andamento    dell'azione
amministrativa,  data  l'incidenza  che  la  professionalita'   delle
persone che ricoprono gli incarichi apicali esplica sul funzionamento
delle strutture cui sono preposte,  con  inevitabili  riflessi  sulla
qualita' delle prestazioni sanitarie rese" (cosi' la sentenza n.  159
del 2018)» (sentenza n. 155 del 2022). 
    Questa Corte ha concluso affermando che «[l]a norma censurata  si
pone, dunque, in evidente contrasto  con  il  principio  fondamentale
dettato  dal  legislatore  statale,  non  solo  perche'  modifica  la
tipologia di esperienza  richiesta  ai  soggetti  che  richiedono  di
accedere all'elenco degli idonei alla  direzione  amministrativa,  ma
anche, soprattutto, in quanto amplia, significativamente,  l'area  in
cui tale esperienza puo' essere acquisita, estendendola a settori del
tutto estranei all'ambito della sanita'», con  la  conseguenza  della
sua illegittimita' costituzionale. 
    5.2.2.-   La   sostanziale   coincidenza   di   contenuto   della
disposizione impugnata e  l'identita'  dei  parametri  costituzionali
invocati e  delle  norme  interposte  indicate  inducono  a  ritenere
fondata anche l'odierna questione di legittimita' costituzionale  per
violazione  dell'art.   117,   terzo   comma,   Cost.,   in   ragione
dell'evidente contrasto con quanto stabilito dall'art.  3,  comma  7,
del d.lgs. n. 502 del 1992, da ritenersi alla stregua di un principio
fondamentale della materia «tutela della salute» (sempre sentenza  n.
155 del 2022). 
    L'aver  previsto  una  durata  superiore  (sette  anni)  per   il
requisito della pregressa esperienza in  settori  diversi  da  quello
sanitario - rispetto a quella, di cinque anni, stabilita nella  norma
dichiarata costituzionalmente illegittima con la sentenza n. 155  del
2022 - non e'  dirimente  ai  fini  della  soluzione  della  presente
questione di legittimita' costituzionale. Cio' che infatti  rileva  a
tali fini e' il contrasto con il principio espresso  nella  normativa
statale, che ha inteso limitare all'ambito sanitario  il  periodo  di
pregressa esperienza al fine  dell'inserimento  negli  elenchi  degli
idonei a ricoprire la carica di direttore amministrativo. 
    Deve essere  quindi  dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 13, comma 53, della legge reg. Siciliana  n.  13  del  2022
limitatamente alle parole «o settennale in altri settori». 
    L'accoglimento  della  questione  sotto  gli  anzidetti   profili
comporta  l'assorbimento  dell'ulteriore   censura   prospettata   in
riferimento all'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. 
    6.- E' impugnato anche il comma 55 dell'art. 13 della legge  reg.
Siciliana n. 13 del 2022; esso si articola in due periodi, nei  quali
il  ricorrente  ravvisa  due  distinti  profili   di   illegittimita'
costituzionale.  Le  relative  questioni   devono   essere   pertanto
esaminate separatamente. 
    Seguendo l'ordine del ricorso, si prende in esame innanzitutto la
questione promossa nei confronti del secondo periodo del comma 55  e,
di seguito, quella rivolta al primo. 
    6.1.- L'ultimo periodo del comma 55  prevede  che  «[p]er  l'anno
2022 i trasferimenti  extrabudget  in  favore  dei  soggetti  privati
convenzionati con il Servizio sanitario regionale sono calcolati  sul
consolidato dell'anno 2019». Esso e'  impugnato  per  violazione  dei
principi fondamentali  in  materia  di  coordinamento  della  finanza
pubblica di cui all'art. 117, terzo comma, Cost. 
    Il  ricorrente  non  contesta  la  previsione   secondo   cui   i
trasferimenti extrabudget per l'anno 2022 sono calcolati  sulla  base
del consolidato dell'anno 2019, ma muove una piu'  radicale  censura,
ritenendo che l'art. 8-quinquies del d.lgs. n. 502 del 1992  (assunto
come  norme  interposta)  non   consenta   la   remunerazione   delle
prestazioni che eccedono il tetto di spesa  e  quindi  «trasferimenti
extrabudget». 
    Al riguardo, la difesa statale richiama  la  giurisprudenza,  sia
della Corte di cassazione, sia del Consiglio di  Stato,  dalla  quale
desume la necessita' che sia sempre rispettato il tetto di  spesa  in
materia sanitaria, al punto che  sarebbe  financo  «giustificata»  la
mancata previsione di  criteri  di  remunerazione  delle  prestazioni
eccedenti quanto preventivamente concordato. Di  qui  la  conclusione
che sarebbe rimessa alla libera valutazione degli  operatori  privati
la scelta  di  continuare  a  operare  in  regime  di  accreditamento
accettando le limitazioni imposte oppure di collocarsi  al  di  fuori
del servizio sanitario nazionale e quindi  di  continuare  a  operare
privatamente. 
    6.1.1.- Per comprendere i termini  della  censura  devono  essere
ricostruiti il quadro normativo, in cui la disposizione  impugnata  e
quella  interposta   si   inseriscono,   nonche'   gli   orientamenti
giurisprudenziali consolidatisi sul punto e in gran parte  richiamati
dalla difesa statale. 
    L'art. 8-quinquies del d.lgs. n. 502 del 1992, rubricato «Accordi
contrattuali», prevede,  al  comma  1,  che  le  regioni  definiscono
l'ambito di applicazione degli «accordi contrattuali» e individuano i
soggetti  interessati  (pubblici  e  privati),  tenendo  conto,   tra
l'altro, dei «criteri per la determinazione della remunerazione delle
strutture ove queste abbiano erogato volumi di prestazioni  eccedenti
il  programma  preventivo  concordato,  tenuto   conto   del   volume
complessivo di attivita' e del  concorso  allo  stesso  da  parte  di
ciascuna struttura». 
    Il comma 2 del  medesimo  art.  8-quinquies  stabilisce  che,  in
attuazione di quanto previsto dal comma 1 dell'art. 8-quinquies e con
le modalita' di cui al comma 1-bis del medesimo articolo, le  regioni
e  le  unita'  sanitarie  locali  possono  definire  accordi  con  le
strutture pubbliche ed equiparate e stipulare  contratti  con  quelle
private e con i  privati  accreditati.  Questi  accordi  e  contratti
devono indicare, tra l'altro: il volume massimo delle prestazioni che
le strutture si impegnano ad assicurare (lettera b), il corrispettivo
preventivato a fronte delle attivita' concordate  (lettera  d)  e  la
modalita' con cui viene comunque garantito il rispetto del limite  di
remunerazione delle strutture, prevedendo che, in caso di  incremento
dei  valori  dei  tariffari  regionali  per  la  remunerazione  delle
prestazioni, sia  rideterminato  il  volume  massimo  di  prestazioni
remunerate, nella misura necessaria al  mantenimento  del  limite  di
spesa globalmente preventivato (lettera e-bis). 
    Quello delineato dal legislatore statale e' dunque un modello che
pone al centro l'esigenza di mantenere la spesa  sanitaria  entro  il
livello massimo preventivamente concordato ma che, di  per  se',  non
esclude la remunerazione delle prestazioni  eccedenti  attraverso  un
meccanismo cosiddetto di regressione tariffaria. 
    6.1.2.-   In   questa   direzione   si   e'   mossa,   in    modo
significativamente    uniforme,    la    giurisprudenza    ordinaria,
amministrativa  e  contabile,  oltre  che  quella  di  questa  Corte.
Emblematica in tale senso e' la sentenza della Corte  di  cassazione,
sezione terza civile, 6 luglio 2020, n. 13884, in tema di prestazioni
extrabudget, secondo cui «"l'osservanza del tetto di spesa in materia
sanitaria rappresenta  un  vincolo  ineludibile  che  costituisce  la
misura  delle  prestazioni  sanitarie  che  il   Servizio   sanitario
nazionale puo' erogare  e  che  puo'  permettersi  di  acquistare  da
ciascun  erogatore  privato",  di  talche'  si  e'  ritenuta  persino
"giustificata  (anche)  la   mancata   previsione   di   criteri   di
remunerazione delle prestazioni extra  budget",  e  cio'  in  ragione
della "necessita' di dover comunque rispettare i tetti  di  spesa  e,
quindi, il vincolo delle risorse disponibili" (cosi', in motivazione,
Cass. Sez. 3, sent. n. 27608 del 2019, cit., la quale richiama  Cons.
St. Sez. 3, sent. 10 febbraio 2016, n. 566; Cons. St., Sez. 3,  sent.
10 aprile 2015, n. 1832)». 
    Una conferma di queste conclusioni e' poi rinvenuta  dalla  Corte
di cassazione nelle «stesse norme vigenti in materia (L. 27  dicembre
1997, n. 449, art. 32, comma 8, D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art.
12, comma 3, e D.Lgs. n. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 39), le quali
"hanno disposto che, in condizioni  di  scarsita'  di  risorse  e  di
necessario risanamento del bilancio, anche il sistema  sanitario  non
puo'   prescindere   dall'esigenza   di   perseguire   obiettivi   di
razionalizzazione finalizzati al raggiungimento di una situazione  di
equilibrio finanziario attraverso la programmazione e  pianificazione
autoritativa e vincolante dei  limiti  di  spesa  dei  vari  soggetti
operanti nel sistema" (Cass. Sez. 3, sent. n. 27608 del 2019,  cit.)»
(Corte di cassazione, sentenza  n.  13884  del  2020,  richiamata  da
Consiglio di Stato, sezione  terza,  sentenza  7  dicembre  2021,  n.
8161). 
    Affermazioni analoghe si rinvengono in  numerose  altre  pronunce
della Corte di cassazione. Nella menzionata  sentenza  della  sezione
terza civile, 29 ottobre 2019, n. 27608, in particolare, si legge che
«solo il mancato superamento del tetto di spesa da' il  diritto  alla
struttura sanitaria accreditata di ottenere  la  remunerazione  delle
prestazioni erogate; nel senso che esso deve  essere  considerato  un
elemento costitutivo della pretesa creditoria, con la conseguenza che
quando   le   prestazioni   erogate   dalle    strutture    sanitarie
provvisoriamente accreditate superino i tetti  di  spesa  non  vi  e'
alcun obbligo dell'ASL di acquistare e pagare le prestazioni suddette
(Cons. Stato 27/02/2018, n. 1206)». 
    Merita di essere richiamata, infine, la sentenza della Corte  dei
conti, sezione giurisdizionale per la  Regione  Calabria,  5  ottobre
2022, n. 183, nella quale  si  afferma,  tra  l'altro,  che,  «se  e'
astrattamente possibile che la struttura privata  possa  superare  il
volume di prestazioni concordato, e' sempre necessario che la regione
stabilisca se finanziare o meno questa  eccedenza  di  prestazioni  e
fissi i criteri di remunerazione (art. 8-quinquies,  comma  1,  lett.
d)». La pronuncia sottolinea altresi' la necessita' che «il tetto  di
spesa massimo concordato sia sempre rispettato, anche ex post, grazie
al meccanismo di "regressione tariffaria" ovvero di  riduzione  delle
tariffe all'aumento delle prestazioni  erogabili  (art.  8-quinquies,
comma 2, lett. e-bis)». 
    6.1.3.- Anche questa Corte, occupandosi della materia della quale
si discute,  ha  sottolineato  la  centralita'  del  principio  della
programmazione della spesa sanitaria (tra le tante, sentenze  n.  113
del 2022, n. 36 e n. 7 del 2021, n. 248 del 2011, n. 94 del 2009,  n.
257 del 2007, n. 200 e n. 111 del 2005) e ha precisato, al  contempo,
che le  prestazioni  eccedenti  il  programma  preventivo  concordato
possono essere remunerate (sentenze n. 257 del  2007  e  n.  111  del
2005), secondo, pero', il meccanismo della regressione tariffaria  di
cui sopra si e' detto. 
    In tale  contesto,  del  resto,  questa  Corte  ha  ripetutamente
ricordato come «si sia progressivamente  imposto  nella  legislazione
sanitaria il principio della programmazione, allo scopo di realizzare
un contenimento della spesa pubblica  ed  una  razionalizzazione  del
sistema sanitario» (sentenze n. 248 del 2011 e n. 200  del  2005;  ma
anche, tra le altre, sentenze n. 94 del 2009  e  n.  257  del  2007),
essendosi imposta, l'esigenza della  programmazione,  in  conseguenza
dell'«elevato e crescente deficit della sanita' e [del]le esigenze di
bilancio  e  di  contenimento  della  spesa  pubblica,   nonche'   di
razionalizzazione del sistema sanitario» (sentenza n. 94 del 2009). 
    Pertanto, le disposizioni recate dal  d.lgs.  n.  502  del  1992,
cosi' come successivamente modificate, si configurano alla stregua di
«norme di principio della legislazione statale dirette a garantire ad
ogni persona il diritto alla salute come "un  diritto  costituzionale
condizionato dall'attuazione che  il  legislatore  ordinario  ne  da'
attraverso il bilanciamento dell'interesse tutelato da  quel  diritto
con gli altri interessi costituzionalmente  protetti",  tenuto  conto
dei limiti oggettivi che lo stesso  legislatore  incontra  nella  sua
opera  di  attuazione  in  relazione  alle  risorse  organizzative  e
finanziarie di cui dispone al momento (sentenze nn. 304 del 1994, 247
del 1992)» (sempre sentenza n. 200 del 2005). 
    Cosi'  ricostruiti  il  quadro  normativo  e   gli   orientamenti
affermatisi nella giurisprudenza, si puo' procedere  all'esame  della
censura mossa dal ricorrente. 
    6.1.4.- La questione di legittimita' costituzionale dell'art. 13,
comma 55, secondo periodo, della legge reg. Siciliana n. 13 del  2022
e' fondata per violazione dei  principi  fondamentali  nella  materia
«coordinamento della finanza pubblica». 
    La disposizione impugnata, facendo riferimento ai  «trasferimenti
extrabudget in favore  dei  soggetti  privati  convenzionati  con  il
Servizio sanitario regionale», reca una  formula  talmente  ampia  da
ricomprendere la corresponsione alle strutture anzidette di qualsiasi
tipo di somma ulteriore rispetto a quelle preventivamente concordate.
Si deve ritenere dunque che  la  censura  formulata  dal  ricorrente,
anche in ragione dell'invocato parametro  interposto,  si  riferisca,
non  alla  mera  erogazione  di  prestazioni  extrabudget,  cioe'  di
prestazioni  eccedenti  rispetto  al  programma  preventivato  -   da
remunerarsi  eventualmente  (cioe'  alle  condizioni  indicate  dalla
giurisprudenza  sopra  richiamata)  attraverso  il  meccanismo  della
regressione tariffaria ma sempre nel rispetto del  tetto  massimo  di
spesa -, bensi' al trasferimento  di  risorse  finanziarie  ulteriori
rispetto al «corrispettivo  preventivato  a  fronte  delle  attivita'
concordate, globalmente  risultante  dalla  applicazione  dei  valori
tariffari  e  della  remunerazione  extra-tariffaria  delle  funzioni
incluse nell'accordo [...]» (art. 8-quinquies, comma  2,  lettera  d,
del d.lgs. n. 502 del 1992). 
