N. 113 ORDINANZA (Atto di promovimento) 22 maggio 2023

Ordinanza del 22 maggio 2023 del Tribunale di Padova nel procedimento
civile promosso da  ASGI  -  Associazione  per  gli  Studi  Giuridici
sull'Immigrazione e altri contro il Comune di Venezia  e  la  Regione
Veneto.. 
 
Edilizia e urbanistica  -  Assegnazione  di  alloggi  -  Norme  della
  Regione Veneto -  Previsione  che  annovera,  tra  i  requisiti  di
  accesso al servizio, la residenza anagrafica nel Veneto  da  almeno
  cinque anni, anche non consecutivi e calcolati negli  ultimi  dieci
  anni. 
- Legge della Regione Veneto 3 novembre 2017, n. 39 (Norme in materia
  di edilizia residenziale pubblica), art. 25, comma 2, lettera a). 
(GU n.37 del 13-9-2023 )
 
                     TRIBUNALE CIVILE DI PADOVA 
                             Sezione II 
 
    Il giudice dott. Alberto  Stocco  nella  causa  rubricata  al  n.
6671/2022, promossa da: 
        ASGI - Associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione
APS (C.F. 97086880156)  con  gli  avvocati  Alberto  Guariso  e  Dora
Zappia; 
        Razzismo Stop Onlus (C.F. 92073660281) con l'avvocato Ferrero
Marco; 
        Sunia  -  Federazione  di  Padova  (C.F.   80035260282)   con
l'avvocato Luigi Prete; 
        G... F...  G...  A...  (C.F.  ...)  con  gli  avvocati  Irene
Marchioro e Chiara Roverso; 
        N. .. R... S... (C.F. ...); 
        E... J... (C.F. ...) con l'avvocato Francesco Mason; 
    Ricorrenti nei confronti di: 
        Regione  del  Veneto  (C.F.  02392630279)  in   persona   del
Presidente pro tempore con l'avvocato Munari Tito; 
        Comune di Venezia (P.I. 00339370272), in persona del  sindaco
pro tempore con gli  avvocati  Antonio  Iannotta,  Nicoletta  Ongaro,
Federico Trento; 
    Convenuti ha pronunciato fuori udienza la seguente ordinanza. 
    1. ASGI - Associazione per gli studi giuridici  sull'immigrazione
APS, Razzismo Stop Onlus, Sunia - Federazione di  Padova,  G...  A...
G... F..., R... S... N. .., J... E...  hanno  agito  in  giudizio  ai
sensi degli articoli 28 del decreto legislativo n. 150/2011 e 702-bis
del codice di procedura civile nei confronti della Regione del Veneto
e del Comune di Venezia rassegnando le seguenti conclusioni: 
        «dichiarare  rilevante  e  non  manifestamente  infondata  la
questione di costituzionalita' dell'art. 25,  comma  2,  lettera  a),
della legge  regionale  del  Veneto  3  novembre  2017,  n.  39,  per
violazione degli articoli 3  e  117,  comma  1,  della  Costituzione,
quest'ultimo con riferimento all'art. 34 CDFUE e  all'art.  12  della
direttiva 2011/98 e art. 11 della direttiva  2003/109  (ove  ritenute
non dotate di efficacia diretta)  nella  parte  in  cui  richiede  il
requisito di cinque anni di residenza o  attivita'  lavorativa  negli
ultimi dieci nella regione al fine dell'accesso alle graduatorie  per
alloggi  ERP;  e  conseguentemente  rimettere  gli  atti  alla  Corte
costituzionale per il relativo giudizio; 
        b. accertare e dichiarare il carattere discriminatorio  della
condotta tenuta  dagli  enti  convenuti  e  consistente  quanto  alla
Regione del Veneto nell'avere  approvato  e  emanato  il  regolamento
regionale n. 4/2018: 
        b1)  nella  parte  in  cui,  all'art.  4,  comma  1,   impone
l'applicazione dei requisiti di cui all'art. 25 della legge regionale
n. 39/2017, ivi compreso quello della pregressa residenza o attivita'
lavorativa quinquennale in Veneto; 
        b2) nella parte in cui, all'art.  8,  comma  2,  lettera  f),
prevede l'attribuzione di punteggi aggiuntivi a chi  abbia  risieduto
per oltre dieci anni e per oltre trenta anni in Veneto; 
        quanto al Comune di Venezia nell'aver approvato e emanato  il
bando 2022; 
        b3) nella parte in cui ha previsto il requisito di  pregressa
residenza quinquennale in Veneto; 
        b4)  nella  parte  in  cui  ha  previsto   il   criterio   di
attribuzione del punteggio di cui sopra al punto b2) 
        b5) nella parte in cui ha inserito  l'ulteriore  criterio  di
attribuzione del punteggio della residenza nel Comune di Venezia  per
oltre quindici e per oltre venticinque anni. 
        E conseguentemente adottare ogni provvedimento necessario  al
fine di rimuovere la predetta discriminazione  e  farne  cessare  gli
effetti e pertanto, occorrendo nell'ambito del piano di rimozione  di
cui all'art. 28 del decreto legislativo n. 150/2011; 
        c. ordinare 
        alla Regione Veneto: 
          di  modificare  il  regolamento  eliminando  le  previsioni
oggetto dell'accertamento  di  cui  ai  punti  b1  e  b2  e  comunque
qualsiasi clausola che impedisca  l'accesso  alle  graduatorie  sulla
base  degli  anni  di  residenza  pregressi  nella  regione   o   che
attribuisca punteggi sulla base della mera residenza nella regione; 
        al Comune di Venezia: 
          di modificare il bando 2022, eliminando le clausole oggetto
dell'accertamento di cui al precedente capo b3, b4)  b5)  e  comunque
qualsiasi clausola che impedisca  l'accesso  alle  graduatorie  sulla
base  degli  anni  di  residenza  pregressi  nella  regione   o   che
attribuisca punteggi sulla base della mera residenza nella regione; 
          di  riaprire  i  termini  di  presentazione  delle  domande
secondo le nuove regole risultanti dalla eliminazione delle  predette
clausole, con un termine  per  le  domande  non  inferiore  a  quello
originario; 
        d. dato atto che le statuizioni richieste sub c) attengono  a
obblighi di fare infungibili, condannare le amministrazioni convenute
a pagare alle associazione ricorrenti, ai sensi dell'art. 614-bis del
codice di procedura civile, euro 100,00 per ogni  giorno  di  ritardo
nell'adempimento  integrale  con  decorrenza  dal  trentesimo  giorno
successivo alla notifica della emananda ordinanza; 
        d. condannare la Regione Veneto e il Comune  di  Venezia,  in
solido fra loro o in via  disgiuntiva  per  la  parte  di  rispettiva
competenza, nel solo caso in cui al momento della  sentenza  le  case
risultassero gia' assegnate o non fosse possibile la riapertura della
graduatoria, a risarcire il danno non  patrimoniale  derivante  dalla
discriminazione di cui al  punto  a),  danno  da  liquidarsi  in  via
equitativa , anche in relazione al  tempo  che  sara'  intercorso  al
momento della decisione e agli alloggi assegnati nelle more secondo i
criteri che risulteranno illegittimi,  indicandosi  sin  d'ora  quale
limite minimo la somma di euro 10.000  per  ciascuna  associazione  e
comunque un importo che risulti effettivamente dissuasivo; 
        e. condannare la Regione del Veneto e il Comune  di  Venezia,
in solido fra loro o in via disgiuntiva per la  parte  di  rispettiva
competenza a risarcire ai ricorrenti  il  danno  patrimoniale  e  non
patrimoniale  conseguente  alla  illegittima  esclusione,  pagando  a
ciascuno di essi una somma  non  inferiore  a  euro  300  (ovvero  la
diversa somma ritenuta di giustizia) per ogni mese intercorso tra  il
momento in cui sarebbe stato loro assegnato un alloggio e  quello  di
effettiva assegnazione. 
        d.  ordinare  la  pubblicazione  dell'emanando  provvedimento
sulla home page del sito istituzionale  dell'amministrazione  per  un
minimo di giorni trenta, nonche' su un giornale a tiratura nazionale,
con caratteri doppi di quelli normalmente utilizzati». 
    1.1.  A  sostegno  delle  proprie  domande  i  ricorrenti   hanno
rappresentato: 
        che con delibera n. 139 del  30  giugno  2022  il  Comune  di
Venezia ha approvato il «bando  di  concorso  per  l'assegnazione  di
alloggi di edilizia residenziale pubblica  anno  2022  sotto  ambiti:
Venezia centro storico e isole; terra ferma veneziana»; 
        che i requisiti di partecipazione indicati dal bando  sono  i
medesimi previsti  dall'art.  25  della  legge  regionale  Veneto  n.
39/2017  (recante  «Norme  in  materia   di   edilizia   residenziale
pubblica»), richiamati  e  integrati  dal  regolamento  regionale  10
agosto 2018, n. 4, rubricato «Regolamento  regionale  in  materia  di
edilizia residenziale pubblica. Art. 49, comma 2, legge  regionale  3
novembre 2017, n. 39»; 
        che fra i requisiti richiesti vi e'  quello  che  prevede  la
«residenza anagrafica nel Veneto da almeno  cinque  anni,  anche  non
consecutivi e calcolati negli ultimi dieci,  fermo  restando  che  il
richiedente deve essere, comunque, residente nel Veneto alla scadenza
del bando» (art. 25, comma 2, lettera a); 
        che si tratta di requisito di carattere escludente, in quanto
impedisce ai soggetti, italiani o stranieri,  privi  della  residenza
quinquennale in Veneto di presentare domanda in  relazione  al  bando
emanato dal Comune di Venezia; 
        che i ricorrenti G... A... G... F..., R...  S...  N...,  J...
E..., in possesso di tutti i requisiti di cittadinanza e  di  reddito
richiesti dal bando, ma non di quello della residenza quinquennale in
Veneto, sono stati costretti a presentare domanda  di  partecipazione
al bando a mezzo  pec,  in  quanto  la  presentazione  della  domanda
on-line  (secondo  la  procedura  prevista  dal   bando)   richiedeva
necessariamente di dichiarare la residenza quinquennale in regione; 
        che la predetta  clausola  escludente  -  cosi'  come  alcuni
criteri  di  attribuzione  del  punteggio  previsti  nel  regolamento
regionale 10 agosto 2018, n. 4, e nel bando -  si  risolvono  in  una
discriminazione collettiva, in relazione a  tutti  coloro  che  hanno
partecipato al bando e sono stati esclusi o pretermessi a causa delle
clausole in questione o quelli  che  non  hanno  neppure  chiesto  di
partecipare in quanto dissuasi dalla presenza delle predette clausole
, ed individuale, in relazione ai ricorrenti  G...  A...  G...  F...,
R... S... N..., J... E..., esclusi dal bando  in  esame  e  da  tutti
quelli successivi, in quanto  privi  del  requisito  della  residenza
quinquennale; 
        che in ordine alle azioni civili  contro  la  discriminazione
sussiste  la  giurisdizione  del   GO,   estesa   anche   agli   atti
discriminatori posti in essere dalla PA, come  affermato  piu'  volte
dalla giurisprudenza sia di legittimita' che costituzionale; 
        che nell'ambito del giudizio contro  la  discriminazione  ben
puo' venire in rilievo una questione  di  costituzionalita',  ove  la
discriminazione si risolva nell'applicazione da parte della PA di una
legge ritenuta illegittima perche' contraria a Costituzione; 
        che in analoga fattispecie, riguardante  la  legge  regionale
Lombardia 8 luglio 2016, n. 16, la Corte costituzionale ha dichiarato
incostituzionale  la  disposizione  della  legge  regionale  volta  a
prevedere il requisito  della  residenza  quinquennale  previsto  per
l'accesso ai servizi di edilizia  residenziale  pubblica,  in  quanto
contrario all'art. 3, comma 1 e comma 2, della Costituzione (sentenza
n. 44/2020, alla quale hanno fatto seguito ulteriori sentenze volte a
dichiarare l'incostituzionalita' di requisiti  analoghi  previsti  da
altre leggi regionali); 
        che il requisito previsto dall'art. 25, comma  2,  lettera  a
della legge regionale del Veneto n. 39/2017 e' affetto  dai  medesimi
vizi gia' riscontrati dalla Corte costituzionale in casi  analoghi  e
che  per  tale  motivo  la  questione  di  costituzionalita'   appare
rilevante e non manifestamente infondata, anche sotto il profilo  del
divieto di discriminazione  per  motivi  di  nazionalita'  (salva  la
lettura  costituzionalmente  orientata  della  norma  da  parte   del
Tribunale adito); 
        che anche la  disciplina  dei  criteri  di  assegnazione  del
punteggio dettata nel regolamento regionale 10  agosto  2018,  n.  4,
deve  ritenersi  illegittima  in  quanto  discriminatoria,  ma   che,
trattandosi di  fonte  di  rango  secondario,  e'  possibile  per  il
Tribunale adito rimuovere la  discriminazione  collettiva  attraverso
l'ordine di modifica del regolamento e  del  bando,  assistito  dalla
misura di coercizione indiretta di cui all'art. 614-bis del codice di
procedura civile. 
    2. Costituitasi in giudizio, la Regione del Veneto ha chiesto  il
rigetto ovvero la  declaratoria  di  inammissibilita'  delle  domande
svolte dai ricorrenti, eccependo: 
        che il requisito della  residenza  quinquennale  posto  dalla
legge regionale del Veneto n. 39/2017 non puo' ritenersi contrario  a
Costituzione, in quanto attribuisce garanzia di stabilita' in  ordine
alla assegnazione degli alloggi  pubblici,  come  affermato  in  piu'
occasioni dalla stessa Corte costituzionale, ed opera  nei  confronti
tanto dei cittadini italiani che degli stranieri; 
        che  peraltro  il  requisito  della  residenza   quinquennale
previsto dalla legge regionale del Veneto puo' essere maturato  anche
in forma discontinua nell'ambito di un lasso temporale di dieci anni; 
        che  deve  inoltre  essere  valorizzato   il   principio   di
proporzionalita' temporale nell'accesso ad  alcuni  diritti  sociali,
quale  punto  di  equilibrio  tra  l'interesse  a   privilegiare   la
distribuzione delle risorse ai membri della comunita'  e  l'interesse
di chi si sposta da un territorio ad un altro (o da  una  regione  ad
un'altra) a vedere rispettata comunque la propria dignita'  sia  come
singolo  sia  nelle  relazioni  sociali  all'interno  del  territorio
stabilito dal soggetto; 
        che  tali  considerazioni  assorbono   anche   le   ulteriori
questioni  poste  dai  ricorrenti  in   relazione   ai   criteri   di
assegnazione del  punteggio  dettati  nel  regolamento  regionale  10
agosto 2018, n. 4. 
    3. Anche il Comune  di  Venezia,  costituitosi  in  giudizio,  ha
chiesto il rigetto delle domande proposte dai ricorrenti, eccependo: 
        che i ricorrenti persone fisiche devono  ritenersi  privi  di
interesse ad agire, non avendo inoltrato domanda di partecipazione al
bando nelle forme da questo previste, ma soltanto a mezzo pec; 
        che, essendo  i  tre  ricorrenti  persone  fisiche  privi  di
interesse ad agire, anche le associazioni ricorrenti devono ritenersi
prive  di  un  interesse  ad  agire  concreto  e  attuale  in  ordine
all'azione proposta, mancando  il  legame  tra  enti  esponenziali  e
concreta vicenda di fatto che necessita di tutela; 
        che le considerazioni dei ricorrenti  relativi  al  carattere
discriminatorio  del  requisito  della  residenza  quinquennale   non
risultano convincenti; 
        che  la  domanda   risarcitoria   proposta   deve   ritenersi
infondata, in quanto, anche ammettendo a partecipare al bando  i  tre
ricorrenti persone fisiche, non vi sarebbe  comunque  certezza  della
assegnazione agli stessi di un alloggio popolare, e in ogni caso  non
potrebbe ravvisarsi una responsabilita' dell'ente comunale, obbligato
ad applicare la legge regionale del Veneto. 
    Alla udienza del 9 marzo 2023 il giudice ha assegnato alle  parti
termine di dieci giorni per il deposito di brevi note scritte  ed  ha
quindi trattenuto la causa in riserva. 
    4. Preliminarmente va evidenziato che sussiste  la  giurisdizione
del giudice ordinario in ordine alla presente controversia. 
    Si   tratta,   infatti,   di   controversia   in    materia    di
discriminazione, che spetta alla cognizione del GO in quanto  involge
la tutela di una posizione di diritto soggettivo, anche nel  caso  in
cui la discriminazione sia attuata attraverso un provvedimento  della
pubblica amministrazione. 
    L'assunto puo' ritenersi pacifico, tenuto conto dell'orientamento
piu' volte espresso dalla giurisprudenza di legittimita' in  base  al
quale  «il  diritto  a  non  essere  discriminati  si  configura,  in
considerazione del quadro  normativo  costituzionale  (art.  3  della
Costituzione),  sovranazionale  (direttiva  2000/43/CE)  ed   interno
(articoli 3 e 4 del  decreto  legislativo  9  luglio  2003,  n.  215,
nonche' l'art. 44 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286)  di
riferimento, come  un  diritto  soggettivo  assoluto  da  far  valere
davanti al giudice  ordinario,  a  nulla  rilevando  che  il  dedotto
comportamento discriminatorio consista  nell'emanazione  di  un  atto
amministrativo. Il giudice  ordinario  deve,  infatti,  limitarsi  «a
decidere la controversia valutando  il  provvedimento  amministrativo
denunziato,  disattendendolo  "tamquam  non  esset"  e  adottando   i
conseguenti  provvedimenti  idonei  a  rimuoverne  gli  effetti,  ove
confermato lesivo del principio di non discriminazione od  integrante
gli estremi della illegittima reazione,  senza  tuttavia  interferire
nelle potesta' della p.a., se non nei consueti e  fisiologici  limiti
ordinamentali della disapplicazione incidentale ai fini della  tutela
dei  diritti  soggettivi  controversi»  (cfr.  Cassazione  civile  n.
3842/2021, che riprende Cassazione sentenza unica n. 3670/2011). 
    Tale orientamento, espresso  prima  dell'entrata  in  vigore  del
decreto legislativo n. 150/2011, conserva tuttora il proprio  valore,
posto che l'art. 28 del decreto legislativo n. 150/2011 stabilisce al
comma 1 che «Le controversie in materia  di  discriminazione  di  cui
all'art. 44 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, quelle di
cui all'art. 4 del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215,  quelle
di cui all'art. 4 del decreto legislativo  9  luglio  2003,  n.  216,
quelle di cui all'art. 3 della legge 1° marzo 2006, n. 67,  e  quelle
di cui all'art. 55-quinquies del decreto legislativo 11 aprile  2006,
n. 198, sono regolate  dal  rito  sommario  di  cognizione,  ove  non
diversamente disposto dal presente articolo» e al comma  5  che  «Con
l'ordinanza che definisce il giudizio il giudice puo'  condannare  il
convenuto al risarcimento del danno anche non patrimoniale e ordinare
la  cessazione  del  comportamento,  della   condotta   o   dell'atto
discriminatorio pregiudizievole, adottando, anche nei confronti della
pubblica  amministrazione,  ogni   altro   provvedimento   idoneo   a
rimuoverne gli effetti». 
    Sussiste, pertanto,  la  giurisdizione  del  Tribunale  adito  in
relazione alle domande proposte dai ricorrenti (mentre ogni questione
relativa all'ampiezza dei poteri che spettano al giudice ordinario al
fine di rimuovere la discriminazione quando questa sia prodotta da un
atto  della  pubblica  amministrazione  va  riservata   all'ordinanza
decisoria della controversia). 
    5. In secondo  luogo  va  esaminata  l'eccezione  di  difetto  di
interesse ad agire dei ricorrenti sollevata dal comune convenuto. 
    In relazione ai tre  ricorrenti  persone  fisiche  il  comune  ha
affermato  che  «Il  ricorso  appare  inammissibile  per  carenza  di
interesse in quanto i tre ricorrenti non hanno partecipato  al  bando
ERP di cui oggi si discute, non avendo presentato la domanda  secondo
le modalita'  indicate  nel  bando  stesso  e,  cioe',  la  procedura
on-line,  accedendo  al   portale   informatico   regionale   o,   in
alternativa, compilando  la  domanda  presso  gli  uffici  di  Insula
S.p.a., previo appuntamento» (p. 2 delle note scritte  depositate  in
data 20 marzo 2023). 
    Quanto agli enti ricorrenti, la convenuta  ha  eccepito  che  «la
carenza di interesse ex art. 100 del codice di procedura civile delle
tre  persone  fisiche  fa  venir   meno   anche   l'interesse   delle
associazioni oggi ricorrenti» (p. 2 delle note scritte depositate  in
data 20 marzo 2023). 
    L'eccezione e' infondata. 
    Sebbene sia pacifico che i ricorrenti G... A... G...  F...,  R...
S... N... e J... E... non hanno presentato domanda di  partecipazione
al bando attraverso le modalita' da questo previste (ossia attraverso
la  compilazione  di  apposita  domanda  on-line),  in  quanto  hanno
presentato domanda a mezzo pec allegando i documenti necessari (fatto
pacifico, perche' non contestato  specificamente  dal  comune),  deve
comunque ravvisarsi un interesse ad agire in capo agli stessi. 
    Va infatti osservato che nel caso di specie si verte  in  ipotesi
di azione contro la discriminazione, per sua natura caratterizzata da
un  particolare  petitum,  in  quanto  volta   all'accertamento   del
carattere discriminatorio di un comportamento, di una condotta  o  di
un atto e alla rimozione degli effetti pregiudizievoli prodotti. 
    Se cosi' e', deve allora ritenersi  che  gli  odierni  ricorrenti
siano  titolari  di  un  interesse  ad  agire  attuale   e   concreto
indipendentemente dalla presentazione della domanda di partecipazione
al bando, considerato che e' la stessa  previsione  di  un  requisito
«escludente»  (quale  il  requisito   che   richiede   la   residenza
quinquennale nella regione) a tradursi nella lesione del diritto  dei
ricorrenti alla parita' di trattamento in relazione all'accesso  alle
abitazioni di edilizia residenziale pubblica, in quanto li esclude in
via immediata dalla platea dei soggetti che  possono  partecipare  al
bando. 
    In altre parole, la lesione della posizione giuridica  soggettiva
dei ricorrenti risulta gia' consumata con la semplice previsione  nel
bando di un  requisito  «immediatamente  escludente»  ritenuto  dagli
stessi illegittimo perche' discriminatorio; considerazione che induce
a ravvisare l'interesse dei ricorrenti ad agire in giudizio  al  fine
di ottenere un risultato utile,  giuridicamente  apprezzabile  e  non
conseguibile senza l'intervento del giudice, ossia l'accertamento del
carattere discriminatorio e illegittimo  della  previsione  contenuta
nel bando e la  rimozione  delle  conseguenze  pregiudizievoli  dalla
stessa derivanti. 
    Peraltro va osservato che la procedura informatica  prevista  dal
bando richiedeva di attestare, con assunzione  della  responsabilita'
anche penale prevista dall'art. 76 del decreto del  Presidente  della
Repubblica n. 445/2000, la titolarita'  della  «residenza  anagrafica
nel Veneto da almeno cinque anni, anche non consecutivi  e  calcolati
negli ultimi dieci anni,  fermo  restando  che  il  richiedente  deve
essere, comunque, residente nel Veneto  alla  data  di  scadenza  del
bando di concorso» (doc. 19 depositato dai ricorrenti). 
    I ricorrenti, pertanto, per poter inoltrare le rispettive domande
nelle forme previste dal bando, avrebbero dovuto dichiarare il falso,
attestando falsamente di  essere  in  possesso  del  requisito  della
residenza quinquennale. 
    Tale considerazione da un lato evidenzia l'inesigibilita'  per  i
ricorrenti della presentazione delle domande nelle forme previste dal
bando, in considerazione delle rilevanti conseguenze penali  previste
in caso di  dichiarazioni  mendaci;  dall'altro,  induce  a  ritenere
legittima la presentazione delle domande di partecipazione  al  bando
con modalita' equipollenti, ossia attraverso l'invio di una pec o  di
una raccomandata a.r. (come verificatosi nel caso di specie). 
    L'eccezione di difetto di interesse ad agire dei ricorrenti  G...
A... F..., R... S... N... e J... E... deve pertanto essere respinta. 
    Quanto agli enti ricorrenti, va osservato che  gli  stessi  hanno
agito in giudizio denunciando  l'effetto  discriminatorio  derivante,
per  la  generalita'  dei  soggetti  illegittimamente  esclusi  dalla
partecipazione al bando, dalla previsione della legge  regionale  che
impone il requisito della residenza quinquennale per  l'accesso  agli
alloggi di edilizia residenziale pubblica. 
    In particolare, gli enti  ricorrenti  hanno  esercitato  l'azione
antidiscriminatoria  collettiva  prevista  dall'art.  5  del  decreto
legislativo. n. 215/2003 e dall'art. 5 del  decreto  legislativo.  n.
216/2003 (come modificato con legge 23 dicembre 2021, n. 238) al fine
di tutelare l'interesse di tutti i  soggetti,  non  immediatamente  e
direttamente   identificabili,   a   non    subire    discriminazioni
nell'accesso a beni e servizi, incluso l'alloggio, in  ragione  della
nazionalita'. 
    Tanto premesso, va osservato che l'interesse ad  agire  di  ASCI,
Razzismo Stop Onlus e Sunia deve ritenersi sussistente  nella  misura
in  cui  l'accoglimento  del  ricorso  -   previa   declaratoria   di
incostituzionalita' dell'art. 25, comma 2, lettera  a),  della  legge
regionale Veneto 3 novembre 2017, n. 39 - comporta la  rimozione  del
requisito della residenza quinquennale per l'accesso agli alloggi  di
edilizia residenziale pubblica e  l'ammissione  alle  graduatorie  di
tutti coloro che risultano privi di tale requisito. In altre  parole,
il  risultato  vantaggioso,   giuridicamente   apprezzabile   e   non
conseguibile senza l'intervento del  giudice  che  sorregge  l'azione
collettiva degli enti ricorrenti va ravvisato proprio nella rimozione
della condotta discriminatoria attuata tramite la  riproduzione,  nel
regolamento regionale n. 4/2018 e nel bando  emanato  dal  Comune  di
Venezia, della norma delle legge regionale ritenuta incostituzionale,
e delle conseguenze pregiudizievoli dalla stessa derivanti in capo  a
tutti i soggetti esclusi dalla partecipazione al bando perche'  privi
del requisito della residenza quinquennale. L'eccezione di difetto di
interesse ad  agire  degli  enti  ricorrenti  deve  dunque  ritenersi
infondata. 
    6.  Tanto  premesso  in  ordine  alle   eccezioni   pregiudiziali
sollevate dai convenuti, va  osservato  che  i  ricorrenti  lamentano
l'esistenza  di  una   discriminazione   indiretta,   individuale   e
collettiva, derivante dalla  applicazione  da  parte  del  Comune  di
Venezia e della Regione del Veneto, dell'art. 25,  comma  2,  lettera
a), della legge regionale Veneto 3 novembre 2017, n. 39, disposizione
che prevede il requisito della residenza quinquennale in  Veneto  per
l'accesso agli alloggi di edilizia residenziale pubblica («I soggetti
di cui al comma 1 devono, inoltre, essere in  possesso  dei  seguenti
requisiti: 
        a) residenza anagrafica nel Veneto  da  almeno  cinque  anni,
anche non consecutivi e calcolati  negli  ultimi  dieci  anni,  fermo
restando che il richiedente  deve  essere,  comunque,  residente  nel
Veneto alla data di scadenza del bando di concorso»). 
    I ricorrenti,  in  particolare,  sul  presupposto  del  carattere
discriminatorio di tale  previsione,  censurano  la  condotta  tenuta
dalla Regione del  Veneto  e  dal  Comune  di  Venezia,  consistente,
rispettivamente,  nell'avere  approvato  e  emanato  il   regolamento
regionale n. 4/2018 nella parte in cui, all'art. 4  comma  1,  impone
l'applicazione dei requisiti di cui all'art. 25 della legge regionale
n. 39/2017 e nell'aver approvato e emanato il «bando di concorso  per
l'assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica anno 2022
sotto ambiti: Venezia centro storico e isole; terra ferma veneziana»,
nella parte in cui ha previsto il requisito  di  pregressa  residenza
quinquennale in Veneto. A tale proposito i ricorrenti  richiamano  le
considerazioni svolte dalla Corte costituzionale  nella  sentenza  n.
44/2020, con  la  quale  e'  stata  dichiarata  l'incostituzionalita'
dell'art. 22, comma 1, lettera b), della legge regionale Lombardia  8
luglio 2016 n. 16 nella parte in cui prevedeva che  «(i)  beneficiari
dei servizi abitativi pubblici devono avere i seguenti requisiti:  b)
residenza anagrafica o svolgimento di attivita' lavorativa in Regione
Lombardia  per  almeno  cinque  anni   nel   periodo   immediatamente
precedente la data di presentazione della domanda» per contrasto  con
l'art. 3,  comma  1  e  comma  2,  della  Costituzione,  evidenziando
l'analogia tra la questione sottoposta alla Corte  e  quella  oggetto
della presente controversia. 
    I ricorrenti censurano, altresi',  alcune  previsioni,  contenute
nel regolamento e nel bando, che prevedono l'attribuzione di punteggi
aggiuntivi in ragione della prolungata residenza in Veneto. 
    Tra le due questioni sollevate dai  ricorrenti  la  prima  assume
carattere preliminare, atteso che il mancato possesso  del  requisito
della  residenza  quinquennale  rende  irrilevante   ogni   questione
relativa all'attribuzione del punteggio, in quanto impedisce  di  per
se' la partecipazione al bando e cosi' l'accesso ai servizi abitativi
pubblici  (peraltro  l'eventuale  carattere   discriminatorio   delle
previsioni del regolamento  e  del  bando  di  concorso  relative  ai
criteri  di  attribuzione  del  punteggio   puo'   essere   accertato
direttamente  da  questo  giudice,  trattandosi  di  fonte  normativa
secondaria). 
    La valutazione relativa alla  proporzionalita'  e  ragionevolezza
della previsione dettata dalla  legge  regionale  Veneto  3  novembre
2017, n. 39 - poi trasfusa nel regolamento regionale n. 4/2018 e  nel
bando 2022 emanato dal Comune di Venezia -  assume  dunque  carattere
del tutto preliminare  rispetto  all'esame  della  seconda  questione
evidenziata dai ricorrenti (relativa alle  clausole  attributive  del
punteggio). 
    Al fine di sostenere le proprie ragioni i  ricorrenti  denunciano
l'incostituzionalita' della previsione della  residenza  quinquennale
contenuta art. 25, comma 2, lettera a), della legge regionale  Veneto
3 novembre 2017, n. 39, per violazione dell'art 3 della  Costituzione
e,  in  subordine,  dell'art.  117,  comma  1,   della   Costituzione
(quest'ultimo con riferimento all'art. 34 CDFUE,  all'art.  12  della
direttiva 2011/98 e all'art. 11 della direttiva 2003/109). 
    Secondo la prospettazione  dei  ricorrenti,  in  particolare,  la
declaratoria  di  incostituzionalita'  della  predetta   disposizione
normativa consentirebbe di accertare ex post (ossia  nell'ambito  del
presente giudizio,  una  volta  che  la  Corte  costituzionale  abbia
dichiarato incostituzionale la norma)  il  carattere  discriminatorio
del regolamento regionale n. 4/2018 e  del  bando  2022  emanato  dal
Comune di Venezia, nella parte in cui, recependo il  requisito  della
residenza quinquennale in mancanza della base normativa rappresentata
dall'art. 25 comma 2, lettera a), della legge regionale  del  Veneto,
attuano una irragionevole e ingiustificata  restrizione  nell'accesso
agli alloggi di edilizia residenziale pubblica. 
    Si tratta di prospettazione  in  linea  con  l'orientamento  piu'
volte espresso dalla  giurisprudenza,  sia  di  legittimita'  che  di
merito, in base al quale l'azione civile contro la discriminazione e'
esperibile anche qualora una illegittima  disparita'  di  trattamento
sia prevista da una legge nazionale e l'azione venga proposta al fine
di sollevare una questione di costituzionalita' (cfr.  fra  le  altre
Cassazione S.U. n.  7951/2016;  Corte  App.  Milano  25  marzo  2019;
Tribunale Milano 27 luglio 2020). 
    7.  Tanto  chiarito,   va   osservato   che   la   questione   di
costituzionalita' sollevata dai ricorrenti non  puo'  essere  risolta
attraverso una interpretazione costituzionalmente orientata dell'art.
25 comma 2, lettera a), della legge regionale Veneto 3 novembre 2017,
n. 39. 
    E'  noto,  infatti,  che  prima  di  sollevare   l'incidente   di
costituzionalita' il giudice a quo deve verificare la possibilita' di
interpretare la disposizione censurata in modo da renderla rispettosa
della Costituzione; soltanto nel  caso  in  cui  il  giudice  ritenga
impossibile fornire una interpretazione secundum constitutionem della
norma, diviene necessaria la rimessione della  questione  alla  Corte
costituzionale (cfr., fra le altre, Corte costituzionale n. 356/1996;
308/2008; 113/2015). 
    Tale obbligo, tuttavia, incontra un  limite  nell'univoco  tenore
della norma, che non consente una pluralita' di interpretazioni,  una
delle quali conforme a Costituzione  (cfr.  Corte  costituzionale  n.
26/2010; 270/2010). 
    Nel caso di specie il  tenore  letterale  della  norma  censurata
risulta chiaro e univoco, atteso che l'art. 25, comma 2, lettera  a),
della legge regionale del Veneto 3  novembre  2017,  n.  39,  prevede
espressamente che «I soggetti di cui  al  comma  1  devono,  inoltre,
essere in possesso dei seguenti requisiti: 
        a) residenza anagrafica nel Veneto  da  almeno  cinque  anni,
anche non consecutivi e calcolati  negli  ultimi  dieci  anni,  fermo
restando che il richiedente  deve  essere,  comunque,  residente  nel
Veneto alla data di scadenza del bando di concorso». 
    La norma limita testualmente il diritto di accesso ai servizi  di
edilizia residenziale pubblica  ai  soggetti  -  cittadini  italiani,
cittadini  di  Stati  appartenenti  all'Unione  europea  regolarmente
soggiornanti in Italia e loro  familiari,  titolari  di  permesso  di
soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, titolari dello status
di rifugiato e dello  status  di  protezione  sussidiaria,  stranieri
regolarmente soggiornanti in possesso di permesso di soggiorno almeno
biennale  e  che  esercitano  una  regolare   attivita'   di   lavoro
subordinato o di lavoro autonomo (come previsto  dal  comma  1  della
disposizione in parola) - in possesso del requisito  della  pregressa
residenza quinquennale nella Regione Veneto. 
    In  ragione  della  univocita'  del  tenore  letterale  di   tale
disposizione, viene dunque a  mancare  un  dato  lessicale  polisenso
suscettibile  di  letture  alternative,  di  cui   una   conforme   a
Costituzione, a meno di non accedere a interpretazioni «creative»  di
dubbia ammissibilita'. 
    L'unica strada percorribile, pertanto, risulta essere quella  del
sindacato di legittimita' costituzionale della norma. 
    8. Cio' chiarito, va osservato che a parere di  questo  Tribunale
la questione di costituzionalita' dell'art. 25, comma 2, lettera  a),
della legge regionale del Veneto 3 novembre 2017, n. 39,  presenta  i
caratteri della rilevanza  e  della  non  manifesta  infondatezza  in
riferimento all'art. 3, comma 1 e comma 2, della Costituzione. 
    8.1. Quanto alla rilevanza, ossia alla prevedibile necessita' che
la norma sulla quale  verte  il  dubbio  di  costituzionalita'  trovi
applicazione nel giudizio a quo, va osservato che la decisione  delle
domande  proposte  dai  ricorrenti  -  volte   all'accertamento   del
carattere discriminatorio delle condotte  tenute  dalla  Regione  del
Veneto  e  dal  Comune  di  Venezia  (consistenti,   rispettivamente,
nell'avere approvato e emanato il  regolamento  regionale  n.  4/2018
nella parte in cui, all'art. 4, comma 1,  impone  l'applicazione  dei
requisiti di cui all'art. 25 della legge regionale Veneto n.  39/2017
e  nell'aver  approvato  e  emanato  il  «bando   di   concorso   per
l'assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica anno 2022
sotto ambiti: Venezia centro storico e isole; terra ferma veneziana»,
nella parte in cui ha previsto il requisito  di  pregressa  residenza
quinquennale  in  Veneto)  e  alla  rimozione  della  discriminazione
attraverso la modifica del regolamento e del bando, con  eliminazione
della clausola «escludente», e  la  riapertura  dei  termini  per  la
presentazione delle domande richiede  necessariamente  l'applicazione
nel presente giudizio dell'art. 25, comma 2, lettera a), della  legge
regionale Veneto 3 novembre  2017,  n.  39,  che  ha  «orientato»  la
condotta tanto della regione quanto del comune. 
    La disposizione censurata, infatti,  costituisce  l'indefettibile
presupposto normativo del regolamento  e  del  bando  per  mezzo  dei
quali,  nella  prospettiva  dei  ricorrenti,  e'  stata  attuata   la
discriminazione nell'accesso  ai  servizi  di  edilizia  residenziale
pubblica. 
    I ricorrenti G... A... G... F..., R... S...  N...  e  J...  E...,
infatti,  risultano  impossibilitati  a  partecipare  al  bando   per
l'assegnazione di alloggi di edilizia residenziale  pubblica  emanato
dal Comune di Venezia per l'anno 2022 esclusivamente in ragione della
mancanza del requisito  della  pregressa  residenza  quinquennale  in
Veneto.  In  particolare,  puo'  ritenersi  pacifico,   perche'   non
contestato specificamente dai convenuti ai sensi dell'art. 115, comma
1, del codice di procedura civile, il possesso in capo ai  ricorrenti
di tutti gli altri requisiti richiesti dal bando, ossia  i  requisiti
di cittadinanza o di soggiorno e  quelli  di  reddito.  Precisamente,
G... A... G... F..., cittadino venezuelano,  risulta  titolare  dello
status di rifugiato e di  permesso  di  soggiorno;  R...  S...  N...,
cittadina camerunense, risulta titolare di un permesso per protezione
internazionale; J... E... risulta titolare di un permesso per  motivi
di lavoro subordinato (fatti  pacifici  e  comunque  provati  in  via
documentale). 
    Tutti e tre  i  ricorrenti  risultano  in  possesso  di  un  ISEE
inferiore al limite massimo posto dal bando (fatto pacifico,  perche'
non contestato specificamente). 
    Quanto  all'interesse  ad  agire  dei  tre   ricorrenti,   e   in
particolare alla questione relativa alla presentazione della  domanda
di partecipazione al bando, gia' si e' detto  al  paragrafo  5  della
presente ordinanza. 
    L'accertamento    relativo    alla     natura     discriminatoria
dell'esclusione dei ricorrenti dalla possibilita' di  partecipare  al
bando ERP 2022 del Comune di Venezia,  pertanto,  e'  necessariamente
collegato al vaglio di legittimita' costituzionale del  requisito  di
residenza quinquennale posto dall'art. 25, comma 2, lettera a), della
legge regionale del Veneto 3 novembre 2017, n. 39, al quale tanto  la
Regione  Veneto  quanto  il  Comune  di  Venezia  risultano   essersi
conformati. 
    In  merito  alla  posizione  delle  associazioni  ricorrenti   va
osservato che le stesse hanno agito ai sensi dell'art.  5,  comma  3,
del decreto legislativo  n.  215/2003  («Attuazione  della  direttiva
2000/43/CE  per  la   parita'   di   trattamento   tra   le   persone
indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica») e dell'art.  5,
comma 2, del  decreto  legislativo  n.  216/2003  («Attuazione  della
direttiva 2000/78/CE per la parita'  di  trattamento  in  materia  di
occupazione  e  di  condizioni  di  lavoro»)  al  fine  di   ottenere
l'accertamento del carattere discriminatorio  della  condotta  tenuta
dalle convenute e la rimozione degli effetti di tale discriminazione,
oltre alla condanna della regione e del comune  al  risarcimento  del
danno non patrimoniale. Trattasi di azione contro la  discriminazione
collettiva volta a censurare le condotte che escludono o rendono piu'
difficile l'accesso ad alcuni beni o servizi non soltanto in  ragione
della razza o dell'etnia, ma anche della nazionalita' (cfr.,  fra  le
altre, Cassazione civ. n. 28745/2019). 
    In modo  non  dissimile  da  quanto  osservato  in  relazione  ai
ricorrenti persone fisiche, il vaglio di fondatezza di  tali  domande
richiede necessariamente la verifica in  ordine  alla  applicabilita'
dell'art. 25 comma 2, lettera a), della legge regionale del Veneto  3
novembre 2017, n. 39, trasfuso nel regolamento della Regione Veneto e
nel bando emanato dal Comune di Venezia; di qui l'indubbia  rilevanza
della questione di costituzionalita' prospettata dai ricorrenti. 
    8.2. A parere di questo giudice sussiste, inoltre,  il  requisito
della non manifesta infondatezza della questione di costituzionalita'
dell'art. 25, comma 2, lettera a), della legge regionale del Veneto 3
novembre 2017 n. 39 (in base al quale «I soggetti di cui al  comma  1
devono, inoltre, essere in possesso dei seguenti requisiti: 
        a) residenza anagrafica nel Veneto  da  almeno  cinque  anni,
anche non consecutivi e calcolati  negli  ultimi  dieci  anni,  fermo
restando che il richiedente  deve  essere,  comunque,  residente  nel
Veneto alla data di scadenza del bando  di  concorso»)  in  relazione
all'art. 3 della Costituzione. 
    Sul  punto  appare  doveroso  il  richiamo  alle   considerazioni
espresse dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 44/2020, con la
quale e' stata dichiarata l'incostituzionalita' dell'art.  22,  comma
1, lettera b), della legge regionale Lombardia 8 luglio 2016, n.  16,
nella parte  in  cui  prevedeva  che  «(i)  beneficiari  dei  servizi
abitativi pubblici devono avere i seguenti  requisiti:  b)  residenza
anagrafica o svolgimento di attivita' lavorativa in Regione Lombardia
per almeno cinque anni nel periodo immediatamente precedente la  data
di presentazione della domanda» per contrasto con l'art. 3, comma 1 e
comma 2, della Costituzione. 
    In tale pronuncia - che rappresenta un punto di approdo del lungo
iter  che  ha  visto  la  Corte  costituzionale  pronunciarsi   sulla
compatibilita' con la Carta fondamentale di numerose leggi  regionali
che, nel definire  i  requisiti  di  accesso  ad  alcune  prestazioni
sociali, hanno privilegiato coloro che risiedono  in  regione  da  un
certo periodo di tempo, escludendo i residenti di altre regioni, o in
taluni casi in modo esplicito gli stranieri  extra-comunitari  (cfr.,
in particolare, le pronunce numeri 432 del 2005; 32 del 2008; 107 del
2010; 40 del 2011; 2, 133, 172 e 222 del 2013; 141 e  168  del  2014;
106, 107 e 166 del 2018; 40 del 2020; nonche' le successive  pronunce
281/2020;  7/2021;  9/2021)  -  vengono  enucleati  alcuni   principi
fondamentali  in  materia  di  criteri  selettivi  di  accesso   alle
prestazioni sociali, e in particolare alle  prestazioni  di  edilizia
residenziale pubblica. 
    In particolare, la Corte  costituzionale,  richiamando  i  propri
precedenti,  ha  in  primo   luogo   evidenziato   che   il   diritto
all'abitazione rientra fra i requisiti essenziali caratterizzanti  la
socialita'  cui  si  conforma  lo  Stato  democratico  voluto   dalla
Costituzione (sentenza n. 217 del 1988; nello stesso  senso  sentenze
n. 106 del 2018, n. 168 del 2014, n. 209 del 2009 e n. 404 del 1988);
che  tale  diritto,  benche'   non   espressamente   previsto   dalla
Costituzione,  deve  ritenersi  incluso  nel  catalogo  dei   diritti
inviolabili (fra le altre, sentenze n. 161 del 2013, n. 61 del 2011 e
n. 404 del 1988 e ordinanza n. 76 del 2010); e che  il  suo  oggetto,
l'abitazione,  deve  considerarsi  «bene  di   primaria   importanza»
(sentenza n. 166 del 2018; si vedano anche  le  sentenze  n.  38  del
2016, n. 168 del 2014 e n. 209 del 2009). 
    In secondo luogo, la Corte ha osservato  che  la  prestazione  di
edilizia residenziale pubblica e' diretta ad assicurare  in  concreto
il soddisfacimento di un bisogno primario, perche' serve a  garantire
un'abitazione a soggetti economicamente deboli nel luogo  ove  e'  la
sede dei loro interessi (sentenza  n.  176  del  2000),  al  fine  di
assicurare un'esistenza dignitosa a tutti coloro che  non  dispongono
di risorse sufficienti (art. 34 della Carta dei diritti  fondamentali
dell'Unione europea), mediante un  servizio  pubblico  deputato  alla
provvista di alloggi per i lavoratori e  le  famiglie  meno  abbienti
(sentenza n. 168 del 2014). L'edilizia residenziale pubblica  rientra
dunque nell'ambito dei «servizi sociali» di cui all'art. 1, comma  2,
della  legge  8  novembre  2000,  n.  328  (Legge   quadro   per   la
realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali),
e all'art. 128, comma 2, del decreto legislativo 31  marzo  1998,  n.
112 (Conferimento di funzioni e compiti  amministrativi  dello  Stato
alle regioni ed agli enti locali, in  attuazione  del  capo  I  della
legge 15 marzo 1997, n. 59). 
    Tanto premesso, la Corte costituzionale si  e'  soffermata  sulla
legittimita' dei criteri adottati dal legislatore per  selezionare  i
beneficiari dei servizi sociali -  fra  i  quali  anche  il  servizio
relativo alla edilizia residenziale pubblica  -  chiarendo  che  tali
criteri: 
        devono  presentare  un  collegamento  con  la  funzione   del
servizio (ex plurimis, sentenze n. 166 e n. 107 del 2018, n. 168  del
2014, n. 172 e n. 133 del 2013 e n. 40 del 2011); in particolare deve
sussistere un collegamento «fra finalita' del servizio da  erogare  e
caratteristiche soggettive richieste ai suoi potenziali beneficiari»; 
        tale collegamento deve essere ragionevole  e  adeguato  avuto
riguardo  al  parametro  dettato  dall'art.   3,   comma   1,   della
Costituzione; la verifica di ragionevolezza e adeguatezza e'  operata
dalla Corte secondo la struttura tipica del sindacato svolto ai sensi
dell'art.   3,   comma   1,    della    Costituzione,    che    muove
dall'identificazione della ratio della norma di riferimento  e  passa
poi alla verifica della coerenza con tale ratio del filtro  selettivo
introdotto. 
    Considerato che la ratio  del  servizio  relativo  alla  edilizia
residenziale pubblica e' quella di garantire «il soddisfacimento  del
bisogno abitativo», secondo la Corte deve ritenersi che la condizione
della pregressa residenza nella regione non presenti con esso  alcuna
ragionevole  connessione,  in  quanto  non  e'  indice   «di   alcuna
condizione rilevante in funzione del bisogno che il servizio tende  a
soddisfare»;  tale  requisito,  in  particolare,  «si  risolve  cosi'
semplicemente in una soglia  rigida  che  porta  a  negare  l'accesso
all'ERP  a  prescindere  da  qualsiasi  valutazione  attinente   alla
situazione di bisogno o di disagio del richiedente (quali ad  esempio
condizioni economiche, presenza di disabili o di anziani  nel  nucleo
familiare, numero dei figli). Cio' e' incompatibile con  il  concetto
stesso di servizio sociale, come servizio destinato  prioritariamente
ai soggetti economicamente deboli (sentenza n. 107 del 2018, che cita
l'art. 2, comma 3, della legge n. 328 del 2000)». 
    Tali coordinate, applicate al caso  di  specie,  inducono  questo
giudice a dubitare della  legittimita'  costituzionale  dell'art.  25
comma 2, lettera a), della legge regionale Veneto 3 novembre 2017, n.
39, disposizione che introduce un requisito di accesso al servizio di
edilizia residenziale pubblica  analogo  a  quello  scrutinato  dalla
Corte costituzionale nella sentenza richiamata. 
    In particolare, la  previsione  del  requisito  della  «residenza
anagrafica nel Veneto da almeno cinque anni, anche non consecutivi  e
calcolati negli ultimi dieci anni» appare irragionevole nella  misura
in cui non presenta alcun collegamento  con  la  ratio  del  servizio
(come visto, identificata nel soddisfacimento del bisogno abitativo). 
    Trattasi di requisito che impedisce  in  modo  automatico,  senza
alcuna valutazione in ordine alla sussistenza o meno di uno stato  di
bisogno abitativo, l'accesso al servizio pubblico e che non  risponde
ad alcun criterio di  ragionevolezza.  Non  vi  e',  infatti,  alcuna
ragionevole correlazione tra  la  durata  della  residenza,  prevista
dalla disposizione in parola, e  la  situazione  di  bisogno  che  il
servizio  abitativo  pubblico  mira   ad   alleviare,   non   potendo
ragionevolmente ritenersi che coloro che vivono nella Regione  Veneto
da  meno  di  cinque  anni  versino  in  una  situazione  di  bisogno
«affievolita» rispetto a chi vi risiede da piu' anni (cfr. sul  punto
Corte costituzionale sentenza n. 222 del 2013). 
    L'applicazione della disposizione in parola - ossia  l'esclusione
dei  soggetti  che  non  posseggono  il  requisito  della   pregressa
residenza quinquennale - risulta peraltro foriera di conseguenze  che
contrastano con la funzione stessa del servizio, in quanto  impedisce
a soggetti bisognosi,  altrimenti  legittimati,  di  accedere  ad  un
alloggio pubblico. 
    Tali  conclusioni  non  appaiono  incrinate  dalle  difese  della
Regione Veneto, la quale ha richiamato l'orientamento espresso  dalla
Corte costituzionale con sentenza  n.  222/2013  in  una  fattispecie
analoga alla presente (che interessava la legge della Regione  Friuli
Venezia Giulia). In tale occasione la Corte ha ritenuto ragionevole e
legittima la previsione di un requisito di pregressa residenza  nella
regione ai fini dell'accesso al  servizio  di  edilizia  residenziale
pubblica, valorizzando il radicamento territoriale  prolungato  quale
criterio selettivo per l'accesso ai servizi  abitativi  pubblici.  In
buona sostanza, considerato  che  le  politiche  abitative  impegnano
risorse limitate e non  sufficienti  per  tutti,  consumano  suolo  e
condizionano  la  politica  urbanistica,   la   Corte   ha   ritenuto
ragionevole la pianificazione delle stesse sulla base delle  esigenze
di coloro che, essendo residenti da tempo nel contesto in cui vengono
realizzate,  danno  maggiore  garanzia  di  stabilita'   della   loro
permanenza,   evitando   cosi'   di   dar   luogo   ad   un'attivita'
amministrativa dispersiva ed inefficiente. 
    Tale orientamento appare tuttavia definitivamente  superato  alla
luce delle considerazioni espresse dalla Corte  costituzionale  nella
sentenza n. 44/2020, laddove ha evidenziato che «La previa  residenza
ultraquinquennale non e' di per se' indice di un'elevata probabilita'
di permanenza in un determinato ambito territoriale,  mentre  a  tali
fini risulterebbero ben piu' significativi altri elementi  sui  quali
si puo' ragionevolmente fondare  una  prognosi  di  stanzialita'.  In
altri termini, la rilevanza conferita a una condizione  del  passato,
quale e'  la  residenza  nei  cinque  anni  precedenti,  non  sarebbe
comunque  oggettivamente  idonea  a  evitare  il  «rischio   di   del
beneficiario  dell'alloggio  di   edilizia   residenziale   pubblica,
obiettivo che dovrebbe invece essere perseguito avendo riguardo  agli
indici di probabilita' di permanenza per il futuro». 
    Pertanto, la valorizzazione del criterio della «stabilita'» nella
assegnazione  dell'alloggio  -  secondo  la  Corte  -   non   risulta
arbitraria o irragionevole, specie se si tiene conto dell'esigenza di
non sprecare inutilmente risorse e attivita' amministrativa,  con  il
rischio di dover ripetere in tempi brevi le procedure di assegnazione
degli alloggi; a condizione, tuttavia, che si faccia  riferimento  ad
elementi diversi e ben piu' significativi  rispetto  a  quello  della
pregressa residenza nella regione, sui  quali  poter  ragionevolmente
fondare una prognosi di stanzialita' pro futuro. 
    Le difese svolte dalla Regione  Veneto  sotto  tale  profilo  non
appaiono  dunque  idonee  ad   escludere   l'irragionevolezza   della
previsione di legge. 
    Ne' appare dirimente  la  circostanza  che  l'art.  25  comma  2,
lettera a), della legge regionale Veneto 3 novembre 2017,  n.  39,  a
differenza dell'art. 22, comma 1, lettera b), della  legge  regionale
della Lombardia 8 luglio 2016,  n.  16,  oggetto  della  sentenza  n.
44/2020  della  Corte  Costituzionale,  contempli  un  requisito   di
residenza nella Regione Veneto «da  almeno  cinque  anni,  anche  non
consecutivi e calcolati negli ultimi dieci anni». 
    Tale previsione, infatti, non incide  sulle  considerazioni  gia'
svolte, in quanto non introduce alcun ragionevole collegamento tra il
requisito «escludente» e la ratio del servizio abitativo pubblico ne'
garantisce in modo ragionevole le richiamate esigenze di  stabilita',
essendo evidente che una pregressa permanenza in  Veneto  frammentata
in un periodo molto risalente nel tempo «non e' di per se' indice  di
un'elevata  probabilita'  di  permanenza  in  un  determinato  ambito
territoriale» anche per il futuro. 
    Alla luce di tali considerazioni, a  parere  di  questo  giudice,
sussiste  il  requisito  della  non  manifesta   infondatezza   della
questione di costituzionalita' relativa all'art. 25 comma 2,  lettera
a), della legge regionale del Veneto 3  novembre  2017,  n.  39,  che
appare  in  contrasto  sia  con   i   principi   di   eguaglianza   e
ragionevolezza di cui all'art. 3, comma 1, della  Costituzione  -  in
quanto produce una irragionevole disparita' di trattamento a danno di
chi, cittadino o straniero, non sia in  possesso  del  requisito  ivi
previsto - sia con il principio di  eguaglianza  sostanziale  di  cui
all'art. 3, comma 2, della Costituzione - nella misura in cui produce
effetti  contrastanti   con   la   funzione   sociale   dell'edilizia
residenziale pubblica -. 
    9. Per i motivi  sinora  esposti,  ritenuta  la  sussistenza  dei
presupposti della rilevanza e della non manifesta infondatezza  della
questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  25,  comma  2,
lettera a), della legge regionale Veneto 3 novembre  2017,  n.  39  -
nella parte in cui annovera, fra i requisiti di accesso  al  servizio
di edilizia residenziale pubblica, quello della «residenza anagrafica
nel Veneto da almeno cinque anni, anche non consecutivi  e  calcolati
negli  ultimi  dieci  anni»  -  per  contrasto  con  l'art.  3  della
Costituzione, va sollevata  questione  di  costituzionalita'  in  via
incidentale, al fine di ottenere dalla Corte  costituzionale,  previo
vaglio di ammissibilita' e fondatezza della questione, la caducazione
della predetta disposizione di legge. 
 
                               P.Q.M. 
 
    1) Sospende il giudizio. 
    2) Ordina che la presente ordinanza sia notificata a  cura  della
cancelleria a tutte le parti del presente giudizio  e  al  presidente
della giunta regionale del Veneto e sia comunicata al presidente  del
consiglio regionale del Veneto. 
    3)  Dispone  l'immediata  trasmissione  degli  atti  alla   Corte
costituzionale, a cura della cancelleria,  unitamente  alla  presente
ordinanza e alla prova delle predette notificazioni e comunicazioni. 
        Padova, 18 maggio 2023 
 
                         Il giudice: Stocco