Avviso di rettifica
Errata corrige
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Ricorso in riassunzione procedimento interrotto Nell'interesse del Condominio "Mappale 101" Via Boifava 54/84 Milano., in persona dell'amministratore pro tempore rag. Annibale Berni rappresentato e difeso ai fini del presente procedimento dall'Avv. Adriano Alimento C.F. LMNDRN69E31E783C - PEC avv.adrianoalimento@postecert.it, con studio sito a Milano, piazza Grandi n. 24 presso il quale elegge domicilio, giusta delega a margine dell'atto di citazione in appello - appellante - CONTRO Lavazza Vittorio, Golfari Michele, Di Matteo Maria, Di Savino Giuseppina, Bassani Emilio, Ermini Giuseppina, Azzola Antonio, Ricceri Pedro, Ionnaci Mariarita ,Cesco Sandro, Bernard Caterina Del Cont, Cremascoli Pierina, Kalogira Angelici, Franchetti Adalgisa, Fruttaldo Maria Cecilia, Paulin Caterina, Foroni Aldo, Falabella Salvatore, Piccioli Delia, Passalacqua Maria, Pecchio Egidio, Martin Angela, Fontanesi Anna, Toresan Claudio, Scola Maria e Donato Andriolo Maria tutti elettivamente domiciliati presso lo studio dell'avv. Augusto Cirla sito a Milano, in via Larga, n. 15,. - appellati - PREMESSO 1) Con atto di citazione in appello del 08 febbraio 2011 che qui si ritrascrive integralmente l'esponente evocava in giudizio i convenuti: "TRIBUNALE DI MILANO ATTO DI CITAZIONE IN APPELLO EX ADVERSO SENTENZA N. 10966/2010 DEL GIUDICE DI PACE DI MILANO Il Condominio "Mappale 101" Via Boifava 54/84 Milano., in persona dell'amministratore pro tempore rag. Annibale Berni rappresentato e difesa dall'Avv. Adriano Alimento con studio sito a Milano, piazza Grandi n. 24, presso il quale elegge domicilio, giusta delega a margine del presente atto e ritualmente avvisato ai sensi dell'art. 4 comma 3 D.lgs 28/2010 (doc. all. A) espone quanto segue PREMESSO CHE BREVE SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 1) Con atto di citazione ritualmente notificato al Condomino "Mappale 101" di Via Boifava n. 54/84 Milano, il signor Lavazza ed altri otto condomini abitanti presso il condominio di via Boifava 54/84 convenivano in giudizio avanti il Giudice di Pace di Milano il condominio stesso al fine di sentir annullare la delibera condominiale del 16/05/06 con la quale veniva approvata l'installazione di sbarre motorizzate agli ingressi del condominio per la sicurezza del comparto 2) Si costituiva in giudizio il Condominio mappale 101, a ministero del sottoscritto legale, contestando in fatto ed in diritto le argomentazioni e le istanze formulate da parte attrice. 3) Il Giudice di Pace non ammetteva la produzione documentale di parte attrice e rigettando l'istanza di sospensione della delibera da questa richiesta non ravvisando i requisiti del fumus boni juris e del periculum in mora, ritenuta la causa matura per la decisione, fissava udienza di precisazione delle conclusioni. 4) Alla seguente udienza si costituivano altri condomini sempre a ministero dell'avv. Cirla quali intervenienti volontari ex art. 105 c.p.c., A seguito di impedimento da parte del Giudice designato questo provvedeva alla riassegnazione del procedimento all'odierno giudice. Il procedimento proseguiva con l'assegnazione di termini per il deposito di eventuali memorie istruttorie, poi regolarmente prodotte all'udienza successiva. 5) La causa subiva ulteriori rinvii allo scopo di consentire eventuali accordi tra le parti anche in ordine a sopravvenute problematiche inerenti il corretto funzionamento della sbarre agli ingressi del condominio per dirimere le quali il giudice disponeva una C.T.U. poi depositata in data 19/03/09. 6) All'udienza fissata per l'esame della C.T.U. il giudice, ritenuta la causa matura per la decisione fissava udienza di precisazione delle conclusioni concedendo termine sino all'udienza per il deposito di note conclusive. 7) A conclusione del giudizio, il Giudice di Pace di Milano con la sentenza n. 10966/2010 depositata in cancelleria in data 28/04/2010 rigettava in toto la domanda attorea perche' infondata in fatto ed in diritto ma compensava interamente le spese di giudizio tra le parti. 8) La presente difesa ritiene la suddetta sentenza illegittima solo sotto il profilo della compensazione delle spese legali e vada pertanto riformata. MOTIVO UNICO : Violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., inesistenza dei presupposti per la compensazione delle spese di giudizio. L'unico motivo di appello che parte appellante Condominio di Mappale 101 propone con il presente atto, concerne l'errata ripartizione delle spese di giudizio ( spese legali e del CTU) che in sentenza di primo grado vengono compensate tra le parti con un provvedimento sbagliato. Ricordiamo, innanzitutto, che la fattispecie e' regolata oltre dall'art. 91 cpc anche dall'art. 92 c.p.c. sotto la vigenza della riforma dell'art. 2 della legge 28 dicembre 2005 n. 263 come modificato dall'art. 39 quater del D.L. 30 dicembre 2005 n. 273 convertito con modificazione nella legge 23 febbraio 2006 n. 51 che e' entrato in vigore il 1 marzo 2006 e ha trovato applicazioni a tutti i procedimenti instaurati successivamente a tale data. Nel caso