N. 13 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 11 maggio 2023
Ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato (merito) depositato in cancelleria l'11 maggio 2023 (del Senato della Repubblica). Parlamento - Immunita' parlamentari - Intercettazioni di conversazioni di parlamentari - Procedimento penale pendente dinanzi al Tribunale di Torino nei confronti di un senatore - Acquisizione agli atti e utilizzazione, senza l'autorizzazione della Camera di appartenenza, di intercettazioni telefoniche delle conversazioni del parlamentare, a sostegno della richiesta di rinvio a giudizio della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino e dell'emissione del decreto di rinvio a giudizio del Giudice per l'udienza preliminare presso il medesimo Tribunale nei confronti del senatore. - Richiesta di rinvio a giudizio della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino del 29 luglio 2021 e decreto di rinvio a giudizio del Giudice per l'udienza preliminare presso il medesimo Tribunale del 1° marzo 2022 nei confronti di un senatore della Repubblica.(GU n.21 del 24-5-2023 )
Il Senato della Repubblica, in persona del Presidente pro-tempore, on. Maria Elisabetta Alberti Casellati - come da autorizzazione ed in esecuzione di quanto deliberato dall'Assemblea parlamentare, nella seduta del 30 giugno 2022, su proposta della Giunta delle Elezioni e delle Immunita' Parlamentari del 18 maggio 2022 - rappresentato e difeso, sia congiuntamente che disgiuntamente, dagli avvocati Pasquale Frisina (codice fiscale: FRSPQL57P13H501V) e Caterina Mercurio (codice fiscale: MRCCRN71M62C352Z) del Foro di Roma ed elettivamente domiciliato presso il loro studio in Roma - via Gaetano Donizetti n. 7 i quali, ai sensi dell'art. 5 delle Norme integrative per i giudizi dinnanzi alla Corte costituzionale del 7 ottobre 2008 (Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana 7 novembre 2008 n. 261 e successive modificazioni ed integrazioni, indicano, ai sensi dell'art. 136 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, come propri recapiti per la ricezione delle relative comunicazioni il seguente numero di telefax: 06/85356058 e gli indirizzi di posta elettronica certificata, costituenti il loro domicilio digitale, estratti dai Registri di Giustizia: pasqualefrisina@ordineavvocatiroma.org e caterina.mercurio@legalmail.it, giusta procura speciale, in calce al presente atto. Fatto 1.1. - Con lettera in data 8 marzo 2022 (doc. n. 1), l'on. Stefano Esposito, nato a Moncalieri (TO), in data 18 giugno 1969, senatore nella XVII Legislatura, nel periodo, che va dal 2 marzo 2013 al 22 marzo 2018, ha segnalato al Senato della Repubblica l'illegittima esecuzione di intercettazioni telefoniche a suo carico, captate quando ancora ricopriva l'incarico di parlamentare, ed il loro indebito utilizzo, in violazione dell'art. 68 della Costituzione e della legge 20 giugno 2003, n. 140, nell'ambito di un procedimento penale pendente nei suoi confronti presso il Tribunale di Torino, in cui risulta essere imputato, oltre che del concorso nel delitto di turbata liberta' degli incanti (articoli 110 e 353 del codice penale), anche dei delitti di corruzione per atti contrari al dovere d'ufficio (art. 81 capoverso, 319 e 321 del codice penale) e di traffico di influenze illecite (articoli 81 capoverso e 346-bis del codice penale). 1.2. - L'on. Stefano Esposito, in particolare, nel ricostruire le varie fasi processuali che hanno condotto all'instaurazione del procedimento penale nei propri confronti, ha riferito, corredando la segnalazione della documentazione a supporto, di aver ricevuto: (i) - nel corso del mese di novembre 2017, quando ancora ricopriva la carica di senatore, la notifica ad istanza della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino, di un avviso di proroga del termine delle indagini preliminari, nell'ambito del procedimento n. 5194/2017 R.G., apprendendo, in tal guisa di essere indagato, per fatti verificatisi mentre ricopriva la carica di senatore, per il delitto di turbata liberta' degli incanti e, quindi, di essersi sottoposto, spontaneamente, ad interrogatorio, al fine di chiarire la propria posizione e la propria completa estraneita' ai fatti; (ii) - nel corso del 2020 e, segnatamente, in data 15 ottobre 2020, la notifica, ad istanza della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino, nell'ambito del procedimento penale n. 24047/2015 R.G.N.R. n. 1900/2021 R.G. G.I.P. [al quale risultavano riuniti i procedimenti penali nn. 5194/2017 R.G.N.R., 7945/2015 R.G.N.R. e n. 23254/2919, R.G.N.R. (gia' procedimento penale n. 85108/2014 R.G.N.R. - Mod. 44)] di un avviso di conclusione delle indagini preliminari, integrato da un successivo avviso notificato in data 19 ottobre 2020, con il quale gli venivano contestati, oltre al concorso nel delitto di turbata liberta' degli incanti, anche i delitti di corruzione per atti contrari al dovere d'ufficio e di traffico di influenze illecite; (iii) - nel corso del 2021 e, segnatamente, in data 29 luglio 2021, la notifica, ad istanza della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino. di una richiesta di rinvio a giudizio (doc. n. 2), seguita dalla notifica in data 21 settembre 2021, dell'avviso di fissazione dell'udienza preliminare del 23 novembre 2021, dinanzi al Giudice per l'udienza preliminare (in sigla, «G.U.P.»), seguita dalle successive udienze del 30 novembre 2021, del 7 dicembre 2021, del 14 dicembre 2021 e del 16 febbraio 2022 in esito alle quali, con decreto del 1° marzo 2022 (doc. n. 3), era stato disposto il suo rinvio a giudizio. 1.3. - L'on. Stefano Esposito, quindi ai fini che qui interessano, ha rappresentato: A) - con riferimento alla fase delle indagini preliminari, che (i) all'avviso di conclusione delle indagini, notificatogli in data 19 ottobre 2020, era allegato un elenco di intercettazioni telefoniche ritenute «rilevanti» dal P.M. (per un totale di circa 126 conversazioni telefoniche), poste a sostegno delle contestazioni mosse e che lo riguardavano in qualita' di interlocutore, tutte captate quando ancora ricopriva la carica di senatore; (ii) nella richiesta di rinvio a giudizio del 29 luglio 2021, tra le «fonti di prova», erano state menzionate le predette «operazioni di intercettazione telefonica» (cfr. doc. n. 2, pag. 39); B) - con riferimento alla fase processuale dinanzi al G.U.P., che: (i) - nel corso dell'udienza del 30 novembre 2021 (doc. n. 4), il suo difensore, associandosi alle richieste della difesa di altro coimputato, aveva sollevato, in via principale, l'eccezione di inutilizzabilita' delle predette intercettazioni telefoniche, ai sensi dell'art. 68, comma 3, della Costituzione e dell'art. 4 della legge n. 140/2003 siccome acquisiste senza la preventiva autorizzazione del Senato e, in via subordinata, qualora ritenute intercettazioni «casuali», di trasmettere gli atti al Senato, ai sensi dell'art. 6, comma 2, della legge n. 140/2003. Analoga istanza era stata avanzata con riferimento ad alcuni suoi messaggi whatsapp, acquisiti tramite la copia forense dei dati contenuti nello smartphone in uso ad uno dei coimputati, in esito ad una perquisizione avvenuta in data 18 marzo 2018. Il G.U.P., tuttavia, con ordinanza in data 30 novembre 2021, aveva ritenuto che le questioni poste afferissero «(...) in definitiva all'utilizzabilita' di singoli atti processuali», sulle quali il Giudice, a suo avviso, non sarebbe stato «tenuto a decidere anticipatamente, rispetto alla trattazione del merito» e che, dunque, sarebbero state «decise con l'adozione dei provvedimenti di definizione dell'udienza preliminare» disponendo «procedersi oltre nell'udienza preliminare, invitando i difensori ad esporre le relative doglianze nel corso della loro discussione e riservando all'esito ogni decisione in merito» (cfr. doc. n. 4, pag. 14). Nel corso della stessa udienza, a fronte della reiterazione delle predette eccezioni, anche mediante l'allegazione, a verbale, di apposita memoria del suo difensore, il G.U.P., con successiva ordinanza aveva pervicacemente confermato, la propria precedente decisione («il giudice sulle questioni sollevate dalle difese, richiamate le argomentazioni espresse nella precedente ordinanza in merito alla non necessita' di decidere anticipatamente rispetto al merito delle questioni sollevate, dispone procedersi oltre nell'udienza preliminare, e riservando all'esito ogni decisione in merito») (cfr. doc. n. 4, pag. 15); (ii) - nel corso dell'udienza del 16 febbraio 2022 (immediatamente successiva a quella del 14 dicembre 2021, in occasione della quale il P.M. aveva chiesto il suo rinvio a giudizio) il suo difensore aveva insistito (doc. n. 5) nella richiesta di decisione immediata sulle questioni gia' sollevate all'udienza del 30 novembre 2022, depositando apposita memoria, tuttavia, il G.U.P. aveva emesso il decreto del 1° marzo 2021, di citazione a giudizio indicando tra le «fonti di prova», le predette «operazioni di intercettazione telefonica» (cfr. doc. n. 3). 1.4. - Infine, l'on. Stefano Esposito ha precisato che, fin da subito, gli organi, della magistratura, sia inquirente che requirente, avevano avuto contezza che le intercettazioni che stavano captando riguardavano un parlamentare, essendo intercorse quasi tutte (ben n. 113 delle n. 126 intercettazioni telefoniche indicate come «rilevanti» dal P.M.), nel periodo in cui ricopriva la carica di senatore, con uno stesso coimputato al quale era legato da uno stabile rapporto di amicizia di durata ultraventennale e di pubblico dominio e, quindi, facilmente annoverabile tra i suoi interlocutori abituali. Non solo, ma, dall'esame del complessivo materiale acquisito agli atti del processo, sarebbe emersa una sistematica attivita' di captazione delle sue conversazioni telefoniche con il predetto coimputato, essendo stati intercettati ben 500 contatti dai quali sarebbero stati estratte ben n. 113 intercettazioni ritenute «rilevanti» dal P.M. e poste a fondamento delle imputazioni per le quali si stava procedendo. 1.5. - L'on. Stefano Esposito ha rappresentato, quindi, la palese violazione delle guarentigie parlamentari e, segnatamente, la violazione dell'art. 68, comma 3, della Costituzione e dell'art. 4 della legge n. 140/2003 secondo cui «1. Quando occorre eseguire nei confronti di un membro del Parlamento (.) intercettazioni, in qualsiasi forma, di conversazioni o di comunicazioni (..) l'autorita' competente richiede direttamente l'autorizzazione alla Camera alla quale il soggetto appartiene. 2. L'autorizzazione e' richiesta dall'autorita' che ha emesso il provvedimento da eseguire; in attesa dell'autorizzazione l'esecuzione del provvedimento rimane sospesa» ovvero, in subordine, comunque, dell'art. 6, comma 2, della legge n. 140/2003, secondo cui, fuori dalle ipotesi previste dal richiamato art. 4, il giudice per le indagini preliminari, «2. Qualora su istanza di una parte processuale, sentite le altre parti nei termini e nei modi di cui all'art. 268, comma 6, del codice di procedura penale, ritenga necessario utilizzare le intercettazioni o i tabulati di cui al comma 1, (..) decide con ordinanza e richiede, entro i dieci giorni successivi, l'autorizzazione alla Camera alla quale il membro del Parlamento appartiene o apparteneva al momento in cui le conversazioni o le comunicazioni sono siate intercettate. 3. La richiesta di autorizzazione e' trasmessa direttamente alla Camera competente. In essa il giudice per le indagini preliminari enuncia il fatto per il quale e' in corso il procedimento, indica le norme di legge che si assumono violate e gli elementi sui quali la richiesta si fonda, allegando altresi' copia integrale dei verbali, delle registrazioni e dei tabulati delle comunicazioni. 4. In caso di scioglimento della Camera alla quale il parlamentare appartiene, la richiesta perde efficacia a decorrere dall'inizio della successiva legislatura e puo' essere rinnovata e presentata alla Camera competente all'inizio della legislatura successiva. 5. Se l'autorizzazione viene negata, la documentazione delle intercettazioni e' distrutta immediatamente, e comunque, non oltre i dieci giorni dalla comunicazione del diniego. 6. Tutti i verbali, le registrazioni e i tabulati di comunicazione acquisiti in violazione del disposto del presente articolo devono essere dichiarati inutilizzabili dal giudice in ogni stato e grado del procedimento». Tanto rappresentato, l'on. Stefano Esposito ha chiesto al Presidente del Senato di assumere tutte le iniziative opportune per la tutela delle prerogative parlamentari, posto che sia le intercettazioni telefoniche che I messaggi whatsapp, acquisiti mediante copia forense, dallo smartphone di altro coimputato, avrebbero dovuto essere dichiarati inutilizzabili nei suoi confronti, in assenza di autorizzazione preventiva del Senato, in violazione dell'art. 68, comma 3, della Costituzione e dell'art. 4, della legge n. 140/2003 e, comunque, anche a voler ritenere che le conversazioni captate fossero state frutto di intercettazioni «casuali», in ogni caso, ai sensi dell'art. 6, comma 2, della legge n. 140/2003, al fine di poterle utilizzare nei suoi confronti, come poi in effetti accaduto, sarebbe stata comunque necessaria l'autorizzazione «successiva» del Senato. 1.6. - Il Presidente del Senato, ricevuta la segnalazione dell'on. Stefano Esposito, con nota del 10 marzo 2022, ha deferito la questione alla Giunta delle Elezioni e delle immunita' parlamentari, ai sensi degli art. 34, comma 1, e 135 del regolamento del Senato, dandone informativa al medesimo senatore ed al G.U.P. presso il Tribunale di Torino (doc. n. 6). La Giunta delle Elezioni e delle immunita' parlamentari ha esaminato la questione nelle sedute del 22 marzo 2022, del 20 aprile 2022 [in cui si e' proceduto all'audizione del parlamentare intercettato che ha depositato apposita nota illustrativa (doc. n. 7)], del 26 aprile 2022 e del 18 maggio 2022 (docc. nn. 8-11) e, in esito a tale ultima seduta, ha deliberato, a maggioranza, di dare mandato al Relatore perche' riferisse e proponesse all'Assemblea parlamentare di sollevare un conflitto di attribuzione tra i poteri dello Stato dinanzi alla Corte costituzionale, al fine di ripristinare la legalita' costituzionale violata (cfr. doc. n. 2). La conforme relazione e' stata inviata al Presidente del Senato in data 21 giugno 2022 (doc. n. 12), ai sensi dell'art. 50, comma 1, del regolamento del Senato. 1.7. - Il Senato della Repubblica, nella seduta del 30 giugno 2022, a maggioranza, ha approvato la relazione e deliberato «di promuovere il conflitto di attribuzione tra i poteri dello Stato, innanzi alla Corte costituzionale con riguardo agli atti posti in essere nell'ambito del procedimento penale pendente dinanzi al Tribunale di Torino, nei confronti dell'onorevole Stefano Esposito (n. 24047/2015 R.G.N.R.)», al contempo, autorizzando la Presidenza «a dare mandato ad uno o piu' avvocati del libero foro» (doc. n. 13). In data 20 agosto 2006, il Presidente pro-tempore ha rilasciato il correlativo mandato ai sottoscritti difensori, al fine di promuovere il presente ricorso per conflitto di attribuzione. I - Sull'ammissibilita' del ricorso. I.1 - In via preliminare, giova rappresentare che, alla luce di quanto suesposto, ricorrono, nella specie, tutti i requisiti, soggettivi ed oggettivi, affinche' il ricorso possa superare positivamente il vaglio di ammissibilita' di cui all'art. 37 della legge costituzionale 11 marzo 1953 n. 87, riguardando esso organi competenti a dichiarare definitivamente la volonta' del potere cui appartengono ed avendo ad oggetto la delimitazione della sfera di attribuzione determinata tra i vari poteri dalle norme costituzionali. I.2.1. - Sotto il profilo della legittimazione attiva, non puo' revocarsi in dubbio, alla luce della consolidata giurisprudenza costituzionale, la legittimazione attiva del Senato della Repubblica a promuovere, attraverso il suo Presidente e sulla base di una conforme delibera assembleare, conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato. Entrambe le Camere sono, infatti, da ritenere competenti a dichiarare definitivamente la volonta' del potere cui appartengono, ai sensi dell'art. 27, primo comma, della legge costituzionale n. 53/1987, allorche' vengano in considerazione «attribuzioni rivendicate in nome dell'autonomia e dell'indipendenza da ciascun ramo del Parlamento» [cfr. Corte costituzionale 17 ottobre 1996 n. 379 (sent.); id., 17 febbraio 2022 n. 35 (ord.); id. 286 del 3 dicembre 2014 (ord.); id., 16 gennaio 2003 n. 31 (ord.); id. 30 gennaio 2004 n. 58 (sent.); id., 19 giugno 2003 n. 232 (ord.); id. 24 giugno 1981 n. 129 (sent.); id, 6 novembre 1980 n. 150 (ord.)]. Ne' potrebbe sostenersi che la legittimazione spetterebbe al singolo parlamentare te cui conversazioni non potrebbero essere captate ai sensi dell'art. 68 della Costituzione e della legge n. 140/2003, posto che, secondo l'insegnamento di codesta ecc.ma Corte, in tal caso, il singolo parlamentare utilizzerebbe impropriamente il mezzo del ricorso per conflitto di attribuzione e la relativa iniziativa si rivelerebbe inammissibile [cfr. Corte costituzionale, 5 aprile 2000 n. 101 (sent.); id. 4 luglio 2001 n. 225 (sent.)]. I.2.2. - Sotto il profilo della legittimazione passiva, nella specie, devono ritenersi pacifica (i) sia quella della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino, poiche' il pubblico ministero, ai sensi dell'art. 112 della Costituzione, e' titolare dell'indagine finalizzata all'esercizio obbligatorio dell'azione penale. L'attivita' del pubblico ministero «si presenta, sotto molteplici aspetti, con caratteri squisitamente propri, autonomi e decisori, ne' puo' essere tralasciato che, proprio secondo la Corte costituzionale, anche il pubblico ministero e' una «autorita' giudiziaria» e che la funzione requirente e' ricompresa fra le attribuzioni riferibili al potere giudiziario» [c.f.r. Corte costituzionale, 6 settembre 1995 n. 420 (sent.); id. 17 ottobre 1996 n. 379 (sent.; id. 16 dicembre 1993 n. 462 (sent.); id. 16 dicembre 1993 n. 46 (sent.); id. 16 dicembre 1993 n. 464 (sent.)]; (ii) sia quella del Tribunale di Torino - Ufficio del Giudice per indagini preliminari e del Giudice dell'udienza preliminare, essendo insegnamento costante della giurisprudenza costituzionale, che i singoli organi giurisdizionali svolgono la loro funzione in posizione di piena indipendenza, costituzionalmente garantita e sono, percio' competenti a dichiarare definitivamente, nell'esercizio delle funzioni attribuitegli, la volonta' del potere cui appartengono. Nella specie, infatti, al Tribunale di Torino deve essere riconosciuta la legittimazione passiva, in quanto organo competente a decidere definitivamente, nell'ambito delle funzioni giurisdizionali ad esso attribuite, in merito al proscioglimento dell'imputato rima del dibattimento, e comunque in ogni stato e grado del processo, ai sensi degli articoli 129 e 469 del codice di procedura penale [cfr. Corte costituzionale, sent. n. 379/1996 cit.; id., 11 gennaio 1996 n. 6 (ord.); id. 8 febbraio 1993 n. 68 (ord.); id. 22 ottobre 1975 n. 231 (sent.); id. sent. n. 225/2001 cit.]. I.3.1. - Sussistono anche i requisiti oggettivi di ammissibilita' del ricorso, posto che, secondo il costante insegnamento della giurisprudenza, ricorrono gli estremi di un conflitto risolvibile, ai sensi dell'art. 134 della Costituzione, ogni qual volta la controversia riguardi, come nella specie, da un lato, il potere dell'Autorita' giudiziaria ordinaria (e, segnatamente, della magistratura, inquirente e requirente, preposta all'esercizio della giurisdizione penale, ai sensi dell'art. 1, comma 1, del codice di procedura penale) nella conduzione del procedimento penale, avuto riguardo al compimento di determinati atti soggetti ad autorizzazione (preventiva o successiva) e, dall'altro, l'autonomia del Senato della Repubblica cui e' costituzionalmente garantito l'esercizio delle proprie attribuzioni, sia collegialmente che tramite l'attivita' dei propri componenti, senza subire indebite interferenze da parte degli altri poteri dello Stato, nel rispetto dei principio di autonomia ed indipendenza delle istituzioni parlamentati, sancito dagli articoli 67 e 68 della Costituzione [cfr. Corte costituzionale, 13 gennaio 2004 n. 24 (sent.)]. Tale prospettazione vale a dimostrare che «esiste la materia di un conflitto» (in base all'art. 37, quarto comma, della legge costituzionale n. 87/1953), anche se nei casi in esame non si controverte circa la spettanza di una stessa attribuzione, atteso che, come reiteratamente chiarito, la figura dei conflitti di attribuzione «non si restringe alla sola ipotesi circa l'appartenenza del medesimo potere, che ciascuno dei soggetti contendenti rivendichi per se', ma si estende a comprendere ogni ipotesi in cui dall'illegittimo esercizio di un potere altrui consegua la menomazione di una sfera di attribuzioni costituzionalmente assegnate ad altro soggetto» [cfr. Corte costituzionale, 17 giugno 1970 n. 150 (sent.); Id. 24 giugno 1981 n. 129 (sent.); Id., 17 giugno 1970 n. 110 (sent.)]. I.3.2. - Ne' puo' obiettarsi, rispetto a siffatta conclusione, la circostanza che le intercettazioni ed i messaggi whatsapp avrebbero riguardato le attribuzioni del singolo parlamentare e non della Camera di appartenenza, atteso che le prerogative dei parlamentari non sono volte a garantire loro situazioni soggettive individuali, ma mezzi di tutela della funzione parlamentare, complessivamente ed unitariamente considerata, e, dunque, dell'istituzione di appartenenza del singolo parlamentare. E, nella specie, cio' che lamenta il Senato della Repubblica, come appresso chiarito, e' la lesione di proprie specifiche prerogative costituzionali, poste a presidio dell'esercizio della funzione parlamentare, per essere stato precluso in radice l'esercizio del potere autorizzatorio della Camera, intercettando, prima le conversazioni di un parlamentare e ponendole, poi, a sostegno sia della richiesta di rinvio a giudizio (cfr. doc. n. 2) che dell'emissione del decreto (cfr. doc. n. 3) che dispone il giudizio [cfr. Corte costituzionale, 19 novembre 2007 390 (sent.)]. E, d'altronde, e' pacifica l'ammissibilita' del ricorso degli «organi costituzionali» avverso «atti di autorita' giurisdizionali ritenuti lesivi della propria posizione costituzionale», ivi compresi quelli soggetti a riforma o impugnazione [cfr. Corte costituzionale, 24 maggio 2004 n. 154; id. (sent.) n. 129/1981 cit.; id. 6 settembre 1995 n. 435; id. (sent.) n. 379/1996 id. (sent.) n. 225/2001 cit.; id., 3 luglio 2001 n. 263 (sent.)]. Il Senato della Repubblica non disporrebbe, peraltro, di alcun altro rimedio per tutelare la propria sfera di autonomia costituzionalmente garantita, non esistendo un altro grado di giurisdizione precedente o diverso del quale fruire e non potendo esserci arte del giudizio dal quale ha originato il conflitto. I.4. - Sussiste, infine, l'interesse a ricorrere del Senato della Repubblica, atteso che, come codesta ecc.ma Corte ha gia' avuto occasione di affermare, non esiste alcun termine per sollevare i conflitti di attribuzione tra poteri, radicandosi la ratio di questa mancanza nell'esigenza - avvertita dal Legislatore in ragione del livello precipuamente politico-costituzionale di tal genere di controversie - di favorirne al massimo la composizione, svincolandola dall'osservanza di termini di decadenza. Il Senato - che, del resto, nelle premesse del ricorso ha dato atto di come tutt'ora penda un giudizio penale per i fatti contestati, sulla base delle intercettazioni del parlamentare - ha ancora interesse a rimuovere, attraverso la decisione della Corte sul conflitto, ogni dubbio sul punto se, nella specie, la prerogativa concernente l'inviolabilita' «delle conversazioni o comunicazioni intercettate in qualsiasi forma» del parlamentare siano state violate. L'accoglimento del presente ricorso consentirebbe al Senato di riacquistare la pienezza delle proprie prerogative, mediante l'esercizio del potere autorizzatorio delle intercettazioni a carico di un suo parlamentare, garantendo un ripristino della legalita' violata. II - Sulla violazione e falsa applicazione dell'art. 68, comma 3, della Costituzione (e degli articoli 4 o 6 della legge 26 giugno 2003 n. 140). II.1.1. - Nel merito. Violazione e falsa applicazione dell'art. 68, comma 3, della Costituzione (siccome attuato dall'art. 4 o dall'art. 6, comma 2, della legge 26 giugno 2003, n. 140). II.1.2. - L'art. 68, comma 3, della Costituzione - all'esito della revisione compiuta con la legge costituzionale 29 ottobre 1993 n. 3, con la quale e' stata sostituita l'originaria autorizzazione a procedere nei confronti dei parlamentari con un sistema basato su specifiche autorizzazioni ad acta - stabilisce che e' «richiesta» l'autorizzazione della Camera di appartenenza «per sottoporre i membri del Parlamento a intercettazioni, in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni e a sequestro di corrispondenza». La ratio della garanzia prevista dal richiamato precetto costituzionale, secondo il costante insegnamento di codesta ecc.ma Corte, e' quella porre il parlamentare al riparo da illegittime interferenze giudiziarie nell'esercizio del suo mandato, fermo restando che «(...) Destinatari della tutela, in ogni caso, non sono i parlamentari; ma le Assemblee nel loro complesso. Di esse si intende preservare la funzionalita', l'integrita' di composizione (nel caso delle misure de libertate) e la piena autonomia decisionale, rispetto ad indebite invadenze ed interferenze del potere giudiziario» e', tanto determina l'irrinunciabilita' della garanzia» [cfr. Corte costituzionale (sent.) n. 390/2007 che richiama, sul punto, le proprie precedenti pronunce del 16 gennaio 1970 n. 9 (sent.) e (sent.) n. 58/2004 cit.]. Alla previsione costituzionale e' stata data, poi, attuazione attraverso gli articoli 4 e 6 della legge n. 140/2003, al fine di rendere la prerogativa direttamente ed immediatamente operativa sul piano processuale [cfr. Corte costituzionale, 7 ottobre 2009 n. 262 (sent.); id., 7 aprile 2004 n. 120 (sent.)], assicurando l'indipendenza, autonomia e liberta' delle Camere del Parlamento, alle quali deve essere garantito l'esercizio delle proprie funzioni, senza interferenze da pare di altri poteri. II.1.3. - Ebbene, nella specie, l'Autorita' giudiziaria, sia inquirente che requirente, non ha attemperato al proprio obbligo di chiedere l'autorizzazione del Senato della Repubblica in relazione alle intercettazioni telefoniche (ed all'acquisizione delle comunicazioni whatsapp) disposte a carico del parlamentare, in violazione dell'art. 68, comma 3, della legge n. 140/2003 e dell'art. 4 della legge n. 140/2003 o 6, comma 2, della medesima legge n. 14/2003. La condotta complessiva seguita dai magistrati nel corso del procedimento penale ed i singoli atti, commessivi ed omissivi (ove si consideri la condotta del G.U.P. che non ha deciso la relativa eccezione) risultano palesemente lesivi delle attribuzioni costituzionali del Senato della Repubblica cui e' stato illegittimamente precluso l'esercizio delle proprie competenze costituzionalmente previste dalla normativa vigente, circa l'esercizio del proprio potere autorizzatorio, Si e' verificato, infatti, un inammissibile esercizio da parte della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino, prima, e del G.I.P. e del G.U.P., poi, circa l'esercizio delle attribuzioni proprie del Senato della Repubblica, al di fuori ed in violazione delle specifiche garanzie procedimentali approntate dal Legislatore nel dare attuazione all'art. 68, comma 3 della Costituzione. Il potere giurisdizionale ha vanificato il potere parlamentare, in contrasto con il disegno costituzionale ed in violazione delle irrinunciabili garanzie apprestate per la tutela della liberta' ed autonomia della funzione parlamentare. II.2.1. - (segue) - Violazione e falsa applicazione dell'art. 68, comma 3, della Costituzione (siccome attuato dall'art. 4 della legge 26 giugno 2003, n. 140). II.2.2 - Nella specie, alla luce di quanto esposto nella narrativa, avrebbe dovuto essere richiesta al Senato della Repubblica, l'autorizzazione preventiva, ai sensi dell'art. 4 della legge n. 140/2003. In proposito, per mero tuziorismo, giova premettere che l'immunita' parlamentare disegnata dalla previsione costituzionale di cui all'art. 68, comma 3, della Costituzione e dalla legge attuativa: (i) per un verso, non riguarda piu' il procedimento penale in se', poiche' solo alcuni specifici atti sono considerati idonei ad incidere negativamente sulla liberta' e sull'indipendenza della funzione parlamentare e, in quanto tali, sono soggetti alla necessaria autorizzazione della Camera di appartenenza; (ii) per altro verso, secondo l'autorevole insegnamento dell'adita Corte, l'autorizzazione deve essere preventivamente richiesta non solo se l'atto d'indagine sia disposto direttamente nei confronti di utenze intestate al parlamentare o nella sua disponibilita' (cc.dd. intercettazioni «dirette») ma anche tutte le volte in cui la captazione si riferisca a utenze di interlocutori abituali del parlamentare, o sia effettuata in luoghi presumibilmente da quest'ultimo frequentati, al precipuo scopo di conoscere il contenuto delle conversazioni e comunicazioni del parlamentare stesso. II.2.3. - L'autorizzazione preventiva deve essere dunque richiesta dall'Autorita' giudiziaria per eseguire l'atto investigativo nei confronti di un parlamentare «(...) a prescindere dalla considerazione dei pregiudizi che la sua esecuzione puo' comportare al singolo parlamentare. Il bene protetto si indentifica, infatti, con l'esigenza di assicurare il corretto esercizio del potere giurisdizionale nei confronti dei membri del Parlamento» e, rispetto ad esso cio' che conta e' la direzione dell'atto di indagine. E, difatti, la norma costituzionale vieta di sottoporre ad intercettazione, senza autorizzazione, «non le utenze del parlamentare, ma le sue comunicazioni: quello che conta ... non e' la titolarita' o disponibilita' dell'utenza captata, ma la direzione dell'atto di indagine», trattandosi di «... di un'autorizzazione a carattere preventivo, concernente i casi nei quali il parlamentare si presenta - non necessariamente in quanto indagato, ma anche (per diffuso convincimento) quale persona offesa o informata sui fatti - come il destinatario dell'atto investigativo». Dunque, come sottolineato da codesta ecc.ma Corte, nel caso in cui, nel corso di un'attivita' investigativa dell'Autorita' giudiziaria «(...) sia individuato in anticipo quale destinatario dell'attivita' di captazione» un parlamentare, ancorche' «questa captazione abbia luogo monitorando utente di diversi soggetti», dovra' trovare applicazione, trattandosi di un'intercettazione «mirata», il regime di cui all'art. 4 della legge n. 140/2003, secondo cui, come esposto nella narrativa in fatto, «1. Quando occorre eseguire nei confronti di un membro del Parlamento (.) intercettazioni, in qualsiasi forma, di conversazioni o di comunicazioni (...) l'autorita' competente richiede direttamente l'autorizzazione alla Camera alla quale il soggetto appartiene. 2. L'autorizzazione e' richiesta dall'autorita' che ha emesso il provvedimento da eseguire; in attesa dell'autorizzazione l'esecuzione del provvedimento rimane sospesa». II.2.4. - Sempre secondo gli insegnamenti dell'adita Corte, inoltre, qualora «emergano non soltanto rapporti di interlocuzione abituale tra il soggetto intercettato ed il parlamentare, ma anche indizi di reita' nei confronti di quest'ultimo, non si puo' trascurare che intervenga, nell'autorita' giudiziaria, un mutamento di obiettivi: nel senso che - in ragione anche dell'obbligo di perseguire gli autori del reati - le ulteriori intercettazioni potrebbero risultare finalizzate, nelle strategie investigative dell'organo inquirente a captare non piu' (soltanto) le comunicazioni del terzo titolare dell'utenza, ma (anche) quelle del suo interlocutore parlamentare, per accertarne le responsabilita' penali. Qualora cio' accadesse, ogni «casualita'» verrebbe evidentemente meno» [cfr. Corte costituzionale, 25 marzo 2010 n. 114 (sent.)]. E, come osservato dalla migliore dottrina e giurisprudenza, «al fine di distinguere le intercettazioni di conversazioni di parlamentari (o casuali, o fortuite) da quelle "indirette" e di stabilire il regime giuridico applicabile, il giudice deve accertare, con motivazione particolarmente stringente, l'occasionalita' delle intercettazioni eseguite tenendo conto del tipo di rapporti intercorrenti tra il parlamentare e il terzo sottoposto a controllo telefonico, dell'attivita' criminosa oggetto dell'indagine, del numero delle conversazioni intercorse tra il parlamentare e il terzo, dell'arco di tempo entro il quale l'attivita' di captazione e' avvenuta, nonche' delle eventuali proroghe delle autorizzazioni e del momento in cui sono sorti indizi a carico del parlamentare» [cfr. Cass. pen., Sez. Fer., 9 settembre 2010, n. 34244]. Dunque «la casualita' della captazione delle conversazioni cui abbia preso parte un parlamentare, in assenza di autorizzazione della Camera di appartenenza, deve essere accertata con riferimento a molteplici parametri costituiti: a) dalla tipologia dei rapporti intercorrenti tra il parlamentare e il terzo sottoposto a controllo; b) dall'attivita' criminosa oggetto di indagine; c) dal numero di conversazioni intercorse tra il terzo ed il parlamentare; d) dall'arco di tempo della captazione; e) dal momento in cui sono sorti indizi a carico del parlamentare» [cfr. Cass., SS.UU., 15 gennaio 2020 n. 741; Cass. pen., Sez. III, 29 novembre 2019 n. 8795]. II.2.5. - Alla luce di quanto suesposto, non puo' revocarsi in dubbio che, nella fattispecie che ne occupa, sia avvenuta da parte della Procura della Repubblica e del G.I.P. presso il Tribunale di Torino, prima, e del G.U.P. presso il medesimo Tribunale, poi, la scoperta violazione dell'art. 68, comma 3, della Costituzione e dell'art. 4 della legge n. 140/2003 da cui origina il presente conflitto di attribuzione. Sussistono, infatti, tutti gli indici di carattere oggettivo elaborati dalla giurisprudenza, anche costituzionale, per escludere il carattere «casuale» delle intercettazioni che hanno riguardato l'on. Stefano Esposito, nel periodo in cui ricopriva la carica di parlamentare, ove si consideri che sono state eseguite sull'utenza intestata ad un suo amico abituale, coimputato nell'ambito del medesimo procedimento penale, oltre 500 captazioni - nel periodo che va dal 2015 al 2018 - e, dunque, alcune compiute addirittura dopo la notifica a carico del parlamentare dell'avviso di proroga del termine delle indagini preliminari (avvenuta nel 2017) da cui sono state estrapolate ben 126 conversazioni ritenute «rilevanti dal PM», di cui ben 113 intercettazioni poste a base della richiesta di rinvio a giudizio, prima, e del decreto che dispone in giudizio poi (cfr doc. n. 7). E' stato rappresentato, a tale riguardo, che le attivita' di captazione sono state disposte con decreto del G.I.P. del 30 marzo 2017 e, a tale data, il parlamentare gia' risultava iscritto nel registro degli indagati (cfr. doc. n. 7). Il complessivo iter procedimentale, dunque, conduce ad affermare che sia stato obiettivo dell'attivita' di indagine il parlamentare, venendo individuati indizi di reita' a suo carico sin dalle fasi iniziali dell'attivita' di captazione. Rileva, in primo luogo, il dato dell'iscrizione, nel 2017, nel registro delle persone sottoposte ad indagine (il parlamentare ha assunto la qualita' di indagato sicuramente nel corso delle operazioni di intercettazione). Anche volendo prescindere dal dato della formale iscrizione, il parlamentare, sulla base degli elementi di indagine progressivamente raccolti, e' rimasto coinvolto nel contesto dei fatti oggetto delle ipotesi di reato per le quali si e' proceduto all'attivita' di captazione delle sue conversazioni su utenze intestate a terzi ed in relazione ai quali e' stata esercitata nei suoi confronti l'azione penale. Alla captazione si e' proceduto: (i) ipotizzandosi a carico del parlamentare fattispecie di reato, nella funzione allora rivestita e, dunque, ben nota agli organi della magistratura, sia inquirente che requirente, di «Senatore della Repubblica» e di «Senatore della Repubblica e di Componente della Commissione Parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali anche straniere»; (ii) ipotizzandosi la commissione di reati in concorso con uno dei coimputati, con i quali il parlamentare aveva abituali interlocuzioni, trattandosi del padrino di battesimo della figlia al quale era legato da un rapporto di profonda amicizia di durata ultra ventennale e di dominio pubblico (cfr. doc. n. 7). II.2.5. - Calando il principio nelle caratteristiche proprie dell'attivita' di intercettazione (la forza intrusiva del mezzo investigativo, l'imprevedibilita' della captazione di interlocuzioni con terzi estranei agli obiettivi dell'indagine), infatti, l'evenienza di un uso distorto del potere investigativo si realizza quando, come nelle specie, si sottopongano a controllo le utenze di interlocutori abituali del parlamentare (o luoghi presumibilmente frequentati dallo stesso, anche se nella disponibilita' di terzi) in presenza di indizi di reita' (o correita') a carico del parlamentare, in ogni caso con l'intento surrettizio di captare le sue comunicazioni. Dagli atti processuali emerge chiaramente come l'Autorita' giudiziaria abbia identificato sin da subito l'on. Stefano Esposito, quale membro del Parlamento ed interlocutore abituale di uno dei coimputati e, cio' nonostante, abbia proseguito, in spregio del precetto di cui all'art 68, comma 3, della Costituzione, come attuato dall'art. 4 della legge n. 140/20203, nell'attivita' investigativa, senza chiedere, come avrebbero dovuto, l'autorizzazione alla Camera di appartenenza. Al contrario, come rappresentato dall'on. Stefano Esposito, nella segnalazione indirizzata al Senato, l'Autorita' giudiziaria ha avviato e proseguito l'attivita' investigativa, mediante l'intercettazione delle conversazioni del parlamentare che sono state trascritte ed i cui contenuti sono stati riassunti in corpose annotazioni di polizia giudiziaria, sottolineandone a piu' riprese la rilevanza a fini investigativi. [cfr. doc. n. 7, pag. 3, laddove, esemplificativamente, si riporta lo stralcio di un'annotazione della Polizia giudiziaria del 25 marzo 2015, posta a sostegno di una richiesta di proroga delle dell'attivita' captativa, dalla quale emerge con chiarezza come gli organi inquirenti avessero piena contezza che le conversazioni telefoniche riguardavano il parlamentare, laddove con riferimento ad un coimputato si sottolinea che quest'ultimo aveva prima «(...) consultato un individuo di nome Stefano, cui appare legato da un rapporto di profonda amicizia, identificato in Stefano Esposito, senatore della Repubblica italiana utilizzatore dell'utenza n. (...). Sono numerose le conversazioni telefoniche intercorse tra i due, dal tenore nettamente confidenziale, caratterizzate da svariati argomenti tra i quali emergono molteplici scambi di opinioni su vicende affaristiche...)»]. E, come emerge sia dalla richiesta di rinvio a giudizio del P.M. del 29 luglio 2021 (cfr. doc. n. 2), sia del decreto che dispone il giudizio del 1° marzo 2022 (cfr. doc. n. 3), tra le «fonti di prova esaminate», compaiono proprio le «operazioni di intercettazione telefonica» a carico del parlamentare. E cio', anche a voler prescindere dall'avvenuta acquisizione degli esiti dell'attivita' captativa effettuata nell'ambito del procedimento contro ignoti, nonche' dal fatto che il procedimento penale n. 5194/2017 R.G.N.R. fosse condotto dai medesimi inquirenti che sin dal mese di ottobre 2015, periodo nel quale stavano svolgendo le indagini nell'ambito dei procedimenti penali n. 24047/2015 e n. 7945/2015 R.G.N.R., a piu' riprese, avevano potuto constatare la concreta probabilita' di accesso alla sfera delle comunicazioni del parlamentare, tramite la sottoposizione a controllo dell'utenza in uso ad un coimputato [cfr. doc. n. 7, pag. 3, pag. 4, ultimo e penultimo capoverso, trascrizione informativa 10/100 del 30 luglio 2015, pag. 6, annotazione di Polizia giudiziaria dell'11 novembre 2015, e del 24 novembre 2015]. Nel caso in esame, la direzione dell'atto di indagine verso il parlamentare e' resa inequivocabile dal fatto che l'attivita' captativa sia stata richiesta dal P.M. e disposta dal G.I.P. e, poi, reiteratamente prorogata nell'ambito dei procedimenti penali riuniti nel processo pendente, mediante decreto del G.I.P. del 19 febbraio 2015 e successive proroghe (procedimenti penali n. 85108/2014 R.G.N.R. e n. 7495/2015 R.G.N.R. e del G.I.P. del 30 marzo 2017 nell'ambito del procedimento penale n. 5194/2017) proprio al fine di accertare eventuali profili di penale responsabilita' dello stesso con riferimento ad un'ipotesi di reato di turbativa d'asta asseritamente perpetrata in concorso con i soggetti coimputati le cui utenze sono state poste sotto controllo (cfr. doc. n. 7). II.2.6. - Si tratta, all'evidenza, di intercettazioni «mirate», atteso che, ove «nel corso dell'attivita' di intercettazione emergano, non soltanto rapporti di interlocuzione abituale tra il soggetto intercettato e il parlamentare, ma anche indizi di reita' nei confronti di quest'ultimo, non si puo' trascurare l'eventualita' che intervenga, nell'autorita' giudiziaria, un mutamento di obiettivi: nel senso che - in ragione anche dell'obbligo di perseguire gli autori dei reati - le ulteriori intercettazioni potrebbero risultare finalizzate, nelle strategie investigative dell'organo inquirente, a captare non piu' (soltanto) le comunicazioni del terzo titolare dell'utenza, ma (anche) quelle del suo interlocutore parlamentare, per accertarne le responsabilita' penali. Quando cio' accadesse ogni «casualita'» verrebbe evidentemente meno: le successive captazioni delle comunicazioni del membro del Parlamento, lungi dal restare fortuite, diventerebbero «mirate» (e con cio' «indirette»), esigendo quindi l'autorizzazione preventiva della Camera, ai sensi dell'art. 4» [cfr. Corte costituzionale 25 marzo 2010 n. 113 (sent.)]. E, se e' vero che non puo' «giungersi ad ipotizzare una presunzione assoluta del carattere "indiretto" dell'intercettazione, basata sulla "elevata probabilita' che le intercettazioni, disposte in un procedimento che riguarda (anche) un parlamentare finiscano comunque per captarne le comunicazioni, ove pure il controllo venga effettuato su altri soggetti», nondimeno, in tale evenienza «il sospetto della elusione della garanzia e' piu' forte e ... l'ingresso del parlamentare nell'area di ascolto evoca con maggiore immediatezza, nell'autorita' giudiziaria, la prospettiva che la prosecuzione dell'attivita' di intercettazione su utenze altrui servira' (anche) a captare comunicazioni del membro del Parlamento, suscettibili di impiego a suo carico: ipotesi nella quale la captazione successiva di tali comunicazioni perde ogni "casualita'", per divenire mirata» [cfr. Corte costituzionale (sent.) n. 114/2010 cit.]. Alla luce della ricostruzione operata dalla giurisprudenza costituzionale e di legittimita', ricorrono nella fattispecie, i parametri per escludere il carattere «casuale» della captazione delle comunicazioni del parlamentare, stante la finalizzazione indiretta dell'attivita' di intercettazione o, in altre parole, lo sviamento della direzione dell'atto investigativo, che appare, chiaramente e proterviamente, volto ad eludere la garanzia costituzionale mirando, nella sostanza, comunque alla captazione delle comunicazioni del membro del Parlamento, «ponendo sotto controllo i suoi interlocutori abituali in un contesto tale da far ritenere che le intercettazioni siano indirettamente volte a captare le conversazioni del parlamentare» [cfr. Cass. pen. Sez. II, 16 novembre 2012]. II.2.7. - Nella specie, il Senato della Repubblica - come emerso nel corso del dibattito (seduta del 30 giugno 2022), in seno all'Assemblea parlamentare in esito al quale e' stato deciso di promuovere il presente giudizio - ha ritenuto, come testimoniato dall'approvazione, a larghissima maggioranza, intervenuta sia in seno alla Giunta delle Elezioni e delle Immunita' Parlamentari sia in seno all'Assemblea, di essere in presenza di una grave e macroscopica violazione delle prerogative connesse all'immunita' parlamentare di cui all'art. 68, comma 3, della Costituzione, operata mediante l'elusione, da parte dell'Autorita' giudiziaria competente, della corrispondente legge attuativa, essendosi mancato di richiedere l'autorizzazione preventiva per il compimento di atti di intercettazioni di comunicazioni «indirette» a carico di un parlamentare. Il disposto di cui all'art. 68, comma 3, della Costituzione e dell'art. 4, della legge n. 140/2003, e' stato sistematicamente eluso (rectius, ignorato) a piu' livelli dall'Autorita' giudiziaria: sia il P.M., che poteva investire della questione il G.I.P., sia lo stesso G.I.P., all'atto di disporre le intercettazioni, sia infine il G.U.P., che ha omesso di rilevare l'accaduto e di pronunciarsi sulla questione, dapprima rinviandola ad un momento successivo e, poi, completamente, obliterandola. A quest'ultimo proposito, si e' dato atto, nella narrativa, di come, nel corso del procedimento dinanzi al G.U.P., piu' volte, sia stata sollevata, in via principale, nel corso dell'udienza del 30 novembre 2021 (cfr. doc. n. 4), l'eccezione di inutilizzabilita' delle predette intercettazioni telefoniche, ai sensi dell'art. 68, comma 3, della Costituzione e dell'art. 4 della legge n. 140/2003, siccome acquisiste senza la preventiva autorizzazione del Senato, e di come il G.U.P., ritenendo di non essere tenuto a decidere anticipatamente, rispetto al merito, su detta eccezione abbia omesso di pronunciarsi, disponendo la prosecuzione del processo e riservando all'esito ogni decisione al riguardo. Detta eccezione e' stata ribadita in esito all'udienza di discussione del 16 febbraio 2022 (cfr. doc. n. 5) e, tuttavia, in data 1° marzo 2022, il G.U.P. ha emesso il decreto che dispone il giudizio (cfr. doc. n. 3), senza provvedere, ancora una volta, su detta eccezione. E, dunque, pur ricorrendone, in modo evidente, le condizioni, nella specie, e' stato scientemente e volutamente omesso, da parte dell'Autorita' giudiziaria, il rispetto sia del precetto costituzionale che della relativa disciplina attuativa. II.2.8. - Nella specie, dunque, vi e' stata una palese violazione della sfera di attribuzioni, quale delineata dall'art. 68, comma 3, della Costituzione e dell'art. 4 della legge n. 140/2003, posto che, in presenza di intercettazioni «indirette» a carico di un parlamentare, non spettava all'Autorita' giudiziaria procedere comunque al compimento del determinato atto d'indagine, senza prima chiedere l'autorizzazione della Camera di appartenenza, con la stretta e vincolata conseguenza dell'illegittimita' dei predetti atti che non potranno che essere annullati dall'intestata Corte. II.3.1. - Sempre, nel merito: in via subordinata, violazione e falsa applicazione dell'art. 68, comma 3, della Costituzione (siccome attuato dall'art. 6, comma 2, della legge 26 giugno 2003 n. 140). II.3.2. - Fermo quanto sopra esposto, in via gradata, va osservato che, anche ove le intercettazioni di cui trattasi, dovessero considerarsi come «casuali», in ogni caso l'autorita' competente (e, dunque, il P.M. o il G.I.P. o il G.U.P.) avrebbero comunque dovuto richiedere al Senato della Repubblica l'autorizzazione a procedere ai sensi dell'art. 6, comma 2 della legge n. 140/2003. II.3.3. - Tale norma, gia' trascritta nella narrativa in fatto, com'e' noto, disciplina la richiesta alla Camera d'appartenenza dell'autorizzazione all'utilizzo, in un giudizio, di un atto d'indagine gia' svolto che si caratterizzi per il suo carattere «casuale». L'art. 6, comma 2, della legge n. 140/2003, stabilisce che il G.I.P. (o meglio, come appresso chiarito dalla dottrina, «l'Autorita' che procede») qualora ritenga necessario utilizzare i «verbali e le registrazioni delle conversazioni o comunicazioni intercettate in qualsiasi forma nel corso di procedimenti riguardanti terzi, alle quali hanno preso parte membri del Parlamento, ovvero i tabulati di comunicazioni acquisiti nel corso dei medesimi procedimenti», nei confronti del parlamentare stesso, rispetto ai quali, proprio per il carattere imprevisto dell'interlocuzione, «l'Autorita' giudiziaria non avrebbe potuto, neanche volendo, munirsi preventivamente dell'Autorizzazione della Camera d'appartenenza», deve comunque chiedere, detta autorizzazione, successivamente. E' stato osservato, in dottrina, che il legislatore - nell'introdurre un sistema di tutela basato sulla distinzione tra intercettazioni «dirette» ed «intercettazioni mirate» (o «indirette»), soggette ad autorizzazione preventiva, ed intercettazioni «casuali», subordinate, per poter essere utilizzate, ad «autorizzazione successiva» - ha legittimamente realizzato un bilanciamento di interessi, tra quello al corretto svolgimento delle attivita' investigative e quello al libero esercizio della funzione parlamentare, aderente e rispettoso del dettato costituzionale. Il sistema cosi' delineato scongiura, infatti, il rischio che, attraverso la mancata iscrizione nel registro degli indagati e l'omesso apprezzamento di indici oggettivi attestanti il coinvolgimento del parlamentare nel procedimento che ha avuto oggetto, all'inizio, indagini nei confronti di terzi, venga eluso dall'Autorita' giudiziaria, il precetto costituzionale, di cui all'art. 68, comma 3, della Costituzione, posto a presidio della funzione parlamentare, riconducendo l'atto d'indagine al «caso» ed al «fortuito». II.3.4. - E, difatti, come anche recentemente ribadito dall'adita ecc.ma Corte, la previsione della necessaria autorizzazione successiva all'utilizzo dell'intercettazione della comunicazione di un parlamentare, in qualunque, forma acquisita, «non costituisce inammissibile lesione del principio di uguale soggezione alla legge; ma attuazione del pertinente trattamento richiesto dalla garanzia costituzionale», atteso che la ratio della garanzia prevista all'art. 68, comma 3, della Costituzione, «non mira a tutelare un diritto individuale, ma a proteggere la liberta' della funzione che il soggetto esercita, in conformita' alla natura stessa delle immunita' parlamentari, volte primariamente alla protezione dell'autonomia e dell'indipendenza decisionale delle Camere rispetto ad indebite invadenze di altri poteri, e solo strumentalmente destinate a riverberare i propri effetti a favore delle persone investite della funzione» [cfr. Corte costituzionale, 23 gennaio 2019 n. 38, che richiama la precedente pronuncia della consulta n. 9/1970]. E, proprio per questa ragione, e' stato chiarito che «la garanzia in esame puo' estendersi ad un atto investigativo idoneo a incidere sulla liberta' di comunicazione del parlamentare (...)», qual e' l'intercettazione di una comunicazione, perche' in tal caso, la capacita' intrusiva «assume significati ulteriori laddove siano in questione le comunicazioni di un parlamentare. Non gia' perche' la riservatezza del cittadino che e' altresi' parlamentare abbia un maggior valore, ma perche' la pervasivita' del mezzo d'indagine in questione puo' tradursi in fonte di condizionamenti sul libero esercizio della funzione» [cfr. Corte costituzionale (sent.) n. 38/2019 cit.]. L'intercettazione telefonica «casuale» (nel caso esaminato dall'adita Corte si trattava dell'utilizzo di un tabulato telefonico) «puo' infatti aprire squarci di conoscenza sui rapporti di un parlamentare, specialmente istituzionali» di ampiezza ben maggiore «rispetto alle esigenze di una specifica indagine e riguardanti altri soggetti (in specie, altri parlamentari) per i quali opera e deve operare la medesima tutela dell'indipendenza e della liberta' della funzione» (sentenza n. 188 del 2010)» [cfr. Corte costituzionale (sent.) n. 38/2019 cit.]. II.3.5. - E, dunque, nella fattispecie in esame, anche se si considerassero le intercettazioni eseguite a carico del parlamentare come intercettazioni «casuali», si dovrebbe constatare la grave e palese violazione dell'art. 68, comma 3, della Costituzione e dell'art. 6, comma 2, della legge n. 140/2003, denunciata in via gradata con il presente ricorso per conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato. Infatti, l'utilizzo probatorio nei confronti di un parlamentare di intercettazioni su utenze di terzi non puo' avvenire, senza l'autorizzazione successiva della Camera cui apparteneva, al momento in cui e' stata eseguita l'intercettazione, mentre nel caso di specie, come innanzi esposto, nel decreto che ha disposto il rinvio a giudizio del parlamentare, nonostante le numerose eccezioni sollevate in proposito, il decidente non ha tenuto conto di dette eccezioni, non ha affrontato la questione e non ne ha motivato il rigetto e, anzi, ha posto a fondamento dell'imputazione, n. 113 intercettazioni delle 126 ritenute «rilevanti» dal P.M., in esito ad oltre 500 captazioni avvenute in tre anni di indagine sulle utenze di terzi ed il parlamentare che era in carica. II.3.6. - Nella specie, infatti, l'autorizzazione all'utilizzazione delle intercettazioni, ove fossero state ritenute «casuali», ben avrebbe potuto essere richiesta sia dal G.I.P. (trattandosi di questione di cui quest'ultimo avrebbe dovuto essere investito dal P.M.) che dal G.U.P.. E, difatti, sebbene l'art. 6, comma 2, della legge n. 140/2003, menzioni espressamente solo il G.I.P., quale autorita' competente a chiedere detta autorizzazione, si deve comunque ritenere, che la stessa spetti all'autorita' procedente, atteso che, diversamente opinando, come osservato dalla migliore dottrina, potrebbe essere facilmente eluso (se non addirittura ignorato) ancora una volta il dettato normativo.
P.Q.M. Alla luce delle considerazioni che precedono, il Senato della Repubblica solleva conflitto di attribuzioni fra i poteri dello Stato, nei confronti dell'Autorita' giudiziaria e, in particolare, nei confronti della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino, dell'Ufficio del giudice per le indagini preliminari e dell'Ufficio del giudice per l'udienza preliminare presso il Tribunale Torino, ai sensi dell'art. 134 della Costituzione, dell'art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87 e dell'art. 26 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale del 7 ottobre 2008 (Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana 7 novembre 2008 n. 261) e successive modificazioni ed integrazioni, e per l'effetto, ricorre all'adita ecc.ma Corte costituzionale, affinche', previa declaratoria di ammissibilita', voglia con le conseguenze di natura processuale che tale decisione comporta: 1) - dichiarare che non spettava all'Autorita' giudiziaria e, in particolare, alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino ed al Giudice delle indagini preliminari prima, ed al Giudice dell'udienza preliminare, poi, disporre e fare eseguire o utilizzare, senza l'autorizzazione della Camera d'appartenenza, le intercettazioni di un parlamentare, in violazione dell'art. 68, comma 3, della Costituzione e degli articoli 4 o 6, commi 2 e ss., della legge 20 giugno 2003, n. 140 e, per l'effetto, rendere ogni consequenziale statuizione, e, in particolare: 2) - annullare la richiesta di rinvio a giudizio della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino nei confronti dell'on. Stefano Esposito del 29 luglio 2021, nell'ambito del procedimento penale n. 24047/2015 R.G.N.R. - n. 1900/2021 R.G. G.I.P. [al quale risultavano stati riuniti i procedimenti penali n. 5194/2017 R.G.N.R., 7945/2015 R.G.N.R. e n. 23254/2019, R.G.N.R. (gia' procedimento penale n. 85108/2014 R.G.N.R. - Mod. 44)] e gli atti di indagine che l'hanno preceduta, siccome acquisite in violazione dell'art. 4 della legge n. 140/2003; 3) - in ogni caso, annullare il decreto di rinvio a giudizio del Giudice per l'udienza preliminare presso il Tribunale di Torino nei confronti dell'on. Stefano Esposito del 1° marzo 2022, nell'ambito del procedimento penale n. 24047/2015 R.G.N.R. - n. 1900/2021 R.G. G.I.P., siccome emesso in violazione dell'art. 6. commi 2 e ss., della legge n. 140/2003 ss.ss. Roma, 21 settembre 2022 Avv. Frisina - Avv. Mercurio L'ammissibilita' del presente conflitto e' stata decisa con ordinanza n. 62/2023 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale - 1ª Serie speciale - n. 15 del 12 aprile 2023.