N. 107 ORDINANZA (Atto di promovimento) 6 giugno 2023

Ordinanza del 6 giugno 2023 del G.I.P. del Tribunale di  Taranto  nel
procedimento penale a carico di C. P. . 
 
Misure di prevenzione -  Foglio  di  via  obbligatorio  -  Previsione
  dell'attribuzione al questore  della  titolarita'  di  adottare  la
  misura di prevenzione del foglio di via obbligatorio. 
In via  subordinata:  Misure  di  prevenzione   -   Foglio   di   via
  obbligatorio -  Provvedimento  emesso  dal  questore  -  Denunciata
  omessa previsione dell'applicazione, in quanto  compatibili,  delle
  disposizioni di cui all'art. 6, commi 2-bis, 3 e 4 della  legge  n.
  401 del 1989. 
In via di estremo subordine: Misure di prevenzione -  Foglio  di  via
  obbligatorio - Provvedimento emesso  dal  questore  per  la  durata
  minima di un anno - Denunciata omessa previsione dell'applicazione,
  in quanto compatibili, delle disposizioni di cui all'art. 6,  commi
  2-bis, 3 e 4 della legge n. 401 del 1989. 
- Decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159  (Codice  delle  leggi
  antimafia e delle misure di prevenzione, nonche' nuove disposizioni
  in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1  e
  2 della legge 13 agosto 2010, n. 136), art. 2. 
(GU n.24 del 12-6-2024 )
 
                  IL TRIBUNALE ORDINARIO DI TARANTO 
                           Sezione Gip-Gup 
 
    Il  giudice  per  le   indagini   preliminari   dott.   Francesco
Maccagnano, 
    visti gli atti del procedimento penale n. 7334/2022 R.G.N.R. - n.
177/2023 R.G. G.i.p.; 
    vista la richiesta di emissione di  decreto  penale  di  condanna
formulata dal pubblico ministero in sede nei confronti di P. C., nato
a ... in data ... 
    rilevato che P. C. e' imputato, in seno al presente  procedimento
penale, del reato di cui agli articoli 81 codice penale e  76,  comma
III del decreto legislativo n. 159/2011, in relazione all'art. 2  del
predetto decreto legislativo, «perche', con piu' azioni esecutive  di
un  medesimo  disegno  criminoso,  tornava  nel  Comune  di  ...   in
violazione del provvedimento del Questore di ... datato (accertato in
... il ...); 
 
                        Osserva quanto segue: 
 
Gli elementi nella disponibilita' di questo G.I.P. 
    1. Dagli  atti  d'indagine  sulla  base  dei  quali  il  pubblico
ministero in sede ha inteso formulare la richiesta  di  emissione  di
decreto penale di condanna di cui in epigrafe emerge quanto segue: 
        in data ... e' stata rivolta al Questore di ...  proposta  di
«adozione del provvedimento di cui all'art. 2 del decreto legislativo
n. 159/2011 [...] nei confronti di P. C. nato il ...  a  ...  ed  ivi
residente in ... n. ...; dalla proposta de qua risulta che il P.  «in
data ... alle ore ... veniva controllato dagli agenti [della Questura
di ...] mentre stazionava [nella locale] piazza ..., nota quale posto
di ritrovo di persone che si  approvvigionano  e  consumano  sostanze
stupefacenti, e confermava che la  sua  presenza  in  loco  era,  per
l'appunto,  finalizzata  all'acquisto  e  alla   consumazione   delle
stesse»; 
        il Questore della Provincia di  ...  in  data  ...  ai  sensi
dell'art. 2 del decreto legislativo n. 159/2011 ha ordinato a  P.  di
allontanarsi dal Comune di ...  e  di  fare  rientro  nel  comune  di
residenza; 
        il questore ha emesso l'anzidetto provvedimento ritenendo che
la presenza del P. in quel di ... debba «ritenersi pericolosa per  la
sicurezza pubblica, perche' verosimilmente motivata dalla commissione
di reati»; la pericolosita' de qua e' stata acclarata sulla base  dei
plurimi precedenti giudiziari e di  polizia  ascrivibili  all'odierno
imputato  (1)  ,  nonche'  sulla  base  delle   precarie   condizioni
socio-economiche a questi riferibili (2) ; 
        il suddetto provvedimento e' stato  personalmente  notificato
al P. in data ...; 
        gli operanti della  Questura  di  ...  hanno  riscontrato  la
presenza del P. entro il territorio del Comune di ... in data ..., in
data ..., in data ..., in data..., in data ..., in data ..., in  data
..., in data ..., ed in data  ...,  in  tali  occasioni,  P.  non  ha
addotto  alcuna  giustificazione  in  ordine  alla   sua   perdurante
permanenza entro i confini di ... 
    1.1. Sulla base delle risultanze investigative appena evocate, il
pubblico ministero in sede ha inteso chiedere a questo giudice per le
indagini preliminari di emettere  nei  confronti  di  P.  C.  decreto
penale di condanna in relazione alle reiterate  violazioni  del  c.d.
«foglio di via obbligatorio» contestate nel capo d'imputazione citato
in epigrafe. 
    1.2.  Allo  stato  non  sussistono  motivi  per  disapplicare  il
provvedimento di cui al capo d'imputazione: 
        questo  giudice  per  le  indagini  preliminari  ben  conosce
l'orientamento giurisprudenziale secondo il quale «in tema di  misure
di  prevenzione,  le  prescrizioni  di  fare  rientro  nel  luogo  di
residenza e di  non  ritornare  nel  comune  oggetto  dell'ordine  di
allontanamento    costituiscono    condizioni    imprescindibili    e
inscindibili  per  la  legittima  emissione   del   foglio   di   via
obbligatorio;  ne  consegue  che  la  mancanza  di  una   delle   due
prescrizioni (nella specie, quella relativa  all'ordine  di  rientro)
determina l'illegittimita' del  suddetto  provvedimento,  sindacabile
dal giudice penale, e la conseguente insussistenza del reato  di  cui
all'art. 76, comma 3, decreto legislativo 6 settembre 2011,  n.  159»
(in tal senso, Cassazione pen., Sez. I, 10 gennaio 2020,  n.  11645);
orbene, per quanto attiene al caso che ci occupa, il «foglio  di  via
obbligatorio»  emesso  nei  confronti  del  P.   e'   conforme   alla
fattispecie tipica delineata dall'art. 2 del decreto  legislativo  n.
159/2011, posto che con esso e' stato disposto  sia  l'allontanamento
dell'odierno imputato dal Comune di ... che il correlato  obbligo  di
rientro nel comune di residenza (...); 
        l'ordinamento  giuridico,  ad  oggi,  non  prevede   che   il
provvedimento  di  cui  al   capo   d'imputazione   sia   convalidato
dall'Autorita' giudiziaria entro un determinato termine;  a  lume  di
tanto, allo stato, il «foglio di via»  de  quo  non  puo'  intendersi
revocato e privo di ogni effetto ex art. 13, Cost. (3) ; 
        il provvedimento  di  cui  al  capo  d'imputazione  non  pare
disapplicatile ex art. 5 della legge n.  2248/1965;  in  particolare,
esso e' stato emesso dall'Autorita' competente (il  questore)  e  non
risulta nullo o annullabile; nessun eccesso  di  potere  puo'  essere
predicato nel caso di specie; la motivazione del foglio di via emesso
nei confronti del  P.  appare  congrua,  soprattutto  alla  luce  dei
numerosi precedenti giudiziari e di polizia  ascrivibili  all'odierno
imputato. 
Le caratteristiche della misura disposta nei confronti  dell'imputato
dal Questore di ... in data ... 
    2. Appare d'uopo rammentare che l'art. 1 del decreto  legislativo
n. 159/2011 prevede che «i provvedimenti previsti  dal  [capo  I  del
titolo  I  del  codice  delle  leggi  antimafia  e  delle  misure  di
prevenzione] si applicano a: a) coloro che debbano  ritenersi,  sulla
base di elementi di fatto, abitualmente dediti a traffici  delittuosi
(4) ; b) coloro che per la  condotta  ed  il  tenore  di  vita  debba
ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono  abitualmente,
anche in parte, con i proventi di attivita' delittuose; c) coloro che
per il loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi  di
fatto,  comprese  le  reiterate  violazioni   del   foglio   di   via
obbligatorio di cui all'art. 2, nonche' dei divieti di frequentazione
di determinati luoghi  previsti  dalla  vigente  normativa  che  sono
dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in  pericolo
l'integrita' fisica o morale dei minorenni, la sanita', la  sicurezza
o la tranquillita' pubblica»; l'art. 2  del  decreto  legislativo  n.
159/2011 prevede che «qualora le persone indicate nell'art.  1  siano
pericolose per la sicurezza pubblica e si trovino fuori dei luoghi di
residenza, il questore puo' rimandarvele con provvedimento motivato e
con foglio di via obbligatorio, inibendo  loro  di  ritornare,  senza
preventiva autorizzazione ovvero per un periodo non superiore  a  tre
anni, nel comune dal quale sono allontanate»; l'art.  76,  comma  III
del decreto legislativo n. 159/2011 prevede  che  «il  contravventore
alle disposizioni di cui all'art. 2, e' punito con l'arresto da uno a
sei mesi» e che «nella  sentenza  di  condanna  viene  disposto  che,
scontata la  pena,  il  contravventore  sia  tradotto  al  luogo  del
rimpatrio». 
    Tutto cio' premesso, deve rilevarsi che il c.d.  «foglio  di  via
obbligatorio» emesso nei  confronti  dell'odierno  imputato  sia  una
misura   di   prevenzione    personale,    ovverosia    una    misura
special-preventiva   di    carattere    formalmente    amministrativo
suscettibile di essere disposta dal questore e  destinata  ad  essere
applicata  nei  confronti  di   persone   da   ritenersi   pericolose
socialmente  secondo  i  canoni  previsti  dall'art.  1  del  decreto
legislativo n. 159/2011. 
    In relazione alla tipologia di provvedimento di cui trattasi  non
e' previsto un meccanismo di convalida riconducibile al paradigma  di
cui all'art. 13, comma II della Costituzione. 
    Da ultimo, va rilevato che la misura di prevenzione de  qua  puo'
essere eseguita coattivamente su disposizione del giudice che  ne  ha
ravvisato una violazione. 
    2.1. In concreto, la misura di prevenzione disposta nel  ...  dal
Questore di ... ha  comportato  una  restrizione  della  liberta'  di
locomozione  del  P.  quantomai  significativa;  non  puo'   negarsi,
peraltro, che la predetta misura sia  idonea  a  sortire  pesanti  ed
incisivi effetti stigmatizzanti sulla persona dell'imputato. 
    2.1.1.  L'elevata  significativita'   della   restrizione   della
liberta' di locomozione di P. C. deve essere indotta  dalle  seguenti
circostanze: 
        l'odierno imputato, come emerge in maniera lampante dal testo
del «foglio di via» emesso nei suoi confronti, e' soggetto che  versa
in condizioni socio-economiche quantomai disagiate;  in  particolare,
come riportato anche nelle annotazioni di polizia giudiziaria versate
in atti, esercita abitualmente  ed  abusivamente  in  luogo  pubblico
l'attivita'  di   guardiamacchine/parcheggiatore   per   procacciarsi
redditi; 
        il  Questore  di   ...   tenendo   conto   delle   condizioni
socio-economiche  ascrivibili  all'odierno  imputato  e  dei  plurimi
precedenti  giudiziari  e  di  polizia  allo  stesso  riferibili,  ha
disposto l'allontanamento di P. C. per tre anni dal Comune di ...,  e
dunque dal  centro  urbano  industrialmente  e  commercialmente  piu'
sviluppato tra quelli siti nelle vicinanze del  comune  di  residenza
dell'odierno  imputato  (il  ...,  sito  entro  un'area  notoriamente
caratterizzata da un rilevante tasso di disoccupazione). 
    Orbene, le peculiari caratteristiche del tessuto  socio-economico
del Comune di ..., del Comune di ... e dell'intera provincia di  ...,
considerate congiuntamente, appaiono tali da imporre di ritenere  che
la  privazione  di  un  individuo   dalle   modestissime   condizioni
patrimoniali e reddituali quale il P. della possibilita' di permanere
presso il Comune di ... costituisca una  limitazione  tutt'altro  che
tenue, idonea  ad  ostacolare  in  maniera  apprezzabile  l'effettivo
esercizio di fondamentali diritti economici e sociali. 
    2.1.2. L'idoneita' del «foglio di via  obbligatorio»  di  cui  al
capo d'imputazione ad incidere pesantemente sulla liberta'  morale  e
sulla pari dignita' sociale  di  P.  C.  deve  essere  indotta  dalle
seguenti circostanze: 
        il Questore di ... ha disposto l'allontanamento  del  P.  dal
Comune di ... previo accertamento  della  pericolosita'  sociale  del
predetto;  l'Autorita'  giudiziaria   di   pubblica   sicurezza,   in
particolare, ha ritenuto, sulla disponibilita' degli elementi  a  sua
disposizione, che l'odierno imputato sia persona che «per la condotta
ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto
[debba ritenersi vivere] abitualmente, anche in parte, con i proventi
di attivita' delittuose» e che «per il  [suo]  comportamento  [debba]
ritenersi [...] dedit[a] alla commissione di reati  che  offendono  o
mettono in pericolo l'integrita' fisica o morale  dei  minorenni,  la
sanita',  la  sicurezza  o  la  tranquillita'  pubblica»;  un  simile
accertamento, con tutta evidenza, ad oggi comporta un pesante  stigma
morale  in  capo  a  P.  C.,  considerato  che  a  questi  e'   stata
sostanzialmente ascritta la qualifica di «pericolo pubblico»; 
        peraltro, l'asserita abituale dedizione del P.  ad  attivita'
illecite e' stata posta in correlazione dal questore alla circostanza
che l'odierno imputato si approvvigioni di sostanze  stupefacenti  in
quel di ... e ivi non abbia alcun motivo lecito di  trattenersi  «per
lavoro» o per «rapporti giuridici meritevoli  di  tutela»;  l'odierno
imputato, in buona  sostanza,  e'  stato  qualificato  come  soggetto
tossicodipendente abitualmente dedito, entro il perimetro del  Comune
..., a rapporti giuridici immeritevoli di tutela. 
    Breviter, il «ritratto» del P. che emerge  dal  «foglio  di  via»
emesso  nei  confronti  del  predetto  e'  manifestamente   negativo;
l'odierno imputato, infatti, non e' stato allontanato dalla comunita'
... per ragioni  di  ordine  sanitario  o  per  motivi  di  sicurezza
pubblica trascendenti la sua persona; egli, a ben guardare, e'  stato
ritenuto un soggetto incapace di conformarsi ai dettami della  legge,
dedito ad attivita' insane o  delittuose  e,  per  questo,  altamente
proclive a compiere azioni idonee a  compromettere  la  tranquillita'
pubblica entro il perimetro del Comune di ... 
    A parere  di  questo  giudice,  simili  valutazioni  -  altamente
stigmatizzanti sia sotto il profilo giuridico che  sotto  il  profilo
morale - sono idonee ad  incidere  negativamente  sulla  dignita'  di
qualsivoglia   individuo,   comprimendone    le    possibilita'    di
realizzazione  personale   e   compromettendone   gravemente   -   e,
potenzialmente, irreversibilmente - il prestigio. 
    2.2. Non puo' sottacersi che il «foglio di via» di cui  trattasi,
negli effetti pratici che ello ha dispiegato nell'ambito del caso che
ci occupa, appare assimilabile, in apprezzabile misura,  alla  misura
cautelare del «divieto di dimora» previsto  dall'art.  283,  comma  I
c.p.p.; la disposizione appena evocata, infatti, prevede che «con  il
provvedimento che dispone il divieto di dimora, il giudice  prescrive
all'imputato di non  dimorare  in  un  determinato  luogo  e  di  non
accedervi senza l'autorizzazione del giudice che procede». 
    3.  I  peculiari  presupposti   applicativi   della   misura   di
prevenzione di cui al capo d'imputazione e gli incisivi  effetti  che
la stessa ad oggi comporta in capo all'odierno  imputato,  cosi  come
supra delineati, impongono di chiedersi se  il  c.d.  foglio  di  via
obbligatorio sia idoneo esclusivamente  a  limitare  la  liberta'  di
circolazione di un individuo oppure debba  considerarsi  una  vera  e
propria misura limitativa della liberta' personale,  in  quanto  tale
assoggettabile alla disciplina di cui all'art. 13 della Costituzione. 
La criteriologla elaborata dalla Corte costituzionale allo  scopo  di
distinguere misure limitative della liberta' personale  rilevanti  ex
art. 13 Cost. e misure limitative della liberta' di  circolazione  ex
art. 16 Cost. 
    4.  Come  di  recente  rammentato  in  Corte  costituzionale   n.
127/2022, «e' evidente che la  facolta'  di  autodeterminarsi  quanto
alla mobilita' della  propria  persona  nello  spazio,  in  linea  di
principio, costituisce una componente essenziale sia  della  liberta'
personale, sia della  liberta'  di  circolazione».  Al  paragrafo  4)
dell'arresto appena evocato, codesto giudice delle leggi  ha  inteso,
in primo luogo, rammentare che  le  garanzie  previste  dall'art.  13
della Costituzione trovano applicazione in relazione a misure tali da
comportare un assoggettamento della persona a coercizione  fisica  da
parte dell'Autorita' pubblica. 
    Nella  giurisprudenza  costituzionale,  il  nucleo   irriducibile
dell'habeas corpus, tutelato dall'art.  13  Cost.  e  ricavabile  per
induzione dal novero di atti espressamente  menzionati  dallo  stesso
articolo (detenzione, ispezione, perquisizione  personale),  comporta
che il legislatore non possa assoggettare a  coercizione  fisica  una
persona, se non in forza di atto motivato dell'autorita' giudiziaria,
o convalidato da quest'ultima entro  quarantotto  ore,  qualora  alla
coercizione  abbia  invece   provveduto   l'autorita'   di   pubblica
sicurezza. 
    L'impiego della forza per restringere la  capacita'  di  disporre
del proprio corpo, purche' cio'  avvenga  in  misura  non  del  tutto
trascurabile e momentanea (sentenze n. 30 del 1962 e n. 13 del 1972),
e' quindi precluso alla  legge  dalla  lettera  stessa  dell'art.  13
Cost., se non interviene il giudice, la cui posizione di indipendenza
e imparzialita' assicura che non  siano  commessi  arbitri  in  danno
delle persone. 
    Qualora, pertanto, il legislatore intervenga  sulla  liberta'  di
locomozione,  indice  certo  per  assegnare  tale  misura  all'ambito
applicativo dell'art. 13 Cost. (e non dell'art. 16 Cost.) e' che essa
sia non soltanto obbligatoria (tale, vale a dire, da  comportare  una
sanzione per chi vi si' sottragga), ma anche tale da  richiedere  una
coercizione fisica. 
    Per detta ragione, questa Corte ha ritenuto che un mero ordine di
rimpatrio con foglio di  via  obbligatorio,  la  cui  esecuzione  sia
affidata alla collaborazione spontanea di chi  lo  riceve,  afferisca
alla liberta' di circolazione, ma  che,  diversamente,  ove  l'ordine
comporti la  traduzione  fisica  della  persona,  esso  debba  essere
assistito dalle garanzie di cui all'art. 13 Cost. (sentenze n. 2  del
1956 e n. 45 del 1960). 
    Parimenti, il respingimento dello straniero  con  accompagnamento
coattivo alla frontiera,  a  differenza  dell'ordine  di  espulsione,
restringe  la  liberta'  personale  in  ragione  di  tale  «modalita'
esecutiva» (sentenza n. 275 del 2017; in precedenza, sentenza n.  222
del 2004). 
    L'«assoggettamento fisico  all'altrui  potere  e  che  e'  indice
sicuro  dell'attinenza  della  misura  alla  sfera   della   liberta'
personale» contraddistingue anche il  trattenimento  dello  straniero
presso centri di  permanenza  e  assistenza,  in  quanto  l'autorita'
competente, «avvalendosi della  forza  pubblica»  adotta  misure  che
impediscono di abbandonare il luogo (sentenze n.  105  del  2001;  si
veda, inoltre, la sentenza n. 23 del 1975). 
    Sempre in osservanza del fondamentale criterio che  attiene  alla
coercizione fisica, questa Corte  ha  ricondotto  all'art.  13  Cost.
l'esecuzione di un prelievo ematico  nel  corso  di  un  procedimento
penale  «quando  se  ne  renda  necessaria  la  esecuzione  coattiva»
(sentenza n. 238 del 1996), ma ha invece escluso l'applicabilita'  di
tale disposizione costituzionale al test alcolemico, ove  proposto  a
chi sia sospettato di aver guidato in stato di ebbrezza,  considerato
che  la  persona,  pur  commettendo  reato   in   caso   di   rifiuto
ingiustificato, «non subisce coartazione alcuna, potendosi  rifiutare
in caso di ritenuto abuso di potere da parte dell'agente» di pubblica
sicurezza (sentenza n. 194 del 1996). 
    Ed e' bene precisare che qualora sia  previsto  il  ricorso  alla
forza fisica al  fine  di  instaurare  o  mantenere  in  essere,  con
apprezzabile durata, una misura restrittiva della facolta' di  libera
locomozione, allora la circostanza che la legge abbia introdotto tale
misura in via generale per motivi di sanita' non  comporta  che  essa
vada assegnata alla  garanzia  costituzionale  offerta  dall'art.  16
Cost., e sfugga cosi' alla riserva di giurisdizione, posto che  detto
elemento  coercitivo  implica  necessariamente  che  sia  l'autorita'
giudiziaria  ad  applicare   la   restrizione,   o   a   convalidarne
l'esecuzione provvisoria. 
    Cosi', in particolare, la  garanzia  di  cui  all'art.  13  Cost.
raggiunge certamente misure disposte o protratte coattivamente, anche
se sorrette da finalita' di cura, perche' «quanto meno  allorche'  un
dato trattamento  sia  configurato  dalla  legge  non  soltanto  come
«obbligatorio» - con eventuale previsione di sanzioni a carico di chi
non si sottoponga spontaneamente ad esso, ma anche come «coattivo»  -
potendo  il  suo  destinatario  essere  costretto  con  la  forza   a
sottoporvisi, sia pure entro il limite  segnato  dal  rispetto  della
persona umana -  le  garanzie  dell'art.  32,  secondo  comma,  Cost.
debbono sommarsi a quelle dell'art.  13  Cost.,  che  tutela  in  via
generale la liberta' personale,  posta  in  causa  in  ogni  caso  di
coercizione che abbia ad oggetto il corpo della persona» (sentenza n.
22 del 2022). 
    Al paragrafo 5) di  Corte  costituzionale  n.  127/2022,  codesto
giudice  delle  leggi  ha  poi  rammentato  il  proprio   consolidato
orientamento secondo il quale  l'art.  13  della  Costituzione  trova
applicazione non soltanto in relazione a  «restrizioni»  suscettibili
di essere eseguite coattivamente e di comportare coercizioni  fisiche
ma anche in relazione a restrizioni che comportino la  compromissione
della liberta' morale degli individui, imponendo loro «una  sorta  di
degradazione giuridica»: 
        Fin dagli esordi della sua giurisprudenza,  questa  Corte  ha
riconosciuto che l'art. 13 Cost. deve trovare spazio non  soltanto  a
fronte di restrizioni mediate dall'impiego  della  forza  fisica,  ma
anche a quelle che comportino l'«assoggettamento totale della persona
all'altrui potere», con le quali, vale a dire, viene  compromessa  la
«liberta'  morale»  degli  individui  (sentenza  n.  30  del   1962),
imponendo loro «una sorta di degradazione giuridica» (sentenza n.  11
del 1956). 
        Tale   criterio   di   lettura   ha   trovato   ripetutamente
applicazione,  ove  si  e'  trattato   di   qualificare   sul   piano
costituzionale i limiti imposti alla facolta' di libera  locomozione,
che non fossero accompagnati da forme di coercizione (sentenze n. 144
del 1997; n. 193 e n. 143 del 1996; n. 210 del 1995; n. 419 del 1994;
n. 68  del  1964;  n.  45  del  1960),  e  che,  di  conseguenza,  si
prestavano, in  linea  astratta,  a  convergere  verso  il  campo  di
applicazione dell'art. 16 Cost. 
        Questa Corte ha tenuto ferma, al contrario, la necessita' che
simili restrizioni, ove implicanti «degradazione giuridica»,  fossero
assistite dalle  piene  garanzie  dell'habeas  corpus  offerte  dallo
statuto della liberta' personale. 
        Specie  a  fronte  di  un  vasto  apparato   di   misure   di
prevenzione, che la legislazione dei  tempi  affidava  alla  gestione
della sola autorita' di pubblica sicurezza, si  e'  infatti  ritenuto
che la medesima esigenza costituzionale  di  preservare  la  liberta'
comprimibile solo per atto motivato  dell'autorita'  giudiziaria  nei
soli casi e modi previsti dalla legge, dovesse essere  avvertita  non
soltanto  innanzi  allo  spiegamento  di  forme  coercitive  (il  cui
esercizio segna la piu' icastica manifestazione del monopolio statale
della forza), ma anche per quei casi nei quali  la  legge  assoggetta
l'individuo  a  specifiche  prescrizioni  che  si  riflettono   sulla
facolta' di disporre di se' e del proprio corpo, compresa  quella  di
locomozione, recando al contempo «una  menomazione  o  mortificazione
della dignita' o del prestigio della persona» (sentenze  n.  419  del
1994 e n. 68 del 1964). 
        Si tratta, e' appena il caso di precisarlo,  di  un  criterio
che e' stato utilizzato nella giurisprudenza di questa Corte solo per
allargare lo scudo protettivo dell'art. 13 Cost., e  in  nessun  caso
per  ridimensionarlo:  in  altri  termini,  ove  la  restrizione  sia
ottenuta mediante coercizione fisica, essa continua ad afferire  alla
liberta' personale, quand'anche non rechi degradazione giuridica. 
        Nel caso opposto, prescrizioni restrittive degradanti per  la
persona, per quanto previste dalla legge e necessarie a perseguire il
«fine costituzionalmente tracciato» che le  giustifica  (sentenza  n.
219 del 2008), non possono sfuggire alla  riserva  di  giurisdizione,
perche' esse, separando  l'individuo  o  un  gruppo  circoscritto  di
individui  dal  resto  della  collettivita',  e  riservando  loro  un
trattamento deteriore, portano con se' un elevato tasso di potenziale
arbitrarieta', al quale lo Stato  di  diritto  oppone  il  filtro  di
controllo  del  giudice,  quale  organo   chiamato   alla   obiettiva
applicazione  della   legge   in   condizioni   di   indipendenza   e
imparzialita'. 
    Al paragrafo 5.1) di Corte costituzionale  n.  127/2022,  codesto
giudice delle leggi ha messo in evidenza le difficolta'  che  possono
incontrarsi  nel  distinguere  fra  incisioni   della   facolta'   di
locomozione sufficientemente degradanti da  incidere  sulla  liberta'
personale di un individuo e incisioni della facolta'  di  locomozione
inidonee  a  comportare  degradazioni  morali/giuridiche  di   sorta;
codesta  Corte,  tuttavia,  ha  inteso  chiaramente  riaffermare   il
principio secondo cui in relazione ad  una  misura  restrittiva  deve
reclamarsi l'apparato di garanzie predisposto a tutela della liberta'
personale  laddove  alla  stessa  sia  sotteso  un  «giudizio   sulla
personalita'  morale   del   singolo»   e   laddove   essa   presenti
un'«incidenza sulla pari dignita' sociale dello stesso». 
    Naturalmente, puo' essere complicato, talvolta, distinguere,  tra
le incisioni della facolta' di locomozione, quelle che convergono, in
quanto  degradanti,  verso  la  liberta'  personale,  e   quindi   di
competenza  dell'autorita'  giudiziaria,  e   quelle   che,   invece,
afferiscono alla liberta' di circolazione. 
    Basti pensare, a tale proposito, che questa Corte ha ravvisato la
pertinenza dell'art. 13 Cost. a fronte dell'obbligo, non  coercibile,
di comparire presso un ufficio di polizia durante lo  svolgimento  di
manifestazioni sportive (sentenze n. 193 e n. 143 del 1996), ma la ha
invece esclusa con  riguardo  al  divieto  di  accedere  agli  stadi,
perche' l'assenza di un contatto con la pubblica  autorita',  in  tal
caso, determina una «minore incidenza sulla sfera della liberta'  del
soggetto»,  ovvero  non  ne  comporta  una   degradazione   giuridica
afferente alla dignita' della persona (sentenza n. 193 del 1996). Non
vi e' in questi casi, e salvo eccezioni,  quel  sottostante  giudizio
sulla personalita' morale del singolo,  e  la  incidenza  sulla  pari
dignita' sociale dello stesso, che reclamano, ove posti a base di una
misura  restrittiva  pur  non  coercitiva,  l'apparato  di   garanzie
predisposto a tutela della liberta' personale. 
    Tuttavia, non e' detto  che  questo  sia  sufficiente  sul  piano
costituzionale, e che non debbano invece aggiungersi a cio', in  casi
del tutto particolari, le garanzie offerte dall'art. 13  Cost.,  alla
luce delle peculiarita'  con  cui  si  e'  eventualmente  manifestato
l'intervento legislativo. 
    4.1.  Facendo   governo   dei   predetti   principi,   la   Corte
costituzionale, nella sentenza n. 127/2022, ha dichiarato non fondata
la questione di legittimita' costituzionale - sollevata dal Tribunale
di Reggio Calabria in riferimento all'art. 13 Cost. - degli  articoli
1, comma VI, e 2, comma III, del decreto-legge n. 33 del 2020. 
    Il giudice a quo  aveva  ritenuto  le  predette  disposizioni  in
contrasto con l'art. 13 della Costituzione nella parte  in  cui  esse
non prevedono che il provvedimento di  c.d.  quarantena  obbligatoria
disposto dall'Autorita' sanitaria sia convalidato entro il termine di
48 ore dall'Autorita' giudiziaria. 
    La c.d. quarantena obbligatoria e'  stata  ritenuta  dal  giudice
delle leggi, tuttavia, una misura restrittiva di carattere  generale,
introdotta dalla legge per motivi di sanita', che limita la  liberta'
di circolazione, e non quella personale;  diversamente  dalle  misure
penali degli arresti  domiciliari  e  della  detenzione  domiciliare,
evocate dal rimettente, il divieto di uscire dalla propria abitazione
o dimora non e' infatti accompagnato da alcuna forma  di  coercizione
fisica, che impedisca al  soggetto  di  allontanarsi  o  ne  consenta
l'arresto in caso di violazione, ne'  determina  alcuna  degradazione
giuridica di chi vi e' sottoposto, in quanto  si  collega  alla  sola
circostanza, del tutto neutra sul piano della personalita'  morale  e
della pari dignita' sociale, di essersi ammalato a causa di un agente
patogeno altamente contagioso, suscettibile di  essere  contratto  da
chiunque; pertanto, secondo codesta Corte  costituzionale,  non  solo
non  vi  e'  alcun  obbligo  ai  sensi  dell'art.  13  Cost.  che  il
provvedimento dell'autorita' sanitaria sia convalidato dall'autorita'
giudiziaria, ma di quest'ultimo  non  vi  sarebbe  neppure  stata  la
necessita'  costituzionale.  La  natura  del   Sars-Cov-2,   la   sua
larghissima  diffusione,  l'affidabilita'  degli  esami   diagnostici
fugano, del resto, ogni  pericolo  di  arbitrarieta'  e  di  ingiusta
discriminazione tale da chiamare in causa il giudice, fermo  restando
che il malato puo' far valere le proprie ragioni, in via di  urgenza,
innanzi al giudice comune, perche' ne sia  accertato  il  diritto  di
circolare, qualora difettino i presupposti per l'isolamento. 
    4.1.1. Come rammentato in Corte costituzionale n. 127/2022,  gia'
in Corte costituzionale n. 11/1956 e' stata apertis verbis  affermata
l'applicabilita' dell'apparato  di  garanzie  previsto  dall'art.  13
della Costituzione a misure restrittive la  cui  esecuzione  non  sia
mediata dall'impiego di forza fisica da parte dello Stato; a lume  di
tanto,  il  giudice  delle  leggi  ha  ritenuto  incostituzionale  la
disciplina dell'«ammonizione»,  ovverosia  della  misura  antesignana
della «sorveglianza speciale di pubblica sicurezza». 
    [...] e' da rilevare che la Corte e' chiamata a decidere  se  gli
articoli 164-176 del testo unico delle leggi di p.s.,  che  demandano
ad una speciale commissione presieduta dal Prefetto la  competenza  a
pronunciare l'ammonizione  con  gli  effetti  consequenziali  che  da
questa  pronuncia  derivano,  siano  -  o   meno   costituzionalmente
legittimi. In particolare la Corte deve innanzi  tutto  esaminare  se
l'istituto dell'ammonizione, cosi' come e' disciplinato  dal  vigente
testo unico delle leggi  di  p.s.,  sia  o  non  compatibile  con  le
disposizioni costituzionali sulla liberta' personale  del  cittadino;
se, poi, ove l'incompatibilita' sussista, il precetto  costituzionale
si ripercuota direttamente  e  immediatamente  in  senso  invalidante
sugli articoli sopra citati. 
    [...] 
    La liberta' personale si presenta [...] come  diritto  soggettivo
perfetto nella misura in cui la Costituzione impedisce alle autorita'
pubbliche l'esercizio della potesta' coercitiva personale. 
    Correlativamente, in nessun caso l'uomo potra' essere  privato  o
limitato nella sua liberta' se questa privazione  o  restrizione  non
risulti astrattamente prevista dalla legge, se un  regolare  giudizio
non  sia  a  tal  fine  instaurato,  se  non  vi  sia   provvedimento
dell'autorita' giudiziaria che ne dia  le  ragioni.  [...]  la  Corte
rileva, anzitutto, che nessun dubbio puo'  sussistere  sulla  portata
sensibilmente  limitatrice  della  liberta'  personale  delle   norme
sull'ammonizione contenute nell'attuale testo unico  delle  leggi  di
p.s. 
    A  parte  che  limitazioni  del  genere  siano  connaturate  alla
funzione di un istituto, quale quello dell'ammonizione, che  trae  la
ragione della sua esistenza dalla necessita' di assicurare  strumenti
adeguati nella prevenzione dei delitti, non  e'  davvero  discutibile
che nella sua regolamentazione  attuale  l'ammonizione  si  concreti,
appunto, nella restrizione di alcuni diritti  fondamentali  e,  primo
tra questi, quello di liberta' della persona. 
    Bastera' ricordare che l'ammonizione, attraverso le  disposizioni
che ora  la  regolano,  si  risolve  in  una  sorta  di  degradazione
giuridica in  cui  taluni  individui,  appartenenti  a  categorie  di
persone che la legge presume socialmente pericolose, magari designati
come tali dalla pubblica voce, vengono a trovarsi per effetto di  una
pronuncia della pubblica autorita'; che l'ordinanza di ammonizione ha
per conseguenza la  sottoposizione  dell'individuo  ad  una  speciale
sorveglianza di  polizia;  che  attraverso  questo  provvedimento  si
impone all'ammonito tutta una serie di obblighi, di  fare  e  di  non
fare, fra cui, quello di non uscire prima e di non rincasare dopo  di
una certa ora,  non  e'  che  uno  fra  gli  altri  che  la  speciale
commissione prescrive. 
    3.1.2. I principi espressi in Corte cost. n. 11/1956  sono  stati
successivamente  expressis  verbis  ripresi  e  sviluppati  in  Corte
costituzionale n. 30/1962, arresto con il quale e'  stata  dichiarata
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 4 della legge  di  pubblica
sicurezza nella parte  in  cui  esso  prevedeva  la  possibilita'  di
espletare  rilievi  segnaletici  tali  da  risolversi  in   ispezioni
personali   senza   la   preventiva   autorizzazione   dell'Autorita'
giudiziaria. 
    [...] l'art. 13 non si riferisce a  qualsiasi  limitazione  della
liberta' personale, ma a quelle limitazioni che violano il  principio
tradizionale dell'habeas corpus (sentenza 14 giugno 1956,  n.  2;  19
giugno 1956, n. 11; 20 aprile 1959, n. 27; 15 marzo 1960, n.  12;  21
giugno 1960, n. 45). 
    Tuttavia, come risulta in particolare dalla  sentenza  19  giugno
1956, n. 11, che dichiaro' illegittime  le  disposizioni  concernenti
l'ammonizione, la garanzia dell'habeas corpus non deve essere  intesa
soltanto in rapporto alla coercizione fisica della persona, ma  anche
alla  menomazione  della  liberta'  morale  quando  tale  menomazione
implichi un assoggettamento totale della persona all'altrui potere. 
    3.1.3. Come  rammentato  nella  citata  Corte  costituzionale  n.
127/2022, in Corte  cost.  419/1994  e'  stato  ribadito  in  maniera
quantomai chiara che l'apparato di  garanzie  previsto  dall'art.  13
della Costituzione deve trovare applicazione  non  soltanto  «innanzi
allo spiegamento di forme coercitive (il cui esercizio segna la  piu'
icastica manifestazione del monopolio statale della forza)», ma anche
dinanzi a limitazioni della liberta' di  locomozione  che  -  sebbene
astrattamente convergenti verso il campo di applicazione dell'art. 16
della   Costituzione   -   finiscono   per   recare   un'apprezzabile
«menomazione o mortificazione della dignita' o  del  prestigio  della
persona», degradandola sotto il profilo  giuridico.  Giova  riportare
qui di seguito un brano di Corte costituzionale n. 419/1994: 
        deve altresi' preliminarmente osservarsi che l'istituto  [del
soggiorno  cautelare],  cosi'  com'e'   concretamente   disciplinato,
integra senza dubbio - ad avviso di questa  Corte -  una  restrizione
della liberta' personale e non una mera limitazione della liberta' di
circolazione e soggiorno, e cade, quindi, sotto il disposto dell'art.
13 della Costituzione (esattamente invocato  dal  remittente)  e  non
gia' nell'ambito di operativita' dell'art. 16 della Carta. 
        Partendo   dalla   considerazione   che   i   due    precetti
costituzionali  ora  richiamati  presentano  una  diversa  sfera   di
operativita', nel senso che la liberta' di circolazione  e  soggiorno
non costituisce un mero aspetto della liberta' personale, ben potendo
quindi configurarsi istituti che comportano un sacrificio della prima
ma non per cio' solo anche della seconda (cfr. sentt. nn. 2 del 1956,
45 del 1960, 68 del 1964, ordinanza 384 del 1987),  questa  Corte  ha
individuato nella «degradazione giuridica» dell'individuo  l'elemento
qualificante della restrizione della  liberta'  personale,  chiarendo
che  «per   aversi   degradazione   giuridica...   occorre   che   il
provvedimento  provochi  una  menomazione  o   mortificazione   della
dignita'  o  del  prestigio  della  persona,  tale  da  poter  essere
equiparata a  quell'assoggettamento  all'altrui  potere,  in  cui  si
concreta  la  violazione  del  principio  dell'habeas  corpus»  (cit.
sentenza n. 68 del 1964). 
Sulla  possibilita'  di  qualificare   il   C.D.   «Foglio   di   via
obbligatorio» quale misura limitativa della liberta' personale 
    4. Posto quanto precede,  s'impone  di  rammentare  che  il  c.d.
«foglio di via obbligatorio», ad oggi,  non  e'  stato  ritenuto  dal
giudice delle leggi una «misura limitativa della liberta' personale». 
    In particolare, in  Corte  costituzionale  n.  2/1956,  la  Corte
costituzionale  ha  ritenuto  l'istituto  del  «foglio  di  via»  non
contrastante   con   l'art.   13   della   Costituzione   in   quanto
insuscettibile di coattiva esecuzione: 
        [...] la Corte ritiene che le norme relative ai provvedimenti
del rimpatrio con foglio di  via  obbligatorio  e  della  conseguente
diffida, norme gia' contenute nelle precedenti leggi di p.s. del 1865
e 1889, non contrastino, salvo in due punti  di  cui  si  dira',  con
l'art. 13 della Costituzione. Questa  disposizione,  pur  ritenendosi
infondata la tesi che sia meramente programmatica o di non  immediata
attuazione,  non  va  intesa  quale  garanzia  di  indiscriminata   e
illimitata liberta' di condotta del  cittadino;  tanto  vero  che  la
stessa Costituzione, nello stesso art. 13 e nei successivi  contempla
e disciplina varie situazioni e fissa espressamente dei limiti. 
    Cio' che, pero', contrasta con l'art. 13  della  Costituzione  e'
anzitutto il potere  di  ordinare  la  traduzione  del  rimpatriando,
perche' cio' viola quella liberta' personale che e' garantita da tale
articolo. La traduzione resta tuttavia legittima  nei  casi  previsti
dall'ultimo comma dell'art. 157 e dall'analogo 3 comma dell'art.  163
della stessa legge di p.s., in quanto in tali casi la  traduzione  e'
per legge conseguente ad una decisione dell'Autorita' giudiziaria. Va
da se' che la mancata traduzione non produca l'impunita' di  chi  non
rispetti  l'ordine  di  rimpatrio,  perche'  il  trasgressore   sara'
passibile di denuncia all'Autorita' giudiziaria  per  le  conseguenti
sanzioni penali. 
    Anche in Corte costituzionale n. 45/1960 e' stato  affermato  che
il foglio di via obbligatorio comporti soltanto una limitazione della
liberta'  di  circolazione  e  non  una  limitazione  della  liberta'
personale; nell'arresto in parola, in particolare, il  giudice  delle
leggi ha inteso affermare che il foglio di via  non  comporti  alcuna
forma di degradazione giuridica dell'individuo. 
    [...] Che la Costituzione abbia voluto assicurare la tutela della
liberta' in tutte le sue manifestazioni, e' certo; ma non  e'  esatto
che qualunque limitazione  della  liberta'  debba  essere  ricondotta
sotto la disciplina dell'art. 13. 
    Negli articoli 13 e seguenti  sono  considerati  i  vari  aspetti
sotto cui la liberta' si manifesta e si tutela e sono  enunciate,  da
un lato, le garanzie appropriate e, dall'altro,  la  possibilita'  di
limitazioni.  L'art.  13,  nel  dichiarare  inviolabile  la  liberta'
personale, si riferisce alla liberta' della persona in senso stretto,
come risulta dalle esemplificazioni del  secondo  comma:  detenzione,
ispezione, perquisizione. Trattasi, quindi, di quel diritto che  trae
la sua denominazione tradizionale dall'habeas  corpus.  Ecco  perche'
questa Corte nella sentenza n. 2 del 14 giugno 1956  ritenne  che  le
norme relative ai provvedimenti  del  rimpatrio  con  foglio  di  via
obbligatorio non contrastassero con  l'art.  13,  salvo  che  in  due
punti: la traduzione  del  rimpatriando  e  la  possibilita'  che  si
potesse provvedere in base a semplice sospetto. 
    Nell'ordinanza in esame l'art. 2 della  legge  27  dicembre  1956
viene denunziato esclusivamente sotto il  riflesso  della  competenza
dell'organo che ha il potere di disporre  il  rimpatrio.  Sotto  tale
aspetto, che e' l'unico che qui viene  in  considerazione,  la  Corte
deve  riconoscere  che,  nel  formulare  la  norma   denunziata,   il
legislatore non si e' messo in  contrasto  con  i  criteri  enunciati
nella  richiamata  sentenza.  L'ordine  di  rimpatrio  non   consente
l'esercizio di alcuna coercizione. 
    Il soggetto, cui l'ordine e' stato  impartito,  non  puo'  essere
tradotto al luogo del rimpatrio, salvo che a seguito  della  sentenza
di condanna. Sussiste,  quindi,  una  limitazione  alla  liberta'  di
circolazione e di soggiorno ai sensi dell'art. 16 della Costituzione,
ma non una restrizione della liberta' personale  ai  sensi  dell'art.
13. 
    Non e' esatto affermare che la situazione di chi e' obbligato  al
rimpatrio  sia  assimilabile  a  quella   di   chi   era   sottoposto
all'ammonizione secondo gli allora vigenti articoli  170  e  seguenti
della legge di pubblica sicurezza. 
    Con la sentenza n. 11 del 19 giugno 1956  la  Corte  rilevo'  che
l'ammonizione si risolveva in una sorta di degradazione giuridica  in
cui  taluni  individui  venivano  a  trovarsi   per   effetto   della
sorveglianza di polizia cui erano  sottoposti  attraverso  tutta  una
serie di obblighi, di fare e di non  fare,  fra  cui  quello  di  non
uscire prima e di non rincasare dopo di una certa ora non era che uno
fra gli altri che la speciale commissione poteva prescrivere. 
    Ora, come si e' detto, l'ordine di rimpatrio non  importa  alcuna
conseguenza di questo genere,  perche'  lascia  integra  la  liberta'
della persona soggetta  all'ordine  di  rimpatrio,  ponendo  soltanto
limiti alla possibilita' di movimento  e  di  soggiorno:  limiti  sul
contenuto  dei  quali  nella  presente  controversia  non  e'   stata
sollevata questione. 
    Dal che si deduce che non illegittimamente l'art. 2  della  legge
del 1956 ha demandato l'emissione  dell'ordine  di  rimpatrio,  senza
traduzione, all'Autorita' di pubblica sicurezza; 
    5. Ad avviso di questo G.i.p., l'orientamento espresso  in  Corte
costituzionale n. 2/1956 e in Corte costituzionale n. 45/1960  merita
di  essere  superato  alla  luce  dell'ormai  consolidato  quadro  di
principi delineato da codesta Corte  nell'ambito  dell'«actio  finium
regundorum»  compiuta  in  relazione  all'ambito  applicativo   delle
disposizioni di cui agli articoli 13 e 16 della Costituzione. 
    5.1. Come rammentato supra, ad oggi e' pressocche'  pacifico  che
una misura «restrittiva» idonea  a  porre  apprezzabili  limiti  alla
facolta'  di  locomozione  di  un  individuo  possa  essere  ritenuta
«limitativa della liberta'  personale»  anche  laddove  l'ordinamento
giuridico non preveda la possibilita'  che  la  stessa  sia  eseguita
coattivamente a mezzo di «coercizione fisica»; a lume di  tanto,  non
v'e' dubbio che il principale argomento sotteso alle sentenze con cui
e'   stata   dichiarata    l'infondatezza    delle    questioni    di
costituzionalita' sollevate in  relazione  al  c.d.  «foglio  di  via
obbligatorio» debba ritenersi definitivamente superato. 
    5.2. Come rammentato supra, codesta Corte, in numerose occasioni,
ha affermato che le garanzie dell'habeas corpus debbano applicarsi  a
«restrizioni» tali da implicare: 
        un giudizio sulla personalita' morale del singolo; 
        un'incidenza sulla pari dignita' sociale dell'individuo; 
        una compromissione della liberta' morale dell'individuo; 
        una degradazione giuridica; 
        una  menomazione  o  mortificazione  della  dignita'  o   del
prestigio della persona; 
        una separazione dell'individuo dal resto della  collettivita'
per il tramite dell'irrogazione nei suoi confronti di un  trattamento
deteriore. 
    Orbene, aparere di  questo  G.i.p.,  un  provvedimento  quale  il
foglio di via obbligatorio, nei suoi presupposti  applicativi  e  nei
suoi effetti, non puo' non implicare conseguenze  analoghe  a  quelle
appena menzionate. 
    5.2.1. Sotteso ad un foglio di via v'e' certamente  un  «giudizio
sulla personalita' morale» del relativo destinatario; quella  di  cui
trattasi, infatti, e'  una  misura  di  prevenzione  suscettibile  di
essere disposta esclusivamente nei confronti di soggetti che  possano
ritenersi pericolosi socialmente ai sensi dell'articolo 1 del decreto
legislativo n. 159/2011, ossia  a  soggetti  «abitualmente  dediti  a
traffici delittuosi» e/o «che vivono abitualmente,  anche  in  parte,
con i proventi di attivita' delittuose» e/o  «che  sono  dediti  alla
commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l'integrita'
fisica o  morale  dei  minorenni,  la  sanita',  la  sicurezza  o  la
tranquillita' pubblica»; non puo' negarsi che l'inquadramento di  una
persona in una delle predette categorie  abbia  effetti  pesantemente
stigmatizzanti, a meno di non voler ritenere che un soggetto di media
ragionevolezza possa essere indifferente all'eventualita'  di  essere
definito dall'Autorita' pubblica un vero e proprio «pericolo  per  la
collettivita'». 
    5.2.1.1. Il «giudizio sulla personalita' morale» del destinatario
di un foglio di via obbligatorio  appare  tanto  piu'  stigmatizzante
quanto  piu'  si  pone  mente  alla  circostanza  che  la  misura  di
prevenzione di cui trattasi - come stabilito anche dalla  consolidata
giurisprudenza amministrativa - «si presenta, [gia'] sul piano  della
sua tipizzazione  normativa,  fortemente  caratterizzata  in  termini
penalistici», nel senso che la  pericolosita'  sociale  del  soggetto
interessato deve essere  ricostruita,  «da  un  lato,  attingendo  al
vissuto criminale [dello stesso] (nei suoi risvolti pregressi  ed  in
quelli prognostici) e, dall'altro  lato,  analizzando  il  potenziale
offensivo insito nelle condotte  criminose  alle  quali  il  medesimo
risulti essere dedito, con una precisa direzionalita' lesiva,  quanto
ai beni esposti a pregiudizio». 
    Detto principio e' stato affermato a chiare lettere in  Consiglio
di Stato, Sez. III, 22  aprile  2022,  n.  3108,  arresto  della  cui
motivazione appare opportuno  riportare  un  ampio  stralcio  qui  di
seguito: 
        [...] per l'adozione del  foglio  di  via  obbligatorio  sono
richiesti elementi di fatto, attuali e concreti,  in  base  ai  quali
puo' essere formulato un giudizio prognostico sulla probabilita'  che
il soggetto commetta reati che offendono o  mettono  in  pericolo  la
tranquillita'  e  sicurezza  pubblica,  perche',   diversamente,   si
finirebbe per fondare la misura sulla responsabilita' collettiva  per
fatti addebitabili ad anonimi esponenti di un gruppo o, come nel caso
di specie, di un movimento sindacale. 
        In particolare,  come  questo  Consiglio  di  Stato  ha  gia'
evidenziato nella propria costante giurisprudenza,  assumono  rilievo
centrale,  sul  piano  istruttorio  e   motivazionale,   il   profilo
soggettivo, relativo alla «dedizione» del soggetto  alla  commissione
di reati, e quello oggettivo, inerente alla attitudine offensiva  dei
medesimi reati nei confronti dei beni nominativamente individuati dal
legislatore e cioe', per quanto di interesse, quelli della  sicurezza
e della tranquillita' pubblica. 
        Il foglio di  via  obbligatorio,  previsto  dall'art.  2  del
decreto legislativo n. 159 del 2011, e' infatti diretto  a  prevenire
reati socialmente pericolosi, non  gia'  a  reprimerli,  e  pertanto,
benche' non occorra la prova della avvenuta commissione di reati,  e'
richiesta   dalla   giurisprudenza   amministrativa   una    motivata
indicazione dei comportamenti e degli episodi, desunti dalla  vita  e
dal contesto socio ambientale dell'interessato, da cui oggettivamente
emerga una apprezzabile probabilita' di condotte penalmente rilevanti
e socialmente pericolose. 
        [...] 
        La misura preventiva in  questione  si  presenta,  sul  piano
della  sua  tipizzazione  normativa,  fortemente  caratterizzata   in
termini penalistici, nel  senso  che  entrambi  i  predetti  profili,
soggettivo e  oggettivo,  devono  essere  ricostruiti,  da  un  lato,
attingendo al vissuto criminale del soggetto  interessato  (nei  suoi
risvolti pregressi ed in  quelli  prognostici)  e,  dall'altro  lato,
analizzando il potenziale offensivo insito nelle  condotte  criminose
alle quali  il  medesimo  risulti  essere  dedito,  con  una  precisa
direzionalita' lesiva, quanto ai beni esposti a pregiudizio [...] 
        Queste considerazioni valgono, a  maggior  ragione,  dopo  la
recente sentenza [...] della Corte  costituzionale  che,  in  seguito
alla sentenza della  Corte  europea  dei  diritti  dell'uomo  del  23
febbraio 2017, ..., e seppure con riferimento  alle  ipotesi  di  cui
alle lettera a) e b) dell'art. 1, comma 1, del decreto legislativo n.
159 del 2011, ha  sottolineato  l'esigenza  generale  di  rispettare,
anche per  il  diritto  della  prevenzione,  essenziali  garanzie  di
tassativita'   sostanziale,   inerente    alla    precisione,    alla
determinatezza e alla prevedibilita' degli elementi costitutivi della
fattispecie legale, che costituisce oggetto di prova, ed  altrettanto
essenziali garanzie di  tassativita'  processuale,  attinente  invece
alle modalita' di accertamento probatorio in giudizio. 
    5.2.2. Il foglio di via obbligatorio incide sulla  pari  dignita'
sociale di un individuo; precludere ad un soggetto  di  intrattenersi
presso una porzione del territorio dello Stato  equivale,  con  tutta
evidenza, a negare  al  predetto  di  esercitare  presso  l'anzidetto
spazio i propri diritti civili, sociali e politici; che  cio'  accada
in virtu' di un previo  giudizio  negativo  sulla  sua  «personalita'
morale» rende palese la compressione della sua dignita' sociale. 
    5.2.3.  Come   correttamente   posto   in   evidenza   in   Corte
costituzionale n. 127/2022, non tutte le limitazioni  della  liberta'
di locomozione di un individuo incidono sulla dignita' sociale  dello
stesso; l'essere costretti a permanere presso  il  proprio  domicilio
per  ragioni  sanitarie,  infatti,  non  comporta  alcun  particolare
stigma; ad esempio,  chiunque,  incolpevolmente,  puo'  contrarre  un
virus  ed   altrettanto   incolpevolmente   puo'   essere   costretto
all'isolamento  domiciliare  per  ragioni  di  tutela  della   salute
pubblica,  senza  che  la  cosa  comporti  alcuno   stigma   sociale;
parimenti, il divieto imposto a parte della popolazione nazionale  di
uscire dai confini di una specifica regione, se posto allo  scopo  di
prevenire  la  diffusione  di  un  pericoloso  agente  patogeno,  non
comporta  alcuna  degradazione  della  «pari  dignita'  sociale»  dei
destinatari di un simile divieto,  nessuno  dei  quali  potrebbe  mai
essere ritenuto colpevole di aver innescato un'epidemia/una pandemia;
a conclusioni diverse deve  addivenirsi  in  relazione  agli  effetti
dell'emissione di un foglio di via obbligatorio; l'allontanamento  di
un  cittadino  dal  territorio  di  un  comune,  infatti,  presuppone
l'accertamento  della  «nocivita'»  dello  stesso  per  la  comunita'
residente entro i confini del predetto ente locale; cio' non puo' non
riverberarsi  negativamente  in   capo   alla   personalita'   morale
dell'individuo  «allontanato»;  non  pare  inopportuno   mettere   in
evidenza, d'altra parte, che cittadini di media cultura,  usualmente,
non percepiscono alcuna differenza tra la misura prevista dall'art. 2
del decreto legislativo n. 159/2011 e la misura  cautelare  personale
del divieto di dimora prevista dall'art. 283, comma I c.p.p.. 
    5.2.4. Il foglio  di  via  obbligatorio,  per  analoghe  ragioni,
compromette la liberta' morale dell'individuo; al destinatario di una
simile misura di prevenzione e' precluso di intrattenersi presso  una
porzione del territorio dello Stato, il che, talora, puo'  comportare
un'apprezzabile diminuzione delle possibilita' di realizzazione d'una
persona;  ad  esempio,  impedire  la  permanenza   di   un   soggetto
disoccupato  entro  i  confini   di   un   capoluogo   di   provincia
commercialmente  ed  industrialmente  sviluppato  sito   presso   una
provincia complessivamente depressa  economicamente  puo'  comportare
un'apprezzabile   diminuzione   delle    chances    di    occupazione
dell'individuo «allontanato» e, dunque,  delle  sue  possibilita'  di
partecipare alla vita sociale ed economica del Paese;  altro  esempio
di rilievo e' quello offerto da una recente  sentenza  del  Tribunale
amministrativo regionale di Perugia (5) , nella quale si e' affermato
che il foglio di via puo' finire per incidere sulla vita familiare  e
privata  di  un  individuo,  al  punto  da  ostacolare  sensibilmente
l'esercizio dei diritti previsti dall'art. 8 della C.E.D.U.. (6) 
    5.2.5. Il «foglio di via obbligatorio» e'  un  provvedimento  che
comporta una importante degradazione giuridica del suo  destinatario;
la sfera giuridica  di  questi  risulta  intaccata  dalla  misura  di
prevenzione de qua; il novero delle facolta' riconosciute al soggetto
colpito dal «foglio di via» e' apprezzabilmente  ridotto  rispetto  a
quello previsto in relazione alla generalita' dei consociati, il  che
ingenera  una  separazione  di  detto  individuo  dal   resto   della
collettivita' per il tramite dell'irrogazione nei suoi  confronti  di
un trattamento innegabilmente deteriore; in  tal  proposito,  attenta
dottrina ha messo in  evidenza  come  il  destinatario  della  misura
prevista dall'art. 2 del decreto legislativo n.  159/2011  non  possa
rendere l'ufficio di testimone (in tal senso l'art. 120 c.p.p.),  non
possa assumere l'ufficio di  interprete  (in  tal  senso  l'art.  144
c.p.p.), non possa svolgere l'incarico  di  perito  o  di  consulente
tecnico nell'ambito di un  procedimento  penale  (in  tal  senso  gli
articoli 222 e 225 c.p.p.) e non possa essere ammesso ad  un'aula  di
udienza (in tal senso l'art. 471, comma II c.p.p.). 
    5.2.6. Appare quasi inutile sottolineare come il  foglio  di  via
obbligatorio   non   possa   non   comportare   una   menomazione   o
mortificazione della dignita' o del prestigio del  suo  destinatario;
nessuno mai, infatti, riterrebbe dignitoso essere ritenuto pericoloso
socialmente e, contestualmente, essere de facto espulso - seppur  per
un intervallo di tempo  limitato  -  dal  territorio  di  un  comune;
parimenti, tenuto conto  della  media  sensibilita'  dei  consociati,
nessuno  mai  riterrebbe   il   proprio   prestigio   non   intaccato
dall'irrogazione di una misura di prevenzione  quale  quella  di  cui
trattasi. 
L'idoneita'  del  foglio  di  via  obbligatorio   a   comportare   un
«Assoggettamento  all'altrui  potere»  assimilabile,  sotto   plurimi
profili, a quello proprio delle misure previste  dagli  articoli  233
c.p., 283, comma I  codice  di  procedura  penale  e  6  del  decreto
legislativo n. 159/2011 
    6. Il foglio di via obbligatorio, cosi' come previsto dall'art. 2
del decreto legislativo n. 159/2011, impone al  soggetto  che  ne  e'
interessato un facere - il ritorno nel comune di residenza  -  ed  un
non facere - l'obbligo di non  fare  rientro  nel  territorio  di  un
determinato comune: una  misura  disciplinata  in  tal  guisa  appare
sostanzialmente sovrapponibile alla misura di sicurezza  del  divieto
di soggiorno prevista dall'art. 233  codice  penale  ed  alla  misura
cautelare del divieto di  dimora  prevista  dall'art.  283,  comma  I
c.p.p.. 
    In tal proposito, pare opportuno rammentare che: 
        l'art. 233 del codice penale prevede che «al colpevole di  un
delitto  contro  la  personalita'  dello  Stato  o  contro   l'ordine
pubblico, ovvero  di  un  delitto  commesso  per  motivi  politici  o
occasionato da particolari condizioni sociali o morali  esistenti  in
un determinato luogo, puo' essere imposto il divieto  di  soggiornare
in uno o piu'  comuni  o  in  una  o  piu'  province,  designati  dal
giudice»; «il divieto di soggiorno ha una durata non inferiore  a  un
anno»; «nel caso di trasgressione, ricomincia a decorrere il  termine
minimo, e puo' essere ordinata inoltre la liberta' vigilata»; 
        l'art. 283, comma I codice di procedura  penale  prevede  che
«con il provvedimento che dispone il divieto di  dimora,  il  giudice
prescrive all'imputato di non dimorare in un determinato luogo  e  di
non accedervi senza l'autorizzazione del giudice che procede». 
    A parere di questo  G.i.p.,  e'  innegabile  che  la  restrizione
prevista dall'art. 2 del decreto  legislativo  n.  159/2011  sortisca
effetti obbligatori naturalisticamente pressocche' identici a  quelli
sortiti dalle misure di cui agli articoli 233 codice  penale  e  283,
comma  I  c.p.p.,  sostanziantisi  nell'allontanamento  da  una  data
porzione del territorio dello Stato. 
    6.1.  Alla  luce  dei  principi  espressi  nella   giurisprudenza
amministrativa, anche i presupposti di  applicazione  e  i  fini  del
foglio di via appaiono similari  a  quelli  propri  della  misura  di
sicurezza del divieto di soggiorno e a quelli della misura  cautelare
del divieto di dimora. 
    In tal proposito, va osservato - cosi' come gia' rammentato supra
- che nel diritto vivente e' consolidato il principio secondo cui «il
foglio di via obbligatorio [...] e' [...] diretto a  prevenire  reati
socialmente pericolosi [...] e [...], benche' non  occorra  la  prova
della   avvenuta   commissione   di   reati,   e'   richiesta   dalla
giurisprudenza   amministrativa   una   motivata   indicazione    dei
comportamenti e degli episodi, desunti  dalla  vita  e  dal  contesto
socio ambientale dell'interessato, da cui oggettivamente  emerga  una
apprezzabile  probabilita'  di  condotte   penalmente   rilevanti   e
socialmente   pericolose   [...]»;   inoltre,   secondo   i   giudici
amministrativi, «entrambi i  predetti  profili  [...]  devono  essere
ricostruiti, da un lato, attingendo al vissuto criminale del soggetto
interessato (nei suoi risvolti pregressi ed in  quelli  prognostici,)
e, dall'altro lato, analizzando il potenziale offensivo insito  nelle
condotte criminose alle quali il medesimo risulti essere dedito,  con
una  precisa  direzionalita'  lesiva,  quanto  ai  beni   esposti   a
pregiudizio» (in tal senso, ex plurimis,  Consiglio  di  Stato,  Sez.
III, 22 aprile 2022, n. 3108). (7) 
    Orbene, posto quanto precede, deve osservarsi che: 
        l'applicazione di una misura di sicurezza quale quella di cui
all'art. 233 codice penale si basa  sulla  pregressa  commissione  di
specifiche  tipologie  di  delitto;  l'applicazione  di  una   misura
cautelare quale quella  di  cui  all'art.  283,  comma  I  codice  di
procedura penale presuppone la predicabilita' in capo al  «cautelato»
di un grave quadro indiziario  in  relazione  ad  almeno  un  delitto
punito con pena  detentiva  superiore  nel  massimo  a  tre  anni  di
reclusione; analogamente, anche la  valutazione  della  pericolosita'
sociale del destinatario di un foglio di via obbligatorio  impone  di
«attinge[re] al vissuto criminale del soggetto interessato, nei  suoi
risvolti pregressi ed in quelli prognostici»; 
        la misura di sicurezza prevista dall'art. 233  codice  penale
e' una misura di carattere special-preventivo tesa a neutralizzare la
pericolosita' sociale del suo destinatario e, dunque, la reiterazione
di reati da parte  di  questi;  anche  la  misura  cautelare  di  cui
all'art. 283, comma I codice di procedura penale puo' essere disposta
per prevenire la reiterazione  di  reati,  entro  i  limiti  previsti
dall'art. 274, comma I, lettera c)  c.p.p.;  analogamente,  anche  il
foglio di  via  obbligatorio  puo'  essere  adottato  per  soddisfare
un'esigenza di carattere preventivo, al fine di far  fronte  ad  «una
apprezzabile  probabilita'  di  condotte   penalmente   rilevanti   e
socialmente pericolose». 
    7. La misura del foglio di via obbligatorio, a parere  di  questo
G.i.p., sortisce effetti incapacitanti in larga misura sovrapponibili
anche a quelli  sortiti  dalla  misura  della  sorveglianza  speciale
allorquando   essa   non   e'    caratterizzata    da    prescrizioni
particolarmente stringenti - ad esempio, dall'obbligo di soggiorno in
un determinato comune - e, al contempo, e' accompagnata  dal  divieto
di soggiorno in un comune.  Oltretutto,  tanto  la  violazione  delle
prescrizioni della misura di prevenzione della sorveglianza  speciale
con divieto di soggiorno in  specifici  luoghi  tanto  la  violazione
della prescrizione di allontanarsi da un determinato comune  comporta
conseguenze di carattere penale -  in  un  caso,  l'integrazione  del
reato  di  cui  all'art.  75,  comma 2  del  decreto  legislativo  n.
159/2011, nell'altro l'integrazione del reato  di  cui  all'art.  76,
comma 3 del decreto legislativo n. 159/2011. 
    8. Breviter:  l'«assoggettamento  all'altrui  potere»  comportato
dalla  misura  di  prevenzione  prevista  dall'art.  2  del   decreto
legislativo n. 159/2011  appare  in  larga  misura  sovrapponibile  a
quello comportato dalle misure di cui agli articoli 233  c.p.  (8)  ,
283, comma 1 codice di procedura penale e 6 del  decreto  legislativo
n. 159/2011; al contempo, per i motivi espressi supra, il  foglio  di
via comporta la  degradazione  giuridica,  un  giudizio  negativo  di
personalita', lo stigma  morale  e  la  compressione  della  dignita'
sociale del soggetto che ne e' destinatario. 
La  non  manifesta  infondatezza  della  questione  di   legittimita'
costituzionale dell'articolo 2 del decreto  legislativo  n.  159/2011
per contrarieta' agli articoli 13 e 3 della Costituzione 
    9. Alla luce delle argomentazioni sin qui svolte, questo  giudice
per le indagini preliminari ritiene che sia  ormai  consolidato  -  e
condivisibile - l'orientamento di codesta Corte secondo il quale  una
misura limitativa della liberta' di locomozione di un individuo  puo'
considerarsi «limitativa della liberta' personale» - e  non  soltanto
della «liberta' di circolazione» - allorquando essa, per  quanto  non
coercibile, degradi giuridicamente il suo destinatario, connotando di
disvalore la sua persona e  finendo  per  acquisire  un'afflittivita'
assimilabile a quella di misure coercitive. 
    Questo giudice per le indagini preliminari ritiene, altresi', che
la misura del foglio di via obbligatorio, per presupposti applicativi
ed effetti, implichi inevitabilmente la formulazione di  un  giudizio
ben negativo sulla personalita' morale  del  soggetto  «allontanato»,
un'incisione  rilevante  sulla  sua  pari   dignita'   sociale,   una
compromissione della sua liberta' morale, una degradazione  giuridica
tale da ingenerare una menomazione e/o mortificazione della  dignita'
o del prestigio della persona, nonche' una separazione dell'individuo
dal resto della collettivita' per  il  tramite  dell'irrogazione  nei
suoi confronti di un trattamento deteriore. 
    Gli effetti incapacitanti della misura prevista dall'art.  2  del
decreto  legislativo  n.  159/2011  comportano  un   «assoggettamento
all'altrui potere» del tutto assimilabile in  tutto  a  quello  della
misura cautelare del divieto di dimora (pacificamente  identificabile
quale misura limitativa della liberta' personale) ed alla  misura  di
sicurezza prevista  dall'art.  233  codice  penale  (suscettibile  di
essere disposta solo  dall'Autorita'  giudiziaria),  nonche',  seppur
parzialmente, alla misura di prevenzione della sorveglianza  speciale
- misura che, sulla base di principi  anticamente  espressi  gia'  in
Corte costituzionale n. 11/1956 e da ultimo vigorosamente riaffermati
in Corte costituzionale n. 24/2019, e'  sottoposta  al  complesso  di
garanzie previste dall'art. 13 della Costituzione. 
    10. Posto quanto precede, l'art. 2  del  decreto  legislativo  n.
159/2011, nel prevedere che il questore possa ordinariamente disporre
la misura di prevenzione del foglio di via  obbligatorio,  appare  in
contrasto con l'art. 13 della  Costituzione,  e  cio'  in  quanto  la
misura de qua - comportante una rilevante  degradazione  giuridica  e
morale del suo destinatario, dunque una  limitazione  della  liberta'
personale  e  non  soltanto  una  restrizione   della   liberta'   di
circolazione - dovrebbe essere disposta dall'Autorita' giudiziaria  e
non dall'Autorita' di pubblica sicurezza. 
    L'art. 2 del decreto legislativo n. 159/2011 appare in contrasto,
altresi', con l'art. 3 della Costituzione, e cio'  in  quanto  appare
irragionevole che una misura  comportante  un  assoggettamento  della
persona all'altrui potere quale il foglio  di  via  obbligatorio  sia
disposta  dell'Autorita'  di  pubblica   sicurezza   sebbene   misure
comportanti un analogo assoggettamento siano disposte  dall'Autorita'
giudiziaria. 
    11. Appare opportuno rammentare, da ultimo, che  recentemente  la
Corte  costituzionale,  nella  sentenza  n.   2/2023,   ha   ritenuto
costituzionalmente illegittimo, per  violazione  dell'art.  15  della
Costituzione, l'art. 3, comma 4 del decreto legislativo  n.  159/2011
nella parte in cui include i telefoni cellulari tra gli  apparati  di
comunicazione radiotrasmittente di cui il questore puo'  vietare,  in
tutto o in parte, il possesso o l'utilizzo. 
    Nella sentenza de qua si legge quanto segue: 
        in  un  caso  (sentenza  n.  419  del  1994,  pronunciata  in
riferimento alla misura  di  prevenzione  del  cosiddetto  «soggiorno
cautelare», che poteva  essere  disposto  dal  procuratore  nazionale
antimafia,  in  presenza  di  indici  di   pericolosita'   di   reati
associativi di stampo mafioso di  particolare  allarme  sociale),  la
sentenza d'accoglimento, fondata  sulla  natura  non  giurisdizionale
dell'organo chiamato ad adottare la misura limitativa della  liberta'
personale, ha avuto cura  di  precisare  l'ininfluenza  ai  fini  del
rispetto della riserva di giurisdizione, dell'eventuale previsione di
un riesame del  giudice,  su  iniziativa  dell'interessato.  Gia'  in
quell'occasione, fu osservata la natura meramente eventuale di questo
vaglio, attivabile su impulso del destinatario della misura. Cio'  va
ribadito nell'odierna questione: quel che conta, ai fini del rispetto
della riserva di  giurisdizione  costituzionalmente  imposta,  e'  la
titolarita' del potere di decidere, direttamente  e  definitivamente,
la misura stessa. Se tale potere e'  conferito  ad  un'autorita'  non
giudiziaria, nessun riferimento  ad  una  «fattispecie  a  formazione
progressiva», sulla base della previsione di un eventuale, successivo
intervento del  giudice,  puo'  emendare  il  vizio  di  legittimita'
costituzionale. 
        Da questo punto di vista, non ha dunque pregio l'osservazione
dell'Avvocatura generale dello Stato,  secondo  cui  il  divieto  del
questore sarebbe «pienamente» assistito dal controllo  dell'autorita'
giudiziaria,  «essendo  opponibile,  successivamente  alla   denegata
richiesta  di  revoca,   davanti   al   tribunale   in   composizione
monocratica, nella forma dell'incidente di esecuzione». 
    Questo giudice  ritiene  di  condividere  pienamente  i  principi
espressi nell'arresto appena evocato: ove si ritenga che il foglio di
via sia una misura limitativa  della  liberta'  personale  e  che  in
relazione ad esso trovi applicazione l'art.  13  della  Costituzione,
non puo' contestualmente accettarsi che il  provvedimento  in  parola
possa essere adottato in prima battuta da un'Autorita' amministrativa
e che la c.d. riserva di giurisdizione sia garantita solo a mezzo  di
un  controllo  eventuale,  successivo,  innescato  da   un'iniziativa
dell'interessato. 
    12. Nella sentenza n. 2/2023 della  Corte  costituzionale  si  e'
precisato, inoltre, quanto segue: 
        come accade nell'ambito delle stesse  misure  di  prevenzione
personali applicate dall'autorita' giudiziaria (ai sensi, ad esempio,
dell'art. 5, comma 1, cod. antimafia), ben  puo'  spettare  anche  al
questore la titolarita' del potere di proporre che a  un  determinato
soggetto sia imposto il divieto di possedere o utilizzare un telefono
cellulare, ma non gli compete di adottare il  provvedimento,  poiche'
l'art. 15 Cost. non lo consente: la decisione  non  puo'  che  essere
dell'autorita' giudiziaria, con le procedure, le modalita' e i  tempi
che compete al legislatore prevedere, nel rispetto della  riserva  di
legge prevista dalla Costituzione. 
    Questo  giudice  per  le   indagini   preliminari   ritiene   che
l'anzidetto principio ben possa essere applicato anche  in  relazione
al foglio di via obbligatorio: il questore puo' ben  essere  titolare
del potere di proporre che a un determinato soggetto sia  imposto  il
divieto di permanere entro il territorio di un determinato comune, ma
non puo' decidere di adottare siffatta decisione. 
La rilevanza della questione di costituzionalita' supra delineata  in
seno al procedimento penale che occupa questo G.I.P. 
    13. Come riportato ai paragrafi 1), 1.1) e  1.2)  della  presente
ordinanza, il foglio di via obbligatorio violato da P.  L.  e'  stato
emesso dal Questore di ..., previo accertamento  della  pericolosita'
sociale dell'odierno imputato e  sulla  base  di  quanto  attualmente
disposto dall'art. 2 del decreto legislativo n. 159/2011. 
    L'anzidetto provvedimento non puo' essere disapplicato da  questo
giudice ai sensi dell'art. 5 della legge  n.  2248/1965,  considerato
che lo stesso appare congruamente motivato, non viziato da profili di
nullita' o annullabilita' e legittimamente emesso  dall'Autorita'  di
pubblica sicurezza ad oggi competente in ordine alla sua emissione. 
    L'impossibilita'  di  disapplicare  il  foglio  di  via  de   quo
comporterebbe l'obbligo, in capo a questo G.i.p.,  di  accogliere  la
richiesta di decreto penale di condanna formulata dalla Procura della
Repubblica presso il Tribunale di ... 
    A lume di tanto, evidente  e'  la  rilevanza,  nel  caso  che  ci
occupa, della questione di costituzionalita' delineata supra. 
    Ed infatti: 
        la  declaratoria  di  incostituzionalita'  dell'art.  2   del
decreto legislativo  n.  159/2011  comporterebbe  in  capo  a  questo
giudice l'obbligo di disapplicare il provvedimento la cui  violazione
e', ad oggi, addebitata al P.; 
        la disapplicazione del predetto  provvedimento  comporterebbe
l'emissione, nei confronti del P. di sentenza di assoluzione de plano
ai sensi degli articoli 129 e 459, comma III c.p.p.. 
Osservazioni sul petitum 
    14. La questione di costituzionalita' sollevata con  la  presente
ordinanza appare assimilabile, ex plurimis, a quella sulla  quale  la
Corte costituzionale si e' pronunciata con la  sentenza  n.  11/1956.
(9) 
    Ed infatti - oggi come 67 anni fa - non ci  si  puo'  limitare  a
sollecitare la declaratoria di incostituzionalita'  della  norma  che
sanziona penalmente (10) ) la violazione delle  prescrizioni  di  una
misura di prevenzione il cui procedimento applicativo e' ritenuto  in
contrasto con l'art. 13 della Costituzione. 
    Cio' che viene in rilievo nel caso che ci occupa, infatti, e'  la
prospettata illegittimita' di una tipologia di misura di  prevenzione
asseritamente comportante limitazioni della liberta' personale, e non
la facolta' del legislatore di sanzionare penalmente la violazione di
prescrizioni correlate a misure limitative della liberta'. 
    Come osservato da acuta dottrina, analogo  schema  valutativo  e'
stato adottato dal giudice delle leggi  in  Corte  costituzionale  n.
59/1958. (11) 
    Tanto  impone  a  questo  dunque,  di  sollevare   questione   di
costituzionalita' in relazione all'art. 2 del decreto legislativo  n.
159/2011. 
    15. In Corte costituzionale n. 11/1956 e' stata condivisibilmente
dichiarata     l'incostituzionalita'      dell'intera      disciplina
dell'ammonizione. 
    Il  giudice  delle  leggi  ha  ritenuto  non   «dubbio   che   la
regolamentazione [...] dell'ammonizione si present[asse] in stridente
contrasto con il precetto costituzionale che sottrae  alle  autorita'
amministrative il potere di emanare provvedimenti  restrittivi  della
liberta'  personale»,  contestualmente  affermando  che   «le   norme
sull'ammonizione [fossero] costituzionalmente  incompatibili  con  il
diritto   soggettivo   di   liberta'   personale   costituzionalmente
garantito». 
    Codesta  Corte,   all'ultimo   capoverso   della   sentenza   qui
richiamata, ha  poi  ritenuto  priva  di  rilievo  giuridico  che  la
declaratoria di incostituzionalita' degli articoli dal 164 al 176 del
T.U.L.P.S. «impedi[sse] l'applicazione di una  misura  preventiva  di
cui il costituente  non  sembra[va]  averne  voluto,  come  tale,  la
soppressione», ritenendo che siffatta «preoccupazione  muove[sse]  da
presupposti ed opera[sse] in un  piano»  irrilevante  «nell'esercizio
del controllo di  costituzionalita'».  A  parere  di  questo  G.i.p.,
simili valutazioni devono essere compiute anche in relazione al  caso
che ci occupa:  i  profili  di  contrasto  dell'art.  2  del  decreto
legislativo n. 159/2011 con gli articoli 3 e  13  della  Costituzione
non possono essere obliterati a fronte del «rischio» di precludere al
questore l'uso di uno strumento «agile» quale quello  del  foglio  di
via obbligatorio, adottabile senza coinvolgere  il  suo  destinatario
nel relativo procedimento applicativo. (12) 
Questioni di legittimita' costituzionale formulate in via subordinata 
    16. Questo giudice per le indagini preliminari ritiene  opportuno
formulare,   in   via   subordinata,   questione   di    legittimita'
costituzionale dell'art. 2 del decreto legislativo n. 159/2011  nella
parte in cui detta disposizione non prevede che per il foglio di  via
obbligatorio si applichino, in quanto compatibili, le disposizioni di
cui all'art. 6, commi 2-bis, 3 e 4, della legge 13 dicembre 1989,  n.
401. 
    16.1. Il c.d. D.A.S.P.O. urbano,  per  presupposti  e  finalita',
costituisce una misura ben simile a quella del foglio di via. 
    Ciononostante, deve osservarsi che: 
        il D.A.S.P.O. urbano prevista dall'art.  10,  comma  III  del
decreto-legge n. 14/2017 - della durata di un  anno,  irrogabile  nei
confronti  di  soggetti  la  cui  maggior  pericolosita'  sociale  e'
desumibile da specifiche tipologie  di  precedenti  giudiziari  della
durata di un anno -  deve  essere  convalidato  dal  giudice  per  le
indagini preliminari secondo la normativa prevista dall'art. 6  della
legge n. 401/1989, e cio' sebbene il provvedimento in parola concerna
solo specifiche aree ricadenti entro un territorio comunale; 
        per  il  foglio  di  via  obbligatorio  -  provvedimento  che
riguardando tutta l'area ricadente entro i confini di un comune - non
e' prevista alcuna procedura di  convalida  da  parte  dell'Autorita'
giudiziaria. A parere  di  questo  G.i.p.,  puo'  una  disparita'  di
normazione  fra  situazioni  del  tutto   similari   che   non   pare
giustificabile e,  dunque,  una  disparita'  irragionevole,  tale  da
integrare una violazione dell'art. 3 della Costituzione, e cio' pur a
voler prescindere dalla qualificazione del foglio di via quale misura
limitativa della liberta' personale. 
    16.1.1. La questione di costituzionalita' che questo giudice  per
le indagini preliminari intende sollevare in via  subordinata  appare
rilevante nell'ambito del  presente  procedimento  penale:  l'odierno
imputato ha l'obbligo, in virtu' del foglio di  via  obbligatorio  di
cui al capo d'imputazione, di non fare ritorno nel Comune di ...  per
tre anni; il provvedimento  di  cui  trattasi,  stante  la  normativa
attualmente vigente, non e' mai stato convalidato da un  giudice  per
le indagini preliminari secondo la procedura di cui all'art. 6, comma
2-bis, 3 e 4 della legge n. 401/1989 e, dunque, non risulta, ad oggi,
disapplicabile. 
    Il trattamento riservato dall'ordinamento a P. L., dunque, appare
deteriore rispetto a quello riservato a  soggetti  destinatari  della
piu' mite misura prevista dall'art. 10, comma III  del  decreto-legge
n. 14/2017, in violazione dell'art. 3 della Costituzione. 
    16.1.2. Per i motivi esposti supra, a parere  di  questo  giudice
per le indagini preliminari il  foglio  di  via  obbligatorio  e'  da
considerarsi misura limitativa della liberta' personale. 
    Cio'  posto,  laddove   si   ritenesse   -   come   fatto   dalla
giurisprudenza amministrativa - che la misura in  parola  sia  emessa
dall'Autorita' di pubblica sicurezza su presupposti di  necessita'  e
urgenza, appare incostituzionale la mancata  previsione  nell'art.  2
del decreto legislativo n. 159/2011  di  un  meccanismo  di  garanzia
quale quello  previsto  dall'art.  13,  comma  III  Cost;  che  detto
meccanismo sia quello previsto dall'art. 6, comma 2-bis, 3 e 4  della
legge n. 401/1989 appare una soluzione costituzionalmente adeguata. 
    16.1.3. In estremo subordine, puo'  ritenersi  irragionevole  che
una misura limitativa della liberta' personale quale il foglio di via
obbligatorio, allorquando sia di durata  annuale,  non  debba  essere
convalidata ex art. 6, comma 2-bis, 3 e 4  della  legge  n.  401/1989
mentre, invece, un c.d. D.a.s.p.o. urbano di pari durata debba essere
convalidato dal G.i.p.. 
    17.  Ove  venisse  accolta  la  questione  di   costituzionalita'
sollevata in via subordinata da questo G.i.p., il foglio di  via  che
ha colpito il P. dovrebbe essere  disapplicato  e,  dunque,  dovrebbe
assolversi l'odierno imputato in relazione  alla  contravvenzione  di
cui all'art. 76, comma III del decreto legislativo  n.  159/2011  con
sentenza emessa de plano ai sensi degli articoli 129 e 459, comma III
c.p.p.. 
Considerazioni conclusive 
    18. Da ultimo, sia concesso a  questo  giudice  per  le  indagini
preliminari di porre in evidenza alcuni dati. 
    La prassi insegna che, talora, il foglio di via  obbligatorio  e'
de facto disposto per  far  fronte  a  problematiche  che  -  sebbene
legittimamente suscettibili di destare l'attenzione dell'Autorita' di
pubblica sicurezza - non possono, di per se'  sole,  legittimare  una
rilevantissima degradazione giuridica ed  un  pesante  stigma  morale
quali quelli conseguenti all'applicazione della misura di prevenzione
di cui trattasi. 
    In tal proposito, ben noto  e'  l'orientamento  giurisprudenziale
secondo il quale «laddove il provvedimento amministrativo, il  foglio
di  via  obbligatorio,  sia  motivato   con   riferimento   esclusivo
all'attivita' di prostituzione e' doverosa la sua disapplicazione  da
parte del giudice penale chiamato  a  pronunciarsi  sulla  ricorrenza
dell'ipotesi  di  reato  di  cui  all'  art.  76,  comma  3,  decreto
legislativo   n.   159/2011.   Questo   perche'   l'esercizio   della
prostituzione non rientra tra le categorie delle  persone  pericolose
ai sensi della normativa vigente e non  e'  un'attivita'  costituente
reato; infatti tale esercizio non  puo'  fondare  l'emissione  di  un
provvedimento di allontanamento  basato  sulle  ipotesi  di  traffici
delittuosi» (in tal senso, ex plurimis, Cassazione pen., Sez.  I,  20
febbraio 2019, n. 17616). 
    La disposizione di cui all'art.  2  del  decreto  legislativo  n.
159/2011, in talune occasioni, puo' altresi' sortire un  apprezzabile
chilling   effect   in    relazione    all'esercizio    di    diritti
costituzionalmente  garantiti  come,  ad  esempio,  il   diritto   di
sciopero. 
    In tal proposito e'  quantomai  utile  porre  mente  ai  principi
espressi in Consiglio di Stato, Sez. III, 6 novembre 2019,  n.  7575,
ribaditi in Tribunale amministrativo regionale Bologna,  Sez.  I,  15
gennaio 2020, n. 21 e in Consiglio di  Stato,  Sez.  III,  22  aprile
2022, n. 3108: 
        [...] per l'adottabilita' del foglio di via obbligatorio sono
richiesti elementi di fatto, attuali e concreti, sulla base dei quali
puo' essere formulato un giudizio prognostico sulla probabilita'  che
il soggetto commetta reati che offendono o  mettono  in  pericolo  la
tranquillita' e la  sicurezza  pubblica,  perche',  diversamente,  si
finirebbe per fondare la misura sulla responsabilita' collettiva  per
fatti addebitabili ad anonimi esponenti di un gruppo o, come nel caso
di specie, di un movimento sindacale» [...] 
        «la semplice  presenza  in  un  picchetto  di  molte  persone
finalizzato ad ostacolare gli automezzi in entrata e in uscita  dallo
stabilimento industriale, non  connotata  da  elementi  fattuali  che
consentono di tracciare specifici e individuali condotte di  violenza
o minaccia da parte di un determinato soggetto, non puo' integrare da
solo sintomo di pericolosita' sociale a carico di questo, se  non  si
vuole trasformare il diritto di prevenzione  e,  in  particolare,  il
foglio di via obbligatorio in un surrettizio, indebito, strumento  di
repressione della liberta' sindacale e del diritto di sciopero e,  in
ultima analisi, in una misura antidemocratica [...] il  picchettaggio
non puo' ritenersi attivita' in se' vietata o pericolosa,  rientrando
nel legittimo esercizio del diritto di sciopero, purche' non  avvenga
con modalita' violente o minacciose tali da condizionare la  liberta'
dei lavoratori non scioperanti o da mettere in repentaglio,  appunto,
la pubblica sicurezza. 
    Orbene, alla  luce  di  arresti  giurisprudenziali  quali  quelli
appena evocati, appare chiaro  come  la  prassi  applicativa  di  una
misura  restrittiva  incisiva  quale  quella  del   foglio   di   via
obbligatorio possa presentare - e de facto talora presenti -  marcati
profili di criticita', a volte talmente gravi da poter  compromettere
fondamentali garanzie democratiche. 
    Quella di cui all'art. 2 del decreto legislativo n.  159/2011  e'
una misura che colpisce singoli individui,  comportando  una  pesante
stigmatizzazione morale ed una rilevante  degradazione  giuridica,  e
tanto rende ancora piu' evidente come sia importante  far  fronte  ai
profili  di  criticita'  supra  evidenziati  mediante  lo  stringente
apparato di garanzie previsto dall'art. 13 della Costituzione  e,  in
particolare, mediante l'intervento di un  «soggetto  terzo»  rispetto
all'Autorita' di  pubblica  sicurezza,  ossia  mediante  l'intervento
dell'Autorita' giudiziaria. 

(1) Nel provvedimento, in  tal  proposito,  si  legge  quanto  segue:
    «[da]gli atti d'ufficio si' rileva che, gia' in passato, [P.  C.]
    e' stato condannato per furto con  strappo  in  concorso  di  cui
    all'art. 624-bis; arrestato in flagranza di reato,  dagli  agenti
    p.s. della Sezione ..., per rapina  di  cui  all'art.  628  c.p.;
    ancora condannato per i delitti di evasione aggravato  (art.  385
    c.p.),  furto  in  abitazione  (art.  624-bis)  e  per  reiterate
    violazioni della misura di prevenzione del divieto di ritorno nel
    Comune di ... (art.  76,  comma  3  del  decreto  legislativo  n.
    159/2011); deferito  all'A.G.  per  i  delitti  di  invasione  di
    terreni o edifici  (art.  633  c.p.),  danneggiamento  (art.  635
    c.p.), oltraggio a p.u. (art. 341-bis c.p.); gia' destinatario di
    divieto di accesso aree urbane (art. 10, comma  II  decreto-legge
    n. 14/2017) e divieto di ritorno nel Comune di ...  (art.  2  del
    decreto  legislativo  n.  159/2011);  sanzionato  per   reiterata
    attivita' di parcheggiatore non autorizzata (art. 7, comma 15-bis
    C.D.S.); risulta infine segnalato  quale  assuntore  di  sostanza
    stupefacenti e controllato in compagnia di persone con precedenti
    penali e di polizia giudiziaria». 

(2) Nel provvedimento, in tal proposito, si legge quanto segue: «[P.]
    non ha residenza  in  ...  ove  non  ha  motivo  di  dimorare  od
    intrattenersi per  lavoro  o  rapporti  giuridici  meritevoli  di
    tutela». 

(3) L'art. 13 della Costituzione prevede che «non  e'  ammessa  forma
    alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, ne'
    qualsiasi altra restrizione della liberta' personale, se non  per
    atto motivato dell'Autorita' giudiziaria e nei soli casi  e  modi
    previsti dalla legge»; al comma II della predetta disposizione e'
    previsto che «in  casi  eccezionali  di  necessita'  ed  urgenza,
    indicati tassativamente  dalla  legge,  l'autorita'  di  Pubblica
    sicurezza puo'  adottare  provvedimenti  provvisori,  che  devono
    essere comunicati entro quarantotto ore all'Autorita' giudiziaria
    e, se questa non li convalida nelle successive  quarantotto  ore,
    si intendono revocati e restano privi di ogni effetto». 

(4) Ad oggi, la disposizione di cui all'art. 1, comma 1,  lettera  a)
    del  decreto  legislativo  n.  159/2011   e'   stata   dichiarata
    illegittima costituzionalmente  solo  nella  parte  in  cui  essa
    consente l'applicazione della  misura  di  prevenzione  personale
    della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza  (con  o  senza
    obbligo o divieto di soggiorno) e  della  misura  di  prevenzione
    patrimoniale della confisca, non anche nella parte  in  cui  essa
    consente l'applicazione della misura di prevenzione personale del
    foglio di via obbligatorio. 

(5) Tribunale amministrativo regionale Perugia, 20 novembre 2017,  n.
    720. 

(6) Nel menzionato arresto giurisprudenziale si legge  quanto  segue:
    «Il gravato foglio di via obbligatorio, pur dando  effettivamente
    atto dei numerosi precedenti di polizia a carico del  ricorrente,
    molti dei quali concernenti  la  violazione  della  normativa  in
    materia  di  stupefacenti,  nonche'  dell'assenza  di   interessi
    lavorativi o di studio presso il Comune di ..., mostra il  fianco
    alle dedotte doglianze  di  eccesso  di  potere  per  difetto  di
    istruttoria e violazione dell'art. 8 della Convenzione EDU, quale
    diritto (pur se non assoluto cfr. Cassazione civile, sez. VI,  10
    settembre 2015, n. 17942) fondamentale della persona alla  tutela
    dell'unita' familiare. Infatti e' stato documentato  in  giudizio
    l'intervento chirurgico a cui e' stato sottoposto  il  padre  del
    ricorrente, ricoverato presso ... dal  ...  al  ...,  si  da  far
    quantomeno presumere la veridicita' delle  invocate  esigenze  di
    assistenza, le  quali  devono  necessariamente  essere  esaminate
    dall'amministrazione,  compiendo   le   opportune   verifiche   e
    rinnovando l'attivita' istruttoria al fine di escluderne la  sola
    finalita' elusiva. L'art. 8 della  Convenzione  EDU  salvaguardia
    l'unita' familiare, intesa quale vincolo tra genitori e  figli  o
    tra parenti legati da consanguineita' e convivenza effettiva, che
    impone allo Stato di contenere le limitazioni  all'esercizio  del
    diritto  alla  famiglia  ed  ai  rapporti  familiari,   potendole
    stabilire  soltanto  in  presenza  delle  condizioni  di  cui  al
    paragrafo 2 dell'art. 8, ossia in forza di  una  disposizione  di
    legge, nei limiti di quanto imposto per assicurare  la  sicurezza
    nazionale, l'ordine pubblico, il benessere economico  del  paese,
    la prevenzione dei reati, la  protezione  della  salute  o  della
    morale o la protezione dei diritti e delle liberta' altrui  e  se
    proporzionate al fine legittimo  perseguito  (Cassazione  penale,
    sez. I, 29 settembre 2015, n.  48684).  E'  pertanto  fondata  la
    censura di violazione dell'art. 8 della Convenzione  europea  per
    la  salvaguardia  dei  diritti   dell'uomo   e   delle   liberta'
    fondamentali unitamente al difetto  di  istruttoria,  non  avendo
    l'autorita'  di  pubblica  sicurezza  valutato   la   particolare
    situazione familiare e di salute del padre del ricorrente nemmeno
    in seguito - giova evidenziare -  a  quanto  disposto  dall'adito
    Tribunale in sede cautelare.» 

(7) In senso analogo, Tribunale amministrativo regionale Torino, Sez.
    I, 20 maggio 2021, n. 504: «ai fini  dell'adozione  della  misura
    preventiva  del  foglio  di  via  obbligatorio  assumono  rilievo
    centrale, sul  piano  istruttorio  e  motivazionale,  il  profilo
    soggettivo, relativo alla dedizione del soggetto alla commissione
    di reati, e quello oggettivo, inerente alla attitudine  offensiva
    dei  medesimi  reati   (o   fatti)   nei   confronti   dei   beni
    nominativamente individuati dal decreto legislativo  n.  159  del
    2011); la misura preventiva in questione si presenta,  sul  piano
    della sua tipizzazione normativa,  fortemente  caratterizzata  in
    termini penalistici, nel senso che entrambi i  predetti  profili,
    soggettivo e oggettivo, devono essere ricostruiti,  da  un  lato,
    attingendo al vissuto criminale  del  soggetto  interessato  (nei
    suoi risvolti pregressi ed  in  quelli  prognostici),  dall'altro
    lato, analizzando il potenziale offensivo insito  nelle  condotte
    criminose alle quali il medesimo risulti essere dedito»;  analogo
    principio e' stato espresso in Tribunale amministrativo regionale
    Catanzaro, Sez. I, 16 settembre 2019, n. 1570. 

(8) Non  pare  affatto  inopportuno  rammentare  che  autorevolissima
    dottrina ritiene che, posto che misure di sicurezza e  misure  di
    prevenzione hanno una  comune  finalita',  nulla  giustifica  che
    entrambe le tipologie di misure  de  quibus  appartengano  a  due
    categorie distinte per diversita' di struttura, campo e modalita'
    di applicazione e livello di garanzie. 

(9) Cosi' nella sentenza citata: «con foglio [dell']8 marzo  1955  la
    Questura di ... denunciava a quel Pretore tale ...,  assoggettato
    ad ammonizione, perche', da un controllo eseguito la sera prima e
    nelle prime ore di quel giorno, era risultato assente. Sottoposto
    a giudizio per il reato previsto dall'art. 174  del  testo  unico
    delle leggi di p.s., di cui al regio decreto 18 giugno  1931,  n.
    773, a seguito di  incidente  sollevato  nel  dibattimento  dalla
    difesa dell'imputato, col quale si prospettava la  illegittimita'
    costituzionale del citato  articolo,  perche'  in  contrasto  con
    l'art. 13 della Costituzione, il Pretore, con  ordinanza  del  10
    gennaio 1956, rilevato che, in materia,  diversi  e  contrastanti
    erano stati i giudicati formatisi, e che pertanto, vertendosi  in
    un caso quanto mai  controverso,  non  poteva  qualificarsi  come
    manifestamente  infondata  l'eccezione  proposta,  sospendeva  il
    procedimento e disponeva la trasmissione degli  atti  alla  Corte
    costituzionale.   Incidente   simile,   riguardante   la   stessa
    questione,  veniva  sollevato  in  altro  procedimento,  pendente
    dinanzi al Pretore  di  Trieste.  Infatti,  con  rapporto  del  2
    gennaio 1956, la Questura di ... denunciava, in stato di arresto,
    all'autorita' giudiziaria tale ..., indicandolo come inadempiente
    alla prescrizione di non rincasare la sera piu' tardi  di  un'ora
    dopo l'Ave-Maria, impartitagli con ordinanza di  ammonizione  del
    .... L'imputato veniva sottoposto a giudizio davanti  al  Pretore
    per rispondere del reato di cui al medesimo art.  174  del  testo
    unico delle leggi di p.s., e all'udienza del 28 gennaio  1956  la
    difesa sollevava eccezione di illegittimita'  delle  disposizioni
    di cui agli articoli dal 164 al 176 del  testo  unico  citato,  e
    cioe' di tutto il capo III del titolo VI  del  T.U.,  riguardante
    l'ammonizione,  perche'  in  contrasto  con   l'art.   13   della
    Costituzione. Con ordinanza in pari data il Pretore  di  ...,  in
    accoglimento   dell'istanza,   disponeva   la   sospensione   del
    procedimento e la rimessione degli atti alla Corte costituzionale
    per  la   decisione   della   questione   di   costituzionalita'.
    L'ordinanza del Pretore di ... pone in  evidenza  che  l'istituto
    dell'ammonizione incide sulla liberta' delle persone prima che la
    loro attivita' abbia  assunto  quelle  forme  delittuose  che  ne
    impongono la repressione; che l'art. 13 della  Costituzione,  per
    conciliare il diritto di liberta' dell'individuo  con  l'esigenza
    della prevenzione, dispone che ogni  restrizione  della  liberta'
    personale  deve  essere  costretta  nei  termini  dell'intervento
    dell'autorita' giudiziaria; che la stessa  Corte  di  cassazione,
    pur   affermando   la   persistenza   in   vigore   delle   norme
    sull'ammonizione, non ha mancato di rilevarne la incompatibilita'
    con l'art. 13 della Costituzione. [...]  La  Corte  ha  ravvisato
    l'opportunita'  della  riunione  dei  due  giudizi  per  la  loro
    decisione con unica sentenza, dato che identico e', in  sostanza,
    l'oggetto della questione di legittimita' costituzionale  che  e'
    stata sollevata. Vero e' che nel giudizio penale a carico di  ...
    tale questione fu proposta con riferimento al solo art.  174  del
    testo unico delle leggi di p.s., e che, invece,  nel  giudizio  a
    carico di ... venne contestata la legittimita' costituzionale  di
    tutto il capo III del titolo VI del detto T.U., comprendente  gli
    articoli dal 164 al 176; ma e' da rilevare che se anche la  Corte
    non fosse  stata  chiamata  a  giudicare  su  questa  piu'  ampia
    impugnativa dovrebbe pur sempre portare il suo esame sulle  altre
    disposizioni del citato capo III, fra  di  loro  connesse  e,  in
    applicazione del disposto dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953,
    n. 87, contenente norme sulla costituzione  e  sul  funzionamento
    della Corte  costituzionale,  dichiarare  quali  sono,  oltre  il
    citato  art.  174,  le  altre  disposizioni  legislative  la  cui
    illegittimita' derivi come conseguenza dalla decisione  adottata.
    [...] Cio' posto [...] e' da rilevare che la Corte e' chiamata  a
    decidere se gli articoli 164-176 del testo unico delle  leggi  di
    p.s., che demandano ad una speciale  commissione  presieduta  dal
    Prefetto  la  competenza  a  pronunciare  l'ammonizione  con  gli
    effetti consequenziali che da questa pronuncia derivano, siano  -
    o meno costituzionalmente legittimi. In particolare la Corte deve
    innanzi tutto esaminare  se  l'istituto  dell'ammonizione,  cosi'
    come e' disciplinato dal vigente testo unico delle leggi di p.s.,
    sia o non compatibile con le  disposizioni  costituzionali  sulla
    liberta' personale del cittadino; se, poi, ove l'incompatibilita'
    sussista, il precetto costituzionale si ripercuota direttamente e
    immediatamente in senso invalidante sugli articoli sopra citati». 

(10) Illo tempore l'art. 174 del testo unico delle leggi di  pubblica
     sicurezza, oggi l'art. 76, comma III del decreto legislativo  n.
     159/2011. 

(11) Cosi' nella citata sentenza: «La Corte ritiene  non  fondata  la
     eccezione preliminare proposta  dall'Avvocatura  generale  dello
     Stato. Con questa  eccezione,  formulata  soltanto  nelle  prime
     deduzioni, si tenta in sostanza di escludere che fra l'art.  650
     codice penale e le impugnate norme della legge 24  giugno  1929,
     n. 1159, e del regio decreto 28 febbraio 1930,  decreto  che  ha
     forza di legge in base all'art. 14  della  legge  stessa,  possa
     esservi alcuna possibilita' di collegamento o, come  si  esprime
     l'Avvocatura,  alcuna  «interferenza».   Senza   soffermarsi   a
     confutare su tale  oggetto  argomentazioni  che  rivelano  prima
     facie la loro infondatezza, come quella che nega la interferenza
     in base al fatto  che  la  legge  e  il  decreto  impugnati  non
     prevedono sanzioni penali, si deve rilevare innanzi tutto che il
     collegamento  che  si  vorrebbe  escludere  e'  posto  in   modo
     esplicito dallo stesso capo di imputazione. Al  ...  infatti  si
     muove lo specifico addebito di aver  disobbedito  all'ordine  di
     non compiere atti  del  culto  pentecostale  senza  prima  avere
     ottenuto l'approvazione ed autorizzazione governative  «previste
     dalla legge 24 giugno 1929, n. 1159,  e  dal  regio  decreto  28
     febbraio 1930, n. 289». Ma il  collegamento  risulta  chiaro  in
     ogni  modo  da  un  elemento  fondamentale   della   fattispecie
     dell'art. 650, cioe' che il provvedimento sia  legalmente  dato:
     locuzione  che  si'  riferisce,  per  concorde  opinione,   alla
     legalita'  non  soltanto  formale,  ma  anche  sostanziale   del
     provvedimento, nel senso che esso non soltanto deve essere  dato
     dall'autorita'  competente  e  nelle  forme  previste,  ma  deve
     altresi'  trovare,  in  una  o   piu'   norme   dell'ordinamento
     giuridico, il suo titolo di intrinseca legittimita'. Nel caso in
     esame queste norme sono appunto l'art. 3 della legge del 1929  e
     gli articoli 1 e 2 del regio decreto  del  1930.  Contestata  la
     legittimita'   costituzionale   di   queste   norme,    relative
     all'approvazione e autorizzazione del cui difetto si  fa  carico
     al ... si viene in pari tempo  a  contestare  la  legalita'  del
     provvedimento, e quindi il fondamento  della  imputazione.  Cio'
     importa che non  e'  l'art.  650  codice  penale  a  entrare  in
     discussione,  bensi'  la  norma  di  legge  cui   fa   capo   il
     provvedimento trasgredito, e alla quale si' deve necessariamente
     risalire. E' da ritenere pertanto che il  Tribunale  esattamente
     abbia nella sua ordinanza impostata la questione di legittimita'
     costituzionale sul contrasto fra le citate norme della legge del
     1929 e del regio decreto del 1930 e gli  articoli  8,  19  e  20
     della Costituzione. Si  puo'  infine,  e  solo  ad  abundantiam,
     osservare che, se  la  tesi  dell'Avvocatura  dovesse  ritenersi
     esatta, si' verrebbe a questo risultato: che mentre da  un  lato
     all'autorita'  di   polizia   sarebbe   possibile   elevare   la
     contravvenzione prevista dall'art. 650 per  trasgressione  a  un
     ordine fondato  appunto  su  quelle  norme,  sarebbe  dall'altro
     inibito, a chi abbia interesse  a  sostenere  la  illegittimita'
     dell'ordine, di denunziare il contrasto fra le norme da  cui  si
     vuole che esso tragga fondamento e quelle della Costituzione». 

(12) In tal senso, ex plurimis,  Tribunale  amministrativo  regionale
     Milano, Sez. 1, 20 maggio 2020, n. 857,  secondo  cui  «ai  fini
     dell'adozione  dell'ordine  di  rimpatrio  con  foglio  di   via
     obbligatorio non e' richiesta  la  comunicazione  di  avvio  del
     procedimento, cio' in quanto trattasi di  provvedimento  che  si
     caratterizza per la sua funzione cautelare  e  l'urgenza  in  re
     ipsa, essendo diretto a rimuovere una situazione  di  attuale  e
     grave  pericolo   per   la   pubblica   sicurezza».   In   senso
     perfettamente  analogo   la   consolidata   giurisprudenza   del
     Consiglio di Stato: in Cons. di St., sez. III, 8 giugno 2011, n.
     3451 e' stato affermato che «l'omessa comunicazione di avvio del
     procedimento, di cui all'art. 7, l. 7 agosto 1900, n.  241,  non
     e' richiesto  per  l'ordine  di  rimpatrio  con  foglio  di  via
     obbligatorio, trattandosi di provvedimento di pubblica sicurezza
     che si caratterizza per la sua funzione cautelare e l'urgenza in
     re ipsa, in quanto diretto a rimuovere una situazione di attuale
     e grave  pericolo  per  la  pubblica  sicurezza;  del  resto  la
     relativa compressione del diritto di difesa  e'  bilanciata  dal
     fatto che contro simili  provvedimenti  e'  ammesso  il  ricorso
     gerarchico al Prefetto e, per questa via, la  parte  interessata
     puo' far valere tutti quegli argomenti, anche di puro  merito  e
     come tali non  deducibili  nel  giudizio  di  legittimita',  che
     avrebbe  potuto  esporre  in  contradditorio   con   l'Autorita'
     emanante, se avesse ricevuto l'avviso». 
 
                               P.Q.M. 
 
    Visti gli articoli 134 Cost., 23 e seguenti  della  legge  n.  87
dell'11 marzo 1953 e 1 della legge costituzionale n. 1 del 9 febbraio
1948 ritenutane la non manifesta infondatezza e la rilevanza, 
    dispone trasmettersi gli atti del presente  giudizio  alla  Corte
costituzionale per la risoluzione  della  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 2 del decreto  legislativo  n.  159/2011  in
relazione agli articoli 3 e 13 della Costituzione, per l'attribuzione
al questore della titolarita' del potere di  adottare  la  misura  di
prevenzione del foglio di via obbligatorio; 
    in via subordinata, dispone trasmettersi gli  atti  del  presente
giudizio alla Corte costituzionale per la risoluzione della questione
di legittimita' costituzionale dell'art. 2 del decreto legislativo n.
159/2011 nella parte in cui detta disposizione  non  prevede  che  in
relazione al foglio  di  via  obbligatorio  emesso  dal  questore  si
applichino, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all'art. 6,
commi 2-bis, 3 e 4, della legge del 13  dicembre  1989,  n.  401  (in
relazione all'art. 3 della Costituzione); 
    in estremo subordine, dispone trasmettersi gli atti del  presente
giudizio alla Corte costituzionale per la risoluzione della questione
di legittimita' costituzionale dell'art. 2 del decreto legislativo n.
159/2011 nella parte in cui detta disposizione  non  prevede  che  in
relazione al foglio di via obbligatorio emesso dal  questore  per  la
durata minima di un anno si applichino,  in  quanto  compatibili,  le
disposizioni di cui all'art. 6, commi 2-bis, 3 e 4, della  legge  del
13  dicembre  1989,  n.  401   (in   relazione   all'art.   3   della
Costituzione); 
    sospende  il  procedimento  in  corso   ed   ordina   l'immediata
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; 
    dispone che a cura della cancelleria sia notificata  la  presente
ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri e che della stessa
sia data comunicazione ai Presidenti delle due Camere del  Parlamento
nonche' alle parti. 
        Taranto, 6 giugno 2023 
 
         Il giudice per le indagini preliminari: Maccagnano