N. 33 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 30 agosto 2024

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 30 agosto  2024  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Energia - Impianti alimentati da  fonti  rinnovabili  -  Norme  della
  Regione  autonoma  della  Sardegna  -   Misure   urgenti   per   la
  salvaguardia del paesaggio - Previsione del divieto  di  realizzare
  nuovi impianti di produzione e accumulo  di  energia  elettrica  da
  fonti  rinnovabili  in  determinati  ambiti  territoriali,  per  un
  periodo non superiore a diciotto mesi dall'entrata in vigore  della
  legge regionale n. 5 del 2024 - Prevista applicazione delle  misure
  di salvaguardia, anche se nelle suddette aree sono in  corso,  alla
  data di entrata in vigore della medesima legge regionale, procedure
  di autorizzazione di tali impianti - Esclusione  dal  divieto,  tra
  gli  altri,  degli  impianti  finalizzati  all'autoconsumo  di  cui
  all'art. 30 del d.lgs. n. 199 del 2021 e di quelli ricadenti  nelle
  comunita' energetiche di  cui  all'art.  31  del  medesimo  decreto
  legislativo - Istanza di sospensione  dell'esecuzione  della  norma
  impugnata. 
- Legge della Regione autonoma della Sardegna 3  luglio  2024,  n.  5
  (Misure urgenti per  la  salvaguardia  del  paesaggio  e  dei  beni
  paesaggistici e ambientali), art. 3. 
(GU n.39 del 25-9-2024 )
    Ricorso ex art. 127 della Costituzione con istanza di sospensione
ai sensi dell'art. 35 della legge 11 marzo 1953, n. 87 e dell'art. 23
delle  norme  integrative  per   i   giudizi   davanti   alla   Corte
costituzionale  per  il  Presidente  del  Consiglio   dei   ministri,
rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale  dello  Stato
presso i cui uffici e' domiciliato in Roma alla via dei Portoghesi n.
12. 
    Contro  la  Regione  autonoma  della  Sardegna,  in  persona  del
Presidente pro tempore, Presidente della giunta regionale, nella  sua
sede  in  Cagliari,  al  viale   Trento   n.   69,   indirizzo   pec:
presidenza@pec.regione.sardegna.it   -   per   la   declaratoria   di
illegittimita' costituzionale dell'art. 3 della legge  della  Regione
autonoma della Sardegna del 3 luglio  2024,  n.  5  recante:  «Misure
urgenti per la salvaguardia del paesaggio e dei beni paesaggistici  e
ambientali»  pubblicata  nel  Bollettino  Ufficiale   della   Regione
autonoma della Sardegna (BURS) del 4 luglio 2024, n. 35. 
    Nel Bollettino Ufficiale della Regione autonoma della Sardegna n.
35 del 4 luglio 2024 e' pubblicata la legge regionale 3 luglio  2024,
n. 5. 
    Per quanto in questa sede d'interesse, le disposizioni  impugnate
cosi' dispongono: 
        Art. 3 - Misure urgenti per la salvaguardia del paesaggio. 
        1. Nelle more  dell'approvazione  della  legge  regionale  di
individuazione delle aree idonee ai sensi dell'art. 20, comma 4,  del
decreto  legislativo  8  novembre  2021,  n.  199  (Attuazione  della
direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio,  del
1° dicembre 2018, sulla promozione  dell'uso  dell'energia  da  fonti
rinnovabili), nonche' dell'approvazione del  PRS,  dell'aggiornamento
della   strategia   per   lo   sviluppo   sostenibile    e    inoltre
dell'aggiornamento,   adeguamento   e   completamento    del    Piano
paesaggistico regionale, e comunque per un periodo  non  superiore  a
diciotto mesi dall'entrata in vigore della presente legge, i seguenti
ambiti  territoriali  sono  sottoposti  a  misure   di   salvaguardia
comportanti il divieto di realizzare nuovi impianti di  produzione  e
accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili: 
          a) zone urbanistiche omogenee A, B, C, D, E, F, G e  H,  di
cui all'art.  3  del  decreto  dell'assessore  regionale  degli  enti
locali, finanze e urbanistica 20 dicembre 1983, n. 2266/U (Disciplina
dei limiti e dei rapporti relativi alla formazione di nuovi strumenti
urbanistici ed alla revisione di quelli esistenti  nei  comuni  della
Sardegna), fatto salvo quanto previsto dal comma 3; 
          b) aree naturali protette istituite ai sensi della legge  6
dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette) ed  inserite
nell'elenco ufficiale delle aree naturali protette,  con  particolare
riferimento alle aree di riserva  integrale  e  di  riserva  generale
orientata di cui all'art. 12, comma 2, lettere a) e b),  della  legge
n. 394 del 1991 nonche' aree equivalenti  istituite  dall'ordinamento
regionale; 
          c) zone umide d'importanza  internazionale  riconosciute  e
inserite nell'elenco  della  Convenzione  relativa  alle  zone  umide
d'importanza internazionale, con particolare riferimento agli habitat
degli uccelli acquatici, firmata a Ramsar il 2 febbraio 1971, di  cui
al decreto del Presidente della Repubblica  13  marzo  1976,  n.  448
(Esecuzione della convenzione relativa alle zone  umide  d'importanza
internazionale, soprattutto come  habitat  degli  uccelli  acquatici,
firmata a Ramsar il 2 febbraio 1971); 
          d) zone umide ricadenti nei siti di  interesse  comunitario
(SIC) o in zone di protezione speciale (ZPS) e zone  umide  ricadenti
all'interno di riserve naturali e  oasi  di  protezione  istituite  a
livello nazionale e regionale; 
          e) aree incluse nella  Rete  natura  2000  ai  sensi  della
direttiva n. 92/43/CEE del Consiglio del 21 maggio 1992 relativa alla
conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della  flora  e
della fauna selvatiche; 
          f) aree di riproduzione, alimentazione e transito di specie
faunistiche protette oppure aree in cui e' accertata la  presenza  di
specie  animali  e  vegetali  soggette  a  tutela  dalle  convenzioni
internazionali e dalla direttiva n. 92/43/CEE del 1992; 
          g)    aree    agricole    interessate     da     produzioni
agricolo-alimentari  di  qualita',   quali   produzioni   biologiche,
produzioni DOP, IGP, STG, DOC, DOCG, produzioni tradizionali,  ovvero
aree    di    particolare     pregio     rispetto     al     contesto
paesaggistico-culturale, nel rispetto  dell'art.  12,  comma  7,  del
decreto legislativo  29  dicembre  2003,  n.  387  (Attuazione  della
direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia  elettrica
prodotta  da  fonti  energetiche  rinnovabili  nel  mercato   interno
dell'elettricita'); 
          h) aree caratterizzate da situazioni di dissesto oppure  di
rischio idrogeologico perimetrate nei Piani di assetto  idrogeologico
(PAI) adottati dalle competenti Autorita'  di  bacino  ai  sensi  del
decreto-legge  11  giugno  1998,  n.  180  (Misure  urgenti  per   la
prevenzione del rischio idrogeologico ed a favore delle zone  colpite
da  disastri  franosi  nella  Regione   Campania),   convertito   con
modificazioni dalla legge 3 agosto 1998, n. 267; 
          i) aree che distano meno di 7 chilometri da beni culturali,
oppure di 1.500 metri per  le  isole  minori,  individuati  ai  sensi
dell'art. 10 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n.  42  (Codice
dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'art. 10 della legge
6 luglio 2002, n. 137); 
          j) le seguenti aree di  cui  all'art.  142,  comma  1,  del
decreto legislativo n. 42 del 2004: 
1) territori costieri compresi in una fascia della profondita' di 300
metri dalla linea di battigia; 
2) territori  contermini  ai  laghi  compresi  in  una  fascia  della
profondita' di  300  metri  dalla  linea  di  battigia  anche  per  i
territori elevati sui laghi; 
3) aree prospicienti a fiumi, torrenti, corsi d'acqua iscritti  negli
elenchi e le relative sponde o piedi degli argini per una  fascia  di
150 metri ciascuna; 
4) aree montuose per la parte eccedente 1.200 metri sul  livello  del
mare; 
5) parchi e riserve nazionali o regionali,  nonche'  i  territori  di
protezione esterna dei parchi; 
6) territori coperti da foreste e da  boschi,  ancorche'  percorsi  o
danneggiati  dal  fuoco,   e   quelli   sottoposti   a   vincolo   di
rimboschimento; 
7) zone gravate da usi civici; 
8) zone di interesse archeologico; 
          k)  le  seguenti  aree  cosi'  come  individuate  ai  sensi
dell'art. 143, comma 1, lettera d), del decreto legislativo n. 42 del
2004: 
1) fascia costiera; 
2) sistemi a baie e promontori, falesie e piccole isole; 
3) campi dunari e sistemi di spiaggia; 
4) aree rocciose e di cresta ed aree a quota superiore ai  900  metri
sul livello del mare; 
5) grotte e caverne; 
6) monumenti naturali ai sensi della legge regionale 7  giugno  1989,
n. 31 (Norme per  l'istituzione  e  la  gestione  dei  parchi,  delle
riserve e dei monumenti naturali, nonche' delle aree  di  particolare
rilevanza naturalistica ed ambientale); 
7) zone umide, laghi  naturali  ed  invasi  artificiali  e  territori
contermini compresi in una fascia  della  profondita'  di  300  metri
dalla linea di battigia, anche per i territori elevati sui laghi; 
8) fiumi torrenti e corsi d'acqua e relative  sponde  o  piedi  degli
argini, per una fascia di 150 metri  ciascuna,  e  sistemi  fluviali,
riparali, risorgive e cascate, ancorche' temporanee; 
9) aree di ulteriore interesse naturalistico comprendenti le specie e
gli habitat prioritari, ai sensi della  direttiva  n.  43/92/CEE  del
1992; 
10) aree che distano meno di 2 chilometri in linea d'aria  da  alberi
monumentali; 
11)  aree  caratterizzate  da  edifici   e   manufatti   di   valenza
storico-culturale, compresa la fascia di tutela; 
12) aree caratterizzate da insediamenti storici: centri di  antica  e
prima formazione; 
13) aree caratterizzate da insediamenti storici cosi'  come  definiti
dall'ordinamento regionale; 
          l) aree che distano meno di 7 chilometri in  linea  d'aria,
oppure 1.500 metri per le isole minori, da impianti di  produzione  e
di accumulo di energia elettrica da fonti  rinnovabili  realizzati  o
per i quali sia stata presentata istanza per l'avvio  della  relativa
procedura di autorizzazione alla data  di  entrata  in  vigore  della
presente legge. La distanza e' calcolata a  partire  dal  punto  piu'
vicino del perimetro considerato per la misura dell'estensione. 
        2. Le misure di  salvaguardia  di  cui  al  comma  1  trovano
applicazione anche se nelle aree individuate dal medesimo comma  sono
in corso, alla data  di  entrata  in  vigore  della  presente  legge,
procedure di autorizzazione di impianti di produzione e  accumulo  di
energia elettrica da fonti rinnovabili. 
        3.   Sono   esclusi   dall'applicazione   delle   misure   di
salvaguardia di cui al comma 1: 
          a) gli impianti di produzione  e  di  accumulo  di  energia
elettrica da fonti rinnovabili che non comportano consumo di suolo e,
limitatamente alle zone omogenee H di cui al  decreto  dell'assessore
regionale degli enti locali, finanze e urbanistica  del  20  dicembre
1983,  n.  2266/U,   purche'   destinati   all'autoconsumo   o   alla
valorizzazione del compendio in chiave di sostenibilita' ambientale; 
          b) gli interventi di manutenzione ordinaria,  straordinaria
o di revamping di impianti di produzione e  di  accumulo  di  energia
elettrica da fonti rinnovabili; 
          c) gli impianti di produzione  e  di  accumulo  di  energia
elettrica da fonti rinnovabili finalizzati all'autoconsumo  ai  sensi
dell'art. 30 del decreto legislativo n. 199 del  2021,  gli  impianti
ricadenti nelle comunita' energetiche di cui all'art. 31 del  decreto
legislativo n. 199 del 2021; 
          d) gli impianti ubicati nelle aree  libere  di  lotti  gia'
urbanizzati e edificati all'entrata in vigore  della  presente  legge
sulla base di un piano attuativo, ricadenti nelle  zone  urbanistiche
omogenee D e G di cui al decreto dell'assessore regionale degli  enti
locali, finanze e urbanistica del 20 dicembre 1983, n. 2266/U; 
          e) gli impianti di produzione  e  di  accumulo  di  energia
elettrica da  fonti  rinnovabili  previsti  all'interno  di  progetti
aventi ad oggetto il trasporto pubblico sostenibile; 
          f) gli impianti di produzione  e  di  accumulo  di  energia
elettrica da fonti rinnovabili integrati all'interno di progetti  per
la realizzazione di opere pubbliche; 
          g) gli impianti agrivoltaici aventi  soluzioni  costruttive
in elevazione con altezza minima non inferiore a 2,1 metri dal suolo,
tali da garantire la continuita' dell'attivita' colturale e pastorale
e l'intero e permanente utilizzo della superficie agricola utile. Gli
impianti agrivoltaici con soluzioni costruttive in elevazione  devono
avere una dimensione massima di 10 Mwp a servizio di aziende condotte
da titolari  aventi  la  qualifica  di  coltivatore  diretto  (CD)  o
imprenditore  agricolo  professionale  (IAP).  Tali  aziende   devono
risultare operative dalla data del 31 dicembre  2018,  nonche'  avere
sede operativa nel territorio della  Regione  Sardegna.  Le  suddette
aziende devono corredare la richiesta di autorizzazione con un  piano
aziendale ricognitivo contenente il fatturato totale  annuo  relativo
alle  ultime  cinque  annualita'  a  dimostrazione  delle   dinamiche
aziendali. Le imprese agricole di cui alla  presente  lettera  devono
essere in regola con le direttive per le  zone  agricole  di  cui  al
decreto del Presidente della giunta regionale 3 agosto 1994, n.  228.
Al fine di evitare il ricorso ad aggregazioni fittizie, nel  caso  di
contiguita' di impianti agrivoltaici di cui alla presente lettera  e'
necessario,  per  le  imprese   medesime,   presentare   l'iscrizione
all'elenco regionale IAP o nell'elenco  dei  coltivatori  diretti  da
parte delle aziende confinanti e un prospetto dei  bilanci  aziendali
realizzati nel medesimo periodo. 
        4. Per le  finalita'  di  cui  al  comma  1  e  per  adeguare
contestualmente  i  suoi  contenuti  all'approvazione   della   legge
regionale sulle aree idonee ai  sensi  dell'art.  20,  comma  4,  del
decreto legislativo n. 199 del 2021 il consiglio regionale approva il
PRS, la giunta  regionale  aggiorna  la  strategia  per  lo  sviluppo
sostenibile e adotta l'aggiornamento al Piano paesaggistico regionale
(PPR) entro diciotto mesi dalla  data  di  entrata  in  vigore  della
presente legge e avvia con la massima urgenza, secondo  il  principio
di leale collaborazione di cui  all'art.  120  della  Costituzione  e
nelle sedi istituzionali competenti,  tutte  le  iniziative  previste
dalla  normativa  vigente  per  garantire  e   favorire   la   celere
approvazione dei decreti del Ministro dell'ambiente e della sicurezza
energetica di cui all'art. 20, comma 1, del  decreto  legislativo  n.
199 del 2021 e della conseguente legge regionale sulle aree idonee ai
sensi del comma 4 del medesimo decreto legislativo. Entro gli  stessi
termini la giunta regionale aggiorna il Piano  energetico  ambientale
della Regione  Sardegna  (PEARS),  di  cui  all'art.  3  della  legge
regionale 13 ottobre 2022, n. 15 (Disposizioni in materia di  energia
e modifiche alla legge regionale n. 9 del 2006). 
    Il  Governo  ritiene  che  tale  legge  sia   censurabile   nelle
disposizioni sopra indicate (dunque, nel suo art. 3). 
    Propone, pertanto, questione di  legittimita'  costituzionale  ai
sensi dell'art. 127, comma 1, della Costituzione per i seguenti 
 
                               Motivi 
 
1. Illegittimita' costituzionale  dell'art.  3  legge  della  Regione
autonoma della Sardegna 3 luglio 2024, n. 5 per contrasto con  l'art.
117, comma 1 e  comma  3  della  Costituzione  in  relazione  decreto
legislativo 8 novembre 2021, n. 199 (Attuazione della direttiva  (UE)
2018/2001 del Parlamento europeo e del  Consiglio,  del  1°  dicembre
2018, sulla promozione dell'uso dell'energia da  fonti  rinnovabili),
in relazione ai principi espressi dalla  direttiva  2018/2001/UE,  in
linea  di  continuita'  con  quelli  fatti  propri  dalle   direttive
2001/77/CE e 2009/28/CE e  dal  regolamento  (UE)  2021/1119  del  30
giugno 2021 - norme interposte; per contrasto  con  l'art.  10  della
legge  costituzionale  18  ottobre  2001,  n.  3  e  con   la   legge
costituzionale n. 3 del 1948 (articoli  3  e  4  lettera  e))  e  per
contrasto gli articoli 3, 41 e 97 della Costituzione. 
    L'art. 3 della legge della Regione autonoma della Sardegna, sopra
riportato, che introduce  misure  urgenti  per  la  salvaguardia  del
paesaggio e dei beni paesaggistici ambientali,  presenta  profili  di
illegittimita' costituzionale eccedendo  dalle  competenze  statuarie
della Regione autonoma della Sardegna (legge costituzionale n. 3  del
1948) e ponendosi  in  contrasto,  per  le  motivazioni  che  saranno
illustrate, con la  normativa  statale  di  riferimento  che  pone  i
principi fondamentali, vincolanti  per  le  regioni,  in  materia  di
«produzione,  trasporto  e  distribuzione  nazionale   dell'energia»,
violando quindi l'art. 117, terzo comma della Costituzione. 
    Inoltre, poiche' la  disciplina  statale  di  riferimento  e'  di
derivazione  eurounitaria  si  evidenzia,  altresi',  la   violazione
dell'art. 117, primo  comma,  della  Costituzione,  secondo  cui  «la
potesta' legislativa e' esercitata dallo Stato e  dalle  regioni  nel
rispetto  della   Costituzione,   nonche'   dei   vincoli   derivanti
dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali». 
    La disciplina regionale e', inoltre, idonea  a  pregiudicare  gli
obiettivi fissati  dal  legislatore  nazionale  in  attuazione  della
disciplina unionale sul c.d. Green deal europeo. 
    La previsione contenuta nel comma 2 del  medesimo  art.  3  della
legge regionale, secondo il quale le misure di salvaguardia  previste
dalla   legge   regionale   si   applicano   anche   alle   procedure
autorizzatorie in corso, si pone,  altresi',  in  contrasto  con  gli
articoli 3 e 41 della Costituzione. 
    Si premette che lo statuto speciale di  autonomia  della  Regione
Sardegna (legge costituzionale n. 3 del 1948) riconosce alla regione,
con l'art. 4, lettera e): competenza  legislativa  in  materia  della
sola «produzione e distribuzione di energia elettrica» con  i  limiti
stabiliti dall'art. 3 del  medesimo  statuto  speciale  -  ovvero  in
armonia con la Costituzione e i principi  dell'ordinamento  giuridico
dello Stato e col rispetto  degli  obblighi  internazionali  e  degli
interessi nazionali, nonche' delle norme fondamentali  delle  riforme
economico-sociali della Repubblica - nonche' dei  principi  stabiliti
dalle leggi dello Stato. (1) 
    In virtu', dunque, dell'art. 10  della  legge  costituzionale  18
ottobre 2001, n. 3 (2) che consente l'applicazione delle disposizioni
del Titolo V della Costituzione cosi' come  modificato  dalla  stessa
legge costituzionale alle regioni a statuto speciale per le parti  in
cui si prevedono forme di autonomia piu' ampie rispetto a quelle gia'
a queste attribuite - viene in rilievo la violazione  dell'art.  117,
terzo comma della Costituzione in presenza di disposizioni  regionali
configgenti con previsioni legislative statali di principio volte  al
conseguimento di obiettivi  di  politica  energetica  gravanti  sullo
Stato italiano nel suo complesso, perche' esso configura un titolo di
competenza piu'  ampio  rispetto  a  quello  previsto  dallo  statuto
speciale della Regione autonoma Sardegna, come  detto  riferito  alla
sola energia elettrica. 
    L'art. 3  della  legge  regionale  in  esame,  rubricato  «Misure
urgenti per la salvaguardia del paesaggio», nell'asserito intento  di
introdurre misure per  la  salvaguardia  del  paesaggio  e  dei  beni
paesaggistici e ambientali, pone misure di  salvaguardia  comportanti
il divieto di realizzare nuovi impianti di produzione e  accumulo  di
energia elettrica da fonti rinnovabili, «nelle more dell'approvazione
della legge regionale di individuazione delle aree  idonee  ai  sensi
dell'art. 20, comma 4, del decreto legislativo 8  novembre  2021,  n.
199 (Attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo
e del Consiglio, del 1°  dicembre  2018,  sulla  promozione  dell'uso
dell'energia da fonti  rinnovabili),  nonche'  dell'approvazione  del
PRS, dell'aggiornamento della strategia per lo sviluppo sostenibile e
inoltre dell'aggiornamento, adeguamento  e  completamento  del  Piano
paesaggistico regionale» e, comunque, per un periodo non superiore  a
diciotto mesi dall'entrata in vigore della  stessa  legge  regionale,
indicando una serie di aree escluse (tra cui aree naturali  protette,
zone umide, aree della rete Natura 2000, aree agricole, ecc.). 
    In sostanza, la norma in esame vieta, anche se  transitoriamente,
la  realizzazione  di  nuovi  impianti  soggetti  a   concessione   o
autorizzazione,  al  fine  di  scongiurare  l'irreversibilita'  degli
impatti  derivanti  dalla   loro   realizzazione,   installazione   o
avviamento. Dal divieto sono esclusi gli impianti  di  produzione  di
energia elettrica da fonti rinnovabili  finalizzati  all'autoconsumo,
di cui all'art. 30 del decreto legislativo n. 199 del 2021, e  quelli
ricompresi  nelle  comunita'  energetiche  di  cui  all'art.  31  del
medesimo decreto legislativo. 
    La  previsione  della  legge  regionale,  pur  se  di   carattere
transitorio, deroga rispetto  alla  disciplina  statale  che  prevede
l'adozione di decreti ministeriali di individuazione dei  principi  e
criteri omogenei e, comunque, anche in caso di  mancata  adozione  di
siffatti  decreti  vieta   ogni   moratoria   dei   procedimenti   di
autorizzazione. 
    La  disposta  moratoria  per  diciotto   mesi   costituisce   una
violazione certa del principio generale che la regione avrebbe dovuto
certamente rispettare. 
    Inoltre, sempre all'art. 3, al comma  2,  si  specifica  che  «le
misure di salvaguardia di cui al comma 1 trovano  applicazione  anche
se nelle aree individuate dal medesimo comma sono in corso, alla data
di  entrata  in   vigore   della   presente   legge,   procedure   di
autorizzazione di  impianti  di  produzione  e  accumulo  di  energia
elettrica da fonti rinnovabili»;  al  comma  4  si  prevede  che  «il
Consiglio regionale approva il PRS, la giunta regionale  aggiorna  la
strategia per lo sviluppo sostenibile  e  adotta  l'aggiornamento  al
Piano paesaggistico regionale (PPR) entro diciotto mesi dalla data di
entrata in vigore della presente legge e avvia con la massima urgenza
[...] tutte  le  iniziative  previste  dalla  normativa  vigente  per
garantire e favorire la celere approvazione dei decreti del  Ministro
dell'ambiente e della sicurezza energetica di cui all'art. 20,  comma
1, del decreto legislativo n. 199 del 2021 e della conseguente  legge
regionale sulle aree idonee ai sensi del comma 4 del medesimo decreto
legislativo. Entro gli stessi termini la giunta regionale aggiorna il
Piano energetico ambientale della Regione Sardegna (PEARS) [...]». 
    L'intervento legislativo regionale in esame si colloca nel quadro
normativo  che  disciplina  l'installazione  di  impianti   a   fonti
rinnovabili di cui al decreto legislativo 8 novembre  2021,  n.  199,
recante «Attuazione della direttiva  (UE)  2018/2001  del  Parlamento
europeo e del  Consiglio  dell'11  dicembre  2018,  sulla  promozione
dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili». (3) 
    In particolare, l'art. 20 (4) del predetto decreto legislativo ha
disciplinato le modalita'  di  individuazione  di  superfici  e  aree
idonee  per  l'installazione  di  impianti   a   fonti   rinnovabili,
stabilendo, con il comma 1, che la definizione di principi e  criteri
omogenei per l'individuazione di superfici e delle aree idonee e  non
idonee all'installazione di impianti a fonti rinnovabili, aventi  una
potenza pari a quella individuata come necessaria dal PNIEC,  avvenga
per mezzo di uno o piu' decreti ministeriali, previa intesa  in  sede
di Conferenza unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo  28
agosto 1997, n. 281, entro centottanta giorni dall'entrata in  vigore
del decreto legislativo n. 199/2021 (15 dicembre 2021); con il  comma
4 che, entro centottanta giorni dall'entrata  in  vigore  dei  citati
decreti ministeriali, le  regioni  individuino  le  aree  idonee  con
legge; il successivo comma 6 stabilisce il  divieto  di  moratorie  o
sospensioni di termini dei procedimenti di autorizzazione, nelle more
dell'individuazione delle aree idonee sulla base dei  citati  decreti
ministeriali; comma 8 individua, medio tempore,  alcune  aree  idonee
all'installazione (siti di impianti gia' installati, siti oggetto  di
bonifica, cave e miniere cessate, ecc.). 
    Il decreto legislativo  n.  199/2021  ha  recepito  la  direttiva
UE/2018/2001, stabilendo che gli obiettivi energetici  nazionali  del
PNIEC all'anno 2030  sono  ripartiti  in  sotto-obiettivi  energetici
regionali. Pertanto, ogni regione e provincia autonoma e' chiamata  a
garantire sul proprio territorio il consumo di una  quota  minima  di
energia di fonte rinnovabili (FER).  L'art.  20  del  citato  decreto
legislativo  ha  definito  il  percorso  per  l'individuazione  delle
superfici e delle aree idonee alla realizzazione di impianti a  fonti
rinnovabili,  con  la  previsione  di  un  coinvolgimento,  in  prima
battuta, del Ministero dell'ambiente  e  della  sicurezza  energetica
(MASE), del Ministero dell'agricoltura, della sovranita' alimentare e
delle foreste (MASAF) e del Ministero della  cultura  (MIC)  d'intesa
con le regioni, al fine di definire criteri e principi omogenei  e  -
tenuto  conto  della  titolarita'  del  processo  programmatorio  sul
territorio in capo a  regioni  e  province  autonome  -  rinviando  a
successive leggi regionali per l'individuazione su ciascun territorio
delle superfici e delle aree idonee. 
    Ai  sensi  del  citato  art.  20  dalla  individuazione  di   una
determinata area come  «idonea»  deriva  l'applicazione  di  un  iter
autorizzativo «semplificato», piu' snello e celere.  Infatti,  l'art.
22 del medesimo decreto-legislativo, prevede  che  «i  termini  delle
procedure di autorizzazione per impianti in aree idonee sono  ridotti
di un terzo» e che «nei procedimenti di autorizzazione di impianti di
produzione di energia elettrica alimentati da  fonti  rinnovabili  su
aree idonee, ivi inclusi quelli per l'adozione del  provvedimento  di
valutazione di impatto ambientale, l'autorita' competente in  materia
paesaggistica si esprime con parere obbligatorio non vincolante». 
    Il medesimo art. 20 individua poi, con il comma 8, le  aree  che,
nelle more dell'entrata in vigore  delle  apposite  leggi  regionali,
debbono comunque essere considerate idonee. 
    Si rappresenta che  il  previsto  decreto  ministeriale  (decreto
ministeriale 21 giugno  2024  del  Ministero  dell'ambiente  e  della
sicurezza energetica nella Gazzetta Ufficiale - Serie generale  -  n.
153 del 2 luglio 2024) e' pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  due
giorni prima della data di promulgazione  della  legge  regionale  in
esame nel Bollettino Ufficiale della Regione autonoma della  Sardegna
(Bollettino n. 35 del 4 luglio 2024). 
    Pur considerato tale aspetto temporale, si evidenzia che la legge
regionale non ha evidentemente  preso  in  considerazione  il  citato
decreto ministeriale (la legge regionale, infatti,  e'  adottata,  ai
sensi  del  comma  1.  «Nelle  more  dell'approvazione  della   legge
regionale di individuazione delle aree idonee ai sensi dell'art.  20,
comma 4, del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199  (Attuazione
della  direttiva  (UE)  2018/2001  del  Parlamento  europeo   e   del
Consiglio,  del  1°  dicembre   2018,   sulla   promozione   dell'uso
dell'energia da fonti  rinnovabili»)  e  la  stessa  legge  regionale
deroga, comunque, rispetto alla disciplina statale che, anche in caso
di mancata adozione dei decreti ministeriali  di  individuazione  dei
principi e criteri omogenei sulle aree idonee  e  non  idonee,  vieta
ogni moratoria dei procedimenti di autorizzazione. 
    Si evidenzia,  dunque,  che  la  «provvisorieta'»  dell'efficacia
delle disposizioni  contenute  nella  legge  regionale  in  esame  si
sovrappone in ogni caso alla  normativa  gia'  in  vigore,  generando
dubbi tra gli operatori del settore e  mal  conciliandosi,  peraltro,
con l'intento di uno «sviluppo regolato e armonico degli impianti  di
produzione e accumulo dell'energia elettrica da  fonti  rinnovabili»,
auspicato dallo stesso legislatore regionale. 
    Il tema dell'individuazione delle aree idonee alla  realizzazione
degli impianti da fonti rinnovabili non  e'  nuovo.  Sono  stati,  in
effetti, numerosi i tentativi delle regioni di porre  un  freno  alla
realizzazione di  tali  impianti,  dichiarando  intere  porzioni  del
proprio territorio come  «inidonee»,  in  linea  di  principio,  alla
installazione. 
    Anche prima dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 199
del 2021 (che, come si evince da  quanto  sopra,  rafforza  il  favor
verso la diffusione dell'energia da fonti rinnovabili, in  linea  con
la  legislazione  dell'UE),   l'orientamento   della   giurisprudenza
costituzionale era nel senso di ritenere illegittime norme  regionali
volte a sancire, in via generale e  astratta,  la  non  idoneita'  di
intere aree di territorio o a imporre, in  maniera  generalizzata  ed
aprioristica,  limitazioni  (in  tal  senso,   Corte   costituzionale
sentenza n. 69 del 2018). 
    In casi simili e  comunque  sempre  sulla  base  della  normativa
previgente al decreto legislativo n. 199 del 2021, codesta  Corte  ha
avuto modo di precisare che il margine di intervento riconosciuto  al
legislatore regionale non permette  di  prescrivere  limiti  generali
inderogabili, valevoli sull'intero territorio regionale, perche' cio'
contrasterebbe con il principio fondamentale  di  massima  diffusione
delle fonti di energia rinnovabili, stabilito dal legislatore statale
in  conformita'  alla  normativa  dell'Unione  europea  (cfr.   Corte
costituzionale, sentenza n. 13 del 2014 e sentenza n. 77  del  2022).
(5) 
    Di particolare rilievo e', poi, il  caso  della  legge  regionale
Abruzzo dichiarata incostituzionale con sentenza n. 27 del  2023,  in
riferimento all'art. 117, primo e terzo comma, della Costituzione. 
    In questa pronuncia, codesta Corte ha caducato  l'art.  16  della
legge regionale Abruzzo n. 1 del 2022, che prorogava dal 31  dicembre
2021 al 30 giugno 2022 il termine entro il quale la giunta  regionale
doveva proporre al Consiglio regionale lo strumento di pianificazione
contenente  l'individuazione  delle  aree   e   dei   siti   inidonei
all'installazione di specifici impianti da fonti  rinnovabili.  Nella
sentenza si afferma che ogni moratoria in  questo  settore  confligge
con l'art. 117, primo comma,  della  Costituzione,  in  relazione  ai
principi  espressi  dalla  direttiva  2018/2001/UE,   in   linea   di
continuita' con quelli fatti  propri  dalle  direttive  2001/77/CE  e
2009/28/CE, violando gli impegni assunti  dallo  Stato  italiano  nei
confronti dell'Unione europea e  a  livello  internazionale  volti  a
garantire la massima diffusione degli impianti da  fonti  di  energia
rinnovabili (cfr. punto 5 e 6 del Considerato in diritto). (6) 
    Per costante giurisprudenza della Corte, dunque, le regioni e  le
province autonome sono tenute a rispettare  i  principi  fondamentali
contemplati dal legislatore statale (ex multis  sentenze  n.  11  del
2022, n. 177 del 2021 e n. 106 del  2020)  e,  nel  caso  di  specie,
racchiusi nel citato decreto legislativo n. 199 del 2021. 
    Le  disposizioni  censurate  della  Regione   Sardegna,   quindi,
nell'impedire l'applicazione  della  legislazione  statale,  appaiono
riconducibili   alle   ipotesi,   censurate   dalla    giurisprudenza
costituzionale, delle c.d. «leggi  di  reazione»,  il  cui  scopo  e'
quello di rendere inapplicabile, nel proprio  territorio,  una  legge
che ritenga «costituzionalmente illegittima, se non addirittura anche
solo dannosa o inopportuna, anziche' agire in giudizio» dinnanzi alla
Corte costituzionale (cfr. Corte costituzionale, sentenze n. 198 e n.
199 del 2004). In proposito la Corte costituzionale ricorda come  ne'
lo Stato ne'  le  regioni  possono  pretendere,  al  di  fuori  delle
procedure previste dalle disposizioni  costituzionali,  di  risolvere
direttamente  gli  eventuali  conflitti   tra   i   rispettivi   atti
legislativi tramite proprie disposizioni di legge. 
    Osserva la Corte che «cio'  che  e'  implicitamente  escluso  dal
sistema costituzionale e' che il legislatore regionale (cosi' come il
legislatore  statale  rispetto  alle  leggi  regionali)  utilizzi  la
potesta' legislativa allo scopo di rendere inapplicabile nel  proprio
territorio una  legge  dello  Stato  che  ritenga  costituzionalmente
illegittima, se non addirittura solo dannosa o inopportuna,  anziche'
agire in giudizio dinnanzi a questa Corte,  ai  sensi  dell'art.  127
della Costituzione. Dunque  ne'  lo  Stato  ne'  le  regioni  possono
pretendere, al di fuori  delle  procedure  previste  da  disposizioni
costituzionali, di risolvere direttamente gli eventuali conflitti  di
competenza tramite proprie disposizioni di legge  (cfr.  sentenza  n.
198 del 2004) o, tanto meno, tramite atti amministrativi di indirizzo
che  dichiarino  o  presuppongano  l'inapplicabilita'  di   un   atto
legislativo rispettivamente delle  regioni  o  dello  Stato».  (Corte
costituzionale - sentenza n. 199/2004). 
    Le disposizioni regionali contenute  nell'art.  3  introducono  -
quale «misura  di  salvaguardia»  -  il  divieto  di  realizzare,  in