di specie l'atto di citazione e' stato notificato successivamente al 1 marzo 2006 e, pertanto, la norma di riferimento al fine di comprendere l'errore del primo Giudice ( oltre all'art. 91 cpc) e' l'art. 92 citato come descritto dal legislatore nel 2006. L'art. 91 c.p.c. recita " Il Giudice con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell'altra parte e ne liquida l'ammontare insieme con gli onorari di difesa" Quindi l'articolo 91 c.p.c. pone a carico della parte soccombente le spese di giudizio della controparte comprensivi degli onorati della difesa. Sul punto non vi e' dubbio che la sentenza di primo grado abbia integralmente rigettato le domande avanzate da parte attrice ritenendole "infondate in fatto ed in diritto". Passiamo, quindi, all'art. 92 c.c.p Il primo comma recita: " Il giudice nel pronunciare la condanna di cui all'articolo recedente , puo' escludere la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice se le ritiene eccessive e superflue..." Dal tenore della sentenza oggi impugnata e' evidente che il primo Giudice non ha compensato le spese giudiziarie perche' ritenute eccessive e superflue; pertanto tale disposizione ( primo comma dell'art. 92 cpc) non riguarda il caso di specie. Il secondo comma recita, invece, " Se vi e' soccombenza reciproca o concorrono altri giusti motivi esplicitamente indicati nella motivazione, il giudice puo' compensare, parzialmente o per l'intero le spese tra le parti" Il legislatore con tale secondo comma dell'art. 92 cpc ha previsto una duplice ipotesi per dare facolta' al giudice di applicare la compensazione delle spese legali: la prima e' la soccombenza reciproca ( confermando il principio espresso nell'articolo 91 cpc) e la seconda i "giusti motivi". Passando al caso concreto, leggendo la sentenza n 10966/2010 del Giudice di Pace di Milano che ha rigettato in toto la domanda attrice, e' possibile esclude categoricamente che il primo Giudice possa aver giustificato la compensazione delle spese di causa in forza della prima ipotesi ( "soccombenza reciproca") prevista dall'art. 92 cpc . Non a caso il primo Giudice nella motivazione succinta della compensazione delle spese di lite e del CTU non fa riferimento alla soccombenza reciproca al fine di compensare le spese di causa. Si legge nella sentenza che " per quanto riguarda le spese del processo e quelle inerenti la CTU, le stesse debbono essere interamente compensate tra tutte le parti in causa, vista la condotta delle parti stesse in giudizio, laddove gli attori, richiamati da un senso di principio di solidarieta' sociale, hanno ritenuto proporre una domanda giudiziale per tendere a salvaguardare la salute pubblica, ed il Condominio convenuto, si e' dimostrato, ad ogni richiesta torea, sempre propenso a trovare punti di intesa sulle richieste stesse, fino alle conclusioni della perizia CTU, con il risultato di aver portato entrambi alla definizione, una vertenza giudiziaria, in maniera utile per la convivenza condominiale" E' evidente, quindi, dal tenore della sentenza che il primo Giudice ha utilizzato il principio del "giusto motivo" ex art. 92, secondo comma, n. 2 cpc al fine di giustificare la compensazione delle spese di lite. Il "giusto motivo" e' stato indicato dal primo Giudice nella "condotta delle parti stesse in giudizio, laddove gli attori, richiamati da un senso di principio di solidarieta' sociale, hanno ritenuto proporre una domanda giudiziale per tendere a salvaguardare la salute pubblica, ed il Condominio convenuto, si e' dimostrato, ad ogni richiesta torea, sempre propenso a trovare punti di intesa sulle richieste stesse..." A parere di parte appellante non e' applicabile al caso di specie la seconda ipotesi prevista dall'art. 92 cpc ( "giusti motivi") per giustificare la compensazione delle spese di causa, dato che, come verra' dimostrato con il presente atto, il comportamento assunto da parte attrice nel processo di primo grado non ha integrato una condotta sufficiente da giustificare la compensazione delle spese di lite e del CTU Prima di dimostrare che il comportamento assunto da parte attrice nel primo grado non sia stato corretto ( e finalizzato al un reale interesse pubblico e cioe' quello della salute) tale da giustificare la compensazione delle spese di lite, e' opportuno brevemente analizzare come sia stato interpretato dalla dottrina e dalla giurisprudenza il concetto giuridico di "giusto motivo" ex art. 92, secondo comma, n. 2 cpc oltre al significato giuridico da dare alla condanna alla spese di causa . Infatti acquisendo conoscenza sul ruolo giuridico della condanna alle spese di causa ed al significato giuridico di "giusto motivo" ex art. 92 cpc, e' possibile piu' facilmente giungere alla conclusione che il primo Giudice, al di la' di ogni aspetto di merito ( errata indicazione dei motivi), ha disapplicato e/o ignorato il senso logico e giuridico della condanna alle spese di lite e del "giusto motivo". In particolare si dimostrera' che il primo Giudice ha ignorato il principio di causalita' che vuole non esente da onere delle spese il sig. Lavazza + altri per il solo fatto di aver svolto con il loro comportamento antigiuridico l'apertura del processo. La dottrina e un orientamento giurisprudenziale ritengono che il rimborso delle spese di lite non costituisce una forma di risarcimento danno per un comportamento illecito ma la conseguenza obbiettiva ed inevitabile della soccombenza e cioe' della posizione in cui si sia venuta a trovare quella parte alla quale il giudice abbia dato torto o perche' le ha negato il riconoscimento della situazione giuridica dedotta ovvero perche' ha dichiarato nei suoi confronti l'esistenza di una situazione giuridica altrui. Altra parte della dottrina e della giurisprudenza attribuiscono rilevanza, invece, all'elemento soggettivo affermando che la responsabilita' per le spese avrebbe fondamento nel cosiddetto "principio di causalita'" del quale la soccombenza costituirebbe solo un elemento rilevatore. Questo principio consentirebbe di risalire al fatto causativo del giudizio e, quindi, permetterebbe di identificare la parte soccombente in quella che, lasciando insoddisfatta una pretesa riconosciuta fondata o azionando una pretesa accertata come infondata o, in generale, attraverso il proprio comportamento processuale, abbia dato causa alla lite. Quest'ultimo orientamento sta prevalendo in giurisprudenza ( da ultimo Cass Civile n. 7716/203) per cui la soccombenza costituirebbe una applicazione del principio di causalita' che vuole non esente da onere delle spese la parte con il suo comportamento antigiuridico abbia provocato la necessita' del processo. L'individuazione della parte soccombente va condotta in relazione all'esito finale del processo nel suo insieme: si tratta, quindi, di una valutazione globale e unitaria per la quale non rilevano ne' l'esito delle varie fasi del processo se vi sono stati piu' gradi di giudizio, ne' la pronuncia emessa sui singoli oggetti della domanda. Il principio di soccombenza di cui all'art. 91 c.p.c e 92 c.p.c. e' sorretto da una duplice ratio: quella di disincentivare la proposizione di domande giudiziali solo per finalita' dilatorie o esplorative e quella di tenere indenne da spese di giudizio chi si e' visto costretto a rivolgersi al Giudice per ottenere contezza di un suo diritto negato dal comportamento altrui ovvero per difendersi da una pretesa infondata altrui. Pertanto le spese di lite svolgono una funzione deterrente; non a caso tutti gli ordinamenti processualcivilistici hanno adottato degli strumenti volti a dissuadere i cittadini da un utilizzo smodato e distorto della giustizia statale per la definizione delle proprie controversie. Pertanto la spese di giudizio pone chi mette in moto la macchina giudiziaria di fronte al rischio di dover corrispondere, in caso di soccombenza, le spese di giudizio alla controparte vittoriosa, oltre a pagare l'onorario al proprio difensore. La funzione di deterrenza delle spese di giudizio e' stata espressamente affermata dalla S.C. di Cassazione, addirittura a S.U., nell'ordinanza n. 19514 del 16.07.08. Si osserva, inoltre, che la recente legge di riforma del codice di rito, legge n. 69/2009, con la modifica dell'art. 92 co. 2 c.p.c. consente al giudice di derogare al principio generale della soccombenza solo in caso di "soccombenza reciproca" o di "gravi ed eccezionali ragioni" da esplicitare nella motivazione della sentenza. La compensazione delle spese legali e' , quindi, un'ipotesi eccezionale, subordinata a presupposti molto stringenti. La funzione di deterrenza non consiste nel voler precludere ai cittadini l'accesso alla giustizia statale; cio' contravverrebbe al diritto assoluto di difesa, costituzionalmente garantito (art. 24 Cost.), ma mira ad evitare un uso spregiudicato della giustizia, avviando giudizi per finalita' meramente dilatorie, defatiganti o esplorative. La causale dei "giusti motivi " ex art. 92, secondo comma, cpc ricorre in ipotesi di istruttoria particolarmente problematica caratterizzata dalla sovrapposizione ed incompatibilita' tra elementi fattuali in parte favorevoli ad una parte ed in parte all'altra (c.d. complessita' in fatto) ovvero in ipotesi di controversia specialmente complessa perche' vertente in materia interessata da ius superveniens oppure oggetto di oscillanti orientamenti giurisprudenziali (c.d. complessita' in diritto). Questo e' il pensiero unanime della dottrina e della giurisprudenza che il sottoscritto legale condivide e in forza del quale procede alla impugnazione della sentenza. Si dimostrera', pertanto, con il presente atto che: a) la proposizione della domanda giudiziale avanti al Giudice di Pace di Milano dal sig. Lavazza + altri 8 condomini ( e, poi, anche l'intervenot adesivo dei terzi intervenuti) e' stata svolta solo per finalita' dilatorie e antigiuridiche ( era solo una scusa parlare di esigenze di "salute" dato che di fronte alla prova oggettiva di perfetto funzionamento delle sbarre anche in occasione dell'arrivo di ambulanza, vigili del fuoco, carabinieri, ecc, i sigg.ri Lavazza + altri 8 condomini oltre che i terzi intervenuti hanno mantenuto ferma la richiesta giudiziaria di annullamento della delibera assembleare); b) lo svolgimento del processo avanti al Giudice di Pace di Milano non ha richiesto una istruttoria particolarmente problematica caratterizzata dalla sovrapposizione ed incompatibilita' tra elementi fattuali in parte favorevoli ad una parte ed in parte all'altra (c.d. complessita' in fatto) ovvero specialmente complessa perche' vertente in materia interessata da ius superveniens oppure oggetto di oscillanti orientamenti giurisprudenziali (c.d. complessita' in diritto); c) il comportamento assunto dagli attori e dai terzi intervenuti che non hanno voluto ammettere di aver torto neanche di fronte ad una CTU, e' sintomatico di chi voluto agire in giudizio con colpa grave ; d) la decisione degli attori di primo grado di proseguire il giudizio dopo un primo provvedimento chiarificatore del Giudice di Pace ( del 20 ottobre 2006) di rigetto e dei terzi intervenuti di costituirsi dopo tale provvedimento e' sintomatico di chi ha voluto ignorare il ruolo delle spese processuali e della sua funzionalita' deterrente; e) la decisione degli attori di primo grado e dei terzi intervenuti di non accettare la proposta del Condominio di modificare l'impianto e renderlo ancora piu' facilmente utilizzabile da tutti i condomini a fronte dell'abbandono della causa e' sintomatico di chi vuole difendersi in mala fade. Per comprendere, in definitiva quanto sopra poc'anzi affermato e, quindi, la insussistenza di giusti motivi per compensare le spese legali ex art. 92, secondo comma, cpc bisogna necessariamente ricostruire brevemente i fatti processuali. Ricordiamo che il sig. Lavazza + altri 8 condomini hanno impugnato la delibera condominale del 16 maggio 2006 del Condominio Mappale 101 con atto di citazione, chiedendo che venisse dichiarata l'invalidita' e/o annullabilita' della delibera assunta dal condominio Mappale 101 in data 16 maggio 2006 nella parte in cui era stato approvato il progetto esecutivo per l'installazione di sbarre agli ingressi di via dei Missaglia e di via Boifava perche' contraria alla legge e al regolamento. La prima e principale ragione che ha indotto i condomini dissenzienti ad impugnare la delibera ed a chiederne l'annullamento avanti al Giudice di Pace verteva su un motivo di diritto ossia la presunta mancanza del quorum necessario per approvare la delibera. Secondo gli attori (Lavazza + altri 8 condomini) tale delibera condominiale doveva essere assunta secondo il disposto dell'art. 1136 comma 5 che regola la validita' della delibera assembleare nei soli casi in cui la delibera abbia per oggetto le innovazioni di cui all'art. 1120 c.c.. La difesa del Condomino ha subito controdedotto affermando ( e producendo giurisprudenza sul punto) che le opere oggetto della delibera del 16 maggio 2006 non erano riconducibili ad un'innovazione e, pertanto, il quorum necessario per l'approvazione di tale delibera era quello previsto dall'art. 1136 comma 2 c.c. e che, dunque, la delibera oggetto di impugnazione era valida ed efficace. Tale ragionamento della difesa del Condominio e' stata ben condiviso in corso di causa gia' da un primo Giudice - dott. Labombarda - come anche dal nuovo Giudice di Pace assegnatario della causa - dott. Sica - i quali non hanno ritenuto che le opere svolte dal Condomino ( oggetto di delibera condominiale) erano riconducibili ad una innovazione. Ne' si dica che la questione giuridica trattata dai condomini dissenzienti fosse di particolare complessita'. Infatti la giurisprudenza unanime ha sempre confermato nell'ultimo decennio che l'istallazione di sbarre costituiscano semplice regolamentazione sulle modalita' di godimento del bene comune e non innovazione. Il principale motivo di impugnazione della delibera, in definitiva, si e' pertanto rivelato immediatamente privo dei presupposti di diritto per essere accolto. Tanto e' vero, come si e' gia' detto, che il giudice inizialmente designato aveva subito disposto la fissazione dell'udienza di precisazione delle conclusioni rigettando le richieste di prova di parte attrice e la domanda di sospensione della delibera. In particolare il Giudice di Pace aveva gia' "manifestato" l'infondatezza della domanda dei condomini "dissenzienti" ed aveva chiarito bene tale concetto gia' nell'ordinanza del 20 ottobre 2006. Ma nonostante questo, i condomini "dissenzienti" ( attori) ed i terzi intervenuti hanno ritenuto opportuno proseguire la causa a danno della giustizia per finalita' meramente dilatorie, defatiganti o esplorative. A fronte di tale provvedimento del 20 ottobre 2006 i condomini dissenzienti ( attori nel procedimento avanti al Giudice di Pace) avrebbero dovuto evitare di proseguire l'azione come anche i terzi intervenuti avrebbero dovuto evitare di costituirsi dopo che un primo giudice avesse manifestato "espressamente" l'infondatezza della domanda attorea. Proprio in forza di tale principale motivo di impugnazione della delibera condominiale, del tutto infondato oltre che pretestuoso, e della decisione degli attori di proseguire la causa come dei terzi intervenuti di costituirsi in giudizio, il primo Giudice avrebbe dovuto condannare gli attori ed i terzi intervenienti al pagamento delle spese processuali del Condomino evitando la compensazione. A parte tale principale motivo di impugnazione della delibera condominiale, si evidenzia che il sig. Lavazza + altri 8 condomini avevano impugnato ( almeno apparentemente) detta delibera per presunta compressione della possibilita' per i condomini di godere degli spazi comuni determinata dall'installazione delle sbarre In particolare, gli attori ( Lavazza + altri) e poi, anche i terzi intervenuti, hanno sostenuto che la presenza delle sbarre creasse un pericolo per la salute dei condomini in quanto le sbarre potevano essere azionate solo tramite la chiave in dotazione ai condomini e non anche da eventuali mezzi di soccorso chiamati ad intervenire all'interno della proprieta'. Tale affermazione non ha trovato mai riscontro nelle prove fornite dai condomini attori ( nel procedimento avanti al Giudice di Pace); infatti non e' stata data prova del pregiudizio che la presenza di sbarre avrebbe arrecato ai condomini dato che le sbarre venivano posizionate a fianco di un passo pedonale. Ricordiamo, inoltre, che il sig. Lavazza + altri ( attori nel procedimento di primo grado) non hanno mai contestato il fatto che i condomini potessero passare a piedi a fianco della sbarra ( apposito passaggio pedonale) o, sempre passando a piedi, facendo sollevare della sbarra motorizzata, ma solo che eventuali medici non sarebbero in grado di intervenire efficacemente. Trattasi di una preoccupazione del tutto infondata ( da qui si deduce che tale motivo di impugnazione della delibera condominale e' speculativa ed illegittima) in quanto, a prescindere dal fatto che tutte le sbarre motorizzate erano e sono in grado di essere sollevare in caso di estrema necessita', in ogni caso il medico del 118 era sempre in grado di intervenire anche se non entrava dentro con l'ambulanza nell'area condominiale. Infatti la struttura del condominio e' tale da non rendere difficoltoso l'intervento del personale medico. Non c'e' prova, comunque, di una barriera architettonica o altro che pregiudichi al personale medico di poter intervenire efficacemente ( anzi la prova assunta dal Giudice in corso di causa - CTU- gli ha permesso di affermare che " la predetta relazione del CTU, al riguardo quindi, ha fatto venire meno la circostanza che le sbarre di cui trattasi potessero costituire barrire architettonieche ...") Ma a prescindere da questo, era onere del sig. Lavazza + altri ( attori procedimento di primo grado) fornire idonea documentazione probatoria diretta a dimostrare l'esistenza di barriere architettoniche lesive della salute e/o del diritto di passaggio dei singoli condomini. Tutto questo non e' stato fatto dall'attore ( di primo grado) e/o dal terzo intervenuto e, quindi, l'onere cui erano tenuti ad assolvere non e' stato onorato. Si noti che la memoria istruttoria di parte attrice ( di primo grado) del 3 dicembre 2007 e' priva di richieste probatorie ma il suo procuratore si e' limitato a produrre un certificato medico che non dimostra la difficolta' dei condomini di ricevere adeguate cure mediche. Per completezza espositiva si rilevi che le prove documentali ( di scarsissimo rilievo), prodotte dai terzi intervenienti erano tardive ( prodotte dopo che la causa era andata, per la prima volta, a sentenza) e, quei inammissibili. Conseguentemente questo On.le Tribunale non potra' utilizzare tali prove ai fini della presente causa. Il primo Giudice, quindi, avrebbe dovuto condannare parte attrice Lavazza + altri 8 condomini oltre ai terzi intervenienti al pagamento delle spese legali - giudiziarie anche per l'assenza probatoria di parte attrice che si e' persino disinteressato di fornire la prova di quello che sosteneva e cioe' il grave pregiudizio alla salute dei condomini. Ma solo per completezza espositiva, come si diceva in narrativa, si ritiene che tale secondo motivo di impugnazione della delibera condominale ( per esigenze di salute dei condomini) era solo una "scusa " dato che il Condominio ha provato in corso di causa il perfetto funzionamento della sbarre con adeguata documentazione, ma soprattutto tale circostanza veniva confermata da apposita CTU. Di fronte alla prova del perfetto funzionamento della barriere e, quindi, dell'impossibilita' oggettiva che qualunque condomino potesse subire un pregiudizio, e di fronte alla richiesta formale della difesa del Condominio di rinunciare all'azione ( vedasi il verbale di udienza del 8 febbraio 2008) sia il sig. Lavazza + altri 8 condomini che i terzi intervenienti, hanno deciso di proseguire. Tale decisione dei sigg.ri Lavazza + altri 8 condomini e dei terzi intervenuti di non desistere dall'azione neanche di fronte all'evidenza della infondatezza dei motivi di impugnazione della delibera condominiale, non puo' non avere quale unica conseguenza la condanna alle spese di lite. Merita, infine, soffermarsi, anche sulla condotta processuale del Condominio. A contrario degli attori di primo grado e dei terzi intervenuti, il Condominio si e' reso sempre disponibile a trovare una soluzione al problema disponendo un sistema - meccanismo in grado di far funzionare le sbarre all'arrivo dei mezzi di soccorso tramite il semplice azionamento della sirena dei mezzi. Una volta installato il meccanismo, il sistema di sbarre si e' rivelato perfettamente efficiente coma da certificazione rilasciata dalla societa' installatrice NTM e prodotta all'udienza del 11 aprile 2008. Ma nonostante l'evidenza gli attori ( del procedimento di primo grado) ed i terzi intervenuti hanno persistito, anche in mala fede, nel sostenere la scarsa funzionalita' del sistema all'arrivo di mezzi di soccorso ed il giudice di Pace e' stato costretto a disporre ben due collaudi all'esito dei quali il sistema e' risultato perfettamente funzionante cosi' come certificato dal Consorzio Lombardo di Sicurta' tramite relazione depositata all'udienza del 26.06.08. Insistevano gli attori che il sistema funzionava solamente per i veicoli in uscita dal complesso ed il Giudice di Pace, nonostante la certificazione prodotta dal condominio convenuto ampiamente dimostrativa del corretto funzionamento, e' stato costretto a disporre CTU per porre fine alla divergenza di opinioni tra le parti. A totale conferma della tesi del Condominio e a totale reiezione delle pretestuose tesi del sig. Lavazza + altri convenuta, anche la CTU ha certificato il perfetto funzionamento del sistema. Merita ricordare infatti che la relazione tecnica del C.T.U. ing. Castellanza ha fugato qualsiasi dubbio rilevando che"le prove effettuate in data 24/02/09 hanno permesso di accertare il perfetto funzionamento delle due sbarre, e quindi dei due rispettivi sensori di azionamento, nelle condizioni di funzionamento previste dal quesito.". Ma nonostante tale risultanza del CTU e nonostante le pregresse prove documentali di perfetto funzionamento dell'impianto, il sig Lavazza + altri oltre ad i terzi intervenuti hanno mantenuto fermo il loro pensiero insistendo che tali sbarre non funzionano pregiudicando e/o danneggiano la salute dei condomini evitando di giungere ad una definizione amichevole della causa come manifestata dal procuratore del Condominio gia' in occasione dell'udienza del 8 febbraio 2008. In estrema sintesi, ne' il mancato rispetto del quorum, ne' la rimozione di un presunto pericolo per la salute dei condomini sono stati ritenuti dal giudice motivi idonei ad accogliere le domande avversarie. Inutilmente dispendiosa in termini di tempo e costi si e' rivelata la lunga attivita' istruttoria che, infine, ha acclarato cio' che il condominio aveva gia' avuto cura di certificare. Si e' dimostrato, quindi, che l'istallazione di sbarre non e' opera innovativa. Si e' dimostrato, poi, che la salute dei condomini non e' stata mai posta in pericolo dalla collocazione delle sbarre il cui perfetto funzionamento nelle condizioni di necessita' e' stato certificato addirittura da un CTU. Si e' dimostrato, infine, che nonostante le risultanze probatorie ed in particolare del CTU, i sigg.ri Lavazza + altri 8 condomini oltre che i terzi intervenuti non hanno mai voluto desistere dall'azione aderendo alla richiesta del Condominio. Dunque non puo' condividersi l'argomentazione del giudice del primo grado che fonda la compensazione delle spese di giudizio su un presunto "senso di solidarieta' sociale" dei condomini che in realta' non trovava alcun fondamento sin dal principio. Del pari, anche il comportamento del condominio dimostra questo assunto. Il comportamento mantenuto nel corso del giudizio dal condomino Mappale 101 - che il giudice ha inspiegabilmente qualificato come ulteriore motivo di compensazione - dimostra invece che se si fosse percorsa una via amichevole si sarebbe arrivati ad una soluzione ottimale per tutti in tempi senza dubbio piu' brevi. Gli odierni appellati hanno invece scelto di impugnare la delibera senza che ve ne fosse la reale necessita'., obbligando di fatto il condominio a difendersi ed a dimostrare cio' che era gia' pacifico, ovvero che il posizionamento delle sbarre non solo era stato approvato con il regolare quorum di legge e che percio' la delibera era perfettamente regolare, ma anche che lo stesso non arrecava alcun pericolo alla salute dei residenti. Le spese di giudizio che il condominio Mappale 101 si e' ingiustamente trovato a sostenere per un giudizio protrattosi per oltre tre anni ( un processo di 12 udienze) non possono pertanto essergli addebitate e il giudice del secondo grado viene chiamato a riformare la sentenza relativamente alla compensazione delle spese legali confermandola nel resto. IN PUNTO QUANTUM Si ritiene corretto che questo On.le Tribunale condanni i convenuti oggi appellati, in solido tra loro, al pagamento delle spese di lite di primo grado che si ritiene corretto quantificare in Euro 6.320,00 a titolo di onorari, Euro 3.306,00 a titolo di diritti oltre accessori di legge ( come da nota spese depositata in primo grado), oltre alle spese del CTU sostenute dal Condominio ed ammontanti ad Euro 691,71 ( si allega provvedimento liquidazione CTU- doc. 3) SULLA LEGITTIMITA' AD IMPUGNARE LA SENTENZA Sussiste la legittimazione del condominio " Mappale 101" di via Boifava 54/84 Milano di impugnare la sentenza n. 10966/2010 del Giudice di Pace di Milano dato che detto Condominio ha interesse ad ottenere la riforma della sentenza de qua limitatamente alle spese processuali. Tale interesse nasce proprio dal fatto che detta decisione, prevedendo la compensazione delle spese di lite, costituirebbe per parte appellante un grave pregiudizio. Non a caso l'importo considerevole delle spese processuali (del legale e del CTU) andrebbe a ricadere sui Condomini i quali, individualmente, andrebbero subire un grave pregiudizio economico. Differentemente con l'impugnazione della decisione di cui in narrativa, gli esponenti verrebbero a ricevere sia dei attori di primo grado che dei terzi intervenuti di primo grado, tutte le spese legali e del CTU da loro anticipate Tutto cio' premesso, il Condomino Mappale 101 di Milano via Boifava, 54/84 ut supra, rappresentato, difeso ed elettivamente domiciliato CITA Lavazza Vittorio, Golfari Michele, Di Matteo Maria, Di Savino Giuseppina, Bassani Emilio, Ermini Giuseppina, Azzola Antonio, Ricceri Pedro, Ionnaci Mariarita ,Cesco Sandro, Bernard Caterina Del Cont, Cremascoli Pierina, Kalogira Angelici, Franchetti Adalgisa, Fruttaldo Maria Cecilia, Paulin Caterina, Foroni Aldo, Falabella Salvatore, Piccioli Delia, Passalacqua Maria, Pecchio Egidio, Martin Angela, Fontanesi Anna, Toresan Claudio, Scola Maria e Donato Andriolo Maria tutti elettivamente domiciliati presso lo studio dell'avv. Augusto Cirla sito a Milano, in via Larga, n. 15, a comparire avanti al Tribunale di Milano in veste di organo di appello, Giudice e sezione designandi, all'udienza del 20 giugno 2011 con l'invito a costituirsi in cancelleria entro venti giorni prima di tale udienza ex art. 166 c.p.c. e contestuale avvertimento che in difetto di tempestiva e/o irrituale costituzione soggiacera' alle decadenze di cui all'art.t 38 e 167 c.p.c. e che in difetto di costituzione si procedera' in via contumaciale per ivi sentir accogliere le seguenti CONCLUSIONI NEL MERITO: Riformare la sentenza del Giudice di Pace di Milano n. 10966/2010 con riferimento alla determinazione delle spese di giudizio per i motivi di cui nel presente atto. Condannare, conseguentemente, i sigg.ri Lavazza Vittorio, Golfari Michele, Di Matteo Maria, Di Savino Giuseppina, Bassani Emilio, Ermini Giuseppina, Azzola Antonio, Ricceri Pedro, Ionnaci Mariarita ,Cesco Sandro, Bernard Caterina Del Cont, Cremascoli Pierina, Kalogira Angelici, Franchetti Adalgisa, Fruttaldo Maria Cecilia, Paulin Caterina, Foroni Aldo, Falabella Salvatore, Piccioli Delia, Passalacqua Maria, Pecchio Egidio, Martin Angela, Fontanesi Anna, Toresan Claudio, Scola Maria e Donato Andriolo Maria al pagamento in solido tra loro al Condomino "Mappale 101" Via Boifava 54/84 Milano dell'importo di Euro 13.822,79 a titolo di spese di causa oltre che di spese del CTU come indicate in narrativa, ovvero quella somma maggiore o minore ritenuta di giustizia, oltre interessi legali. In ogni caso con vittoria di spese, diritti e onorari di secondo grado. Il sottoscritto procuratore dichiara ai sensi dell'art. 9 comma 5 della legge n. 488/1999 che il valore della causa e' Euro 14.000,00 Allegato A) Informativa mediazione ex d.lgs 28/2010 Si producono i seguenti documenti; 1) sentenza uso appello n. 10966/2010 del Giudice di Pace di Milano; 2) fascicolo di parte di primo grado; 3) ordinanza liquidazione CTU Milano, 08 febbraio 2011 Avv. Adriano Alimento " 2) Il procedimento rubricato su nrg 11730/2011 veniva assegnato al Giudice dott. Rota Giacomo della 13^ sezione civile del Tribunale di Milano 3) Si costituivano in giudizio i convenuti a ministero dell'Avv. Augusto Cirla con comparsa di costituzione e risposta chiedendo preliminarmente l'interruzione del procedimento rilevando che alcuni dei suoi clienti, parte in causa sia nel procedimento di primo grado che d'appello, erano deceduti ( ALLEGATO 1 al presente atto) 4) In particolare l'Avv. Cirla, legale del sig. Lavazza + altri, ha affermato a pagina 3 della comparsa di costituzione e risposta che nel corso degli anni 2007-2008 erano deceduti i seguenti signori che erano parti convenute/terze intervenute nel procedimento di primo grado : Cesco Sandro, Ricceri Pedro, Ermini Giuseppina, Passalacqua Maria, Foroni Aldo, Del Cont Bernard Caterina producendo il certificato di morte di tutti tali signori. 5) Alla prima udienza del 22 giugno 2011 correttamente il Giudice dott. Giacomo Rota, accoglieva l'istanza del legale di parte appellata Avv. Cirla interrompendo il procedimento 6) Dato che e' interesse di parte appellante proseguire la causa, il sottoscritto legale si e' attivato per riassumere il processo previamente verificando dove notificare il ricorso di riassunzione con il pedissequo decreto di fissazione di udienza dato che, per inattivita' del procuratore del sig. Lavazza + altri, la comunicazione del decesso dei sigg.ri Cesco Sandro, Ricceri Pedro, Ermini Giuseppina, Passalacqua Maria, Foroni Aldo, Del Cont Bernard Caterina avveniva solo con la costituzione in giudizio all'udienza e, quindi, oltre due anni dopo il loro decesso 7) Tale comunicazione resa solo in data 22 giugno 2011 dell'avvenuto decesso dei sopra citati signori ha precluso all'esponente di procedere alla notifica dell'atto di riassunzione ai sensi dell'art. 303 comma n. 2 cpc e cioe' ha precluso all'esponente di notificare collettivamente ed impersonalmente agli eredi di ciascuna su indicata parte deceduta nell'ultimo domicilio del defunto. 8) Il sottoscritto procuratore, quindi, ha proceduto a verificare per ciascuna delle su indicate parti decedute, tramite un certificato storico l'eventuale esistenza di eredi accertando che ciascuno dei su indicate parti aveva una serie di eredi (fatta eccezione di Foroni Aldo) che purtroppo erano premorti costringendo il sottoscritto legale alla verifica di tutti gli altri eredi degli eredi premorti. 9) Dato il numero enorme degli eredi che risultano essere premorti risulta allo stato estremamente difficile (per non dire impossibile) identificare tutti gli eredi legittimati a ricevere l'atto di riassunzione in quanto ogni erede premorto ha fatto subentrare i propri eredi che purtroppo a sua volta sono premorti. 10) Trattasi di un sistema a catena che non permette al sottoscritto legale di onorare il termine di legge di riassunzione del processo entro tre mesi dalla interruzione. 11) A seguito delle intervenute difficolta' di ricerca il sottoscritto legale ha presentato al Giudice titolare del procedimento istanza ai sensi dell'art. 150 c.p.c. chiedendo di essere autorizzato a notificare l'atto di riassunzione della causa di cui in narrativa ai sigg.rri Cesco Sandro, Ricceri Pedro, Ermini Giuseppina, Passalacqua Maria, Foroni Aldo, Del Cont Bernard Caterina per pubblici proclami, chiedendo altresi' in via subordinata di essere autorizzato sempre secondo le forme di cui all'art. 150 cpc a notificare l'atto di riassunzione della causa di cui in narrativa ai sigg.rri Cesco Sandro, Ricceri Pedro, Ermini Giuseppina, Passalacqua Maria, Del Cont Bernard Caterina per pubblici proclami, fata eccezione per Foroni Aldo. 12) Ad oggi il Tribunale non ha ancora reso alcun provvedimento in merito. 13) E' interesse del condominio appellante proseguire nel giudizio d'appello. 14) Si chiede a questo On.le Tribunale di concedere a parte ricorrente un termine ampio per la notifica del presente ricorso ed pedissequo decreto di fissazione di udienza sia nel caso in cui debba procedere alla notifica secondo le forme ordinarie e sia nel caso in cui debba procedere alla notifica per pubblici proclami Tutto cio' premesso, il Condominio "Mappale 101" Via Boifava 54/84 Milano., in persona dell'amministratore pro tempore rag. Annibale Berni RICORRE Avanti al Tribunale di Milano Sezione XIII Giudice dott. Giacomo Rota affinche', previa fissazione dell'udienza di prosecuzione del procedimento e le incombenze di rito cui dovranno comparire i sigg.ri Paolo Giovanni Foroni residente in Milano via Caio Mario, n. 51, Paulin Caterina residente in Milano Vi S. Abbondio n. 39, Ricceri Margherita residente in San Clemente Via Dante n. 3, Emanuele (MI), Ricceri Francesco residente in Rozzano (MI) alla via Tagliamento n. 55/B, Passalacqua Giuseppe, Passalacqua Giacinto, Passalacqua Domenico, eredi di Passalacqua Ettore, eredi di Passalacqua Claudia, eredi di Passalacqua Attilio, eredi di Passalacqua Antonino, eredi di Passalacqua Salvatore ed eredi di Passalacqua Rosa, con l'espresso invito a costoro di costituirsi in cancelleria del sopra indicato Giudice istruttore nel termine di 20 giorni prima dell'udienza assegnata dal Giudice ed con l'espresso avvertimento che in mancanza di tempestiva rituale costituzione, nei termini indicati, incorrera' nelle preclusioni e decadenze di cui all'art. 167 c.p.c. e 38 cpc, ovvero in caso di mancata costituzione, si procedera' in loro contumacia e con l'invito, invece ai sig.ri Lavazza Vittorio, Golfari Michele, Di Matteo Maria, Di Savino Giuseppina, Bassani Emilio, Azzola Antonio, Ionnaci Mariarita, Cremascoli Pierina, Kalogira Angelici, Franchetti Adalgisa, Fruttaldo Maria Cecilia, Paulin Caterina, Falabella Salvatore, Piccioli Delia, Pecchio Egidio, Martin Angela, Fontanesi Anna, Toresan Claudio, Scola Maria e Donato Andriolo Maria tutti domiciliati presso l'avv. Augusto Cirla con studio in Milano alla via Larga, n. 15 a comparire all'udienza designata dal Giudice, per ivi sentir accogliere le seguenti CONCLUSIONI NEL MERITO: Riformare la sentenza del Giudice di Pace di Milano n. 10966/2010 con riferimento alla determinazione delle spese di giudizio per i motivi di cui nel presente atto. Condannare, conseguentemente, tutti i convenuti in giudizio al pagamento in solido tra loro al Condomino "Mappale 101" Via Boifava 54/84 Milano dell'importo di Euro 13.822,79 a titolo di spese di causa oltre che di spese del CTU come indicate in narrativa, ovvero quella somma maggiore o minore ritenuta di giustizia, oltre interessi legali. In ogni caso con vittoria di spese, diritti e onorari di secondo grado. Si allega al presente atto: Comparsa di costituzione in appello Si producono i seguenti documenti: 4) Certificato anagrafico storico dei sigg.ri . Cesco Sandro, Ricceri Pedro, Ermini Giuseppina, Passalacqua Maria, Foroni Aldo, Del Cont Bernard Caterina con certificazione di morte eredi Milano, 28 ottobre 2011 avv. Adriano Alimento T12ABA8307