    D'altra parte, e' lo stesso art. 8-sexies, comma 1, del  medesimo
decreto legislativo  a  chiarire  che  «[l]e  strutture  che  erogano
assistenza  ospedaliera  e  ambulatoriale  a  carico   del   Servizio
sanitario nazionale sono  finanziate  secondo  un  ammontare  globale
predefinito indicato negli accordi contrattuali di  cui  all'articolo
8-quinquies e determinato in base alle funzioni assistenziali e  alle
attivita' svolte nell'ambito e per conto della rete  dei  servizi  di
riferimento». 
    Nel contesto normativo e giurisprudenziale  sopra  delineato,  le
regioni  sono  chiamate  a  contribuire  al  raggiungimento   di   un
ragionevole punto di equilibrio tra l'esigenza di assicurare (almeno)
i livelli essenziali di assistenza sanitaria e  quella  di  garantire
una piu' efficiente ed efficace spesa pubblica, anch'essa  funzionale
al perseguimento dell'interesse pubblico del settore. 
    La Regione Siciliana, con la  disposizione  impugnata,  si  muove
invece nella prospettiva opposta, legittimando ex post «trasferimenti
extrabudget». La previsione stessa si appalesa  quindi  in  contrasto
con il principio della programmazione della spesa sanitaria,  sancito
dal citato art. 8-quinquies del d.lgs. n. 502 del 1992 e  finalizzato
a contemperare il necessario  contenimento  di  questa  significativa
voce di spesa  pubblica  con  l'esigenza  di  assicurare  «i  livelli
essenziali e uniformi di  assistenza  definiti  dal  Piano  sanitario
nazionale» (art. 1,  comma  2,  del  medesimo  decreto  legislativo).
Principio che, per la sua specifica ratio, va ascritto alla categoria
dei principi che,  nella  materia  del  coordinamento  della  finanza
pubblica,  vincolano  anche  le  autonomie  speciali  (ex   plurimis,
sentenze n. 201 del 2022, n. 44 del 2021, n. 273, n. 130 e n. 78  del
2020, n. 241, n. 172 e n. 103 del 2018, n. 191, n. 154 e n.  151  del
2017). 
    Deve essere  quindi  dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 13, comma 55, secondo periodo, della legge  reg.  Siciliana
n. 13 del 2022. 
    6.2.- E'  altresi'  impugnato  il  primo  periodo  del  comma  55
dell'art. 13 della legge reg. Siciliana n.  13  del  2022,  il  quale
stabilisce  che  «[l]e  strutture  pubbliche  e  private  accreditate
eroganti prestazioni specialistiche e di diagnostica  di  laboratorio
possono  raggiungere  gli  standard  organizzativi  e  di   personale
richiesti dall'articolo 29, comma 1,  del  decreto  legge  25  maggio
2021, n. 73, convertito con modificazioni con legge 23  luglio  2021,
n. 106, anche attraverso la costituzione di reti di  impresa  di  cui
all'articolo 3 del decreto legge 10 febbraio 2009,  n.  5  convertito
con modificazioni con legge 9 aprile 2009, n. 33». 
    Secondo il  ricorrente  la  norma  non  assicurerebbe,  «in  modo
chiaro, la coerenza con le indicazioni» contenute nei «Criteri per la
riorganizzazione  delle   reti   di   offerta   di   diagnostica   di
laboratorio», approvati con  l'Accordo,  ai  sensi  dell'art.  4  del
d.lgs.n. 281 del 1997, tra il  Governo,  le  Regioni  e  le  Province
autonome di Trento e di Bolzano, «in sede  di  Conferenza  permanente
per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome  (Rep.
Atti 61/CSR del 23 marzo 2011, allegato A)». In particolare, i citati
criteri impegnerebbero le regioni ad attivare  «meccanismi  di  reale
aggregazione fra strutture di laboratorio». 
    Al netto di questa osservazione preliminare, rispetto alla  quale
il ricorrente non  formula  una  precisa  questione  di  legittimita'
costituzionale, la difesa statale rinviene piuttosto  un  profilo  di
illegittimita' costituzionale nella presunta violazione dei  principi
fondamentali stabiliti dal legislatore statale in materia  di  tutela
della salute (art. 117, terzo  comma,  Cost.),  posti  dall'art.  29,
comma 1, del d.l. n. 73 del 2021, come convertito. 
    Quest'ultima  norma  -  assunta  come  interposta  nel   presente
giudizio - stabilisce, a sua volta, che «[a]l fine  di  adeguare  gli
standard organizzativi e  di  personale  ai  processi  di  incremento
dell'efficienza resi possibili dal ricorso a metodiche automatizzate,
le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano  favoriscono
il completamento dei processi di riorganizzazione  della  rete  delle
strutture  pubbliche  e  private  accreditate  eroganti   prestazioni
specialistiche e di diagnostica  di  laboratorio,  attivati  mediante
l'approvazione dei piani previsti dall'articolo 1, comma 796, lettera
o), della legge 27 dicembre  2006,  n.  296,  e  inseriscono  tra  le
strutture  qualificate  gli  istituti  di  ricerca   con   comprovata
esperienza in materia di sequenziamento di nuova  generazione  (NGS).
Per gli anni 2021 e 2022, le regioni e le province autonome di Trento
e di Bolzano possono  riconoscere  alle  strutture  che  si  adeguano
progressivamente ai predetti standard non oltre il 31 dicembre  2022,
al fine di garantire la soglia minima di efficienza di 200.000  esami
di laboratorio e di prestazioni specialistiche o  di  5.000  campioni
analizzati con  tecnologia  NGS,  un  contributo  da  stabilirsi  con
provvedimento della regione o della provincia  autonoma,  nei  limiti
dell'importo di cui al comma 2». 
    Secondo il ricorrente, la disposizione  regionale  impugnata  non
chiarirebbe se lo standard  relativo  al  numero  minimo  di  200.000
prestazioni da garantire quale requisito  di  accreditamento  per  le
strutture eroganti prestazioni di laboratorio  (previsto  dal  citato
art. 29 del d.l. n. 73 del 2021, come convertito)  sia  da  intendere
riferito ad ogni singola struttura in senso  fisico  o  al  complesso
delle  strutture  interessate  e,  quindi,  alle  stesse   in   forma
aggregata,  ne'  preciserebbe  se  tale  aggregazione  debba   essere
conforme ai criteri di cui all'Accordo sopra citato. 
    In sostanza, il Presidente del Consiglio dei ministri sembrerebbe
imputare  alla  disposizione  regionale  impugnata  la  mancanza   di
chiarezza circa il rispetto degli standard  individuati  nella  norma
statale interposta e la conformita'  ai  criteri  di  cui  al  citato
accordo. 
    6.2.1.- La questione di legittimita' costituzionale dell'art. 13,
comma 55, primo periodo, della legge reg. Siciliana n. 13 del 2022 e'
inammissibile. 
    Il  ricorso,  infatti,  pur  individuando  la  normativa  statale
interposta  recante   il   principio   fondamentale   della   materia
concorrente  «tutela  della  salute»,  con  cui   contrasterebbe   la
disposizione regionale impugnata, non  precisa  le  ragioni  di  tale
contrasto, limitandosi  a  una  generica  censura  consistente  nella
«mancata chiarezza» della disposizione regionale impugnata. 
    La giurisprudenza di questa  Corte  e'  costante  «nell'affermare
"che, nella impugnazione in via principale, il  ricorrente  non  solo
deve,  a  pena  di  inammissibilita',  individuare  l'oggetto   della
questione promossa (con riferimento alla normativa che censura ed  ai
parametri che denuncia violati), ma ha anche l'onere (da  considerare
addirittura piu' pregnante rispetto a quello sussistente nei  giudizi
incidentali: ex plurimis, sentenza n. 115 del  2021)  di  esplicitare
una motivazione chiara ed adeguata in ordine alle specifiche  ragioni
che determinerebbero la violazione dei parametri che  assume  incisi"
(ex plurimis, da ultimo, sentenza n. 71 del 2022; nello stesso senso,
sentenze n. 5 del 2022, n. 201, n. 52 e n. 29 del 2021)» (sentenze n.
17 del 2023 e n. 135  del  2022;  nello  stesso  senso,  di  recente,
sentenze n. 119 e n. 117 del 2022). 
    Manca, invece, nel ricorso una motivazione adeguata a dare  conto
della pretesa violazione della norma statale interposta e quindi  del
parametro  costituzionale  evocato.  Ne'  e'  possibile  desumere  le
ragioni di illegittimita' costituzionale dal mero  confronto  tra  la
disposizione impugnata e quella interposta. 
    7.- E' impugnato, da ultimo, il comma 91 dell'art. 13 della legge
reg. Siciliana n. 13 del 2022, secondo cui «[a]i fini dell'attuazione
dell'articolo 1, comma 268, lettera b), della legge 30 dicembre  2021
n. 234 e successive modificazioni, gli enti  del  Servizio  sanitario
regionale procedono preliminarmente, entro il 31 dicembre 2022, a una
ricognizione  dei  fabbisogni  di  personale,   anche   nel   periodo
pandemico, e applicano i CCNNLL  dell'ambito  sanitario  aggiornando,
anche in deroga, il piano  triennale  del  fabbisogno  di  personale,
applicando   le   previsioni   di   legge    anche    al    personale
contrattualizzato a qualunque titolo del ruolo sanitario, tecnico  ed
amministrativo, selezionato attraverso prove selettive per titoli e/o
colloquio, e che abbia maturato o che  maturera'  alla  data  del  31
dicembre 2022 i 18 mesi previsti dalla legge n. 234/2021». 
