N. 33 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 30 agosto 2024
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 30 agosto 2024 (del Presidente del Consiglio dei ministri). Energia - Impianti alimentati da fonti rinnovabili - Norme della Regione autonoma della Sardegna - Misure urgenti per la salvaguardia del paesaggio - Previsione del divieto di realizzare nuovi impianti di produzione e accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili in determinati ambiti territoriali, per un periodo non superiore a diciotto mesi dall'entrata in vigore della legge regionale n. 5 del 2024 - Prevista applicazione delle misure di salvaguardia, anche se nelle suddette aree sono in corso, alla data di entrata in vigore della medesima legge regionale, procedure di autorizzazione di tali impianti - Esclusione dal divieto, tra gli altri, degli impianti finalizzati all'autoconsumo di cui all'art. 30 del d.lgs. n. 199 del 2021 e di quelli ricadenti nelle comunita' energetiche di cui all'art. 31 del medesimo decreto legislativo - Istanza di sospensione dell'esecuzione della norma impugnata. - Legge della Regione autonoma della Sardegna 3 luglio 2024, n. 5 (Misure urgenti per la salvaguardia del paesaggio e dei beni paesaggistici e ambientali), art. 3.(GU n.39 del 25-9-2024 )
Ricorso ex art. 127 della Costituzione con istanza di sospensione ai sensi dell'art. 35 della legge 11 marzo 1953, n. 87 e dell'art. 23 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale per il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici e' domiciliato in Roma alla via dei Portoghesi n. 12. Contro la Regione autonoma della Sardegna, in persona del Presidente pro tempore, Presidente della giunta regionale, nella sua sede in Cagliari, al viale Trento n. 69, indirizzo pec: presidenza@pec.regione.sardegna.it - per la declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 3 della legge della Regione autonoma della Sardegna del 3 luglio 2024, n. 5 recante: «Misure urgenti per la salvaguardia del paesaggio e dei beni paesaggistici e ambientali» pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione autonoma della Sardegna (BURS) del 4 luglio 2024, n. 35. Nel Bollettino Ufficiale della Regione autonoma della Sardegna n. 35 del 4 luglio 2024 e' pubblicata la legge regionale 3 luglio 2024, n. 5. Per quanto in questa sede d'interesse, le disposizioni impugnate cosi' dispongono: Art. 3 - Misure urgenti per la salvaguardia del paesaggio. 1. Nelle more dell'approvazione della legge regionale di individuazione delle aree idonee ai sensi dell'art. 20, comma 4, del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199 (Attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 1° dicembre 2018, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili), nonche' dell'approvazione del PRS, dell'aggiornamento della strategia per lo sviluppo sostenibile e inoltre dell'aggiornamento, adeguamento e completamento del Piano paesaggistico regionale, e comunque per un periodo non superiore a diciotto mesi dall'entrata in vigore della presente legge, i seguenti ambiti territoriali sono sottoposti a misure di salvaguardia comportanti il divieto di realizzare nuovi impianti di produzione e accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili: a) zone urbanistiche omogenee A, B, C, D, E, F, G e H, di cui all'art. 3 del decreto dell'assessore regionale degli enti locali, finanze e urbanistica 20 dicembre 1983, n. 2266/U (Disciplina dei limiti e dei rapporti relativi alla formazione di nuovi strumenti urbanistici ed alla revisione di quelli esistenti nei comuni della Sardegna), fatto salvo quanto previsto dal comma 3; b) aree naturali protette istituite ai sensi della legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette) ed inserite nell'elenco ufficiale delle aree naturali protette, con particolare riferimento alle aree di riserva integrale e di riserva generale orientata di cui all'art. 12, comma 2, lettere a) e b), della legge n. 394 del 1991 nonche' aree equivalenti istituite dall'ordinamento regionale; c) zone umide d'importanza internazionale riconosciute e inserite nell'elenco della Convenzione relativa alle zone umide d'importanza internazionale, con particolare riferimento agli habitat degli uccelli acquatici, firmata a Ramsar il 2 febbraio 1971, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n. 448 (Esecuzione della convenzione relativa alle zone umide d'importanza internazionale, soprattutto come habitat degli uccelli acquatici, firmata a Ramsar il 2 febbraio 1971); d) zone umide ricadenti nei siti di interesse comunitario (SIC) o in zone di protezione speciale (ZPS) e zone umide ricadenti all'interno di riserve naturali e oasi di protezione istituite a livello nazionale e regionale; e) aree incluse nella Rete natura 2000 ai sensi della direttiva n. 92/43/CEE del Consiglio del 21 maggio 1992 relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche; f) aree di riproduzione, alimentazione e transito di specie faunistiche protette oppure aree in cui e' accertata la presenza di specie animali e vegetali soggette a tutela dalle convenzioni internazionali e dalla direttiva n. 92/43/CEE del 1992; g) aree agricole interessate da produzioni agricolo-alimentari di qualita', quali produzioni biologiche, produzioni DOP, IGP, STG, DOC, DOCG, produzioni tradizionali, ovvero aree di particolare pregio rispetto al contesto paesaggistico-culturale, nel rispetto dell'art. 12, comma 7, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricita'); h) aree caratterizzate da situazioni di dissesto oppure di rischio idrogeologico perimetrate nei Piani di assetto idrogeologico (PAI) adottati dalle competenti Autorita' di bacino ai sensi del decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180 (Misure urgenti per la prevenzione del rischio idrogeologico ed a favore delle zone colpite da disastri franosi nella Regione Campania), convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 1998, n. 267; i) aree che distano meno di 7 chilometri da beni culturali, oppure di 1.500 metri per le isole minori, individuati ai sensi dell'art. 10 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'art. 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137); j) le seguenti aree di cui all'art. 142, comma 1, del decreto legislativo n. 42 del 2004: 1) territori costieri compresi in una fascia della profondita' di 300 metri dalla linea di battigia; 2) territori contermini ai laghi compresi in una fascia della profondita' di 300 metri dalla linea di battigia anche per i territori elevati sui laghi; 3) aree prospicienti a fiumi, torrenti, corsi d'acqua iscritti negli elenchi e le relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna; 4) aree montuose per la parte eccedente 1.200 metri sul livello del mare; 5) parchi e riserve nazionali o regionali, nonche' i territori di protezione esterna dei parchi; 6) territori coperti da foreste e da boschi, ancorche' percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento; 7) zone gravate da usi civici; 8) zone di interesse archeologico; k) le seguenti aree cosi' come individuate ai sensi dell'art. 143, comma 1, lettera d), del decreto legislativo n. 42 del 2004: 1) fascia costiera; 2) sistemi a baie e promontori, falesie e piccole isole; 3) campi dunari e sistemi di spiaggia; 4) aree rocciose e di cresta ed aree a quota superiore ai 900 metri sul livello del mare; 5) grotte e caverne; 6) monumenti naturali ai sensi della legge regionale 7 giugno 1989, n. 31 (Norme per l'istituzione e la gestione dei parchi, delle riserve e dei monumenti naturali, nonche' delle aree di particolare rilevanza naturalistica ed ambientale); 7) zone umide, laghi naturali ed invasi artificiali e territori contermini compresi in una fascia della profondita' di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i territori elevati sui laghi; 8) fiumi torrenti e corsi d'acqua e relative sponde o piedi degli argini, per una fascia di 150 metri ciascuna, e sistemi fluviali, riparali, risorgive e cascate, ancorche' temporanee; 9) aree di ulteriore interesse naturalistico comprendenti le specie e gli habitat prioritari, ai sensi della direttiva n. 43/92/CEE del 1992; 10) aree che distano meno di 2 chilometri in linea d'aria da alberi monumentali; 11) aree caratterizzate da edifici e manufatti di valenza storico-culturale, compresa la fascia di tutela; 12) aree caratterizzate da insediamenti storici: centri di antica e prima formazione; 13) aree caratterizzate da insediamenti storici cosi' come definiti dall'ordinamento regionale; l) aree che distano meno di 7 chilometri in linea d'aria, oppure 1.500 metri per le isole minori, da impianti di produzione e di accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili realizzati o per i quali sia stata presentata istanza per l'avvio della relativa procedura di autorizzazione alla data di entrata in vigore della presente legge. La distanza e' calcolata a partire dal punto piu' vicino del perimetro considerato per la misura dell'estensione. 2. Le misure di salvaguardia di cui al comma 1 trovano applicazione anche se nelle aree individuate dal medesimo comma sono in corso, alla data di entrata in vigore della presente legge, procedure di autorizzazione di impianti di produzione e accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili. 3. Sono esclusi dall'applicazione delle misure di salvaguardia di cui al comma 1: a) gli impianti di produzione e di accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili che non comportano consumo di suolo e, limitatamente alle zone omogenee H di cui al decreto dell'assessore regionale degli enti locali, finanze e urbanistica del 20 dicembre 1983, n. 2266/U, purche' destinati all'autoconsumo o alla valorizzazione del compendio in chiave di sostenibilita' ambientale; b) gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria o di revamping di impianti di produzione e di accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili; c) gli impianti di produzione e di accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili finalizzati all'autoconsumo ai sensi dell'art. 30 del decreto legislativo n. 199 del 2021, gli impianti ricadenti nelle comunita' energetiche di cui all'art. 31 del decreto legislativo n. 199 del 2021; d) gli impianti ubicati nelle aree libere di lotti gia' urbanizzati e edificati all'entrata in vigore della presente legge sulla base di un piano attuativo, ricadenti nelle zone urbanistiche omogenee D e G di cui al decreto dell'assessore regionale degli enti locali, finanze e urbanistica del 20 dicembre 1983, n. 2266/U; e) gli impianti di produzione e di accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili previsti all'interno di progetti aventi ad oggetto il trasporto pubblico sostenibile; f) gli impianti di produzione e di accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili integrati all'interno di progetti per la realizzazione di opere pubbliche; g) gli impianti agrivoltaici aventi soluzioni costruttive in elevazione con altezza minima non inferiore a 2,1 metri dal suolo, tali da garantire la continuita' dell'attivita' colturale e pastorale e l'intero e permanente utilizzo della superficie agricola utile. Gli impianti agrivoltaici con soluzioni costruttive in elevazione devono avere una dimensione massima di 10 Mwp a servizio di aziende condotte da titolari aventi la qualifica di coltivatore diretto (CD) o imprenditore agricolo professionale (IAP). Tali aziende devono risultare operative dalla data del 31 dicembre 2018, nonche' avere sede operativa nel territorio della Regione Sardegna. Le suddette aziende devono corredare la richiesta di autorizzazione con un piano aziendale ricognitivo contenente il fatturato totale annuo relativo alle ultime cinque annualita' a dimostrazione delle dinamiche aziendali. Le imprese agricole di cui alla presente lettera devono essere in regola con le direttive per le zone agricole di cui al decreto del Presidente della giunta regionale 3 agosto 1994, n. 228. Al fine di evitare il ricorso ad aggregazioni fittizie, nel caso di contiguita' di impianti agrivoltaici di cui alla presente lettera e' necessario, per le imprese medesime, presentare l'iscrizione all'elenco regionale IAP o nell'elenco dei coltivatori diretti da parte delle aziende confinanti e un prospetto dei bilanci aziendali realizzati nel medesimo periodo. 4. Per le finalita' di cui al comma 1 e per adeguare contestualmente i suoi contenuti all'approvazione della legge regionale sulle aree idonee ai sensi dell'art. 20, comma 4, del decreto legislativo n. 199 del 2021 il consiglio regionale approva il PRS, la giunta regionale aggiorna la strategia per lo sviluppo sostenibile e adotta l'aggiornamento al Piano paesaggistico regionale (PPR) entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge e avvia con la massima urgenza, secondo il principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 della Costituzione e nelle sedi istituzionali competenti, tutte le iniziative previste dalla normativa vigente per garantire e favorire la celere approvazione dei decreti del Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica di cui all'art. 20, comma 1, del decreto legislativo n. 199 del 2021 e della conseguente legge regionale sulle aree idonee ai sensi del comma 4 del medesimo decreto legislativo. Entro gli stessi termini la giunta regionale aggiorna il Piano energetico ambientale della Regione Sardegna (PEARS), di cui all'art. 3 della legge regionale 13 ottobre 2022, n. 15 (Disposizioni in materia di energia e modifiche alla legge regionale n. 9 del 2006). Il Governo ritiene che tale legge sia censurabile nelle disposizioni sopra indicate (dunque, nel suo art. 3). Propone, pertanto, questione di legittimita' costituzionale ai sensi dell'art. 127, comma 1, della Costituzione per i seguenti Motivi 1. Illegittimita' costituzionale dell'art. 3 legge della Regione autonoma della Sardegna 3 luglio 2024, n. 5 per contrasto con l'art. 117, comma 1 e comma 3 della Costituzione in relazione decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199 (Attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 1° dicembre 2018, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili), in relazione ai principi espressi dalla direttiva 2018/2001/UE, in linea di continuita' con quelli fatti propri dalle direttive 2001/77/CE e 2009/28/CE e dal regolamento (UE) 2021/1119 del 30 giugno 2021 - norme interposte; per contrasto con l'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 e con la legge costituzionale n. 3 del 1948 (articoli 3 e 4 lettera e)) e per contrasto gli articoli 3, 41 e 97 della Costituzione. L'art. 3 della legge della Regione autonoma della Sardegna, sopra riportato, che introduce misure urgenti per la salvaguardia del paesaggio e dei beni paesaggistici ambientali, presenta profili di illegittimita' costituzionale eccedendo dalle competenze statuarie della Regione autonoma della Sardegna (legge costituzionale n. 3 del 1948) e ponendosi in contrasto, per le motivazioni che saranno illustrate, con la normativa statale di riferimento che pone i principi fondamentali, vincolanti per le regioni, in materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia», violando quindi l'art. 117, terzo comma della Costituzione. Inoltre, poiche' la disciplina statale di riferimento e' di derivazione eurounitaria si evidenzia, altresi', la violazione dell'art. 117, primo comma, della Costituzione, secondo cui «la potesta' legislativa e' esercitata dallo Stato e dalle regioni nel rispetto della Costituzione, nonche' dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali». La disciplina regionale e', inoltre, idonea a pregiudicare gli obiettivi fissati dal legislatore nazionale in attuazione della disciplina unionale sul c.d. Green deal europeo. La previsione contenuta nel comma 2 del medesimo art. 3 della legge regionale, secondo il quale le misure di salvaguardia previste dalla legge regionale si applicano anche alle procedure autorizzatorie in corso, si pone, altresi', in contrasto con gli articoli 3 e 41 della Costituzione. Si premette che lo statuto speciale di autonomia della Regione Sardegna (legge costituzionale n. 3 del 1948) riconosce alla regione, con l'art. 4, lettera e): competenza legislativa in materia della sola «produzione e distribuzione di energia elettrica» con i limiti stabiliti dall'art. 3 del medesimo statuto speciale - ovvero in armonia con la Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico dello Stato e col rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali, nonche' delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica - nonche' dei principi stabiliti dalle leggi dello Stato. (1) In virtu', dunque, dell'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (2) che consente l'applicazione delle disposizioni del Titolo V della Costituzione cosi' come modificato dalla stessa legge costituzionale alle regioni a statuto speciale per le parti in cui si prevedono forme di autonomia piu' ampie rispetto a quelle gia' a queste attribuite - viene in rilievo la violazione dell'art. 117, terzo comma della Costituzione in presenza di disposizioni regionali configgenti con previsioni legislative statali di principio volte al conseguimento di obiettivi di politica energetica gravanti sullo Stato italiano nel suo complesso, perche' esso configura un titolo di competenza piu' ampio rispetto a quello previsto dallo statuto speciale della Regione autonoma Sardegna, come detto riferito alla sola energia elettrica. L'art. 3 della legge regionale in esame, rubricato «Misure urgenti per la salvaguardia del paesaggio», nell'asserito intento di introdurre misure per la salvaguardia del paesaggio e dei beni paesaggistici e ambientali, pone misure di salvaguardia comportanti il divieto di realizzare nuovi impianti di produzione e accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili, «nelle more dell'approvazione della legge regionale di individuazione delle aree idonee ai sensi dell'art. 20, comma 4, del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199 (Attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 1° dicembre 2018, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili), nonche' dell'approvazione del PRS, dell'aggiornamento della strategia per lo sviluppo sostenibile e inoltre dell'aggiornamento, adeguamento e completamento del Piano paesaggistico regionale» e, comunque, per un periodo non superiore a diciotto mesi dall'entrata in vigore della stessa legge regionale, indicando una serie di aree escluse (tra cui aree naturali protette, zone umide, aree della rete Natura 2000, aree agricole, ecc.). In sostanza, la norma in esame vieta, anche se transitoriamente, la realizzazione di nuovi impianti soggetti a concessione o autorizzazione, al fine di scongiurare l'irreversibilita' degli impatti derivanti dalla loro realizzazione, installazione o avviamento. Dal divieto sono esclusi gli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili finalizzati all'autoconsumo, di cui all'art. 30 del decreto legislativo n. 199 del 2021, e quelli ricompresi nelle comunita' energetiche di cui all'art. 31 del medesimo decreto legislativo. La previsione della legge regionale, pur se di carattere transitorio, deroga rispetto alla disciplina statale che prevede l'adozione di decreti ministeriali di individuazione dei principi e criteri omogenei e, comunque, anche in caso di mancata adozione di siffatti decreti vieta ogni moratoria dei procedimenti di autorizzazione. La disposta moratoria per diciotto mesi costituisce una violazione certa del principio generale che la regione avrebbe dovuto certamente rispettare. Inoltre, sempre all'art. 3, al comma 2, si specifica che «le misure di salvaguardia di cui al comma 1 trovano applicazione anche se nelle aree individuate dal medesimo comma sono in corso, alla data di entrata in vigore della presente legge, procedure di autorizzazione di impianti di produzione e accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili»; al comma 4 si prevede che «il Consiglio regionale approva il PRS, la giunta regionale aggiorna la strategia per lo sviluppo sostenibile e adotta l'aggiornamento al Piano paesaggistico regionale (PPR) entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge e avvia con la massima urgenza [...] tutte le iniziative previste dalla normativa vigente per garantire e favorire la celere approvazione dei decreti del Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica di cui all'art. 20, comma 1, del decreto legislativo n. 199 del 2021 e della conseguente legge regionale sulle aree idonee ai sensi del comma 4 del medesimo decreto legislativo. Entro gli stessi termini la giunta regionale aggiorna il Piano energetico ambientale della Regione Sardegna (PEARS) [...]». L'intervento legislativo regionale in esame si colloca nel quadro normativo che disciplina l'installazione di impianti a fonti rinnovabili di cui al decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, recante «Attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio dell'11 dicembre 2018, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili». (3) In particolare, l'art. 20 (4) del predetto decreto legislativo ha disciplinato le modalita' di individuazione di superfici e aree idonee per l'installazione di impianti a fonti rinnovabili, stabilendo, con il comma 1, che la definizione di principi e criteri omogenei per l'individuazione di superfici e delle aree idonee e non idonee all'installazione di impianti a fonti rinnovabili, aventi una potenza pari a quella individuata come necessaria dal PNIEC, avvenga per mezzo di uno o piu' decreti ministeriali, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, entro centottanta giorni dall'entrata in vigore del decreto legislativo n. 199/2021 (15 dicembre 2021); con il comma 4 che, entro centottanta giorni dall'entrata in vigore dei citati decreti ministeriali, le regioni individuino le aree idonee con legge; il successivo comma 6 stabilisce il divieto di moratorie o sospensioni di termini dei procedimenti di autorizzazione, nelle more dell'individuazione delle aree idonee sulla base dei citati decreti ministeriali; comma 8 individua, medio tempore, alcune aree idonee all'installazione (siti di impianti gia' installati, siti oggetto di bonifica, cave e miniere cessate, ecc.). Il decreto legislativo n. 199/2021 ha recepito la direttiva UE/2018/2001, stabilendo che gli obiettivi energetici nazionali del PNIEC all'anno 2030 sono ripartiti in sotto-obiettivi energetici regionali. Pertanto, ogni regione e provincia autonoma e' chiamata a garantire sul proprio territorio il consumo di una quota minima di energia di fonte rinnovabili (FER). L'art. 20 del citato decreto legislativo ha definito il percorso per l'individuazione delle superfici e delle aree idonee alla realizzazione di impianti a fonti rinnovabili, con la previsione di un coinvolgimento, in prima battuta, del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica (MASE), del Ministero dell'agricoltura, della sovranita' alimentare e delle foreste (MASAF) e del Ministero della cultura (MIC) d'intesa con le regioni, al fine di definire criteri e principi omogenei e - tenuto conto della titolarita' del processo programmatorio sul territorio in capo a regioni e province autonome - rinviando a successive leggi regionali per l'individuazione su ciascun territorio delle superfici e delle aree idonee. Ai sensi del citato art. 20 dalla individuazione di una determinata area come «idonea» deriva l'applicazione di un iter autorizzativo «semplificato», piu' snello e celere. Infatti, l'art. 22 del medesimo decreto-legislativo, prevede che «i termini delle procedure di autorizzazione per impianti in aree idonee sono ridotti di un terzo» e che «nei procedimenti di autorizzazione di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili su aree idonee, ivi inclusi quelli per l'adozione del provvedimento di valutazione di impatto ambientale, l'autorita' competente in materia paesaggistica si esprime con parere obbligatorio non vincolante». Il medesimo art. 20 individua poi, con il comma 8, le aree che, nelle more dell'entrata in vigore delle apposite leggi regionali, debbono comunque essere considerate idonee. Si rappresenta che il previsto decreto ministeriale (decreto ministeriale 21 giugno 2024 del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica nella Gazzetta Ufficiale - Serie generale - n. 153 del 2 luglio 2024) e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale due giorni prima della data di promulgazione della legge regionale in esame nel Bollettino Ufficiale della Regione autonoma della Sardegna (Bollettino n. 35 del 4 luglio 2024). Pur considerato tale aspetto temporale, si evidenzia che la legge regionale non ha evidentemente preso in considerazione il citato decreto ministeriale (la legge regionale, infatti, e' adottata, ai sensi del comma 1. «Nelle more dell'approvazione della legge regionale di individuazione delle aree idonee ai sensi dell'art. 20, comma 4, del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199 (Attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 1° dicembre 2018, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili») e la stessa legge regionale deroga, comunque, rispetto alla disciplina statale che, anche in caso di mancata adozione dei decreti ministeriali di individuazione dei principi e criteri omogenei sulle aree idonee e non idonee, vieta ogni moratoria dei procedimenti di autorizzazione. Si evidenzia, dunque, che la «provvisorieta'» dell'efficacia delle disposizioni contenute nella legge regionale in esame si sovrappone in ogni caso alla normativa gia' in vigore, generando dubbi tra gli operatori del settore e mal conciliandosi, peraltro, con l'intento di uno «sviluppo regolato e armonico degli impianti di produzione e accumulo dell'energia elettrica da fonti rinnovabili», auspicato dallo stesso legislatore regionale. Il tema dell'individuazione delle aree idonee alla realizzazione degli impianti da fonti rinnovabili non e' nuovo. Sono stati, in effetti, numerosi i tentativi delle regioni di porre un freno alla realizzazione di tali impianti, dichiarando intere porzioni del proprio territorio come «inidonee», in linea di principio, alla installazione. Anche prima dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 199 del 2021 (che, come si evince da quanto sopra, rafforza il favor verso la diffusione dell'energia da fonti rinnovabili, in linea con la legislazione dell'UE), l'orientamento della giurisprudenza costituzionale era nel senso di ritenere illegittime norme regionali volte a sancire, in via generale e astratta, la non idoneita' di intere aree di territorio o a imporre, in maniera generalizzata ed aprioristica, limitazioni (in tal senso, Corte costituzionale sentenza n. 69 del 2018). In casi simili e comunque sempre sulla base della normativa previgente al decreto legislativo n. 199 del 2021, codesta Corte ha avuto modo di precisare che il margine di intervento riconosciuto al legislatore regionale non permette di prescrivere limiti generali inderogabili, valevoli sull'intero territorio regionale, perche' cio' contrasterebbe con il principio fondamentale di massima diffusione delle fonti di energia rinnovabili, stabilito dal legislatore statale in conformita' alla normativa dell'Unione europea (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 13 del 2014 e sentenza n. 77 del 2022). (5) Di particolare rilievo e', poi, il caso della legge regionale Abruzzo dichiarata incostituzionale con sentenza n. 27 del 2023, in riferimento all'art. 117, primo e terzo comma, della Costituzione. In questa pronuncia, codesta Corte ha caducato l'art. 16 della legge regionale Abruzzo n. 1 del 2022, che prorogava dal 31 dicembre 2021 al 30 giugno 2022 il termine entro il quale la giunta regionale doveva proporre al Consiglio regionale lo strumento di pianificazione contenente l'individuazione delle aree e dei siti inidonei all'installazione di specifici impianti da fonti rinnovabili. Nella sentenza si afferma che ogni moratoria in questo settore confligge con l'art. 117, primo comma, della Costituzione, in relazione ai principi espressi dalla direttiva 2018/2001/UE, in linea di continuita' con quelli fatti propri dalle direttive 2001/77/CE e 2009/28/CE, violando gli impegni assunti dallo Stato italiano nei confronti dell'Unione europea e a livello internazionale volti a garantire la massima diffusione degli impianti da fonti di energia rinnovabili (cfr. punto 5 e 6 del Considerato in diritto). (6) Per costante giurisprudenza della Corte, dunque, le regioni e le province autonome sono tenute a rispettare i principi fondamentali contemplati dal legislatore statale (ex multis sentenze n. 11 del 2022, n. 177 del 2021 e n. 106 del 2020) e, nel caso di specie, racchiusi nel citato decreto legislativo n. 199 del 2021. Le disposizioni censurate della Regione Sardegna, quindi, nell'impedire l'applicazione della legislazione statale, appaiono riconducibili alle ipotesi, censurate dalla giurisprudenza costituzionale, delle c.d. «leggi di reazione», il cui scopo e' quello di rendere inapplicabile, nel proprio territorio, una legge che ritenga «costituzionalmente illegittima, se non addirittura anche solo dannosa o inopportuna, anziche' agire in giudizio» dinnanzi alla Corte costituzionale (cfr. Corte costituzionale, sentenze n. 198 e n. 199 del 2004). In proposito la Corte costituzionale ricorda come ne' lo Stato ne' le regioni possono pretendere, al di fuori delle procedure previste dalle disposizioni costituzionali, di risolvere direttamente gli eventuali conflitti tra i rispettivi atti legislativi tramite proprie disposizioni di legge. Osserva la Corte che «cio' che e' implicitamente escluso dal sistema costituzionale e' che il legislatore regionale (cosi' come il legislatore statale rispetto alle leggi regionali) utilizzi la potesta' legislativa allo scopo di rendere inapplicabile nel proprio territorio una legge dello Stato che ritenga costituzionalmente illegittima, se non addirittura solo dannosa o inopportuna, anziche' agire in giudizio dinnanzi a questa Corte, ai sensi dell'art. 127 della Costituzione. Dunque ne' lo Stato ne' le regioni possono pretendere, al di fuori delle procedure previste da disposizioni costituzionali, di risolvere direttamente gli eventuali conflitti di competenza tramite proprie disposizioni di legge (cfr. sentenza n. 198 del 2004) o, tanto meno, tramite atti amministrativi di indirizzo che dichiarino o presuppongano l'inapplicabilita' di un atto legislativo rispettivamente delle regioni o dello Stato». (Corte costituzionale - sentenza n. 199/2004). Le disposizioni regionali contenute nell'art. 3 introducono - quale «misura di salvaguardia» - il divieto di realizzare, in determinati «ambiti territoriali» (comma 1), nuovi impianti di produzione e accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili, specificando alcuni casi di deroga (comma 3). La corposa e dettagliata elencazione contenuta nell'art. 3 sopra riportato e, dunque, l'amplissimo ambito oggetto di sostanziale divieto all'installazione di impianti a fonti rinnovabili e sistemi di accumulo per effetto della disposizione regionale in parola risulta ben piu' ampio, in senso restrittivo, di quello contemplato dal legislatore statale all'art. 20, comma 8, del decreto legislativo n. 199 del 2021. Conseguentemente, nel territorio regionale risulta vietata la realizzazione di impianti a fonti rinnovabili in aree nelle quali il legislatore statale lo permette, con una disciplina immediatamente efficace in attesa della individuazione delle aree idonee con legge regionale. Il legislatore regionale, dunque, ignorando la volonta' del legislatore statale, prevede che siano le proprie «misure di salvaguardia» a trovare applicazione «nelle more dell'approvazione» della legge regionale di individuazione delle aree idonee ai sensi dell'art. 20, comma 4, del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199 e «comunque per un periodo non superiore a diciotto mesi dall'entrata in vigore della presente legge». La previsione di «misure di salvaguardia» ad opera dell'art. 3 della legge regionale in argomento, che comportano il divieto di installare impianti, e' in contrasto con il sopra illustrato quadro normativo statale, che, non ammette, in maniera chiara, divieti o moratorie di sorta. Infatti, la disciplina statale di cui al citato decreto legislativo n. 199 del 2021 prevede esplicitamente all'art. 20, comma 6 che «nelle more dell'individuazione delle aree idonee [ad opera delle leggi regionali da approvarsi entro centottanta giorni dalla entrata in vigore dei decreti attuativi], non possono essere disposte moratorie ovvero sospensioni dei termini dei procedimenti di autorizzazione». Peraltro, il decreto legislativo n. 199 del 2021, quale formula di chiusura, dispone, al medesimo art. 20, comma 7, che «le aree non incluse tra le aree idonee non possono essere dichiarate non idonee all'installazione di impianti di produzione di energia rinnovabile [...] in ragione della sola mancata inclusione nel novero delle aree idonee». Dall'esame del combinato disposto degli articoli 20 e 22 del decreto legislativo n. 199 del 2021 deve dedursi che dalla mancata qualificazione di una determinata area come «idonea» scaturisce conseguentemente l'inapplicabilita' di talune specifiche semplificazioni procedimentali e non gia' un impedimento alla realizzazione di impianti a fonti rinnovabili. Cio' conferma che, ai sensi dei citati articoli, anche l'area «non idonea» e', a ben vedere, compatibile con l'installazione dei suddetti impianti. Semmai, l'art. 20 aspira ad assicurare che la realizzazione di progetti in aree non classificate come «idonee» si attui all'esito di un procedimento autorizzatorio ragionevolmente non semplificabile, considerato le maggiori complicazioni derivanti dalla necessaria ricerca di un bilanciamento tra i vari interessi coinvolti e meritevoli di tutela (paesaggistico-culturali, di tutela dell'ambiente, di salvaguardia dell'attivita' agricola). A conferma di cio', l'unico divieto di installazione di impianti FER attualmente vigente e' quello contenuto al comma 1-bis dell'art. 20, introdotto ad opera dell'art. 5 del decreto-legge n. 63 del 2024, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2024, n. 101. In ogni caso, tale divieto non presente nella formulazione originaria dell'art. 20 in parola, e' circoscritto a specifiche tipologie di impianti (di produzione di energia elettrica da fonte solare con moduli a terra) ubicati in determinate aree (zone classificate agricole dai piani urbanistici). A riguardo codesta Corte ha recentemente affermato (Corte costituzionale, sentenza n. 103/2024) «Come questa Corte ha gia' avuto modo di osservare (sentenze n. 58 e n. 27 del 2023), l'art. 20, comma 8, del decreto legislativo n. 199 del 2021 si colloca nel nuovo sistema - introdotto dallo stesso decreto legislativo n. 199 del 2021 - di individuazione delle aree in cui e' consentita l'installazione degli impianti a fonti rinnovabili. Con esso, il legislatore statale ha inteso superare il sistema dettato dall'art. 12, comma 10, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricita') e dal conseguente decreto del Ministro dello sviluppo economico del 10 settembre 2010 (Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili), contenenti i principi e i criteri di individuazione delle aree non idonee. Le regioni, pertanto, sono ora chiamate a individuare le aree "idonee" all'installazione degli impianti, sulla scorta dei principi e dei criteri stabiliti con appositi decreti interministeriali, previsti dal comma 1 del citato art. 20, tuttora non adottati. Inoltre, l'individuazione delle aree idonee dovra' avvenire non piu' in sede amministrativa, come prevedeva la disciplina precedente in relazione a quelle non idonee, bensi' "con legge" regionale, secondo quanto precisato dal comma 4 (primo periodo) dello stesso art. 20. Nel descritto contesto normativo, il comma 8 dell'art. 20 funge da disposizione transitoria, prevedendo che "[n]elle more dell'individuazione delle aree idonee sulla base dei criteri e delle modalita' stabiliti dai decreti di cui al comma 1", sono considerate idonee le aree elencate dalle lettere a) e seguenti dello stesso comma 8, tra le quali figurano, alla lettera c)-quater, "le aree che non sono ricomprese nel perimetro dei beni sottoposti a tutela ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, incluse le zone gravate da usi civici di cui all'art. 142, comma 1, lettera h), del medesimo decreto". Il ricorrente desume da tale disposizione che i terreni d'uso civico non sarebbero idonei all'installazione perche' non inclusi tra quelli idonei. Una simile interpretazione, tuttavia, e' contraddetta dal disposto del comma 7 dello stesso art. 20, secondo cui "[l]e aree non incluse tra le aree idonee non possono essere dichiarate non idonee all'installazione di impianti di produzione di energia rinnovabile, in sede di pianificazione territoriale ovvero nell'ambito di singoli procedimenti, in ragione della sola mancata inclusione nel novero delle aree idonee". Di per se', dunque, la mancata inclusione delle aree gravate da usi civici tra quelle idonee non comporta la loro assoluta inidoneita' all'installazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, che rimane assoggettata al procedimento autorizzatorio ordinario di cui all'art. 12, comma 3, del decreto legislativo n. 387 del 2003, ne' tantomeno comporta il divieto di mutarne la destinazione in conformita' al regime degli usi civici. Pertanto, il lamentato contrasto della disposizione regionale impugnata con la norma statale di principio non sussiste». Come sopra esposto l'orientamento della giurisprudenza costituzionale, fino all'entrata in vigore del decreto legislativo n. 199 del 2021, e' stato nel senso di ritenere illegittime norme regionali volte a sancire, in via generale e astratta, la non idoneita' di intere aree di territorio o a imporre, in maniera generalizzata ed aprioristica, limitazioni (in tal senso, Corte costituzionale, sentenza n. 69 del 2018). In casi simili codesta Corte ha precisato che il margine di intervento riconosciuto al legislatore regionale non consente di prescrivere limiti generali inderogabili, valevoli sull'intero territorio regionale, perche' cio' sarebbe in contrasto con il principio fondamentale di massima diffusione delle fonti di energia rinnovabili, stabilito dal legislatore statale in conformita' alla normativa dell'Unione europea (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 13 del 2014 e sentenza n. 77 del 2022). Tale normativa europea, peraltro, ha avuto un'ulteriore evoluzione rispetto a quella presa in considerazione dalla sopracitata giurisprudenza costituzionale, tanto da prevedere, con la direttiva 2023/2413/UE (cosiddetta «RED III»), che «... fino al conseguimento della neutralita' climatica, gli Stati membri provvedono affinche', nella procedura di rilascio delle autorizzazioni, la pianificazione, la costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia rinnovabile, la connessione di tali impianti alta rete, fa rete stessa e gli impianti di stoccaggio siano considerati di interesse pubblico prevalente e nell'interesse della salute e della sicurezza pubblica nella ponderazione degli interessi giuridici nei singoli casi ...» (cfr. art. 16-septies introdotto nella direttiva (UE) 2018/2001 dalla direttiva 2023/2413/UE). L'art. 3 della legge regionale in commento, inoltre, al comma 2, prevede che le misure di salvaguardia di cui al comma 1 trovano applicazione anche se nelle aree individuate dal medesimo comma sono in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, procedure di autorizzazione di impianti di produzione e accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili. Le misure di salvaguardia trovano applicazione, dunque, anche nel caso di progetti le cui procedure di autorizzazione sono gia' in corso alla data di entrata in vigore della legge regionale in commento. Sotto tale profilo, tale legge e' suscettibile di presentarsi alla stregua di sopravvenienza normativa sfavorevole nei confronti di quei soggetti che, specie allorquando l'istanza di autorizzazione sia stata presentata in epoca postuma all'ottenimento di un provvedimento favorevole di valutazione di impatto ambientale, potrebbero aver ragionevolmente confidato nel soddisfacimento dell'interesse sotteso all'istanza medesima. Il riferimento, poi, a «procedimenti di autorizzazione gia' in corso» e' talmente ampio da non poter escludere l'applicazione del divieto anche a quei casi in cui il procedimento di autorizzazione e' giunto a un grado di maturazione tale da aver ingenerato l'aspettativa a una definizione favorevole del procedimento stesso. Cio' tanto piu' se si considera che il legislatore nazionale, al fine di rispondere alle indicazioni del legislatore unionale, e' tenuto, in via generale, a favorire le iniziative economiche tendenti alla diffusione dell'energia da fonti rinnovabili, promuovendo e garantendo agli investitori condizioni di investimento stabili, equilibrate, favorevoli e trasparenti. Risulta, dunque, illegittimo ed irragionevole (alla luce dell'art. 3 della Costituzione), anche in virtu' dei principi della certezza del diritto e del legittimo affidamento, l'applicazione di detto divieto, stabilito dall'art. 3, comma 2, anche agli impianti gia' autorizzati o le cui procedure siano gia' in corso al momento dell'entrata in vigore della legge de qua, trattandosi di procedure avviate nel rispetto di un dato contesto normativo vigente al momento dell'avvio del procedimento autorizzativo. Prevedere che, una volta avviato il procedimento di autorizzazione, l'impianto di produzione e accumulo di energia elettrica non possa essere piu' realizzato, determina un indubbio danno a carico dell'operatore che, nelle more del compimento delle procedure per l'ottenimento dei titoli abilitativi, ha gia' sostenuto costi tecnici e amministrativi ingenti (cio' si pone anche in violazione dell'art. 41 della Costituzione), peraltro, trascurando le attivita' amministrative eventualmente gia' svolte dalle autorita' competenti, a scapito del principio costituzionalmente rilevante del buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 della Costituzione). Pertanto, ed in sintesi, si rileva anzitutto che il legislatore regionale, nell'imporre un divieto alla realizzazione di nuovi impianti di produzione e accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili, si pone in conflitto con i principi fondamentali ricavabili dalla legislazione statale in materia subiecta, con conseguente violazione dell'art. 117, terzo comma della Costituzione. Tale parametro costituzionale viene in rilievo perche' le norme regionali prese in considerazione configgono con previsioni legislative statali di principio volte al conseguimento di obiettivi gravanti sullo Stato italiano nel suo complesso e dunque attinenti alla materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia»; si tratta come sopra esposto di un titolo competenziale piu' ampio rispetto a quello previsto dall'art. 4, lettera e), dello statuto speciale per la Regione autonoma della Sardegna («produzione e distribuzione dell'energia elettrica»), riferito alla sola energia elettrica, con conseguente sua applicazione anche a tale regione a statuto speciale in virtu' dell'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. Le previsioni di cui all'art. 3 della legge regionale Sardegna in esame, tendenti a salvaguardare «le peculiarita' e la conservazione del territorio regionale», non tengono in debito conto, nel contemperamento dei diversi interessi in campo, quanto disposto all'art. 3 e dall'art. 20, comma 5 del decreto legislativo n. 199 del 2021, ovvero «il vincolo del raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione al 2030 tenendo conto della sostenibilita' dei costi correlati al raggiungimento di tale obiettivo». L'Italia, infatti, e' chiamata a raggiungere gli sfidanti obiettivi fissati dal PNIEC e rispondere altresi' ai nuovi obiettivi derivanti dall'attuazione del pacchetto «Fit for 55», tra cui quelli previsti dalla direttiva (UE) 2023/2413 del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 ottobre 2023 (UE) (cd. RED III). Il divieto di cui all'art. 3 della legge regionale incide sul raggiungimento dei target imposti dalla normativa unionale, in quanto la regione potrebbe non concorrere, insieme alle altre, al raggiungimento dell'obiettivo in capo all'intero Paese, ponendosi, anche sotto tale profilo, in palese contrasto con l'art. 117, primo comma della Costituzione, che prevede che «la potesta' legislativa e' esercitata dallo Stato e dalle regioni nel rispetto della Costituzione, nonche' dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali». Come e' noto, invero, nel dicembre 2019 la Commissione europea ha presentato la comunicazione sul Green Deal europeo, consistente in una tabella di marcia verso il raggiungimento entro il 2050 della neutralita' climatica, ovvero dell'equilibrio tra le emissioni e gli assorbimenti di gas ad effetto serra, quale obiettivo prioritario dell'Unione europea. Il Green Deal presuppone la trasformazione dell'economia e della societa' in senso ecosostenibile con un ampio spettro di interventi in tutti i settori: energia, industria (inclusa quella edilizia), trasporti e mobilita', agricoltura, gestione dei rifiuti, tutela dell'ambiente e della biodiversita', ricerca. L'obiettivo di perseguire l'impatto climatico zero entro il 2050 e' stato confermato dal Consiglio europeo del 12 e 13 dicembre 2019. Successivamente, il regolamento europeo sul clima ha reso vincolante tale traguardo prevedendo inoltre, quale tappa intermedia, la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra di almeno il 55% entro il 2030 target in linea con il contributo nazionale determinato (NDC) all'UNFCCC. (7) Il regolamento prevede che il successivo obiettivo al 2040 venga individuato dalla Commissione europea con una proposta legislativa entro i sei mesi successivi al primo bilancio globale previsto dall'Accordo di Parigi per il 2023. Per attuare il Green Deal, il complesso normativo per l'energia e il clima e' stato sottoposto a revisione dalle proposte legislative del pacchetto c.d. «Pronti per il 55%» presentato dalla Commissione europea nel luglio 2021, che intervengono anche sugli obiettivi fissati dal Quadro 2030, modificandoli in modo piu' ambizioso: riduzione di almeno il 55% delle emissioni nette (rispetto al 1990); aumento al 40% della quota di energia da fonti rinnovabili (percentuale che il successivo piano REPowerEU propone di innalzare a 45%); aumentare l'efficienza energetica al 39% per l'energia primaria e al 36% per l'energia finale (rispetto alla normativa vigente la proposta della Commissione cambia la base di calcolo e prospetta una riduzione del consumo di energia pari almeno al 9% rispetto alle proiezioni dello scenario di riferimento 2020. Anche per tale percentuale il piano REPowerEU propone un innalzamento al 13%). La norma regionale in esame presenta, poi, profili di illegittimita' costituzionale anche in rapporto agli articoli 3, 41 e 97 della Costituzione allorquando, senza conformarsi a un canone di ragionevolezza e inserendo un ostacolo all'iniziativa economica nel campo della produzione energetica da fonti rinnovabili, stabilisce che il divieto ivi previsto debba applicarsi anche a procedure gia' in corso alla data di entrata in vigore della legge stessa, trascurando anche le attivita' amministrative eventualmente gia' svolte dalle autorita' competenti. Istanza di sospensione Si ritengono, infine, sussistenti i presupposti per disporre sospensione del provvedimento legislativo ai sensi dell'art. 35 della legge n. 87/1953, cosi' come sostituito dall'art. 9 della legge 5 giugno 2003, n. 131 e ai sensi dell'art. 23 delle «Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale» approvate con delibera della Corte in sede non giurisdizionale del 22 luglio 2021 e successive modificazioni. In punto di fumus boni iuris si richiama quando dedotto a sostegno della illegittimita' della legge regionale impugnata. Sussiste, altresi', il requisito del periculum in mora nei termini configurati dall'art. 35 sopra citato, che opta per una tipizzazione espressa delle ipotesi in cui l'esecuzione della legge possa comportare situazione di rischio di un pregiudizio irreparabile - cioe' «il rischio di un irreparabile pregiudizio all'interesse pubblico o all'ordinamento giuridico della Repubblica», ovvero il «rischio di un pregiudizio grave ed irreparabile per i diritti dei cittadini». Sotto il profilo del periculum va evidenziato che la moratoria di ben diciotto mesi (da qui l'urgenza che giustifica la presente richiesta di sospensione) delle procedure autorizzatorie per le fonti energetiche rinnovabili (FER), approvata dalla Regione Sardegna con l'art. 3 della legge regionale impugnata n. 5/2024, comporta un pregiudizio irreparabile all'interesse pubblico, in quanto la sospensione delle procedure autorizzatorie necessarie a conseguire, da parte della regione, l'obiettivo di incremento di energia prodotta da fonti rinnovabili, in frontale violazione del divieto posto dalla legge statale con funzione di «norma fondamentale della materia» - fa mancare la quota regionale di potenza aggiuntiva (fissata dal citato decreto ministeriale 21 giugno 2024 in 6,264 MV, all'art. 2, comma 1, tabella A, cfr. all. 3) necessaria per raggiungere l'obiettivo di potenza complessiva da traguardare al 2030 da ultimo stabilito con il citato decreto ministeriale del 21 giugno u.s. (8) Occorre tenere conto anche del fatto che - secondo i dati diffusi nel 2023 dalla regione nel monitoraggio del Piano energetico ambientale - tre quarti dell'energia prodotta nell'isola deriva da combustibili fossili, in parte da carbone (33%) e in parte dal gas naturale (34%). Le energie rinnovabili coprano una parte minore: l'energia eolica contribuisce con il 13%, il fotovoltaico con il 9% e l'energia idraulica solo con il 3%. Secondo i dati Terna, all'inizio del 2023, la Sardegna contava su impianti eolici e fotovoltaici per una capacita' complessiva lorda di 2,24 GW di cui 1,1 GW, da eolico e 1,14 GW da solare fotovoltaico. Questi numeri rappresentano il 6,1% della capacita' complessiva installata in Italia, posizionando la Sardegna come la settima regione italiana per capacita' installata e la sesta per il solo eolico. La sospensione delle procedure autorizzatorie necessaria a conseguire da parte della regione l'obiettivo di incremento di energia prodotta da fonti rinnovabili, in frontale violazione del divieto posto dalla legge statale con funzione di «norma fondamentale della materia» risulta, dunque, ostativa al conseguimento degli ambiziosi obiettivi nazionali ed europei di decarbonizzazione (alla stregua PNIEC, PNNR e degli impegni assunti alla COP28 e al G7) e, quindi, determinando effetti seriamente pregiudizievoli all'«interesse pubblico». La contestata moratoria della Regione Sardegna comporta anche un pregiudizio irreparabile all'«ordinamento giuridico della Repubblica» posto che la legge regionale in esame assume, come detto, carattere fortemente ostativo, limitante e contrario rispetto alla finalita' del decreto ministeriale «Aree idonee», che e' quella di individuare la ripartizione fra le regioni e le province autonome dell'obiettivo nazionale al 2030 di una potenza aggiuntiva pari a 80 GW da fonti rinnovabili rispetto al 31 dicembre 2020, necessaria per raggiungere gli obiettivi fissati dal PNIEC e rispondere ai nuovi obiettivi derivanti dall'attuazione del pacchetto «Fit for 55», anche alla luce del pacchetto «Repower UE», con il concreto rischio di un pericoloso effetto emulativo da parte delle altre regioni che creerebbe instabilita' e incertezza normativa in tutto il settore energetico sostenibile. (1) L'art. 4 dello statuto speciale per la Sardegna approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 prevede: «Nei limiti del precedente articolo e dei principi stabiliti dalle leggi dello Stato, la regione emana norme legislative sulle seguenti materie: a) industria, commercio ed esercizio industriale delle miniere, cave e saline; b) istituzione ed ordinamento degli enti di credito fondiario ed agrario, delle casse di risparmio, delle casse rurali, dei monti frumentari e di pegno e delle altre aziende di credito di carattere regionale; relative autorizzazioni; c) opere di grande e media bonifica e di trasformazione fondiaria; d) espropriazione per pubblica utilita' non riguardante opere a carico dello Stato; e) produzione e distribuzione dell'energia elettrica; f) linee marittime ed aeree di cabotaggio fra i porti e gli scali della regione; g) assunzione di pubblici servizi; h) assistenza e beneficenza pubblica; i) igiene e sanita' pubblica; l) disciplina annonaria; m) pubblici spettacoli» L'art. 3, comma 1, del medesimo statuto dispone: «In armonia con la Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica e col rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali, nonche' delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica, la regione ha potesta' legislativa nelle seguenti materie: ...» (2) L'art. 10 della legge costituzionale n. 3/2001 dispone: «1. Sino all'adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni della presente legge costituzionale si applicano anche alle regioni a statuto speciale ed alle Province autonome di Trento e di Bolzano per le parti in cui prevedono forme di autonomia piu' ampie rispetto a quelle gia' attribuite.». (3) L'art. 1 del decreto legislativo n. 199/2021 dispone: «1. Il presente decreto ha l'obiettivo di accelerare il percorso di crescita sostenibile del Paese, recando disposizioni in materia di energia da fonti rinnovabili, in coerenza con gli obiettivi europei di decarbonizzazione del sistema energetico al 2030 e di completa decarbonizzazione al 2050. 2. Per le finalita' di cui al comma 1, il presente decreto definisce gli strumenti, i meccanismi, gli incentivi e il quadro istituzionale, finanziario e giuridico, necessari per il raggiungimento degli obiettivi di incremento della quota di energia da fonti rinnovabili al 2030, in attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 e nel rispetto dei criteri fissati dalla legge 22 aprile 2021, n. 53. 3. Il presente decreto reca disposizioni necessarie all'attuazione delle misure del Piano nazionale di ripresa e resilienza (di seguito anche: PNRR) in materia di energia da fonti rinnovabili, conformemente al Piano nazionale integrato per l'energia e il clima (di seguito anche: PNIEC), con la finalita' di individuare un insieme di misure e strumenti coordinati, gia' orientati all'aggiornamento degli obiettivi nazionali da stabilire ai sensi del regolamento (UE) 2021/1119, con il quale si prevede, per l'Unione europea, un obiettivo vincolante di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra di almeno il 55 percento rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030». (4) L'art. 20 - (Disciplina per l'individuazione di superfici e aree idonee per l'installazione di impianti a fonti rinnovabili) del decreto legislativo n. 199/2021 dispone: «1. Con uno o piu' decreti del Ministro della transizione ecologica di concerto con il Ministro della cultura, e il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, da adottare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono stabiliti principi e criteri omogenei per l'individuazione delle superfici e delle aree idonee e non idonee all'installazione di impianti a fonti rinnovabili aventi una potenza complessiva almeno pari a quella individuata come necessaria dal PNIEC per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo delle fonti rinnovabili, tenuto conto delle aree idonee ai sensi del comma 8. In via prioritaria, con i decreti di cui al presente comma si provvede a: a) dettare i criteri per l'individuazione delle aree idonee all'installazione della potenza eolica e fotovoltaica indicata nel PNIEC, stabilendo le modalita' per minimizzare il relativo impatto ambientale e la massima porzione di suolo occupabile dai suddetti impianti per unita' di superficie, nonche' dagli impianti a fonti rinnovabili di produzione di energia elettrica gia' installati e le superfici tecnicamente disponibili; b) indicare le modalita' per individuare superfici, aree industriali dismesse e altre aree compromesse, aree abbandonate e marginali idonee alla installazione di impianti a fonti rinnovabili. 1-bis. L'installazione degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra [di cui all'art. 6-bis, lettera b), del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28], in zone classificate agricole dai piani urbanistici vigenti, e' consentita esclusivamente nelle aree di cui alle lettere a), limitatamente agli interventi per modifica, rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione degli impianti gia' installati, a condizione che non comportino incremento dell'area occupata, c), incluse le cave gia' oggetto di ripristino ambientale e quelle con piano di coltivazione terminato ancora non ripristinate, nonche' le discariche o i lotti di discarica chiusi ovvero ripristinati, c-bis), c-bis.1) e c-ter), numeri 2) e 3), del comma 8 del presente articolo. Il primo periodo non si applica nel caso di progetti che prevedano impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra finalizzati alla costituzione di una comunita' energetica rinnovabile ai sensi dell'art. 31 del presente decreto nonche' in caso di progetti attuativi delle altre misure di investimento del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), approvato con decisione del Consiglio ECOFIN del 13 luglio 2021, come modificato con decisione del Consiglio ECOFIN dell'8 dicembre 2023, e del Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR (PNC) di cui all'art. 1 del decreto-legge 6 maggio 2021, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° luglio 2021, n. 101, ovvero di progetti necessari per il conseguimento degli obiettivi del PNRR. 2. Ai fini del concreto raggiungimento degli obiettivi di sviluppo delle fonti rinnovabili previsti dal PNIEC, i decreti di cui al comma 1, stabiliscono altresi' la ripartizione della potenza installata fra regioni e province autonome, prevedendo sistemi di monitoraggio sul corretto adempimento degli impegni assunti e criteri per il trasferimento statistico fra le medesime regioni e province autonome, da effettuare secondo le regole generali di cui all'allegato I, fermo restando che il trasferimento statistico non puo' pregiudicare il conseguimento dell'obiettivo della regione o della provincia autonoma che effettua il trasferimento. 3. Ai sensi dell'art. 5, comma 1, lettere a) e b), della legge 22 aprile 2021, n. 53, nella definizione della disciplina inerente le aree idonee, i decreti di cui al comma 1, tengono conto delle esigenze di tutela del patrimonio culturale e del paesaggio, delle aree agricole e forestali, della qualita' dell'aria e dei corpi idrici, privilegiando l'utilizzo di superfici di strutture edificate, quali capannoni industriali e parcheggi, nonche' di aree a destinazione industriale, artigianale, per servizi e logistica e verificando l'idoneita' di aree non utilizzabili per altri scopi, ivi incluse le superfici agricole non utilizzabili, compatibilmente con le caratteristiche e le disponibilita' delle risorse rinnovabili, delle infrastrutture di rete e della domanda elettrica, nonche' tenendo in considerazione la dislocazione della domanda, gli eventuali vincoli di rete e il potenziale di sviluppo della rete stessa. 4. Conformemente ai principi e criteri stabiliti dai decreti di cui al comma 1, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore dei medesimi decreti, le regioni individuano con legge le aree idonee, anche con il supporto della piattaforma di cui all'art. 21. Il Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie della Presidenza del Consiglio dei ministri esercita funzioni di impulso anche ai fini dell'esercizio del potere di cui al terzo periodo. Nel caso di mancata adozione della legge di cui al primo periodo, ovvero di mancata ottemperanza ai principi, ai criteri e agli obiettivi stabiliti dai decreti di cui al comma 1, si applica l'art. 41 della legge 24 dicembre 2012, n. 234. Le province autonome provvedono al processo programmatorio di individuazione delle aree idonee ai sensi dello statuto speciale e delle relative norme di attuazione). 5. In sede di individuazione delle superfici e delle aree idonee per l'installazione di impianti a fonti rinnovabili sono rispettati i principi della minimizzazione degli impatti sull'ambiente, sul territorio, sul patrimonio culturale e sul paesaggio, fermo restando il vincolo del raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione al 2030 e tenendo conto della sostenibilita' dei costi correlati al raggiungimento di tale obiettivo. 6. Nelle more dell'individuazione delle aree idonee, non possono essere disposte moratorie ovvero sospensioni dei termini dei procedimenti di autorizzazione. 7. Le aree non incluse tra le aree idonee non possono essere dichiarate non idonee all'installazione di impianti di produzione di energia rinnovabile, in sede di pianificazione territoriale ovvero nell'ambito di singoli procedimenti, in ragione della sola mancata inclusione nel novero delle aree idonee. 8. Nelle more dell'individuazione delle aree idonee sulla base dei criteri e delle modalita' stabiliti dai decreti di cui al comma 1, sono considerate aree idonee, ai fini di cui al comma 1 del presente articolo: a) i siti ove sono gia' installati impianti della stessa fonte e in cui vengono realizzati interventi di modifica, anche sostanziale, per rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione, eventualmente abbinati a sistemi di accumulo, che non comportino una variazione dell'area occupata superiore al 20 per cento. Il limite percentuale di cui al primo periodo non si applica per gli impianti fotovoltaici, in relazione ai quali la variazione dell'area occupata e' soggetta al limite di cui alla lettera c-ter), n. 1); b) le aree dei siti oggetto di bonifica individuate ai sensi del Titolo V, Parte quarta, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152; c) le cave e miniere cessate, non recuperate o abbandonate o in condizioni di degrado ambientale, o le porzioni di cave e miniere non suscettibili di ulteriore sfruttamento; c-bis) i siti e gli impianti nelle disponibilita' delle societa' del gruppo Ferrovie dello Stato italiane e dei gestori di infrastrutture ferroviarie nonche' delle societa' concessionarie autostradali. c-bis.1) i siti e gli impianti nella disponibilita' delle societa' di gestione aeroportuale all'interno dei sedimi aeroportuali, ivi inclusi quelli all'interno del perimetro di pertinenza degli aeroporti delle isole minori, di cui all'allegato 1 al decreto del Ministro dello sviluppo economico 14 febbraio 2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 114 del 18 maggio 2017, ferme restando le necessarie verifiche tecniche da parte dell'Ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC). c-ter) esclusivamente per gli impianti fotovoltaici, anche con moduli a terra, e per gli impianti di produzione di biometano in assenza di vincoli ai sensi della parte seconda del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42: 1) le aree classificate agricole, racchiuse in un perimetro i cui punti distino non piu' di 500 metri da zone a destinazione industriale, artigianale e commerciale, compresi i siti di interesse nazionale, nonche' le cave e le miniere; 2) le aree interne agli impianti industriali e agli stabilimenti, questi ultimi come definiti dall'art. 268, comma 1, lettera h), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, nonche' le aree classificate agricole racchiuse in un perimetro i cui punti distino non piu' di 500 metri dal medesimo impianto o stabilimento; 3) le aree adiacenti alla rete autostradale entro una distanza non superiore a 300 metri. c-quater) fatto salvo quanto previsto alle lettere a), b), c), c-bis) e c-ter), le aree che non sono ricomprese nel perimetro dei beni sottoposti a tutela ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, incluse le zone gravate da usi civici di cui all'art. 142, comma 1, lettera h), del medesimo decreto, ne' ricadono nella fascia di rispetto dei beni sottoposti a tutela ai sensi della parte seconda oppure dell'art. 136 del medesimo decreto legislativo. Ai soli fini della presente lettera, la fascia di rispetto e' determinata considerando una distanza dal perimetro di beni sottoposti a tutela di tre chilometri per gli impianti eolici e di cinquecento metri per gli impianti fotovoltaici. Resta ferma, nei procedimenti autorizzatori, la competenza del Ministero della cultura a esprimersi in relazione ai soli progetti localizzati in aree sottoposte a tutela secondo quanto previsto all'art. 12, comma 3-bis, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387. 8-bis. Ai fini del concreto raggiungimento degli obiettivi di cui al comma 2, per consentire la celere realizzazione degli impianti e garantire la sicurezza del traffico limitando le possibili interferenze, le societa' concessionarie autostradali affidano la concessione delle aree idonee di cui al comma 8, lettera c-bis), previa determinazione dei relativi canoni, sulla base di procedure ad evidenza pubblica, avviate anche a istanza di parte, con pubblicazione di un avviso, nel rispetto dei principi di trasparenza, imparzialita' e proporzionalita', garantendo condizioni di concorrenza effettiva. Gli avvisi definiscono, in modo chiaro, trasparente, proporzionato rispetto all'oggetto della concessione e non discriminatorio, i requisiti soggettivi di partecipazione e i criteri di selezione delle domande, nonche' la durata massima delle subconcessioni ai sensi del comma 8-ter. Se si verificano le condizioni di cui all'art. 63, comma 2, lettera a), del codice di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, le societa' concessionarie possono affidare le aree idonee di cui al comma 8, lettera c-bis), mediante subconcessione, a societa' controllate o collegate in modo da assicurare il necessario coordinamento dei lavori sulla rete in gestione e la risoluzione delle interferenze. Le societa' controllate o collegate sono tenute ad affidare i lavori, i servizi e le forniture sulla base di procedure ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi di trasparenza, imparzialita' e proporzionalita', garantendo condizioni di concorrenza effettiva. 8-ter. La durata dei rapporti di subconcessione di cui al comma 8-bis e' determinata in funzione della vita utile degli impianti e degli investimenti necessari per la realizzazione e gestione degli stessi e puo' essere superiore alla durata della concessione autostradale, salva la possibilita' per il concessionario che subentra nella gestione di risolvere il contratto di subconcessione riconoscendo un indennizzo pari agli investimenti realizzati non integralmente ammortizzati. (5) Nella sentenza n. 77/2022 la Corte ha stabilito: «4.1.5. - In definitiva, la moratoria imposta dal legislatore regionale dell'Abruzzo con l'art. 4 impugnato viola i principi fondamentali della materia, che affidano a celeri procedure amministrative il compito di valutare in concreto gli interessi coinvolti nell'installazione di impianti di produzione dell'energia da fonti rinnovabili. Tali valutazioni amministrative non possono essere condizionate e limitate da criteri cristallizzati in disposizioni legislative regionali (sentenze n. 177 del 2021, n. 106 del 2020, n. 69 del 2018, n. 13 del 2014 e n. 44 del 2011), ne' a fortiori possono essere impedite e, sia pure temporaneamente, ostacolate da fonti legislative regionali. L'art. 4 della legge regionale Abruzzo n. 8 del 2021 si pone, dunque, in aperto contrasto con i principi fondamentali della materia di celere conclusione delle procedure di autorizzazione e di massima diffusione degli impianti da fonti di energia rinnovabili, principi che sono al contempo attuativi di direttive dell'Unione europea e riflettono anche impegni internazionali volti a favorire l'energia prodotta da fonti rinnovabili (sentenza n. 286 del 2019), risorse irrinunciabili al fine di contrastare i cambiamenti climatici». (6) La sentenza n. 27/2023 della Corte ha rilevato ai punti 5 e 6: «5. - Nel merito le questioni promosse con i ricorsi iscritti al n. 27 e al n. 31 reg. ric. 2022 sono fondate. Sia l'art. 16 della legge regionale Abruzzo n. 1 del 2022 sia l'art. 19 della legge regionale Abruzzo n. 5 del 2022 attengono al regime abilitativo degli impianti di energia da fonti rinnovabili e violano i principi fondamentali della materia concorrente "produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia", di cui all'art. 117, terzo comma, della Costituzione. Al contempo, detti principi fondamentali sono attuativi di direttive emanate dall'Unione europea, nel rispetto di impegni assunti a livello internazionale, e le disposizioni impugnate si pongono, pertanto, in contrasto anche con l'art. 117, primo comma, della Costituzione 6. - Occorre precisare innanzitutto che, in attuazione della direttiva 2018/2001/UE, e sulla base dei principi e dei criteri indicati nella legge n. 53 del 2021, e' stato emanato il decreto legislativo n. 199 del 2021, volto ad "accelerare il percorso di crescita sostenibile del Paese, recando disposizioni in materia di energia da fonti rinnovabili" e a raggiungere gli "obiettivi di incremento della quota di energia da fonti rinnovabili al 2030", "conformemente al Piano nazionale integrato per l'energia e il clima" (art. 1, commi 1, 2 e 3). 6.1. - L'art. 20, comma 1, del citato decreto legislativo dispone che, con uno o piu' decreti del Ministro della transizione ecologica, di concerto con il Ministro della cultura e il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, previa intesa in sede di Conferenza unificata, siano stabiliti "principi e criteri omogenei per l'individuazione delle superfici e delle aree idonee e non idonee all'installazione di impianti a fonti rinnovabili". Quanto alle aree idonee, il comma 4 prevede che "[c]onformemente ai principi e criteri stabiliti dai decreti di cui al comma 1 [...] le regioni individuano con legge le aree idonee", fermo restando che, "nelle more dell'individuazione delle aree idonee sulla base dei criteri e delle modalita' stabiliti dai decreti di cui al comma 1", il comma 8 indica le aree considerate idonee. In ogni caso, in base al comma 6 dell'art. 20, "[n]elle more dell'individuazione delle aree idonee, non possono essere disposte moratorie ovvero sospensioni dei termini dei procedimenti di autorizzazione". Inoltre, il comma 7 del medesimo articolo chiarisce che "[l]e aree non incluse tra le aree idonee non possono essere dichiarate non idonee all'installazione di impianti di produzione di energia rinnovabile, in sede di pianificazione territoriale ovvero nell'ambito di singoli procedimenti, in ragione della sola mancata inclusione nel novero delle aree idonee". 6.2. - In raccordo con l'art. 20 del decreto legislativo n. 199 del 2021, l'art. 18, comma 3, del medesimo decreto legislativo stabilisce che, solo "[a] seguito dell'entrata in vigore della disciplina statale e regionale per l'individuazione di superfici e aree idonee ai sensi dell'art. 20, con decreto del Ministero della transizione ecologica, di concerto con il Ministero della cultura, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono aggiornate le linee guida per l'autorizzazione degli impianti a fonti rinnovabili di cui all'art. 12, comma 10, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387". Il citato iter non e' stato al momento completato e le linee guida emanate con il decreto ministeriale 10 settembre 2010 non sono state ancora aggiornate. Infine, il comma 2 dell'art. 18 del decreto legislativo n. 199 del 2021, sostitutivo dell'art. 4, comma 2, del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 (Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE), indica gli articoli che regolano i "regimi di autorizzazione per la costruzione e l'esercizio degli impianti a fonti rinnovabili", deputando a regolare l'autorizzazione unica l'art. 5 del decreto legislativo n. 28 del 2011, che a sua volta rimanda all'art. 12 del decreto legislativo n. 387 del 2003, come modificato dallo stesso art. 5.». (7) Regolamento (UE) 2021/1119 del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 giugno 2021 che istituisce il quadro per il conseguimento della neutralita' climatica e che modifica il regolamento (CE) n. 401/2009 e il regolamento (UE) 2018/1999 («Normativa europea sul clima»). (8) L'art. 2 del decreto ministeriale del 21 giugno 2024 recante Obiettivi delle regioni e province autonome prevede nella tabella «per ciascuna regione e provincia autonoma la traiettoria di conseguimento dell'obiettivo di potenza complessiva da traguardare al 2030».
P.Q.M. Si chiede che l'ecc.ma Corte voglia dichiarare costituzionalmente illegittimo e conseguentemente annullare l'art. 3 della legge della Regione autonoma della Sardegna del 3 luglio 2024, n. 5 recante: «Misure urgenti per la salvaguardia del paesaggio e dei beni paesaggistici e ambientali», pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione autonoma della Sardegna (BURS) del 4 luglio 2024, n. 35, per i motivi illustrati nel presente ricorso, previa sospensione, in via urgente, della sua efficacia. Con l'originale notificato del ricorso si depositeranno: 1. attestazione della delibera del Consiglio dei ministri del 7 agosto 2024 di impugnativa della legge regionale, con allegata relazione. 2. legge della Regione autonoma della Sardegna 3 luglio 2024, n. 5 recante: «Misure urgenti per la salvaguardia del paesaggio e dei beni paesaggistici e ambientali» pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione autonoma della Sardegna (BURS) del 4 luglio 2024, n. 35; 3. decreto del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica del 21 giugno 2024 recante «Disciplina per l'individuazione di superfici e aree idonee per l'installazione di impianti a fonti rinnovabili» pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 2 luglio 2024; 4. Bollettino Ufficiale della Regione autonoma della Sardegna (BURS) del 4 luglio 2024, n. 35 - versione integrale originale. Roma, 30 agosto 2024 L'Avvocato dello Stato: De Bonis