determinati  «ambiti  territoriali»  (comma  1),  nuovi  impianti  di
produzione e accumulo di  energia  elettrica  da  fonti  rinnovabili,
specificando alcuni casi di deroga (comma 3). 
    La corposa e dettagliata elencazione contenuta nell'art. 3  sopra
riportato e,  dunque,  l'amplissimo  ambito  oggetto  di  sostanziale
divieto all'installazione di impianti a fonti rinnovabili  e  sistemi
di accumulo  per  effetto  della  disposizione  regionale  in  parola
risulta ben piu' ampio, in senso restrittivo, di  quello  contemplato
dal legislatore statale all'art. 20, comma 8, del decreto legislativo
n. 199 del 2021. 
    Conseguentemente, nel territorio  regionale  risulta  vietata  la
realizzazione di impianti a fonti rinnovabili in aree nelle quali  il
legislatore statale lo permette, con  una  disciplina  immediatamente
efficace in attesa della individuazione delle aree idonee  con  legge
regionale. 
    Il legislatore  regionale,  dunque,  ignorando  la  volonta'  del
legislatore  statale,  prevede  che  siano  le  proprie  «misure   di
salvaguardia» a trovare applicazione «nelle  more  dell'approvazione»
della legge regionale di individuazione delle aree  idonee  ai  sensi
dell'art. 20, comma 4, del decreto legislativo 8  novembre  2021,  n.
199 e  «comunque  per  un  periodo  non  superiore  a  diciotto  mesi
dall'entrata in vigore della presente legge». 
    La previsione di «misure di salvaguardia» ad  opera  dell'art.  3
della legge regionale in argomento,  che  comportano  il  divieto  di
installare impianti, e' in contrasto con il sopra  illustrato  quadro
normativo statale, che, non ammette, in  maniera  chiara,  divieti  o
moratorie di sorta. 
    Infatti,  la  disciplina  statale  di  cui  al   citato   decreto
legislativo n. 199 del 2021 prevede esplicitamente all'art. 20, comma
6 che «nelle more dell'individuazione delle  aree  idonee  [ad  opera
delle leggi regionali da approvarsi entro  centottanta  giorni  dalla
entrata in vigore dei decreti attuativi], non possono essere disposte
moratorie  ovvero  sospensioni  dei  termini  dei   procedimenti   di
autorizzazione». Peraltro, il decreto legislativo n.  199  del  2021,
quale formula di chiusura, dispone, al medesimo art. 20, comma 7, che
«le aree non incluse tra le aree idonee non possono essere dichiarate
non idonee all'installazione di impianti  di  produzione  di  energia
rinnovabile [...] in ragione della sola mancata inclusione nel novero
delle aree idonee». 
    Dall'esame del combinato disposto degli  articoli  20  e  22  del
decreto legislativo n. 199 del 2021 deve dedursi  che  dalla  mancata
qualificazione di  una  determinata  area  come  «idonea»  scaturisce
conseguentemente    l'inapplicabilita'    di    talune     specifiche
semplificazioni  procedimentali  e  non  gia'  un  impedimento   alla
realizzazione di impianti a fonti rinnovabili. Cio' conferma che,  ai
sensi dei citati articoli,  anche  l'area  «non  idonea»  e',  a  ben
vedere,  compatibile  con  l'installazione  dei  suddetti   impianti.
Semmai, l'art. 20  aspira  ad  assicurare  che  la  realizzazione  di
progetti in aree non classificate come «idonee» si attui all'esito di
un procedimento autorizzatorio  ragionevolmente  non  semplificabile,
considerato le  maggiori  complicazioni  derivanti  dalla  necessaria
ricerca  di  un  bilanciamento  tra  i  vari  interessi  coinvolti  e
meritevoli   di   tutela    (paesaggistico-culturali,    di    tutela
dell'ambiente, di salvaguardia dell'attivita' agricola).  A  conferma
di cio', l'unico divieto di installazione di impianti FER attualmente
vigente e' quello contenuto al comma 1-bis dell'art.  20,  introdotto
ad opera dell'art. 5 del decreto-legge n. 63  del  2024,  convertito,
con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2024, n. 101. 
    In ogni  caso,  tale  divieto  non  presente  nella  formulazione
originaria dell'art. 20  in  parola,  e'  circoscritto  a  specifiche
tipologie di impianti (di produzione di energia  elettrica  da  fonte
solare  con  moduli  a  terra)  ubicati  in  determinate  aree  (zone
classificate agricole dai piani urbanistici). 
    A  riguardo  codesta  Corte  ha  recentemente  affermato   (Corte
costituzionale, sentenza n. 103/2024)  «Come  questa  Corte  ha  gia'
avuto modo di osservare (sentenze n. 58 e n. 27 del 2023), l'art. 20,
comma 8, del decreto legislativo n. 199 del 2021 si colloca nel nuovo
sistema - introdotto dallo stesso decreto legislativo n. 199 del 2021
- di individuazione delle aree in cui e'  consentita  l'installazione
degli impianti a fonti rinnovabili. Con esso, il legislatore  statale
ha inteso superare il sistema dettato dall'art.  12,  comma  10,  del
decreto legislativo  29  dicembre  2003,  n.  387  (Attuazione  della
direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia  elettrica
prodotta  da  fonti  energetiche  rinnovabili  nel  mercato   interno
dell'elettricita') e  dal  conseguente  decreto  del  Ministro  dello
sviluppo  economico  del  10  settembre   2010   (Linee   guida   per
l'autorizzazione degli impianti  alimentati  da  fonti  rinnovabili),
contenenti i principi e i criteri di individuazione  delle  aree  non
idonee. 
    Le regioni, pertanto, sono ora chiamate  a  individuare  le  aree
"idonee" all'installazione degli impianti, sulla scorta dei  principi
e dei  criteri  stabiliti  con  appositi  decreti  interministeriali,
previsti dal comma 1  del  citato  art.  20,  tuttora  non  adottati.
Inoltre, l'individuazione delle aree idonee dovra' avvenire non  piu'
in sede amministrativa, come prevedeva la  disciplina  precedente  in
relazione a quelle non idonee, bensi' "con legge" regionale,  secondo
quanto precisato dal comma 4 (primo periodo) dello stesso art. 20. 
    Nel descritto contesto normativo, il comma 8 dell'art.  20  funge
da   disposizione   transitoria,   prevedendo   che   "[n]elle   more
dell'individuazione delle aree idonee sulla base dei criteri e  delle
modalita' stabiliti dai decreti di cui al comma 1", sono  considerate
idonee le aree elencate dalle lettere  a)  e  seguenti  dello  stesso
comma 8, tra le quali figurano, alla lettera c)-quater, "le aree  che
non sono ricomprese nel perimetro dei beni  sottoposti  a  tutela  ai
sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, incluse le zone
gravate da usi civici di cui all'art. 142, comma 1, lettera  h),  del
medesimo decreto". 
    Il ricorrente desume da tale disposizione  che  i  terreni  d'uso
civico non sarebbero idonei all'installazione perche' non inclusi tra
quelli idonei. 
    Una  simile  interpretazione,  tuttavia,  e'   contraddetta   dal
disposto del comma 7 dello stesso art. 20, secondo cui "[l]e aree non
incluse tra le aree idonee non possono essere dichiarate  non  idonee
all'installazione di impianti di produzione di  energia  rinnovabile,
in sede di pianificazione territoriale ovvero nell'ambito di  singoli
procedimenti, in ragione della sola  mancata  inclusione  nel  novero
delle aree idonee". 
    Di per se', dunque, la mancata inclusione delle aree  gravate  da
usi  civici  tra  quelle  idonee  non  comporta  la   loro   assoluta
inidoneita' all'installazione di impianti di produzione di energia da
fonti  rinnovabili,   che   rimane   assoggettata   al   procedimento
autorizzatorio ordinario di cui all'art. 12,  comma  3,  del  decreto
legislativo n. 387 del 2003, ne' tantomeno  comporta  il  divieto  di
mutarne la destinazione in conformita' al regime degli usi civici. 
    Pertanto, il lamentato  contrasto  della  disposizione  regionale
impugnata con la norma statale di principio non sussiste». 
    Come   sopra   esposto   l'orientamento   della    giurisprudenza
costituzionale, fino all'entrata in vigore del decreto legislativo n.
199 del 2021, e'  stato  nel  senso  di  ritenere  illegittime  norme
regionali volte a  sancire,  in  via  generale  e  astratta,  la  non
idoneita' di intere aree  di  territorio  o  a  imporre,  in  maniera
generalizzata ed  aprioristica,  limitazioni  (in  tal  senso,  Corte
costituzionale, sentenza n. 69 del  2018).  In  casi  simili  codesta
Corte ha precisato che  il  margine  di  intervento  riconosciuto  al
legislatore regionale non consente  di  prescrivere  limiti  generali
inderogabili, valevoli sull'intero territorio regionale, perche' cio'
sarebbe  in  contrasto  con  il  principio  fondamentale  di  massima
diffusione  delle  fonti  di  energia  rinnovabili,   stabilito   dal
legislatore statale in conformita' alla normativa dell'Unione europea
(cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 13 del 2014 e sentenza n.  77
del 2022). 
    Tale  normativa  europea,   peraltro,   ha   avuto   un'ulteriore
evoluzione  rispetto  a  quella   presa   in   considerazione   dalla
sopracitata giurisprudenza costituzionale, tanto da prevedere, con la
direttiva 2023/2413/UE (cosiddetta  «RED  III»),  che  «...  fino  al
conseguimento  della  neutralita'   climatica,   gli   Stati   membri
provvedono   affinche',   nella   procedura   di    rilascio    delle
autorizzazioni, la pianificazione, la costruzione e l'esercizio degli
impianti di produzione di energia rinnovabile, la connessione di tali
impianti alta rete, fa rete stessa e gli impianti di stoccaggio siano
considerati di interesse pubblico prevalente e  nell'interesse  della
salute e della sicurezza pubblica nella ponderazione degli  interessi
giuridici nei singoli casi  ...»  (cfr.  art.  16-septies  introdotto
nella direttiva (UE) 2018/2001 dalla direttiva 2023/2413/UE). 
    L'art. 3 della legge regionale in commento, inoltre, al comma  2,
prevede che le misure di salvaguardia  di  cui  al  comma  1  trovano
applicazione anche se nelle aree individuate dal medesimo comma  sono
in corso alla  data  di  entrata  in  vigore  della  presente  legge,
procedure di autorizzazione di impianti di produzione e  accumulo  di
energia elettrica da fonti rinnovabili. 
    Le misure di salvaguardia trovano applicazione, dunque, anche nel
caso di progetti le cui procedure  di  autorizzazione  sono  gia'  in
corso alla data  di  entrata  in  vigore  della  legge  regionale  in
commento. 
    Sotto tale profilo, tale legge  e'  suscettibile  di  presentarsi
alla stregua di sopravvenienza normativa sfavorevole nei confronti di
quei soggetti che, specie allorquando l'istanza di autorizzazione sia
stata presentata in epoca postuma all'ottenimento di un provvedimento
favorevole di valutazione  di  impatto  ambientale,  potrebbero  aver
ragionevolmente confidato nel soddisfacimento dell'interesse  sotteso
all'istanza medesima. 
    Il riferimento, poi, a «procedimenti di  autorizzazione  gia'  in
corso» e' talmente ampio da non poter  escludere  l'applicazione  del
divieto anche a quei casi in cui il procedimento di autorizzazione e'
giunto  a  un  grado  di  maturazione   tale   da   aver   ingenerato
l'aspettativa a una definizione favorevole del procedimento stesso. 
    Cio' tanto piu' se si considera che il legislatore nazionale,  al
fine di rispondere alle  indicazioni  del  legislatore  unionale,  e'
tenuto, in via generale, a favorire le iniziative economiche tendenti
alla diffusione dell'energia  da  fonti  rinnovabili,  promuovendo  e
garantendo  agli  investitori  condizioni  di  investimento  stabili,
equilibrate, favorevoli e trasparenti. 
    Risulta,  dunque,  illegittimo  ed   irragionevole   (alla   luce
dell'art. 3 della Costituzione), anche in virtu' dei  principi  della
certezza del diritto e del legittimo affidamento,  l'applicazione  di
detto divieto, stabilito dall'art. 3, comma 2,  anche  agli  impianti
gia' autorizzati o le cui procedure siano gia' in  corso  al  momento
dell'entrata in vigore della legge de qua, trattandosi  di  procedure
avviate nel rispetto di un dato contesto normativo vigente al momento
dell'avvio del procedimento autorizzativo. 
    Prevedere   che,   una   volta   avviato   il   procedimento   di
autorizzazione,  l'impianto  di  produzione  e  accumulo  di  energia
elettrica non possa essere piu'  realizzato,  determina  un  indubbio
danno a carico dell'operatore che, nelle more  del  compimento  delle
procedure per l'ottenimento dei titoli abilitativi, ha gia' sostenuto
costi tecnici  e  amministrativi  ingenti  (cio'  si  pone  anche  in
violazione dell'art. 41 della Costituzione), peraltro, trascurando le
attivita' amministrative eventualmente gia'  svolte  dalle  autorita'
competenti, a scapito del principio costituzionalmente rilevante  del
buon  andamento  della  pubblica  amministrazione  (art.   97   della
Costituzione). 
    Pertanto, ed in sintesi, si rileva anzitutto che  il  legislatore
regionale,  nell'imporre  un  divieto  alla  realizzazione  di  nuovi
impianti di produzione e  accumulo  di  energia  elettrica  da  fonti
rinnovabili,  si  pone  in  conflitto  con  i  principi  fondamentali
ricavabili  dalla  legislazione  statale  in  materia  subiecta,  con
conseguente violazione dell'art. 117, terzo comma della Costituzione. 
    Tale parametro costituzionale viene in rilievo perche'  le  norme
regionali  prese  in   considerazione   configgono   con   previsioni
legislative statali di principio volte al conseguimento di  obiettivi
gravanti sullo Stato italiano nel suo complesso  e  dunque  attinenti
alla  materia  «produzione,  trasporto  e   distribuzione   nazionale
dell'energia»;  si  tratta  come   sopra   esposto   di   un   titolo
competenziale piu' ampio rispetto  a  quello  previsto  dall'art.  4,
lettera e), dello statuto speciale  per  la  Regione  autonoma  della
Sardegna  («produzione  e  distribuzione  dell'energia   elettrica»),
riferito  alla  sola   energia   elettrica,   con   conseguente   sua
applicazione anche a  tale  regione  a  statuto  speciale  in  virtu'
dell'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. 
    Le previsioni di cui all'art. 3 della legge regionale Sardegna in
esame, tendenti a salvaguardare «le peculiarita' e  la  conservazione
del  territorio  regionale»,  non  tengono  in  debito   conto,   nel
contemperamento dei  diversi  interessi  in  campo,  quanto  disposto
all'art. 3 e dall'art. 20, comma 5 del decreto legislativo n. 199 del
2021, ovvero  «il  vincolo  del  raggiungimento  degli  obiettivi  di
decarbonizzazione al 2030  tenendo  conto  della  sostenibilita'  dei
costi correlati al raggiungimento di tale obiettivo». 
    L'Italia,  infatti,  e'  chiamata  a  raggiungere  gli   sfidanti
obiettivi fissati dal PNIEC e rispondere altresi' ai nuovi  obiettivi
derivanti dall'attuazione del pacchetto «Fit for 55», tra cui  quelli
previsti dalla direttiva (UE) 2023/2413 del Parlamento europeo e  del
Consiglio del 18 ottobre 2023 (UE) (cd. RED III). 
    Il divieto di cui all'art. 3 della  legge  regionale  incide  sul
raggiungimento dei target imposti dalla normativa unionale, in quanto
la  regione  potrebbe  non  concorrere,  insieme   alle   altre,   al
raggiungimento dell'obiettivo in capo  all'intero  Paese,  ponendosi,
anche sotto tale profilo, in palese contrasto con l'art.  117,  primo
comma della Costituzione, che prevede che «la potesta' legislativa e'
esercitata  dallo  Stato  e  dalle   regioni   nel   rispetto   della
Costituzione,  nonche'   dei   vincoli   derivanti   dall'ordinamento
comunitario e dagli obblighi internazionali». 
    Come e' noto, invero, nel dicembre 2019 la Commissione europea ha
presentato la comunicazione sul Green Deal  europeo,  consistente  in
una tabella di marcia verso il raggiungimento  entro  il  2050  della
neutralita' climatica, ovvero dell'equilibrio tra le emissioni e  gli
assorbimenti di gas ad effetto  serra,  quale  obiettivo  prioritario
dell'Unione europea. 
    Il Green Deal presuppone la trasformazione dell'economia e  della
societa' in senso ecosostenibile con un ampio spettro  di  interventi
in tutti i settori: energia,  industria  (inclusa  quella  edilizia),
trasporti e mobilita',  agricoltura,  gestione  dei  rifiuti,  tutela
dell'ambiente e della biodiversita', ricerca. 
    L'obiettivo di perseguire l'impatto climatico zero entro il  2050
e' stato confermato dal Consiglio europeo del 12 e 13 dicembre 2019. 
    Successivamente,  il  regolamento  europeo  sul  clima  ha   reso
vincolante tale traguardo prevedendo inoltre, quale tappa intermedia,
la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra di almeno il 55%
entro il 2030 target in linea con il contributo nazionale determinato
(NDC) all'UNFCCC. (7) 
    Il regolamento prevede che il successivo obiettivo al 2040  venga
individuato dalla Commissione europea con  una  proposta  legislativa
entro i sei  mesi  successivi  al  primo  bilancio  globale  previsto
dall'Accordo di Parigi per il 2023. 
    Per attuare il Green Deal, il complesso normativo per l'energia e
il clima e' stato sottoposto a revisione dalle  proposte  legislative
del pacchetto c.d. «Pronti per il 55%» presentato  dalla  Commissione
europea nel luglio  2021,  che  intervengono  anche  sugli  obiettivi
fissati dal Quadro 2030, modificandoli in modo piu' ambizioso: 
        riduzione di almeno il 55% delle emissioni nette (rispetto al
1990); 
        aumento al 40% della quota di energia  da  fonti  rinnovabili
(percentuale che il successivo piano REPowerEU propone di innalzare a
45%); 
        aumentare  l'efficienza  energetica  al  39%  per   l'energia
primaria e al 36%  per  l'energia  finale  (rispetto  alla  normativa
vigente la proposta della Commissione cambia la  base  di  calcolo  e
prospetta una riduzione del consumo di  energia  pari  almeno  al  9%
rispetto alle proiezioni dello scenario di  riferimento  2020.  Anche
per tale percentuale il piano REPowerEU propone  un  innalzamento  al
13%). 
    La  norma  regionale  in  esame   presenta,   poi,   profili   di
illegittimita' costituzionale anche in rapporto agli articoli 3, 41 e
97 della Costituzione allorquando, senza conformarsi a un  canone  di
ragionevolezza e inserendo un ostacolo all'iniziativa  economica  nel
campo della produzione energetica da  fonti  rinnovabili,  stabilisce
che il divieto ivi previsto debba applicarsi anche a  procedure  gia'
in  corso  alla  data  di  entrata  in  vigore  della  legge  stessa,
trascurando anche  le  attivita'  amministrative  eventualmente  gia'
svolte dalle autorita' competenti. 
 
                       Istanza di sospensione 
 
    Si ritengono, infine,  sussistenti  i  presupposti  per  disporre
sospensione del provvedimento legislativo ai sensi dell'art. 35 della
legge n. 87/1953, cosi' come sostituito dall'art.  9  della  legge  5
giugno 2003, n. 131 e ai sensi dell'art. 23 delle «Norme  integrative
per i  giudizi  davanti  alla  Corte  costituzionale»  approvate  con
delibera della Corte in sede non giurisdizionale del 22 luglio 2021 e
successive modificazioni. 
    In punto di  fumus  boni  iuris  si  richiama  quando  dedotto  a
sostegno della illegittimita' della legge regionale impugnata. 
    Sussiste, altresi',  il  requisito  del  periculum  in  mora  nei
termini configurati dall'art. 35  sopra  citato,  che  opta  per  una
tipizzazione espressa delle ipotesi in cui l'esecuzione  della  legge
possa comportare situazione di rischio di un pregiudizio irreparabile
- cioe' «il rischio  di  un  irreparabile  pregiudizio  all'interesse
pubblico o all'ordinamento giuridico  della  Repubblica»,  ovvero  il
«rischio di un pregiudizio grave ed irreparabile per  i  diritti  dei
cittadini». 
    Sotto il profilo del periculum va evidenziato che la moratoria di
ben diciotto mesi  (da  qui  l'urgenza  che  giustifica  la  presente
richiesta di sospensione) delle procedure autorizzatorie per le fonti
energetiche rinnovabili (FER), approvata dalla Regione  Sardegna  con
l'art. 3 della legge  regionale  impugnata  n.  5/2024,  comporta  un
pregiudizio  irreparabile  all'interesse  pubblico,  in   quanto   la
sospensione delle procedure autorizzatorie necessarie  a  conseguire,
da parte della regione, l'obiettivo di incremento di energia prodotta
da fonti rinnovabili, in frontale violazione del divieto posto  dalla
legge statale con funzione di «norma fondamentale della materia» - fa
mancare la quota regionale di potenza aggiuntiva (fissata dal  citato
decreto ministeriale 21 giugno 2024 in 6,264 MV, all'art. 2, comma 1,
tabella A, cfr. all. 3) necessaria  per  raggiungere  l'obiettivo  di
potenza complessiva da traguardare al 2030 da ultimo stabilito con il
citato decreto ministeriale del 21 giugno u.s. (8) 
    Occorre tenere conto anche del fatto che - secondo i dati diffusi
nel  2023  dalla  regione  nel  monitoraggio  del  Piano   energetico
ambientale - tre quarti dell'energia prodotta  nell'isola  deriva  da
combustibili fossili, in parte da carbone (33%) e in  parte  dal  gas
naturale (34%). Le energie  rinnovabili  coprano  una  parte  minore:
l'energia eolica contribuisce con il 13%, il fotovoltaico con il 9% e
l'energia idraulica solo con il 3%. 
    Secondo i dati Terna, all'inizio del 2023, la Sardegna contava su
impianti eolici e fotovoltaici per una capacita' complessiva lorda di
2,24 GW di cui 1,1 GW, da eolico e 1,14 GW  da  solare  fotovoltaico.
Questi numeri  rappresentano  il  6,1%  della  capacita'  complessiva
installata in  Italia,  posizionando  la  Sardegna  come  la  settima
regione italiana per capacita' installata e  la  sesta  per  il  solo
eolico. 
    La  sospensione  delle  procedure  autorizzatorie  necessaria   a
conseguire da  parte  della  regione  l'obiettivo  di  incremento  di
energia prodotta da fonti rinnovabili,  in  frontale  violazione  del
divieto posto dalla legge statale con funzione di «norma fondamentale
della materia»  risulta,  dunque,  ostativa  al  conseguimento  degli
ambiziosi obiettivi nazionali ed europei di  decarbonizzazione  (alla
stregua PNIEC, PNNR e degli impegni assunti alla COP28 e  al  G7)  e,
quindi,    determinando    effetti     seriamente     pregiudizievoli
all'«interesse pubblico». 
    La contestata moratoria della Regione Sardegna comporta anche  un
pregiudizio irreparabile all'«ordinamento giuridico della Repubblica»
posto che la legge regionale in esame assume, come  detto,  carattere
fortemente ostativo, limitante e contrario  rispetto  alla  finalita'
del decreto ministeriale «Aree idonee», che e' quella di  individuare
la ripartizione fra le regioni e le province autonome  dell'obiettivo
nazionale al 2030 di una potenza aggiuntiva pari a  80  GW  da  fonti
rinnovabili rispetto al 31 dicembre 2020, necessaria per  raggiungere
gli obiettivi fissati dal  PNIEC  e  rispondere  ai  nuovi  obiettivi
derivanti dall'attuazione del pacchetto «Fit for 55», anche alla luce
del pacchetto «Repower UE», con il concreto rischio di un  pericoloso
effetto  emulativo  da  parte  delle  altre  regioni  che   creerebbe
instabilita' e incertezza normativa in tutto  il  settore  energetico
sostenibile. 

(1) L'art. 4 dello statuto speciale per  la  Sardegna  approvato  con
    legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 prevede: «Nei  limiti
    del precedente articolo e  dei  principi  stabiliti  dalle  leggi
    dello Stato, la regione emana norme  legislative  sulle  seguenti
    materie: a) industria, commercio ed esercizio  industriale  delle
    miniere, cave e saline; b) istituzione ed ordinamento degli  enti
    di credito fondiario ed agrario, delle casse di risparmio,  delle
    casse rurali, dei monti frumentari  e  di  pegno  e  delle  altre
    aziende   di   credito   di   carattere    regionale;    relative
    autorizzazioni;  c)  opere  di  grande  e  media  bonifica  e  di
    trasformazione fondiaria; d) espropriazione per pubblica utilita'
    non riguardante opere a  carico  dello  Stato;  e)  produzione  e
    distribuzione dell'energia elettrica; f) linee marittime ed aeree
    di  cabotaggio  fra  i  porti  e  gli  scali  della  regione;  g)
    assunzione di  pubblici  servizi;  h)  assistenza  e  beneficenza
    pubblica; i) igiene e sanita' pubblica; l) disciplina  annonaria;
    m) pubblici spettacoli» L'art. 3, comma 1, del  medesimo  statuto
    dispone:  «In  armonia  con  la   Costituzione   e   i   principi
    dell'ordinamento giuridico della Repubblica e col rispetto  degli
    obblighi internazionali  e  degli  interessi  nazionali,  nonche'
    delle norme fondamentali delle  riforme  economico-sociali  della
    Repubblica, la regione ha  potesta'  legislativa  nelle  seguenti
    materie: ...» 

(2) L'art. 10 della legge costituzionale n. 3/2001 dispone: «1.  Sino
    all'adeguamento dei rispettivi  statuti,  le  disposizioni  della
    presente legge costituzionale si applicano anche alle  regioni  a
    statuto speciale ed alle Province autonome di Trento e di Bolzano
    per le parti in cui  prevedono  forme  di  autonomia  piu'  ampie
    rispetto a quelle gia' attribuite.». 

(3) L'art. 1 del decreto legislativo  n.  199/2021  dispone:  «1.  Il
    presente decreto ha l'obiettivo  di  accelerare  il  percorso  di
    crescita sostenibile del Paese, recando disposizioni  in  materia
    di energia da fonti rinnovabili, in coerenza  con  gli  obiettivi
    europei di decarbonizzazione del sistema energetico al 2030 e  di
    completa decarbonizzazione al 2050. 2. Per le finalita' di cui al
    comma  1,  il  presente  decreto  definisce  gli   strumenti,   i
    meccanismi, gli incentivi e il quadro istituzionale,  finanziario
    e giuridico, necessari per il raggiungimento degli  obiettivi  di
    incremento della quota di energia da fonti rinnovabili  al  2030,
    in attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 e nel  rispetto  dei
    criteri fissati dalla legge 22 aprile 2021, n. 53. 3. Il presente
    decreto reca disposizioni necessarie all'attuazione delle  misure
    del Piano nazionale di ripresa e resilienza  (di  seguito  anche:
    PNRR) in materia di energia da fonti  rinnovabili,  conformemente
    al Piano nazionale integrato per l'energia e il clima (di seguito
    anche: PNIEC), con la finalita'  di  individuare  un  insieme  di
    misure e strumenti coordinati, gia'  orientati  all'aggiornamento
    degli obiettivi nazionali da stabilire ai sensi  del  regolamento
    (UE) 2021/1119, con il quale si prevede, per l'Unione europea, un
    obiettivo vincolante  di  riduzione  delle  emissioni  di  gas  a
    effetto serra di almeno il 55 percento rispetto  ai  livelli  del
    1990 entro il 2030». 

(4) L'art. 20 - (Disciplina per l'individuazione di superfici e  aree
    idonee per l'installazione di impianti a fonti  rinnovabili)  del
    decreto legislativo n. 199/2021  dispone:  «1.  Con  uno  o  piu'
    decreti del Ministro della transizione ecologica di concerto  con
    il  Ministro  della  cultura,  e  il  Ministro  delle   politiche
    agricole, alimentari  e  forestali,  previa  intesa  in  sede  di
    Conferenza unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28
    agosto 1997, n. 281, da adottare entro centottanta  giorni  dalla
    data di entrata in vigore del presente  decreto,  sono  stabiliti
    principi e criteri omogenei per l'individuazione delle  superfici
    e delle aree idonee e non idonee all'installazione di impianti  a
    fonti rinnovabili aventi una potenza complessiva  almeno  pari  a
    quella   individuata   come   necessaria   dal   PNIEC   per   il
    raggiungimento  degli   obiettivi   di   sviluppo   delle   fonti
    rinnovabili, tenuto conto delle aree idonee ai sensi del comma 8.
    In via prioritaria, con i decreti di cui  al  presente  comma  si
    provvede a: a) dettare i criteri per l'individuazione delle  aree
    idonee all'installazione  della  potenza  eolica  e  fotovoltaica
    indicata nel PNIEC, stabilendo le modalita'  per  minimizzare  il
    relativo impatto  ambientale  e  la  massima  porzione  di  suolo
    occupabile  dai  suddetti  impianti  per  unita'  di  superficie,
    nonche' dagli impianti  a  fonti  rinnovabili  di  produzione  di
    energia elettrica gia' installati  e  le  superfici  tecnicamente
    disponibili; b) indicare le modalita' per individuare  superfici,
    aree  industriali  dismesse  e  altre  aree   compromesse,   aree
    abbandonate e marginali idonee alla installazione di  impianti  a
    fonti  rinnovabili.   1-bis.   L'installazione   degli   impianti
    fotovoltaici con moduli collocati a terra [di cui all'art. 6-bis,
    lettera b), del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28], in zone
    classificate  agricole  dai   piani   urbanistici   vigenti,   e'
    consentita esclusivamente nelle aree  di  cui  alle  lettere  a),
    limitatamente  agli   interventi   per   modifica,   rifacimento,
    potenziamento  o  integrale  ricostruzione  degli  impianti  gia'
    installati, a condizione che non comportino incremento  dell'area
    occupata,  c),  incluse  le  cave  gia'  oggetto  di   ripristino
    ambientale e quelle con piano di  coltivazione  terminato  ancora
    non ripristinate, nonche' le discariche o i  lotti  di  discarica
    chiusi ovvero ripristinati, c-bis), c-bis.1) e c-ter), numeri  2)
    e 3), del comma 8 del presente articolo. Il primo periodo non  si
    applica nel caso di progetti che prevedano impianti  fotovoltaici
    con moduli collocati a terra finalizzati alla costituzione di una
    comunita'  energetica  rinnovabile  ai  sensi  dell'art.  31  del
    presente decreto nonche' in  caso  di  progetti  attuativi  delle
    altre misure di investimento del Piano  nazionale  di  ripresa  e
    resilienza (PNRR), approvato con decisione del  Consiglio  ECOFIN
    del 13 luglio 2021, come modificato con decisione  del  Consiglio
    ECOFIN dell'8 dicembre  2023,  e  del  Piano  nazionale  per  gli
    investimenti complementari al PNRR (PNC) di cui  all'art.  1  del
    decreto-legge   6   maggio   2021,   n.   59,   convertito,   con
    modificazioni, dalla legge 1° luglio  2021,  n.  101,  ovvero  di
    progetti necessari per il conseguimento degli obiettivi del PNRR.
    2.  Ai  fini  del  concreto  raggiungimento  degli  obiettivi  di
    sviluppo delle fonti rinnovabili previsti dal PNIEC, i decreti di
    cui al comma  1,  stabiliscono  altresi'  la  ripartizione  della
    potenza installata fra regioni e  province  autonome,  prevedendo
    sistemi di monitoraggio sul corretto  adempimento  degli  impegni
    assunti e criteri per il trasferimento statistico fra le medesime
    regioni e province autonome,  da  effettuare  secondo  le  regole
    generali  di  cui  all'allegato  I,   fermo   restando   che   il
    trasferimento statistico non puo' pregiudicare  il  conseguimento
    dell'obiettivo della  regione  o  della  provincia  autonoma  che
    effettua il trasferimento. 3. Ai  sensi  dell'art.  5,  comma  1,
    lettere a) e b),  della  legge  22  aprile  2021,  n.  53,  nella
    definizione della disciplina inerente le aree idonee,  i  decreti
    di cui al comma 1, tengono conto delle  esigenze  di  tutela  del
    patrimonio culturale e  del  paesaggio,  delle  aree  agricole  e
    forestali,  della  qualita'  dell'aria  e   dei   corpi   idrici,
    privilegiando l'utilizzo di  superfici  di  strutture  edificate,
    quali capannoni  industriali  e  parcheggi,  nonche'  di  aree  a
    destinazione industriale, artigianale, per servizi e logistica  e
    verificando l'idoneita' di aree non utilizzabili per altri scopi,
    ivi   incluse   le   superfici   agricole    non    utilizzabili,
    compatibilmente con le caratteristiche e le disponibilita'  delle
    risorse rinnovabili, delle infrastrutture di rete e della domanda
    elettrica, nonche'  tenendo  in  considerazione  la  dislocazione
    della domanda, gli eventuali vincoli di rete e il  potenziale  di
    sviluppo della  rete  stessa.  4.  Conformemente  ai  principi  e
    criteri  stabiliti  dai  decreti  di  cui  al  comma   1,   entro
    centottanta giorni dalla data di entrata in vigore  dei  medesimi
    decreti, le regioni individuano con legge le aree  idonee,  anche
    con  il  supporto  della  piattaforma  di  cui  all'art.  21.  Il
    Dipartimento per  gli  affari  regionali  e  le  autonomie  della
    Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri  esercita  funzioni  di
    impulso anche ai fini dell'esercizio del potere di cui  al  terzo
    periodo. Nel caso di mancata adozione della legge di cui al primo
    periodo, ovvero di mancata ottemperanza ai principi, ai criteri e
    agli obiettivi stabiliti dai  decreti  di  cui  al  comma  1,  si
    applica l'art. 41 della  legge  24  dicembre  2012,  n.  234.  Le
    province  autonome  provvedono  al  processo  programmatorio   di
    individuazione delle aree idonee ai sensi dello statuto  speciale
    e  delle  relative  norme  di  attuazione).   5.   In   sede   di
    individuazione  delle  superfici  e   delle   aree   idonee   per
    l'installazione di impianti a fonti rinnovabili sono rispettati i
    principi della minimizzazione degli  impatti  sull'ambiente,  sul
    territorio, sul  patrimonio  culturale  e  sul  paesaggio,  fermo
    restando  il  vincolo  del  raggiungimento  degli  obiettivi   di
    decarbonizzazione al 2030 e tenendo  conto  della  sostenibilita'
    dei costi correlati al raggiungimento di tale obiettivo. 6. Nelle
    more dell'individuazione delle aree idonee,  non  possono  essere
    disposte   moratorie   ovvero   sospensioni   dei   termini   dei
    procedimenti di autorizzazione. 7. Le aree  non  incluse  tra  le
    aree  idonee   non   possono   essere   dichiarate   non   idonee
    all'installazione  di   impianti   di   produzione   di   energia
    rinnovabile,  in  sede  di  pianificazione  territoriale   ovvero
    nell'ambito  di  singoli  procedimenti,  in  ragione  della  sola
    mancata inclusione nel novero delle aree idonee.  8.  Nelle  more
    dell'individuazione delle aree idonee sulla base  dei  criteri  e
    delle modalita' stabiliti dai decreti di cui  al  comma  1,  sono
    considerate aree idonee, ai fini di cui al comma 1  del  presente
    articolo: a) i siti  ove  sono  gia'  installati  impianti  della
    stessa fonte e in cui vengono realizzati interventi di  modifica,
    anche sostanziale, per  rifacimento,  potenziamento  o  integrale
    ricostruzione, eventualmente abbinati a sistemi di accumulo,  che
    non comportino una variazione dell'area occupata superiore al  20
    per cento. Il limite percentuale di cui al primo periodo  non  si
    applica per gli impianti fotovoltaici, in relazione ai  quali  la
    variazione dell'area occupata e' soggetta al limite di  cui  alla
    lettera c-ter), n. 1); b) le aree dei siti  oggetto  di  bonifica
    individuate ai sensi del Titolo  V,  Parte  quarta,  del  decreto
    legislativo 3 aprile 2006, n. 152; c) le cave e miniere  cessate,
    non  recuperate  o  abbandonate  o  in  condizioni   di   degrado
    ambientale, o le porzioni di cave e miniere non  suscettibili  di
    ulteriore sfruttamento;  c-bis)  i  siti  e  gli  impianti  nelle
    disponibilita' delle societa' del  gruppo  Ferrovie  dello  Stato
    italiane e dei  gestori  di  infrastrutture  ferroviarie  nonche'
    delle societa' concessionarie autostradali. c-bis.1) i siti e gli
    impianti  nella  disponibilita'  delle   societa'   di   gestione
    aeroportuale all'interno dei  sedimi  aeroportuali,  ivi  inclusi
    quelli all'interno del perimetro di  pertinenza  degli  aeroporti
    delle isole minori, di cui all'allegato 1 al decreto del Ministro
    dello sviluppo  economico  14  febbraio  2017,  pubblicato  nella
    Gazzetta Ufficiale n. 114 del 18 maggio 2017, ferme  restando  le
    necessarie verifiche tecniche da parte  dell'Ente  nazionale  per
    l'aviazione civile (ENAC). c-ter) esclusivamente per gli impianti
    fotovoltaici, anche con moduli a terra, e  per  gli  impianti  di
    produzione di biometano in assenza  di  vincoli  ai  sensi  della
    parte seconda del codice dei beni culturali e del  paesaggio,  di
    cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n.  42:  1)  le  aree
    classificate agricole, racchiuse in  un  perimetro  i  cui  punti
    distino non piu' di 500 metri da zone a destinazione industriale,
    artigianale  e  commerciale,  compresi  i   siti   di   interesse
    nazionale, nonche' le cave e le miniere; 2) le aree interne  agli
    impianti industriali e  agli  stabilimenti,  questi  ultimi  come
    definiti  dall'art.  268,  comma  1,  lettera  h),  del   decreto
    legislativo 3 aprile 2006, n. 152, nonche' le  aree  classificate
    agricole racchiuse in un perimetro i cui punti distino  non  piu'
    di 500 metri dal medesimo impianto o  stabilimento;  3)  le  aree
    adiacenti alla rete autostradale entro una distanza non superiore
    a 300 metri. c-quater) fatto salvo quanto previsto  alle  lettere
    a), b), c), c-bis) e c-ter), le aree che non sono ricomprese  nel
    perimetro dei beni sottoposti  a  tutela  ai  sensi  del  decreto
    legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, incluse le  zone  gravate  da
    usi civici di cui all'art. 142, comma 1, lettera h), del medesimo
    decreto,  ne'  ricadono  nella  fascia  di  rispetto   dei   beni
    sottoposti a tutela ai sensi della parte seconda oppure dell'art.
    136 del medesimo decreto legislativo. Ai soli fini della presente
    lettera, la fascia di rispetto e'  determinata  considerando  una
    distanza dal  perimetro  di  beni  sottoposti  a  tutela  di  tre
    chilometri per gli impianti eolici e di cinquecento metri per gli
    impianti   fotovoltaici.   Resta    ferma,    nei    procedimenti
    autorizzatori,  la  competenza  del  Ministero  della  cultura  a
    esprimersi in relazione ai  soli  progetti  localizzati  in  aree
    sottoposte a tutela secondo quanto previsto  all'art.  12,  comma
    3-bis, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n.  387.  8-bis.
    Ai fini del concreto raggiungimento degli  obiettivi  di  cui  al
    comma 2, per consentire la celere realizzazione degli impianti  e
    garantire  la  sicurezza  del  traffico  limitando  le  possibili
    interferenze, le societa' concessionarie autostradali affidano la
    concessione delle aree idonee di cui al comma 8, lettera  c-bis),
    previa  determinazione  dei  relativi  canoni,  sulla   base   di
    procedure ad evidenza pubblica, avviate anche a istanza di parte,
    con pubblicazione di un avviso,  nel  rispetto  dei  principi  di
    trasparenza,   imparzialita'   e   proporzionalita',   garantendo
    condizioni di concorrenza effettiva. Gli avvisi  definiscono,  in
    modo  chiaro,  trasparente,  proporzionato  rispetto  all'oggetto
    della concessione e non discriminatorio, i  requisiti  soggettivi
    di partecipazione e i criteri di selezione delle domande, nonche'
    la durata massima delle subconcessioni ai sensi del comma  8-ter.
    Se si verificano le condizioni  di  cui  all'art.  63,  comma  2,
    lettera a), del codice di cui al decreto  legislativo  18  aprile
    2016, n. 50, le societa' concessionarie possono affidare le  aree
    idonee  di   cui   al   comma   8,   lettera   c-bis),   mediante
    subconcessione, a societa' controllate o  collegate  in  modo  da
    assicurare il necessario coordinamento dei lavori sulla  rete  in
    gestione  e  la  risoluzione  delle  interferenze.  Le   societa'
    controllate o collegate sono  tenute  ad  affidare  i  lavori,  i
    servizi e le  forniture  sulla  base  di  procedure  ad  evidenza
    pubblica, nel rispetto dei principi di trasparenza, imparzialita'
    e  proporzionalita',   garantendo   condizioni   di   concorrenza
    effettiva. 8-ter. La durata dei rapporti di subconcessione di cui
    al comma 8-bis e' determinata in funzione della vita utile  degli
    impianti e degli investimenti necessari per  la  realizzazione  e
    gestione degli stessi e puo' essere superiore alla  durata  della
    concessione  autostradale,   salva   la   possibilita'   per   il
    concessionario  che  subentra  nella  gestione  di  risolvere  il
    contratto di subconcessione riconoscendo un indennizzo pari  agli
    investimenti realizzati non integralmente ammortizzati. 

(5) Nella sentenza n. 77/2022 la Corte ha  stabilito:  «4.1.5.  -  In
    definitiva,  la  moratoria  imposta  dal  legislatore   regionale
    dell'Abruzzo con l'art. 4 impugnato viola i principi fondamentali
    della materia, che affidano a celeri procedure amministrative  il
    compito  di  valutare  in  concreto   gli   interessi   coinvolti
    nell'installazione di  impianti  di  produzione  dell'energia  da
    fonti rinnovabili. Tali valutazioni  amministrative  non  possono
    essere condizionate  e  limitate  da  criteri  cristallizzati  in
    disposizioni legislative regionali (sentenze n. 177 del 2021,  n.
    106 del 2020, n. 69 del 2018, n. 13 del 2014 e n. 44  del  2011),
    ne'  a   fortiori   possono   essere   impedite   e,   sia   pure
    temporaneamente,  ostacolate  da  fonti  legislative   regionali.
    L'art. 4 della legge regionale Abruzzo n. 8  del  2021  si  pone,
    dunque, in aperto contrasto con  i  principi  fondamentali  della
    materia di celere conclusione delle procedure di autorizzazione e
    di  massima  diffusione  degli  impianti  da  fonti  di   energia
    rinnovabili, principi che sono al contempo attuativi di direttive
    dell'Unione europea e  riflettono  anche  impegni  internazionali
    volti  a  favorire  l'energia  prodotta  da   fonti   rinnovabili
    (sentenza n. 286 del 2019), risorse  irrinunciabili  al  fine  di
    contrastare i cambiamenti climatici». 

(6) La sentenza n. 27/2023 della Corte ha rilevato ai punti  5  e  6:
    «5. - Nel merito le questioni promosse con i ricorsi iscritti  al
    n. 27 e al n. 31 reg. ric. 2022 sono fondate. Sia l'art. 16 della
    legge regionale Abruzzo n. 1 del 2022 sia l'art. 19  della  legge
    regionale Abruzzo n. 5 del 2022 attengono al  regime  abilitativo
    degli impianti di  energia  da  fonti  rinnovabili  e  violano  i
    principi  fondamentali  della  materia  concorrente  "produzione,
    trasporto  e  distribuzione  nazionale  dell'energia",   di   cui
    all'art. 117, terzo comma, della Costituzione. Al contempo, detti
    principi  fondamentali  sono  attuativi  di   direttive   emanate
    dall'Unione europea, nel rispetto di impegni  assunti  a  livello
    internazionale, e le disposizioni impugnate si pongono, pertanto,
    in  contrasto  anche  con  l'art.   117,   primo   comma,   della
    Costituzione  6.  -  Occorre  precisare  innanzitutto   che,   in
    attuazione  della  direttiva  2018/2001/UE,  e  sulla  base   dei
    principi e dei criteri indicati nella legge n. 53  del  2021,  e'
    stato emanato il decreto legislativo n. 199 del  2021,  volto  ad
    "accelerare  il  percorso  di  crescita  sostenibile  del  Paese,
    recando disposizioni in materia di energia da fonti  rinnovabili"
    e a raggiungere gli  "obiettivi  di  incremento  della  quota  di
    energia da fonti rinnovabili al 2030",  "conformemente  al  Piano
    nazionale integrato per l'energia e il clima" (art. 1, commi 1, 2
    e 3). 6.1. - L'art. 20, comma 1, del citato  decreto  legislativo
    dispone  che,  con  uno  o  piu'  decreti  del   Ministro   della
    transizione ecologica, di concerto con il Ministro della  cultura
    e il Ministro delle politiche agricole, alimentari  e  forestali,
    previa intesa in sede di Conferenza  unificata,  siano  stabiliti
    "principi e criteri omogenei per l'individuazione delle superfici
    e delle aree idonee e non idonee all'installazione di impianti  a
    fonti rinnovabili". Quanto alle aree idonee, il comma  4  prevede
    che "[c]onformemente ai principi e criteri stabiliti dai  decreti
    di cui al comma 1 [...] le regioni individuano con legge le  aree
    idonee", fermo  restando  che,  "nelle  more  dell'individuazione
    delle aree idonee  sulla  base  dei  criteri  e  delle  modalita'
    stabiliti dai decreti di cui al comma 1", il comma  8  indica  le
    aree considerate idonee.  In  ogni  caso,  in  base  al  comma  6
    dell'art.  20,  "[n]elle  more  dell'individuazione  delle   aree
    idonee, non possono essere disposte moratorie ovvero  sospensioni
    dei termini dei  procedimenti  di  autorizzazione".  Inoltre,  il
    comma 7 del  medesimo  articolo  chiarisce  che  "[l]e  aree  non
    incluse tra le aree idonee  non  possono  essere  dichiarate  non
    idonee all'installazione di impianti  di  produzione  di  energia
    rinnovabile,  in  sede  di  pianificazione  territoriale   ovvero
    nell'ambito  di  singoli  procedimenti,  in  ragione  della  sola
    mancata inclusione nel novero  delle  aree  idonee".  6.2.  -  In
    raccordo con l'art. 20 del decreto legislativo n. 199  del  2021,
    l'art. 18, comma 3, del medesimo decreto  legislativo  stabilisce
    che, solo "[a] seguito dell'entrata in  vigore  della  disciplina
    statale e regionale per  l'individuazione  di  superfici  e  aree
    idonee ai sensi dell'art. 20, con  decreto  del  Ministero  della
    transizione  ecologica,  di  concerto  con  il  Ministero   della
    cultura, previa intesa in sede di  Conferenza  unificata  di  cui
    all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n.  281,  sono
    aggiornate le linee guida per l'autorizzazione degli  impianti  a
    fonti rinnovabili di cui  all'art.  12,  comma  10,  del  decreto
    legislativo 29 dicembre 2003, n. 387".  Il  citato  iter  non  e'
    stato al momento completato e  le  linee  guida  emanate  con  il
    decreto ministeriale 10 settembre  2010  non  sono  state  ancora
    aggiornate.  Infine,  il  comma  2  dell'art.  18   del   decreto
    legislativo n. 199 del 2021, sostitutivo dell'art.  4,  comma  2,
    del decreto legislativo 3 marzo 2011,  n.  28  (Attuazione  della
    direttiva 2009/28/CE sulla promozione  dell'uso  dell'energia  da
    fonti rinnovabili,  recante  modifica  e  successiva  abrogazione
    delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE), indica gli articoli che
    regolano  i  "regimi  di  autorizzazione  per  la  costruzione  e
    l'esercizio degli impianti  a  fonti  rinnovabili",  deputando  a
    regolare l'autorizzazione unica l'art. 5 del decreto  legislativo
    n. 28 del 2011, che a sua volta rimanda all'art. 12  del  decreto
    legislativo n. 387 del 2003, come modificato  dallo  stesso  art.
    5.». 

(7) Regolamento (UE) 2021/1119 del Parlamento europeo e del Consiglio
    del 30 giugno 2021 che istituisce il quadro per il  conseguimento
    della neutralita' climatica e che modifica il regolamento (CE) n.
    401/2009 e il regolamento (UE) 2018/1999 («Normativa europea  sul
    clima»). 

(8) L'art. 2 del decreto ministeriale  del  21  giugno  2024  recante
    Obiettivi delle regioni e province autonome prevede nella tabella
    «per ciascuna regione e  provincia  autonoma  la  traiettoria  di
    conseguimento   dell'obiettivo   di   potenza   complessiva    da
    traguardare al 2030». 
 
                               P.Q.M. 
 
    Si chiede che l'ecc.ma Corte voglia dichiarare costituzionalmente
illegittimo e conseguentemente annullare l'art. 3 della  legge  della
Regione autonoma della Sardegna del 3  luglio  2024,  n.  5  recante:
«Misure  urgenti  per  la  salvaguardia  del  paesaggio  e  dei  beni
paesaggistici e  ambientali»,  pubblicata  nel  Bollettino  Ufficiale
della Regione autonoma della Sardegna (BURS) del 4  luglio  2024,  n.
35, per i motivi illustrati nel presente ricorso, previa sospensione,
in via urgente, della sua efficacia. 
    Con l'originale notificato del ricorso si depositeranno: 
        1. attestazione della delibera del Consiglio dei ministri del
7 agosto 2024 di impugnativa  della  legge  regionale,  con  allegata
relazione. 
        2. legge della Regione autonoma della Sardegna 3 luglio 2024,
n. 5 recante: «Misure urgenti per la salvaguardia del paesaggio e dei
beni paesaggistici e ambientali» pubblicata nel Bollettino  Ufficiale
della Regione autonoma della Sardegna (BURS) del 4  luglio  2024,  n.
35; 
        3. decreto del  Ministero  dell'ambiente  e  della  sicurezza
energetica   del   21   giugno   2024   recante    «Disciplina    per
l'individuazione di superfici e aree idonee  per  l'installazione  di
impianti a fonti rinnovabili» pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del
2 luglio 2024; 
        4. Bollettino Ufficiale della Regione autonoma della Sardegna
(BURS) del 4 luglio 2024, n. 35 - versione integrale originale. 
          Roma, 30 agosto 2024 
 
                  L'Avvocato dello Stato: De Bonis