    Il Presidente del Consiglio dei ministri muove nei  confronti  di
questa norma regionale tre specifiche  censure,  contestandola  nella
parte in cui prevede, ai  fini  dell'attuazione  della  procedura  di
stabilizzazione prevista dall'art. 1, comma 268,  lettera  b),  della
legge n. 234 del 2021:  a)  la  possibilita'  di  derogare  al  piano
triennale dei fabbisogni del personale; b) l'ampliamento  dell'ambito
soggettivo di applicazione anche al personale  del  ruolo  tecnico  e
amministrativo; c) l'estensione al 31 dicembre 2022 del termine utile
ai fini della maturazione dei diciotto mesi  di  servizio  (previsto,
nel testo originario della normativa statale, nel 30 giugno 2022). 
    Per le ragioni  anzidette  la  disposizione  regionale  impugnata
derogherebbe ai criteri  previsti  dal  citato  art.  1,  comma  268,
lettera b), della legge n. 234 del 2021 e dall'art. 20 del d.lgs.  n.
75 del 2017, da considerarsi come norme interposte. 
    Dalla violazione di queste ultime deriverebbe il contrasto  della
disposizione regionale: a) con l'art. 117, secondo comma, lettera l),
Cost., in quanto la disposizione  regionale  impugnata  introdurrebbe
una forma di  stabilizzazione  avulsa  dal  citato  quadro  normativo
statale (riconducibile alla  competenza  legislativa  in  materia  di
«ordinamento civile»), prevedendo maggiori limiti  temporali  per  la
maturazione dei requisiti, includendo tra il  personale  destinatario
anche il personale contrattualizzato a  qualunque  titolo  del  ruolo
sanitario, tecnico ed amministrativo, in luogo del solo personale del
ruolo sanitario e di quello socio-sanitario, e prevedendo  che  detta
stabilizzazione avvenga  anche  in  deroga  al  piano  triennale  dei
fabbisogni di personale; b)  con  l'art.  117,  terzo  comma,  Cost.,
perche' sarebbero violate le norme statali in tema di stabilizzazione
del  personale  cosiddetto  precario,  qualificabili  come   principi
fondamentali di  coordinamento  della  finanza  pubblica,  in  quanto
ispirate alla finalita' del contenimento della spesa  pubblica  nello
specifico settore del personale; c) con l'art. 81 Cost. 
    Non  e'  invece  oggetto  di  censura  l'inciso  secondo  cui  la
procedura  di  stabilizzazione  si  applica   «anche   al   personale
contrattualizzato a qualunque titolo». 
    7.1.- Preliminarmente deve essere delimitato il thema decidendum,
con la precisazione che ad essere  oggetto  dell'impugnativa  statale
sono solo i tre profili sopra individuati e non l'intera procedura di
stabilizzazione disciplinata dalla norma regionale, la quale  -  come
detto - trova un  preciso  fondamento  nel  comma  268,  lettera  b),
dell'art. 1 della legge n. 234 del 2021. 
    In particolare, la norma statale appena citata rimette a ciascuna
regione il compito di definire i «criteri di  priorita'»  da  seguire
per realizzare la procedura di stabilizzazione ivi prevista. 
    7.2.- Sempre in via preliminare, occorre ricordare che  la  norma
statale interposta (art. 1, comma 268, lettera b, della legge n.  234
del 2021) e' stata  ripetutamente  modificata  dopo  il  promovimento
delle odierne questioni. In questa sede rilevano ovviamente  le  sole
modifiche concernenti i profili di denunciato contrasto tra la  norma
regionale e quella interposta. 
    Al riguardo, il legislatore statale e' intervenuto sulla  lettera
b) del citato comma 268 dapprima con l'art. 20-ter del  decreto-legge
27 gennaio 2022, n. 4 (Misure urgenti in  materia  di  sostegno  alle
imprese e agli operatori  economici,  di  lavoro,  salute  e  servizi
territoriali, connesse all'emergenza  da  COVID-19,  nonche'  per  il
contenimento degli effetti  degli  aumenti  dei  prezzi  nel  settore
elettrico), convertito, con modificazioni, nella legge 28 marzo 2022,
n. 25, sostituendo l'originaria formula (utilizzata per individuare i
destinatari della procedura di  stabilizzazione)  «il  personale  del
ruolo sanitario e gli operatori socio-sanitari» con «il personale del
ruolo sanitario e del ruolo socio-sanitario», ma mantenendo fermo  il
termine del 30 giugno  2022  per  la  maturazione  del  requisito  di
«almeno diciotto mesi di servizio». 
    Successivamente, con l'art. 1, comma 528, della legge 29 dicembre
2022,  n.  197  (Bilancio  di  previsione  dello  Stato  per   l'anno
finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il  triennio  2023-2025),
le parole «che  abbiano  maturato  al  30  giugno  2022»  sono  state
sostituite con le parole «che abbiano maturato al 31 dicembre  2023»,
consentendo quindi che il requisito dei diciotto mesi di servizio sia
maturato entro quest'ultima data. 
    A seguito delle anzidette modifiche, la norma statale  interposta
- limitatamente alla lettera b) del comma 268 -  prevede  che,  «[a]l
fine di rafforzare strutturalmente i servizi sanitari regionali anche
per  il  recupero  delle  liste   d'attesa   e   di   consentire   la
valorizzazione della professionalita' acquisita dal personale che  ha
prestato servizio anche durante l'emergenza da COVID-19, gli enti del
Servizio sanitario nazionale, nei limiti di spesa consentiti  per  il
personale  degli  enti  medesimi  [...]:  [...]  b)  ferma   restando
l'applicazione dell'articolo 20 del  decreto  legislativo  25  maggio
2017, n. 75, dal 1° luglio 2022 e fino al 31  dicembre  2024  possono
assumere a tempo indeterminato, in coerenza con  il  piano  triennale
dei fabbisogni di personale, il personale del ruolo sanitario  e  del
ruolo sociosanitario, anche qualora non piu' in servizio,  che  siano
stati reclutati a tempo determinato con  procedure  concorsuali,  ivi
incluse le selezioni di cui all'articolo 2-ter del  decreto-legge  17
marzo 2020, n. 18, convertito,  con  modificazioni,  dalla  legge  24
aprile 2020, n. 27, e che abbiano maturato al 31 dicembre  2023  alle
dipendenze  di  un  ente  del  Servizio  sanitario  nazionale  almeno
diciotto mesi di servizio, anche non continuativi, di cui almeno  sei
mesi nel periodo intercorrente  tra  il  31  gennaio  2020  e  il  31
dicembre 2022, secondo criteri  di  priorita'  definiti  da  ciascuna
regione. Alle iniziative di  stabilizzazione  del  personale  assunto
mediante procedure diverse  da  quelle  sopra  indicate  si  provvede
previo espletamento di prove selettive». 
    Infine, l'art. 4, comma 9-quinquiesdecies, del  decreto-legge  29
dicembre 2022, n. 198 (Disposizioni urgenti  in  materia  di  termini
legislativi), convertito, con modificazioni, nella legge 24  febbraio
2023, n. 14, ha previsto che «[a]llo scopo di fronteggiare  la  grave
carenza di personale e superare il precariato, nonche' per  garantire
continuita' nell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza, per
il personale dirigenziale e non dirigenziale del  Servizio  sanitario
nazionale, il termine per  il  conseguimento  dei  requisiti  di  cui
all'articolo 1, comma 268, lettera b), della legge 30 dicembre  2021,
n. 234, e' stabilito al 31 dicembre 2024». 
    Inoltre, il comma 9-septiesdecies del medesimo art. 4, pur  senza
modificare la norma statale interposta (art. 1, comma 268, lettera b,
della  legge  n.  234  del  2021),  ha  esteso  l'applicabilita'   di
quest'ultima, «previo espletamento di apposita procedura selettiva  e
in coerenza con il piano triennale dei fabbisogni  di  personale,  al
personale dirigenziale e non dirigenziale sanitario,  socio-sanitario
e  amministrativo  reclutato  dagli  enti  del   Servizio   sanitario
nazionale, anche con contratti di lavoro  flessibile,  anche  qualora
non piu' in servizio, nei limiti di spesa  di  cui  all'articolo  11,
comma 1, del decreto-legge 30 aprile 2019,  n.  35,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 25 giugno 2019, n. 60». 
    7.3.- Cio' chiarito, le questioni di legittimita'  costituzionale
del comma 91 dell'art. 13 della legge reg. Siciliana n. 13 del  2022,
limitatamente ai profili sopra indicati, sono fondate per  violazione
dell'art. 117, terzo comma, Cost. 
    Quanto all'ambito materiale inciso, esso deve essere  individuato
tenendo conto dello specifico contenuto delle parti  impugnate  della
disposizione regionale in esame, le quali - come  detto  -  attengono
alla possibilita' di derogare al piano triennale dei  fabbisogni  del
personale (a fronte della coerenza con siffatto piano  imposta  dalla
norma  interposta),   all'ampliamento   dell'ambito   soggettivo   di
applicazione   della   procedura   di   stabilizzazione   (tale    da
ricomprendere anche il personale del ruolo tecnico e  amministrativo)
e infine alla estensione al 31 dicembre 2022  del  termine  utile  ai
fini della maturazione dei diciotto mesi di servizio  (previsto,  nel
testo originario della normativa statale, nel 30 giugno 2022). 
    Si tratta di limiti introdotti dal legislatore statale al fine di
sottoporre a vincoli  stringenti  la  stabilizzazione  del  personale
cosiddetto precario dei ruoli sanitario e socio-sanitario, in modo da
contemperare, tra l'altro, l'indiscutibile necessita' di  «rafforzare
strutturalmente i servizi sanitari regionali anche  per  il  recupero
delle  liste  d'attesa  e  di  consentire  la  valorizzazione   della
professionalita' acquisita dal personale  che  ha  prestato  servizio
[...] durante l'emergenza da COVID-19»  con  l'altrettanto  pressante
esigenza di contenere la spesa per il personale delle  strutture  del
servizio sanitario regionale. 
    Il punto di equilibrio  fra  queste  opposte  esigenze  e'  stato
individuato dal legislatore statale  tramite  la  fissazione  di  tre
criteri: 1) la coerenza con il piano  triennale  dei  fabbisogni  del
personale; 2) un limite  soggettivo  (quanto  ai  ruoli  sanitario  e
socio-sanitario); e 3) un limite temporale  (quest'ultimo,  peraltro,
oggetto di successive modifiche). 
    Quelle recate dalla lettera b) del comma 268  dell'art.  1  della
legge n. 234 del 2021 sono quindi previsioni  rivolte  al  dichiarato
fine di coordinare la spesa  pubblica  per  il  personale  dei  ruoli
anzidetti e di contenerla entro limiti ragionevoli, da ricondurre  ai
principi fondamentali  della  materia  «coordinamento  della  finanza
pubblica», vincolanti anche per le autonomie speciali. 
    Per questa ragione, il legislatore regionale siciliano non poteva
incidere sugli anzidetti profili, essendogli consentito  soltanto  di
dare attuazione alla procedura prevista dalla normativa  statale  nel
rispetto dei limiti  ivi  indicati,  concernenti  le  ricadute  sulla
finanza pubblica di siffatta stabilizzazione. 
    Deve essere pertanto dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale
del comma 91 dell'art. 13 della legge reg. Siciliana n. 13 del  2022:
nella parte in cui prevede che la procedura  di  stabilizzazione  ivi
prevista possa avvenire «anche in deroga», anziche' «in coerenza» con
il piano triennale di fabbisogno di personale;  nella  parte  in  cui
consente la stabilizzazione di personale diverso da quello  sanitario
e socio-sanitario, e quindi limitatamente  alle  parole  «tecnico  ed
amministrativo,»; e,  infine,  nella  parte  in  cui  prevede  che  i
diciotto mesi di servizio debbano essere maturati alla  data  del  31
dicembre 2022, anziche' nel diverso termine previsto dalla  normativa
statale vigente pro tempore. 
    Le  ulteriori  censure  proposte  nei  confronti  della  medesima
disposizione restano assorbite. 
    8.- Infine, questa  Corte  non  puo'  esimersi  dal  rilevare  la
sovrapposizione di normative eterogenee, l'attuazione frammentaria  e
a distanza di molto tempo della normativa statale, il  succedersi  di
interventi su testi gia' ripetutamente  modificati  e  in  attesa  di
giudizio  da  questa  Corte  perche'  impugnati  dal  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  e,  non  ultima,  la  peculiarita'   delle
modalita' di approvazione della legge di stabilita' regionale, il cui
testo definitivo si rivela del tutto nuovo non solo rispetto a quello
presentato dalla Giunta regionale, ma anche a quello  su  cui  si  e'
svolta la gran parte della discussione parlamentare. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riservata a separate pronunce la decisione delle altre  questioni
di legittimita' costituzionale promosse con il  ricorso  indicato  in
epigrafe; 
    1) dichiara inammissibile l'intervento di G. M., P.M. T., B.  R.,
P. M. e F. B.; 
    2) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art.  13,  comma
53, della legge della Regione Siciliana 25 maggio 2022, n. 13  (Legge
di stabilita' regionale  2022-2024),  limitatamente  alle  parole  «o
settennale in altri settori»; 
    3) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art.  13,  comma
55, secondo periodo, della legge reg. Siciliana n. 13 del 2022; 
    4) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art.  13,  comma
91, della legge reg. Siciliana n. 13 del 2022,  nella  parte  in  cui
prevede che  la  procedura  di  stabilizzazione  ivi  prevista  possa
avvenire «anche in deroga»,  anziche'  «in  coerenza»  con  il  piano
triennale di fabbisogno di personale, nella parte in cui consente  la
stabilizzazione  di  personale  diverso   da   quello   sanitario   e
socio-sanitario, e  quindi  limitatamente  alle  parole  «tecnico  ed
amministrativo», e infine nella parte in cui prevede che  i  diciotto
mesi di servizio debbano essere maturati alla data  del  31  dicembre
2022, anziche' nel diverso termine previsto dalla  normativa  statale
vigente pro tempore; 
    5)  dichiara   inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 13, comma 55,  primo  periodo,  della  legge
reg. Siciliana n. 13 del 2022, promossa, in riferimento all'art. 117,
terzo comma, della Costituzione, dal  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri con il ricorso indicato in epigrafe; 
    6) dichiara estinto il processo relativamente alle  questioni  di
legittimita' costituzionale degli artt. 14, commi 19, 20 e 21, e  15,
comma 6, della legge reg. Siciliana n.  13  del  2022,  promosse  dal
Presidente del Consiglio dei ministri  con  il  ricorso  indicato  in
epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 marzo 2023. 
 
                                F.to: 
                     Silvana SCIARRA, Presidente 
                     Daria de PRETIS, Redattrice 
             Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria 
 
    Depositata in Cancelleria il 20 aprile 2023. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA