N. 77 SENTENZA 22 febbraio - 20 aprile 2023

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Edilizia residenziale  pubblica  -  Norme  della  Regione  Liguria  -
  Assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica  (ERP)
  - Requisiti del nucleo familiare - Residenza o attivita' lavorativa
  da almeno cinque anni nel bacino di  utenza  a  cui  appartiene  il
  Comune che emana il bando  tenendo  conto  della  decorrenza  della
  stessa  nell'ambito  del  territorio  regionale  -  Disparita'   di
  trattamento tra stranieri e  cittadini  italiani  -  Illegittimita'
  costituzionale parziale. 
- Legge della Regione Liguria 29 giugno 2004, n. 10, art. 5, comma 1,
  lettera b). 
- Costituzione, artt. 3 e 117, primo comma. 
(GU n.17 del 26-4-2023 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Silvana SCIARRA; 
Giudici :Daria de PRETIS,  Nicolo'  ZANON,  Franco  MODUGNO,  Augusto
  Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,  Giovanni  AMOROSO,  Francesco
  VIGANO', Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo  BUSCEMA,  Emanuela
  NAVARRETTA, Maria Rosaria  SAN  GIORGIO,  Filippo  PATRONI  GRIFFI,
  Marco D'ALBERTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 5, comma 1,
lettera b), della legge della Regione Liguria 29 giugno 2004, n.  10,
recante «Norme per l'assegnazione e la  gestione  del  patrimonio  di
edilizia residenziale pubblica e modifiche alla  legge  regionale  12
marzo 1998, n. 9 (Nuovo ordinamento degli enti operanti  nel  settore
dell'edilizia  pubblica  e  riordino  delle  attivita'  di   servizio
all'edilizia residenziale  ed  ai  lavori  pubblici)»,  promosso  dal
Tribunale ordinario di Genova, sezione prima civile, nel procedimento
vertente tra A. A. e il Comune di Genova e altro, con ordinanza del 6
giugno 2022,  iscritta  al  n.  90  del  registro  ordinanze  2022  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  36,  prima
serie speciale, dell'anno 2022. 
    Visti gli atti di costituzione di A. A. e della Regione  Liguria,
nonche' l'atto di intervento dell'Azienda regionale territoriale  per
l'edilizia della Provincia di Savona; 
    udita nell'udienza pubblica  del  22  febbraio  2023  la  Giudice
relatrice Daria de Pretis; 
    uditi gli avvocati Alberto Guariso per A. A. e Andrea Bozzini per
la Regione Liguria; 
    deliberato nella camera di consiglio del 22 febbraio 2023. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 6 giugno 2022, il  Tribunale  ordinario  di
Genova  ha  sollevato  questione   di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 5, comma 1, lettera b), della legge della  Regione  Liguria
29 giugno 2004,  n.  10,  recante  «Norme  per  l'assegnazione  e  la
gestione del patrimonio di edilizia residenziale pubblica e modifiche
alla legge regionale 12 marzo 1998, n.  9  (Nuovo  ordinamento  degli
enti operanti nel settore dell'edilizia  pubblica  e  riordino  delle
attivita'  di  servizio  all'edilizia  residenziale  ed   ai   lavori
pubblici)», «nella parte in cui prevede il requisito  di  5  anni  di
residenza nei Comuni del bacino interessato dal bando  per  l'accesso
agli alloggi di edilizia economica popolare», per contrasto  con  gli
artt. 3 e 117, primo comma, della Costituzione. 
    La disposizione censurata, come modificata dall'art. 4, comma  2,
della legge della Regione Liguria  6  giugno  2017,  n.  13,  recante
«Modifiche alla legge regionale 29 giugno  2004,  n.  10  (Norme  per
l'assegnazione e la gestione del patrimonio di edilizia  residenziale
pubblica e modifiche alla legge regionale 12 marzo 1998, n. 9  (Nuovo
ordinamento degli enti operanti nel settore dell'edilizia pubblica  e
riordino delle attivita' di servizio all'edilizia residenziale ed  ai
lavori pubblici)) e alla legge  regionale  3  dicembre  2007,  n.  38
(Organizzazione dell'intervento regionale  nel  settore  abitativo)»,
stabilisce che «[i] requisiti del nucleo  familiare  per  partecipare
all'assegnazione degli alloggi di E.R.P. sono i  seguenti:  [...]  b)
residenza o attivita' lavorativa da almeno cinque anni nel bacino  di
utenza a cui appartiene il Comune che emana il  bando  tenendo  conto
della decorrenza della stessa nell'ambito del territorio regionale». 
    Il rimettente e' stato adito da un cittadino straniero,  titolare
di  un  permesso  di  soggiorno  per  protezione  internazionale  «in
qualita' di  rifugiato  politico».  Il  ricorrente  aveva  presentato
domanda per l'assegnazione di un alloggio  di  edilizia  residenziale
pubblica, a seguito del bando approvato dal Comune di Genova  per  il
2020, in attuazione dell'art. 4 della legge reg. Liguria  n.  10  del
2004. Come questa legge, anche il bando prevedeva,  fra  i  requisiti
per partecipare all'assegnazione, la residenza o attivita' lavorativa
da almeno cinque anni nel bacino di utenza in cui rientra  il  Comune
di Genova. Il ricorrente  e'  stato  escluso  dalla  graduatoria  per
mancanza di tale requisito  e  ha,  dunque,  proposto  azione  civile
contro  la  discriminazione  ai  sensi  dell'art.  28   del   decreto
legislativo 1° settembre 2011, n. 150 (Disposizioni complementari  al
codice di procedura civile in materia di riduzione e  semplificazione
dei procedimenti civili di  cognizione,  ai  sensi  dell'articolo  54
della legge 18 giugno 2009, n. 69), e dell'art. 702-bis del codice di
procedura  civile,  eccependo  l'illegittimita'  costituzionale   del
citato art. 5, comma 1, lettera b), e chiedendo  che,  all'esito  del
giudizio costituzionale, venga accertato il carattere discriminatorio
della clausola in questione - contenuta nel bando  comunale  e  nella
delibera della Giunta regionale  n.  613  del  2018,  recante  «Nuovi
indirizzi e criteri per l'assegnazione e la gestione degli alloggi di
edilizia residenziale pubblica (Erp) ed individuazione  degli  ambiti
ottimali di utenza (art. 3 comma 1 lettere b)  e  c)  della  l.r.  n.
10/2004 e s.m.)» - e ordinato al Comune  di  Genova  e  alla  Regione
Liguria «di rimuovere le clausole  illegittime  dai  rispettivi  atti
amministrativi  e  di  inserire  il  ricorrente  nella  graduatoria».
Inoltre,  il  ricorrente  ha  chiesto  il  risarcimento   dei   danni
patrimoniali e  non  patrimoniali  subiti  a  causa  della  accertata
discriminazione. 
    Il giudice a quo riferisce gli  argomenti  del  ricorrente  e  le
eccezioni sollevate dalla Regione Liguria e dal Comune di Genova.  In
particolare,  le  parti   resistenti   hanno   negato   la   condotta
discriminatoria, oltre ad aver eccepito il difetto  di  giurisdizione
del giudice  ordinario  e  la  carenza  di  interesse  ad  agire  del
cittadino   straniero.   Il   rimettente   argomenta   l'infondatezza
dell'eccezione di difetto di interesse. 
    Il  Tribunale  si  sofferma  poi  sulla  rilevanza  e  sulla  non
manifesta infondatezza delle questioni di legittimita' costituzionale
relative all'art. 5, comma 1, lettera b), della legge reg. Liguria n.
10 del 2004. 
    Quanto alla violazione dell'art. 3 Cost., il  rimettente  osserva
che la previsione del requisito di residenza  quinquennale,  pur  non
facendo  effettivamente  «distinzione  tra  stranieri   e   cittadini
italiani», creerebbe una  discriminazione  "indiretta"  a  danno  dei
primi, in quanto una rilevante percentuale dei  soggetti  richiedenti
un alloggio  popolare  sarebbe  formata  da  stranieri  «recentemente
immigrati», ed  inoltre  costoro,  a  causa  della  loro  «situazione
precaria», si sposterebbero frequentemente all'interno del territorio
italiano. La maggior parte dei richiedenti italiani, invece,  sarebbe
rappresentata da soggetti che si sono trovati in una  «situazione  di
necessita' a causa della crisi» e cercano  «un  alloggio  nella  zona
dove  hanno  sempre  risieduto».  A  sostegno  della  questione,   il
rimettente richiama la sentenza della Corte d'appello  di  Genova  n.
498 del 2017 e le sentenze di questa Corte n. 166 del 2018  e  n.  44
del 2020. Quest'ultima ha dichiarato  costituzionalmente  illegittima
una norma della Regione Lombardia che sarebbe simile a quella ora  in
esame. 
    Quanto alla violazione dell'art.  117,  primo  comma,  Cost.,  il
giudice a quo rileva una possibile violazione dell'art. 29, paragrafo
1, della direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del  Consiglio
del 13 dicembre 2011, recante norme sull'attribuzione, a cittadini di
paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di  protezione
internazionale, su uno status uniforme  per  i  rifugiati  o  per  le
persone aventi titolo a  beneficiare  della  protezione  sussidiaria,
nonche´ sul contenuto  della  protezione  riconosciuta.  In  base  al
citato art. 29, paragrafo 1, «[g]li Stati membri provvedono affinche´
i beneficiari di  protezione  internazionale  ricevano,  nello  Stato
membro che ha concesso tale protezione, adeguata assistenza  sociale,
alla stregua dei cittadini  dello  Stato  membro  in  questione».  Il
rimettente ricorda, in particolare, che il ricorrente e' titolare  di
permesso di soggiorno «nella sua riconosciuta qualita'  di  rifugiato
politico». 
    Il giudice a quo ritiene  di  non  poter  disapplicare  la  norma
regionale, ricordando che la disapplicazione  e'  possibile  solo  in
caso di contrasto con una norma europea direttamente applicabile. 
    2.- Con memoria  depositata  il  20  settembre  2022  la  Regione
Liguria si e' costituita in giudizio. 
    Secondo la Regione,  l'asserita  disparita'  di  trattamento  tra
cittadino italiano e straniero non sussisterebbe in quanto entrambi i
soggetti  «nel  richiedere  l'alloggio  pubblico  si  trovano   nella
medesima situazione e subiscono la medesima limitazione del requisito
quinquennale». Dunque, la norma censurata non violerebbe ne' l'art. 3
Cost. ne' l'art. 29, paragrafo 1, della direttiva 2011/95/UE. 
    La Regione osserva che la sentenza n. 44 del 2020 di questa Corte
ha si' dichiarato costituzionalmente illegittima una norma analoga ma
non per  una  discriminazione  indiretta  fra  cittadini  italiani  e
stranieri, bensi' «sotto il diverso profilo della  inadeguatezza  del
collegamento  tra  funzione  del  servizio  [...]  e  caratteristiche
soggettive richieste ai potenziali beneficiari». La citata  pronuncia
della Corte avrebbe ritenuto la norma  censurata  in  quell'occasione
«causa di una disparita' di trattamento a danno di chi,  cittadino  o
straniero,  non  sia  in  possesso  del  requisito  ultraquinquennale
previsto». 
    Il ragionamento del giudice a  quo  sarebbe  erroneo  perche'  il
preteso effetto discriminatorio non deriverebbe dalla norma censurata
ma «da una valutazione soggettiva  e  quindi  opinabile  dell'attuale
contesto socio economico». La Regione cita dati statistici secondo  i
quali il tasso di mobilita' interna degli stranieri supera il  doppio
di quello degli italiani ma, in termini assoluti, su  cinque  persone
che cambiano residenza quattro  sono  italiane.  Il  requisito  della
residenza prolungata inciderebbe su coloro che si muovono e la grande
maggioranza di questi sono italiani, sicche' la norma  censurata  non
discriminerebbe gli stranieri, ma gli italiani. 
    La Regione ricorda il principio di corrispondenza tra  chiesto  e
pronunciato fissato dall'art. 27 della legge 11  marzo  1953,  n.  87
(Norme  sulla  costituzione   e   sul   funzionamento   della   Corte
costituzionale),  e  osserva  che  la   questione   di   legittimita'
costituzionale sollevata dal Tribunale di Genova sarebbe non fondata,
«[n]ei termini in cui e' stata sollevata». 
    3.- Con atto depositato il 27 settembre 2022  A.  A.,  ricorrente
nel giudizio a quo, si e' costituito in giudizio. 
    La parte riferisce di essere titolare dal 2019 di un permesso per
protezione internazionale e di risiedere nel Comune di  Genova  dallo
stesso anno, ragion per cui e' stato  escluso  dalla  graduatoria  di
accesso agli alloggi ERP per  mancanza  del  requisito  di  residenza
quinquennale. 
    A. A. ricorda che questa Corte ha  gia'  accolto  una  «questione
identica a quella in esame» con la sentenza n. 44 del 2020, avente ad
oggetto analoga disposizione della Regione Lombardia. La norma ligure
ora  in  esame  sarebbe  ancora  piu'  restrittiva,  in   quanto   fa
riferimento non al territorio regionale ma al bacino  di  utenza  cui
appartiene il comune che emana il bando. D'altro canto, la norma  ora
censurata potrebbe essere ritenuta identica a quella lombarda colpita
dalla sentenza n. 44 del 2020,  ove  si  volesse  intendere  l'ultimo
periodo della disposizione censurata («tenendo conto della decorrenza
della  stessa  nell'ambito  del  territorio   regionale»),   definito
"oscuro" dalla parte, nel senso che la  residenza  quinquennale  puo'
avere inizio in altro bacino, purche' interno  alla  Regione,  e  poi
proseguire in quello interessato dal bando. 
    Secondo la parte,  la  giurisprudenza  costituzionale  successiva
avrebbe confermato i due argomenti centrali della sentenza n. 44  del
2020: quello secondo cui i requisiti di accesso ai  benefici  sociali
non potrebbero  essere  «del  tutto  estranei  alla  valutazione  del
bisogno», e quello secondo cui, se anche si  potesse  considerare  il
radicamento territoriale fra i criteri selettivi, esso  non  potrebbe
essere valutato sulla base della sola residenza pregressa. 
    Quanto alla rilevanza, A. A. rileva poi che la  dichiarazione  di
illegittimita'  costituzionale  ex  art.  3  Cost.  «non  potra'  che
comportare l'accoglimento del ricorso proposto» ai sensi dell'art. 28
del d.lgs. n. 150 del 2011 (come sarebbe avvenuto nel giudizio che ha
originato la sentenza n. 44 del 2020). In ogni caso, il giudice a quo
sarebbe abilitato a dubitare della legittimita' costituzionale  della
norma   regionale   «per   motivi   diversi   dal    suo    carattere
discriminatorio». La parte osserva inoltre che, nella  giurisprudenza
della Corte di giustizia dell'Unione europea e di questa  Corte,  gli
effetti pregiudizievoli dei  requisiti  di  residenza  protratta  nei
confronti dei migranti sarebbero sempre stati considerati «scontati»,
senza necessita' di «particolari verifiche statistiche». 
    Quanto alla non manifesta infondatezza, per  la  prima  questione
varrebbe il precedente della sentenza n. 44 del 2020. 
    In relazione alla seconda questione, la stessa parte osserva  che
l'art. 29, paragrafo 1,  della  direttiva  2011/95/UE  imporrebbe  di
garantire al titolare di  protezione  internazionale  un  trattamento
identico, quanto all'assistenza sociale, rispetto al cittadino  dello
Stato ospitante (viene richiamata la sentenza della CGUE, 28  ottobre
2021,  in  causa  C-462/20,  Associazione  per  gli  studi  giuridici
sull'immigrazione e altri, punto 33), con cio' escludendo  anche  «le
discriminazioni  attuate  mediante  il  riferimento  a  un  requisito
apparentemente neutro». 
    Peraltro, poiche' tale profilo di  illegittimita'  costituzionale
avrebbe «effetti piu' limitati», la parte chiede che venga  assorbito
nell'accertamento della prima questione. 
    4.- Con atto depositato il 26 settembre 2022 l'Azienda  regionale
territoriale per l'edilizia della Provincia di Savona  (ARTE  Savona)
e' intervenuta in giudizio. 
    ARTE  Savona   argomenta   sull'ammissibilita'   dell'intervento,
facendo valere la sua qualita' di soggetto gestore delle procedure di
assegnazione degli  alloggi  ERP  nei  Comuni  di  Albenga,  Bormida,
Cengio, Finale Ligure, Quiliano e Savona, e osservando  che,  dunque,
verra' «direttamente  investita  dagli  effetti  della  pronuncia  in
ordine ai bandi pubblicati recanti il requisito di partecipazione sub
iudice»; per tale ragione, essa sarebbe  «titolare  di  un  interesse
qualificato, inerente al rapporto sostanziale dedotto nel giudizio  a
quo, che ne legittima  l'intervento».  In  particolare,  ARTE  Savona
avrebbe interesse alla conclusione delle  procedure  di  assegnazione
degli alloggi ERP in corso  ed  alla  conservazione  di  quelle  gia'
concluse, procedure che  «potrebbero  essere  in  tutto  o  in  parte
travolte da una eventuale pronuncia di accoglimento». 
    5.- Con memoria depositata l'1 febbraio 2023, la Regione  Liguria
ha  replicato  alle  argomentazioni  di  A.  A.,  ribadendo  la   non
fondatezza delle questioni in esame. 
    Con memoria depositata nella stessa data, A.  A.  si  e'  opposto
all'intervento di ARTE Savona, ha  replicato  agli  argomenti  svolti
dalla Regione Liguria e ha ribadito  la  fondatezza  delle  questioni
sollevate dal giudice a quo. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Tribunale ordinario di Genova  dubita  della  legittimita'
costituzionale dell'art. 5, comma 1, lettera  b),  della  legge  reg.
Liguria n. 10 del 2004, per contrasto con gli artt. 3  e  117,  primo
comma, Cost. 
    La disposizione censurata, come modificata dall'art. 4, comma  2,
della legge  reg.  Liguria  n.  13  del  2017,  stabilisce  che  «[i]
requisiti del nucleo familiare per partecipare all'assegnazione degli
alloggi di E.R.P. sono i seguenti: [...]  b)  residenza  o  attivita'
lavorativa  da  almeno  cinque  anni  nel  bacino  di  utenza  a  cui
appartiene  il  Comune  che  emana  il  bando  tenendo  conto   della
decorrenza della stessa nell'ambito del territorio regionale». 
    Il rimettente ritiene che tale disposizione, «nella parte in  cui
prevede il requisito di 5 anni di residenza  nei  Comuni  del  bacino
interessato  dal  bando  per  l'accesso  agli  alloggi  di   edilizia
economica popolare», violi l'art. 3 Cost.  in  quanto  determinerebbe
una irragionevole disparita' di trattamento tra italiani e stranieri,
e l'art. 117, primo comma, Cost., in relazione all'art. 29, paragrafo
1, della direttiva 2011/95/UE, in base al quale «[g]li  Stati  membri
provvedono  affinche´  i  beneficiari  di  protezione  internazionale
ricevano,  nello  Stato  membro  che  ha  concesso  tale  protezione,
adeguata assistenza sociale, alla stregua dei cittadini  dello  Stato
membro in questione». 
    2.-  In  via  preliminare,   va   dichiarata   l'inammissibilita'
dell'intervento in giudizio dell'Azienda regionale  territoriale  per
l'edilizia della Provincia di Savona (ARTE Savona). 
    ARTE Savona fa valere la sua qualita' di soggetto  gestore  delle
procedure di assegnazione  degli  alloggi  di  edilizia  residenziale
pubblica (ERP) in alcuni comuni della Provincia di Savona e  sostiene
di avere interesse alla conclusione delle procedure  di  assegnazione
degli alloggi ERP in  corso  e  alla  conservazione  di  quelle  gia'
concluse, procedure che  «potrebbero  essere  in  tutto  o  in  parte
travolte da una eventuale pronuncia di accoglimento». 
    In base all'art. 4,  comma  3,  delle  Norme  integrative  per  i
giudizi  davanti  alla  Corte   costituzionale,   nel   giudizio   di
legittimita' costituzionale in via incidentale «[p]ossono intervenire
i titolari di un interesse qualificato, inerente in  modo  diretto  e
immediato al rapporto dedotto in giudizio». Non e' dunque sufficiente
che il terzo sia titolare di un interesse qualificato, il quale possa
essere toccato dagli effetti della sentenza di accoglimento, ma  deve
sussistere un nesso diretto tra la  sua  posizione  e  l'oggetto  del
giudizio a  quo,  poiche'  «l'incidenza  sulla  posizione  soggettiva
dell'interveniente deve derivare non gia', come per  tutte  le  altre
situazioni sostanziali disciplinate  dalla  disposizione  denunciata,
dalla pronuncia di questa  Corte  sulla  legittimita'  costituzionale
della legge stessa, ma dall'immediato  effetto  che  detta  pronuncia
produce sul rapporto sostanziale oggetto del giudizio a  quo»  (cosi'
l'ordinanza allegata alla sentenza n. 218 del 2021; in senso analogo,
sentenza n. 236 del 2021, ordinanza allegata alla sentenza n. 210 del
2021, ordinanza allegata alla sentenza n. 180 del 2021). 
    L'interveniente   non   illustra   il   nesso   qualificato   che
sussisterebbe fra la sua posizione e il rapporto oggetto del giudizio
a quo (sentenza n. 236  del  2021),  ma  si  limita  a  lamentare  le
conseguenze che la sentenza di accoglimento potrebbe  produrre  sulle
procedure  da  essa  gestite.  Tali  conseguenze,  tuttavia,  non  si
collegherebbero alle ripercussioni della  pronuncia  di  accoglimento
sul rapporto oggetto del giudizio a  quo,  ma  rappresenterebbero  un
mero effetto "riflesso" della decisione di questa Corte  sulla  legge
regionale censurata. 
    Sotto questo profilo, dunque,  ARTE  Savona  e'  titolare  di  un
interesse «semplicemente regolato, al pari di ogni altro, dalla norma
oggetto di censura» (ordinanza allegata  alla  sentenza  n.  181  del
2022)  e  puo'  subire   effetti   "riflessi"   della   sentenza   di
accoglimento, come tutti i soggetti (comuni liguri, aziende regionali
per l'ERP, privati residenti in  Liguria  interessati  agli  alloggi)
destinatari della norma censurata. 
    L'intervento in giudizio di ARTE Savona  deve  essere  dichiarato
pertanto inammissibile. 
    3.- Nel merito, la prima questione e' fondata. 
    Premesso  che,  nella  parte  censurata,   la   disposizione   e'
inequivoca nel prescrivere il requisito di cinque anni  di  residenza
nel bacino d'utenza interessato dal bando, per l'accesso agli alloggi
ERP,  occorre  nondimeno  preliminarmente  chiarire  il   significato
dell'inciso «tenendo conto della decorrenza della stessa [residenza o
attivita' lavorativa] nell'ambito del territorio regionale», presente
gia' nel testo originario della disposizione. 
    La parte privata ipotizza, invero, che tale inciso  possa  essere
inteso nel senso che la residenza quinquennale puo' avere  inizio  in
altro  bacino  di  utenza,  purche'  interno  alla  Regione,  e   poi
proseguire in quello interessato dal bando. In realta', tale  ipotesi
ermeneutica si scontra con la lettera della disposizione,  che,  come
visto, e' del tutto chiara, e risulta smentita anche  dalla  delibera
della Giunta regionale  n.  613  del  2018,  che  -  nell'attuare  la
disposizione censurata - riferisce i  cinque  anni  di  residenza  (o
occupazione)  al  bacino  d'utenza.  Il  significato  dell'inciso  in
questione  non  puo'  dunque  essere  verosimilmente  che  quello  di
attribuire rilievo alla durata della residenza  in  regione  ai  fini
dell'attribuzione del punteggio (in effetti, la  citata  delibera  n.
613 del 2018 prende in considerazione la durata  della  residenza  in
regione, nel bacino d'utenza e nel comune che ha emanato il bando, ai
fini della formazione della graduatoria), mentre  sarebbe  del  tutto
incoerente  con  il  nucleo   della   disposizione,   che   prescrive
nitidamente il requisito della residenza da almeno  cinque  anni  nel
bacino di utenza, il senso ipotizzato dalla parte. 
    3.1.- Cio' precisato, la norma qui in  esame  risulta  del  tutto
simile  a  una  disposizione  legislativa  della  Regione  Lombardia,
dichiarata costituzionalmente illegittima  da  questa  Corte  con  la
sentenza n. 44 del 2020. La norma  ivi  censurata  prevedeva,  fra  i
requisiti che dovevano possedere gli aspiranti all'assegnazione di un
alloggio  ERP,  la  «residenza  anagrafica  o  [lo]  svolgimento   di
attivita' lavorativa in Regione Lombardia per almeno cinque anni  nel
periodo immediatamente precedente  la  data  di  presentazione  della
domanda». 
    La citata pronuncia di illegittimita' costituzionale ha investito
la disposizione regionale della Lombardia «limitatamente alle  parole
"per almeno cinque anni nel periodo immediatamente precedente la data
di presentazione della domanda"», trasformando cosi' il requisito  di
residenza  (o  attivita'  lavorativa)  prolungata  nella  regione  in
requisito di  residenza  (o  occupazione)  tout  court  nella  stessa
regione.  Il  motivo  di  illegittimita'  costituzionale   e'   stato
individuato  nel  contrasto  del   requisito   della   residenza   (o
occupazione) ultraquinquennale, come condizione di  accesso  all'ERP,
«sia con i principi di eguaglianza e ragionevolezza di  cui  all'art.
3, primo comma, Cost., perche' produce una  irragionevole  disparita'
di trattamento a danno di chi, cittadino o straniero, non ne  sia  in
possesso, sia con il principio  di  eguaglianza  sostanziale  di  cui
all'art. 3, secondo comma, Cost., perche' tale requisito  contraddice
la funzione sociale dell'edilizia residenziale pubblica». 
    Sulla scia di numerosi precedenti, questa Corte ha  ribadito,  in
primo luogo, che «i criteri adottati dal legislatore per la selezione
dei beneficiari dei servizi sociali devono presentare un collegamento
con la funzione del servizio».  Poiche'  la  ratio  del  servizio  di
edilizia residenziale pubblica  e'  il  soddisfacimento  del  bisogno
abitativo, questa Corte ha constatato «che la  condizione  di  previa
residenza protratta dei suoi destinatari non presenta con esso alcuna
ragionevole connessione». Il relativo  requisito  «si  risolve  cosi'
semplicemente in una soglia  rigida  che  porta  a  negare  l'accesso
all'ERP  a  prescindere  da  qualsiasi  valutazione  attinente   alla
situazione di bisogno o di disagio del richiedente (quali ad  esempio
condizioni economiche, presenza di disabili o di anziani  nel  nucleo
familiare, numero dei figli)», cio'  che  «e'  incompatibile  con  il
concetto stesso di servizio sociale». 
    In quel contesto questa  Corte  ha  confutato  l'argomento  speso
dalla Regione, secondo cui il  requisito  della  residenza  protratta
servirebbe «a  garantire  un'adeguata  stabilita'  nell'ambito  della
regione  prima   della   concessione   dell'alloggio»   di   edilizia
residenziale  pubblica,  cioe'  di   un   «beneficio   di   carattere
continuativo»,  osservando  che  «la  rilevanza   conferita   a   una
condizione del  passato,  quale  e'  la  residenza  nei  cinque  anni
precedenti, non sarebbe comunque oggettivamente idonea a  evitare  il
"rischio di instabilita'" del beneficiario dell'alloggio di  edilizia
residenziale  pubblica,  obiettivo   che   dovrebbe   invece   essere
perseguito avendo riguardo agli indici di probabilita' di  permanenza
per il futuro». 
    La pronuncia prosegue ancora osservando  che,  «[i]n  ogni  caso,
[...]  lo  stesso  "radicamento"  territoriale,   quand'anche   fosse
adeguatamente valutato (non con  riferimento  alla  previa  residenza
protratta),  non  potrebbe  comunque  assumere  importanza  tale   da
escludere qualsiasi rilievo del bisogno»: «e' irragionevole che anche
i soggetti piu' bisognosi siano esclusi  a  priori  dall'assegnazione
degli alloggi solo perche' non offrirebbero sufficienti  garanzie  di
stabilita'».  Cosicche'  «[l]a  prospettiva  della  stabilita'   puo'
rientrare tra gli elementi da valutare in sede  di  formazione  della
graduatoria  [...]  ma  non  puo'  costituire   una   condizione   di
generalizzata  esclusione  dall'accesso  al  servizio,  giacche'   ne
risulterebbe negata  in  radice  la  funzione  sociale  dell'edilizia
residenziale pubblica». 
    La stessa sentenza  ha  poi  rilevato  che  il  requisito  «della
residenza protratta integra una condizione  che  puo'  precludere  in
concreto  a  un  determinato  soggetto  l'accesso  alle   prestazioni
pubbliche sia nella regione di attuale residenza  sia  in  quella  di
provenienza (nella quale non e' piu' residente)», con la  conseguenza
che le norme che  introducono  tale  requisito  vanno  «vagliate  con
particolare attenzione, in quanto implicano  il  rischio  di  privare
certi soggetti dell'accesso alle prestazioni pubbliche  solo  per  il
fatto di aver esercitato il proprio diritto di circolazione o di aver
dovuto mutare regione di residenza». Infine, la sentenza  n.  44  del
2020 ha argomentato anche l'assenza di  una  ragionevole  connessione
fra  la  condizione  di  previa  occupazione  protratta  e  la  ratio
dell'ERP. 
    Dopo la sentenza n. 44 del 2020, altre pronunce di  questa  Corte
hanno dichiarato l'illegittimita' costituzionale di norme che  davano
rilievo alla durata della residenza ai fini dell'accesso  a  benefici
sociali (sentenze n. 199 del 2022 e n. 281 del 2020,  in  materia  di
incentivi all'occupazione; n. 9 del 2021,  anch'essa  in  materia  di
edilizia residenziale pubblica; n. 7 del 2021, riguardante  il  fondo
per il contrasto alla poverta'). In particolare,  nella  sentenza  n.
199  del  2022  questa  Corte  ha  ribadito  che,  «se  la  residenza
costituisce un requisito ragionevole al  fine  d'identificare  l'ente
pubblico competente a erogare una certa prestazione,  non  e'  invece
possibile che l'accesso alle prestazioni pubbliche sia escluso per il
solo fatto di aver esercitato il proprio diritto di circolazione o di
aver dovuto mutare regione di residenza»;  che  «il  radicamento  nel
territorio nel passato non e' garanzia di futura  stabile  permanenza
in un determinato ambito territoriale»; che, comunque, la prospettiva
di stabilita' non puo' «assumere un'importanza tale da  escludere  il
rilievo  dello  stato  di  bisogno,  potendo  semmai  risultare  piu'
appropriato  ai  fini  della  formazione  di  graduatorie  e  criteri
preferenziali». 
    Con specifico  riferimento  all'edilizia  residenziale  pubblica,
questa Corte, nel dichiarare costituzionalmente illegittima una norma
abruzzese che dava rilievo all'«anzianita'  di  residenza  in  Comuni
della regione Abruzzo» al fine della formazione delle graduatorie  di
assegnazione degli alloggi ERP, ha ribadito la «debolezza dell'indice
della residenza protratta quale dimostrazione  della  prospettiva  di
stabilita'»  e  «il  carattere  marginale  del  dato  medesimo   [del
radicamento territoriale] in relazione alle finalita' del servizio di
cui  si  tratta»,  condividendo,  in  particolare,  l'argomento   del
ricorrente secondo cui la normativa riguardante l'assegnazione  degli
alloggi  di  edilizia  residenziale  pubblica   e'   «finalizzata   a
soddisfare un bisogno della "persona in  quanto  tale  che,  per  sua
stessa  natura,  non  tollera  distinzioni  basate   su   particolari
tipologie di residenza"» (sentenza n. 9 del 2021). 
    3.2.- La norma regionale qui in esame e' sovrapponibile a  quella
oggetto della sentenza n. 44 del 2020, sia per  il  servizio  sociale
oggetto della limitazione, sia  per  la  durata  della  residenza  (o
occupazione) richiesta come requisito di accesso, sia per il fatto di
non  distinguere  tra  italiani,  cittadini  dell'Unione  europea   e
stranieri. In  entrambi  i  casi,  inoltre,  la  normativa  regionale
assegna alla residenza prolungata un doppio rilievo,  come  requisito
di  accesso  e  come  elemento  che  concorre  al  punteggio  per  la
formazione della graduatoria. L'unica  differenza  riguarda  l'ambito
territoriale cui il requisito stesso e' riferito: l'intero territorio
regionale,  nella  legge  lombarda;  il  «bacino  di  utenza  a   cui
appartiene il Comune che emana il bando» nella norma oggi  al  vaglio
di questa Corte. Tale elemento distintivo  non  giustifica  un  esito
diverso del presente  giudizio  rispetto  al  precedente.  Esso  anzi
allarga la platea di coloro che sono esclusi  dalla  possibilita'  di
fruire  degli  alloggi  ERP,  e  sono  dunque  trattati  in   maniera
ingiustificatamente  differenziata,  in  quanto   la   norma   ligure
penalizza, per  essere  privi  del  requisito,  anche  soggetti  gia'
residenti in regione e non solo quelli provenienti da altre regioni o
dall'estero. 
    La stessa Regione Liguria, nella  sua  memoria  di  costituzione,
ammette la corrispondenza della disposizione qui in esame con  quella
oggetto della sentenza n. 44 del 2020, ma sostiene che, rispetto alla
pronuncia appena citata,  l'odierna  vicenda  si  distinguerebbe  per
l'altro termine identificativo della questione di legittimita', ossia
il parametro costituzionale in relazione al  quale  la  questione  e'
posta. La sentenza n. 44 del 2020 avrebbe cioe' accertato i  vizi  di
irragionevolezza e di discriminazione, sia degli italiani  che  degli
stranieri, se privi del requisito; vizi  che  si  differenzierebbero,
dunque, dalla censura di discriminazione  indiretta  degli  stranieri
avanzata invece dal Tribunale di Genova. 
    L'assunto non puo' essere condiviso. La questione  ora  in  esame
corrisponde infatti,  nella  sostanza  dei  suoi  termini,  a  quella
accolta dalla sentenza  n.  44  del  2020.  Di  fronte  a  norme  che
differenziano alcuni soggetti dagli altri ai fini dell'accesso a  una
prestazione sociale, gli argomenti relativi all'eguaglianza e  quelli
relativi alla  ragionevolezza  si  sovrappongono  e  si  intrecciano,
costituendo  la  ragionevolezza,  oltre  che   canone   autonomo   di
legittimita'  della  legge,  anche  -  e  prima  ancora  -   criterio
applicativo del principio di eguaglianza (sentenza n. 148 del 2017  e
ordinanza n.  184  del  2018).  Nella  vicenda  relativa  alla  legge
lombarda, l'ordinanza di rimessione aveva invocato  congiuntamente  i
principi di eguaglianza e ragionevolezza, e la  sentenza  n.  44  del
2020 conclude accertando il contrasto «con i principi di  eguaglianza
e ragionevolezza di cui all'art. 3, primo comma, Cost.,  perche'  [la
norma] produce una irragionevole disparita' di trattamento  a  danno»
dei cittadini e degli stranieri privi del requisito. L'ordinanza  del
Tribunale di Genova,  per  parte  sua,  lamenta  una  discriminazione
indiretta a danno degli stranieri  e  invoca  poi,  a  sostegno,  due
decisioni di questa Corte che hanno affermato  la  necessita'  che  i
requisiti introdotti per l'accesso al welfare rispondano al principio
di ragionevolezza (la seconda delle pronunce richiamate e' proprio la
sentenza n. 44 del 2020). Allo stesso modo del  rimettente  nel  caso
lombardo,  dunque,  anche  il  Tribunale  di  Genova   ha   censurato
un'irragionevole disparita' di trattamento, cioe' il vizio  accertato
dalla  sentenza  n.  44  del  2020,  e  anche  in  questo  caso,  non
diversamente  che  in  quello,  questa  Corte   non   puo'   esimersi
dall'accertarne la sussistenza. 
    Le considerazioni svolte conducono a ritenere  fondata  la  prima
questione, per le stesse ragioni gia' fatte valere dalla sentenza  n.
44 del 2020, sopra ampiamente richiamate. L'art. 5, comma 1,  lettera
b), della legge reg. Liguria n. 10 del 2004  va  dichiarato  pertanto
costituzionalmente illegittimo, limitatamente alle parole «da  almeno
cinque anni», in quanto si pone in  contrasto  con  l'art.  3,  primo
comma,  Cost.,   determinando   una   irragionevole   disparita'   di
trattamento rispetto a tutti i soggetti,  stranieri  o  italiani  che
siano, privi del requisito previsto dalla disposizione censurata. 
    4.- La seconda questione  sollevata  (violazione  dell'art.  117,
primo comma, Cost., in relazione  all'art.  29,  paragrafo  1,  della
direttiva 2011/95/UE) resta assorbita. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 5, comma 1,
lettera b), della legge della Regione Liguria 29 giugno 2004, n.  10,
recante «Norme per l'assegnazione e la  gestione  del  patrimonio  di
edilizia residenziale pubblica e modifiche alla  legge  regionale  12
marzo 1998, n. 9 (Nuovo ordinamento degli enti operanti  nel  settore
dell'edilizia  pubblica  e  riordino  delle  attivita'  di   servizio
all'edilizia residenziale ed ai lavori pubblici)», limitatamente alle
parole «da almeno cinque anni»; 
    2) dichiara  inammissibile  l'intervento  dell'Azienda  regionale
territoriale per l'edilizia della Provincia di Savona. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 22 febbraio 2023. 
 
                                F.to: 
                     Silvana SCIARRA, Presidente 
                     Daria de PRETIS, Redattrice 
             Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria 
 
    Depositata in Cancelleria il 20 aprile 2023. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA