TRIBUNALE DI MILANO
Sezione XIII


Dott. G. Rota - nrg 11730/2011

(GU Parte Seconda n.59 del 19-5-2012)

 
           Ricorso in riassunzione procedimento interrotto 
 

  Nell'interesse del  Condominio  "Mappale  101"  Via  Boifava  54/84
Milano., in persona dell'amministratore  pro  tempore  rag.  Annibale
Berni rappresentato  e  difeso  ai  fini  del  presente  procedimento
dall'Avv.   Adriano   Alimento   C.F.    LMNDRN69E31E783C    -    PEC
avv.adrianoalimento@postecert.it, con studio sito  a  Milano,  piazza
Grandi n. 24 presso  il  quale  elegge  domicilio,  giusta  delega  a
margine dell'atto di citazione in appello - appellante - 
  CONTRO 
  Lavazza Vittorio, Golfari  Michele,  Di  Matteo  Maria,  Di  Savino
Giuseppina,  Bassani  Emilio,  Ermini  Giuseppina,  Azzola   Antonio,
Ricceri Pedro, Ionnaci Mariarita ,Cesco Sandro, Bernard Caterina  Del
Cont, Cremascoli Pierina,  Kalogira  Angelici,  Franchetti  Adalgisa,
Fruttaldo Maria Cecilia,  Paulin  Caterina,  Foroni  Aldo,  Falabella
Salvatore, Piccioli Delia, Passalacqua Maria, Pecchio Egidio,  Martin
Angela,  Fontanesi  Anna,  Toresan  Claudio,  Scola  Maria  e  Donato
Andriolo Maria  tutti  elettivamente  domiciliati  presso  lo  studio
dell'avv. Augusto Cirla sito a Milano, in via Larga, n. 15,. 
  - appellati - 
  PREMESSO 
  1) Con atto di citazione in appello del 08 febbraio 2011 che qui si
ritrascrive  integralmente  l'esponente   evocava   in   giudizio   i
convenuti: 
  "TRIBUNALE DI MILANO 
  ATTO DI CITAZIONE IN APPELLO EX ADVERSO SENTENZA N. 10966/2010  DEL
GIUDICE DI PACE DI MILANO 
  Il Condominio "Mappale 101" Via Boifava 54/84 Milano.,  in  persona
dell'amministratore pro tempore rag. Annibale Berni  rappresentato  e
difesa dall'Avv. Adriano Alimento con studio sito  a  Milano,  piazza
Grandi n. 24, presso il  quale  elegge  domicilio,  giusta  delega  a
margine del presente atto e ritualmente avvisato ai sensi dell'art. 4
comma 3 D.lgs 28/2010 (doc. all. A) espone quanto segue 
  PREMESSO CHE 
  BREVE SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 
  1) Con  atto  di  citazione  ritualmente  notificato  al  Condomino
"Mappale 101" di Via Boifava n. 54/84 Milano, il  signor  Lavazza  ed
altri otto condomini abitanti presso il  condominio  di  via  Boifava
54/84 convenivano in giudizio avanti il Giudice di Pace di Milano  il
condominio  stesso  al  fine  di   sentir   annullare   la   delibera
condominiale   del   16/05/06   con   la   quale   veniva   approvata
l'installazione di sbarre motorizzate agli  ingressi  del  condominio
per la sicurezza del comparto 
  2) Si costituiva in giudizio il Condominio mappale 101, a ministero
del sottoscritto legale,  contestando  in  fatto  ed  in  diritto  le
argomentazioni e le istanze formulate da parte attrice. 
  3) Il Giudice di Pace non ammetteva la  produzione  documentale  di
parte attrice e rigettando l'istanza di sospensione della delibera da
questa richiesta non ravvisando i requisiti del fumus  boni  juris  e
del periculum in mora, ritenuta la causa  matura  per  la  decisione,
fissava udienza di precisazione delle conclusioni. 
  4) Alla seguente udienza si costituivano altri condomini  sempre  a
ministero dell'avv. Cirla quali intervenienti volontari ex  art.  105
c.p.c., A seguito di  impedimento  da  parte  del  Giudice  designato
questo provvedeva alla riassegnazione  del  procedimento  all'odierno
giudice. Il procedimento proseguiva con l'assegnazione di termini per
il  deposito  di  eventuali  memorie  istruttorie,  poi  regolarmente
prodotte all'udienza successiva. 
  5) La causa  subiva  ulteriori  rinvii  allo  scopo  di  consentire
eventuali accordi  tra  le  parti  anche  in  ordine  a  sopravvenute
problematiche inerenti il corretto funzionamento  della  sbarre  agli
ingressi del condominio per dirimere le quali  il  giudice  disponeva
una C.T.U. poi depositata in data 19/03/09. 
  6)  All'udienza  fissata  per  l'esame  della  C.T.U.  il  giudice,
ritenuta  la  causa  matura  per  la  decisione  fissava  udienza  di
precisazione delle conclusioni concedendo  termine  sino  all'udienza
per il deposito di note conclusive. 
  7) A conclusione del giudizio, il Giudice di Pace di Milano con  la
sentenza n. 10966/2010 depositata in cancelleria in  data  28/04/2010
rigettava in toto la domanda attorea perche' infondata in fatto ed in
diritto ma compensava interamente le spese di giudizio tra le parti. 
  8) La presente difesa ritiene la suddetta sentenza illegittima solo
sotto il profilo  della  compensazione  delle  spese  legali  e  vada
pertanto riformata. 
  MOTIVO UNICO : Violazione degli artt. 91 e 92  c.p.c.,  inesistenza
dei presupposti per la compensazione delle spese di giudizio. 
  L'unico motivo  di  appello  che  parte  appellante  Condominio  di
Mappale  101  propone  con  il  presente  atto,   concerne   l'errata
ripartizione delle spese di giudizio ( spese legali e del CTU) che in
sentenza di primo grado  vengono  compensate  tra  le  parti  con  un
provvedimento sbagliato. 
  Ricordiamo, innanzitutto, che  la  fattispecie  e'  regolata  oltre
dall'art. 91 cpc anche dall'art. 92 c.p.c.  sotto  la  vigenza  della
riforma dell'art.  2  della  legge  28  dicembre  2005  n.  263  come
modificato dall'art. 39 quater del  D.L.  30  dicembre  2005  n.  273
convertito con modificazione nella legge 23 febbraio 2006 n.  51  che
e' entrato in vigore il 1 marzo 2006  e  ha  trovato  applicazioni  a
tutti i procedimenti instaurati successivamente a tale data. 
  Nel  caso  di  specie  l'atto  di  citazione  e'  stato  notificato
successivamente al 1 marzo 2006 e, pertanto, la norma di  riferimento
al fine di comprendere l'errore del primo Giudice ( oltre all'art. 91
cpc) e' l'art. 92 citato come descritto dal legislatore nel 2006. 
  L'art. 91 c.p.c. recita " Il Giudice con la sentenza che chiude  il
processo davanti a lui, condanna la  parte  soccombente  al  rimborso
delle spese a  favore  dell'altra  parte  e  ne  liquida  l'ammontare
insieme con gli onorari di difesa" 
  Quindi l'articolo 91 c.p.c. pone a carico della  parte  soccombente
le spese di giudizio  della  controparte  comprensivi  degli  onorati
della difesa. 
  Sul punto non vi e' dubbio che la sentenza  di  primo  grado  abbia
integralmente  rigettato  le  domande  avanzate  da   parte   attrice
ritenendole "infondate in fatto ed in diritto". 
  Passiamo, quindi, all'art. 92 c.c.p 
  Il primo comma recita: " Il giudice nel pronunciare la condanna  di
cui all'articolo recedente ,  puo'  escludere  la  ripetizione  delle
spese sostenute dalla parte vincitrice  se  le  ritiene  eccessive  e
superflue..." 
  Dal tenore della sentenza oggi impugnata e' evidente che  il  primo
Giudice non ha  compensato  le  spese  giudiziarie  perche'  ritenute
eccessive e superflue;  pertanto  tale  disposizione  (  primo  comma
dell'art. 92 cpc) non riguarda il caso di specie. 
  Il secondo comma recita, invece, " Se vi e' soccombenza reciproca o
concorrono  altri  giusti  motivi   esplicitamente   indicati   nella
motivazione, il giudice puo' compensare, parzialmente o per  l'intero
le spese tra le parti" 
  Il legislatore con tale secondo comma dell'art. 92 cpc ha  previsto
una duplice ipotesi per dare facolta'  al  giudice  di  applicare  la
compensazione  delle  spese  legali:  la  prima  e'  la   soccombenza
reciproca ( confermando il principio espresso nell'articolo 91 cpc) e
la seconda i "giusti motivi". 
  Passando al caso concreto, leggendo la sentenza  n  10966/2010  del
Giudice di Pace di  Milano  che  ha  rigettato  in  toto  la  domanda
attrice, e' possibile esclude categoricamente che  il  primo  Giudice
possa aver giustificato la compensazione  delle  spese  di  causa  in
forza  della  prima  ipotesi  (  "soccombenza  reciproca")   prevista
dall'art. 92 cpc . 
  Non a caso  il  primo  Giudice  nella  motivazione  succinta  della
compensazione delle spese di lite e del CTU non fa  riferimento  alla
soccombenza reciproca al fine di compensare le spese di causa. 
  Si legge nella sentenza che " per  quanto  riguarda  le  spese  del
processo  e  quelle  inerenti  la  CTU,  le  stesse  debbono   essere
interamente compensate tra tutte le parti in causa, vista la condotta
delle parti stesse in giudizio, laddove gli attori, richiamati da  un
senso di principio di solidarieta' sociale, hanno  ritenuto  proporre
una  domanda  giudiziale  per  tendere  a  salvaguardare  la   salute
pubblica, ed il Condominio  convenuto,  si  e'  dimostrato,  ad  ogni
richiesta torea, sempre propenso a  trovare  punti  di  intesa  sulle
richieste stesse, fino alle conclusioni della  perizia  CTU,  con  il
risultato di aver portato entrambi  alla  definizione,  una  vertenza
giudiziaria, in maniera utile per la convivenza condominiale" 
  E' evidente, quindi, dal tenore della sentenza che il primo Giudice
ha utilizzato il principio del "giusto motivo" ex  art.  92,  secondo
comma, n. 2 cpc al fine di giustificare la compensazione delle  spese
di lite. 
  Il "giusto motivo"  e'  stato  indicato  dal  primo  Giudice  nella
"condotta  delle  parti  stesse  in  giudizio,  laddove  gli  attori,
richiamati da un senso di principio di  solidarieta'  sociale,  hanno
ritenuto proporre una domanda giudiziale per tendere a  salvaguardare
la salute pubblica, ed il Condominio convenuto, si e' dimostrato,  ad
ogni richiesta torea, sempre propenso a trovare punti di intesa sulle
richieste stesse..." 
  A parere di parte appellante non e' applicabile al caso  di  specie
la seconda ipotesi prevista dall'art. 92 cpc ( "giusti  motivi")  per
giustificare la compensazione delle spese di causa,  dato  che,  come
verra' dimostrato con il presente atto, il comportamento  assunto  da
parte attrice nel processo  di  primo  grado  non  ha  integrato  una
condotta sufficiente da giustificare la compensazione delle spese  di
lite e del CTU 
  Prima di dimostrare che il comportamento assunto da  parte  attrice
nel primo grado non sia stato corretto ( e finalizzato  al  un  reale
interesse pubblico e cioe' quello della salute) tale da  giustificare
la  compensazione  delle  spese  di  lite,  e'  opportuno  brevemente
analizzare  come  sia  stato  interpretato  dalla  dottrina  e  dalla
giurisprudenza il concetto giuridico di "giusto motivo" ex  art.  92,
secondo comma, n. 2 cpc oltre al significato giuridico da  dare  alla
condanna alla spese di causa . 
  Infatti acquisendo conoscenza sul ruolo  giuridico  della  condanna
alle spese di causa ed al significato giuridico di "giusto motivo" ex
art. 92 cpc, e' possibile piu' facilmente giungere  alla  conclusione
che il primo Giudice, al di la' di ogni aspetto di  merito  (  errata
indicazione dei motivi), ha disapplicato e/o ignorato il senso logico
e giuridico della condanna alle spese di lite e del "giusto motivo". 
  In particolare si dimostrera' che il primo Giudice ha  ignorato  il
principio di causalita' che vuole non esente da onere delle spese  il
sig. Lavazza + altri per il solo fatto di aver  svolto  con  il  loro
comportamento antigiuridico l'apertura del processo. 
  La dottrina e un orientamento giurisprudenziale  ritengono  che  il
rimborso  delle  spese  di  lite  non  costituisce   una   forma   di
risarcimento danno per un comportamento illecito  ma  la  conseguenza
obbiettiva ed inevitabile della soccombenza e cioe'  della  posizione
in cui si sia venuta a trovare quella parte  alla  quale  il  giudice
abbia dato torto o perche'  le  ha  negato  il  riconoscimento  della
situazione giuridica dedotta ovvero perche' ha  dichiarato  nei  suoi
confronti l'esistenza di una situazione giuridica altrui. 
  Altra parte della dottrina  e  della  giurisprudenza  attribuiscono
rilevanza,  invece,  all'elemento  soggettivo   affermando   che   la
responsabilita'  per  le  spese  avrebbe  fondamento  nel  cosiddetto
"principio di causalita'" del quale la soccombenza costituirebbe solo
un elemento rilevatore. 
  Questo principio consentirebbe di risalire al fatto  causativo  del
giudizio  e,  quindi,  permetterebbe   di   identificare   la   parte
soccombente  in  quella  che,  lasciando  insoddisfatta  una  pretesa
riconosciuta fondata o azionando una pretesa accertata come infondata
o, in generale,  attraverso  il  proprio  comportamento  processuale,
abbia dato causa alla lite. 
  Quest'ultimo orientamento sta prevalendo  in  giurisprudenza  (  da
ultimo Cass Civile n. 7716/203) per cui la soccombenza  costituirebbe
una applicazione del principio di causalita' che vuole non esente  da
onere delle spese la parte con  il  suo  comportamento  antigiuridico
abbia provocato la necessita' del processo. 
  L'individuazione della parte soccombente va condotta  in  relazione
all'esito finale del processo nel suo insieme: si tratta, quindi,  di
una valutazione globale e unitaria per  la  quale  non  rilevano  ne'
l'esito delle varie fasi del processo se vi sono stati piu' gradi  di
giudizio, ne' la pronuncia emessa sui singoli oggetti della domanda. 
  Il principio di soccombenza di cui all'art. 91 c.p.c e 92 c.p.c. e'
sorretto  da  una  duplice  ratio:  quella   di   disincentivare   la
proposizione di domande giudiziali solo  per  finalita'  dilatorie  o
esplorative e quella di tenere indenne da spese di giudizio chi si e'
visto costretto a rivolgersi al Giudice per ottenere contezza  di  un
suo diritto negato dal comportamento altrui ovvero per difendersi  da
una pretesa infondata altrui. 
  Pertanto le spese di lite svolgono una funzione deterrente;  non  a
caso tutti gli ordinamenti processualcivilistici hanno adottato degli
strumenti volti a dissuadere i cittadini da  un  utilizzo  smodato  e
distorto della giustizia statale per  la  definizione  delle  proprie
controversie. 
  Pertanto la spese di giudizio pone chi mette in  moto  la  macchina
giudiziaria di fronte al rischio di dover corrispondere, in  caso  di
soccombenza, le spese di giudizio alla controparte vittoriosa,  oltre
a pagare l'onorario al proprio difensore. 
  La  funzione  di  deterrenza  delle  spese  di  giudizio  e'  stata
espressamente affermata dalla S.C. di Cassazione, addirittura a S.U.,
nell'ordinanza n. 19514 del 16.07.08. 
  Si osserva, inoltre, che la recente legge di riforma del codice  di
rito, legge n. 69/2009, con la modifica dell'art.  92  co.  2  c.p.c.
consente  al  giudice  di  derogare  al  principio   generale   della
soccombenza solo in caso di "soccombenza reciproca" o  di  "gravi  ed
eccezionali ragioni" da esplicitare nella motivazione della sentenza. 
  La  compensazione  delle  spese  legali  e'  ,  quindi,  un'ipotesi
eccezionale, subordinata a presupposti molto stringenti. 
  La funzione di deterrenza non  consiste  nel  voler  precludere  ai
cittadini l'accesso alla giustizia statale; cio'  contravverrebbe  al
diritto assoluto di difesa,  costituzionalmente  garantito  (art.  24
Cost.), ma mira ad evitare  un  uso  spregiudicato  della  giustizia,
avviando giudizi per finalita'  meramente  dilatorie,  defatiganti  o
esplorative. 
  La causale dei "giusti motivi " ex  art.  92,  secondo  comma,  cpc
ricorre  in  ipotesi  di  istruttoria  particolarmente   problematica
caratterizzata dalla sovrapposizione ed incompatibilita' tra elementi
fattuali in parte favorevoli ad una parte ed in parte all'altra (c.d.
complessita' in fatto) ovvero in ipotesi di controversia specialmente
complessa perche' vertente in materia interessata da ius superveniens
oppure oggetto di  oscillanti  orientamenti  giurisprudenziali  (c.d.
complessita' in diritto). 
  Questo e' il pensiero unanime della dottrina e della giurisprudenza
che il sottoscritto legale condivide e in  forza  del  quale  procede
alla impugnazione della sentenza. 
  Si dimostrera', pertanto, con il presente atto che: 
  a) la proposizione della domanda giudiziale avanti  al  Giudice  di
Pace di Milano dal sig. Lavazza + altri 8 condomini ( e,  poi,  anche
l'intervenot adesivo dei terzi intervenuti) e' stata svolta solo  per
finalita' dilatorie e antigiuridiche ( era solo una scusa parlare  di
esigenze di "salute" dato che  di  fronte  alla  prova  oggettiva  di
perfetto funzionamento delle sbarre anche in occasione dell'arrivo di
ambulanza, vigili del fuoco, carabinieri, ecc, i  sigg.ri  Lavazza  +
altri 8 condomini oltre che i terzi intervenuti hanno mantenuto ferma
la richiesta giudiziaria di annullamento della delibera assembleare); 
  b) lo svolgimento del processo avanti al Giudice di Pace di  Milano
non  ha  richiesto  una  istruttoria   particolarmente   problematica
caratterizzata dalla sovrapposizione ed incompatibilita' tra elementi
fattuali in parte favorevoli ad una parte ed in parte all'altra (c.d.
complessita' in fatto) ovvero specialmente complessa perche' vertente
in  materia  interessata  da  ius  superveniens  oppure  oggetto   di
oscillanti  orientamenti  giurisprudenziali  (c.d.  complessita'   in
diritto); 
  c) il comportamento assunto dagli attori e  dai  terzi  intervenuti
che non hanno voluto ammettere di aver torto neanche di fronte ad una
CTU, e' sintomatico di chi voluto agire in giudizio con colpa grave ; 
  d) la decisione degli  attori  di  primo  grado  di  proseguire  il
giudizio dopo un primo provvedimento chiarificatore  del  Giudice  di
Pace ( del 20 ottobre 2006) di rigetto e  dei  terzi  intervenuti  di
costituirsi dopo tale provvedimento e' sintomatico di chi  ha  voluto
ignorare il ruolo delle spese processuali e della  sua  funzionalita'
deterrente; 
  e) la decisione degli attori di primo grado e dei terzi intervenuti
di non accettare la proposta del Condominio di modificare  l'impianto
e renderlo ancora piu' facilmente utilizzabile da tutti i condomini a
fronte  dell'abbandono  della  causa  e'  sintomatico  di  chi  vuole
difendersi in mala fade. 
  Per comprendere, in definitiva quanto sopra poc'anzi  affermato  e,
quindi, la insussistenza di giusti motivi  per  compensare  le  spese
legali  ex  art.  92,  secondo  comma,  cpc  bisogna  necessariamente
ricostruire brevemente i fatti processuali. 
  Ricordiamo che il sig. Lavazza + altri 8 condomini hanno  impugnato
la delibera condominale del 16 maggio 2006 del Condominio Mappale 101
con atto di citazione, chiedendo che venisse dichiarata l'invalidita'
e/o annullabilita' della delibera assunta dal condominio Mappale  101
in data 16 maggio 2006 nella parte in  cui  era  stato  approvato  il
progetto esecutivo per l'installazione di sbarre agli ingressi di via
dei Missaglia e di via Boifava perche'  contraria  alla  legge  e  al
regolamento. 
  La  prima  e  principale  ragione  che  ha  indotto   i   condomini
dissenzienti ad impugnare la delibera ed a  chiederne  l'annullamento
avanti al Giudice di Pace verteva su un motivo di  diritto  ossia  la
presunta mancanza del quorum necessario per approvare la delibera. 
  Secondo gli attori (Lavazza +  altri  8  condomini)  tale  delibera
condominiale doveva essere assunta secondo il disposto dell'art. 1136
comma 5 che regola la validita' della delibera assembleare  nei  soli
casi in cui la delibera abbia  per  oggetto  le  innovazioni  di  cui
all'art. 1120 c.c.. 
  La difesa del Condomino ha  subito  controdedotto  affermando  (  e
producendo giurisprudenza sul  punto)  che  le  opere  oggetto  della
delibera del 16 maggio 2006 non erano riconducibili ad un'innovazione
e, pertanto, il quorum necessario per l'approvazione di tale delibera
era quello previsto dall'art. 1136 comma 2 c.c.  e  che,  dunque,  la
delibera oggetto di impugnazione era valida ed efficace. 
  Tale  ragionamento  della  difesa  del  Condominio  e'  stata   ben
condiviso in corso  di  causa  gia'  da  un  primo  Giudice  -  dott.
Labombarda - come anche dal nuovo Giudice di Pace assegnatario  della
causa - dott. Sica - i quali non hanno ritenuto che le  opere  svolte
dal Condomino ( oggetto di delibera condominiale) erano riconducibili
ad una innovazione. 
  Ne' si dica che  la  questione  giuridica  trattata  dai  condomini
dissenzienti fosse di particolare complessita'. 
  Infatti la giurisprudenza unanime ha sempre confermato  nell'ultimo
decennio  che  l'istallazione  di   sbarre   costituiscano   semplice
regolamentazione sulle modalita' di godimento del bene comune  e  non
innovazione. 
  Il principale motivo di impugnazione della delibera, in definitiva,
si e' pertanto  rivelato  immediatamente  privo  dei  presupposti  di
diritto per essere accolto. 
  Tanto e' vero, come si e' gia' detto, che il  giudice  inizialmente
designato  aveva  subito  disposto  la  fissazione  dell'udienza   di
precisazione delle conclusioni rigettando le richieste  di  prova  di
parte attrice e la domanda di sospensione della delibera. 
  In  particolare  il  Giudice  di  Pace  aveva  gia'   "manifestato"
l'infondatezza della domanda dei condomini  "dissenzienti"  ed  aveva
chiarito bene tale concetto gia' nell'ordinanza del 20 ottobre 2006. 
  Ma nonostante questo, i condomini "dissenzienti"  (  attori)  ed  i
terzi intervenuti hanno ritenuto  opportuno  proseguire  la  causa  a
danno della giustizia per finalita' meramente dilatorie,  defatiganti
o esplorative. 
  A fronte di tale provvedimento del  20  ottobre  2006  i  condomini
dissenzienti ( attori nel procedimento avanti  al  Giudice  di  Pace)
avrebbero dovuto evitare di proseguire l'azione come  anche  i  terzi
intervenuti avrebbero dovuto evitare di costituirsi dopo che un primo
giudice  avesse  manifestato  "espressamente"  l'infondatezza   della
domanda attorea. 
  Proprio in forza di tale principale motivo  di  impugnazione  della
delibera condominiale, del tutto infondato oltre che  pretestuoso,  e
della decisione degli attori di proseguire la causa  come  dei  terzi
intervenuti di costituirsi in  giudizio,  il  primo  Giudice  avrebbe
dovuto condannare gli attori ed i terzi  intervenienti  al  pagamento
delle spese processuali del Condomino evitando la compensazione. 
  A parte tale  principale  motivo  di  impugnazione  della  delibera
condominiale, si evidenzia che il sig. Lavazza +  altri  8  condomini
avevano  impugnato  (  almeno  apparentemente)  detta  delibera   per
presunta compressione della possibilita' per i  condomini  di  godere
degli spazi comuni determinata dall'installazione delle sbarre 
  In particolare, gli attori ( Lavazza + altri) e poi, anche i  terzi
intervenuti, hanno sostenuto che la presenza delle sbarre creasse  un
pericolo per la salute dei condomini in  quanto  le  sbarre  potevano
essere azionate solo tramite la chiave in dotazione  ai  condomini  e
non anche da eventuali mezzi  di  soccorso  chiamati  ad  intervenire
all'interno della proprieta'. 
  Tale affermazione non ha trovato mai riscontro nelle prove  fornite
dai condomini attori ( nel procedimento avanti al Giudice  di  Pace);
infatti non e' stata data prova del pregiudizio che  la  presenza  di
sbarre avrebbe arrecato ai condomini  dato  che  le  sbarre  venivano
posizionate a fianco di un passo pedonale. 
  Ricordiamo, inoltre, che il sig.  Lavazza  +  altri  (  attori  nel
procedimento di primo grado) non hanno mai contestato il fatto che  i
condomini potessero passare a piedi a fianco della sbarra (  apposito
passaggio pedonale) o, sempre passando  a  piedi,  facendo  sollevare
della sbarra motorizzata, ma solo che eventuali medici non  sarebbero
in grado di intervenire efficacemente. 
  Trattasi di una preoccupazione del tutto  infondata  (  da  qui  si
deduce che tale motivo di impugnazione della delibera condominale  e'
speculativa ed illegittima) in quanto, a prescindere  dal  fatto  che
tutte le sbarre motorizzate erano e sono in grado di essere sollevare
in caso di estrema necessita', in ogni caso il  medico  del  118  era
sempre in grado di  intervenire  anche  se  non  entrava  dentro  con
l'ambulanza nell'area condominiale. 
  Infatti  la  struttura  del  condominio  e'  tale  da  non  rendere
difficoltoso l'intervento del personale medico. 
  Non c'e' prova, comunque, di una barriera  architettonica  o  altro
che  pregiudichi   al   personale   medico   di   poter   intervenire
efficacemente ( anzi la prova assunta dal Giudice in corso di causa -
CTU- gli ha permesso di affermare che "  la  predetta  relazione  del
CTU, al riguardo quindi, ha fatto venire meno la circostanza  che  le
sbarre di cui trattasi potessero costituire barrire  architettonieche
...") 
  Ma a prescindere da questo, era onere del sig. Lavazza  +  altri  (
attori procedimento di primo  grado)  fornire  idonea  documentazione
probatoria   diretta   a   dimostrare   l'esistenza    di    barriere
architettoniche lesive della salute e/o del diritto di passaggio  dei
singoli condomini. 
  Tutto questo non e' stato fatto dall'attore ( di primo  grado)  e/o
dal  terzo  intervenuto  e,  quindi,  l'onere  cui  erano  tenuti  ad
assolvere non e' stato onorato. 
  Si noti che la memoria istruttoria di  parte  attrice  (  di  primo
grado) del 3 dicembre 2007 e' priva di richieste probatorie ma il suo
procuratore si e' limitato a produrre un certificato medico  che  non
dimostra la difficolta'  dei  condomini  di  ricevere  adeguate  cure
mediche. 
  Per completezza espositiva si rilevi che le prove documentali (  di
scarsissimo rilievo), prodotte dai terzi intervenienti erano  tardive
( prodotte dopo che la causa  era  andata,  per  la  prima  volta,  a
sentenza) e, quei inammissibili. 
  Conseguentemente questo On.le Tribunale non potra' utilizzare  tali
prove ai fini della presente causa. 
  Il primo Giudice, quindi, avrebbe dovuto condannare  parte  attrice
Lavazza + altri 8 condomini oltre ai terzi intervenienti al pagamento
delle spese legali - giudiziarie anche per  l'assenza  probatoria  di
parte attrice che si e' persino disinteressato di fornire la prova di
quello che sosteneva e cioe' il grave  pregiudizio  alla  salute  dei
condomini. 
  Ma solo per completezza espositiva, come si diceva in narrativa, si
ritiene che  tale  secondo  motivo  di  impugnazione  della  delibera
condominale ( per esigenze di salute  dei  condomini)  era  solo  una
"scusa " dato che il Condominio ha  provato  in  corso  di  causa  il
perfetto funzionamento della sbarre con adeguata  documentazione,  ma
soprattutto tale circostanza veniva confermata da apposita CTU. 
  Di fronte alla prova del perfetto funzionamento della  barriere  e,
quindi, dell'impossibilita' oggettiva che qualunque condomino potesse
subire un pregiudizio, e  di  fronte  alla  richiesta  formale  della
difesa del Condominio di rinunciare all'azione ( vedasi il verbale di
udienza del 8 febbraio 2008) sia il sig. Lavazza + altri 8  condomini
che i terzi intervenienti, hanno deciso di proseguire. 
  Tale decisione dei sigg.ri Lavazza + altri 8 condomini e dei  terzi
intervenuti  di  non  desistere   dall'azione   neanche   di   fronte
all'evidenza della infondatezza  dei  motivi  di  impugnazione  della
delibera condominiale, non puo' non avere quale unica conseguenza  la
condanna alle spese di lite. 
  Merita, infine, soffermarsi, anche sulla condotta  processuale  del
Condominio. 
  A contrario degli attori di primo grado e dei terzi intervenuti, il
Condominio si e' reso sempre disponibile a trovare una  soluzione  al
problema  disponendo  un  sistema  -  meccanismo  in  grado  di   far
funzionare le sbarre all'arrivo dei  mezzi  di  soccorso  tramite  il
semplice azionamento della sirena dei mezzi. 
  Una volta installato il meccanismo, il  sistema  di  sbarre  si  e'
rivelato perfettamente efficiente coma da  certificazione  rilasciata
dalla societa' installatrice NTM e prodotta all'udienza del 11 aprile
2008. 
  Ma nonostante l'evidenza gli attori (  del  procedimento  di  primo
grado) ed i terzi intervenuti hanno persistito, anche in  mala  fede,
nel sostenere la scarsa funzionalita' del sistema all'arrivo di mezzi
di soccorso ed il giudice di Pace e' stato costretto a  disporre  ben
due  collaudi  all'esito  dei   quali   il   sistema   e'   risultato
perfettamente  funzionante  cosi'  come  certificato  dal   Consorzio
Lombardo di Sicurta' tramite  relazione  depositata  all'udienza  del
26.06.08. 
  Insistevano gli attori che il sistema funzionava  solamente  per  i
veicoli in uscita dal complesso ed il Giudice di Pace, nonostante  la
certificazione   prodotta   dal   condominio   convenuto   ampiamente
dimostrativa  del  corretto  funzionamento,  e'  stato  costretto   a
disporre CTU per porre fine alla divergenza di opinioni tra le parti. 
  A totale conferma della tesi del Condominio e  a  totale  reiezione
delle pretestuose tesi del sig. Lavazza + altri convenuta,  anche  la
CTU ha certificato il perfetto funzionamento del sistema. 
  Merita ricordare infatti che la relazione tecnica del  C.T.U.  ing.
Castellanza  ha  fugato  qualsiasi  dubbio  rilevando  che"le   prove
effettuate in data 24/02/09 hanno permesso di accertare  il  perfetto
funzionamento delle due sbarre, e quindi dei due  rispettivi  sensori
di  azionamento,  nelle  condizioni  di  funzionamento  previste  dal
quesito.". 
  Ma nonostante tale risultanza del CTU  e  nonostante  le  pregresse
prove documentali di perfetto  funzionamento  dell'impianto,  il  sig
Lavazza + altri oltre ad i terzi intervenuti hanno mantenuto fermo il
loro pensiero insistendo che tali sbarre non funzionano pregiudicando
e/o danneggiano la salute dei condomini evitando di giungere  ad  una
definizione amichevole della causa come manifestata  dal  procuratore
del Condominio gia' in occasione dell'udienza del 8 febbraio 2008. 
  In estrema sintesi, ne' il mancato  rispetto  del  quorum,  ne'  la
rimozione di un presunto pericolo per la salute  dei  condomini  sono
stati ritenuti dal giudice motivi idonei  ad  accogliere  le  domande
avversarie. 
  Inutilmente dispendiosa in termini di tempo e costi si e'  rivelata
la lunga attivita' istruttoria che, infine, ha acclarato cio' che  il
condominio aveva gia' avuto cura di certificare. 
  Si e' dimostrato, quindi, che l'istallazione di sbarre non e' opera
innovativa. 
  Si e' dimostrato, poi, che la salute dei condomini non e' stata mai
posta in pericolo dalla collocazione delle  sbarre  il  cui  perfetto
funzionamento nelle condizioni di  necessita'  e'  stato  certificato
addirittura da un CTU. 
  Si e' dimostrato, infine, che nonostante le  risultanze  probatorie
ed in particolare del CTU, i sigg.ri  Lavazza  +  altri  8  condomini
oltre  che  i  terzi  intervenuti  non  hanno  mai  voluto  desistere
dall'azione aderendo alla richiesta del Condominio. 
  Dunque non puo' condividersi l'argomentazione del giudice del primo
grado che fonda la  compensazione  delle  spese  di  giudizio  su  un
presunto "senso di solidarieta' sociale" dei condomini che in realta'
non trovava alcun fondamento sin dal principio. 
  Del pari, anche il comportamento  del  condominio  dimostra  questo
assunto. 
  Il comportamento mantenuto nel corso  del  giudizio  dal  condomino
Mappale 101 - che il giudice  ha  inspiegabilmente  qualificato  come
ulteriore motivo di compensazione - dimostra invece che se  si  fosse
percorsa una via amichevole si  sarebbe  arrivati  ad  una  soluzione
ottimale per tutti in tempi senza dubbio piu' brevi. 
  Gli odierni appellati hanno invece scelto di impugnare la  delibera
senza che ve ne fosse la reale necessita'., obbligando  di  fatto  il
condominio a difendersi ed a dimostrare cio' che era  gia'  pacifico,
ovvero  che  il  posizionamento  delle  sbarre  non  solo  era  stato
approvato con il regolare quorum di legge e che percio'  la  delibera
era perfettamente regolare, ma anche che lo stesso non arrecava alcun
pericolo alla salute dei residenti. 
  Le  spese  di  giudizio  che  il  condominio  Mappale  101  si   e'
ingiustamente trovato a sostenere per  un  giudizio  protrattosi  per
oltre tre anni ( un processo di  12  udienze)  non  possono  pertanto
essergli addebitate e il giudice del secondo grado viene  chiamato  a
riformare la sentenza relativamente alla  compensazione  delle  spese
legali confermandola nel resto. 
  IN PUNTO QUANTUM 
  Si ritiene corretto che questo On.le Tribunale condanni i convenuti
oggi appellati, in solido tra loro, al pagamento delle spese di  lite
di primo grado che si ritiene corretto quantificare in Euro  6.320,00
a titolo  di  onorari,  Euro  3.306,00  a  titolo  di  diritti  oltre
accessori di legge ( come da nota spese depositata in  primo  grado),
oltre alle spese del CTU sostenute dal Condominio  ed  ammontanti  ad
Euro 691,71 ( si allega provvedimento liquidazione CTU- doc. 3) 
  SULLA LEGITTIMITA' AD IMPUGNARE LA SENTENZA 
  Sussiste la legittimazione del condominio "  Mappale  101"  di  via
Boifava 54/84 Milano di  impugnare  la  sentenza  n.  10966/2010  del
Giudice di Pace di Milano dato che detto Condominio ha  interesse  ad
ottenere la riforma della sentenza de qua  limitatamente  alle  spese
processuali. 
  Tale  interesse  nasce  proprio  dal  fatto  che  detta  decisione,
prevedendo la compensazione delle spese di  lite,  costituirebbe  per
parte appellante un grave pregiudizio. 
  Non a caso l'importo considerevole  delle  spese  processuali  (del
legale e  del  CTU)  andrebbe  a  ricadere  sui  Condomini  i  quali,
individualmente, andrebbero subire un grave pregiudizio economico. 
  Differentemente  con  l'impugnazione  della  decisione  di  cui  in
narrativa, gli esponenti verrebbero a  ricevere  sia  dei  attori  di
primo grado che dei terzi intervenuti di primo grado, tutte le  spese
legali e del CTU da loro anticipate 
  Tutto cio'  premesso,  il  Condomino  Mappale  101  di  Milano  via
Boifava, 54/84  ut  supra,  rappresentato,  difeso  ed  elettivamente
domiciliato 
  CITA 
  Lavazza Vittorio, Golfari  Michele,  Di  Matteo  Maria,  Di  Savino
Giuseppina,  Bassani  Emilio,  Ermini  Giuseppina,  Azzola   Antonio,
Ricceri Pedro, Ionnaci Mariarita ,Cesco Sandro, Bernard Caterina  Del
Cont, Cremascoli Pierina,  Kalogira  Angelici,  Franchetti  Adalgisa,
Fruttaldo Maria Cecilia,  Paulin  Caterina,  Foroni  Aldo,  Falabella
Salvatore, Piccioli Delia, Passalacqua Maria, Pecchio Egidio,  Martin
Angela,  Fontanesi  Anna,  Toresan  Claudio,  Scola  Maria  e  Donato
Andriolo Maria  tutti  elettivamente  domiciliati  presso  lo  studio
dell'avv. Augusto Cirla sito  a  Milano,  in  via  Larga,  n.  15,  a
comparire avanti al  Tribunale  di  Milano  in  veste  di  organo  di
appello, Giudice e sezione designandi, all'udienza del 20 giugno 2011
con l'invito a costituirsi in cancelleria entro venti giorni prima di
tale udienza ex art. 166 c.p.c. e  contestuale  avvertimento  che  in
difetto di tempestiva e/o  irrituale  costituzione  soggiacera'  alle
decadenze di cui all'art.t 38 e  167  c.p.c.  e  che  in  difetto  di
costituzione  si  procedera'  in  via  contumaciale  per  ivi  sentir
accogliere le seguenti 
  CONCLUSIONI 
  NEL MERITO: 
  Riformare la sentenza del Giudice di Pace di Milano  n.  10966/2010
con riferimento alla determinazione delle spese  di  giudizio  per  i
motivi di cui nel presente atto. 
  Condannare, conseguentemente, i sigg.ri Lavazza  Vittorio,  Golfari
Michele, Di Matteo  Maria,  Di  Savino  Giuseppina,  Bassani  Emilio,
Ermini Giuseppina, Azzola Antonio, Ricceri Pedro,  Ionnaci  Mariarita
,Cesco  Sandro,  Bernard  Caterina  Del  Cont,  Cremascoli   Pierina,
Kalogira Angelici,  Franchetti  Adalgisa,  Fruttaldo  Maria  Cecilia,
Paulin Caterina, Foroni Aldo, Falabella  Salvatore,  Piccioli  Delia,
Passalacqua Maria, Pecchio Egidio,  Martin  Angela,  Fontanesi  Anna,
Toresan Claudio, Scola Maria e Donato Andriolo Maria al pagamento  in
solido tra loro al Condomino "Mappale 101" Via Boifava  54/84  Milano
dell'importo di Euro 13.822,79 a titolo di spese di causa  oltre  che
di spese del CTU come indicate  in  narrativa,  ovvero  quella  somma
maggiore o minore ritenuta di giustizia, oltre interessi legali. 
  In ogni caso con vittoria di spese, diritti e  onorari  di  secondo
grado. 
  Il sottoscritto procuratore dichiara ai sensi dell'art. 9  comma  5
della legge n. 488/1999 che il valore della causa e' Euro 14.000,00 
  Allegato A) Informativa mediazione ex d.lgs 28/2010 
  Si producono i seguenti  documenti;  1)  sentenza  uso  appello  n.
10966/2010 del Giudice di Pace di Milano; 2) fascicolo  di  parte  di
primo grado; 3) ordinanza liquidazione CTU 
  Milano, 08 febbraio 2011 Avv. Adriano Alimento " 
  2) Il procedimento rubricato su nrg 11730/2011 veniva assegnato  al
Giudice dott. Rota Giacomo della 13^ sezione civile del Tribunale  di
Milano 
  3) Si costituivano in giudizio i convenuti  a  ministero  dell'Avv.
Augusto Cirla con  comparsa  di  costituzione  e  risposta  chiedendo
preliminarmente l'interruzione del procedimento rilevando che  alcuni
dei suoi clienti, parte in causa sia nel procedimento di primo  grado
che d'appello, erano deceduti ( ALLEGATO 1 al presente atto) 
  4) In particolare l'Avv. Cirla, legale del sig. Lavazza + altri, ha
affermato a pagina 3 della comparsa di costituzione  e  risposta  che
nel corso degli anni 2007-2008 erano deceduti i seguenti signori  che
erano parti convenute/terze intervenute  nel  procedimento  di  primo
grado : Cesco Sandro, Ricceri Pedro, Ermini  Giuseppina,  Passalacqua
Maria,  Foroni  Aldo,  Del  Cont  Bernard  Caterina   producendo   il
certificato di morte di tutti tali signori. 
  5) Alla prima udienza del 22 giugno 2011 correttamente  il  Giudice
dott.  Giacomo  Rota,  accoglieva  l'istanza  del  legale  di   parte
appellata Avv. Cirla interrompendo il procedimento 
  6) Dato che e' interesse di parte appellante proseguire  la  causa,
il sottoscritto legale si e'  attivato  per  riassumere  il  processo
previamente verificando dove notificare il  ricorso  di  riassunzione
con il pedissequo decreto di fissazione  di  udienza  dato  che,  per
inattivita'  del  procuratore  del   sig.   Lavazza   +   altri,   la
comunicazione del decesso dei sigg.ri Cesco  Sandro,  Ricceri  Pedro,
Ermini Giuseppina, Passalacqua Maria, Foroni Aldo, Del  Cont  Bernard
Caterina avveniva solo con la costituzione in giudizio all'udienza e,
quindi, oltre due anni dopo il loro decesso 
  7)  Tale  comunicazione  resa  solo  in   data   22   giugno   2011
dell'avvenuto  decesso  dei  sopra   citati   signori   ha   precluso
all'esponente di procedere alla notifica dell'atto di riassunzione ai
sensi dell'art. 303 comma n. 2 cpc e cioe' ha precluso  all'esponente
di  notificare  collettivamente  ed  impersonalmente  agli  eredi  di
ciascuna  su  indicata  parte  deceduta  nell'ultimo  domicilio   del
defunto. 
  8) Il sottoscritto procuratore, quindi, ha proceduto  a  verificare
per ciascuna delle su indicate parti decedute, tramite un certificato
storico l'eventuale esistenza di eredi accertando che ciascuno dei su
indicate parti aveva una serie di eredi (fatta  eccezione  di  Foroni
Aldo) che  purtroppo  erano  premorti  costringendo  il  sottoscritto
legale alla verifica di tutti gli altri eredi degli eredi premorti. 
  9) Dato il numero enorme degli eredi che risultano essere  premorti
risulta allo stato estremamente difficile (per non dire  impossibile)
identificare  tutti  gli  eredi  legittimati  a  ricevere  l'atto  di
riassunzione in quanto ogni erede  premorto  ha  fatto  subentrare  i
propri eredi che purtroppo a sua volta sono premorti. 
  10)  Trattasi  di  un  sistema  a  catena  che  non   permette   al
sottoscritto legale di onorare il termine di  legge  di  riassunzione
del processo entro tre mesi dalla interruzione. 
  11)  A  seguito  delle  intervenute  difficolta'  di   ricerca   il
sottoscritto  legale  ha   presentato   al   Giudice   titolare   del
procedimento istanza ai  sensi  dell'art.  150  c.p.c.  chiedendo  di
essere autorizzato a notificare l'atto di riassunzione della causa di
cui in narrativa ai sigg.rri  Cesco  Sandro,  Ricceri  Pedro,  Ermini
Giuseppina, Passalacqua Maria, Foroni Aldo, Del Cont Bernard Caterina
per pubblici proclami,  chiedendo  altresi'  in  via  subordinata  di
essere autorizzato sempre secondo le forme di cui all'art. 150 cpc  a
notificare l'atto di riassunzione della causa di cui in narrativa  ai
sigg.rri Cesco Sandro, Ricceri Pedro, Ermini Giuseppina,  Passalacqua
Maria,  Del  Cont  Bernard  Caterina  per  pubblici  proclami,   fata
eccezione per Foroni Aldo. 
  12) Ad oggi il Tribunale non ha ancora reso alcun provvedimento  in
merito. 
  13) E' interesse del condominio appellante proseguire nel  giudizio
d'appello. 
  14) Si chiede  a  questo  On.le  Tribunale  di  concedere  a  parte
ricorrente un termine ampio per la notifica del presente  ricorso  ed
pedissequo decreto di fissazione di udienza sia nel caso in cui debba
procedere alla notifica secondo le forme ordinarie e sia nel caso  in
cui debba procedere alla notifica per pubblici proclami 
  Tutto cio' premesso, il Condominio "Mappale 101" Via Boifava  54/84
Milano., in persona dell'amministratore  pro  tempore  rag.  Annibale
Berni 
  RICORRE 
  Avanti al Tribunale di Milano Sezione XIII  Giudice  dott.  Giacomo
Rota affinche', previa fissazione dell'udienza  di  prosecuzione  del
procedimento e le incombenze di rito cui dovranno comparire i sigg.ri
Paolo Giovanni Foroni residente in Milano  via  Caio  Mario,  n.  51,
Paulin Caterina residente in Milano Vi S.  Abbondio  n.  39,  Ricceri
Margherita residente in San Clemente Via Dante n. 3,  Emanuele  (MI),
Ricceri Francesco residente in Rozzano (MI) alla via  Tagliamento  n.
55/B,  Passalacqua  Giuseppe,   Passalacqua   Giacinto,   Passalacqua
Domenico, eredi di Passalacqua Ettore, eredi di Passalacqua  Claudia,
eredi di Passalacqua Attilio, eredi di Passalacqua Antonino, eredi di
Passalacqua Salvatore ed eredi di Passalacqua  Rosa,  con  l'espresso
invito a costoro di costituirsi in  cancelleria  del  sopra  indicato
Giudice istruttore  nel  termine  di  20  giorni  prima  dell'udienza
assegnata dal Giudice ed con l'espresso avvertimento che in  mancanza
di tempestiva rituale costituzione, nei termini indicati,  incorrera'
nelle preclusioni e decadenze di cui all'art. 167 c.p.c.  e  38  cpc,
ovvero in  caso  di  mancata  costituzione,  si  procedera'  in  loro
contumacia e con l'invito, invece ai sig.ri Lavazza Vittorio, Golfari
Michele, Di Matteo  Maria,  Di  Savino  Giuseppina,  Bassani  Emilio,
Azzola  Antonio,  Ionnaci  Mariarita,  Cremascoli  Pierina,  Kalogira
Angelici,  Franchetti  Adalgisa,  Fruttaldo  Maria  Cecilia,   Paulin
Caterina, Falabella Salvatore, Piccioli Delia, Pecchio Egidio, Martin
Angela,  Fontanesi  Anna,  Toresan  Claudio,  Scola  Maria  e  Donato
Andriolo Maria tutti domiciliati  presso  l'avv.  Augusto  Cirla  con
studio in Milano alla  via  Larga,  n.  15  a  comparire  all'udienza
designata dal Giudice, per ivi sentir accogliere le seguenti 
  CONCLUSIONI 
  NEL MERITO: Riformare la sentenza del Giudice di Pace di Milano  n.
10966/2010  con  riferimento  alla  determinazione  delle  spese   di
giudizio per i motivi di cui nel presente atto. 
  Condannare, conseguentemente, tutti  i  convenuti  in  giudizio  al
pagamento in solido tra loro al Condomino "Mappale 101"  Via  Boifava
54/84 Milano dell'importo di Euro 13.822,79  a  titolo  di  spese  di
causa oltre che di spese del CTU come indicate in  narrativa,  ovvero
quella somma maggiore o minore ritenuta di giustizia, oltre interessi
legali. 
  In ogni caso con vittoria di spese, diritti e  onorari  di  secondo
grado. 
  Si allega al presente atto: Comparsa di costituzione in appello 
  Si  producono  i  seguenti  documenti:  4)  Certificato  anagrafico
storico dei sigg.ri . Cesco Sandro, Ricceri Pedro, Ermini Giuseppina,
Passalacqua  Maria,  Foroni  Aldo,  Del  Cont  Bernard  Caterina  con
certificazione di morte eredi 
  Milano, 28 ottobre 2011 

                        avv. Adriano Alimento 

 
T12ABA8307
mef Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato
Realizzazione Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A.