N. 78 SENTENZA 7 aprile - 3 giugno 2025

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Ordinamento penitenziario - Permessi di necessita' - Termine  per  il
  reclamo del detenuto contro  il  provvedimento  del  magistrato  di
  sorveglianza  -  Ventiquattro  ore  dalla  comunicazione,  anziche'
  quindici giorni - Violazione del diritto di difesa - Illegittimita'
  costituzionale in parte qua. 
- Legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 30-bis, terzo comma. 
- Costituzione, artt. 3 e 24. 
(GU n.23 del 4-6-2025 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta da: 
Presidente:Giovanni AMOROSO; 
Giudici :Francesco VIGANO', Luca ANTONINI,  Stefano  PETITTI,  Angelo
  BUSCEMA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI  GRIFFI,  Marco
  D'ALBERTI, Giovanni  PITRUZZELLA,  Antonella  SCIARRONE  ALIBRANDI,
  Massimo  LUCIANI,  Maria  Alessandra   SANDULLI,   Roberto   Nicola
  CASSINELLI, Francesco Saverio MARINI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  30-bis,
terzo  comma,  della  legge   26   luglio   1975,   n.   354   (Norme
sull'ordinamento  penitenziario  e  sulla  esecuzione  delle   misure
privative e limitative della liberta'),  promosso  dal  Tribunale  di
sorveglianza di Sassari, nel procedimento penale a carico di  V.  M.,
con ordinanza del 3 giugno 2024, iscritta  al  n.  198  del  registro
ordinanze 2024 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 45, prima serie speciale, dell'anno 2024. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del  7  aprile  2025  il  Giudice
relatore Francesco Vigano'; 
    deliberato nella camera di consiglio del 7 aprile 2025. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 3 giugno 2024, il Tribunale di sorveglianza
di Sassari ha  sollevato  questioni  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 30-bis, terzo comma, della legge 26  luglio  1975,  n.  354
(Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure
privative e limitative della liberta'), in riferimento agli artt. 3 e
24 della Costituzione, nella parte in  cui  prevede  che  il  reclamo
debba essere proposto entro ventiquattro ore dalla comunicazione  del
provvedimento del magistrato di sorveglianza relativo ai permessi  di
necessita'. 
    1.1.- Il Tribunale  di  sorveglianza  rimettente  e'  chiamato  a
decidere sul reclamo  avverso  il  provvedimento  del  magistrato  di
sorveglianza che ha rigettato una richiesta di permesso di necessita'
ai sensi dell'art. 30  ordin.  penit.  presentata  da  V.  M.  il  22
febbraio 2024. Il richiedente aveva chiesto di essere  autorizzato  a
far visita alla sorella, affetta  da  patologia  tumorale  con  varie
metastasi, e in condizioni tale da impedirle di recarsi  a  colloquio
presso il carcere nel quale egli era detenuto. 
    Con provvedimento  depositato  il  4  aprile  2024  e  notificato
all'interessato  il  successivo  6  aprile,  la  richiesta  e'  stata
rigettata dal magistrato di sorveglianza, in ragione da un lato della
persistente  pericolosita'  sociale  dell'istante,  resosi  per  anni
latitante  in  Venezuela,  e  dall'altro  dell'assenza  di  imminente
pericolo di vita della sorella, secondo quanto  riferito  dal  medico
legale. 
    Lo stesso 6 aprile 2024 il detenuto  ha  proposto  reclamo,  «con
riserva dei motivi a mezzo difensore». 
    L'8 aprile 2024 il provvedimento del magistrato  di  sorveglianza
e' stato notificato anche al difensore  dell'interessato.  Il  giorno
successivo questi  ha  chiesto  alla  cancelleria  del  Tribunale  di
sorveglianza il rilascio di copia della relazione del medico legale e
delle note della  Questura  di  Reggio  Calabria  e  della  Direzione
nazionale antimafia. Ricevute  le  copie  il  15  aprile,  il  giorno
seguente il difensore ha proposto reclamo corredato dai  motivi,  nel
quale  chiedeva  tra  l'altro  che  fossero  sollevate  questioni  di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  30-bis  ordin.  penit.,  nei
termini poi ritenuti rilevanti e  non  manifestamente  infondati  dal
Tribunale. 
    1.2.- Quanto alla non manifesta infondatezza delle questioni,  il
rimettente ritiene anzitutto pacifico che il termine di  ventiquattro
ore di cui  alla  disposizione  censurata  abbia  natura  perentoria.
Osserva poi che la giurisprudenza di legittimita' assimila il reclamo
in oggetto ad un'impugnazione, nella quale debbono essere  enunciati,
a pena di inammissibilita', motivi specifici, senza che sia possibile
riservarne l'articolazione oltre il termine stabilito per il  reclamo
(sono citate, ex multis, Corte di cassazione, settima sezione penale,
ordinanza 29 maggio-13 dicembre 2013, n. 50338; prima sezione penale,
sentenze 7 marzo-22 aprile 2013, n.  18339  e  24  gennaio-27  aprile
2006, n. 14542). 
    Un simile assetto normativo contrasta, ad avviso  del  giudice  a
quo, con il diritto di difesa del ricorrente. 
    Il termine di ventiquattro  ore  per  proporre  una  impugnazione
motivata risulterebbe eccessivamente compresso  e  non  consentirebbe
all'interessato,  nella  maggior  parte  dei  casi,  di  redigere   e
depositare un atto in grado di confutare  utilmente  il  decreto  del
magistrato di sorveglianza. Emblematica a questo proposito sarebbe la
stessa vicenda del  procedimento  a  quo,  nella  quale  i  risultati
dell'attivita' istruttoria, non disponibili  per  le  parti  fino  al
deposito del provvedimento impugnato, sarebbero  stati  decisivi  per
orientare la decisione del giudice di prima istanza. Nel  termine  di
ventiquattro ore, dunque, il ricorrente  avrebbe  dovuto  chiedere  e
ottenere copia di tali documenti, redigere il reclamo e  depositarlo:
adempimenti tutti inesigibili in un lasso di tempo cosi' breve. Tanto
che il detenuto nel caso in esame aveva potuto soltanto inoltrare  il
reclamo lo stesso giorno  in  cui  il  provvedimento  gli  era  stato
comunicato, rinviando poi a una successiva articolazione  dei  motivi
da parte del difensore, il quale a sua volta aveva potuto  depositare
reclamo motivato soltanto dopo avere ricevuto copia dei documenti,  a
termine di legge ormai scaduto. 
    Il  rimettente  ricorda  poi   come   un'analoga   questione   di
legittimita' costituzionale sia stata dichiarata  fondata  da  questa
Corte con sentenza n. 113  del  2020,  con  riferimento  all'identico
termine di ventiquattro ore,  in  origine  previsto  per  il  reclamo
contro il provvedimento di diniego  di  un  permesso  premio  di  cui
all'art. 30-ter ordin. penit. La considerazione che la questione  ora
all'esame concerna il permesso di necessita' ai  sensi  dell'art.  30
ordin. penit. non giustificherebbe  una  conclusione  differente  con
riguardo  alla  congruita'  di  tale  termine.  In  particolare,  non
varrebbe quale ragione giustificativa della diversita' di  disciplina
l'urgenza  che  caratterizza  il  procedimento  di  concessione   dei
permessi di  necessita',  dovendosi  osservare  come  sia  lo  stesso
istante ad avere «tutto l'interesse ad inoltrare quanto prima reclamo
motivato avverso un provvedimento di  diniego»;  sicche'  il  termine
"ordinario" di quindici giorni, stabilito dalla  stessa  sentenza  n.
113 del 2020 in luogo di quello originario di ventiquattro ore,  «non
determinerebbe  aggravi  e  disfunzioni   di   sorta»   nemmeno   con
riferimento ai permessi di necessita'. 
    Da  tale   ultima   considerazione   discenderebbe   «l'ulteriore
contrasto con l'art. 3» Cost. 
    1.3.- Nessun dubbio sussisterebbe, infine, sulla rilevanza  delle
questioni prospettate, «atteso che  dalla  documentazione  medica  in
atti emerge che la sorella del  detenuto  e'  affetta  da  gravissima
patologia  tumorale  con  vari[e]  metastasi  [...],  che  fonda   la
richiesta di permesso ex art. 30» ordin. penit. 
    2.- E' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che le  questioni  siano  dichiarate  manifestamente
infondate. 
    2.1.- L'Avvocatura generale dello Stato sostiene che la  brevita'
del termine perentorio in esame trova  «la  propria  ragion  d'essere
nella necessita' di improntare» la procedura di reclamo  «ad  estrema
semplicita' e rapidita'», assicurando tempi il piu'  possibile  brevi
per il riesame del provvedimento. 
    L'istituto dei permessi di necessita', fondato sul  principio  di
umanita'  della  pena  e  connesso  a   «presupposti   oggettivi   ed
eccezionali» non connaturati  alle  dinamiche  dell'esecuzione  della
pena, non sarebbe assimilabile a quello  dei  permessi  premio,  come
affermato altresi' in varie pronunce di questa Corte (sono citate  le
sentenze n. 113 del 2020 e n. 235 del 1996). Pertanto, la  disciplina
dei  permessi  premio  non  potrebbe  costituire  un  idoneo  tertium
comparationis da cui far discendere una violazione del  principio  di
eguaglianza-ragionevolezza.   Con   riferimento   ai   permessi    di
necessita', d'altra parte, la brevita' del  termine  per  il  reclamo
sarebbe   correlata   alla    situazione    di    urgenza    allegata
dall'interessato a fondamento della propria richiesta. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.-  Con  l'ordinanza  indicata  in  epigrafe  il  Tribunale   di
sorveglianza  di  Sassari  ha  sollevato  questioni  di  legittimita'
costituzionale dell'art.  30-bis,  terzo  comma,  ordin.  penit.,  in
riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui  prevede  che
il  reclamo  debba  essere  proposto  entro  ventiquattro  ore  dalla
comunicazione del provvedimento del magistrato di sorveglianza. 
    L'art.  30-bis  ordin.  penit.  disciplina  il  procedimento   di
concessione al detenuto  dei  cosiddetti  "permessi  di  necessita'",
previsti dal precedente art. 30 e cosi' denominati nella  prassi  per
distinguerli dai permessi premio di cui al successivo art. 30-ter. 
    Il  censurato  terzo  comma  dell'art.  30-bis  prevede  che   il
provvedimento (positivo o negativo) che statuisce sulla richiesta  di
permesso formulata dal  detenuto  sia  comunicato  immediatamente  al
pubblico ministero e all'interessato, «i  quali,  entro  ventiquattro
ore  dalla  comunicazione,  possono  proporre  reclamo»   contro   il
provvedimento medesimo. 
    Ad avviso del  giudice  a  quo,  tale  termine  e'  inadeguato  a
garantire  il  diritto  di  difesa  del  detenuto,  con   conseguente
violazione dell'art. 24 Cost. 
    Inoltre, la previsione del  termine  in  parola  si  porrebbe  in
contrasto con l'art. 3 Cost., in relazione alla parallela  disciplina
oggi vigente del  reclamo  contro  il  provvedimento  in  materia  di
permessi premio. La sentenza n. 113  del  2020  di  questa  Corte  ha
infatti  dichiarato  costituzionalmente  illegittimo  l'art.  30-ter,
comma 7, ordin. penit., nella  parte  in  cui  prevedeva  -  mediante
rinvio al terzo comma dell'art. 30-bis, in questa  sede  censurato  -
che il provvedimento relativo  ai  permessi  premio  era  soggetto  a
reclamo al tribunale di sorveglianza entro ventiquattro ore dalla sua
comunicazione, anziche' entro quindici giorni. 
    2.- Le questioni sono ammissibili. 
    Il giudice  a  quo  deve  infatti  decidere  sul  reclamo  di  un
condannato contro il provvedimento del magistrato di sorveglianza che
gli aveva negato un permesso di  necessita'.  Il  reclamo  era  stato
presentato lo stesso giorno in cui il provvedimento  di  diniego  gli
era stato comunicato, ma senza articolazione dei motivi. Dieci giorni
piu' tardi, il difensore del condannato - dopo avere  ottenuto  copia
dei documenti posti alla base del provvedimento  -  aveva  nuovamente
presentato reclamo, questa  volta  corredato  dei  motivi,  con  cio'
esercitando  il  proprio  autonomo   potere   di   impugnazione   del
provvedimento (in questo senso, Corte di  cassazione,  prima  sezione
penale, sentenza 30 marzo-30 maggio 2023, n. 23559). 
    Sulla base, dunque, dell'attuale formulazione della  disposizione
censurata, il Tribunale di sorveglianza  rimettente,  per  un  verso,
dovrebbe dichiarare inammissibile il reclamo del condannato in quanto
privo di motivi (in questo senso, ex  multis,  Corte  di  cassazione,
prima sezione penale, sentenza 17 settembre 2013-10 aprile  2014,  n.
15982); e, per altro verso, dovrebbe dichiarare  tardivo  il  reclamo
del difensore, in quanto presentato oltre il termine di  ventiquattro
ore dalla  comunicazione  del  provvedimento.  In  caso,  invece,  di
accoglimento  delle  questioni  prospettate  -   e   in   particolare
nell'ipotesi in cui il termine fosse esteso a  quindici  giorni,  sul
modello di quanto stabilito dalla citata sentenza n. 113 del  2020  -
quanto  meno  il  secondo   reclamo   dovrebbe   essere   considerato
ammissibile e dovrebbe essere esaminato nel merito. 
    Il che assicura la rilevanza delle questioni. 
    3.- Nel merito, e' fondata la questione formulata in  riferimento
all'art. 24 Cost., restando assorbita la censura ex art. 3 Cost. 
    Cosi' come osservato nella sentenza n. 113 del 2020 in  relazione
ai permessi premio, «[i]ngiustificatamente  pregiudizievole  rispetto
all'effettivita' del diritto di difesa di cui all'art.  24  Cost.  e'
[...]  un  termine  cosi'  breve  rispetto   alla   necessita',   per
l'interessato, di articolare compiutamente nello  stesso  reclamo,  a
pena di inammissibilita', gli specifici motivi in fatto e in  diritto
sui quali il tribunale di sorveglianza dovra' esercitare  il  proprio
controllo sulla decisione del primo giudice». 
    Cio' non solo con riferimento - come  gia'  osservato  in  quella
pronuncia - «alla oggettiva difficolta', per il detenuto, di ottenere
in  un  cosi'  breve  lasso  di  tempo  l'assistenza  tecnica  di  un
difensore, che pure e' - in  via  generale  -  parte  integrante  del
diritto di difesa in ogni stato e grado del procedimento (sentenze n.
143 del 2013,  n.  120  del  2002,  n.  175  del  1996,  e  ulteriori
precedenti ivi richiamati)»;  ma  anche  in  relazione  alla  pratica
impossibilita', per una persona ristretta  in  carcere,  di  ottenere
entro il termine di ventiquattro  ore  copia  di  tutti  i  documenti
acquisiti ex officio dal giudice che ha pronunciato il  provvedimento
di cui il ricorrente si duole. Documenti che il  reclamante  potrebbe
non conoscere affatto, dal momento che il provvedimento impugnato  e'
assunto de plano dal giudice, al di fuori di ogni contraddittorio con
le parti. 
    4.- Il rimedio al vulnus riscontrato, anche in questo caso,  puo'
essere assicurato dalla disciplina  di  cui  all'art.  35-bis  ordin.
penit.  sul  reclamo  giurisdizionale  avverso  le  decisioni   delle
autorita' penitenziarie che riguardano  il  detenuto,  che  «fornisce
[...] un "precis[o] punto  di  riferimento,  gia'  rinvenibil[e]  nel
sistema legislativo" (sentenza n. 236 del 2016) [...]  ancorche'  non
costituente l'unica soluzione costituzionalmente obbligata  (sentenze
n. 242, n. 99 e n. 40 del 2019, nonche' n. 233 e n.  222  del  2018)»
(sentenza n. 113 del 2020; in senso analogo ora, ex multis,  sentenze
n. 37 del 2025, punto 6.2. del Considerato  in  diritto;  n.  31  del
2025, punto 8.3. del Considerato in diritto; n. 46  del  2024,  punto
4.1. del Considerato in diritto). 
    La  pur  indubitabile  differenza  di  ratio  dei   permessi   di
necessita' rispetto ai permessi premio, sulla  quale  pone  l'accento
l'Avvocatura generale dello Stato, non osta  a  che  il  termine  per
proporre reclamo, per il detenuto, sia reso omogeneo  dalla  presente
pronuncia in relazione a entrambi i benefici, come gia' - del resto -
accadeva nell'originario disegno  del  legislatore.  In  presenza  di
ragioni  di  particolare  urgenza,  sara'  interesse   del   detenuto
presentare il piu' presto possibile la propria impugnazione,  si'  da
porre il giudice del reclamo in  condizione  di  pronunciarsi  a  sua
volta entro i dieci giorni successivi,  come  prescritto  dal  quarto
comma dell'art. 30-bis. 
    Non muta, invece, l'attuale termine di ventiquattro  ore  per  il
reclamo da parte del pubblico ministero  stabilito  dal  terzo  comma
dell'art. 30-bis  ordin.  penit.  La  questione  ora  decisa  e',  in
effetti, unicamente calibrata sull'esigenza di garantire  il  diritto
di difesa del detenuto che si sia visto respingere la propria istanza
di permesso di necessita'. D'altra parte,  l'estensione  del  termine
anche per il reclamo del pubblico ministero, nel caso opposto in  cui
l'istanza del detenuto sia  accolta,  determinerebbe  la  sospensione
dell'esecuzione  del  provvedimento  in  pendenza  dell'intero  nuovo
termine per l'impugnazione, ai sensi del settimo comma  dello  stesso
art. 30-bis ordin. penit., quanto meno con  riferimento  ai  permessi
per eventi familiari di particolare gravita' previsti  dall'art.  30,
secondo comma, ordin. penit. Il che  comporterebbe  -  rispetto  alla
disciplina ora vigente - un effetto  pregiudizievole  per  lo  stesso
detenuto, frustrando le stesse ragioni di urgenza poste alla base del
permesso. 
    Valutera'  il  legislatore  se   riconsiderare   la   complessiva
disciplina in esame, eventualmente ricalibrando per entrambe le parti
i termini per l'impugnazione e  la  complessiva  disciplina  relativa
alla sospensione dell'esecuzione del permesso  in  pendenza  di  tali
termini, in modo comunque idoneo a consentire il pieno esplicarsi del
diritto di difesa. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 30-bis,  terzo
comma, della legge 26 luglio 1975,  n.  354  (Norme  sull'ordinamento
penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e  limitative
della liberta'), nella parte in  cui  prevede  che  il  provvedimento
relativo ai permessi di cui all'art. 30 e'  soggetto  a  reclamo,  da
parte del detenuto, entro ventiquattro ore dalla  sua  comunicazione,
anziche' entro quindici giorni. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 aprile 2025. 
 
                                F.to: 
                    Giovanni AMOROSO, Presidente 
                    Francesco VIGANO', Redattore 
             Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria 
 
    Depositata in Cancelleria il 3 giugno 2025 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA